Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 7 Luglio 2024
In tutt’altro contesto, Terence Samuel si è dimesso da direttore del quotidiano americano USA Today dopo solo un anno, senza che né lui né l’azienda ne dessero spiegazioni (anzi, spiegando di non volerne dare).
USA Today è un quotidiano particolare, nel gruppo delle testate che negli Stati Uniti vengono considerate “nazionali” (col New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post): più popolare e meno conosciuto e considerato nel resto del mondo, appartiene al grande editore Gannett ed è da tempo in cospicuo declino di copie.
domenica 7 Luglio 2024
Le dimissioni di Carlo Verdelli dalla direzione di Oggi sono una storia che ha dentro molte storie, che proviamo a riassumere nell’abituale sintesi di questa newsletter.
Verdelli ha 66 anni e potrebbe essere il giornalista italiano con la più varia e ricca esperienza e conoscenza del mondo dei giornali tradizionali in Italia. Nessun altro ha diretto due dei maggiori quotidiani (Repubblica e Gazzetta dello Sport), è stato vicedirettore di un terzo (Corriere della Sera), diretto due dei più importanti settimanali (Vanity Fair e Oggi) e avuto molti altri ruoli importanti in contesti assai vari (direttore del supplemento Sette del Corriere della Sera, capo dell’informazione in Rai). E in ognuno di questi passaggi, è stato protagonista di storie importanti: il successo dell’edizione italiana di Vanity Fair – forse l’ultimo successo di un periodico cartaceo in Italia -, il tentativo (sconfitto) di riprogettazione dell’informazione in Rai, l’invenzione di prospettive e spazi nuovi nella Gazzetta dello Sport, la battagliera gestione (brutalmente stroncata) dell’ultima fase della “prima Repubblica“.
All’inizio del 2022 a Verdelli era stata data la direzione del settimanale Oggi, che fa parte del gruppo RCS (quello che pubblica il Corriere e la Gazzetta, tra le altre cose), e che è sempre stato un settimanale “popolare” di attualità e argomenti più leggeri. Verdelli ci ha applicato la sua attitudine a prodotti giornalistici di maggior spessore e qualità, e raccogliendo collaboratori dalle testate RCS e columinist autorevoli (Liliana Segre, Ferruccio De Bortoli, Fabio Fazio, Valeria Parrella) ha avviato un’operazione simile a quella che – in tempi precedenti alla grave crisi delle riviste – gli era riuscita trasformando Vanity Fair da “femminile” in newsmagazine: dedicando all’attualità e alle news la prima parte del giornale, e alle celebrity e agli argomenti più “larghi” la seconda. I tempi sono diversi, ma l’operazione ha ricevuto diffusi apprezzamenti ed è riuscita a contenere il declino di diffusione che riguarda un po’ tutti i settimanali, mentre p iù critico è stato il bilancio della raccolta pubblicitaria, da cui il giornale – che costa due euro – dipende molto. Da quando Verdelli è diventato direttore, Oggi ha perso il 13% della diffusione per “copie individuali” (dati ADS, gennaio 2024 rispetto a gennaio 2022), mentre il suo concorrente Gente ne ha perse il 27%, e altri settimanali come Chi e Sorrisi e Canzoni hanno perso il 16%.
Questo malgrado la carenza di risorse e sostegno di cui il “rilancio” di Oggi, più volte comunicato dall’azienda RCS, avrebbe avuto bisogno: la testata anzi è stata soggetta alle strategie abitualmente preferite dall’editore Urbano Cairo – spesso con buoni risultati economici, ma con le conseguenze relative sui prodotti editoriali – di riduzione dei costi e degli investimenti. Verdelli ha così ritenuto di avere fatto quello che poteva e si è dimesso.
Al suo posto Cairo ha nominato una figura di direttore molto diversa: Andrea Biavardi ha versatilmente guidato (dopo una breve direzione alla Nazione e al Giorno negli anni Novanta) riviste assai varie di argomenti di minore attualità giornalistica, da For men magazine, a Men’s Health a Vera, a In viaggio, e più di recente Airone fino alla sua chiusura e poi Giallo (che negli stessi due anni ha perso il 30% delle copie), oltre ad avere ottenuto una visibilità televisiva partecipando a programmi di intrattenimento e di cronaca, e ad aver scritto il libro Sbuccia il maschio.
– Carlo Verdelli intervistato da Luca Sofri nel 2020.
domenica 7 Luglio 2024
La preoccupata o compiaciuta concitazione intorno alla candidatura di Joe Biden riguarda molto anche i giornali. Non solo come osservatori della vicenda, ma come protagonisti capaci di influenzarla. Nei giorni successivi al dibattito il New York Times è stato per esempio molto ripreso e considerato per il suo editoriale in cui suggeriva di rimpiazzare Biden, con un intervento che al tempo stesso rendeva improbabile una decisione simile in quel momento. Ma le prese di posizione sono tuttora molto condivise e “pesano” nella costruzione dell’opinione pubblica, e quindi anche sulle ricadute nella decisione di Biden e nelle scelte dei dirigenti del suo partito e di chi gli sta intorno. Come pesa anche il lavoro giornalistico più tradizionale, gli articoli che riferiscono pareri anonimi nell’entourage di Biden, quelli che raccontano aneddoti che sembrano confermare la sua fragilità, eccetera. Tutto lavoro giornalistico dovuto, se svolto correttamente.
Però bisogna vederla anche da un altro lato. Per alcuni giornali rianimare la campagna elettorale è un interesse commerciale non insignificante, in particolare per quelli che hanno un pubblico che finora vedeva la campagna dirigersi verso una previsione di sconfitta. È abbastanza facile immaginare che le attenzioni del pubblico e dei lettori per la campagna elettorale nei prossimi mesi crescerebbero se la candidata Democratica diventasse – per esempio – Kamala Harris, rispetto alla condizione attuale. E questa crescita di interesse sarebbe preziosa per molte testate, e per quelle i cui lettori maggiormente avversano una vittoria di Trump. Questo non significa dire che la scelta di dedicare più o meno risorse a rivelare la debolezza di Biden e i dubbi tra chi gli sta intorno non generi informazione corrette. Ma l a scelta per i giornali non è solo raccontare cose vere o false, ma anche quanto spazio e frequenza e priorità dare alle cose vere rispetto ad altre cose vere. Ed è una scelta che crea un conflitto di interesse, che forse sarebbe corretto spiegare e condividere, come lo si fa quando degli articoli accurati e fondati possono privilegiare il proprio editore, o un importante inserzionista, o avere altri effetti collaterali positivi per il giornale. Nel lungo, ai giornali americani servono modelli di business aggiornati che continuino a funzionare: nel breve, serve la rinuncia di Biden.
Fine di questo prologo.
domenica 30 Giugno 2024
Con buon anticipo iniziamo ad avvisare che Charlie arriverà le prossime tre domeniche, fino al 21 luglio, e poi andrà in vacanza fino a settembre.
domenica 30 Giugno 2024
C’è stato qualche attrito pubblico tra l’ex direttore di Domani Stefano Feltri (che oggi cura una newsletter che si chiama Appunti) e il suo precedente giornale, il Fatto, che lo aveva criticato a proposito dei suoi giudizi su Julian Assange.
domenica 30 Giugno 2024
Il sito di news svizzero Heidi News è dedicato soprattutto a scienza e sanità, e sabato ha pubblicato un dettagliato resoconto su una vicenda giudiziaria che oppone il Dipartimento per l’istruzione del Cantone di Ginevra e la giornalista italiana Sabrina Pisu (che vive a Ginevra e ha da poco pubblicato per Einaudi un libro su Francesca Morvillo). Pisu è l’autrice di un articolo pubblicato sull’ Espresso un anno fa e intitolato “Mio figlio confinato in una scuola ghetto per persone con disabilità”. La scuola in questione si trova a Ginevra, fa parte di un sistema di scuole “speciali” con cui la Svizzera “gestisce” i bambini autistici con problemi sociali (sistema che era stato già protagonista in passato di casi criticati), e una delle madri dei bambini che la frequentavano la raccontava così:
«È la scuola della miseria, venuta su da un giorno all’altro nel maggio dello scorso anno, me l’hanno imposta», racconta. «È una struttura chiusa, solo per ragazzi disabili e con sindromi serie, dai 15 ai 18 anni, alcuni hanno crisi epilettiche, sono violenti l’uno con l’altro. È orribile, mio figlio è stato strangolato, è tornato a casa due volte con gli occhiali rotti. Hanno messo qui tutti i bambini per cui non c’era posto altrove, senza un programma pedagogico. All’Omp mi hanno detto che se non mi sta bene posso cambiare Paese, io resto qui». Un problema sociale, culturale e politico: «È una vergogna», continua, «manca una riflessione su come integrare questi bambini, un giorno adulti. Vogliono renderli invisibili».
