Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 3 Ottobre 2021
Che per un giornale appoggiare posizioni critiche del potere in carica, piuttosto che sostenerne le scelte, paghi di più in termini di attenzioni, visibilità e lettori, è cosa risaputa da sempre. E si applica in particolare con le maggioranze e le opposizioni dei governi: a beneficiare dei contesti politici sono quasi sempre i giornali che sostengono l’opposizione, piuttosto che quelli più vicini al governo (ci sono interessanti e peculiari eccezioni: come i casi della Verità e del Fatto che negli scorsi anni erano così soli nell’esaltare rispettivamente il governo Lega/M5S e la persona di Giuseppe Conte – di grande popolarità – da ricavarne tutto il beneficio).
Adesso uno studio americano dice una cosa ancora più puntuale, ovvero che i primi tra i lettori ad avere un calo di attenzione e interesse all’informazione dopo le elezioni sono quelli che hanno vinto: e quindi che per i giornali la vittoria dei candidati che avevano sostenuto si traduce in una perdita di copie, mentre ne guadagnano quelli vicini ai perdenti, i cui lettori cercheranno nelle loro pagine una compensazione al proprio risentimento o delle rassicurazioni per le proprie ansie di sconfitti. Laddove i lettori/elettori vittoriosi perdono la simmetrica ansia che motivava la propria ricerca di informazioni.
domenica 3 Ottobre 2021
Negli ultimi anni la perdita di valore dei ricavi pubblicitari ha costretto molti giornali a ripensare il proprio modello di business e a spostarsi con decisione su ricavi che prevedano lettori paganti anche online. I motivi principali sono il grosso calo della diffusione delle copie cartacee dei giornali e il valore molto minore della pubblicità online rispetto a quella su carta (almeno a parità di volumi). Questo spostamento di modelli di ricavo è stato la tendenza prevalente nelle aziende giornalistiche in questi anni: per questo potrebbe sembrare controintuitivo il modello di business di una freepress, un giornale gratuito, come Leggo, che si sostiene interamente con i ricavi derivanti dalla pubblicità. Un modello che era apparso improvvisamente molto proficuo alla fine del secolo scorso, quando la pubblicità aveva ancora ricavi floridi. Il direttore di Leggo Davide Desario dice che il giornale si mantiene bene, nonostante la pandemia. Secondo Desario, la digitalizzazione dell’informazione ha avuto un impatto molto positivo sulla freepress e su Leggo, per diverse ragioni. La più importante è che, non dipendendo dai ricavi di vendita, la freepress non ha avuto grandi sconvolgimenti dal passaggio al digitale e le due edizioni, cartacea e online, non sono mai entrate in concorrenza. Da ormai un po’ di tempo negli equilibri di Leggo il giornale online è diventato molto più importante di quello di carta, e lo sta diventando anche a livello economico: «Attualmente su Leggo la pubblicità digitale ha un peso simile a quello che ha sulla carta. Se il sorpasso non c’è ancora stato, ci sarà a breve», dice Desario. Secondo gli ultimi dati Audiweb sul traffico, “nel giorno medio” gli utenti unici di Leggo si aggirano intorno ai 600mila (a luglio 2021 era decimo fra le testate giornalistiche generaliste). Desario parla del modello di Leggo come «una scelta industriale completamente diversa» rispetto a quello ad abbonamenti, non necessariamente migliore o peggiore. Secondo Desario c’è certamente un pubblico disposto a pagare per gli approfondimenti, se li trova di qualità: se invece molti contenuti a pagamento si somigliano, le persone finiranno per leggere più volentieri un giornale gratuito. L’importante è avere consapevolezza di cosa cerchino le persone nel proprio giornale: «Leggo coprirà la crisi afghana solo per lo strettissimo necessario», dice Desario, e concentrerà maggiori risorse e impegno su informazioni che raggiungano e attraggano un maggior numero di lettori.
domenica 3 Ottobre 2021
Un piccolo segnale dell’esistenza di un sempre più esteso sottobosco di articoli dettati dalle aziende sulle maggiori testate online: accanto alle più vistose e promosse doppie pagine sui quotidiani (“Le Guide”, “Gli Eventi”, eccetera) e ai molti altri contenuti sui giornali di carta che sono dettati da relazioni non sempre esplicitate con gli inserzionisti, le pagine web offrono spazi illimitati per pubblicare contenuti di questo genere. Sono meno visibili, ma affiorano sulle homepage o nelle ricerche online, con risultati alterni per le aziende coinvolte: la cui promozione è a volte venduta esplicitamente dalle testate e altre associata in “pacchetti” più larghi di offerte agli inserzionisti.
Il piccolo segnale ed esempio di questa settimana è un articolo sulla presbiopia che compare ciclicamente su molti siti, dai toni di un comunicato stampa: su Repubblica è uscito nei giorni scorsi in una oscura sezione del sito chiamata “Retina in salute” e indicata come “con il contributo non condizionato di Novartis” (azienda che ha un proclamato interesse nell’attenzione sulla presbiopia). Ma un articolo che diceva le stesse cose – il tema è peraltro eterno – e aveva simile origine era uscito nella stessa sezione già un anno fa, o su Vanity Fair – con esplicito suggerimento di acquisto – due anni fa, o all’inizio del 2021 su IoDonna, incentivato da un’associazione di produttori di occhiali.
(sul sito della Stampa invece, contenuti promozionali sullo stesso argomento sono sommariamente indicati come “Contenuto a cura di Manzoni”, che è la concessionaria pubblicitaria del giornale: sul suo sito mostra i vari articoli promozionali di questo genere che offre alle aziende)
domenica 3 Ottobre 2021
Un articolo sul quotidiano ItaliaOggi ha raccontato che la società milanese che pubblica la Settimana enigmistica (e altri giornali di giochi) ha chiuso il 2020 con un aumento dei ricavi (52,3 milioni in totale) del 7,1% rispetto al 2019 e un utile di 12,74 milioni, a sua volta in crescita rispetto agli 11 milioni del 2019. La società spiega alcune ragioni molto concrete della crescita – a differenza di altre aziende giornalistiche che usualmente celebrano i successi attribuendoli a sensazionali quanto generici meriti propri -, a cominciare dalla maggiore attività enigmistica degli italiani durante la pandemia, ma citando anche l’aumento di prezzo a 1 euro e 70 della Settimana enigmistica dalla seconda metà del 2019, e il numero in più uscito nel 2020 per ragioni di calendario. Non ci sono cifre di vendita certificate della Settimana enigmistica: ItaliaOggi parla di “stime di 500mila copie”.
Altre informazioni su storia e attualità della Settimana enigmistica erano raccontate in questo articolo del Post.
domenica 3 Ottobre 2021
Il sito Digiday, che si occupa di media e marketing, ha pubblicato un ritratto della nuova – da dicembre scorso – responsabile dei periodici Condé Nast in Europa, Natalia Gamero del Castillo. Condé Nast è la grande multinazionale che pubblica Vogue, Vanity Fair, Wired e GQ, tra gli altri, e le loro diverse edizioni nazionali tra cui quelle italiane. Il ruolo di Gamero del Castillo è particolarmente rilevante perché l’azienda sta centralizzando in questi mesi – dopo anni di grosse difficoltà in tutti i paesi – la sua gestione delle testate nazionali: e quindi lei coordina il lavoro delle singole direzioni europee, incentivando maggiori “sinergie” e condivisioni di contenuti tra edizioni che finora erano state molto autonome, e promuovendo progetti commerciali comuni. Con attenzioni particolari al video e ai business pubblicitari connessi.
domenica 3 Ottobre 2021
Il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro ha annunciato venerdì – nel suo editoriale su Internazionale e in una conversazione col Post – l’uscita di un nuovo settimanale prodotto dalla redazione di Internazionale: si chiamerà l’Essenziale, sarà di carta, uscirà a novembre.
