Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 14 Aprile 2024
In tutto questo, giovedì l’editore di Repubblica ha comunicato in una lettera agli azionisti diversi risultati delle aziende del gruppo, con grandi soddisfazioni. Tra le cose che riguardano GEDI le informazioni più concrete – accanto a una serie di dati promozionali ma poco sostanziati – sono:
a) l’infine rivendicato progetto di dismettere tutti i quotidiani locali (finora praticato ma poco comunicato alle redazioni interessate) e di privilegiare Stampa e Repubblica come testate nazionali e quindi con maggiori prospettive sul digitale, ambito prioritario non solo come veicolo di prodotti giornalistici ma in generale come presenza dell’azienda, che sta infatti investendo su prodotti di tutt’altro genere;
b) una frase in difesa dei giornali dagli “interessi di chi li possiede”, che non è passata inosservata nel contesto attuale delle polemiche tra redazione di Repubblica e proprietà: «Continuiamo a credere nell’importanza di un giornalismo affidabile e di qualità, specialmente in un mondo in cui a volte è difficile fidarsi di ciò che leggiamo. Questo è fondamentale mentre formiamo le nostre opinioni e, per questa ragione, non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente, che resti fedele all’identità e ai valori dei giornali e dei lettori a cui si rivolge, e non agli interessi di chi li possiede».
Anche senza dire dell’articolo di Affari e finanza corretto di cui sopra, Repubblica ha occupato le pagine dell’Economia, questa settimana: mercoledì con un articolo celebrativo dei successi dell’azienda Ferrari, di proprietà dell’editore; giovedì con un articolo dedicato all’amministratore delegato di Stellantis in difesa dell’azienda, di proprietà dell’editore; venerdì con la lettera dell’editore sui risultati delle aziende di sua proprietà.
domenica 14 Aprile 2024
Non è passata neanche questa settimana senza una nuova agitazione dentro il quotidiano Repubblica, con ben due comunicati del Comitato di redazione pubblicati sul giornale e persino un voto di sfiducia nei confronti del direttore. E non si è trattato di un aggravamento delle tensioni precedenti, ma di un evento nuovo che ha irritato i giornalisti: il direttore Maurizio Molinari ha infatti deciso di non pubblicare un articolo previsto per l’inserto economico del giornale – quello che si chiama Affari e finanza – e di sostituirlo con un altro in parte ricalcato su quello ma con alcuni passaggi emendati, con un sommario cambiato, e firmato da un altro autore. Il problema è che i passaggi rifiutati, si intuisce senza finora smentite, sono stati rifiutati perché avrebbero potuto infastidire gli interessi dell’editore (il gruppo Exor e la società automobilistica Stellantis), alludendo favorevolmente a un intervento del governo italiano su delicate questioni che riguardano Stellantis. E il secondo problema è che tutto questo è avvenuto ad articolo già impaginato e stampato, con la scelta di mandare al macero decine di migliaia di copie e di ristamparle nella nuova versione.
La redazione ha trovato l’ingerenza, le sue supposte ragioni, e i suoi tempi, insopportabili, e ha indetto un immediato “sciopero delle firme” di 24 ore: durante le quali gli articoli sul sito e sul giornale sono apparsi non firmati (salvo alcuni di quelli dei collaboratori esterni alla redazione). Il Comitato di redazione ha poi messo ai voti una “mozione di sfiducia” nei confronti del direttore, che è stata approvata a maggioranza (164 contro 55, e 35 astenuti): nelle redazioni una mozione di sfiducia verso il direttore non ha nessun valore vincolante, ma crea simbolicamente e praticamente un ineludibile aggravamento delle relazioni tra direzione e redazione (e 90 non favorevoli non sono tra l’altro neanche un grande indicatore di sintonia interna alla redazione stessa).
La vicenda ha avuto un piccolo ma significativo strascico in una polemica dello stesso CdR col quotidiano Il Foglio, che aveva pubblicato mercoledì un editoriale sarcastico nei confronti della protesta a Repubblica. Malgrado i sarcasmi del Foglio contro Repubblica siano nati il giorno dopo la nascita del Foglio (persino con una rubrica dedicata, molti anni fa), in questo nuovo confuso periodo il CdR di Repubblica ha scelto di ribattere con un proprio comunicato risentito pubblicato giovedì sul quotidiano. In mezzo allo scambio sono finiti anche i solidi argomenti contro il finanziamento pubblico incassato dal Foglio a danno dei giornali concorrenti e del libero mercato, quelli assai più fragili contro l’anonimato dell’editoriale del Foglio (una pratica del tutto consueta nel formato degli editoriali in tutto il mondo), e un’ultima nota sul fatto che il Foglio sia riuscito a pubblicare una ulteriore risposta – tramite il suo fondatore – prima ancora che venisse pubblicato il comunicato dei giornalisti di Repubblica.
domenica 14 Aprile 2024
NPR è uno storico e popolare network radiofonico americano, gestito da un’azienda non profit e costituito nel 1971 dal Congresso degli Stati Uniti: viene abitualmente chiamato “la radio pubblica statunitense”, ha una storia particolarissima, e la sua produzione di contenuti giornalistici si è molto allargata al web, in questi anni, e quindi la definizione di “radio” è diventata riduttiva.
Questa settimana è stata protagonista di una animata e delicata discussione interna, che è interessante innanzitutto come esempio della cosa detta nel prologo: l’informazione e discussione pubblica sulle vicende del giornalismo e dei giornali. Quello che infatti è successo è che un giornalista di NPR ha pubblicato su un altro sito delle considerazioni critiche su NPR stessa, che i dirigenti di NPR gli hanno risposto, che NPR ha raccontato la vicenda riportando le diverse posizioni.
Ma la discussione è rilevante soprattutto per il suo contenuto: Uri Berliner ha infatti accusato l’azienda di avere fatto un tale investimento sulla “diversità” nelle redazioni e sul riequilibrio a favore delle minoranze – priorità che in questi anni si sono date tutte le maggiori aziende giornalistiche americane – da avere omologato ulteriormente le “opinioni” all’interno delle redazioni stesse. Il suo articolo è intitolato “Sono a NPR da 25 anni, ecco come abbiamo perso la fiducia dell’America”. La maggiore diversità umana – benvenuta e preziosa, dice Berliner – ha limitato la diversità di idee, e oggi dentro NPR è difficilissimo trovare qualcuno con simpatie conservatrici o verso il partito Repubblicano. NPR (come altre grandi testate giornalistiche nazionali) è accusata da sempre dalle destre di essere partigiana e vicina ai Democratici, e l’intervento di Berliner – che aveva avuto la premura di premettere che lui stesso è un esempio delle idee e formazioni prevalenti all’interno di NPR – è stato molto ripreso strumentalmente dai maggiori critici del network.
Edith Chapin, a capo delle news, ha respinto le accuse di Berliner e ha rivendicato l’importanza del lavoro di riequilibrio di questi anni. Altri commentatori hanno obiettato che a diminuire la quota di persone vicine al partito Repubblicano tra i giornalisti e gli ascoltatori di NPR non sarebbe stato uno spostamento verso posizioni più progressiste di NPR ma uno spostamento verso posizioni più reazionarie e trumpiane del partito Repubblicano.
domenica 14 Aprile 2024
In un prologo di Charlie di più di due anni fa parlammo con rammarico – rammarico in parte attenuato dal tentativo di questa newsletter – dell'”assenza in Italia di un lavoro giornalistico di divulgazione sui giornali, che viene svolto invece abitualmente in molta autorevole stampa internazionale. È un peccato perché la domanda c’è e un buon lavoro di reporting potrebbe spiegare molte cose interessanti e utili ai lettori: ma una consuetudine un po’ omertosa e un po’ autopromozionale fa sì che in Italia ci sia poca disponibilità a rendere pubbliche le cose dei giornali o a renderle pubbliche con sincerità, che si tratti dei giornali propri o di quelli altrui”.
Le cose non sono cambiate nel frattempo, se non – apparentemente – in peggio: sui quotidiani italiani si vedono sempre più spesso articoli dedicati sì ai giornali, ma quasi solo nella forma di attacchi ad altre testate sulla base di ragioni di competizione o insofferenza, che finiscono per rendere poco affidabili e credibili i contenuti stessi di quel racconto. Fino a poco fa questo tipo di attacchi polemici era confinato alle testate più partigiane e polemiche per rivendicata scelta (lo stesso Foglio aveva appena criticato la Verità, che aveva quindi risposto al Foglio; il Fatto attacca Repubblica ogni settimana, e sabato se l’è presa col Giornale e un suo giornalista; eccetera), ma il comunicato del CdR di Repubblica (vedi sotto) contro il Foglio ha fatto traboccare il format anche su quel giornale, dando infine inattesa soddisfazione a decenni di critiche e irrisioni quasi quotidiane che – avessero torto o ragione – la vecchia Repubblica aveva sempre dignitosamente ignorato, consapevole del disinteresse dei propri lettori. Se la risposta al poco giornalismo sul giornalismo si sostanzia in infantili esibizioni di indignazione contro altre testate ritiriamo volentieri la domanda. S enza che questo suoni a sua volta come quello che denuncia, per carità: liberi tutti, ognuno si fa il proprio giornalismo come preferisce.
