Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 28 Aprile 2024
La settimana scorsa un errore di formattazione ha reso illeggibile per alcuni lettori della newsletter il testo sull’indagine interna al New York Times, che riproduciamo qui, con molte scuse.
Ci sono aggiornamenti al New York Times su una faccenda di cui avevamo scritto: il sito The Intercept aveva raccontato che il New York Times non avrebbe pubblicato una puntata del suo podcast The Daily (ascoltatissimo e molto seguito) per dubbi sulla credibilità e accuratezza delle fonti, a proposito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre; il New York Times aveva risposto sostenendo che si fosse trattato di normali revisioni giornalistiche, ma aveva avviato delle indagini interne per capire chi avesse dato a The Intercept le informazioni relative. Questo nel contesto sia di una nuova linea imposta dalla direzione che cerca di evitare che le discussioni interne al giornale siano diffuse al di fuori della redazione, e sia di critiche e pressioni a proposito della copertura di quello che succede a Gaza e in Israele.
Diversi siti di news hanno riportato che lunedì il direttore del New York Times Joe Kahn ha scritto in un canale Slack (il programma di chat usato da molte aziende) del giornale che «non abbiamo raggiunto una conclusione definitiva su come si sia verificata questa significativa fuga di notizie. Abbiamo identificato delle lacune nel modo in cui viene gestito il nostro materiale giornalistico e abbiamo preso provvedimenti per risolvere questi problemi». La direttrice delle indagini interne del New York Times, Charlotte Behrendt, ha intervistato una ventina di persone nel corso di molte settimane. L’indagine è stata criticata dal sindacato dei giornalisti, che ha presentato un reclamo «per molestie e discriminazioni nei confronti» di un gruppo di collaboratori del New York Times di origine araba e mediorientale: i dirigenti del giornale hanno risposto che le accuse sarebbero infondate.
domenica 28 Aprile 2024
Questa settimana è stata Alessia Marcuzzi, popolare conduttrice televisiva, a protestare per la scelta di titolazione di una sua intervista pubblicata sul Corriere della Sera. Il giornale ha successivamente modificato il titolo nella versione online dell’intervista.
Venerdì della settimana precedente l’allenatore della Roma Daniele De Rossi aveva protestato per come le sue parole erano state riportate su alcuni giornali.
Un mese fa, nella sua rubrica quotidiana su Repubblica, Michele Serra aveva suggerito di dare interviste ai giornali soltanto per iscritto, per evitare sorprese: soluzione che però non protegge dai rischi delle titolazioni fuorvianti.
domenica 28 Aprile 2024
Il sito americano Politico ha raccontato giovedì in un articolo come i rapporti tra lo staff del presidente Biden e il New York Times – il maggiore quotidiano del paese, stabilmente su posizioni liberal – non siano per niente buoni, con diffidenze e insoddisfazioni reciproche. L’articolo è stato molto discusso nei giorni scorsi, e il New York Times ha ritenuto di commentarlo – senza citarlo -, negando presunte ingerenze dell’editore sulla questione e confermando il proprio disappunto per la limitata disponibilità di Biden a confrontarsi con i giornalisti in generale.
domenica 28 Aprile 2024
Il gruppo editoriale GEDI – quello che possiede Stampa, Repubblica, HuffPost e Radio Deejay – diverrà a breve completamente di proprietà di Exor, la grande società internazionale che ne deteneva già la maggioranza delle azioni e che ha tra le sue molte proprietà soprattutto l’azienda automobilistica Stellantis (e per cui GEDI è un interesse economico molto marginale). “Esercitando un’opzione” prevista dagli accordi, Exor acquisterà le quote dei soci di minoranza (le società CIR degli eredi De Benedetti, e Mercurio di Carlo Perrone: ex editori rispettivamente di Repubblica e Secolo XIX ) entro il primo semestre del 2024.
domenica 28 Aprile 2024
Il settimanale britannico Economist ha raccontato come a rivelare un grosso scandalo di evasione fiscale nella politica giapponese ci sia il giornale del partito comunista del Giappone, lo Shimbun Akahata. L’articolo è stato tradotto in Italia dal settimanale Internazionale.
“La cosa forse sorprendente è che all’origine dello scandalo c’è lo Shimbun Akahata (Giornale bandiera rossa), il quotidiano del Partito comunista giapponese (Jcp). Un giornale di nicchia che oggi è letto da 850mila abbonati, in calo rispetto ai 3,5 milioni del 1980. È stato Akahata il primo a occuparsi delle discrepanze nei finanziamenti del 2022. “Non mi aspettavo tanto clamore”, dice Kamiyu Sasagawa, il giornalista di 33 anni autore dello scoop. Sasagawa ha esaminato i documenti governativi e collaborato con Hiroshi Kamiwaki, un docente di legge dell’università Gakuin di Kobe, che ha presentato la denuncia al pubblico ministero”.
domenica 28 Aprile 2024
Carlo Verdelli, direttore del settimanale Oggi, ha voluto ricordare su Twitter l’anniversario del giorno in cui fu brutalmente licenziato dalla direzione del quotidiano Repubblica, il 23 aprile 2020, per decisione della nuova proprietà del quotidiano.
domenica 28 Aprile 2024
La rivista statunitense Paste, una delle più note nel mondo tra quelle che si occupano di musica (ma anche di cultura e spettacolo in generale: da diversi anni esiste solo in versione digitale) ha spiegato di avere scelto di non firmare una recensione del nuovo disco della cantante Taylor Swift, per garantire la sicurezza dell’autore dopo le minacce ricevute a suo tempo per la recensione di un precedente disco di Swift.
domenica 28 Aprile 2024
Un altro piccolo esempio di quello che dicevamo domenica scorsa sulla sopravvalutazione, nei giornali italiani, di quello che scrive la stampa straniera sulle cose italiane: il New York Times ha pubblicato un articolo dei suoi corrispondenti a Roma su alcune recenti scelte del governo Meloni, soprattutto quelle limitanti l’applicazione del diritto all’aborto. Un buon articolo di riassunto, interessante per i lettori non italiani: simile a molti articoli sui giornali italiani a proposito della politica in altri paesi. Ma che non conteneva niente di diverso da quello che si è potuto leggere in molti articoli italiani (e che si apriva con un commento di un collaboratore del quotidiano Domani, per esempio). Ma sulla Stampa di giovedì l’articolo stesso è stato considerato una notizia, degna di un articolo sull’articolo.
domenica 28 Aprile 2024
Durante il processo di queste settimane contro Donald Trump, a New York, è stata ascoltata la testimonianza di David Pecker, ex editore di un famigerato settimanale statunitense, il National Enquirer: assai seguito e noto soprattutto per l’aggressività scandalistica nei confronti delle celebrities. Ma il giornale è stato anche uno strumento al servizio di Trump, negli anni della sua presidenza, come ha raccontato Pecker. Il Post ha spiegato la pratica del “catch and kill”, adottata dai giornali di questo genere in tutto il mondo.