«La redazione di Internazionale è fatta di giornaliste e giornalisti italiani e sono anni che ragioniamo su come occuparci di quello che succede in Italia, ma finora l’abbiamo sempre fatto all’interno del contenitore di Internazionale», ha detto De Mauro. «Più recentemente abbiamo visto che tutti i progetti esterni a Internazionale, come per esempio Internazionale Kids e Internazionale Storia, sono andati bene e da lì è venuta l’idea di creare un contenitore nuovo».
domenica 3 Ottobre 2021
CNN è la prima grossa testata giornalistica ad avere limitato l’accesso alle proprie pagine su Facebook in Australia, in conseguenza della sentenza della Corte Suprema australiana che un mese fa aveva giudicato i giornali titolari delle pagine responsabili del contenuto dei commenti degli utenti. A quanto ha riferito il Wall Street Journal, CNN aveva chiesto a Facebook di disabilitare i commenti ai suoi post per gli utenti in Australia: ma Facebook si è rifiutata di prevedere questa possibilità, proponendo di collaborare alla moderazione dei commenti. Ipotesi che comunque CNN ha giudicato troppo impegnativa.
domenica 3 Ottobre 2021
Quella che è diventata la storia giornalistica della settimana – la rivelazione di una per lui imbarazzante vicenda che aveva riguardato il social media manager del partito della Lega Luca Morisi – ha avuto anche alcune implicazioni particolari sul piano della vita dei giornali. A pubblicare la notizia dell’indagine contro Morisi è stata per prima Repubblica, nella sua edizione di lunedì mattina: lunedì mattina un articolo simile era anche sul Corriere della Sera, ma non c’era nella primissima edizione del quotidiano, quella pubblicata online a mezzanotte e partita con le prime spedizioni alle edicole. La differenza tra le due edizioni del Corriere è stata mostrata su Twitter dalla vicedirettrice di Repubblica, per correggere il modo in cui un servizio di Sky Tg24 aveva indicato in entrambi i giornali gli autori dello scoop. Quello che probabilmente è successo è che al Corriere della Sera si siano accorti della storia – che può darsi conoscessero ma senza sufficienti sicurezze o conferme – dalla precoce edizione di Repubblica e abbiano cercato di non prendere un “buco” (come si chiama in un novecentesco gergo giornalistico il mancare una notizia importante pubblicata dai concorrenti) rimpiazzando una pagina già stampata nella successiva edizione. Se si tratti di un caso legato alla maggiore facilità di consultare per tempo i quotidiani rivali nelle edizioni digitali che escono poco dopo la mezzanotte, non è chiaro: ma non sarebbe la prima volta, e in passato ciascuno dei due quotidiani è stato cauto nel pubblicare la versione digitale più tardi quando aveva qualcosa di grosso e proprio.
Nei giorni successivi i due quotidiani sono sembrati muoversi parallelamente attingendo alle stesse fonti e con gli stessi sviluppi della storia.
domenica 3 Ottobre 2021
Qualche giorno fa un giornalista italiano, Massimiliano Sfregola, ha raccontato una sua esperienza negativa con il programma della 7 DiMartedì, che lo aveva contattato per una consulenza nell’ambito di un servizio giornalistico da realizzare nei Paesi Bassi. Sfregola lavora nei Paesi Bassi da 13 anni ed è il direttore di un giornale online in lingua italiana specializzato su temi olandesi, 31Mag: gli capita spesso che testate giornalistiche internazionali lo contattino per ingaggiarlo come “fixer”. Il fixer, o “stringer”, è solitamente un giornalista o un consulente locale a cui le testate si affidano per essere aiutate nella realizzazione di articoli, servizi e interviste in un paese straniero. Il fixer trova i contatti, fissa le interviste e fa da traduttore, altre volte suggerisce storie interessanti o ha ruoli ancora più operativi. In generale è una figura imprescindibile per accedere a contesti e storie che altrimenti non si conoscerebbero e per interpretare situazioni poco familiari. All’estero la professione del fixer è tenuta in grande considerazione: nelle sue esperienze con testate internazionali – tra cui AFP e molte olandesi che avevano bisogno di consulenze in Italia – Sfregola racconta di aver sempre ricevuto compensi adeguati, con collaborazioni a partita IVA che tenevano conto anche delle prime telefonate esplorative per capire se ci fossero gli estremi per iniziare a lavorare. Quello di cui si è lamentato Sfregola è che in Italia la figura del fixer non sia presa seriamente e che una giornalista della 7 che lo aveva contattato, alla richiesta delle condizioni economiche della prestazione lavorativa, avesse detto di volere in realtà “solo una dritta” e non una consulenza a pagamento. Naturalmente questa situazione dipende anche dalle difficoltà economiche delle testate italiane, ma secondo Sfregola non affidarsi a un fixer retribuito correttamente rischia di compromettere di molto la qualità dei lavori che vengono realizzati. In altre esperienze con testate italiane, come Rai o Mediaset, Sfregola ha detto a Charlie di aver avuto un trattamento più professionale, pur con compensi non paragonabili a quelli di altre testate internazionali.
domenica 26 Settembre 2021
Uno dei progetti a cui il Post intendeva dedicarsi con le risorse economiche che auspicava sarebbero arrivate dal progetto degli abbonamenti era lo sviluppo della sua produzione di podcast, per i quali c’è stata in questi anni una rilevante richiesta, mentre sono ancora discontinue le opportunità di ottenerne ricavi. Il progetto degli abbonamenti sta funzionando in modi soddisfacenti, e permette di applicare ai podcast un circolo virtuoso: il contributo degli abbonati permette di produrne di più (i costi dei podcast sono soprattutto di impegno di lavoro delle persone, e poi di tecnologie adeguate alla loro distribuzione più efficiente: come il Post fa con la propria app), ma i podcast a loro volta sono un prodotto che coinvolge nuovi abbonati.
Insieme a progetti di podcast di durata più prolungata – come il quotidiano Morning – il Post sta quindi producendo anche più podcast in un numero finito di puntate: questa settimana La fine del mondo, su un avvincente mistero storico, che ha già raggiunto le prime posizioni delle classifiche dei podcast più scaricati.
domenica 26 Settembre 2021
La settimana che viene i giornalisti di Repubblica voteranno sull’accordo preso dal Comitato di redazione con l’editore GEDI sui prepensionamenti richiesti da quest’ultimo per diminuire il numero dei dipendenti e attenuare i costi: nell’ambito di una serie di interventi di ripensamento del giornale e del suo lavoro iniziato un anno e mezzo fa con il cambio di proprietà e di direzione. I termini dell’accordo – concluso dopo vicende concitate e tese all’interno della redazione – sono stati riassunti sabato dal sito Professione Reporter (altri dettagli anche qui).
“Il nuovo Comitato di redazione di Repubblica ha chiuso in pochi giorni l’accordo per i prepensionamenti, impostato dal Cdr precedente, che ha dato le dimissioni all’inizio di agosto. Cinquantaquattro giornalisti a casa in anticipo entro un anno, dei quali 35 entro il 2021. Buonuscite sotto i cinquantamila euro, soprattutto per gli stipendi più bassi. Cassa integrazione per chi non accetta di andare via. Per ogni due uscite ci sarà un’assunzione (27 in tutto), attingendo “prevalentemente” alle liste dei precari. Per coloro che accettassero di uscire senza prepensionamento ci sarà un assunzione ogni due esodi e qui potranno essere assunti un massimo di 4 non giornalisti: tecnici, come digital data analyst, esperti di Seo e di sistemi editoriali. Scelti dal direttore Molinari.
Quindi calo dell’occupazione in generale e avvio della sostituzione dei giornalisti con altre figure: sarebbe la prima volta che accade in un accordo sindacale in una delle grandi testate italiane. Alcune redazioni andranno in grande sofferenza, come Torino, dove usciranno in 4″.
domenica 26 Settembre 2021
Da qualche mese il sito del Fatto Quotidiano ospita una pagina che elenca una serie di codici sconto per fare acquisti online in diversi negozi a prezzi promozionali. Il giornale ha un’affiliazione con le aziende che compaiono in quella pagina e guadagna una piccola percentuale dagli acquisti che vengono fatti attraverso quei link. È una fonte di ricavi interessante e diversi giornali prima del Fatto l’avevano già adottata da tempo: tra i primi La Gazzetta dello Sport e Focus, più o meno intorno al 2013, più di recente il Sole 24 Ore.