Fine di questo prologo.
domenica 7 Aprile 2024
Mercoledì sarà nelle librerie il primo libro pubblicato dal brand Altrecose, creato dal Post in collaborazione con la casa editrice Iperborea: un progetto di “giornalismo nei libri” che si aggiunge ai diversi formati con cui il Post ha esteso in questi anni il proprio lavoro di informazione. “Mostri”, il libro che parla delle riflessioni e del dibattito intorno alla contraddizione tra opere d’arte (o letteratura) e comportamenti dei loro autori, si può già acquistare sul sito del Post.
domenica 7 Aprile 2024
Lo scorso 28 marzo è morto a Mantova Daniele Protti, che aveva 78 anni ed era malato da tempo. Era stato direttore del settimanale L’Europeo nella sua versione monografica pubblicata dopo il 2001 e dopo un periodo di chiusura della rivista, e prima aveva lavorato in diverse testate, soprattutto tra quelle del gruppo RCS, accumulando grandi esperienze e competenze nell’ambito dei periodici.
domenica 7 Aprile 2024
Mercoledì il giornalista Davide Vecchi è diventato il nuovo direttore editoriale dell’agenzia di stampa Dire: ha 49 anni e come giornalista si è occupato prevalentemente di temi politici e di cronaca giudiziaria al Fatto Quotidiano, dove ha lavorato fino al 2018. Fino al 2022 ha lavorato come direttore dei giornali locali del centro Italia che facevano parte della società Gruppo Corriere (che editava, tra gli altri, il Corriere dell’Umbria e il Corriere di Arezzo) che all’epoca erano di proprietà dell’imprenditore della sanità e deputato della Lega Antonio Angelucci; dal 2022 al 2024 Vecchi è stato direttore del quotidiano romano Il Tempo (sempre di proprietà della famiglia Angelucci). La stessa agenzia Dire ha scritto che Vecchi si occuperà «di organizzare eventi e confronti tematici, presenziando a momenti pubblici che vedranno coinvolta la Dire» ; Nico Perrone rimarrà invece all’agenzia come direttore responsabile: il direttore responsabile è una figura obbligatoria per legge e ha ruoli maggiormente operativi in un giornale, mentre il direttore editoriale spesso può definire la linea editoriale e la visione complessiva e può essere più vicino all’editore.
La Dire è una delle principali agenzie di stampa italiane ma sta vivendo un periodo piuttosto tribolato. Nacque nel 1988 come agenzia politico-parlamentare legata al Partito Comunista Italiano ma nel tempo cambiò proprietà e approcci e divenne rapidamente autonoma senza connotazioni politiche (avevamo approfondito maggiormente la sua storia qualche mese fa). Nel 2021 il suo editore, Federico Bianchi di Castelbianco, venne arrestato e poi rinviato a giudizio perché accusato di aver cercato di ottenere aiuti per l’assegnazione di appalti pubblici con denaro e regali a una funzionaria del ministero dell’Istruzione. Dal marzo 2022 il nuovo editore è diventato Stefano Valore di Villanueva de Castellòn, imprenditore e fondatore della società informatica SiliconDev. Dall’ottobre 2021 al settembre 2023 i giornalisti e i dipendenti della Dire hanno lavorato con contratti di solidarietà, cioè con una riduzione di orari lavorativi e stipendi. Il 29 dicembre scorso 14 giornalisti hanno ricevuto una lettera di licenziamento (e una decina sono stati licenziati, su circa 70 giornalisti in redazione); poi, con una mail la sera del 31 dicembre l’agenzia ha annunciato la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione ( durata dal 1 al 26 gennaio ) per altri 17 giornalisti. Quest’ultima decisione deriva probabilmente da una situazione piuttosto contorta attorno all’azienda editrice: semplificando, l’editore Stefano Valore ha giustificato la sospensione dei giornalisti perché erano stati sospesi i contributi pubblici diretti all’agenzia, a causa di un fermo amministrativo disposto dal ministero dell’Istruzione per il processo del precedente editore Federico Bianchi di Castelbianco, che di conseguenza ha portato la Presidenza del Consiglio ad allinearsi e sospendere i finanziamenti pubblici: il fermo amministrativo è stato revocato a fine gennaio, ma non è chiaro se siano ripresi anche i contributi. Recentemente la Dire ha vinto un bando per i finanziamenti pubblici alle agenzie di stampa e riceverà circa due milioni di euro per i prossimi tre anni.
Da novembre ha lavorato come amministratore della società l’imprenditore Stefano Pistilli, che in passato è stato vicino all’organizzazione neofascista Forza Nuova, e che si è però dimesso dall’incarico a fine gennaio. La linea editoriale dell’agenzia è comunque rimasta molto simile al passato: ha continuato a occuparsi prevalentemente di notizie parlamentari, politiche, sanità e associazionismo, sebbene abbia dovuto farlo con un numero ridotto di giornalisti: oggi sono circa 60 e sono diminuiti anche i collaboratori. La nomina a direttore di Davide Vecchi è avvenuta nel giorno in cui la redazione aveva indetto un giorno di sciopero nei confronti dell’editore (per la questione dei giornalisti sospesi a gennaio, che hanno però lavorato lo stesso ma venendo retribuiti per 4 giorni di lavoro) e si inserisce in un contesto di polemica vivace dei giornalisti rispetto alle decisioni dell’editore.
domenica 7 Aprile 2024
Lo Hollywood Reporter è una testata americana importante e autorevole nello show business, con una storia quasi centenaria: è stata a lungo un quotidiano del settore, poi una dozzina d’anni fa è passata a una frequenza settimanale – e un sito web – con ambizioni di un pubblico più “largo” di appassionati alle notizie dello spettacolo. È pubblicato da una joint venture di società di cui fa parte il grande gruppo editoriale Penske, che possiede anche Variety e Rolling Stone, tra le altre.
Nel 2023 sono nate due edizioni pubblicate fuori dagli Stati Uniti: a gennaio in Giappone, Hollywood Reporter Japan, e ad aprile in Italia, Hollywood Reporter Roma. L’edizione italiana è nata da una partnership tra il gruppo Penske e la società Brainstore Media di cui Gian Marco Sandri è l’amministratore delegato. Alla sua nascita la rivista è stata diretta dalla giornalista Concita De Gregorio, che scrive una rubrica fissa su Repubblica ed ha diretto il quotidiano l’ Unità dal 2008 al 2011, fino a quando ha preferito lasciare il ruolo di direttrice lo scorso febbraio: il nuovo direttore è diventato il giornalista e critico cinematografico Boris Sollazzo, che era vicedirettore. La rivista italiana ha avuto finora una prioritaria presenza online, pubblicando tre numeri cartacei e coprendo gli eventi del settore del cinema e dello spettacolo come la Mostra del Cinema di Venezia, la Festa del Cinema di Roma e il Torino Film Festival.
Sul finire dello scorso mese la redazione dello Hollywood Reporter Roma ha pubblicato un comunicato in cui annunciava cinque giorni di sciopero perché «per l’ennesima volta si registra un ritardo molto grave nel pagamento degli stipendi, accrescendo le già immense difficoltà economiche di tutti i redattori e dei collaboratori, e questo nonostante le promesse e gli annunci ribaditi più volte dall’editore di una imminente normalizzazione dei versamenti e di una messa in sicurezza del quadro economico dell’impresa». L’editore Gian Marco Sandri ha risposto dicendo di aver investito «con fondi personali oltre 1,8 milioni di euro per avviare un progetto solido portando a bordo professionalità importanti e scegliendo la forma più importante e tutelata di rapporto di lavoro che è l’assunzione». Ha aggiunto che ci sono stati «ritardi di pagamento di alcuni dei nostri clienti» e «al momento abbiamo un problema di liquidità, lo stiamo affrontando certi di superarlo nelle prossime settimane […]. Prevediamo di andare a regime nel terzo trimestre 2024 dopo aver compiuto un anno di vita». Tre giorni dopo, la redazione ha sospeso lo sciopero «alla luce dell’invio della contabile di alcuni dei bonifici da parte dell’azienda»: il sito specializzato su giornali e giornalismo Professione Reporter ha scritto che le giornaliste e i giornalisti dello Hollywood Reporter Roma non percepivano lo stipendio dallo scorso dicembre.
domenica 7 Aprile 2024
Giovedì il giornalista Massimo Razzi è diventato direttore responsabile del Quotidiano del Sud, giornale locale diffuso prevalentemente in Calabria e Basilicata. Razzi ha 72 anni, è un giornalista di origini genovesi, ha lavorato molti anni all’ Unità e molti anni in quello che si chiamava gruppo l’Espresso (oggi si chiama GEDI, editore, tra gli altri, di Repubblica e della Stampa): è stato direttore del vecchio “portale” digitale Kataweb e per quasi vent’anni al sito di Repubblica. Con lui è stato nominato come consulente editoriale delle edizioni locali il giornalista Giuseppe Smorto, che ha 66 anni, è originario di Reggio Calabria e ha lavorato per quasi tutta la sua carriera a Repubblica, prima come direttore del sito e poi come vicedirettore del giornale. Razzi, nel suo editoriale di presentazione, ha scritto che il percorso che intende intraprendere per il Quotidiano del Sud si può riassumere «in tre parole: “Parleremo di voi”. […] Ci leggerete, se vorrete, perché queste pagine racconteranno le vostre storie, spiegheranno le questioni che ogni giorno i cittadini calabresi e lucani devono affrontare, cercheranno di affrontare con voi i problemi che questi anni difficili ci accumulano davanti. Qualche esempio? Sanità, lavoro, scuola, infrastrutture sono temi comuni a tutte le regioni del Sud» e anche di «Ponte sullo Stretto per quanto riguarda la Calabria o di scorie nucleari per la Basilicata»”.