“Secondo la recente testimonianza di Pecker, che in questi giorni ha raccontato quanto accaduto al tribunale di Manhattan durante il primo processo penale contro Trump, la riunione alla Trump Tower serviva a capire «cosa lui e le sue riviste potessero fare per aiutare con la campagna elettorale». Ne uscì un accordo in base a cui Pecker si impegnava a usare l’Enquirer per essere «le orecchie e gli occhi di Trump». Nella pratica, questo voleva dire pubblicare articoli negativi sui suoi sfidanti e positivi su di lui, ma anche avvisarlo nel caso avesse sentito circolare storie che avrebbero potuto metterlo in difficoltà. Pecker era un editore ideale da coinvolgere in questo piano anche perché era già noto per la sua tendenza a ricorrere a una pratica giornalistica considerata molto controversa: quella di pagare una fonte per avere l’esclusiva su una storia, farle firmare un accordo vincolante di non divulgazione e poi non pubblicarla, evitando così la diffusione di notizie potenzialmente dannose per una specifica persona in cambio di qualcosa”.
domenica 28 Aprile 2024
Una sentenza del Consiglio di Stato ha annullato una multa di 5 milioni di euro che l’Autorità garante della concorrenza (Agcm) aveva deciso nei confronti dell’azienda di prodotti petroliferi ed energia ENI. La sentenza è rilevante per il sistema dell’informazione italiana perché riguarda la libertà di comunicazione promozionale di ENI, che è uno dei maggiori inserzionisti pubblicitari dei giornali, dei siti di news, dei programmi radio e tv. Secondo Agcm era ingannevole una pubblicità di ENI che dichiarava “green” un carburante diesel dal significativo potere inquinante. Secondo il Consiglio di stato invece il termine può essere usato, e come ha commentato la stessa ENI “è finalmente riconosciuto che non può dubitarsi, in linea di principio, della legittimità dell’impiego di claim ‘green’ anche in relazione a prodotti (come nel caso di specie un carburante diesel) che sono (e restano) in certa misura inquinanti ma che presentano, rispetto ad altri, un minore impatto sull’ambiente”.
Detto che ovviamente tutti i prodotti inquinanti presentano “rispetto ad altri” un minore impatto sull’ambiente (salvo uno solo, per logica), la sentenza libera aziende di ogni genere verso pratiche di “greenwashing” che possono usare il termine “green” indiscriminatamente: e indirettamente ne beneficiano i giornali che ospiteranno comunicazioni a pagamento senza regolamentazioni in questo senso.
domenica 28 Aprile 2024
In mezzo alla crisi generale delle riviste e alla trasformazione del nostro rapporto coi media, in Italia tra i settimanali a maggiore diffusione ci sono ancora quelli che offrono su carta i programmi della tv. Il Post li ha descritti e distinti.
“Per capire che tipo di competizione possa esserci in un mercato così florido in termini di lettori e anche così stabile nei suoi temi, bisogna partire dal concetto di “palinsesto”. Per quanto possa sembrare anacronistico, la prima ragione di acquisto di un settimanale televisivo rimane ancora la consultazione del calendario della programmazione televisiva, scomparso dalla gran parte dei quotidiani nazionali, e da molti dei locali (Repubblica ne ha di recente deciso la prossima cancellazione: i programmi resteranno sul settimanale il Venerdì). Nel caso di TV Sorrisi e Canzoni, la testata più antica (1952) e illustre, questa parte occupa oltre metà del settimanale”.
domenica 28 Aprile 2024
La vistosa frequenza con cui l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport viene citato e raffigurato sulle pagine dei due quotidiani è conosciuta da tempo presso i lettori, e l’abbiamo anche citata spesso su Charlie. Negli ultimi due anni l’abitudine ha peraltro contagiato anche il quotidiano concorrente, Repubblica, anche se l’editore John Elkann ha meno versatilità di Urbano Cairo, che compare sul Corriere a volte come proprietario della squadra di calcio del Torino, a volte come imprenditore, a volte come patrocinatore di eventi, a volte come commentatore di fatti di attualità. Questa settimana poi i due quotidiani milanesi lo hanno ospitato in una nuova veste (letteralmente), quella di padre della sposa, in articoli illustrati dedicati al matrimonio di Cristina Cairo, “primogenita di Urbano” (che compariva lo stesso giorno anche in un’altra pagina del Corriere, fotografato a un evento e citato nel sommario di un diverso articolo).
La novità ha fatto traboccare anche qualche perplessità all’interno della redazione del Corriere della Sera, e il Comitato di redazione ha comunicato mercoledì ai giornalisti di avere inoltrato queste perplessità al direttore Luciano Fontana, esprimendo il timore che il giornale riceva critiche definite “gratuite”.
“Care colleghe e cari colleghi,
anche in seguito alle segnalazioni di molti di voi abbiamo scritto al direttore chiedendogli di intervenire sulla sovraesposizione mediatica dell’editore Urbano Cairo sulle pagine del Corriere della Sera. Riteniamo che tale frequente presenza possa nuocere all’immagine del giornale ed esporlo a critiche gratuite.
Il Cdr”
Giovedì il Corriere della Sera ha pubblicato una nuova foto dell’editore.
domenica 28 Aprile 2024
James Ball, giornalista e scrittore britannico, ha sintetizzato in un articolo sul settimanale britannico New European (di cui parlammo qui) un meccanismo tipico del giornalismo che si occupa di politica e che può valere anche fuori dal Regno Unito.
“La maledizione del giornalismo su Westminster è che se un giornalista vuole verificare una voce, finisce per diffonderla: l’atto in sé di chiedere a un assistente o a un parlamentare se abbia sentito niente a proposito della notizia X farà sì che quella persona di sicuro scriverà a qualche amico chiedendo informazioni sulla notizia X.
Lasciamo ripetere questo processo un po’ di volte e al giornalista tornerà la notizia X da qualcun altro, ignaro che la fonte indiretta sia lo stesso giornalista. E oplà, la notizia è verificata”.
domenica 28 Aprile 2024
I lettori di Charlie sono probabilmente quelli a cui è più superfluo spiegare chi è Ben Smith, il cui ruolo nel giornalismo statunitense è stato spesso citato in questa newsletter. Quindi sono i primi che capiranno il valore e l’interesse del suo libro, Traffic, di cui Altrecose (il nuovo brand editoriale del Post e Iperborea) ha acquistato i diritti e che ha tradotto in italiano. Traffic uscirà l’8 maggio, e Ben Smith sarà in Italia ospite del Salone del libro, per presentarlo il 10 maggio a Torino insieme a Francesco Costa, vicedirettore del Post (che è autore della prefazione al libro).
Traffic racconta le storie dei creatori dei più importanti progetti giornalistici digitali dell’inizio del millennio (Huffington Post, Gawker, BuzzFeed, tra gli altri) e di come hanno determinato le trasformazioni nell’informazione, nel rapporto con i social network, nell’economia dei clic e nella “viralità” che stiamo vivendo tuttora.
domenica 28 Aprile 2024
Il nuovo direttore del maggiore e storico quotidiano di Napoli, il Mattino, sarà Roberto Napoletano, e la scelta è stata piuttosto notevole per due ragioni: la prima è che all’inizio della sua lunga carriera Napoletano – che ha 62 anni – era stato a lungo al Mattino negli anni Ottanta; la seconda è che Napoletano era stato protagonista di un percorso che lo aveva portato a un ruolo di grande potere da direttore del quotidiano Sole 24 Ore, che aveva perso piuttosto rovinosamente in seguito a uno scontro con la redazione e con l’azienda legato soprattutto alle accuse di cattiva gestione delle vendite del giornale e di falsificazione dei dati relativi. Accuse con strascichi giudiziari in cui Napoletano era stato dapprima condannato e poi assolto in forma definitiva.
Nel frattempo Napoletano era diventato direttore del Quotidiano del Sud. Il Mattino è di proprietà del gruppo Caltagirone, che possiede anche il Messaggero di Roma e il Gazzettino di Venezia (ma anche Leggo, il Corriere Adriatico e il Nuovo Quotidiano di Puglia) e ha come business principale quello immobiliare e delle costruzioni.
domenica 28 Aprile 2024
Negli Stati Uniti la rete radiofonica (e testata online) NPR continua a essere protagonista di critiche, attacchi, e agitazioni interne. Avevamo iniziato a raccontare due settimane fa di come un articolo di un giornalista di NPR, Uri Berliner, pubblicato su un altro sito avesse accusato la rete di avere perso la fiducia e l’attenzione di molta parte degli americani spostando molto a sinistra la composizione della sua redazione e dando priorità a scelte sui diritti e sulla diversità che – benché apprezzabili e benintenzionati, secondo lo stesso Berliner – hanno sbilanciato l’impostazione editoriale e allontanato parte del pubblico.