Per i giornali è allettante perché il funzionamento è molto semplice, e soprattutto non richiede alcun investimento economico o di personale dedicato. Il giornale si limita ad affidare tutto a un’altra piattaforma intermediaria – nel caso del Fatto è Advisato.it – che si occupa di proporre al pubblico codici di sconto, guadagnando generalmente tra l’8 e il 10 per cento degli acquisti che vengono fatti attraverso i suoi link. Quando il buono sconto viene aperto da una pagina di un giornale online, come quella del Fatto, il giornale e la piattaforma si dividono quella percentuale: al giornale alla fine arriverà tra il 3 e il 5 per cento di quell’acquisto, e senza dover produrre nessun contenuto o servizio proprio. Da parte loro, le piattaforme come Advisato hanno interesse a stringere accordi con i giornali perché sfruttano la grande audience dei loro siti e aumentano di molto la possibilità che le persone vedano e utilizzino quei coupon. I guadagni dipendono soprattutto dal traffico che i siti riescono a portare sulle proprie pagine di coupon. Secondo una persona che lavora in una di queste piattaforme, per i giornali si può stimare mediamente un guadagno tra i 100 e i 150 euro ogni mille visite. Per fare un paragone, la pubblicità sui siti dei giornali può far guadagnare mediamente a un’azienda editoriale – pur con grandi variazioni – tra i 2 e i 4 euro ogni mille sessioni (ma con un numero di sessioni molto più alto).
domenica 26 Settembre 2021
C’è stato un periodo in cui Clubhouse, “il social dell’audio”, era sembrato a molti il nuovo formato su cui investire e fare progetti, anche per i giornali: ne avevamo parlato, quel periodo non è durato moltissimo. Poco tempo dopo la grande attenzione per Clubhouse, Twitter aveva lanciato il suo prodotto concorrente, Spaces, che funziona più o meno allo stesso modo: con delle stanze virtuali in cui molte persone possono trovarsi e discutere. Da qualche settimana Good Morning Italia, un servizio di rassegna stampa in abbonamento che arriva ogni mattina per mail da diversi anni, ha cominciato a produrre Fuori dalla bolla, una rassegna stampa live su Twitter Spaces condotta da Cecilia Sala e Guido Canali (e con interventi di diversi altri esperti e giornalisti). Sala e Canali avevano iniziato il progetto in maniera indipendente alcuni mesi fa, ora lo hanno ripreso con il supporto di una redazione. Uno dei principali problemi di portare “i giornali su Clubhouse” è il poter rendere sostenibile un ipotetico investimento, cioè come monetizzare i prodotti offerti sulla piattaforma. L’intenzione di Fuori dalla bolla è estendere successivamente il format in eventi dal vivo che possano generare dei ricavi per Good Morning Italia (oltre a farne accrescere il marchio e le ambizioni, naturalmente). Good Morning Italia era nato nel 2013 con 6 giornalisti, e da quando ha raggiunto una sostenibilità economica nel 2018 si sta concentrando su possibili opportunità di crescita: oggi ci sono 26 persone che si alternano ai soli contenuti della rassegna quotidiana, più altre che si occupano di design e sviluppo tecnologico. Otto anni fa la rassegna veniva curata da una sola persona ogni giorno, oggi almeno da tre. Il modello di ricavi puntò da subito sui soli abbonamenti, 3 euro al mese o 30 all’anno, in anni in cui i media italiani facevano fatica a credere che online ci fossero persone disposte a pagare per l’informazione. Oltre agli abbonamenti per le persone, il progetto si sostiene con abbonamenti per aziende piccole e grandi (e per alcune di queste cura anche rassegne in inglese) e con ricavi pubblicitari minori associati al libro, gratuito, che pubblica annualmente a fine dicembre (“L’anno che verrà”).
domenica 26 Settembre 2021
Qui invece potete farvi un’idea dei numeri del traffico dei maggiori siti di news statunitensi, e delle loro perdite rispetto a un anno fa, quando erano in mezzo a una campagna elettorale presidenziale e a un contesto più drammatico sulla pandemia (crescono solo Yahoo News e Buzzfeed). Ricordatevi nel confrontare i numeri che per alcune di quelle testate il traffico – e i ricavi pubblicitari conseguenti – sono solo una parte degli obiettivi, e che l’altra è quella degli abbonati paganti (su cui per esempio il New York Times è più forte di tutti). Per questo alcune hanno dei paywall più severi, che influiscono sui numeri delle visite.
domenica 26 Settembre 2021
Il sito del mensile Prima Comunicazione – tradizionale rivista specializzata del settore media – è tornato sui ricchi e complessi dati Audiweb sul traffico “nel giorno medio” dei siti web a luglio, che avevamo sintetizzato la settimana scorsa a partire dalle analisi del sito DataMediaHub. Estraendo le testate giornalistiche generaliste (occhio che Libero è il “portale” Libero, non il quotidiano Libero), le più visitate sono, nell’ordine: Corriere della Sera, Repubblica, TGCom24, FanPage, Messaggero, Fatto, Ansa, Giornale, Stampa, Leggo, Huffington Post, Sole 24 Ore (il Post è 14mo).
Non tutte le testate sono registrate ad Audiweb e hanno dati certificati e paragonabili sul loro traffico, se notate che alcune – come il Foglio, Domani o Open – mancano.
domenica 26 Settembre 2021
Una discussa scelta giudiziaria ha imposto giovedì l'”oscuramento” di un articolo dal sito di news Fanpage, decisione che è poi stata revocata sabato. Alla difficoltà di comprendere correttezza e senso di entrambi gli interventi concorrono sia il tema della libertà di stampa e del diritto di cronaca rispetto al merito della storia, sia la frequente inadeguatezza dei tentativi di applicazione di norme antiche ai nuovi e diversi meccanismi dell’informazione online. Gli sviluppi finora sono elencati qui e qui.
domenica 26 Settembre 2021
Alcuni giorni fa l’assemblea dei giornalisti del Corriere del Veneto e del Corriere di Verona ha pubblicato un comunicato di protesta nei confronti del suo editore RCS Edizioni Locali, un ramo di RCS che pubblica i “dorsi” locali del Corriere della Sera. Il comunicato si riferisce a una causa civile contro RCS Edizioni Locali per una presunta violazione della privacy, che la donna che ha presentato la causa avrebbe subìto con la pubblicazione di una foto sul giornale, in cui compariva ed era riconoscibile: i giornalisti del Corriere del Veneto si lamentano che l’editore abbia scaricato le responsabilità legali e l’eventuale risarcimento dei danni sul fotografo – uno storico collaboratore del giornale – sostenendo che il compito di procurarsi le liberatorie fosse suo, in base al contratto che lo lega all’azienda (di cui non conosciamo i dettagli). La foto ritraeva una piazza semivuota per le restrizioni della zona rossa, e la donna era seduta da sola a un tavolino di un bar chiuso. Sulla causa e sui limiti di pubblicazione delle foto per un giornale, in situazioni come questa generalmente prevale il diritto di cronaca – che ha fondamento nell’articolo 21 della Costituzione – sul diritto di immagine, a meno che l’immagine non sia particolarmente lesiva del decoro e della reputazione della persona ritratta. Nell’esercizio del diritto di cronaca, chiunque può diffondere dati personali senza il consenso della persona interessata, purché si tenga conto del principio di essenzialità dell’informazione: cioè non si diffondano dati personali che non siano essenziali a quella notizia. È un concetto ambiguo e soggetto a interpretazione, interpretazione che si ricava confrontando la deontologia giornalistica, le leggi sul diritto d’autore e quelle sul trattamento dei dati personali, i singoli contesti, oltre a varie sentenze e pronunciamenti del garante della privacy. Per quanto piccolo e verosimilmente senza particolari conseguenze, il caso del Corriere del Veneto si fa notare, perché accade tutti i giorni che sui giornali ci siano foto con persone che non hanno dato il proprio consenso a essere ritratte e che non sono essenziali alle notizie a cui sono associate, pur essendo parte di una condizione pubblica su cui si applica il diritto di cronaca, come sembra essere il caso della donna che ha fatto causa.
domenica 26 Settembre 2021
Sul sito del Poynter Institute – un’istituzione americana che si occupa di etica e giornalismo da 46 anni – è stato pubblicato un articolo che prova ad affrontare con una proposta ardita la questione del conflitto e della distinzione tra gli articoli sui “fatti” e quelli di “opinione”: questione sentita particolarmente negli Stati Uniti, dove il loro rapporto ha una storia e delle regole più articolate che da noi, e dove in questi anni ci sono stati casi delicati e discussi legati all’equivoco per cui i lettori spesso non percepiscono la differenza tra le posizioni di un giornale e quelle dei suoi autori nelle pagine dei commenti, e non percepiscono la differenza “tra fatti e opinioni” (avviene anche al Post che a volte i limitati contributi di autori esterni in spazi dedicati vengano criticati come se fossero opinioni del Post, ndr).
