Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 24 Ottobre 2021
L’ambasciatore ungherese in Italia ha scritto una lunga lettera di critica e correzioni al quotidiano Repubblica a proposito di un articolo in cui ritiene che ci fossero degli errori a proposito del suo paese: Repubblica non l’ha pubblicata, lui una settimana fa l’ha messa su Facebook, e chiunque abbia ragione (il governo ungherese non si è mostrato molto attento alla libertà di espressione negli ultimi anni, e ha già cercato di intervenire nella narrazione di sé sui giornali europei), l’ambasciatore ha trovato una formulazione spiritosa per esporre le sue versioni dei fatti contestati.
domenica 24 Ottobre 2021
Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo di aggiornamento sulla questione dei compensi per i giornali da parte delle società che offrono servizi di rassegna stampa (il Sole 24 Ore è molto parte in causa, letteralmente).
“Che si tratti di colossi del web o anche di società di media monitoring la partita va avanti da lungo tempo e, nel caso delle società di rassegne stampa, si è spostata nelle aule di tribunale dove la Fieg (Federazione degli editori), ma anche editori singoli come il Gruppo 24 Ore (che edita questo giornale) hanno incrociato le lame in particolare con le due società che storicamente non riconoscono alcun compenso agli editori e che sono anche quelle di maggiori dimensioni: L’Eco della Stampa e Data Stampa, che insieme fanno circa l’80% del mercato.
La maggior parte degli operatori nei servizi di rassegna stampa ha riconosciuto il diritto degli editori di essere remunerati per l’uso dei propri articoli. Ma dalla partita si sono per anni chiamate fuori le due principali società che solo nella primavera scorsa hanno raggiunto un accordo con Promopress, che rappresenta alcuni editori aderenti a Fieg. Tuttavia, di tale accordo non beneficiano alcuni grandi gruppi editoriali, tra cui il Gruppo 24 Ore, che quindi tuttora non ricevono alcun compenso. Un peso non indifferente nella questione lo ha avuto la decisione di Agcom del maggio 2020, favorevole al Gruppo 24 Ore proprio contro L’Eco della Stampa. L’editore del Sole 24 Ore, infatti, ha ottenuto dall’Autorità l’ordine impartito a L’Eco della Stampa di rimuovere entro due giorni, dal proprio servizio stampa e dai propri archivi, gli articoli del Sole 24 Ore contenenti l’indicazione “riproduzione riservata””.
domenica 24 Ottobre 2021
L’Evening Standard è un quotidiano “tabloid” di Londra che ha quasi due secoli ed è diventato una freepress nel 2009: è più “presentabile” dei più screditati tabloid britannici ed è di proprietà dell’imprenditore russo Alexander Lebedev, uno dei cosiddetti “oligarchi”, ex ufficiale del KGB, che possiede anche il quotidiano Indipendent. La “presentabilità” del giornale si deve anche al fatto che i suoi ultimi direttori sono stati due personaggi con forti relazioni nella politica nazionale: l’ex cancellieri George Osborne e la giornalista Emily Sheffield, cognata dell’ex primo ministro David Cameron. Giovedì Sheffield ha annunciato le sue dimissioni dopo soli 15 mesi, molto faticosi, per le difficoltà economiche del giornale che avevamo raccontato qualche mese fa, aggravate dalla pandemia (il giornale è distribuito gratuitamente soprattutto nelle stazioni della metropolitana).
– I famigerati tabloid britannici, una piccola mappa
domenica 24 Ottobre 2021
Il Foglio aveva pubblicato la settimana scorsa un’intervista interessante e ricca con lo storico Emilio Gentile, a proposito di populismi e fascismi: Gentile ha però contestato in due successive lettere l’intervista, spiegando – oltre a smentire alcune parole che gli venivano attribuite – di avere esplicitamente detto al giornalista di non voler dare interviste e che quella tra loro doveva ritenersi una conversazione privata.
L’articolo è tuttora online senza indicazioni aggiornate.
domenica 24 Ottobre 2021
A conferma della perdita di fiducia delle redazioni nei confronti del ruolo e delle opportunità costituite dai Comitati di redazione (ovvero gli organi di rappresentanza dei giornalisti eletti in ciascun giornale, dedicati soprattutto al rapporto con la direzione e la proprietà), le elezioni del “cidierre” al Corriere della Sera sono state immediatamente invalidate dalle dimissioni degli eletti, che non si erano candidati (nessuno si era voluto candidare).
domenica 24 Ottobre 2021
È stata annunciata la chiusura di Believer, rivista culturale californiana che aveva avuto grandi ammirazioni e consensi internazionali per l’inventiva grafica e di contenuti quando era nata nel 2003 dall’idea di un gruppo di giovani autori molto di moda in quel momento e con la complicità del gruppo di McSweeney’s, il sito creato dallo scrittore Dave Eggers. L’editore attuale ha spiegato la decisione con l’insostenibilità economica del magazine.