Dopo le proteste dall’interno della redazione, e una sospensione nei suoi confronti, Berliner si è dimesso. Ma nel frattempo la sua critica ha mobilitato attacchi e condivisioni: in parte strumentali e partigiani (tra cui quelli di Donald Trump), da parte dei nemici di destra di NPR, ma in parte argomentati. E alle obiezioni di Berliner si sono aggiunte quelle contro la nuova presidente di NPR, Katherine Maher, di cui sono state esibite posizioni passate apertamente partigiane e di sinistra, che secondo i suoi critici le impedirebbero di guidare in maniera equilibrata un’offerta di informazione stimata e di servizio pubblico come quella di NPR. A conferma delle tesi di Berliner, poi, i recenti risultati di pubblico ed economici sono molto deludenti: secondo un articolo del New York Times gli ascoltatori settimanali sarebbero passati da 60 milioni nel 2019 a 42 milioni nel 2023.
domenica 28 Aprile 2024
La dismissione da parte di Google dei “cookie di terze parti” nel suo browser Chrome è stata nuovamente rimandata. La questione agita il mondo della pubblicità digitale (e quindi anche dei media online) da qualche anno: ed è lo sviluppo più rilevante di una generale recente tendenza di alcune piattaforme a privilegiare la privacy dei loro utenti (soprattutto a privilegiarla dalle ingerenze altrui: meno da parte delle piattaforme stesse). Quindi Google, in estrema sintesi, aveva annunciato all’inizio del 2020 che sarebbe diventato più difficile per i siti visitati conoscere le storie di navigazione degli utenti e identificarli attraverso i cosiddetti “cookies”.
Ma il passaggio a questa nuova condizione sta determinando da allora panico e subbuglio nelle economie digitali, e nuove critiche contro Google rispetto alla sua posizione dominante nel mercato della pubblicità: e adesso Google ha deciso di prendere ancora tempo e non concludere l’operazione nel 2024, come previsto precedentemente.
“We recognize that there are ongoing challenges related to reconciling divergent feedback from the industry, regulators and developers, and will continue to engage closely with the entire ecosystem”.
domenica 28 Aprile 2024
Capita, anche per legittime ragioni commerciali, che nei giornali italiani venga a volte enfatizzato il valore reale di attacchi o minacce ricevute da altri “poteri” (i mezzi di informazione, si ricorderà, lo sono a loro volta: il quarto, per definizione): solitamente i pericoli veri per i giornalisti sono quelli che si raccontano meno, quelli che riguardano chi si occupa di mafie e criminalità, e gli allarmi “siamo attaccati” in prima pagina sono soprattutto un modo per consolidare l’appartenenza e il sostegno dei lettori, che assai raramente si traducono in conseguenze. Il quarto potere è quasi sempre prevalente sugli altri tre, con l’eccezione di quello giudiziario: con cui peraltro quello giornalistico riesce spesso a venire a patti, anche per questa ragione.
E gli interventi della “politica” (ovvero di persone che fanno politica, che sono persone) nei confronti dei giornali hanno il diritto di essere considerati legittimi come quelli di chiunque altro se, tautologicamente, avvengono secondo la legge e senza reali abusi di potere (malgrado quello che si racconta, è norma anche in altri paesi democratici e civili che i giornalisti siano destinatari di inchieste, processi e anche condanne). Ma la legittimità non li sottrae al giudizio né alle aspettative che dovremmo continuare ad avere nei confronti delle “persone che fanno politica”. E l’audizione del direttore di Domani Emiliano Fittipaldi da parte della commissione antimafia intorno a una vicenda piuttosto complicata e delicata – già mal raccontata da diversi giornali, ha spiegato lo stesso Fittipaldi – si è invece tradotta in diversi momenti in una disarmante aggressione di piccoli protagonismi dai toni teppisti, oltre che ignoranti del ruolo del giornalismo e del funzionamento dei giornali. E Fittipaldi è stato paziente ed efficace nel provare a spiegare ai parlamentari presenti, per esempio, che “anche quando voi parlate con i giornalisti siete delle fonti, che diffondono notizie per proprio interesse, e per ragioni di propaganda”. Il primato della politica e delle istituzioni bisogna pure meritarselo con un po’ di competenza, di obiettività e di spirito di servizio.
Fine di questo prologo.
domenica 21 Aprile 2024
Sabato 13 aprile si è tenuta a Torino la giornata sui podcast del Post, “Voices” con una grande partecipazione: un investimento sul coinvolgimento e sulla soddisfazione di abbonati, lettori e ascoltatori del Post stesso.
domenica 21 Aprile 2024
Il Post ha compiuto quattordici anni venerdì e ha approfittato per spiegare a chi lo legge qual è il suo rapporto con l’informazione immediata e tempestiva.
“non abbiamo nessun orgoglio di lentezza, e non è vero che “non vogliamo arrivare primi”: vogliamo arrivare primi o tra i primi – e non di rado arriviamo tra i primi – perché riconosciamo che essere informati tempestivamente sulle cose abbia un’importanza. Ma se quelle cose non sono vere, la fiducia di chi legge si perde, e questo è già successo rispetto a molta parte dell’informazione giornalistica generale”.
domenica 21 Aprile 2024
Claudio Velardi, che partecipò alla fondazione e alla guida del Riformista alla sua nascita nel 2002, è tornato al giornale nella sua attuale versione (ci fu un lungo periodo di chiusura in mezzo) nel ruolo di direttore, dopo la precoce uscita di Alessandro Barbano che andrà a dirigere il Messaggero.
domenica 21 Aprile 2024
Martedì il sito della rete radiofonica statunitense NPR ha scritto che la radio ha «formalmente punito Uri Berliner» con una «sospensione di cinque giorni senza stipendio» in conseguenza dell’articolo critico che Berliner aveva scritto contro la radio stessa. La sospensione era iniziata venerdì 12 aprile ma non era stata resa nota in precedenza: mercoledì Berliner ha dato le dimissioni, criticando la gestione dell’amministratrice delegata Katherine Maher. In questi giorni Maher è stata anche molto attaccata per delle opinioni assai critiche su Donald Trump che aveva espresso in passato.
Berliner aveva iniziato a lavorare per NPR nel 1999 e una decina di giorni fa aveva scritto su un altro sito «che il network ha “perso la fiducia dell’America” per aver affrontato le notizie con una mentalità rigidamente progressista». Secondo Berliner la ricerca di maggiore diversità nella redazione (ricerca che in questi anni ha coinvolto molti giornali statunitensi) avrebbe prodotto un’omologazione di idee, perlopiù distanti da quelle conservatrici e del partito Repubblicano (che allo stesso tempo si è spostato verso posizioni più estreme e reazionarie): ne avevamo scritto più approfonditamente nello scorso numero di Charlie.
NPR ha scritto che l’articolo di Berliner «ha fatto arrabbiare molti dei suoi colleghi, e ha indotto i leader di NPR ad annunciare revisioni interne mensili sulla copertura del network». La stessa NPR ha pubblicato una serie di articoli sugli sviluppi della storia, articoli di grande completezza e autonomia e scritti con trasparenza da un collega che lavorava con Berliner: l’ultimo si conclude con una «nota informativa: questa storia è stata riportata e scritta da David Folkenflik, corrispondente di NPR per i media, e redatta da Emily Kopp, vicedirettrice per il settore degli affari, e Gerry Holmes, direttore editoriale. In base al protocollo di NPR per l’informazione su se stessa, nessun funzionario aziendale o dirigente di NPR ha revisionato questa storia prima che fosse pubblicata».
domenica 21 Aprile 2024
Il Corriere della Sera ha pubblicato questa settimana, come da obblighi di legge, una pagina di tariffari pubblicitari per le inserzioni legate alla campagna elettorale delle Europee sulle testate del gruppo RCS. Il testo sostiene che non siano previsti sconti, pratica altrimenti assai consueta rispetto ai prezzi di listino nelle trattative sulla pubblicità. Il costo indicato di una pagina nell’edizione nazionale del quotidiano cartaceo è di 38mila euro.