L’articolo di Michael Bugeja su Poynter propone una soluzione drastica che approfitti del recente successo del formato delle newsletter: ovvero l’abolizione degli articoli di commento e opinione dalle pagine (di carta o web) dei giornali, per destinarli a delle newsletter a cui i lettori scelgano di abbonarsi. È naturale, dice Bugeja, che la proposta trovi contrari gli autori e i giornali (che dagli articoli di opinione ottengono molte attenzioni, e spesso maggiori se gli articoli sono particolarmente faziosi e partigiani): ma il suo punto è proprio limitare l’influenza sui lettori di articoli in cui gli standard di accuratezza e obiettività sono molto più bassi, e che sono incentivati dall’attuale sistema di comunicazione a essere divisivi e polemici. Per compensare le perdite di ricavi, le newsletter dovrebbero essere a pagamento. E non sarebbe necessariamente una “deportazione”: le newsletter ottengono oggi spesso maggiori attenzioni e fedeltà dei giornali che le producono.
Non succederà mai, certo: ma la proposta descrive un problema.
domenica 26 Settembre 2021
Fortune è un famoso magazine di economia e finanza americano, con una lunga storia, e noto nel mondo soprattutto per le sue classifiche delle aziende più ricche del mondo (da non confondersi con quelle delle persone più ricche del mondo pubblicate dalla rivista Forbes), che nelle curiosità dei media internazionali hanno per Fortune lo stesso ruolo promozionale che ha per esempio la copertina di Time sulla “persona dell’anno”: la rivista fu fondata nel 1929 da Henry Luce – leggendario editore di Time, Life e Sports Illustrated – e dal 2018 è di proprietà di un ricco imprenditore thailandese che si chiama Chatchaval Jiaravanon. Dopo diversi cambi di frequenza, oggi esce come bimestrale.
Questa settimana Fortune ha nominato la sua nuova direttrice, che è una donna e ha 35 anni. Si chiama Alyson Shontell, viene da Insider (il sito prima di economia e poi di altro che fino all’anno scorso si chiamava Business Insider) ed è ritenuta esperta sul fronte dell’informazione online, quindi la scelta è triplamente innovativa: donna, giovane, formata sul digitale. Fortune ha così scelto di intervenire sulla propria inadeguatezza nel passaggio al business digitale, per cui dei suoi 500mila abbonati (scesi del 30% in cinque anni) solo 40mila sono abbonati online. Ma quello che si è notato di più in questi mesi è un grande investimento di tante testate americane importanti nel promuovere donne ai ruoli direttivi.
domenica 26 Settembre 2021
La “public editor” della Stampa (un ruolo di “rappresentante dei lettori” che costruisce delle occasioni di comunicazione e spiegazione tra lettori e redazione) ha pubblicato un promemoria sulle regole di moderazione dei commenti agli articoli online: con un’appendice che mostra qualche spazientimento rispetto alle pretese di tempestività di alcuni commentatori.
“Detto questo, ai lettori impazienti va anche reso noto che come tutti i social media team, anche i moderatori del sito de La Stampa osservano un orario di lavoro, per cui a volte i loro commenti non sono pubblicati subito semplicemente perché sono stati inseriti fuori orario, ed essendo soggetti a moderazione, devono aspettare il moderatore di turno”.
(qui le regole di moderazione dei commenti – un servizio per gli abbonati – applicate dal Post)
domenica 26 Settembre 2021
Un fattore che ha ulteriormente ridotto il valore della pubblicità per i bilanci dei giornali, dopo che il digitale aveva molto sovvertito quel modello di ricavo in diversi modi, è stato il progressivo impossessarsi – tuttora in crescita – del mercato della pubblicità da parte di grandi piattaforme capaci di automatizzarlo e sfruttarlo meglio con grandi capacità tecnologiche, e quindi di abbassarne i costi per gli inserzionisti ma anche i ricavi per gli editori di giornali: prime tra tutte Google e Facebook.
Questo sviluppo è molto contestato e discusso nel mondo dei giornali, ma anche percepito come ineluttabile, e i giornali ne sono ostaggio non potendo rinunciare a quei ricavi della pubblicità, per quanto ridotti. Ora sta provando ad opporsi un esperimento del Washington Post, che ha creato una propria piattaforma di gestione delle relazioni commerciali tra inserzionisti e giornali, dedicata in particolare ai giornali stessi, che promette maggiore efficienza e qualità nel rapporto con i destinatari delle inserzioni e in cui il Washington Post vuole coinvolgere altre testate: tra le altre cose promettendo agli inserzionisti una maggior rapidità e duttilità nell’inserire promozioni legate agli sviluppi delle news. Il Washington Post tra l’altro ha già costruito una fonte di ricavi accessoria attraverso un proprio sistema di pubblicazione online che vende ad altre testate, e quello di “concessionaria pubblicitaria” potrebbe essere un nuovo business collaterale.
domenica 19 Settembre 2021
Il settimanale Internazionale ha presentato l’edizione 2021 del suo festival che si tiene da anni a Ferrara (con l’interruzione dell’anno passato) ed è probabilmente la versione più riuscita – in termini di qualità dei contenuti, ospitalità della location, coinvolgimento di sponsor e partecipazione del pubblico – di festival delle testate giornalistiche italiane: si terrà tra l’1 e il 3 ottobre (il weekend successivo a “Talk” del Post a Faenza), qui c’è il programma.
domenica 19 Settembre 2021
Dopo soli quattro mesi di vita quotidiana, il podcast mattutino del Post condotto da Francesco Costa – Morning – è già frequentemente primo nelle classifiche di ascolto delle piattaforme di podcast, e ha annunciato per il 18 ottobre la data in cui diventerà parte dell’offerta del Post per i suoi abbonati. L’operazione – ovvero la scelta che si rinnova nei giornali con ogni prodotto di questo genere: se offrirlo come contenuto gratuito oppure a pagamento – investe naturalmente sull’ambizione che Morning porti al Post un numero di abbonamenti maggiore di quello che porterebbe il mantenerlo aperto a tutti e cercare di avvicinare così numeri maggiori di lettori e ascoltatori al Post e quindi alla scelta di abbonarsi per sostenere il giornale. Ma è rilevante anche l’opportunità – per un giornale che non ha paywall ed è leggibile da tutti, abbonati e non – di offrire servizi e contenuti speciali e gratificanti per chi sceglie di abbonarsi e pagare, da aggiungere alla motivazione “morale” di sostegno all’informazione del Post.
Le prime due settimane dopo l’annuncio dello “switch” di Morning hanno già generato un aumento del 50% dei nuovi abbonamenti rispetto alle due precedenti (che avevano già ricevuto dei contributi eccezionali in apprezzamento della copertura da parte del Post della crisi afghana), e del 400% rispetto a quelle corrispondenti del mese precedente.
domenica 19 Settembre 2021
Lampedusa, l’isola siciliana in questi anni molto nelle cronache per le storie di immigrazione, ha 6mila abitanti che non possono più comprare quotidiani di carta, perché non arrivano più, spiega l’Ansa.