Il Dipartimento per l’Istruzione ginevrino e i suoi responsabili si erano opposti sistematicamente all’indagine di Pisu, durata diversi mesi, impedendole visite e interviste, e nel 2022 l’avevano denunciata per violazione di domicilio dopo che Pisu aveva accompagnato una madre all’ingresso della scuola per incontrare suo figlio assieme a lei; e avevano sostenuto che l’uso da parte di un fotografo – inviato dall’ Espresso – di un drone sopra la scuola avesse creato un pericoloso allarme tra i ragazzi. Le versioni del Dipartimento sono sempre state negate e contestate da Pisu e dal fotografo Gianni Cipriano, e la denuncia nei loro confronti era stata ritenuta infondata e archiviata a seguito di una serie di indagini e accertamenti. Ma il Dipartimento ha fatto ricorso contro l’archiviazione, e i due giornalisti ritengono che si tratti di una ritorsione e di una intimidazione, scrive Heidi News.
domenica 30 Giugno 2024
Quando le copie di carta erano l’unico formato di diffusione dei quotidiani, era una consuetudine proficua quella di rivedere la distribuzione dei quotidiani e delle riviste nei mesi estivi, in modo da raggiungere efficacemente i lettori che si spostavano dalle loro città nelle località delle vacanze. La pratica è stata ridimensionata in questo secolo, ma è ancora sfruttata da alcuni giornali, soprattutto quelli che hanno quote di lettori che raggiungono abitualmente gli stessi luoghi di vacanza non troppo lontani da quelli di stampa del giornale. Per fare un esempio, le regioni dove vengono vendute (e quindi inviate) più copie dell’ Eco di Bergamo, a parte la Lombardia, sono Emilia Romagna (23), Liguria (13), Veneto e Trentino Alto Adige (10 ciascuna). La Stampa – sempre come media giornaliera – vende più nelle province di Forlì Cesena (1.634), di Rimini (1.177) e di Ravenna (1.001) che in qualunque provincia della più vicina Lombardia (667 a Milano). Fuori dal Triveneto la Tribuna di Treviso indica una sola copia venduta ed è a Rimini.
Venerdì scorso il Foglio ha annunciato ai propri lettori che nei mesi di luglio e agosto riattiverà la distribuzione del giornale in Sicilia e in Sardegna.
domenica 30 Giugno 2024
Abbiamo spiegato in passato come sia diventata convulsa la gestione dei tempi di pubblicazione dei quotidiani, con la crescita di importanza delle edizioni digitali e con l’arretramento delle scadenze di chiusura dovuto alla riduzione dei costi. Oggi alcuni quotidiani “chiudono” a inizio serata e sono già disponibili in digitale – nel numero dell’indomani – alle 22,30; quasi tutti gli altri lo sono dopo mezzanotte o entro l’una. Questo ha modificato il ruolo dei giornali di carta per come vengono letti e acquistati il giorno dopo, e anche la scelta di eventuali “ribattute”, ovvero gli interventi di modifica del giornale che si fanno – se necessario – quando le prime copie sono già stampate. Il digitale permette naturalmente di farlo con maggior facilità, ed è successo per esempio alla Stampa, dove lunedì notte è stato rivisto il dato della percentuale dei votanti ai ballottaggi delle elezioni amministrative.
domenica 30 Giugno 2024
La giornalista di Repubblica Laura Pertici ha descritto sabato sul suo giornale la pratica di alcuni altri quotidiani – quelli di maggiore partigianeria politica e ideologica – di attaccare i propri avversari irridendo o umiliando il loro aspetto, e di farlo in particolare con le donne.
“La chiamano la foto degli orrori. La chiamano, che ridere, la sinistra pelosa. Ilaria Salis sul sito nicolaporro.it è la “ragazza stagionata”, quella con il “vestitino della prima comunione” o col “pancino scoperto da influencer movimentista che ricorda Pina Fantozzi”. Carola Rackete invece nel commento di Max Del Papa, pubblicato sul portale del vicedirettore del Giornale e conduttore Mediaset, “non è vestita, ha una specie di vestaglietta rossofuoco su polpacci alla Zaccagni e scarpe da jogging. La negazione di una femmina” col suo “pelame forestale” dalle sopracciglia alle ascelle, “e mi fermo qui per carità estetica”.
Anche Libero partecipa con gran divertimento a questa derisione collettiva ma il mattinale distribuito nelle redazioni di destra e dedicato al body shaming non deve aver regalato troppi spunti — e che vuoi dire d’altro, si sarà sghignazzato, basta guardarle no? — e quindi per Rackete si riciclano le medesime immagini, “vestaglia rossa, ricorda il ragionier Ugo che gioca a tennis con Filini”.
Nell’articolo si parla però di ballo dei ributtanti perché la fotografia scattata è quella che a Bruxelles, nel primo giorno da parlamentari nei palazzi d’Europa, mercoledì 26 giugno, ritrae anche Mimmo Lucano, al centro tra Rackete e Salis: nel suo caso l’agguato non ha molto a che fare col fisico, per lui è meglio insinuare dubbi sulla vicenda giudiziaria, basta un accenno alla “polo d’ordinanza naturalmente rosso Guevara su pantaloni stazzonati neri””.
La questione posta da Pertici* è frequente e assai estesa. In particolare su alcuni quotidiani di destra, le donne – soprattutto le donne – di cui si vogliono attaccare le opinioni sono esposte al disprezzo dei propri lettori e lettrici additando presunte o artificiose sgradevolezze estetiche e facendone una colpa, con una specifica attenzione alla scelta di fotografie mal riuscite.
*nessuno si senta assolto dal sessismo: alla ricerca sul nome di Pertici, caporedattrice centrale di Repubblica, Google la suggerisce col titolo di “moglie di Gabriele Corsi”.
domenica 30 Giugno 2024
L’ex direttore della comunicazione della squadra di calcio della Roma ha scritto una lunga, circostanziata e appassionata lettera al direttore di Sky Tg24 – che l’ha pubblicata – per contestare un articolo sul sito che lo riguardava. La storia è complicata e il suo racconto è ricco di dettagli, con l’intenzione di spiegarla e di ribattere non solo alle accuse dell’articolo che contesta, ma al metodo che descrive.
“Il testo della news che avete pubblicato venerdì scorso è il copia e incolla di una velina preparata in italiano e in inglese, che allego a questa mail. La vostra news non contiene una sola parola diversa dal testo che il PR del Friedkin Group aveva preparato su indicazioni dei legali del gruppo. Una sola parola che sia frutto di lavoro giornalistico. In sostanza il sito di una delle testate più autorevoli d’Italia ha pubblicato integralmente una velina, rinunciando al ruolo di “filtro” tra la notizia e il fruitore della stessa, che è stata resa nota senza alcun check con il diretto interessato o con il suo legale. Da quanto ho ricostruito anche alcuni media internazionali erano stati contattati per pubblicare lo stesso testo, che infatti è stato preparato, oltre che in italiano, in inglese, come vedrai sempre nell’allegato: tuttavia questi media si sono rifiutati di darne conto, stupiti dall’assenza di un comunicato stampa “on the records” sul sito dell’AS Roma. Ma in ogni caso, anche se la società avesse avuto l’onestà di pubblicare una nota su asroma.com, per i media internazionali il presupposto per la pubblicazione sarebbe stato garantire il diritto di replica alla controparte: un requisito minimo per dare equilibrio alla ricostruzione della vicenda”.