La stessa cosa ha fatto Repubblica sabato, indicando un identico prezzo per una pagina nell’edizione nazionale e tra i 12 e i 27 euro per mille visualizzazioni sui siti di Repubblica e HuffPost.
domenica 21 Aprile 2024
Un po’ di notizie in breve sui media americani, che oggi la newsletter è molto lunga.
Il direttore e l’amministratore delegato del New York Post, popolare tabloid newyorkese, hanno comunicato in una accorata lettera ai dipendenti ricca di espressioni come “riallineare” che ci saranno dei licenziamenti nella redazione.
Il sito Refinery29, uno dei più noti e seguiti tra quelli nati in questo millennio per raggiungere soprattutto un pubblico di giovani donne, è stato acquistato da una società che si chiama Sundial, lasciando così il gruppo Vice Media e i suoi grossi guai degli ultimi anni.
L’editore Barry Diller ha scelto di investire su nuove prospettive e crescite di Daily Beast, una delle più antiche riviste online statunitensi, ormai con una storia assai varia e ricca ma in crisi commerciale da molto tempo e che l’anno scorso era stata messa in vendita. Diller ha affidato il giornale a due importanti dirigenti del mondo dei media americani, uno proveniente da ABC Disney e l’altra dal gruppo Hearst.
domenica 21 Aprile 2024
Il corrispondente dell’agenzia Ansa Sami al Ajrami, del cui lavoro da Gaza per il quotidiano Repubblica avevamo scritto su Charlie un mese fa, ha annunciato ai suoi lettori in un articolo pubblicato giovedì di avere lasciato Gaza.
domenica 21 Aprile 2024
Ci sono aggiornamenti al New York Times su una faccenda di cui avevamo scritto: il sito The Intercept aveva raccontato che il New York Times non avrebbe pubblicato una puntata del suo podcast The Daily (ascoltatissimo e molto seguito) per dubbi sulla credibilità e accuratezza delle fonti, a proposito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre; il New York Times aveva risposto sostenendo che si fosse trattato di normali revisioni giornalistiche, ma aveva avviato delle indagini interne per capire chi avesse dato a The Intercept le informazioni relative. Questo nel contesto sia di una nuova linea imposta dalla direzione che cerca di evitare che le discussioni interne al giornale siano diffuse al di fuori della redazione, e sia di critiche e pressioni a proposito della copertura di quello che succede a Gaza e in Israele.
Diversi siti di news hanno riportato che lunedì il direttore del New York Times Joe Kahn ha scritto in un canale Slack (il programma di chat usato da molte aziende) del giornale che «non abbiamo raggiunto una conclusione definitiva su come si sia verificata questa significativa fuga di notizie. Abbiamo identificato delle lacune nel modo in cui viene gestito il nostro materiale giornalistico e abbiamo preso provvedimenti per risolvere questi problemi». La direttrice delle indagini interne del New York Times, Charlotte Behrendt, ha intervistato una ventina di persone nel corso di molte settimane. L’indagine è stata criticata dal sindacato dei giornalisti, che ha presentato un reclamo «per molestie e discriminazioni nei confronti» di un gruppo di collaboratori del New York Times di origine araba e mediorientale: i dirigenti del giornale hanno risposto che le accuse sarebbero infondate.
domenica 21 Aprile 2024
Questa settimana il Comitato di redazione di Repubblica ha protestato col direttore e con l’editore per un’iniziativa ritenuta da diversi giornalisti piuttosto discutibile sotto l’aspetto di etica giornalistica e di etica in generale. GEDI, la società editrice di Repubblica, ha infatti organizzato un incontro online sponsorizzato dalla società PwC Italia in cui il direttore Maurizio Molinari e un giornalista dello HuffPost (appartenente allo stesso gruppo editoriale) hanno intervistato il ministro della Difesa Guido Crosetto per parlare di investimenti in armi e difesa militare, insieme a Franco Gussalli Beretta della azienda di armi Beretta. L’incontro avrebbe dovuto essere trasmesso “sulla Homepage di la Repubblica, La Stampa, Huffpost e GNN” ma dopo le proteste del CdR la diffusione è stata cancellata e l‘articolo originale è stato emendato da alcuni passaggi più enfatici sull’importanza delle spese militari e dai nomi dei partecipanti.
Il sito Professione Reporter riporta che il CdR “ha fatto presente sia all’azienda che alla direzione il profondo disagio di fronte a un evento di questo tipo. Sia per un chiaro pericolo di commistione tra giornalismo e interessi commerciali (‘l’investimento nel comparto della difesa non solo rappresenta una priorità per la sicurezza, ma ha anche un impatto significativo sulla transizione green e digitale’, è scritto nella presentazione dell’incontro sul nostro sito: si tratta di giornalismo o pubblicità?), sia per ragioni legate all’identità del nostro giornale, cioè un quotidiano della sinistra legato ai valori della nostra Costituzione, una carta fondativa che ‘ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti’”.
“L’azienda – ci è stato detto – non era al corrente di questa iniziativa e ha convenuto con noi che si è trattato di un errore, di una leggerezza della concessionaria di pubblicità. Nel farlo, è stato posto il tema della necessità di un maggior controllo editoriale. Per tutte le ragioni sopra esposte chiediamo la rimozione del redazionale in questione, indistinguibile dai contenuti di natura pubblicitaria”.
L’articolo di promozione dell’incontro è rimasto online, con alcune rimozioni. Della polemica ha scritto anche il Fatto, giovedì (il Fatto aveva anche riferito domenica degli insoddisfacenti bilanci del 2023 di GEDI).
domenica 21 Aprile 2024
Un’ inchiesta collettiva condotta da tre giornali europei ha rivelato che il governo ungherese ha avuto un ruolo rilevante nell’acquisizione della rete televisiva europea Euronews . Già nel 2021, quando il fondo di investimento portoghese Alpac Capital aveva acquistato la tv, esisteva il sospetto che Alpac Capital avesse estesi rapporti con l’Ungheria e con persone vicine al primo ministro Viktor Orbán, che negli ultimi anni ha assai indebolito il giornalismo indipendente in Ungheria, costruendo un’efficace macchina di propaganda.
L’inchiesta è stata realizzata dal quotidiano francese Le Monde, il giornale a maggiore diffusione in Francia, dal sito di giornalismo investigativo ungherese Direkt36 e dal settimanale portoghese Expresso: i tre giornali sono riusciti a ricostruire che una «somma significativa dell’operazione da 150 milioni di euro [con cui è stata acquistata Euronews] è stata finanziata dallo Stato ungherese e da soggetti legati al governo».