“Lo dice il sindaco di Lampedusa e Linosa Totò Martello. In una mail inviata nei giorni scorsi ai titolari delle edicole di Lampedusa dalla società di distribuzione dei quotidiani, si legge: “Vi informiamo che da giovedì 16 settembre gli editori non spediranno più i quotidiani – ultimo giorno di spedizione mercoledì 15/09”. E di fronte alle rimostranze dei titolari delle edicole, la risposta della società è stata solamente “non dipende da noi. Saluti”. “Non so da chi dipenda questa decisione – aggiunge Martello – ma so che è profondamente sbagliata ed ingiusta: sulla nostra isola, infatti, non tutti posseggono uno smartphone, un computer o un tablet per poter leggere i giornali in versione digitale. Interrompere la spedizione dei quotidiani cartacei significa negare ad una parte importante della nostra comunità la possibilità di informarsi. Faccio appello alle case editrici dei quotidiani affinché dispongano la ripresa delle spedizioni, e mi rivolgo anche al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria Giuseppe Moles al quale chiedo di valutare questa situazione, anche prevedendo meccanismi che vincolino l’erogazione dei contributi pubblici destinati alle imprese editrici alla regolare distribuzione su tutto il territorio nazionale, compresa Lampedusa che fino a prova contraria è un Comune italiano”.”
domenica 19 Settembre 2021
Negli ultimi mesi gli investimenti pubblicitari sono sempre cresciuti rispetto ai mesi corrispondenti del 2020, che erano andati molto male, ma soprattutto quelli fino all’estate: infatti la crescita di luglio è del 6,9% ma quella complessiva del 2021 sul 2020 è del 23,1%. Stiamo parlando di tutti gli investimenti pubblicitari: quelli sui quotidiani nel 2021 sono cresciuti solo del 6,6%, quelli sui periodici del 2,9% (con luglio in calo in entrambi i settori), mentre la crescita grande è sul digitale (25,8%) e sulla tv (30,5%), ma sono numeri che comprendono prodotti giornalistici e non.
domenica 19 Settembre 2021
Ad agosto Condé Nast – la grande multinazionale editoriale che pubblica anche Vogue, Vanity Fair e il New Yorker, tra gli altri – ha sostituito il direttore dell’edizione italiana di GQ, mensile “maschile” di lunghe tradizioni e molti edizioni internazionali, preso da anni nelle difficoltà dei magazine, e dei magazine di quel genere in particolare. Il nuovo direttore è Federico Sarica, cofondatore, socio e direttore finora di un progetto di magazine di qualità originale e apprezzato da un seguito fedele – Rivista Studio, confidenzialmente Studio – e che dopo periodi di alti e bassi dei bilanci ha trovato da qualche anno buoni equilibri lavorando su progetti collaterali di collaborazioni con le aziende (nella casa editrice che pubblica Studio e il magazine sportivo Undici era entrata qualche anno fa News 3.0, la società del finanziere Matteo Arpe che possedeva anche le testate Lettera43 e Pagina99, entrambe chiuse negli anni scorsi). Il nuovo direttore di Studio non è ancora stato scelto.
domenica 19 Settembre 2021
La rete televisiva francese CNews ha sospeso “a malincuore” il conduttore Eric Zemmour dopo che il “Consiglio Nazionale per l’Audiovisivo” aveva chiesto di ridurre il tempo della sua visibilità in tv. Zemmour è un opinionista e saggista pubblicato anche all’estero e noto per le sue posizioni di destra, maschiliste e xenofobe e per i modi provocatori con cui le esprime (il Post lo ha raccontato lo scorso giugno). Zemmour è diventato un elemento rilevante della campagna elettorale per le elezioni presidenziali francesi per aver fatto crescere nel dibattito l’ipotesi che si possa candidare lui stesso, senza finora negarla né renderla concreta: ma i sondaggi e i talk show e le copertine si occupano di lui, e sostengono che possa togliere una cospicua quota di voti a Marine Le Pen, la candidata della destra francese.
Per questo suo essere diventato un elemento di rilievo nella campagna elettorale, la sua presenza in tv è stata ritenuta sproporzionata dal Consiglio.
La rete CNews – spesso raccontata come “la Fox francese” per il suo compiacere il pubblico di destra e “sovranista” con toni polemici e divisivi – sta andando molto forte da diversi mesi (qui ne scrive in inglese il New York Times).
domenica 19 Settembre 2021
Il sito DataMediaHub – che si occupa di media, marketing e comunicazione digitale – ha messo in ordine i dati Audiweb di luglio sul traffico dei più noti siti di news. Vanno male i due quotidiani del gruppo GEDI, e Repubblica è sempre più stabilmente fuori da quello che è stato per anni il suo primato e la sua maggiore competenza nella competizione contro il Corriere della Sera, ovvero il web. Come abbiamo detto altre volte, non si deve cedere alla facile conclusione che un calo durante un periodo di riprogettazione implichi un fallimento: anzi potrebbe essere il prezzo che una testata paga per un investimento più lungimirante sul futuro. Anche se i contorni di questo investimento e ripensamento non sono chiarissimi, nel caso di Repubblica.
Rispetto alla media complessiva dei primi sette mesi a luglio sono quasi tutti sotto, per via della grande quota di traffico nei mesi iniziali dell’anno con le maggiori limitazioni per la pandemia: ma sono indietro di più del 15% Repubblica (15%), Sole 24 Ore (21%), Fatto (19%) e Stampa (24%). Il Corriere della Sera è sotto del 7%, il Post dell’11% pur migliorando rispetto ai due mesi precedenti, Fanpage sta praticamente nella sua media (aveva avuto un pessimo giugno), il Giornale guadagna il 5% e lo Huffington Post il 4%. Nei suoi numeri più piccoli Linkiesta a luglio ha avuto il 16% di traffico in più rispetto alla media dei sette mesi, risultato migliore di tutti.
domenica 19 Settembre 2021
Il sito NiemanLab – che si occupa di informazione sui media per conto della Nieman Foundation – ha descritto i modi con cui verrebbero attribuiti i finanziamenti pubblici ai quotidiani locali* statunitensi secondo una legge in discussione al Congresso e che ha un sostegno molto esteso: ne avevamo scritto due settimane fa. La legge prevede:
– un credito d’imposta dell’80% (fino a 250 dollari) di quanto speso in abbonamenti, o in donazioni ai giornali pubblicati da non profit, nel primo anno; il 50% nei successivi. Ovvero uno sconto di quel valore percentuale che si concretizza in riduzioni fiscali.
– un credito d’imposta degli stessi valori percentuali per investimenti pubblicitari sui giornali da parte di aziende con meno di 50 dipendenti.
– un credito d’imposta per le assunzioni di nuovi giornalisti, che va dal 30% al 50% del loro costo per le aziende giornalistiche.
Tutti questi incentivi sono “content neutral”, ovvero – come si vede – prescindono dalla qualità del prodotto giornalistico e non intervengono su criteri editoriali: che è il grande inevitabile limite di ogni finanziamento pubblico ai giornali. Lo Stato non interviene nella loro autonomia sui contenuti, ma quindi non ne può neanche promuovere l’accuratezza e la qualità (come accade in Italia, dove – con criteri di assegnazione più discutibili – vengono attribuiti a testate dal valore molto diverso in termini di servizio pubblico).
*negli Stati Uniti sono considerati “locali” i quotidiani cittadini di città anche molto grandi, come il Boston Globe, il Chicago Tribune o il Los Angeles Times: i pochi quotidiani definiti “nazionali” sono il New York Times, USA Today, il Washington Post, il Wall Street Journal.
domenica 19 Settembre 2021
Chiude SF Weekly, settimanale gratuito di San Francisco nato quarant’anni fa e che divenne uno dei più importanti e amati tra gli “alt weeklies” americani: un modello molto diffuso (il più famoso era forse il Village Voice newyorkese) di riviste locali con un forte radicamento nelle vicende cittadine o di quartiere e un’inclinazione verso il reporting, le inchieste, i temi sociali e culturali. Con un ruolo di servizio pubblico e informazione ritenuto essenziale nelle comunità americane, e che si sta perdendo con la chiusura per difficoltà economiche che riguardano tutti (iniziate in particolare con lo spostamento online delle inserzioni pubblicitarie a pagamento e annunci personali). Il maggior concorrente di SF Weekly aveva chiuso nel 2014.
La diffusione di SF Weekly era di 65mila copie: l’editore ha annunciato di voler concentrare i suoi investimenti su uno dei due quotidiani storici della città, il San Francisco Examiner, a sua volta oggi distribuito gratis.
domenica 19 Settembre 2021
Netflix, la piattaforma di streaming tv, aveva dispiegato venerdì della settimana scorsa una enorme campagna pubblicitaria sui quotidiani, notata da tutti i lettori, comprando in alcuni casi ben 9 pagine su uno stesso quotidiano, investimento assai prezioso per le aziende editoriali coinvolte (Repubblica, Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Domani, Stampa, Giornale, Libero, Fatto, Messaggero).