Il Quotidiano del Sud ha anche edizioni in Campania e in Puglia. Nel 1995 nacque con il nome Quotidiano della Calabria, prima di fondersi nel 2014 con il Quotidiano della Basilicata e il Corriere dell’Irpinia. Oggi il giornale è di proprietà della Fondazione Mario Dodaro, che controlla la società che lo edita Edizioni Proposta Sud: da qualche anno ha chiesto e ottenuto i finanziamenti pubblici all’editoria (nel 2022 ha ricevuto circa 3,6 milioni): i contributi pubblici rappresentano un’entrata economica significativa per il giornale, che in questi anni sta cercando di trovare una sostenibilità economica mentre il numero di copie cartacee vendute continua a diminuire e i ricavi dalla pubblicità sono ancora limitati.
Nel 2019 Roberto Napoletano era diventato il direttore editoriale del Quotidiano del Sud e ha poi creato un’edizione nazionale chiamata L’Altravoce dell’Italia: un quotidiano economico e di opinione che cerca di raccontare i fatti partendo dai punti di vista e interessi delle persone originarie del Sud Italia. Il giornale ha una sua autonomia e si può comprare, oltre che nelle regioni in cui esce il Quotidiano del Sud, anche a Milano, Bologna, Roma, Napoli. Napoletano fu direttore dal 2006 al 2011 del quotidiano locale di Roma il Messaggero e del quotidiano economico finanziario Sole 24 Ore fino al 2017, quando si era autosospeso in seguito a una complicata e notevole storia di inganni sulla diffusione e sui conti del giornale: era stato condannato in primo grado e poi assolto in appello, e ora sono scaduti i termini perché procura e parte civile possano ricorrere contro l’assoluzione e quindi è stato di fatto assolto definitivamente.
L’ organizzazione del Quotidiano del Sud è abbastanza peculiare: il quotidiano L’Altravoce dell’Italia ha un direttore e due vicedirettori, le edizioni regionali hanno un direttore responsabile e due condirettori per la Calabria e la Basilicata; ma la redazione complessiva è piuttosto piccola ed è composta complessivamente da circa 30 giornalisti, che dallo scorso settembre lavorano con una forma di cassa integrazione a rotazione, con una riduzione di orari lavorativi e di stipendi. Le nomine di due giornalisti di lunga esperienza sull’informazione online italiana come Razzi e Smorto sembrano essere legate soprattutto a un maggiore investimento di «energie e risorse verso una transizione digitale non più rinviabile», come scritto dall’editore. Il Quotidiano del Sud non è più iscritto agli enti che certificano la vendita delle copie cartacee o le visite al sito internet: la direzione del giornale ha detto a Charlie che al momento le edizioni cartacee hanno una tiratura di 8-10 mila copie al giorno e circa 20 mila persone accedono al sito ogni giorno (con circa 60 mila pagine visualizzate quotidiane).
domenica 7 Aprile 2024
“Life, la più famosa rivista di fotogiornalismo al mondo, tornerà a essere pubblicata sia in forma cartacea sia in digitale: le pubblicazioni erano state interrotte nel 2007 mentre il suo ricco archivio è tuttora consultabile sul sito . La decisione, annunciata giovedì 28 marzo, fa parte di un accordo tra Dotdash Meredith – il più grande editore statunitense, che possiede riviste come People, InStyle e Byrdie – e Bedford Media, una start-up fondata nel 2023 dall’imprenditore miliardario Joshua Kushner e da sua moglie, la modella e imprenditrice Karlie Kloss, che è anche amministratrice delegata dell’azienda”.
Lo ha raccontato il Post in un articolo di una settimana fa.
domenica 7 Aprile 2024
Il quotidiano Libero ha pubblicato sabato a pagina 14 un estratto del dispositivo di una sentenza di condanna per diffamazione per lo stesso giornale e per il suo ex direttore Maurizio Belpietro (oggi direttore del quotidiano La Verità). È una pratica non infrequente che i giudici di cause civili che ritengono che il risarcimento dei querelanti debba comprendere anche la diffusione delle loro ragioni aggiungano alle disposizioni anche quella della pubblicazione su uno o più giornali della sentenza. Questo avviene soprattutto nelle cause per diffamazione contro un giornale, con l’intento di attenuare le conseguenze della pubblicazione delle notizie ritenute diffamanti e di informare i lettori che lo erano, diffamanti: e quindi i giudici scelgono innanzitutto che la pubblicazione avvenga sul giornale condannato (ma a volte non solo su quello), a spese dei condannati.
In questo caso il giudice della sezione civile del tribunale di Potenza ha dato ragione a Patrizia Todisco, magistrata che si era occupata delle questioni dell’ex Ilva di Taranto, e che per i suoi interventi era stata descritta in un articolo di Libero, il cui titolo era “Patrizia Todisco, gip: la zitella rossa che licenzia 11mila operai Ilva”. Libero e il suo allora direttore Belpietro sono stati condannati al pagamento di un risarcimento di 25mila euro e a un rimborso delle spese sostenute da Todisco di circa 6mila euro. La sentenza è stata pubblicata sbrigativamente anche sul sito del giornale.
Il dato che fa più impressione è che il procedimento con cui – a torto o a ragione: secondo il giudice a ragione – una persona diffamata da un giornale ha ottenuto risposta da un tribunale civile si sia concluso quasi dodici anni dopo il fatto in questione e la denuncia relativa.
domenica 7 Aprile 2024
Dalla fine dell’anno scorso il nuovo governo polacco è intervenuto per “normalizzare” la direzione presa dalla tv di stato durante il precedente governo di estrema destra: che aveva imposto nomine e indirizzi faziosi e partigiani, e irrispettosi di un corretto servizio pubblico di informazione.
Le scelte conseguenti hanno sicuramente ottenuto dei risultati in termini di accuratezza e affidabilità giornalistica, ha raccontato ora il Financial Times, ma con un fallimento di pubblico e commerciale: gli ascolti sono diminuiti sensibilmente, e per la prima volta la tv pubblica TVP è stata superata da una sorta di ” Fox News polacca”, TV Republika, che ha rilevato l’impostazione aggressiva e reazionaria adottata dal governo precedente.
(il canale di news più seguito resta TVN24, di proprietà della multinazionale americana Discovery).
“Instead of polarising rants claiming Tusk is a German stooge, state broadcaster TVP now airs conventional news bulletins about domestic and international events. “Some say the news on TVP is now boring, but I would rather call it calm,” said teacher Aneta Ćwieluch. “I prefer peace than this hate towards everyone that was presented while PiS was in power,” she said in reference to the previous government led by the rightwing Law and Justice (PiS) party”.
domenica 7 Aprile 2024
C’è stato un buffo incidente fotografico sulla copertina di Sette, il magazine del Corriere della Sera, intorno a una foto di Massimo Sestini, uno dei più esperti e versatili fotografi italiani di attualità e costume.
domenica 7 Aprile 2024
La Virginia è il primo stato statunitense ad avere approvato una legge che indica i giornali solo online come possibili destinatari degli annunci di interesse pubblico come bandi, sentenze, eccetera. La questione è attuale in tutto il mondo (con una recente crisi italiana), perché le regole che nei vari paesi dispongono che informazioni di questo genere siano promosse e pagate dalle istituzioni pubbliche sono di fatto diventate anacronistiche: oggi il web e i social network sono spazi molto più efficaci per raggiungere il maggior numero di persone possibile e in modo più duraturo. Ma molti giornali cartacei si oppongono a un’evoluzione del modello novecentesco perché questo genera ancora preziose quote di investimenti pubblicitari provenienti dagli enti pubblici. Invece in Virginia comincia a cambiare qualcosa col consenso dell’associazione della stampa, che ha appoggiato la legge per dare maggiore sostegno ai giornali locali anche online e favorire la transizione di quelli cartacei.
domenica 7 Aprile 2024
Francesco Gaeta ha raccontato sul Post che quotidiano è l’ Osservatore Romano e come sta cambiando.
“L’Osservatore Romano esce tutti i giorni tranne la domenica, e viene stampato a Nepi, in provincia di Viterbo, in una tipografia di proprietà del Vaticano, e anche in tipografie sparse in altri paesi. Durante la pandemia, proprio la ristrutturazione dei sistemi di stampa di Nepi e le cautele sanitarie connesse sono state all’origine di un fermo delle pubblicazioni durato da marzo a settembre del 2020, fatto mai accaduto che aveva indotto qualcuno a prevedere che non ci sarebbe più stata una versione cartacea. Ma l’Osservatore ha invece poi ripreso le pubblicazioni. Viene “chiuso” ogni giorno in redazione entro le 15 e arriva nelle edicole romane nel tardo pomeriggio, al costo di 2 euro. La principale ragione di questi tempi di lavorazione e pubblicazione è che l’attività ufficiale del Papa – udienze, visite e celebrazioni eucaristiche – si svolge in gran parte durante la mattinata”.
domenica 7 Aprile 2024
MSNBC è un importante canale televisivo – e sito web – statunitense, che appartiene alla rete NBC (che a sua volta è della grande multinazionale delle telecomunicazioni Comcast, che possiede tra le altre cose la Universal Pictures, il gruppo Sky, Dreamworks). MSNBC nacque nel 1996 come ambizioso e precoce progetto di collaborazione tra NBC e Microsoft: poi Microsoft lo abbandonò e la tv rimase a NBC, raccogliendo intanto grosse quote di pubblico americano, e un ruolo di “tv liberal”, con oscillazioni (il pubblico più di destra la accusa spesso di faziosità, paragonandone il ruolo a quello – assai più irrispettoso della realtà – del famigerato canale Fox News).