Euronews nacque nel 1993 da un consorzio di tv europee (tra cui la RAI), ispirandosi al successo dell’epoca della rete statunitense “all news” CNN : ma, dopo una serie di variazioni societarie negli anni successivi, la sua maggioranza era stata acquisita nel 2015 da un ricco imprenditore delle telecomunicazioni egiziano. Oggi si può guardare via satellite o dal suo sito web (o da YouTube) e dichiara circa 145 milioni di spettatori al mese trasmettendo in 17 lingue. Negli ultimi due anni, dal passaggio di proprietà, la sede è passata dalla città francese di Lione alla capitale belga Bruxelles, e sono stati licenziati circa 200 dipendenti su un totale di 478. Da quello che emerge dall’inchiesta circa 45 milioni di euro utili per l’acquisto di Euronews sono arrivati da un fondo ungherese, gestito da una società che in precedenza era controllata dal Ministero delle finanze, a cui si aggiungono «almeno 12,5 milioni di euro versati da una società di comunicazione appartenente a uno stretto collaboratore di Orbán». Altri documenti raccolti nell’indagine suggeriscono che l’acquisizione avesse tra gli obiettivi di «mitigarne l’ideologia di sinistra e la faziosità».
Altre fonti che hanno familiarità con il funzionamento di Euronews però hanno dichiarato a Direkt36 e Le Monde di non aver finora visto ingerenze sui contenuti della tv. Una fonte ha spiegato che sarebbe difficile cambiare nettamente la linea editoriale, perché «sarebbe uno scandalo, il canale perderebbe credibilità, gli inserzionisti se ne andrebbero». In questo momento il 44% delle entrate economiche provengono da contratti con l’Unione Europea: sarebbe difficile che le sovvenzioni restassero inalterate se cambiasse drasticamente la linea editoriale o diventasse molto critica con la UE come lo è stato spesso il governo ungherese. La Commissione europea ha detto a Le Monde che un accordo pluriennale (che lo scorso anno valeva 12 milioni di euro) con la rete scadrà a luglio e non sarà prorogato; verrà indetta una nuova gara d’appalto pubblica a cui Euronews potrà partecipare. Tra i documenti ottenuti da Direkt36 alcuni sembrano indicare insoddisfazione per la gestione economica della rete tv e che Euronews starebbe andando «peggio del previsto a causa delle mutate condizioni del mercato (rallentamento economico dell’UE, aumento dell’inflazione, aumento dei tassi di interesse, aumento dei costi salariali, ecc)».
domenica 21 Aprile 2024
Secondo un articolo sul Fatto di venerdì la famiglia Angelucci starebbe parlando con Maurizio Belpietro della possibilità di acquistare il quotidiano La Verità, di cui Belpietro è direttore ed editore. Antonio Angelucci, imprenditore con una ricchezza ottenuta nella sanità privata e oggi deputato della Lega, è già editore degli altri maggiori quotidiani di destra Giornale, Libero e Tempo, e sta discutendo l’acquisto dell’agenzia AGI con la società ENI che la possiede. L’articolo del Fatto – che fa riferimento solo a incontri tra Belpietro e gli Angelucci – dice che l’eventuale acquisto della Verità non riguarderebbe le testate periodiche che Belpietro ha negli scorsi anni acquisito da Mondadori ( Panorama, Donna Moderna e altre).
domenica 21 Aprile 2024
Il settore di ricerca e consulenza del Financial Times, “FT Strategies”, ha pubblicato un’analisi sulle abitudini di consumo e le preferenze di informazione italiane, “Navigating italian news”, creata interpellando lo scorso dicembre 2.043 persone con un interesse a essere informate. L’obiettivo principale dell’indagine era di capire la disponibilità dei lettori a spendere per dei contenuti giornalistici a pagamento: un dato generale è che questa disponibilità quasi sempre non prevede di pagare per più di un abbonamento. Altre informazioni sono nel documento che si può scaricare qui.
domenica 21 Aprile 2024
Oggi si conclude a Perugia il Festival del Giornalismo, il più importante convegno pubblico sul tema in Italia, e tra i più importanti e seguiti nel mondo: che ha da sempre un’attenzione alle novità e agli sviluppi contemporanei nel giornalismo assai rara rispetto al dibattito italiano. E infatti la più ricca quota di ospiti è composta da giornalisti, esperti e commentatori internazionali o provenienti da esperienze giornalistiche non tradizionali.
(questo ha generato negli ultimi anni qualche risentimento in alcune testate italiane che si sono sentite trascurate: giovedì il Fatto si era lamentato di non essere stato “invitato”, malgrado il festival non inviti specifiche testate e offra a chiunque di partecipare, incentivando proposte per incontri e speech)
domenica 21 Aprile 2024
Chiuderà Post.news, di cui avevamo parlato al momento della sua creazione, un anno e mezzo fa: una via di mezzo tra un social network e una piattaforma per la distribuzione di contenuti giornalistici basata su micropagamenti per singoli articoli. Progetto su cui ciclicamente tornano delle curiosità che ciclicamente falliscono, quello dei micropagamenti.
“Per ora i commenti sono soprattutto scettici : il sistema dei micropagamenti non conviene agli editori rispetto agli abbonamenti, per ragioni intuitive. Gli abbonamenti garantiscono entrate maggiori, garantite a lungo e con continuità, ed è persino dimostrato che molti abbonati ai siti di news continuano a pagare anche a fronte di attività scarse o nulle sui siti in questione. Per essere attraenti per gli editori i micropagamenti non dovrebbero essere troppo micro (pena il rischio Spotify: dove solo quote enormi di streaming offrono compensi validi ai musicisti), ma allora diventerebbero meno interessanti per i lettori che li chiedono, e che tendono a immaginare cifre intorno alle poche decine di centesimi per un articolo”.
domenica 21 Aprile 2024
Si è tenuta martedì la “139° sessione di esami” per l’ammissione all’ordine dei giornalisti italiano: ovvero la prova scritta, a cui seguirà quella orale per i candidati che saranno ammessi (nella precedente sessione, a ottobre, erano stati 201 su 235: e 195 i promossi dopo gli orali di gennaio). Ai candidati sono state proposte 15 “tracce”, scelte e scritte dalla commissione esaminatrice, su cui scrivere un articolo.
(sulla Stampa Mattia Feltri ha commentato giovedì la scrittura delle tracce da parte dei giornalisti commissari d’esame)
domenica 21 Aprile 2024
Fa ormai meno notizia la successione di azioni e reazioni in diversi stati tra l’introduzione di nuove legislazioni per far ottenere alle aziende giornalistiche dei soldi da parte di Google e Facebook, e le scelte di Google e Facebook di rinunciare quindi ai contenuti dei giornali e penalizzarli così ulteriormente. Adesso è successo in California, dove Google ha rimosso i link ai contenuti dei giornali per una quota “sperimentale” di utenti.
domenica 21 Aprile 2024
Un meccanismo frequente nella circolazione delle informazioni sui media italiani ha avuto un esempio chiaro questa settimana. È quello per cui viene riportata come una notizia la pubblicazione su un’autorevole testata straniera di un articolo su vicende italiane: a volte per ragioni di propaganda (quando l’articolo straniero è favorevole o critico a un politico italiano sostenuto dal giornale italiano che lo riprende: vedi il grande uso che si fece dell’Economist contro Berlusconi, o alcune più sbrigative citazioni nei mesi scorsi di articoli internazionali positivi su Giorgia Meloni), altre volte per rallegrare i lettori – con qualche provincialismo – sul fatto che all’estero “si parla dell’Italia”.
La scelta è piuttosto rara (o inesistente) nelle testate dei paesi con cui ci confrontiamo abitualmente: difficile che ci siano attenzioni reciproche per un articolo italiano sul premier britannico o per un commento italiano su una celebrity francese.
Ma il fatto è soprattutto che – a parte eccezioni di analisi più argomentate e approfondite – quegli articoli internazionali sono quasi sempre composti a partire dalla lettura dei giornali italiani e delle notizie e opinioni che ospitano.
