domenica 18 Giugno 2023
Gli ultimi anni del Corriere della Sera sono stati superficialmente soddisfacenti, rispetto alle difficoltà visibili di molte altre testate quotidiane italiane: i cali di diffusione ci sono ma sono inferiori alla media, gli abbonamenti digitali crescono (pur con l’aiuto di massicce campagne di sconti e quasi gratuità), la storica competizione con Repubblica è stravinta, salvo che sul web (benché per problemi del concorrente più che per successi propri), i conti sono in perdite del tutto tollerabili per questi tempi. Questo elenco di buoni risultati, però, non sembra coinvolgere visioni o sviluppi sensibili sul “prodotto”, sul giornale e sul suo adeguamento ai tempi e a difficoltà che riguardano l’editoria giornalistica. E questi limiti di progetto sembrano emergere nelle ultime settimane attraverso un contrasto sindacale inedito e piuttosto polemico tra la redazione e l’editore: la settimana scorsa c’erano stati due giorni di sciopero, questo sabato uno scambio assai vivace sul giornale stesso.
Nell’impietoso comunicato dell’assemblea dei giornalisti – che definisce “irrispettose e irrisorie” le risposte precedenti dell’editore – si citano, tra molte altre, alcune questioni familiari ai lettori di Charlie:
“I mezzi tecnologici che ci sono forniti sono spesso inadeguati. Il nuovo sistema editoriale che sta per essere introdotto presenta gravi bug operativi. I software messi a disposizione della redazione sono lenti e obsoleti (tra l’altro negati ai collaboratori ex art.2). Mancano figure tecniche per lo sviluppo digitale e si riducono anche quelle tradizionali necessarie al funzionamento della «macchina Corriere». Tutti segnali che rendono difficile affrontare le sfide legate alla trasformazione digitale.
Da troppo tempo, inoltre, la linea rossa che deve separare informazione e marketing è sempre più sfumata, fino ad arrivare a commistioni che fanno male all’immagine e alla tradizione di autonomia del Corriere”.
La risposta di Urbano Cairo, che possiede la maggioranza di RCS, azienda editrice del Corriere della Sera , non è più diplomatica, e presenta come una concessione la stessa pubblicazione del comunicato, cita dati sulle retribuzioni dei giornalisti (“una redazione nella quale la media delle retribuzioni è pari a 90 mila euro lordi”), e a sua volta conferma un elemento spesso citato su Charlie, rendendo trasparenti gli approcci seguiti nella costruzione del capitale di abbonati online:
“raggiungendo circa 530.000 abbonamenti digitali, per i quali si è privilegiata, con azioni e investimenti promozionali, l’acquisizione e la fidelizzazione dei lettori rispetto alla crescita dei margini”.
E conclude rispondendo a una questione apparentemente più piccola, ma significativa, anche per il ricorso finale alla prima persona singolare.
“La sede storica di via Solferino è stata riacquistata in virtù di una decisione da me fortemente voluta, anche per il valore simbolico che la sede ha da più di un secolo per il nostro giornale. Abbiamo deciso di ristrutturare la parte non vincolata del palazzo di via Solferino creando due ingressi con accesso separato dagli uffici della direzione giornalistica. In questi spazi, come da tradizione del passato, ho deciso di stabilire la mia sede”.
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