Ma in MSNBC ci sono state appunto oscillazioni, e nelle settimane passate la rete madre NBC è stata invece accusata di stare cercando un riposizionamento nell’ipotesi di una vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni. In questo contesto è stata una storia molto seguita tra gli addetti ai lavori dell’informazione quella dell’arruolamento come commentatrice, da parte di NBC, dell’ex presidente del Comitato Nazionale del Partito Repubblicano, Ronna McDaniel (con precedenti molto trumpiani e molto anti- MSNBC, e coinvolgimento nelle pratiche per invalidare il voto del 2020), e poi delle polemiche interne conseguenti, e poi del suo conseguente licenziamento. Il presidente di NBCUniversal News ha dichiarato di avere preso atto che la presenza di McDaniel avrebbe minacciato la “coesione dell’azienda”, dopo che diversi tra i giornalisti più famosi avevano protestato per la sua assunzione (assieme a una cospicua parte di pubblico). Adesso a quelle critiche si sono aggiunte, rinnovate, quelle da destra contro la confermata partigianeria della rete. Mentre molti commentatori meno di parte hanno notato il contesto inedito e politicizzato per cui una scelta aziendale è stata sconfitta da una protesta dei giornalisti.
domenica 7 Aprile 2024
In queste due settimane la possibilità di vendita dell’agenzia stampa AGI da parte di ENI (l’azienda petrolifera ed energetica che la possiede) ha continuato a ribollire ma senza che ci siano stati grossi sviluppi. L’acquirente possibile – che secondo ENI avrebbe avanzato autonomamente una proposta – è la famiglia Angelucci, guidata dal deputato leghista Antonio Angelucci, che già possiede i quotidiani Libero, Giornale e Tempo, e di cui si è spesso detto abbia anche una tentazione di acquistare Radio Capital dal gruppo GEDI.
Le questioni dibattute sono quindi soprattutto tre: la crescita di ruolo e potere di un gruppo editoriale ricco di testate, per quanto senza una visione di progetto complessiva finora; la condizione di conflitto di interessi per una testata che riceve gran parte dei suoi finanziamenti dalle istituzioni pubbliche e dal governo, e che sarebbe di proprietà di un senatore appartenente alla maggioranza di governo; e la palese partigianeria politica del gruppo editoriale, che con tutta probabilità si estenderebbe anche ad AGI. Di certo AGI non è mai stata esattamente un’agenzia indipendente, data la sua proprietà e l’influenza di ENI nel campo dei media, ma i suoi giornalisti si dicono più inquietati dalle prospettive con gli Angelucci, i cui giornali hanno un rivendicato approccio militante piuttosto che giornalistico.
Il Post ha raccontato più estesamente la storia. La Stampa ha spiegato sabato le implicazioni economiche e di interessi coinvolti.
“Stando alle cifre che circolano da giorni, e che trovano conferma da fonti vicine all’imprenditore privato, i suoi emissari avrebbero trovato una bella sorpresa nei bilanci dell’Agi. Circa 5 milioni di euro verrebbero garantiti dal bando di governo previsto per le agenzie, così suddivisi: poco più di 3 milioni di euro dalla presidenza del Consiglio, e 1,5 milioni di euro dal ministero degli Esteri. A questi vanno aggiunti poco meno di 10 milioni di euro che arrivano direttamente dalla proprietà, cioè da Eni, per la mole di servizi editoriali offerti alla multinazionale. Una clientela che, secondo gli accordi, resterebbe agganciata ad Agi anche con il passaggio ad Angelucci. Ogni calcolo va ovviamente tarato su variabili di imprevedibilità, perché non è detto che Eni, nel futuro anche più prossimo, non voglia diminuire le spese. Come non si sa, con il passaggio a un privato così marcato politicamente, cosa accadrà agli altri 4-5 milioni di euro che sono garantiti da contratti firmati con enti, pubblica amministrazione di livello minore e giornali”.
domenica 7 Aprile 2024
Il percorso di dismissione delle edizioni non americane di Buzzfeed e HuffPost (testate che da quattro anni sono della stessa proprietà) ha avuto un nuovo sviluppo con la cessione in licenza dei relativi siti britannici (e di altri associati) al gruppo editoriale del quotidiano Independent, come era stato anticipato poco più di un mese fa. Lo HuffPost UK aveva note difficoltà economiche da diversi mesi. Trenta dipendenti delle diverse testate cedute passeranno a lavorare per il nuovo editore.
domenica 7 Aprile 2024
Se non fosse che ormai le occasioni in cui lo schema si possa ripetere ancora sono diventate pochissime, lo schema sarebbe diventato del tutto prevedibile: prima circola una voce sulla vendita di una testata da parte del gruppo GEDI, poi la redazione di quella testata si preoccupa e protesta chiedendo smentite, poi le smentite non arrivano, e alla fine la vendita viene rivelata e diventa cosa fatta in un battibaleno.
Adesso è successo al Secolo XIX, storico quotidiano di Genova, che era stato acquisito dieci anni fa dalla Stampa della famiglia Agnelli-Elkann, ed era stato poi coinvolto nella fusione col gruppo Espresso che aveva creato la nuova azienda GEDI. Nel giro di meno di un mese dalle prime notizie GEDI ha annunciato un accordo preliminare per la vendita del giornale alla società di navigazione MSC. Il Comitato di redazione della Stampa ha scritto di “perdita totale di credibilità dell’editore”. Il “coordinamento superstite” del gruppo GEDI ha diffuso un comunicato scorato e severo sull’operazione, e sul percorso dell’azienda fin qui.
“Nessuno di noi ha mai compreso il senso imprenditoriale dell’acquisto di Gedi, gruppo editoriale che ha avuto un ruolo nella storia di questo Paese, fatto a pezzi uno ad uno, smantellato senza alcuna strategia, con testate con anche oltre 100 anni di storia rimpiazzate da siti tutti centrati sul marketing e sulla vendita di prodotti. In passato abbiamo posto questa domanda, in maniera diretta, all’amministratore delegato Maurizio Scanavino («perché comprare Gedi per poi smantellarla?»), senza ricevere una risposta”.
domenica 7 Aprile 2024
Molte testate internazionali si stanno muovendo in questi ultimi anni per cercare di individuare delle “metriche” più efficaci dei tradizionali dati di traffico sui loro siti: ne avevamo scritto nell’ultima newsletter, c’è una condivisa impressione – sia da parte degli editori che da parte degli inserzionisti – che il valore dei lettori debba essere misurato più rispetto al loro coinvolgimento e interesse, che al semplice fatto che abbiano cliccato su un link e visitato una pagina per le ragioni e per i percorsi più diversi: il New York Times sta lavorando con una società che cerca per esempio di capirlo registrando i movimenti dello sguardo degli utenti. La responsabile dell’audience del sito di news americano The 19th ha spiegato sulla Columbia Journalism Review l’esperimento – tutte le metriche sono incomplete, dice lei stessa – con cui il sito cerca di aggregare e sintetizzare in un singolo valore diversi percorsi attraverso cui il proprio giornalismo raggiunge le persone.
“The result was a new baseline we’re calling total journalism reach, or the number of times our journalism, in its many forms, is consumed by our audiences. Right now, it includes website views; views of our stories that are republished on other news sites and aggregation apps, like Apple News; views of our newsletters based on how many emails we send and their average open rates, reduced for inflation since Apple implemented a new privacy feature; event attendees; video views; podcast listens; and Instagram post views”.
domenica 7 Aprile 2024
Il quotidiano Domani ha spiegato mercoledì che una notizia riferita da molte testate giornalistiche italiane e internazionali era sbagliata: la musica techno non è stata infatti aggiunta alla propria lista di “patrimoni culturali” da parte dell’UNESCO, ma è stata inserita in una lista di “patrimoni culturali immateriali” da un relativo registro tedesco, che ha proprie relazioni con l’UNESCO. Una scelta del tutto tedesca, quindi, e non presa con intenzioni universali dall’UNESCO.
“Qualche giorno fa sui giornali italiani, da Repubblica al Corriere della Sera, dal Sole 24 Ore al Fatto Quotidiano, e su diversi siti di informazione online, è stata pubblicata la notizia del riconoscimento come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco della musica techno tedesca. Peccato sia falso.La realtà è che il governo tedesco ha deciso di iscrivere la musica techno, insieme ad altre 120 tradizioni, nel Registro nazionale dei patrimoni culturali immateriali. È una decisione, dunque, tutta tedesca, che nulla ha a che fare con l’organizzazione mondiale che si occupa di cultura”.
L’errore ha riguardato appunto moltissimi giornali, anche tedeschi: diversi di questi hanno inserito successivamente delle correzioni(l’articolo di Domani fa ragionamenti corretti sulla generale fallacia dei giornali, ma sbaglia a sua volta sul fatto che in questo caso si sia trattato di un errore di traduzione e di un errore solo italiano; ed esagera rispetto alla facilità di verifica in questo caso: nei giorni della pubblicazione della notizia questa era stata data in modo errato da testate tedesche anche molto autorevoli).