Nelle settimane scorse alcuni giornali italiani critici col governo Meloni – soprattutto Repubblica – hanno contestato gli approcci del governo alla gestione della Rai. Queste proteste sono state raccontate mercoledì dal quotidiano londinese Guardian in un articolo della sua corrispondente da Roma (con qualche errore e approssimazione). Giovedì Repubblica ha quindi citato l’articolo del Guardian, commentandolo come una conferma alle critiche.
domenica 21 Aprile 2024
L’attore Hugh Grant ha annunciato di avere a malincuore accettato il risarcimento di “una somma enorme” da parte dell’editore britannico News Group in cambio della rinuncia a una causa che Grant conduce da anni per le invasioni illegali della sua privacy – e di molti altri, ne avevamo scritto qui – da parte del quotidiano Sun. Grant ha scritto che avrebbe preferito concludere la causa dimostrando in tribunale le pratiche illecite del giornale e di una categoria del giornalismo britannico, ma i suoi avvocati gli hanno fatto capire che le spese avrebbero potuto essere enormi. E quindi destinerà il compenso ricevuto alle associazioni impegnate “per rivelare i peggiori eccessi della nostra stampa posseduta da oligarchi” (News Corp è di proprietà del famigerato editore australiano Rupert Murdoch). Finora News Corp ha concordato centinaia di compensi di questo genere per evitare processi.
domenica 21 Aprile 2024
Domenica scorsa la famiglia di Ash Good, una donna di 38 anni uccisa a Sydney in una serie di accoltellamenti da parte di un uomo con problemi mentali, ha protestato contro la pubblicazione da parte di giornali e siti di news di foto tratte dai profili social di Good.
La pratica è diffusissima in molti paesi del mondo e anche in Italia, un’evoluzione contemporanea di antiche e deprecabili abitudini del giornalismo soprattutto di cronaca, di ottenere poco lealmente immagini e informazioni sulle vittime. Un articolo sul giornale online americano The Conversation si è chiesto quale equilibrio si debba tenere tra l’obiettivo di informare, il rispetto delle vittime e dei loro parenti, e una capacità di distinguere tra ciò che sia di interesse pubblico e cosa sia sacrificabile. Nel Regno Unito il tema è discusso e considerato presso i media più seri, e convive con le pratiche più deprecabili di altre testate. L’articolo di The Conversation segnala che spesso non è la mancanza individuale di scrupoli dei singoli giornalisti a generare i comportamenti più discutibili, ma il contesto generale di pressione e consuetudine in cui lavorano, e i comportamenti a cui vengono indotti. Riflessione preziosa e utile rispetto alle abitudini più deteriori del giornalismo in generale, anche in Italia: senza esentare nessuno dalle responsabilità personali, ma fino a che “lo fanno tutti” e fino a che questo è quello che viene chiesto – e anche insegnato – il rispetto delle persone coinvolte e l’etica giornalistica in generale saranno affidati all’eccezionalità di discernimenti individuali, e non alla regola.
Fine di questo prologo.
domenica 14 Aprile 2024
È iniziato il tour di “Indagini Live”, la serie di eventi pubblici nei teatri nati come sviluppo del podcast del Post “Indagini”, di cui è autore e protagonista il giornalista Stefano Nazzi. Quasi tutte le date sono esaurite, con oltre 22mila biglietti venduti.
domenica 14 Aprile 2024
Il Post ha pubblicato quattro nuovi podcast nella sua serie “Per fare il Post” in cui le persone che ci lavorano descrivono e spiegano il proprio lavoro e il modo con cui contribuisce al risultato giornalistico complessivo.
“Da oggi sono disponibili altre quattro puntate, per capire cosa vuol dire correggere il Post con Marco Surace e Cecilia Pigozzi, tutti i modi per raccontare la scienza con Emanuele Menietti, come si scelgono le foto che vediamo con Alessia Mutti e come si parla di libri con Ludovica Lugli”.
domenica 14 Aprile 2024
Il direttore del quotidiano sportivo Tuttosport, Guido Vaciago, è stato sfiduciato dalla sua redazione: lo ha confermato un comunicato uscito venerdì sul quotidiano stesso per precisare “notizie false e fuorvianti”. Vaciago è giornalista di Tuttosport dal 2000 ed è diventato direttore nel 2022: il quotidiano ha sede a Torino ed è noto per la sua maggiore copertura delle squadre di calcio Torino e Juventus.
Attraverso due diverse società editoriali il Gruppo Amodei è l’editore di Tuttosport e del Corriere dello Sport, due dei tre quotidiani sportivi italiani (l’altro e principale è la Gazzetta dello Sport, edita da RCS, l’azienda che possiede, tra le altre cose, il Corriere della Sera e la rivista Oggi). La diffusione dei giornali sportivi, rispetto agli altri quotidiani, può variare maggiormente a seconda del giorno della settimana (il lunedì le vendite sono solitamente più alte dopo le competizioni sportive della domenica) o durante eventi come i campionati, le Olimpiadi o i Mondiali di calcio (per esempio, durante la sospensione dei campionati a causa della pandemia le vendite crollarono): ma come tutto il settore anche i giornali sportivi stanno attraversando da anni una crisi di vendite.
Secondo i dati di ADS (società che certifica e divulga i dati sulla diffusione dei giornali) la Gazzetta dello Sport aveva una diffusione di circa 225 mila copie nel novembre 2013, erano 84 mila nel novembre 2020 (con gli eventi sportivi fermati dalla pandemia) e 150 mila nel novembre 2023; il Corriere dello Sport aveva una diffusione di 122 mila copie nel 2013, 46 mila nel 2020 e 42 mila nel 2023; Tuttosport aveva una diffusione di 96 mila copie nel 2013, 34 mila nel 2020 e 25 mila nel 2023. Le visite al sito di Tuttosport sono significative: a novembre 2023 sono stati registrati oltre 7 milioni di utenti unici, che non sono comunque sufficienti a garantirne la sostenibilità economica. Peraltro, il giornale e il sito sono due testate diverse e hanno due redazioni che collaborano ma sono separate (una a Torino e l’altra a Roma): la redazione del giornale cartaceo si è ridotta nel corso degli ultimi vent’anni, passando da oltre 60 giornalisti alla fine degli anni ‘90 ai 25 di oggi: principalmente per i prepensionamenti e le dimissioni, e negli ultimi 15 anni sono stati assunti soltanto due nuovi giornalisti. Sebbene Tuttosport e il Corriere dello Sport abbiano la medesima proprietà, le due redazioni solitamente non lavorano insieme per realizzare articoli o approfondimenti comuni.
Nel comunicato la redazione di Tuttosport ha spiegato che l’editore – dopo le costanti e ingenti perdite negli anni durante e dopo la pandemia – ha richiesto una notevole riduzione del costo del lavoro «che si aggira intorno al 47%», e che potrebbe essere raggiunta tramite licenziamenti o con tagli agli stipendi dei singoli redattori; oggi la redazione di Tuttosport ha dovuto ridurre del 20% la presenza quotidiana dei dipendenti in redazione attraverso il cosiddetto riposo compensativo (i giornalisti, in questo caso, lavorano cinque giorni anziché sei), e non può accedere agli ammortizzatori sociali e dunque al momento neanche ai prepensionamenti. Questo perché ne ha già usufruito in passato ed esiste un tetto e un lasso di tempo minimo agli stati di crisi che un’azienda editoriale può dichiarare e agli aiuti che lo stato può concedere. In questo contesto, però, il comunicato della redazione spiega che la sfiducia al direttore deriva dal conseguente piano di organizzazione del lavoro, che non è stato ritenuto soddisfacente per riuscire a lavorare in modo sereno e coprire le notizie, gli eventi e i campionati: «A fronte di una riduzione quotidiana dell’organico del 20 per cento (non considerate ferie e malattie) attraverso le iniziative aziendali, la redazione – pur consapevole della crisi che colpisce da tempo l’editoria e la testata – ha chiesto al Direttore come intendesse organizzare la lavorazione quotidiana. Sentito il suo discorso, l’assemblea ha votato la sfiducia».
