domenica 17 Ottobre 2021
Un piccolo scandalo giornalistico negli Stati Uniti mostra gli aspetti di una questione delicata e importante nel lavoro dei giornalisti, e poco nota ai lettori: un noto giornalista sportivo della rete ESPN – stando ad alcune mail rese pubbliche da una vicenda giudiziaria – dieci anni fa chiese a una persona citata in un suo articolo di rivedere l’articolo stesso, domandandole di suggerire “qualunque cosa che vada aggiunta, cambiata, sistemata”, con toni molto subordinati e confidenziali (tra i due c’era un rapporto di conoscenza). La storia in questione è complicata e sta dentro un polverone di rivelazioni su cui negli Stati Uniti ci sono in questi giorni molte attenzioni, ma per quanto interessa a Charlie – e al dibattito nel settore che si è sviluppato laggiù – il tema interessante è il confine etico tra il chiedere per premura alle fonti che confermino le loro dichiarazioni o dei singoli passaggi su cui hanno conoscenza dei fatti, e invece il far rivedere e persino correggere interi articoli alle persone coinvolte o interpellate. La prima cosa è comprensibile e spesso ragionevole e prudente: la seconda è – per molti dei colleghi del giornalista intervenuti nella discussione – una diminuzione inaccettabile del proprio ruolo e della propria indipendenza. La prima cosa si fa, la seconda – affidare a qualcun altro la revisione e le decisioni finali sul contenuto di un articolo – no.
(il giornalista ha ammesso di avere sbagliato)
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