(all’interno di un articolo dedicato alla musica techno anche il Postaveva inizialmente riferito in modo errato l’informazione)
domenica 7 Aprile 2024
C’è un discreto allarme nelle aziende giornalistiche del Regno Unito – e un preallarme in quelle del resto del mondo – dopo che Google ha deciso di avviare una sperimentazione nell’offrire agli utenti dei risultati per le loro ricerche creati dalle “intelligenze artificiali”. In sostanza, cercando per esempio “come sturare un lavandino” una piccola comunità di utenti coinvolti nella sperimentazione visualizzerà direttamente sulla pagina di Google una risposta creata appunto da una AI. L’allarme si deve al fatto che fino ad ora a quegli stessi utenti viene invece offerta una lista di link a siti che ospitano articoli dedicati a quella domanda: e gli editori dei siti di news sono preoccupati che questo tolga loro ulteriori quote di traffico in arrivo da Google. Per fare un esempio più “giornalistico” (ma molte testate ospitano consigli anche del genere del lavandino, proprio per sfruttare le ricerche su Google), se oggi scriviamo su Google “chi ha vinto le elezioni in Abruzzo” i primi due risultati sono del sito Pagella Politica e di quello del Corriere della Sera. Se Google affidasse la risposta a una AI, questa saprebbe probabilmente darla correttamente (attingendo alle informazioni disponibili online), sottraendo quel traffico a quei due siti.
L’esperimento britannico segue quello iniziale negli Stati Uniti: da Google hanno spiegato che si tratta appunto di un esperimento, per valutare eventuali errori ed effetti indesiderati, e che c’è una grande attenzione sulla scelta delle domande più “innocue” a cui dare risposta in questo modo: attenuando il rischio di conseguenze indesiderate o pericolose nelle risposte create dalle AI.
Ma che questo potenzialmente possa far perdere visitatori, e ricavi pubblicitari, ai siti di news è piuttosto ovvio, e per questo gli editori stanno già protestando. Il paradosso – rivelatore delle contraddizioni dei tempi, e di certe ipocrisie – è che la protesta per le minori visite indirizzate ai siti di news avviene parallelamente a quella per i ricavi ottenuti da Google indirizzando visite ai siti di news. Le intelligenze artificiali non solo toglierebbero a questi ultimi traffico, ma anche l’opportunità di chiedere compensi e rimborsi per l’uso dei loro contenuti. Rivelando, come su Charlie si è spesso detto, che quest’ultima questione è una questione di redistribuzione della ricchezza a favore dell’impoverito servizio pubblico giornalistico, e non di “diritti”.
Fine di questo prologo.
domenica 24 Marzo 2024
Domenica prossima, con la scusa della Pasqua, Charlie si prende una pausa, e torna domenica 7 aprile. Una buona occasione per abbonarsi al Post o per leggere gli approfondimenti su questi stessi argomenti nel numero di Cose spiegate bene sul giornalismo.
domenica 24 Marzo 2024
Mercoledì il Corriere della Sera ha ospitato due pagine pubblicitarie di Poste Italiane. Il giorno dopo il Corriere della Sera ha pubblicato nelle sue pagine dell’Economia un’intervista promozionale e celebrativa (persino il titolo e il sommario erano virgolettati dell’intervistato) all’amministratore delegato di Poste Italiane.
domenica 24 Marzo 2024
Il quotidiano Repubblica ha pubblicato per due volte – come sancito dalla sentenza stessa – la sentenza del Tribunale di Milano che ordina al titolare di un account di Twitter la cancellazione di un tweet contro il direttore di Repubblica, il pagamento delle spese legali e la pubblicazione della sentenza sul suo account.
domenica 24 Marzo 2024
Tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 il quotidiano Corriere della Sera ha creato uno spazio online, chiamato Corriere Art Collection, per collezionare NFT (acronimo di Non-Fungible Token, certificati di autenticità digitale). I progetti collezionabili riguardano alcune delle copertine della Lettura, il supplemento culturale del Corriere. Per alcune specifiche copie della Lettura (al prezzo di 10 euro) è ovvero possibile riscattare digitalmente le loro copertine con la scansione di un QR Code. Una volta riscattata, la copia digitale appartiene alla stessa persona che ha acquistato in edicola la Lettura . Si tratta di un’attività per cercare nuove forme di sostenibilità economica e di coinvolgimento di (vecchi e nuovi) lettori. Se non l’avete capita benissimo, è perché gli NFT sono una cosa non facile da capire: e spiegata meglio qui.
Marco Capodieci, che per il gruppo RCS (editore, tra gli altri, del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport) si occupa di affari e innovazioni digitali, ha detto a Charlie che il progetto «sta andando molto bene e dal lancio abbiamo attraversato varie fasi. Quella di sperimentazione totale all’inizio, nel 2021, dove abbiamo pubblicato una storica copertina del Corriere della Sera facendola reinterpretare da uno degli artisti italiani più in voga per quanto riguarda l’arte digitale [Andrea Bonaceto, ndr]. Poi abbiamo sperimentato una seconda volta con il libro di Zlatan Ibrahimović edito da Cairo Editore: per l’occasione abbiamo radunato una decina di artisti che hanno collaborato nel reinterpretare alcune frasi che erano rappresentative del libro di Ibrahimović».
«Terminati questi due grossi esperimenti abbiamo avuto una fase di scouting di piattaforme internazionali per capire dove lanciare un prodotto che fosse in linea con le caratteristiche del Corriere : alla fine tra i mondi variegati degli NFT abbiamo deciso di scegliere quello dell’arte in modo da poter selezionare gli artisti, se possibile già noti anche nel mondo fisico, che avrebbero lavorato con noi. Anche perché in molti non hanno capito cosa sono gli NFT: sono un mezzo, un modo per spostare la proprietà di un file da una parte a un’altra, ma è comunque un mezzo su cui poi l’artista si esprime, anche se è un supporto diverso». Per questo motivo il progetto NFT è stato legato all’inserto culturale domenicale la Lettura: «è un inserto che ha una spiccata riconoscibilità e delle copertine selezionate e ricercate da anni, e alcune opere di artisti sono state realizzate esclusivamente per le copertine della Lettura . Siamo quindi diventati forse il primo caso editoriale europeo che pur stampando e realizzando un volume notevole di prodotti artistici riesce a tracciarli univocamente tutti online: le copie selezionate della Lettura diventano così tutti dei pezzi unici. Il modo in cui ci siamo riusciti sono tanti QR Code diversi sulle singole copie delle edizioni da collezione della Lettura, che rendono uniche le copie stampate».
«Noi ad oggi “mintiamo” [cioè coniamo, creiamo, ndr] un certo numero di copie della Lettura, che sono le stesse che distribuiamo in tutte le edicole italiane: dopo cinque-sei mesi, quando elaboriamo i resi della Lettura eliminiamo tutte le opere digitali che non sono state vendute, e che erano associate alle copie rese. Per esempio, se io una domenica avessi venduto una sola copia, o una sola persona avesse riscattato digitalmente la copertina, quell’opera sarebbe unica. Riportandola al mondo dell’arte è come una serigrafia: io creo un numero di copie, le metto in vendita nel mercato, e quelle che non vendo le cancello». Non è possibile divulgare il numero di copie vendute: «sono dati riservati, però non stiamo parlando di centinaia di copie» ma di un numero maggiore. «Gli artisti partecipano poi al successo dell’operazione: hanno un beneficio economico in percentuale ai volumi venduti».
Nel progettare Corriere Art Collection «la sostenibilità è la nostra stella polare, e finanziariamente il progetto in questo momento è sostenibile. Lo è stato dal giorno zero, genera dei flussi positivi e quindi ci permette di continuare a sperimentare».
domenica 24 Marzo 2024
Nella sua rubrica quotidiana sul quotidiano Repubblica il giornalista e scrittore Michele Serra ha preso una posizione, piuttosto unica all’interno dei giornali, che consiglia diffidenza nei confronti degli intervistatori e si pone in difesa degli intervistati. Serra spiega che per potersi fidare che le proprie parole siano riportate fedelmente sui giornali la sola garanzia è ricevere domande scritte e fornire risposte scritte (l’occasione è la denuncia di una giornalista dell’agenzia di Adnkronos delle molestie verbali ricevute dopo un’intervista dall’attore porno Rocco Siffredi).
“Domande scritte, risposte scritte: è la sola maniera per farsi intervistare senza incorrere in fraintendimenti ed equivoci. Non solamente se si è un divo del porno e a intervistarti è una donna. Parlo proprio in generale.
Dubito che l’ordine dei giornalisti approvi questa mia considerazione, ma esiste un diritto/dovere all’autotutela che suggerisce molta cautela nell’esposizione mediatica. Con rare eccezioni (conoscenza diretta di chi ti intervista, oppure chiara fama di correttezza e serietà, conquistata sul campo, intervista dopo intervista: allora sì che l’incontro diretto aggiunge calore, intelligenza e umanità al colloquio) la prudenza è d’obbligo, e l’imprudenza garantisce guai. L’intervistatore ha libero accesso alle tue parole, quello che gli metti a disposizione è tanto. E l’intervista è un’arte difficile, richiede rispetto, un grado di confidenza molto sorvegliato, una capacità prima di ascolto, poi di scrittura non comune”.