A prescindere dal merito e dal caso in questione (su cui ci possono essere molti altri fattori ed elementi che non conosciamo), l’autore della lettera descrive una pratica diffusissima in altri giornali – e che non è escluso che lui stesso abbia frequentato, da direttore della comunicazione -, quella di accogliere senza verifica o intervento le comunicazioni informali o ufficiali di enti, aziende, parti politiche, anche quando queste comunicazioni sono offerte per promuovere evidenti interessi di parte, e trascurando il lavoro giornalistico di completare e indagare quelle comunicazioni.
domenica 30 Giugno 2024
Domenica scorsa, poco dopo l’aggiornamento su Charlie a proposito dei guai dell’edizione italiana dello Hollywood Reporter (tutta la storia è qui), i giornalisti della redazione hanno tramutato lo sciopero in uno sciopero a oltranza. Gli ultimi articoli sul sito sono del 19 giugno.
domenica 30 Giugno 2024
Dopo la chiusura del proprio sito di news, l’anno scorso, MTV ha cancellato dal web tutto il sito MTVnews e il suo contenuto di migliaia di articoli pubblicati in quarant’anni. Spiega il sito di Variety:
“The now-unavailable content includes decades of music journalism comprising thousands of articles and interviews with countless major artists, dating back to the site’s launch in 1996. Perhaps the most significant loss is MTV News’ vast hip-hop-related archives, particularly its weekly “Mixtape Monday” column, which ran for nearly a decade in the 2000s and 2010s and featured interviews, reviews and more with many artists, producers and others early in their careers”.
domenica 30 Giugno 2024
Il quotidiano Il Centro di Pescara avrà un nuovo direttore, Luca Telese, giornalista di 54 anni con una lunga e varia carriera e una discreta visibilità televisiva, che tuttora conduce un programma sulla rete La7. Il Centro esiste dal 1986 ed è quasi sempre stato di proprietà del vecchio gruppo Espresso (quello che oggi si chiama GEDI e che ha ceduto quasi tutti i suoi un tempo numerosi giornali locali): nel 2016 è stato venduto a un gruppo di imprenditori abruzzesi guidati dal proprietario della tv locale Rete8 Luigi Pierangeli, che deve le sue fortune economiche alla sanità privata. Nel primo gruppo di acquirenti c’era anche Alberto Leonardis, che ha poi ceduto la sua parte per costituire un nuovo gruppo di soci che ha acquisito altre testate da GEDI ( Tirreno Nuova Sardegna, Gazzetta di Reggio, Gazzetta di Modena, Nuova Ferrara).
Telese aveva già diretto un quotidiano nato nel 2012, Pubblico, che aveva chiuso dopo soli quattro mesi.
domenica 30 Giugno 2024
È pratica comune e indiscussa, nelle aziende giornalistiche, che le conseguenze di eventuali denunce contro i giornalisti siano coperte economicamente dalla società editrice, e non lasciate a carico dei singoli giornalisti, che sarebbero altrimenti inibiti a prendersi le più ordinarie responsabilità del loro lavoro. Non solo quelle che possono generare condanne, ma semplicemente quelle che possono generare denunce intimidatorie, spese legali, rischi connessi. Un giornalista con un mandato, e un direttore prima ancora, devono poter contare su una difesa adeguata dai rischi legati al buon svolgimento del loro lavoro: è una delle ragioni – non l’unica – per cui i grandi scoop di inchiesta di solito provengono da testate importanti e con risorse economiche maggiori, il poter procedere senza temere le possibili ritorsioni dei soggetti che si ritengono danneggiati dal loro lavoro. I quali, se avessero delle ragioni, dovranno sì vederle riconosciute, ma col giornale che si prende la responsabilità delle scelte fatte e non le scarica sui singoli.
Questa condizione fondamentale del buon lavoro giornalistico sembra essere stata rinnegata questa settimana dal nuovo editore del settimanale L’Espresso, che si sta sottraendo alla difesa dell’ex direttore del giornale Lirio Abbate in una causa per diffamazione da parte dell’attuale ministro della Difesa, legata a un articolo pubblicato sul giornale nel 2022. L’editore sostiene che il fatto che Abbate non lavori più per l’ Espresso – ” mai avuto il piacere di conoscere l’ex direttore Abbate” – liberi l’azienda dalle sue responsabilità (tesi ardita, considerati i tempi processuali di questo genere di cose).
In una condizione simile, per sviluppi diversi, si era trovata qualche anno fa la giornalista e scrittrice Concita De Gregorio, rispetto al suo lavoro di direttrice del quotidiano L’Unità.
domenica 30 Giugno 2024
Alla sempre più frequente abitudine, da parte di alcuni quotidiani, di dare ampia visibilità ai propri editori, alla loro promozione personale e ai loro interessi, questa settimana hanno aderito le testate del gruppo Caltagirone, che giovedì hanno dedicato gli spazi maggiori delle prime pagine al “Cav. Lav. Francesco Gaetano Caltagirone” e a un suo discorso a un evento organizzato dall’azienda. Sul Messaggero (dove l’editore aveva da poco licenziato il direttore appena assunto), sul Mattino e sul Gazzettino.
domenica 30 Giugno 2024
Marianne è un settimanale francese d’attualità e inchieste nato nel 1997 con posizioni progressiste, che negli anni seguenti è stato critico nei confronti delle derive di destra e antidemocratiche in Francia ma spesso anche dell’estrema sinistra: e che ha ottenuto frequenti attenzioni con scoop e inchieste giornalistiche legate alla politica. Dieci anni fa cambiò parte della proprietà e del gruppo dirigente e ribaltò le sue simpatie politiche, diventando un giornale molto più di destra e negli ultimi anni più esplicitamente populista e accusato anche di islamofobia, con abbandoni da parte di diversi giornalisti e problemi di sostenibilità economica (l’anno scorso ha perso tre milioni di euro). Nel 2018 la maggioranza della società era stata acquistata da Daniel Kretinsky, un miliardario di 49 anni di origine ceca le cui ricchezze derivano soprattutto dal business dell’energia (ha ampi e estesi interessi nei media europei: possiede diverse testate in Repubblica Ceca, in Francia aveva una quota della società che pubblica Le Monde e che ha poi ceduto, si parla spesso di lui quando ci sono giornali europei potenzialmente in vendita). Da qualche mese Kretinsky sta cercando di vendere Marianne e l’acquirente dovrebbe essere Pierre-Edouard Stérin, imprenditore arricchitosi con diversi progetti tra cui i cofanetti regalo Smartbox e il servizio di prenotazioni The fork. Stérin ha posizioni di integralismo cattolico molto di destra e vicine a quelle del partito Rassemblement National fondato e guidato dalla famiglia Le Pen.
La prospettiva si sarebbe concretizzata in queste settimane, ma da venerdì i giornalisti della redazione di Marianne sono entrati in sciopero – due giorni prima delle elezioni legislative – per opporvisi, dopo avere scoperto che le garanzie di indipendenza ricevute sarebbero in contraddizione con informazioni diverse sui progetti del nuovo editore di sostenere il Rassemblement National anche attraverso il giornale. Kretinsky ha quindi sospeso le trattative con Stérin e ha aggiornato la questione al 21 luglio. Un’altra offerta in competizione per l’acquisto del giornale – più bassa – è dell’imprenditore dei videogiochi e produttore video Jean-Martial Lefranc, ritenuto di simpatie più progressiste.
domenica 30 Giugno 2024
Questa settimana non è successo niente al Washington Post: o meglio niente di paragonabile a quello che era successo nelle settimane precedenti, e nessuno sviluppo concreto e pubblico dei problemi al giornale, una delle più note e importanti testate del mondo. L’impressione è che la dirigenza voglia ristabilire un po’ di maggior serenità e fiducia prima di prendere nuove decisioni, avendo anche la percezione di essere molto sotto le attenzioni di tutto il mondo del giornalismo americano e non solo. La redazione però nel frattempo ha pubblicato venerdì un nuovo lungo articolo di accuse nei confronti di Will Lewis rispetto alle sue responsabilità nello scandalo dei tabloid britannici.
Se però le vicende del Washington Post vi appassionano, è uscito sull’ Atlantic un lungo articolo di ricostruzione di quello che è successo dall’acquisto del giornale da parte di Jeff Bezos a oggi, con una serie di interpretazioni frutto di molte conversazioni con i coinvolti, e non superficiali.