Eleonora “Tinny” Andreatta è stata a lungo un’importante e stimata dirigente delle produzioni Rai e dall’anno scorso è andata a coordinare le produzioni italiane di Netflix. Giovedì Andreatta ha presentato alcune nuove serie. Venerdì (giovedì su alcuni siti) sono usciti articoli celebrativi e molto simili – di fatto solo successioni di virgolettati di Andreatta – dedicati alla presentazione su Repubblica, Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Stampa (con in più due articoli su altre serie Netflix a occupare tutte le due pagine della sezione Spettacoli), Giornale, Libero, Fatto, Messaggero. Niente su Domani.
domenica 19 Settembre 2021
La popolarità del formato delle newsletter è stata in questi anni uno dei fenomeni più nuovi e inattesi nel campo dei formati giornalistici: da una parte spingendo tutte le testate del mondo a investirci con newsletter proprie, dall’altra creando un mercato per prodotti nuovi e autonomi, newsletter fondate dove una volta si fondavano i giornali, o i blog.
Per i giornali le newsletter sono sia un contenuto in più per attrarre i lettori che un prodotto in più per ottenere che i lettori paghino e si abbonino.
Tutto questo sta incontrando impreviste ansie da quando Apple ha annunciato ulteriori interventi nei suoi sistemi operativi per difendere la privacy degli utenti, e tra questi delle limitazioni alle informazioni che chi manda le newsletter può ottenere sui destinatari: in particolare sull’apertura delle newsletter stesse e in quali orari o occasioni, ma anche su clic e navigazioni dei destinatari. Questa settimana saranno disponibili per gli utenti di iPhone e computer Apple i sistemi operativi (e i software di posta) aggiornati e c’è preoccupazione soprattutto nel business della pubblicità e del “digital marketing“, ma anche tra gli editori: tutti avranno molti meno strumenti per conoscere e profilare i destinatari delle comunicazioni via mail, con ricadute sul valore pubblicitario e sull’efficacia delle promozioni di abbonamenti e servizi. Gli utenti Apple sono naturalmente una parte dei lettori raggiunti dalle newsletter (la metà secondo diverse valutazioni) e quelli che usano il software di posta Mail molti meno: ma è una quota preziosa e significativa per le valutazioni dei comportamenti, e il timore è che in prospettiva simili protezioni possano diventare più sentite e richieste anche dagli utenti di altri servizi. E Apple sta già comunicando molto questa sua offerta nei confronti dei suoi potenziali nuovi utenti.
domenica 19 Settembre 2021
Un articolo di venerdì sul quotidiano ItaliaOggi ha riferito progetti e bilanci raccontati da Stefano Feltri, direttore del quotidiano Domani che questa settimana ha compiuto un anno (annunciando un aumento del prezzo del giornale di carta da un euro a un euro e 20 centesimi).
“Direttore e redazione registrano una diffusione complessiva, tra carta e digitale sulle 25mila copie di cui 15 mila abbonamenti (quasi tutti digitali) e circa 10mila copie in edicola […] Oggi la tiratura viene mantenuta intorno alle 40-50mila copie”.
(i numeri di Domani non hanno finora conteggi e certificazioni ufficiali)
ItaliaOggi aggiunge che nel 2020 – ultimo bilancio disponibile, che riguarda solo i primi mesi del giornale – Domani ha avuto ricavi di 2,3 milioni, e costi che hanno generato 1,9 milioni di perdite.
domenica 19 Settembre 2021
La pagina a pagamento di auguri di compleanno per Marcello Dell’Utri pubblicata sul Corriere della Sera – l’avevamo citata la settimana scorsa – ha generato proteste nello stesso Comitato di Redazione del Corriere della Sera, come ha raccontato un articolo del Fatto.
“Caro Direttore. Vorremmo esprimerti il disagio nostro e di molti colleghi dopo aver visto un’intera pagina del Corriere dedicata all’inserzione a pagamento per gli auguri di compleanno a Marcello Dell’Utri. L’iniziativa ha suscitato anche la reazione di molti lettori, con commenti non lusinghieri sui social. Comprendiamo che questa pagina è ben diversa da un’altra inserzione, sempre a pagamento, pubblicata sette anni fa, che era una strisciante interferenza nell’attività degli organi inquirenti. Ma anche per questo precedente riteniamo che chi gestisce le pagine pubblicitarie dovrebbe osservare maggiore attenzione ed evitare che sorga anche il minimo dubbio sull’assoluta intransigenza del Corriere della Sera nei confronti di chi ha condanne definitive per reati di mafia ed è imputato in altri processi, sempre per reati di mafia”.
(È interessante notare come in questo caso i giornalisti del Corriere ritengano che i commenti polemici e velenosi sui social network siano un giudizio rispettabile di cui tenere conto, quando spesso invece li contestano come una deriva esecrabile dell’atteggiamento dei lettori nei confronti del lavoro dei giornali).
Nella sua rubrica in prima pagina su Libero, Filippo Facci ha invece segnalato l’anomalia della pretesa da parte del CdR del Corriere della Sera di una “pena accessoria” e a vita per un condannato che ha già scontato la condanna ricevuta da un tribunale (oltre a criticare un’indulgenza del CdR del Corriere su altre promozioni mascherate: indulgenza diffusa però in diverse testate, compreso lo stesso Libero).
“Avete capito bene: non si possono fare gli auguri di compleanno a un condannato (pagando) perché spunta la pena accessoria di via Solferino, spunta l’intransigenza evidentemente ignara di tutte le marchette (articoli, foto, redazionali) dedicate ai loro inserzionisti. Vogliamo contarle? Potreste vigilare su quelle: tipo il celebre articolo (pagina intera) dedicato a «un prosciutto a New York» presentato da un inserzionista che fa salumi e che è anche sponsor del Torino, la squadra del vostro padrone Urbano Cairo”.
In uno dei quotidiani casi di questo genere, lo scorso giugno, il CdR del Corriere della Sera era in effetti intervenuto.
(Il confronto tra Corriere e Libero è poi, diciamo, trasceso).
domenica 19 Settembre 2021
Come dicevamo la settimana scorsa, la rete televisiva pubblica BBC – che fornisce uno dei servizi giornalistici più illustri e famosi nel mondo (BBC News), ma oggetto anche di polemiche e critiche da sempre nel suo paese, come accade da noi con la RAI – è in tempi particolarmente difficili. I paesi occidentali, e anche il Regno Unito, vivono da diversi anni tensioni e divisioni ideologiche che mettono a rischio anche le istituzioni democratiche più condivise, e tra queste l’informazione. Il governo britannico attuale è particolarmente incline – a cominciare dal suo premier – all’attizzamento di queste divisioni, e all’usare il vittimismo nei confronti dei media non vicini come arma di propaganda. Le difficoltà economiche dei media rendono le aziende dipendenti dai contributi pubblici particolarmente influenzabili e deboli.
In questo contesto la polemica di questi giorni – che è iniziata alcuni mesi fa – è intorno alla conferma della nomina di Jess Brammar a “executive editor”, ruolo equivalente a quello di un direttore (anche se le dirigenze di BBC News hanno maggiori articolazioni e complessità). Brammar era stata direttrice dello HuffPost britannico ed è da prima dell’estate che la proposta della sua nomina ha scatenato attacchi personali e velenosi (e pressioni dentro l’azienda per accantonarla) per alcune opinioni espresse in passato da Brammar contrarie a Brexit e critiche con Boris Johnson: tutte nella norma di quello che qualunque giornalista esprime nel corso della sua carriera. Ma per i suoi critici e per la maggioranza di governo intenzionata a fare pressioni su BBC accusandola di troppa partigianeria, la nomina stessa è un ottimo investimento per il futuro.
domenica 19 Settembre 2021
Che è il quotidiano di Sassari e della Sardegna soprattutto settentrionale con una lunga e illustre storia (ha appena festeggiato i propri 130 anni): nel 1980 fu comprato dall’allora gruppo Espresso ed entrò nel ricco complesso di quotidiani locali del gruppo, dove si trova ancora oggi dopo il cambio di proprietà che ha portato all’azienda editoriale GEDI (quella che possiede Repubblica e Stampa, tra gli altri). La compagine di quotidiani del gruppo si ridusse una prima volta quando la fusione tra Repubblica e Stampa costrinse l’azienda – per eccesso di proprietà nei media – a vendere i quotidiani di Pescara e Salerno. Ma negli ultimi due anni GEDI si è mossa verso ulteriori riduzioni, puntando a mantenere – con sinergie e risparmi – solo le testate del Nordest: in quest’ottica ha venduto l’anno scorso i propri quotidiani di Livorno, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, e aveva dato in gestione la Nuova Sardegna all’editore DBInformation (che ha una serie diversificata di attività editoriali, dalle rassegne stampa, a riviste specializzate di settore, al periodico Intimità).