(Serra nota a margine l’inedita scelta delle maggiori testate di limitarsi a parlare di “una giornalista”: il nome di quest’ultima non era stato infatti citato nei primi due giorni in nessuno degli articoli relativi, con un ammirevole rispetto, non comune però in occasioni in cui la persona coinvolta non sia un giornalista: la giornalista stessa ha poi dato sabato un’intervista a Repubblica rivelando il proprio nome)
“il suo nome non è noto: l’autotutela, in questo caso, è ben garantita”.
domenica 24 Marzo 2024
Ci sono sviluppi sui destini della rivista sportiva più illustre del mondo (“illustre” e “rivista” sono due termini che oggi si accompagnano raramente, per crisi delle riviste: ma diciamo che lo si sarebbe detto fino a vent’anni fa). La proprietà del magazine americano Sports Illustrated dovrebbe avere trovato una nuova azienda a cui affidarne le pubblicazioni, dopo la dismissione della precedente.
domenica 24 Marzo 2024
Il sito Professione Reporter ha pubblicato i termini di un accordo sindacale tra l’editore GEDI e il Comitato di redazione del quotidiano Repubblica . L’accordo discende dalle intenzioni dell’editore di ridurre i costi e il numero dei dipendenti (o di rinnovare la redazione con contratti probabilmente meno costosi) e prevede 46 “uscite” nel 2024: si parla di un risparmio per l’azienda di cinque milioni di euro. Tra le altre cose, è stata decisa una riduzione del numero di pagine del quotidiano, con una pagina in meno per la sezione di lettere e commenti.
“Il piano prevede il completamento della “transizione digitale” e quindi un “taglio” della carta con 4 pagine in meno sull’edizione nazionale (meteo, programmi tv, cruciverba, una delle tre di lettere e commenti e una di pubblicità auto promozionale) e 4 in meno sui dorsi locali. Ogni sabato la foliazione delle edizioni locali passerebbe da 12 a 20 pagine”.
domenica 24 Marzo 2024
Il Secolo XIX, storico quotidiano genovese di proprietà del gruppo GEDI, ha scioperato venerdì per protestare contro il rifiuto dell’azienda di dare maggiori informazioni a proposito delle trattative in corso per la vendita del giornale (si tratterebbe dell’ennesima, e di una delle ultime, cessione di quotidiani locali da parte del gruppo).
“Nonostante le formali e reiterate richieste da parte della rappresentanza sindacale, infatti, l’azienda non ha fatto alcuna chiarezza in merito alle insistenti e continue indiscrezioni di stampa relative a una possibile vendita del Decimonono.
Non solo: il gruppo Gedi, anche in questo caso nonostante ripetuti solleciti, non ha presentato un piano di investimenti per il giornale che, in forma cartacea e digitale, rappresenta la voce di Genova e della Liguria da quasi 140 anni. Per la redazione del Secolo XIX, che con orgoglio rappresenta questa testata, il silenzio dell’editore è inaccettabile. Si tratta, in primis, di una mancanza di rispetto nei confronti della redazione, dei suoi lettori e della storia di un quotidiano che negli anni ha consolidato la sua posizione di leader nell’informazione regionale e da sempre è riconosciuto come testata di rilievo nazionale grazie alla professionalità e all’autorevolezza dei suoi giornalisti.
Ai vertici di Gedi ricordiamo che il Decimonono offre contributi di qualità a tutto il gruppo e dal 1886 è la voce libera, autonoma e indipendente di un territorio e di una popolazione che consideriamo a tutti gli effetti il nostro naturale editore. I giornalisti del Secolo XIX continueranno a mettere in campo tutte le azioni necessarie per la salvaguardia e la tutela della propria testata sino a quando non arriveranno precise risposte alle richieste avanzate. All’editore ricordiamo inoltre che, qualora Gedi dovesse cedere la proprietà del giornale, la redazione non sarebbe disposta ad accettare soluzioni di basso cabotaggio ma solo ipotesi di soggetti di dimensioni, capacità, posizionamento, visione e volontà di investimenti coerenti con la nostra storia. Il Secolo XIX non si svende”.
domenica 24 Marzo 2024
Nell’ultimo anno si è molto intensificata sui due quotidiani italiani maggiori la pubblicazione di interviste di un’intera pagina dedicate a “personaggi del passato”, dove questi ultimi possono essere indimenticati protagonisti dello spettacolo o dello sport o dimenticati protagonisti di un breve periodo, o in generale protagonisti di storia e cronaca del paese, quasi sempre del secolo scorso. Il Corriere della Sera ci si è dedicato per primo con maggiore intensità, ma Repubblica ha intensificato il proprio impegno sullo stesso modello di interviste. Il format è infatti poco costoso, poco impegnativo dal punto di vista giornalistico, incontra il favore e le attenzioni dei lettori più anziani che costituiscono la quota maggiore dei lettori dei quotidiani, e offre una possibilità di originalità rispetto ad altre testate nella ricerca e nella scelta degli intervistati. Che però diventa col tempo più difficile da raggiungere, e giovedì scorso tutti e due i quotidiani hanno scelto di dedicare nello stesso giorno un’intervista di questo genere a Franco Grillini.
domenica 24 Marzo 2024
Le ingerenze degli interessi economici e politici degli editori nei giornali che posseggono sono una preoccupazione frequentissima nel giornalismo francese in questi anni. Molte testate sono di proprietà di imprenditori tra i più ricchi del paese, altre lo stanno diventando, e ci sono stati diversi casi di palesi intromissioni soprattutto a favore di un orientamento più conservatore. La notizia di questa settimana è stata la sospensione per una settimana del direttore della Provence, quotidiano marsigliese di proprietà dell’armatore miliardario franco-libanese Rodolphe Saadé. Giovedì il giornale aveva occupato la prima pagina con la frase virgolettata di un abitante del quartiere brevemente visitato dal presidente francese Emmanuel Macron per la promozione di una campagna contro il traffico di droga: «Lui se n’è andato, noi restiamo qua». I sostenitori e i collaboratori di Macron hanno protestato contro il titolo sostenendo che indebolisse l’impegno preso contro il traffico di droga e le iniziative delle associazioni che collaborano in questo senso. E la direzione del giornale ha deciso la sospensione di Aurélien Viers, “direttore della redazione” (è la definizione del direttore in molti giornali francesi, che si distingue da quella del direttore generale), e la pubblicazione in prima pagina di un messaggio di scuse ai lettori per averli indotti a pensare che il giornale facesse il gioco degli spacciatori. In seguito all’ipotesi che Viers venga licenziato, la redazione della Provence è entrata in sciopero e il quotidiano non è stato pubblicato sabato: allo sciopero hanno aderito (a partire da martedì) anche i giornalisti della Tribune, giornale della stessa proprietà.
domenica 24 Marzo 2024
I giornalisti dell’agenzia AGI hanno scioperato per due giorni – giovedì e venerdì – per protesta contro le insoddisfacenti risposte della proprietà (ovvero l’azienda petrolifera ed energetica ENI) a proposito delle notizie pubblicate domenica scorsa sul Fatto su una possibile vendita di AGI alla società che già possiede i quotidiani Libero, Tempo e Giornale.
«L’Assemblea ha ringraziato il Cdr per il grande impegno profuso e per l’ottimo lavoro fatto nel mettere in campo le iniziative di protesta che stanno avendo una grande eco. In attesa che il Cdr incontri l’azienda e la direzione l’Assemblea all’unanimità conferma lo stato di agitazione a cui, dalla mezzanotte di oggi, si aggiungerà il ritiro delle firme dal notiziario e dal sito».
domenica 24 Marzo 2024
Sulla vendita del quotidiano britannico Daily Telegraph le cose si sono fermate dopo l’annuncio del governo di voler impedire per legge la vendita di aziende giornalistiche a società legate a governi stranieri, per ragioni di interesse e sicurezza nazionali. Ma intanto John Gapper del Financial Times ha pubblicato un convincente commento sulle contraddizioni e sulle ipocrisie di questa legge “ad personam” e su quanto sia il risultato di una capacità ancora forte dei giornali tradizionali di influire sulla politica tradizionale. Capacità ormai spesso scollegata dal resto della realtà o della formazione dell’opinione pubblica, ma che in questo caso ha spinto il partito conservatore britannico a preoccuparsi di poter perdere il sostegno e il controllo su una testata come il Telegraph alla vigilia di una campagna elettorale.
domenica 24 Marzo 2024
Diverse testate giornalistiche italiane hanno pubblicato tra martedì e mercoledì la notizia di una ragazza di 17 anni che sarebbe stata aggredita su un treno tra Milano e Brescia e che sarebbe riuscita a fuggire grazie a un braccialetto dotato di un segnale d’allarme acustico ( Adnkronos, Giorno, Nazione, Corriere della Sera, tra le altre). Gli articoli erano formulati con toni molto poco giornalistici, che concentravano le attenzioni sul braccialetto, sull’azienda che lo produce, e sulla promozione della sua efficacia; e incorniciavano la notizia tra dettagli narrativi di cui non era riportata la fonte (la stessa protagonista era descritta solo col suo nome di battesimo, e nessuna autorità pubblica era indicata).