Le principali sono:
– che i guai del giornale non siano dei guai degli ultimi due anni, ma derivino da una mancanza di visione e di progetto precedente, che non aveva avuto ripercussioni visibili negli anni floridi del ritorno generale degli abbonamenti e della presidenza Trump;
– che, a differenza del New York Times, il Washington Post abbia investito quasi soltanto sulla qualità del suo giornalismo e non su una più lungimirante costruzione di ragioni di utilità per i lettori;
– che l’assenza di Jeff Bezos come guida e come editore abbia dato una apprezzabile sensazione di indipendenza, ma si sia sentita sul piano della visione, e che la redazione abbia bisogno di qualcuno capace di motivarla e darle fiducia dalla parte dell’azienda;
– che un giornale è una cosa complicata, il cui buon funzionamento implica una serie di attenzioni spesso in contraddizione, e ancora di più in tempi di difficoltà economiche e di cambiamenti digitali.
domenica 30 Giugno 2024
C’è stata durante la settimana una polemica politica intorno a una serie di reportage del sito di news Fanpage che mostrano atteggiamenti razzisti e antisemiti all’interno di movimenti vicini al partito di maggioranza italiano, Fratelli d’Italia. Diversi membri del partito, compresa la presidente del Consiglio, piuttosto che affrontare il merito della questione, hanno contestato la legalità del metodo giornalistico di Fanpage, che ha ottenuto registrazioni video di nascosto e senza rivelare che i loro autori fossero giornalisti. Questo ha generato ulteriori polemiche, a base di formule astratte e partigiane, da “regime” a “intimidazione alla stampa”, eccetera, così rituali e svuotate di significato da rendere impossibile una discussione.
Buona idea è stata quindi quella del Corriere della Sera di intervistare sabato il consigliere giuridico della presidente del Consiglio per chiedergli il fondamento delle accuse di illegalità contro il lavoro giornalistico di Fanpage .
E gli argomenti dell’intervistato si sono rivelati quindi fumosi e fragili, ricchi di paragoni suggestivi e improbabili, alieni alla comprensione di cosa siano l’informazione e il giornalismo, oppure frutto di acrobatici tentativi di gettare la palla in tribuna: «la libertà di esprimere le proprie opinioni e le proprie idee politiche in segretezza è tutelata», dice per esempio, rendendo così illegale una enorme quota della storia del giornalismo mondiale (nonché del lavoro degli storici) fatta di testimonianze e racconti di conversazioni e opinioni espresse non in pubblico. Oppure: «Se [le idee politiche] si traducono in reati ci sono le autorità di pubblica sicurezza e della magistratura. Altrimenti nel nostro Paese è garantito il diritto di parlare liberamente». Formulazione che di fatto legittima il lavoro di Fanpage: se è garantito il diritto di dire qualunque cosa che non si “traduca in reato”, perché dovrebbe essere un problema che lo si sappia? Nessuno ha chiesto arresti per quelle parole. Per non dire della definizione di “idee politiche” attribuita alle battute razziste dei protagonisti dei video.
E ancora: «Su quello [eventuali attività criminali] interviene la magistratura. L’informazione si deve fermare fuori». L’idea che “l’informazione si debba fermare fuori”, più che un attentato alla democrazia e alla libertà di stampa, è un attentato alla logica e all’intelligenza di chi legge l’intervista.
Fine di questo prologo.
domenica 23 Giugno 2024
Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria del governo ha aggiudicato i “lotti” della gara per i servizi che le agenzie di stampa forniscono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In pratica si tratta dell’assegnazione di una serie di cospicui finanziamenti pubblici alle agenzie di stampa che ne fanno richiesta, in cambio di forniture giornalistiche e di informazione offerte all’istituzione da parte di quelle agenzie. Questa è la lista degli assegnatari e dei compensi.
“Agenzia ANSA all’importo annuale pari a Euro 6.358.000,00;
Agenzia ADNKRONOS all’importo annuale pari a Euro 4.949.584,00;
Agenzia AGI all’importo annuale pari a Euro 1.680.000,00;
Agenzia LaPresse all’importo annuale pari a Euro 697.500,00;
Agenzia La4News all’importo annuale pari a Euro 740.025,00;
Agenzia Askanews all’importo annuale pari a Euro 1.035.000,00;
Agenzia Il Sole 24 Ore all’importo annuale pari a Euro 640.000,00;
Agenzia COM.E all’importo annuale pari ad Euro 436.100,00;
Agenzia Infoedizioni all’importo annuale pari ad Euro 144.000,00;
Agenzia Withub all’importo annuale pari ad Euro 175.500,00;
Agenzia VISTA all’importo annuale pari ad Euro 184.300,00″.
domenica 23 Giugno 2024
Giovedì Repubblica e Stampa hanno dedicato due articoli – una pagina, sulla Stampa – alla partecipazione del proprio editore a un podcast.
Invece, Charlie ha ricevuto richieste di aggiornamenti a proposito dell’eventuale rinnovo della “rubrica Bonomi”, ovvero lo spazio quasi quotidiano che il Sole 24 Ore dedicava alle dichiarazioni non sempre originalissime del suo editore, il presidente di Confindustria. In questi tre mesi da che si è insediato, del pensiero del nuovo presidente di Confindustria Emanuele Orsini, il Sole 24 Ore sta riferendo con molta maggiore parsimonia.
domenica 23 Giugno 2024
In una pagina pubblicata sul quotidiano lunedì, il Corriere della Sera ha esposto le sue offerte di abbonamento per le scuole: ovvero di accessi ai contenuti del sito (apparentemente non all’edizione digitale del giornale quotidiano) per diverse quote di studenti e diversi istituti scolastici.
domenica 23 Giugno 2024
Nei giorni scorsi diversi articoli sui quotidiani hanno riferito il comunicato dei lavoratori precari di Tv2000, la televisione che è di proprietà della CEI (la Conferenza dei vescovi italiani), assieme al quotidiano Avvenire.
“In questi giorni TV2000, la rete televisiva di proprietà della Conferenza episcopale italiana, impone a circa 40 precari (giornalisti professionisti, autori e consulenti vari – alcuni dei quali sono partite iva con contratti continuativi in essere da oltre 10 anni) di firmare una transazione capestro, mediata da una Commissione di Conciliazione istituita presso l’Università Luiss, con la quale si costringono i lavoratori a dichiarazioni non conformi alla realtà dei fatti: il documento fa riferimento a nostre inesistenti “generiche rivendicazioni” in merito ai compensi pattuiti, forzandoci, dietro versamento di 500 euro (sic!), a rinunciare a qualsiasi pretesa/diritto acquisito nel pregresso rapporto di lavoro con l’azienda.
Dunque una transazione capestro su una controversia che non esiste.
Naturalmente chi non firma questa “transazione” non potrà firmare nemmeno il rinnovo del contratto.
Ora, per prima cosa, in onore alla lingua italiana, va ricordato che la parola “transazione” si riferisce a un accordo concluso tra le parti di un rapporto, dunque frutto di una libera intesa, mentre qui siamo di fronte a un atto arrogante e unilaterale che l’ad Massimo Porfiri e il direttore del personale Luciano Flussi impongono ai lavoratori – nel silenzio assoluto del direttore di rete Vincenzo Morgante e dell’editore.
Tale procedura, nel dizionario della lingua italiana, andrebbe cercata piuttosto sotto la voce “ricatto”.
Oltre a questo, che già è sufficientemente vergognoso, bisognerebbe sottolineare che stiamo parlando di un’azienda – Rete Blu S.p.a., cui fanno capo Tv2000 e Radio in blu – finanziata con i denari affidati ai vescovi italiani, soldi che si suppone dovrebbero trovare un impiego “etico”, mentre l’azienda sta seguendo, verso i suoi collaboratori, criteri che fanno carne di porco dei diritti dei lavoratori.
O forse ricattare i lavoratori più deboli, quelli a partita iva, rientra tra i suggerimenti della dottrina sociale della Chiesa? Di certo non ci sembra un modo di agire in sintonia con il magistero di Papa Francesco – di cui ricordiamo molto bene le parole accalorate durante la sua visita allo Stabilimento Ilva di Genova (Sabato, 27 maggio 2017) contro “l’economia che perde i volti”, e passa sopra “le persone da tagliare e licenziare”, per non parlare dei numerosi interventi contro “l’abuso del lavoro precario”.
Ci piacerebbe conoscere il parere dei vescovi italiani su quanto sta accadendo tra le mura della loro rete televisiva, ma in tutta questa brutta storia – che mette 40 famiglie con il coltello alla gola – ci sono tanti silenzi. Silenzi assordanti.