L’editore ha risposto alla redazione con un suo comunicato sul giornale, spiegando che, dal suo punto di vista, l’argomento più rilevante degli incontri con il Comitato di redazione di Tuttosport (l’organo di rappresentanza sindacale dei giornalisti) riguardava «gli Accordi di secondo livello in essere che, per quanto di nostra conoscenza, rappresentano un “unicum” per rilevanza economica e modalità di corresponsione in tutto il panorama dei quotidiani nazionali». Gli accordi di secondo livello sono una forma di contrattazione aziendale in grado di integrare il contratto collettivo, definito a livello nazionale, con ulteriori benefici (aumento dello stipendio, premi o condizioni di lavoro diverse): sono accordi raggiunti in passato e riguardano una buona parte dei giornalisti che da tanti anni lavorano a Tuttosport. L’editore ha concluso il suo comunicato scrivendo che «l’editoria in generale sta attraversando un grande cambiamento e, in un panorama economico complicato per tutto il Paese e per molte famiglie italiane, l’Editore ha cercato soluzioni più mirate alla tutela dei posti di lavoro che al mantenimento di non comuni elementi variabili della retribuzione».
domenica 14 Aprile 2024
Quasi tutti i giorni nelle scorse settimane i due maggiori quotidiani hanno ospitato pubblicità delle aziende del gruppo Oniverse (che possiede Intimissimi, Falconeri, Calzedonia, Tezenis, Signorvino, tra le altre cose), in particolare del brand Intimissimi. Sabato Repubblica ha intervistato Matteo Veronesi, responsabile di Intimissimi Uomo e figlio del fondatore dell’azienda. Il Corriere della Sera aveva intervistato il fondatore il mese scorso.
domenica 14 Aprile 2024
La newsletter Digital Media Sunday Brunch mandata ogni domenica dalla società DataMediaHub, che si occupa di media e marketing, ha riassunto le cifre dei contributi del “fondo straordinario” per i giornali che il governo ha attribuito per il 2022.
“Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria ha pubblicato la lista dei gruppi editoriali che hanno ricevuto il contributo straordinario, per l’anno 2022, per le copie vendute nel 2021. Un “bonus” pari a 5 centesimi di euro per ogni copia cartacea di quotidiani e periodici venduta, anche in abbonamento, nell’anno di riferimento.
Le richieste presentate dai vari gruppi erano di gran lunga superiori al tetto stabilito dal governo: quasi 38 milioni di euro, ben dieci in più del limite stabilito. Per questo motivo l’importo erogato è stato rimodulato per rientrare nella spesa di 28 milioni di euro, fissato dall’articolo 3 del Dpcm del 28 settembre 2022.
Sono stati 80 i gruppi editoriali/le testate che hanno fatto richiesta. A molti di questi l’efficacia, l’erogazione, della concessione del contributo è subordinata alla verifica antimafia, che evidentemente non hanno soddisfatto quando è stata presentata la domanda al Dipartimento
[…] vi è una forte concentrazione a favore di pochi delle risorse. Di 80 editori/testate abbiamo elaborato quelle con un contributo superiore ai 200 mila euro. Sono 27, ovvero circa un terzo [33.7%] del totale. A queste, complessivamente vanno 23.8 milioni di euro, ossia l’85% del totale.
Ed ancora, a Cairo, sommando RCS e Cairo Editore, vanno 7,1 milioni. Quindi da solo raccoglie un quarto [25.3%] del totale dei contributi erogati. Ai primi cinque, tutti sopra il milione di euro, vanno quasi 14,1 milioni, pari a più del 50% del totale.
A Caltagirone Editore, sommando le diverse testate di proprietà, vanno più di 1,5 milioni di euro. Al Gruppo di Belpietro, sommando le diverse testate, vanno più di 705 mila euro. Al Gruppo SAE, includendo SAE Sardegna, ne vanno oltre 786 mila. E altro ancora, come il Gruppo Sesaab, che controlla anche la Provincia di Como, o le testate di Angelucci, entrambi sopra il mezzo milione di euro”.
domenica 14 Aprile 2024
Invece un utente di Twitter ha notato come a volte i siti dei giornali utilizzino “foto di stock”, prodotte per opportunità promozionali e commerciali per illustrare storie di cronaca o raccontate come vere, ma del tutto incongruenti con quelle immagini.
domenica 14 Aprile 2024
Le pratiche di copia-incolla dei testi online a volte generano errori sostanziali decisivi, che fanno letteralmente la differenza. Riferendo il contenuto di una relazione del commissario per la siccità, alcune testate (Ansa, Eco di Bergamo) hanno citato il numero di “4681 grandi invasi strategici” in Italia: in realtà la relazione da cui è stato tratto il dato parlava più realisticamente di 468 invasi, con una nota 1 in apice.
domenica 14 Aprile 2024
Il quotidiano romano Il Messaggero avrà un nuovo direttore, Alessandro Barbano. La notizia ha avuto attenzioni e commenti non solo perché il Messaggero è tra i più venduti quotidiani locali ed è il maggiore quotidiano della capitale, ma anche perché Barbano era stato molti anni al Messaggero, diventandone anche vicedirettore, ed era stato poi direttore del Mattino di Napoli – di proprietà dello stesso editore, Caltagirone – venendone allontanato in maniere poco amichevoli. Barbano era appena subentrato a Matteo Renzi come direttore del Riformista.
domenica 14 Aprile 2024
All’inizio di aprile la giunta del comune di Firenze (il sindaco è Dario Nardella del Partito Democratico) ha approvato un piano per riorganizzare i chioschi-edicole, piccoli edifici appoggiati al suolo, nel proprio comune: la delibera prevede che i chioschi nel centro storico dovranno avere almeno il 70% della «superficie di vendita» occupato da giornali e riviste e non più del 30% da altri prodotti; da quello che è riuscito a ricostruire Charlie di come si applicherebbe la norma, le edicole (sono esclusi i fondi commerciali) dovranno calcolare la propria superficie di esposizione e distribuire i propri prodotti in modo da rispettare le proporzioni. Il mancato rispetto verrà sanzionato fino alla perdita della concessione del suolo pubblico. La delibera prevede anche che le edicole al di fuori del centro storico potranno avere un lato del proprio chiosco occupato da schermi pubblicitari, guadagnando dalla pubblicità trasmessa.
La decisione è stata presa attraverso una delibera (cioè un atto ufficiale che, in questo caso, esprime la volontà della giunta) degli assessori al commercio Giovanni Bettarini e all’ambiente Andrea Giorgio, che dovrà essere approvata dal consiglio comunale e passare la prossima settimana: la decisione è stata presa in accordo con le principali organizzazioni sindacali dei giornalai. I chioschi lavorano con una concessione di suolo pubblico e un’autorizzazione che ora prevede che la loro attività sia prevalentemente la vendita di giornali, avendo per questo delle agevolazioni specifiche: in questi anni il comune di Firenze ha applicato alcune detrazioni fiscali per gli edicolanti (con sgravi fiscali del 70% fino al 2025), ha previsto la possibilità di attivare servizi anagrafici in convenzione con l’amministrazione comunale per dare alcuni certificati anagrafici (di matrimonio, nascita o certificati di residenza), e garantito la vendita di bevande non alcoliche, “pastigliaggi” (caramelle, cioccolatini, gomme da masticare), biglietti per i mezzi pubblici e per attività culturali e souvenir: prodotti che adesso non dovranno superare il 30% della superficie di vendita. Negli ultimi 15-20 anni in Italia hanno chiuso moltissime delle edicole cosiddette pure, che cioè vendono prevalentemente giornali e riviste, passando da circa 40 mila a 12 mila: la diversificazione dei servizi e dei prodotti venduti nei chioschi è stata quindi una risposta alla crisi irreversibile della vendita dei giornali e delle riviste cartacee. Per il comune di Firenze la recente delibera ha l’obiettivo di «aiutare le edicole che da tempo sono in grave difficoltà» ma vuole «evitare che si trasformino in rivendite di souvenir». Al tempo stesso la delibera ha ricevuto il sostegno e l’apprezzamento degli editori di giornali (il cui presidente, Andrea Riffeser Monti, è editore della Nazione di Firenze).