Il contratto con DB però scade a fine anno, GEDI non ha scelto di rinnovarlo – malgrado i risultati soddisfacenti della gestione – e da diversi mesi sta cercando un compratore, ricerca nota anche se ai lavoratori del giornale non è mai stato comunicato niente: sono circolate varie ipotesi (compresi gli stessi acquirenti del Tirreno e degli altri tre quotidiani nel 2020, che però in quelle testate non hanno finora mostrato credibili progetti di rilancio) ma per ora niente si è concretizzato e mancano pochi mesi alla fine dell’anno senza che il giornale sia impostato per il 2022 e i subbugli interni cominciano a emergere.
domenica 12 Settembre 2021
Sabato 25 settembre il Post tiene la quarta edizione di “Talk”, la sua giornata di incontri con ospiti, giornalisti, abbonati e lettori, a Faenza (la terza si era svolta a Pesaro lo scorso giugno): che attraverso il coinvolgimento di sponsorizzazioni soprattutto di aziende locali è anche uno strumento di ricavo economico che concorre, come avviene in misure diverse per molti giornali, alla sostenibilità economica del suo progetto.
Qui c’è il programma, dalla settimana prossima ci si potrà prenotare per assistere agli eventi, gratuiti.
domenica 12 Settembre 2021
Il Fatto ha pubblicato un’inchiesta sull’assegnazione dei contributi pubblici diretti al quotidiano Il Secolo d’Italia, all’interno della legge che assegna a diverse testate quei contributi con criteri già discutibilissimi, spesso aggirati con trucchi, e inutili ai fini del miglioramento della qualità dell’informazione.
“Una legge del 2017 approvata ai tempi di Renzi e Gentiloni, vieta allo Stato di dare soldi ai giornali dei movimenti politici. Il Secolo d’Italia, che ha nel suo organico come giornalista in aspettativa parlamentare Giorgia Meloni, ha continuato a incassare il contributo anche se è edito da una società che nel suo statuto fino al maggio 2019 proclamava di pubblicare ‘un organo di movimento politico’. La società editrice Secolo d’Italia Srl è di proprietà al 100% della Fondazione Alleanza Nazionale, erede del patrimonio immobiliare e del giornale dell’omonimo partito. An non si presenta da tempo alle elezioni quando nel suo statuto la Srl dichiara che Il Secolo d’Italia è “organo del movimento politico Alleanza Nazionale”. Questo fino al maggio 2019 quando la clausola dell’organo sparisce.
La legge del 2017, per come è stata scritta (“Non possono accedere al contributo le imprese editrici di organi di informazione dei partiti, dei movimenti politici…”), sembrerebbe tagliare fuori la Secolo d’Italia Srl fino a quella data. Eppure il giornale ha continuato a incassare i contributi: 780 mila euro nel 2018 e 935 mila euro nel 2019 più un anticipo di 467 mila euro per il 2020, poi arriverà il conguaglio […]
Abbiamo chiesto al Dipartimento Editoria perché Il Secolo abbia preso il contributo nel 2018 e 2019, anche dopo l’entrata in vigore della legge e prima della modifica dello Statuto. La risposta è questa: “Inizialmente avevamo inviato alla società un preavviso di un possibile diniego del contributo proprio perché – come da voi notato – per Statuto Il Secolo d’Italia era organo di movimento politico. Poi ci hanno prodotto alcuni documenti che ci hanno convinto. C’è una lettera del 22 dicembre 2017 del presidente della Fondazione An Giuseppe Valentino all’amministratore Antonio Giordano e al direttore editoriale Italo Bocchino nella quale chiede di evitare che Il Secolo d’Italia sia percepito come organo di partito o movimento politico. Poi c’è una comunicazione all’Agcom nella quale il quotidiano nel 2018 non si definiva più organo di partito. Infine c’è il verbale del Cda della Fondazione Alleanza Nazionale del 30 ottobre 2018 nel quale il presidente informava che Il Secolo si era allineato alle sue indicazioni e coerentemente era necessario adeguare lo Statuto. Cosa poi avvenuta a maggio 2019”.
Tanto basta al dipartimento Editoria per ritenere che Il Secolo d’Italia non sia più un organo di movimento politico già dal 2018″.
domenica 12 Settembre 2021
Marie Claire è un famoso e storico magazine “femminile” nato in Francia nel 1937 e che in Francia è tuttora pubblicato da una società degli eredi del suo fondatore Jean Provost, editore e politico di grande rilievo nella storia francese (che fu tra l’altro anche proprietario del quotidiano Le Figaro). In altri paesi del mondo, invece, le versioni locali di Marie Claire sono pubblicate da editori diversi che ne hanno acquistato la testata. In Italia è del gruppo Hearst Italia, negli Stati Uniti la stessa Hearst aveva creato l’edizione locale nel 1994 e l’ha ceduta pochi mesi fa alla società Future US, che ha appena annunciato la chiusura del giornale di carta che sarà d’ora in poi solo in versione digitale.
domenica 12 Settembre 2021
Il Corriere della Sera ha ospitato sabato una pagina a pagamento occupata da un messaggio ridottissimo (“Auguri caro Marcello”) circondato da decine di firme: era rivolto da amici ed ex colleghi a Marcello dell’Utri, ex senatore di Forza Italia condannato per “concorso esterno” in associazione mafiosa che ha passato quattro anni in carcere e uno agli arresti domiciliari e che è stato liberato due anni fa. La genesi dell’iniziativa è stata raccontata dal Fatto, mentre Domani riferisce che il CdR del Corriere l’abbia definita “inaccettabile”.
domenica 12 Settembre 2021
Giovedì è stato arrestato a Roma Federico Bianchi di Castelbianco, che è anche l’editore dell’agenzia di stampa Dire, che esiste dal 1988 quando nacque come agenzia politico-parlamentare legata al PCI, e ha poi cambiato proprietà e approcci: oggi ci lavorano circa cento giornalisti. Bianchi è accusato di aver cercato di ottenere aiuti su appalti pubblici con denaro e regali a una funzionaria del ministero dell’Istruzione, in un’inchiesta di cui c’erano già state notizie e su cui lo stesso Bianchi era intervenuto difendendosi in un video. Il CdR dell’agenzia ha diffuso un comunicato:
«I giornalisti dell’agenzia stampa Dire, anche in rappresentanza delle aree tecniche e amministrative dell’azienda, appresa la notizia riguardante i provvedimenti odierni a carico dell’editore, sottolineano che il loro lavoro va avanti garantendo continuità professionale e quell’impegno che da sempre li contraddistingue nel raccontare i territori e le istituzioni.