Coordinamento Precari TV2000”
Il vicepresidente della CEI si è detto “sicuro che una soluzione verrà trovata”.
domenica 23 Giugno 2024
C’è stato un giro di nuove nomine in alcuni dei più importanti periodici “femminili” italiani, ovvero le sole testate che vengono abitualmente affidate a delle donne piuttosto che a degli uomini. L’editore Hearst (che in Italia pubblica anche Gente , Cosmopolitan , Esquire ) ha spostato Manuela Ravasio dalla direzione del mensile Marie Claire a quella del settimanale Elle. A dirigere Marie Claire sarà Elena Mantaut.
domenica 23 Giugno 2024
All’edizione italiana dello Hollywood Reporter continuano i problemi di cui aveva raccontato questo articolo sul Post il mese passato. Adesso giornalisti hanno indetto cinque giorni di sciopero, a partire da mercoledì scorso.
“I giornalisti di The Hollywood Reporter Roma attendono da mesi che venga loro corrisposto lo stipendio. L’azienda non ha ottemperato ai propri doveri e tuttora non ha mostrato alcuna prospettiva realistica e sostenibile per il giornale. La redazione ha continuato a realizzare, anche in una situazione sempre più disperata, un prodotto di alto livello qualitativo.
I giornalisti di THR Roma difenderanno in ogni sede i propri diritti, e proclamano a partire da mercoledì 19 giugno alle ore 9 un nuovo sciopero di cinque giorni – a cui potranno aggiungersi altri cinque giorni – che potrà essere interrotto solo a fronte di atti concreti da parte dell’azienda.
Le parole non bastano più”.
L’editore ha risposto con un suo comunicato:
“L’Editore comprende la sofferta scelta della redazione, prendendo atto della decisione sindacale adottata, a fronte della riconosciuta ed apprezzata abnegazione con cui ogni lavoratore e lavoratrice ha svolto il proprio lavoro in questi mesi.
Pur comprendendone le ragioni, l’auspicio della Società Brainstore Media S.r.l. è quello che si possa, nel più breve tempo, tornare a lavorare insiema ai progetti e alle iniziative che sono state comunicate al Fiduciario e all’organo sindacale nel precedente comunicato, anche con riferimento alla strategia a breve e medio termine, che con loro si vuol condividere e costruire insieme. Ed in tale direzione, li invitiamo ad un confronto costruttivo sugli scenari, sia immediati che futuri, della Redazione.
In questa sede, l’azienda conferma che, grazie ai piani e alla spending review avviata, si prevede il ripristino dell’equilibrio finanziario entro il terzo trimestre del 2024, a meno di un anno dal lancio commerciale.
In questa fase delicata, Brainstore Media S.r.l. sottolinea l’importanza di un lavoro congiunto e dell’apporto delle migliori energie della redazione.
L’azienda confida inoltre nella comprensione dei lettori, invitandoli a sostenere un’attività innovativa avviata da poco tempo”.
domenica 23 Giugno 2024
Le eccezioni sono solo eccezioni, ma sono però eccezioni: a proposito della partigianeria cieca a cui molti quotidiani affidano le proprie opinioni merita di essere segnalato che sulla legge sull'”autonomia differenziata” – celebrata trionfalmente da alcuni giornali filogovernativi, contestata drammaticamente dai giornali antigovernativi – il giornalista Marcello Veneziani ha preso venerdì sulla Verità una posizione diversa da quella del resto del suo giornale e del suo direttore. Vero è anche che su questa legge le posizioni non sono del tutto coerenti nemmeno all’interno della maggioranza di governo.
domenica 23 Giugno 2024
Il più frequente degli incidenti giornalistici legati alla precipitazione nel voler pubblicare una notizia e alla scarsa attitudine alle verifiche accurate è quello della “falsa morte di un personaggio famoso”. È capitato di nuovo martedì sera a moltissimi siti di news italiani ( Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Sky Tg24, Adnkronos, Avvenire, Giornale, tra gli altri) e anche a diversi stranieri, che hanno annunciato la morte dello scrittore e intellettuale Noam Chomsky, che invece è tuttora vivo. La smentita della notizia è stata data da sua moglie all’agenzia Associated Press e ad altre testate che hanno ritenuto di telefonarle prima di darla. Le testate che l’avevano pubblicato hanno rimosso le pagine relative (ma alcune appaiono tuttora su Google), fornendo poche spiegazioni (Avvenire si è scusato).
Diversi commenti hanno segnalato come parte del lavoro di Chomsky in passato sia stato predicare e spiegare una giusta diffidenza per i mezzi di informazione.
domenica 23 Giugno 2024
La questione del valore reale degli abbonati per i giornali, e quindi dell’efficacia delle offerte scontate, è piuttosto centrale nel dibattito attuale intorno alla sostenibilità di questi tipi di modelli. E infatti se n’è occupato anche un articolo della sezione “Strategies” del quotidiano londinese Financial Times, che da tempo sta investendo sulla ricerca e la formazione relativa al business dei giornali.
Secondo l’articolo in questione sarebbero molto inefficaci, e alla fine persino in perdita, gli abbonamenti mensili scontati: perché l’investimento necessario a ottenerli (di solito sono proposti come “prova”, ai lettori meno convinti) e i bassi ricavi ottenuti dalle promozioni relative si tradurrebbero in una quota molto limitata di conferme degli abbonamenti stessi a prezzo pieno.
domenica 23 Giugno 2024
Tra i dati del “Digital News Report”, sono particolarmente attuali quelli relativi all’inclinazione delle persone a pagare per abbonamenti alle edizioni digitali dei giornali. Interessanti in generale, e anche per quel che dicono delle singole venti nazioni evidenziate. In Italia c’è una delle quote più basse di persone che hanno pagato per le news online nell’ultimo anno, il 10%. Ma il rapporto si è concentrato anche sul valore reale di questi abbonamenti, da che in molti casi si tratta di abbonamenti a prezzi assai ridotti o gratuiti: e quindi sulla disponibilità delle persone “a pagare”, che non è la stessa cosa della disponibilità delle persone ad abbonarsi. In Italia il 35% degli abbonati non paga il prezzo intero di un abbonamento così come è pubblicizzato, ma una quota ridotta, che in media è di 8 euro al mese (per capirsi: nel caso del Post questa quota è praticamente il 100%, senza offerte promozionali; altre testate invece offrono misure diverse di sconti, soprattutto nei primi mesi o nel primo anno, oppure agli abbonati che vogliono disdire). E ancora, in Italia il 50% degli intervistati che al momento non pagano per un abbonamento alle news ha dichiarato di non essere disposto a pagare niente; il 19% potrebbe pagare un euro; il 20% fra 2 e 5 euro; il 6% potrebbe pagare fino a 10 euro.
Se si associano questi dati alla considerazione apparente che chi è abbonato a qualche giornale online tende a non pagare per più di un abbonamento, e che gli abbonati sono raccolti da poche grandi testate, si vede che il bacino potenziale è già diventato molto esiguo.
«I risultati suggeriscono che le aziende giornalistiche abbiano, in molti paesi, già raggiunto la gran parte delle persone interessate abbastanza da pagare per l’offerta corrente ai prezzi correnti, e che le quote dei pagamenti stiano ristagnando. Le offerte economiche sono state un modo per aumentare il numero di abbonati, ma non ci sono garanzie che i beneficiari continueranno a pagare nel lungo periodo. La tendenza a offrire sconti ha determinato una significativa proporzione (il 41% in media nei vari paesi) di abbonati che non pagano il prezzo intero.
Fuori da queste quote di abbonati, nella maggior parte dei mercati c’è un gruppo disposto a pagare qualcosa se il prezzo è considerato giusto, ma sono numeri molto piccoli, e forse non abbastanza attraenti per un impegno degli editori».