A una breve indagine di Charlie, la fonte di quegli articoli è stata la società stessa che produce il braccialetto, con un suo comunicato stampa ( la Polfer non ha avuto nessuna notizia della tentata aggressione): dall’azienda stessa confermano che nessun giornale li ha chiamati prima di pubblicare per avere maggiori verifiche o informazioni (e sostengono che la notizia sia vera “ma non possiamo dare maggiori dettagli, né i contatti della ragazza, per ragioni di privacy”).
Un “fatto” simile era già stato raccontato – nelle stesse forme pubblicitarie – su altre testate (Stampa, Citynews, Giornale) lo scorso dicembre: e il prodotto ha avuto in generale estese attenzioni sui giornali negli scorsi anni.
Al di là del caso in sé e dell’eventuale fondatezza del fatto, è un’ulteriore conferma che spesso le redazioni delle maggiori testate non fanno nessuna verifica sulle informazioni ricevute, con interesse promozionale, dagli uffici stampa, e le pubblicano come vere.
domenica 24 Marzo 2024
Il magazine americano Atlantic ha pubblicato una riflessione del suo giornalista Charlie Warzel a proposito della rinnovata capacità della produzione giornalistica di creare “fenomeni” e allarmi relativi che si autoalimentano: rinnovata dai nuovi contesti degli algoritmi digitali.
Il caso citato a esempio è quello degli incidenti che hanno riguardato il volo aereo negli Stati Uniti negli scorsi mesi, il cui racconto ha generato un’impressione di maggiore pericolo per i voli aerei stessi. Ma, dati alla mano, il pericolo del volo aereo è tuttora bassissimo e non è aumentato: la percezione del suo aumento, dice Warzel, si deve alla tendenza dei giornali a creare ondate di sensazioni intorno a singoli fenomeni, e a quella dei social network a sottoporre agli utenti informazioni affini a quelle che hanno già frequentato. E per le persone distinguere tra sensazioni isolate o aneddotiche e realtà dimostrate diventa molto difficile.
“Esistere online significa essere esposto a così tante informazioni che è diventato molto facile venire a sapere di problemi singoli, ma incredibilmente difficile determinare la loro scala o rilevanza generale. Su TikTok si può entrare in contatto con intere categorie di video di paurosi problemi in volo. Anche chi non sia dipendente da questo genere di cose può soffrire di un pregiudizio da algoritmo: più qualcuno si interessa a qualche problema su un aereo, più vedrà storie e commenti sui problemi aerei. Nel frattempo un aumento di interesse nelle storie di problemi aerei genererà un aumento della copertura giornalistica dei problemi aerei, con il risultato che qualunque problema di routine sembrerà accumularsi in un fenomeno eccezionale. Parte di quella copertura giornalistica è del tutto sensazionalistica, e le testate giornalistiche si stanno ora occupando di incidenti che normalmente avrebbero ignorato.
Questa distorsione – tra la percezione pubblica di una questione (gli aerei sono meno sicuri!) e la più banale realtà (sono molto sicuri) – è esacerbata dall’intensità e dalla densità delle informazioni. Capita comunemente di imbattersi in un meme, una teoria, una narrazione e poi vederla in tutti i propri feed. E allo stesso modo le piattaforme tendono a ridurre storie complesse e varie in modi semplificati di vedere il mondo”.
domenica 24 Marzo 2024
La notizia più commentata tra chi si occupa di giornali negli Stati Uniti questa settimana è stata la rinuncia a usare i servizi dell’agenzia Associated Press da parte di due importanti aziende giornalistiche, Gannett e McClatchy: Gannett è editore di oltre 500 media digitali e giornali cartacei e digitali, tra cui USA Today, uno dei pochi grandi quotidiani nazionali statunitensi; McClatchy pubblica una trentina di quotidiani (tra cui il Miami Herald e il Sacramento Bee) e diversi siti di news.
Associated Press è la più famosa e stimata agenzia di stampa internazionale, creata nel 1846 da un consorzio di giornali newyorkesi per condividere costi e lavoro di copertura giornalistica. Da allora è diventata un servizio essenziale per quasi tutti i quotidiani americani e per moltissime testate internazionali, offrendo notizie, immagini, articoli che richiedono impegni e investimenti impossibili per un singolo giornale: creando una rete di redazioni e corrispondenti enorme in tutto il mondo. Molti quotidiani americani hanno sempre ospitato diversi articoli – soprattutto sui fatti internazionali – firmati semplicemente “AP”.
Per questo la scelta di Gannett e McClatchy è considerata storica ed esemplare dei tempi: le sue ragioni sono una riduzione dei costi (i servizi di AP sono comunque costosi) e un’idea – tutta da confermare – che l’offerta di news online renda meno competitivo il servizio di AP sui quotidiani locali, e più importante spostare le priorità sulle informazioni locali. Ma in molte delle redazioni interessate ci sono già state proteste per l’abbassamento della qualità dell’offerta e scetticismi sul fatto che l’editore intenda davvero investire i soldi risparmiati nelle redazioni e nel giornalismo.
Associated Press da parte sua si è detta dispiaciuta, per quanto comprensiva delle necessità dei due editori, e intenzionata a proseguire trattative per possibili nuovi accordi: e ha comunicato che la varietà dei suoi servizi ha diversificato in questi anni i suoi clienti e che i quotidiani statunitensi costituirebbero oggi solo il 10% dei ricavi dell’azienda.
domenica 24 Marzo 2024
Questa stessa newsletter si adegua ai cambiamenti di tendenze nel business dei giornali e nelle sue prospettive: chi la legge si sarà accorto che è un po’ diminuita l’attenzione su meccanismi e sviluppi nel campo dei ricavi pubblicitari, in particolare su quelli digitali. Il cui ruolo nella sostenibilità delle testate internazionali sta diminuendo, cedendo spazio all’altra delle due storiche fonti di ricavo – i lettori paganti – ma anche ad altre forme di business più piccole ma preziose.
Continueremo a parlare della pubblicità, naturalmente, ma è utile fare un momento il punto su come i giornali online stiano spostando non solo le loro priorità ma anche – di conseguenza – i loro modi di misurare i risultati: grandi quantità di “visitatori unici” non sono più un dato utile a far crescere i ricavi attraverso il percorso privilegiato, gli abbonamenti, come spiega la responsabile della crescita dell’Atlantic: “gli unici mensili non sono più l’indicatore più significativo della salute di un’azienda. Da soli non ci dicono quello che ci serve sapere e possono essere ingannevoli. Questo ci spinge invece a capire la qualità del coinvolgimento e quali strumenti abbiamo per raggiungere davvero il nostro pubblico. È un cambio di approccio recente, e molto affascinante: stiamo rispondendo a un ambiente che cambia, e che vuole metriche che contano assai più del traffico”.
Quello a cui si riferiscono i molti che stanno facendo simili riflessioni è il ridotto valore di numeri di “visitatori unici” che mettono sullo stesso piano lettori frequenti, affezionati e soddisfatti e visitatori passeggeri, magari provenienti da una ricerca su Google o da altri passaggi occasionali, che in gran parte arriveranno su un solo articolo per una volta alla settimana, o al mese, o persino in un anno. Le variabili che determinano questo storico metodo di conteggio dei risultati sono tante, spesso inafferrabili, e poco utili a stimolare il coinvolgimento e la soddisfazione che portano alcuni lettori ad abbonarsi e a pagare per i contenuti dei giornali. Un solo abbonato può valere – in termini economici – più di diecimila “visitatori unici”, in certi casi. L’obiettivo principale è capire quali di quei diecimila possono diventare quell’uno, e come ottenerlo: e quali nuove metriche adottare per misurare quel potenziale. Ed è, appunto, “molto affascinante”.
Fine di questo prologo.
Domenica prossima, con la scusa della Pasqua, Charlie si prende una pausa, e torna domenica 7 aprile.
domenica 17 Marzo 2024
Lo sbaglio della settimana scorsa è stato di automatismo (anche questo racconta qualcosa dei meccanismi dei giornali): a forza di ripetere i nomi del primo quartetto di quotidiani ex GEDI acquistati dalla società SAE, l’ultima volta avevamo indicato nella newsletter la Gazzetta di Parma – che non c’entra niente se non per una prossimità geografica – invece che la Gazzetta di Reggio. Molte scuse.
domenica 17 Marzo 2024
Il Post ha raccontato questi travagliati anni della Gazzetta del Mezzogiorno, storico quotidiano pugliese tra cambi di proprietà, crisi economiche e vicende immobiliari.