I provvedimenti annunciati oggi dalle autorità competenti, pur nella loro rilevanza non intaccano e non intaccheranno la dedizione e la qualità del lavoro espresse quotidianamente e misurabili con costanza nei notiziari, sul sito web e sulle piattaforme social»
domenica 12 Settembre 2021
Questa settimana il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo in un filone molto ricco e frequente di notizie “scientifiche” di nessuna affidabilità basate su dati forniti da uffici stampa interessati. Sotto il titolo “I videogiochi mantengono in forma: giocare per 2 ore è come fare mille addominali”, l’articolo riferiva il contenuto di quelli che chiamava “due studi scientifici”, il cui fornitore è una piattaforma di eSport:
“i vantaggi del gaming non si limitano al miglioramento delle capacità visuo-spaziali e del problem solving: essere un videogiocatore può aiutare anche a perdere peso. Secondo lo studio infatti, due ore di gioco bruciano ben 420 calorie per gli uomini e 470 per le donne. Sembra incredibile ma lo studio condotto da Stakester, piattaforma eSport che consente di vincere premi e denaro giocando ai videogiochi, dimostra che un’intensa sessione di gioco può equivalere a uno sforzo fisico importante, come gli addominali”.
domenica 12 Settembre 2021
Sono settimane di tensioni a Repubblica, per quanto tensioni previste: la serie di sviluppi editoriali e aziendali avviata dal cambio di proprietà della società editrice, GEDI, iniziata con il cambio di direzione ad aprile 2020, è arrivata alla fase delicata della più grossa riduzione dei dipendenti giornalisti: l’azienda aveva proposto diverse decine di prepensionamenti (tra i 50 e i 60) e le trattative per le loro modalità avevano fatto litigare parte della redazione e del Comitato di Redazione, che a inizio agosto si era dimesso (il Comitato di Redazione, o CdR, è l’organismo interno eletto che in molti giornali rappresenta i giornalisti nei confronti dell’azienda). Una delle questioni più discusse sui prepensionamenti era quella delle nuove assunzioni, che dovrebbero essere una ogni due prepensionamenti: il CdR chiedeva che riguardassero solo giornalisti, mentre l’azienda vuole inserire anche figure tecniche e informatiche.
Per Repubblica sono state le seconde dimissioni di un CdR in breve tempo (le ultime erano state a maggio 2020, dopo il cambio di direzione). Lo scorso 3 settembre è stato eletto il nuovo CdR, dopo molte difficoltà persino a trovare i candidati: un problema frequente negli ultimi anni in cui le strutture e il lavoro delle redazioni si sono molto trasformati. Il nuovo CdR è composto da cinque giornalisti, tre dei quali sono a loro volta prepensionandi, e una delle prime cose che dovrà fare sarà trovare un accordo sui prepensionamenti.
domenica 12 Settembre 2021
È una questione delicata e ormai assai datata, tra le molte “zone grigie” di applicazione delle leggi esistenti create da internet: quella della responsabilità dei commenti pubblicati dagli utenti di siti e servizi web, e se debba essere estesa ai siti stessi, o ai provider, o ai responsabili degli account sui social network. Ha generato complicazioni, discussioni, sentenze opposte in tutto il mondo, e percorsi tortuosi per gestirla (in alcuni siti, per fare un esempio, si è ritenuto di non moderare i commenti perché la moderazione in sé implica un’assunzione di responsabilità rispetto a ciò che viene pubblicato).
Questa settimana si è ricominciato a parlarne perché una sentenza australiana è tornata ad attribuire ai media online questa responsabilità rispetto ai commenti su Facebook, creando allarmi in altri paesi del mondo.
domenica 12 Settembre 2021
La direttrice delle news di BBC – il network televisivo pubblico britannico – ha annunciato che lascerà all’inizio dell’anno prossimo, dopo quattro anni nel suo ruolo e quaranta nell’azienda. Le sue dimissioni stanno facendo notizia soprattutto rispetto a quale sarà la scelta del suo successore, in tempi assai difficili per BBC, sia per difficoltà economiche ma soprattutto per le sempre crescenti pressioni sull’imparzialità della sua informazione da parte del governo tory e della polemica giornalistica e politica di destra.
domenica 12 Settembre 2021
La scorsa domenica nella rubrica delle lettere di Repubblica, curata dal giornalista Francesco Merlo, una delle lettere era firmata da “Tobia Bufera”, di Vicenza, e diceva:
Caro Merlo, sono un grafico di 37 anni. Negli ultimi sei anni ho lavorato quotidianamente ed esclusivamente per la stessa azienda. Ora, invece del contratto da dipendente, mi è stato chiesto di firmare un foglio in cui dichiaro di essere un fornitore esterno, rinunciando a qualsiasi diritto acquisito. Non so cosa fare: firmare e continuare a lavorare da finta partita Iva o dire basta a questo sfruttamento cercandomi un altro lavoro, magari per la consegna del cibo a domicilio?
Merlo aveva risposto condannando le pratiche dell’azienda in questione e definendole «trucchi del precariato eterno», ma suggeriva al lettore di mantenere il suo posto da precario fintanto che non avesse trovato qualcosa di meglio delle consegne a domicilio. La lettera e la risposta non avrebbero avuto molto di insolito, se non fosse che il giorno successivo l’autore della lettera si è rivelato su Instagram, dicendo però di chiamarsi Fabio Butera e di aver anagrammato il suo nome per firmare la lettera con uno pseudonimo. Butera ha scritto infatti di non essere un grafico, ma un giornalista, e che la sua storia vera di precariato risaliva a tre anni fa: l’azienda per cui lavorava senza un contratto da dipendente era la stessa Repubblica.
«Ieri è stata pubblicata su Repubblica una mia lettera a Francesco Merlo in cui, col mio nome anagrammato e fingendomi un grafico di un’imprecisata azienda invece che un ex giornalista di Repubblica, ho raccontato la vicenda lavorativa che mi ha visto coinvolto 3 anni fa. Sono contento che Francesco Merlo, che son sicuro mi perdonerà le petit jeu, abbia definito, anche se inconsapevolmente, le modalità di impiego dell’azienda per cui io lavoravo e per quale lui tuttora lavora “trucchi da precariato eterno”»
Né Merlo né Repubblica hanno dato seguito alla storia.
domenica 12 Settembre 2021
Un buon articolo del Financial Times (ovvero: interessante e comprensibile anche per chi non segua la moda o le vicende dei giornali) ha raccontato lo scorso weekend la trasformazione di Vogue e delle sue edizioni internazionali da quando l’editore Condé Nast (uno dei più importanti del mondo, che pubblica testate illustri tra cui soprattutto Vanity Fair e il New Yorker) ha deciso tagli e ristrutturazioni, affidando il comando di quasi tutte le riviste del gruppo alla leggendaria direttrice di Vogue America Anna Wintour (il New Yorker, che va bene, fa eccezione). Ristrutturazioni inevitabili data la crisi generale, ma che stanno facendo perdere molta identità e autonomia alle figure tra direttrici e celebrities che guidano le edizioni nazionali.
domenica 12 Settembre 2021
El Diario è un sito di news spagnolo che oltre ad avere costruito una notevole popolarità in Spagna, è da tempo osservato in tutto il mondo come modello interessante e creativo di sostenibilità di un giornale online: basato sugli abbonamenti e sulla costruzione di un rapporto molto trasparente e complice con gli abbonati. A cui ha aggiunto anche una formula originale di abbonamento ridotto o gratuito a cui può accedere chi scelga – “sulla parola” – una motivazione della propria impossibilità di pagare (il costo dell’abbonamento è stato aumentato l’anno scorso ed è di 80 euro l’anno o 8 al mese, con la possibilità di scegliere quote volontarie maggiori). Gli abbonati sono 61mila, più 3mila che hanno scelto un pagamento ridotto e 11mila quello gratuito.
domenica 5 Settembre 2021
È un argomento vituperato da noi, per via dei criteri discutibilissimi attraverso cui vengono scelti i quotidiani che lo stato finanzia in Italia, ma sarebbe una questione centrale nella sopravvivenza di una buona informazione, se affrontato seriamente. Da qualche anno lo stanno facendo sempre di più persino negli Stati Uniti, non il paese da cui ci aspettiamo di più interventi statali nelle cose di mercato e di media: ma la crisi dei giornali ha creato un dibattito invece ricco, e che si può dedicare a testate che svolgono un indiscutibile servizio pubblico. Questa settimana ne ha parlato Margaret Sullivan, che scrive di giornali sul Washington Post, annunciando un possibile intervento legislativo del Congresso: il cui difetto principale, però, è che rischia di essere anche lì “content neutral” ovvero indipendente dalla qualità del contenuto, e di favorire – anche lì – testate “super partigiane”.
domenica 25 Luglio 2021
Questa settimana sono stati dieci anni dalla strage di Utøya, in Norvegia, che in Italia – come spesso accade con gli eventi tragici in cui le notizie arrivano incomplete e bisognose di conferme – vide diversi incidenti giornalistici, e uno particolarmente diffuso sui quotidiani di destra, che attribuirono gli attentati al terrorismo islamista senza nessun elemento, e anche in presenza di evidenti smentite.