La conclusione di un articolo del NiemanLab sui dati in questione è che il modello degli abbonamenti offre numeri preziosi e promettenti per i progetti di news più piccoli, per i quali quei numeri sono sufficienti e che hanno ancora del potenziale, mentre potrebbero essere stati già saturati dalle grandi testate e dalle loro maggiori necessità.
domenica 23 Giugno 2024
Il Reuters Institute dell’Università di Oxford è un’istituzione autorevole che si occupa di studio del giornalismo, e pubblica ogni anno un “Digital News Report” sulle tendenze dell’informazione digitale, di cui abbiamo parlato in passato. La nuova edizione è stata pubblicata nei giorni scorsi, ed è stata assai citata e commentata da molti siti e addetti ai lavori. Il rapporto è diviso in sezioni dedicate a diversi contesti nazionali, e qui c’è quella relativa all’Italia, con una descrizione generale delle tendenze, e diversi grafici e dati. Alcune testate italiane hanno molto promosso sui social network i dati che sembrano mostrare apprezzamenti del pubblico per quelle stesse testate, come quello sulla fiducia che premia in particolare Ansa, Sky Tg24 e Sole 24 Ore (e che spiega, a proposito del Post e della prevalenza di risposte incerte che lo riguardano: “The lower scores of digital-born players like Fanpage and Il Post may be because they have had less time to build a reputation”).
domenica 23 Giugno 2024
Come era stato stabilito lo scorso marzo, Repubblica ha eliminato questa settimana tre pagine dalla sua foliazione, per risparmiare sui costi: ovvero una delle tre della sezione dei commenti e rubriche (divenute due), e le due dei programmi tv e meteo. Le rubriche quotidiane che ne venivano ospitate (quella di Concita De Gregorio, quella sulla tv di Antonio Dipollina, quella di Paolo Berizzi) sono state sparpagliate nelle varie pagine del quotidiano.
domenica 23 Giugno 2024
Le vicissitudini del Washington Post questa settimana hanno fatto un ulteriore salto di qualità, e sono diventate LA storia nel mondo dei giornali americani. Come avevamo scritto solo due settimane fa, la sintesi iniziale della storia era: “grande e ammirato quotidiano americano, con una storia da cinema, viene salvato dal declino dal padrone di Amazon, risorge e torna protagonista per un breve periodo, ma poi va in nuova crisi economica e di lettori”. Quello che è successo nell’ultimo mese è quindi stato: “il padrone di Amazon decide di chiamare un manager londinese nel ruolo di publisher a rimettere in ordine i conti, il quale costringe la direttrice alle dimissioni, maltratta la redazione mettendola di fronte alla crisi, e fa alcune proposte editoriali poco chiare e un po’ preoccupanti”.
Ma nel frattempo la storia è diventata soprattutto: “il giornale reagisce criticando la scelta di un nuovo direttore – inglese anche lui -, allarmandosi degli approcci britannici all’etica giornalistica, e disseppellendo, con altre testate, un po’ di scheletri dall’armadio del publisher”. Il quale, Will Lewis, ha una carriera di ruoli importanti in importanti testate, ma che lo hanno anche coinvolto nel famigerato scandalo dei tabloid britannici, che continua ad avere strascichi processuali nel Regno Unito.
E quindi arriviamo agli ultimi giorni: nei quali nuove accuse di antichi comportamenti scorretti e forse illegali da parte di Will Lewis e del potenziale direttore sono stati raccontati dallo stesso Washington Post, dal New York Times, da NPR, dal Financial Times e da CNN (il Washington Post ha incaricato un suo giornalista di guidare le inchieste e gli aggiornamenti sulla vicenda). E nei quali è infine intervenuto il padrone dell’azienda, Jeff Bezos, con un messaggio ai maggiori responsabili della redazione che ha cercato di essere rassicurante ma ha evitato di difendere esplicitamente Lewis: in modo da tenersi libero di sacrificarlo se le cose dovessero precipitare. E un po’ stanno precipitando, con autorevoli giornalisti – del Washington Post e non – che sostengono che la convivenza tra Lewis e la redazione non sia recuperabile. Ma soprattutto con la rinuncia di Robert Winnett – il direttore incaricato che avrebbe dovuto prendere servizio a novembre -, del quale venerdì si è saputo che rimarrà invece al Daily Telegraph, a Londra.
La decisione di Winnett da una parte indebolisce ulteriormente Lewis che lo aveva scelto, dall’altra gli dà l’occasione di rimpiazzarlo con un direttore più ben visto dalla redazione, e attenuare i dissapori. Ci saranno sicuramente altri sviluppi presto.
domenica 23 Giugno 2024
Un articolo sulla Columbia Journalism Review firmato da Mathew Ingram – esperto osservatore dei cambiamenti nel giornalismo – ha ridimensionato le paure delle conseguenze dell’uso di tecnologie raffinate nel diffondere informazioni false, citando alcune ricerche. Ingram spiega, in sintesi, che “deepfake” o altri contenuti artefatti con grande verosimiglianza non attecchirebbero particolarmente per questa loro crescente “qualità”, ma grazie alla disponibilità delle persone a voler credere ai loro messaggi. E che insomma la vera efficacia di questi messaggi dipende da chi li riceve: “riflettono le opinioni delle persone, le confermano, le lusingano, e cercano di approfittarne”. O che, per esempio, a confortare un messaggio servano di più i bot e gli account falsi che sembrano condividerlo, facendolo credere “normale” e diffuso, piuttosto che la sua qualità tecnica originaria o il suo sembrare più realistico. «Più rilevante del problema tecnologico è quello umano: che la nostra capacità di pensiero si sciolga nei nostri pregiudizi; che condividiamo messaggi perché sono divertenti o generano indignazione e non perché sono veri; che la nostra fiducia in qualunque fonte di informazione scompaia».
Le truffe funzionano sull’ingenuità dei truffati, ed è sugli umani che bisogna intervenire, sembra dire Ingram, più che sulla tecnologia: media tradizionali e social network – che sono una tecnologia assai tradizionale, solo amplificata – possono essere strumenti di questo intervento, oppure assecondare le nostre tendenze a voler essere accontentati, indignati, mobilitati, lusingati dal pensare di avere ragione e convinti che qualcuno ci stia togliendo ciò che ci spetta.
Fine di questo prologo.
domenica 16 Giugno 2024
La rassegna stampa del Post, “I giornali spiegati bene”, sarà sabato a Novara con Luca Sofri e Francesco Costa a raccontare cose in sintonia con quello che trovate abitualmente su Charlie. Domenica, sempre nel corso dello stesso evento a Novara, Luca Misculin ed Eugenio Cau cureranno la rassegna stampa dei giornali europei.
domenica 16 Giugno 2024
All’interno delle pagine sul G7 che si è tenuto nei giorni scorsi in Puglia, Repubblica ha ritenuto di segnalare ai lettori l’uso da parte dei leader mondiali di un’automobile “Fiat Spiaggina” e un post su Instagram del fratello del presidente del gruppo che possiede Repubblica.
Malgrado gli imbarazzi segnalati di recente dalla propria redazione, il Corriere della Sera ha dedicato un articolo al proprio proprietario Urbano Cairo e ai suoi ricordi di spettatore calcistico.
domenica 16 Giugno 2024
Antonio Stella, giornalista e collezionista di giornali, ha raccontato sul Post la storia di una collezione perduta.
“Trovato l’annuario mi venne la stramba idea di raccogliere tutti i quotidiani del mondo (o quanti più possibile) dello stesso giorno. Qualche anno prima, nel 1979, avevo inventato e condotto per anni la rassegna stampa di Radio Popolare e mi era rimasta una sorta di emerofilia acuta. La tesi che mi sarebbe piaciuto dimostrare (a parte il godimento materiale di avere una collezione rara e graficamente cosmopolita) era che – alla fin fine – ogni giorno in qualunque parte della Terra succedono più o meno le stesse cose per quanto rimarchevoli”.
domenica 16 Giugno 2024
Contemporaneamente, ma con più contenuti annunci, Repubblica ha invece chiuso i due storici supplementi settimanali TuttoMilano e TrovaRoma , dedicati agli eventi nelle due città. Le due testate esistevano da 38 anni, e – ha spiegato il quotidiano ItaliaOggi – saranno rimpiazzate da un inserto di otto pagine dedicato agli eventi del weekend e unico per tutte le edizioni locali.
domenica 16 Giugno 2024
Lo scorso giovedì è uscito il primo numero di un nuovo magazine “maschile” (vengono chiamate così le riviste che si rivolgono, con contenuti e pubblicità, a interessi che si ritiene accomunino una quota di lettori maschi) di Repubblica, allegato gratuitamente al quotidiano nel giorno dell’uscita e poi in vendita a 3 euro. Ne usciranno altri cinque numeri nel 2024, secondo le comunicazioni dell’editore GEDI, che ha descritto come l’obiettivo di questo genere di prodotto sia la raccolta pubblicitaria da parte della concessionaria del gruppo – Manzoni – con i contenuti giornalistici al servizio di quest’ultima: «Il nuovo U la Repubblica completa l’offerta Manzoni nel segmento dell’up market. Anche nell’era digitale, i brand del lusso hanno confermato che la carta stampata, se di qualità superiore, ricopre una funzione fondamentale per la comunicazione di marca. U completa un’offerta Manzoni veramente diversificata, in grado di coprire l’intero funnel della comunicazione. E il risultato di questo primo numero premia il lavoro svolto in tutti questi anni su d, door, sulla sezione Moda e Beauty di Repubblica, confermando la nostra leadership su questo segmento». Le pagine di pubblicità vendute sono più di cento, e sono pubblicitarie tutte le prime 32.