“La Gazzetta del Mezzogiorno è stato uno dei giornali più letti nell’Italia del Sud e ha una radicata presenza soprattutto in Puglia e Basilicata: nacque nel 1887 con il nome Corriere delle Puglie, coprendo soprattutto le notizie di Bari, cessò le pubblicazioni nel 1922, e la sua redazione fu assorbita dalla Gazzetta di Puglia che ne ereditò anche la storia. Nel 1928 il quotidiano fu ribattezzato Gazzetta del Mezzogiorno e sotto la testata conserva ancora i nomi dei due giornali che l’hanno preceduta. Negli anni Ottanta e Novanta le vendite del giornale erano attorno alle 100mila copie giornaliere, nei Duemila intorno alle 60mila e ancora nel 2012 erano circa 30mila. Nel 2020 erano scese a circa 10mila e nel 2023 a 5mila: ora potrebbero essere di meno, ma il giornale non comunica più i dati”.
domenica 17 Marzo 2024
Il Corriere della Sera ha comunicato – in un più ampio articolo sui risultati dell’azienda RCS a cui appartiene – di avere raggiunto i “615mila abbonamenti digitali”: considerato che per l’edizione digitale del quotidiano – stando ai dati ADS citati in questa newsletter – il giornale dichiara 88mila abbonamenti, dovrebbe significare che 527mila sono gli abbonati ai contenuti del sito.
domenica 17 Marzo 2024
Il magazine Bloomberg Businessweek ha pubblicato giovedì un’inchiesta sullo sfruttamento dei lavoratori nell’allevamento delle vigogne in Perù impiegate per la produzione di tessuti per l’azienda italiana Loro Piana (di proprietà della multinazionale del lusso LVMH). L’inchiesta è stata ripresa da importanti testate giornalistiche internazionali che si occupano di moda come Fashionista e Business of Fashion (che ha LVMH tra i suoi investitori). Sui media italiani non è stata finora citata (sabato Repubblica ha pubblicato nelle sue pagine di promozione dei brand di moda un articolo sul “profondo legame che unisce Loro Piana al Giappone”).
domenica 17 Marzo 2024
Il quotidiano Domani ha raccontato in un articolo sabato le minacce nei confronti di un noto giornalista trapanese che ha spesso attaccato la mafia e ne è stato perseguitato – Giacomo Di Girolamo, direttore del sito Tp24 – da parte del presidente del Trapani calcio e di alcuni tifosi della squadra.
“Un isolamento che è tornato a circondarlo, la sua colpa è quella di aver scritto un’inchiesta sul nuovo re di Trapani: l’imprenditore Valerio Antonini. Con l’isolamento è tornato il silenzio della città e qualcuno ne approfitta e va oltre. C’è chi ha provato a forzare la serratura della redazione, c’è chi lo ha insultato sui social e, da ultimo, allo stadio sono apparsi due striscioni oltraggiosi che lo hanno dipinto come «scribacchino», «prezzolato», «cantastorie». «Tp24 cantastorie, giù le mani dal presidente Antonini. Di Girolamo Tp24 scribacchino prezzolato», questo si leggeva sui due striscioni esposti allo stadio Basciano di Trapani”.
domenica 17 Marzo 2024
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Agcom e ha annullato una sentenza del Tar che sospendeva l’obbligo per Facebook e Google di trattare con gli editori dei giornali per un cosiddetto “equo compenso” della circolazione dei contenuti dei giornali sulle due piattaforme. La sentenza riguarda soprattutto Facebook, perché Google ha già in corso accordi autonomi di compensazione con diverse testate giornalistiche.
domenica 17 Marzo 2024
Il Post ha raccontato lunedì la confusa storia della foto “ritoccata” di Kate Middleton, di cui hanno parlato i media in tutto il mondo, e in cui i media hanno avuto un ruolo rilevante.
“Dopo qualche ora dalla pubblicazione della foto, diverse agenzie di stampa internazionali molto autorevoli, come Associated Press (AP), Reuters, Agence France-Presse (AFP) e l’agenzia fotografica Getty Images, hanno rimosso la foto dai propri archivi fotografici, quelli da cui i giornali di tutto il mondo attingono per i loro articoli. Le agenzie hanno spiegato di avere preso questa decisione sospettando che l’immagine potesse essere stata modificata, e che quindi non fosse in linea con i loro standard di accuratezza giornalistica”.
domenica 17 Marzo 2024
Il Fatto ha pubblicato martedì un lungo articolo polemico sui contributi pubblici ai giornali, riassumendone i principali destinatari.
“Una costante rispetto al passato è anche la concentrazione delle risorse, con le prime dieci società che incamerano poco meno del 60% delle risorse complessive e le prime 20 che arrivano quasi ai quattro quinti della somma totale. Alla faccia del pluralismo che queste risorse dovrebbero servire a tutelare”.
domenica 17 Marzo 2024
Questa settimana sia il Corriere della Sera che Repubblica hanno scelto di promuovere nelle loro pagine dell’Economia la consegna di una laurea honoris causa a Padova – decisa nel 2021 – all’amministratore delegato della banca Intesa Sanpaolo (importante inserzionista e anche creditrice di diverse testate maggiori) .
domenica 17 Marzo 2024
Un articolo del Post ha descritto i nuovi accordi della società OpenAI con diversi giornali, per evitare che gli stessi giornali decidano invece di contestare legalmente i suoi progetti di “intelligenza artificiale”.
” L’azienda statunitense OpenAI, famosa per il suo sistema di intelligenza artificiale ChatGPT, ha annunciato di avere stretto un accordo con il giornale francese Le Monde e il gruppo editoriale spagnolo Promotora de Informaciones (Prisa) per l’utilizzo dei loro contenuti. Gli articoli e gli altri materiali prodotti dai due gruppi editoriali saranno impiegati per allenare i sistemi di intelligenza artificiale (AI), in modo da offrire agli utenti di ChatGPT contenuti migliori in francese e in spagnolo. L’accordo rientra in un piano più ampio di OpenAI per ridurre il rischio di iniziative legali contro l’impiego non autorizzato di materiale protetto dal diritto d’autore”.
domenica 17 Marzo 2024
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di gennaio 2024. Se, come facciamo ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” totale, i risultati sono quelli che seguono: che non tengono conto delle copie distribuite gratuitamente, di quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 166.029 (-6%)
Repubblica 91.919 (-11%)
Stampa 66.480 (-13%)
Sole 24 Ore 54.014 (-9%)
Resto del Carlino 51.669 (-11%)
Messaggero 45.674 (-9%)
Nazione 34.173 (-11%)
Gazzettino 33.891 (-6%)
Fatto 27.284 (-35%)
Dolomiten 27.275 (-6%)
Giornale 26.897 (-5%)
Messaggero Veneto 24.576 (-9%)
Unione Sarda 24.234 (+1,4%)
Eco di Bergamo 22.394 (-8%)
Verità 21.814 (-18%)
Secolo XIX 20.400 (-14%)
Altri giornali nazionali:
Libero 18.735 (-13%)
Avvenire 15.170 (-4%)
Manifesto 12.640 (+3%)
ItaliaOggi 5.920 (-37%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Questo mese c’è stato qualche movimento più vistoso del solito, rispetto all’abituale calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), e che il Corriere della Sera riesce anche questo mese a contenere, limitandosi a una perdita del 6%. Il dato più vistoso è quello della grossa perdita del Fatto, che deriva da una perdita di oltre 13mila abbonati all’edizione digitale a un prezzo superiore al 30% di quello “di copertina” (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). Quello che è probabilmente successo, spiegano al Fatto , è che le offerte di sconti a Natale hanno spinto molti abbonati a convertire il loro abbonamento in uno più scontato. Nel complesso, infatti, grazie alle offerte gli abbonati digitali sono passati da 28.892 a 30.178: con però ricavi minori, e molte più copie acquistate a prezzi sotto il 30%. È utile ricordare che le offerte scontate sono una strategia che mira appunto a coinvolgere più abbonati per cercare poi di trattenerli quando le offerte scadono e i prezzi degli abbonamenti aumentano.
Grazie a perdite leggermente minori, dopo due mesi la Nazione ha superato di nuovo il Gazzettino . Continuano a essere superiori al 10% anno su anno le perdite dei tre quotidiani GEDI, Repubblica, Stampa e Secolo XIX . E continua a perdere molto più di tutti la Verità, mentre ci sono ben due casi di piccolo aumento di diffusione: a quello del Manifesto si è aggiunta l’ Unione Sarda di Cagliari, che ha aggiunto al totale quasi duemila copie del giornale di carta.
Ma per dare un’idea dell’apparente inesorabilità dei declini medi, a partire dalle quattro testate maggiori, questi sono i dati di diffusione di gennaio 2024 confrontati con quelli di gennaio 2021, tre anni fa, quando avevamo appena iniziato a raccontarli su questa newsletter:
Corriere della Sera 166.029 (200.499)
Repubblica 91.919 (149.430)
Stampa 66.480 (97.173)
Sole 24 Ore 54.014 (75.713)
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 43mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 23mila, vedi sopra). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 44.450 (+1.173)
Repubblica 24.093 (+262)
Sole 24 Ore 22.883 (-40)
Stampa 8.482 (-120)
Manifesto 6.487 (+85)
Fatto 6.473 (-13.220)
Gazzettino 6.234 (-24)
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora soprattutto del Tirreno (-20%, ancora); e poi di nuovo del Giornale di Vicenza (-16%) e dell’ Arena (-16%), entrambi del gruppo Athesis.
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà una cifra complessiva di valore un po’ grossolano, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui.
( Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 17 Marzo 2024
C’è stato un altro esempio della consuetudine britannica di applicare regole e sentenze che limitino o permettano la diffusione di alcune notizie e informazioni da parte dei media: e di affidare ai tribunali le scelte relative, a seconda dei casi e dei contesti. Un giudice ha deciso che i giornali possano pubblicare il nome di un agente di polizia accusato di avere ucciso un 24enne che era stato fermato per un controllo a Londra nel 2022. Una precedente decisione aveva imposto di non diffondere il nome dell’accusato per proteggerlo rispetto alle minacce che aveva ricevuto. Alcuni giornali avevano fatto ricorso e lunedì il giudice (il processo si terrà a ottobre) ha stabilito che il diritto alla pubblicità dei processi e la tutela dell’accusato trovino un compromesso nella pubblicazione del suo nome e della sua data di nascita, ma non delle sue foto o del suo indirizzo di residenza.