Charlie ha parlato anche con alcuni edicolanti, tra cui il gestore di un chiosco nel centro storico di Firenze che ha chiesto di rimanere anonimo: «il punto è che le edicole pure sono destinate a estinguersi. Se io dovessi vendere solo giornali avrei già chiuso 15 anni fa, vendendo solo quelli non ci pago neanche l’uso del suolo pubblico: se la delibera diventerà ufficiale non avrò problemi, perché già adesso tutte le mie vetrine sono piene di riviste e giornali, il problema è che puntualmente rendo indietro moltissime copie. In centro a Firenze non ci sono quasi più residenti, è pieno di Airbnb, da quando ho l’edicola sono passato dal vendere quotidianamente 250 copie di Repubblica e 300 della Nazione a venderne oggi rispettivamente 10 e 15 copie, pur rimanendo aperto lo stesso 12 ore al giorno: in questi casi la mia clientela è spesso fatta da persone di 70-80 anni che sono ancora abituate a leggere solo il cartaceo: ovviamente vorrei vendere più giornali, ma più che esporli in vetrina non posso fare. Tengo anche i giornali stranieri per i turisti, ma anche quelli vendono pochissimo, spesso i turisti che vogliono rimanere aggiornati leggono gli articoli online o hanno un abbonamento digitale ai giornali che leggono di solito».
domenica 14 Aprile 2024
Il Post ha raccontato storia e attualità di Al Jazeera, che torna protagonista dell’informazione mondiale ogni volta che lo torna il Medio Oriente.
“La rete televisiva del Qatar Al Jazeera è uno dei più importanti network di informazione al mondo e uno dei pochi media internazionali rimasti operativi nella Striscia di Gaza, invasa ormai da mesi dall’esercito israeliano. Da quando è nata nel 1996 è stata al centro di numerose polemiche internazionali, accusata di fare da “megafono” alle ambizioni politiche degli emiri del Qatar, dei movimenti islamisti e talvolta di quelli terroristi. Allo stesso tempo ha guadagnato negli anni un’enorme credibilità e influenza, successi di pubblico e considerazione, confermati da alcuni premi internazionali per gli alti standard giornalistici. La rete è stata indicata come prima espressione di un punto di vista libero da condizionamenti occidentali, ma anche accusata di estrema partigianeria e di raccontare la realtà partendo da visioni parziali e pregiudiziali”.
domenica 14 Aprile 2024
Sulla vendita dell’agenzia AGI, che ha generato grosse polemiche dentro l’agenzia e nella politica, per via che l’acquirente interessato è il deputato leghista Antonio Angelucci, non ci sono stati particolari sviluppi questa settimana: diverse notizie uscite sui giornali senza particolari verifiche sono state smentite dagli interessati, come quella di un interesse all’acquisto da parte di Mondadori o dell’intenzione di ENI – proprietaria attuale di AGI – di mettere ad asta pubblica l’agenzia. Sabato due articoli sul Fatto e sulla Stampa (il primo con molti dettagli sull’accordo di vendita che ENI e Angelucci avrebbero già concluso) spiegavano che ci potrebbero essere degli ostacoli legati a richieste dell’Unione Europea, e venerdì Angelucci aveva parlato con lo Huffington Post. I giornalisti di AGI hanno di nuovo scioperato giovedì.
domenica 14 Aprile 2024
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di febbraio 2024. Se, come facciamo ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” totale, i risultati sono quelli che seguono: che non tengono conto delle copie distribuite gratuitamente, di quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 167.706 (-5%)
Repubblica 92.802 (-10%)
Stampa 65.806 (-14%)
Sole 24 Ore 54.216 (-8%)
Resto del Carlino 51.954 (-10%)
Messaggero 45.067 (-10%)
Nazione 34.448 (-10%)
Gazzettino 33.608 (-6%)
Fatto 27.245 (-35%)
Dolomiten 27.033 (-7%)
Giornale 26.889 (-5%)
Messaggero Veneto 24.308 (-10%)
Unione Sarda 23.151 (-3%)
Eco di Bergamo 22.136 (-9%)
Verità 21.562 (-19%)
Secolo XIX 20.215 (-15%)
Altri giornali nazionali:
Libero 18.658 (-13%)
Avvenire 15.089 (-5%)
Manifesto 12.947 (+6%)
ItaliaOggi 5.438 (-43%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Questo mese i numeri sono stati più stabili del solito rispetto al mese precedente (persino con piccole crescite entro l’1% per alcune testate maggiori mese su mese: quelle sopra sono le variazioni anno su anno). La grossa perdita del Fatto si deve soprattutto a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto “maggiore del 70%” (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). È utile ricordare che le offerte scontate sono una strategia che mira appunto a coinvolgere più abbonati per cercare poi di trattenerli quando le offerte scadono e i prezzi degli abbonamenti aumentano.
Continua a perdere molto più di tutti la Verità, mentre cresce ancora il Manifesto.
Ma per dare un’idea dell’apparente inesorabilità dei declini medi, a partire dalle quattro testate maggiori, questi sono i dati di diffusione di febbraio 2024 confrontati con quelli di febbraio 2021, tre anni fa, quando avevamo appena iniziato a raccontarli su questa newsletter:
Corriere della Sera 167.706 (196.212)
Repubblica 92.802 (152.180)
Stampa 65.806 (96.621)
Sole 24 Ore 54.216 (74.662)
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara quasi 40mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 24mila, come detto sopra). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 46.112 (+1.662)
Repubblica 23.982 (-101)
Sole 24 Ore 23.002 (+119)
Stampa 8.169 (-313)
Manifesto 6.550 (+63)
Fatto 6.434 (-39)
Gazzettino 6.038 (-194)
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora soprattutto del Tirreno (-21%); e poi di nuovo del Giornale di Vicenza (-17%) e dell’ Arena (-17%), entrambi del gruppo Athesis.
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui.
( Avvenire , Manifesto , Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 14 Aprile 2024
A testimonianza di un complessivo periodo di difficoltà del Washington Post, di cui abbiamo parlato spesso nei mesi scorsi, il settimanale suo concittadino City Paper ha notato che il Washington Post ha smesso di condividere i suoi dati sul traffico del sito, che secondo City Paper sarebbe calato del 60% rispetto al 2020, anno però eccezionale per tutti per via della pandemia. Il declino comunque sarebbe piuttosto continuo anche rispetto agli anni successivi.
“According to publicly available data, Post website traffic dropped to 111 million in January 2021, 88 million in April 2021, 68 million in August 2022, 65 million in December 2022, and then hit 58 million in January 2023.
An internal “traffic sheet” obtained from a source with access to the numbers shows 55 million monthly web visits in February 2024, the paper’s lowest in several years. By comparison, the number of Post web visitors is below the New York Times (82 million), USA Today (63 million), and Forbes (60 million). And behind Vox Media, CBS, CNN, FOX, and others—all of which generate more website traffic than traditional print rivals”.
Nel frattempo il Washington Post è stato anche superato dal tabloid New York Post nella diffusione delle copie cartacee negli Stati Uniti: adesso è quarto (dietro anche a Wall Street Journal e New York Times).