In realtà Repubblica aveva già un magazine maschile con frequenza bimestrale, dLui, di cui U prenderà il posto con simile progetto e simili obiettivi. Restano gli stessi anche direttore e condirettrice, Emanuele Farneti e Simona Movilia. Ma presentare agli inserzionisti pubblicitari un prodotto come nuovo, assieme al suo “lancio”, garantisce sempre attenzioni e investimenti maggiori.
La copertina del primo numero di U è stata dedicata a Giorgio Armani, la cui azienda è assidua inserzionista sulle maggiori testate italiane (otto pagine di U sono acquistate dai prodotti del gruppo, con un inserto speciale).
Repubblica ha anticipato una parte della ricca intervista ad Armani firmata insieme da Farneti e dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari: che dato il contesto è stata dedicata integralmente alla celebrazione del fondatore, rinunciando all’attualità e alle notizie sull’azienda (negli stessi giorni Business of Fashion, il più importante giornale online internazione sulla moda, raccontava le inchieste sul “caporalato” nella moda che hanno riguardato anche le aziende di Giorgio Armani).
domenica 16 Giugno 2024
In un’intervista al fumettista Zerocalcare pubblicata in podcast dal Post si è parlato anche della frequenza con cui Zerocalcare stesso si trova a correggere i virgolettati che gli vengono attribuiti sui giornali. E anche questa settimana ha spiegato su Instagram che “non sto a apri’ un’osteria”, diversamente da quanto riportato su quasi tutti i maggiori siti di news.
(questa settimana l’allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti ha spiegato in un tweet che in un’intervista al Giornale “mis palabras acerca del Mundial de Clubes de la FIFA no han sido interpretadas de la manera que yo pretendía”).
domenica 16 Giugno 2024
È stata la settimana di “Pitti Uomo”, tradizionale e importante fiera dei brand di moda che si svolge a Firenze, e che muove le aziende coinvolte verso eccezionali investimenti in pubblicità sui giornali (e subito dopo sono iniziate le sfilate milanesi). Per questa ragione i quotidiani maggiori – quelli che beneficiano maggiormente di questi investimenti – hanno dedicato all’evento diverse pagine ogni giorno, in modo da offrire ai loro inserzionisti anche degli articoli e delle citazioni dei loro prodotti e attività, accanto alle pagine a pagamento. Gli esempi di queste sovrapposizioni tra contenuti palesemente pubblicitari e contenuti presentati come giornalistici sono stati molti, soprattutto su Repubblica e sul Corriere della Sera: Canali e Canali, Markup e Markup, Xacus e Xacus, Avant Toi e Avant Toi (con riproduzione della stessa immagine della campagna pubblicitaria), oltre a molte altre citazioni e immagini dei prodotti delle aziende inserzioniste.
domenica 16 Giugno 2024
Nei giorni passati, a proposito, diversi siti internazionali hanno raccontato che l’arrivo di internet avrebbe reso una comunità amazzonica “dipendente dal porno”. A originare la notizia – falsa, smentita poi dal giornale stesso, e per cui la comunità si è molto arrabbiata – è stato un articolo del New York Times un cui passaggio è stato forzato ed esagerato da altri siti e poi ripreso senza nessuna verifica nemmeno rispetto all’articolo originale, per la tentazione di inserire in una stessa storia il porno e le derive della modernità tecnologica.
domenica 16 Giugno 2024
Il Post ha raccontato una ricerca pubblicata sulla testata scientifica Science che spiega come la disinformazione più pericolosa è quella che viene originata dalle testate più autorevoli.
“Sebbene negli studi che se ne occupano la disinformazione sia spesso associata alle notizie false, hanno concluso gli autori e le autrici della recente ricerca pubblicata su Science, le forme più persuasive di disinformazione provengono probabilmente da affermazioni fuorvianti pubblicate da fonti tradizionali, più o meno autorevoli, e poi divulgate attraverso canali che ne orientano l’interpretazione”.
domenica 16 Giugno 2024
Le minacce nei confronti di giornali e giornalisti possono essere di assai diverso genere, di assai diverse conseguenze, di assai diversa legittimità, di assai diversa pericolosità. Ci sono semplici critiche sui social network, oppure quotidiane e bulle lettere di avvocati che annunciano “vie legali” ma si ridimensionano immediatamente: e all’estremo opposto ci sono organizzazioni criminali che perseguitano giornalisti o costose cause legali che paralizzano il loro lavoro. In mezzo c’è un po’ di tutto, e ci possono essere comprensibili ragioni in certe querele e intimidazioni vergognose in altre.
A prescindere da questo, ultimamente i giornali sembrano aver scelto di raccontare e condividere sempre più spesso queste minacce con i propri lettori, usandole come strumento di raccolta di consenso e sostegno da parte di questi ultimi (anche di sostegno economico esplicito, come la campagna di Repubblica di cui dicemmo una settimana fa), e trasformando i propri avversari in testimonial al contrario.
Questa settimana nel giro di soli quattro giorni il Fatto ha raccontato la querela da parte del comune di Milano nei confronti di un suo giornalista (per cose non scritte sul Fatto), Repubblica è intervenuta con due comunicati in difesa di una sua giornalista insultata in una conversazione telefonica da un consigliere regionale di Fratelli d’Italia, il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella ha condiviso coi lettori la risposta con cui ha irriso un avvocato sbadato nelle sue severità, il Foglio ha annunciato in apertura un’azione legale del ministro Urso contro il giornale.
domenica 16 Giugno 2024
A Liverpool una vecchia storia tragica alimenta da 35 anni un boicottaggio nei confronti del tabloid Sun, ovvero la testata quotidiana forse più diffusa nel Regno Unito. La storia è quella della strage dello stadio Hillsborough a Sheffield, in cui 96 persone morirono schiacciate durante una partita tra Liverpool e Nottingham Forest.
“L’incidente è rimasto nella memoria e nell’immaginario di moltissimi tifosi inglesi e ha generato anche una storia laterale: il boicottaggio del tabloid Sun da parte dei tifosi del Liverpool, che dura da allora, a causa di alcuni articoli pubblicati nei giorni successivi all’incidente in cui veniva data la colpa della strage ai tifosi. Nel 2012, a più di vent’anni dall’incidente, una commissione governativa indipendente chiarì le cause dell’incidente e raccontò le molte responsabilità della polizia e dei soccorsi”.
Il giornale chiese scusa vent’anni dopo, ma il boicottaggio e il risentimento a Liverpool durano ancora (il Sun viene chiamato dai suoi detrattori “the scum”, la feccia): tanto che questa settimana una deputata laburista del collegio di Liverpool, ricandidata alle prossime elezioni, ha criticato il leader del suo partito Keir Starmer per avere acquistato uno spazio pubblicitario per una pubblicità elettorale sul sito del Sun (con un investimento di “decine di migliaia di sterline”, secondo il Guardian ). Johnson ha ricordato che Starmer aveva promesso ai suoi elettori di Liverpool che non avrebbe “dato interviste al Sun” durante la campagna per la leadership del Labour: ma già nel 2021 aveva scritto un articolo sul giornale (di proprietà della famiglia Murdoch, che ha appoggiato i Tories a tutte le ultime elezioni), e se ne era poi fatto intervistare più serenamente, sostenendo di recente che la priorità anche per i cittadini di Liverpool sia ottenere più consensi possibile per il suo partito.
domenica 16 Giugno 2024
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di aprile 2024. Come ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” totale: quindi escludendo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.
Corriere della Sera 166.228 (-6%)
Repubblica 88.664 (-12%)
Stampa 62.785 (-15%)
Sole 24 Ore 53.091 (-9%)
Resto del Carlino 50.388 (-11%)
Messaggero 44.759 (-9%)
Nazione 32.980 (-13%)
Gazzettino 32.877 (-7%)
Dolomiten 26.960 (-7%)
Fatto 26.517 (-35%)
Giornale 26.391 (-5%)
Messaggero Veneto 23.726 (-12%)
Unione Sarda 22.224 (-5%)
Eco di Bergamo 21.231 (-9%)
Verità 21.201 (-17%)
Secolo XIX 19.902 (-14%)
Altri giornali nazionali:
Libero 17.960 (-17%)
Avvenire 14.668 (-6%)
Manifesto 13.283 (+15%)
ItaliaOggi 5.445 (-35%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Tutte le testate hanno come di consueto perso copie rispetto al mese precedente (salvo il notevole caso del Manifesto, che è in controtendenza da diversi mesi) .
La grossa perdita annuale del Fatto si deve ancora – e sarà così per diversi mesi – a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola quattro mesi prima che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto “maggiore del 70%” (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). È utile ricordare che le offerte scontate sono una strategia che mira appunto a coinvolgere più abbonati per cercare poi di trattenerli quando le offerte scadono e i prezzi degli abbonamenti aumentano.
Continuano a perdere molto più di tutti la Verità e Libero, ma anche i quotidiani dei gruppi GEDI e Riffeser (Repubblica e Stampa; Resto del Carlino e Nazione) mantengono cali annuali superiori al 10%.
Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 37mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 24mila, come detto sopra, Repubblica più di 15mila). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 46.849 (-32)
Sole 24 Ore 22.637 (-203)
Repubblica 21.682 (-294)
Stampa 6.917 (-251)
Manifesto 6.813 (+128)
Fatto 6.382 (+46)
Gazzettino 6.162 (-130)
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora soprattutto del Tirreno (-18%); e poi di nuovo del Giornale di Vicenza (-17%) e dell’ Arena (-17%), entrambi del gruppo Athesis. Ha perso ancora il 32% la Provincia di Como, ne scrivemmo.
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui.
( Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 16 Giugno 2024
Le agitazioni al Washington Post hanno continuato a far discutere gli addetti ai lavori americani, ma non ci sono stati nuovi sviluppi, questa settimana (salvo un’ipotesi circolata su un ritorno a investire nell’informazione locale): vale la pena però segnalare sempre l’autonomia con cui lo stesso Washington Post riferisce le notizie che lo riguardano, come se si trattasse di qualunque altro giornale. Qui c’è un articolo di gran completezza che non trascura niente, e che persino cerca di capire e chiedere che intenzioni abbia l’editore.
Intanto sulla rivista britannica Prospect il direttore Alan Rusbridger (già direttore del quotidiano Guardian) si è chiesto come si comporterà il Washington Post in caso di rielezione a presidente di Donald Trump, dopo essere stata – su impulso del suo proprietario Jeff Bezos – la grande testata più vivacemente di opposizione durante la sua precedente amministrazione.
(il Post aveva fatto un riassunto di tutta la storia, lunedì)
domenica 16 Giugno 2024
C’è stato un investimento pubblicitario eccezionale – ma con un precedente – da parte di Poste Italiane sui quotidiani cartacei venerdì, giorno di inizio degli Europei di calcio. L’inserzionista ha infatti nuovamente comprato una sorta di pre-prima pagina, costituita da più pagine pubblicitarie che avvolgevano le copie del giornale, su almeno una decina di quotidiani maggiori. Interessante è stato vedere due cose differenti nei diversi casi: quanto spazio della propria prima pagina e della propria testata ciascun giornale ha accettato di cedere all’inserzionista; e la reattività nel gestire l’anomala condizione nelle loro edizioni digitali, dove applicare lo stesso posizionamento di quelle pagine non è stato facile e immediato per tutti.
domenica 16 Giugno 2024
Il Wall Street Journal, uno dei più importanti quotidiani del mondo e uno dei quattro quotidiani “nazionali” statunitensi (insieme a New York Times, Washington Post, USA Today) ha fatto un grande investimento economico in una nuova campagna pubblicitaria per attirare lettori nuovi e spiegare, soprattutto a quelli più giovani, che il giornale non è solo l’immagine di testata finanziaria più familiare all’esterno. L’età media dei 4,2 milioni di abbonati (3,7 milioni alle edizioni digitali), ha spiegato il responsabile del “brand marketing”, è di 59 anni: «Il nostro nome, Wall Street Journal, è una delle nostre maggiori forze ma anche una delle nostre maggiori debolezze. C’è un genere di pubblico che lo sente e dice “A me Wall Street non interessa: perché dovrei leggervi?”». L’idea è di far capire che i temi dei successi professionali e della realizzazione delle ambizioni personali riguardano tutti, e non solo chi lavora nei settori finanziari. “Sono affari tuoi” dice la campagna, citando una serie di esempi e argomenti dell’attualità, e posizionando i messaggi in contesti in sintonia con quegli argomenti.
domenica 16 Giugno 2024
Nei dati di diffusione dei giornali quotidiani relativi al mese di aprile di cui diciamo qui sotto ci sono solo due testate che mostrano delle crescite: una è il Fatto, per cui fanno la differenza gli abbonamenti digitali a prezzo molto scontato rispetto al prezzo “di copertina”. Mentre più vistoso e fondato è l’aumento che riguarda il Manifesto, che senza fare sconti cresce del 15% rispetto all’anno scorso. Ci sono alcune premesse da fare rispetto a questo risultato: è sì il massimo positivo di una crescita iniziata da sei mesi, ma arriva dopo un più lungo periodo di perdite paragonabili a quelle degli altri quotidiani (i numeri sono tornati ora gli stessi di giugno 2021); il Manifesto beneficia di tre tre milioni annuali di contributi pubblici, che costituiscono un vantaggio rispetto alla maggioranza delle altre testate (e che sfrutta cercando di mantenere una distribuzione, costosa, su gran parte del territorio nazionale); parliamo di un quotidiano piccolo, tra quelli nazionali, con risorse più limitate e costi minori.
Ma guardare ai piccoli è spesso più promettente, di questi tempi: e detto tutto questo, sono da notare e apprezzare i risultati del Manifesto generati da una rinnovata e vivace campagna di abbonamenti e da una scelta di approcci all’attualità più “aperti”, secondo le parole del direttore Andrea Fabozzi, unita a una posizione sull’invasione israeliana di Gaza che ha estese condivisioni nel paese e non è stata sostenuta con altrettanta forza da altri quotidiani.
A prescindere dal merito, queste due cose sembrano dimostrare che – pur parlando di numeri piccoli nel quadro delle testate quotidiane – sia una saggia scelta quella di offrire qualcosa che venga percepito come diverso, e lo sia anche saper comunicare questa diversità. Impressione rafforzata in questi mesi anche dal declino delle testate di destra vicine al governo, incapaci di differenziarsi a sufficienza l’una dall’altra e di conservare il loro messaggio – credibile o no che fosse – di “fuori dal coro“.
Naturalmente nessun approccio o strategia che funzioni in termini di vendite può essere ammirato a prescindere dalla qualità del giornalismo che diffonde: su questo ognuno è giudice, coi suoi criteri, di quale sia la qualità del giornalismo del Manifesto o quella della Verità o di Libero. Ma così come durante la pandemia è stato interessante vedere cosa stava succedendo agli ultimi due, questi sono tempi in cui è interessante vedere cosa sta succedendo al Manifesto.
Fine di questo prologo.
domenica 9 Giugno 2024
Nella sua programmazione di eventi pubblici il Post quest’anno salda la riuscita novità dell’anno scorso dell’organizzazione di un concerto – legata alla newsletter Le Canzoni – alla costruzione di occasioni di informazione, divulgazione e “live journalism”: nel weekend del 12 e del 13 luglio, a Peccioli in Toscana, ai due concerti in programma è stata aggiunta una serie di incontri legati alla musica e non solo, con la presenza di ospiti e di giornalisti del Post.
domenica 9 Giugno 2024
È stato senza dubbio un successo giornalistico di Repubblica – questa settimana – la pubblicazione delle chat del portavoce del ministro Lollobrigida, Paolo Signorelli, dai contenuti antisemiti e fascisti. Che ha avuto un impatto forte presso una quota di lettori ed elettori, è stata ripresa da tutte le altre testate, ha costretto alla prudente “autosospensione” Signorelli stesso, e ha smentito l’impegno dei giornali vicini al governo che al tempo della nomina di Signorelli avevano definito pretestuose le critiche che la nomina aveva ricevuto (Signorelli è nipote di uno storico esponente neofascista).
Resta, alla riflessione, che molto spesso gli “scoop” maggiori in Italia – è anche questo il caso – sono il risultato non di articolati e autonomi lavori investigativi ma di accesso a documentazioni giudiziarie che fanno parte di inchieste della magistratura in corso.