(in Italia Internazionale ha tradotto a lungo una amata rubrica di Nick Hornby pubblicata da Believer; e il settimanale Diario – chiuso nel 2009 – aveva nei suoi ultimi mesi scelto un restyling grafico ispirato a Believer)
domenica 24 Ottobre 2021
D, il “femminile” allegato a Repubblica che 25 anni fa fu una creazione grafica ed editoriale decisamente nuova e creativa nell’ambito dei magazine settimanali allegati ai quotidiani, ha da questa settimana il primo responsabile maschio della sua storia, Emanuele Farneti, da poco ex direttore di Vogue Italia (il cui editore Condé Nast sta riorganizzando molte delle sue testate europee e il loro coordinamento). La direttrice uscente di D Valeria Palermi aveva contestato a luglio in un editoriale – informato o preveggente – il fatto che la quota di direttrici dei giornali stesse calando persino nei femminili. Farneti sarà direttore di quello che il gruppo GEDI (l’editore di Repubblica) chiama “hub Moda e Beauty”, ovvero la redazione congiunta carta/digitale creata per raccogliere maggiori investimenti pubblicitari da parte degli inserzionisti di quei settori.
domenica 24 Ottobre 2021
Dall’articolo del Post:
“Giovedì Facebook ha annunciato di aver raggiunto un accordo con i giornali francesi riuniti nell’associazione di categoria APIG (l’Alleanza della stampa d’informazione generalista), che prevede il pagamento ai giornali dei diritti di pubblicazione dei contenuti editoriali sul social network. L’APIG è un sindacato che rappresenta 300 tra giornali e riviste d’informazione politica e generalista in Francia, tra cui alcuni dei maggiori giornali francesi, come Le Monde e Le Figaro. È il secondo importante accordo che l’APIG conclude quest’anno con le grandi multinazionali tecnologiche, dopo quello faticosamente raggiunto a gennaio con Google“.
domenica 24 Ottobre 2021
L’articolo di cui sopra ha un passaggio che è utile riportare perché conferma una cautela che abbiamo spesso ripetuto qui su Charlie a proposito dei numeri di abbonati diffusi dalle testate anche in Italia, numeri che non hanno nessuna verifica esterna e terza.
“Negli stessi giorni News Corp ha annunciato che la quota di abbonamenti al Wall Street Journal stava aumentando: ad agosto, il numero totale degli abbonati era cresciuto quasi del 10%, raggiungendo 3,45 milioni, di cui 2,72 abbonamenti digitali. Ma un responsabile della redazione digitale mi ha spiegato che questi numeri sono ingannevoli – e implausibili – perché comprendono “abbonamenti aziendali e scolastici e offerte istituzionali” che propongono sconti fino al 90% per gonfiare il numero complessivo”.
domenica 24 Ottobre 2021
Il sito della Columbia Journalism Review ha pubblicato un lunghissimo e documentato articolo che fa la storia di questi anni in uno dei quotidiani più grandi e illustri del mondo, il Wall Street Journal. Dove uno dei tratti più noti e peculiari è da sempre la rigida separazione tra le pagine dei commenti e delle opinioni e quelle del giornale prodotto dalla redazione: che ha permesso la convivenza tra posizioni conservatrici spesso sfacciatamente faziose nelle prime e un giornalismo autorevole e rigoroso nelle seconde. Ma dalla prima campagna elettorale di Trump a oggi questa distinzione è andata confondendosi, con le pagine delle opinioni sempre più estreme e libere nel loro emanciparsi dai fatti e dai rigori giornalistici, e le altre sempre più soggette a interventi censori da parte della direzione del giornale, che ha una lunga storia ma dal 2007 è stato acquisito dalla grande multinazionale editoriale News Corp di Rupert Murdoch, con la garanzia di un comitato che dovrebbe vigilare sull’integrità giornalistica delle scelte maggiori. Nell’ultimo anno le contestazioni all’interno della redazione nei confronti della perdita di credibilità causata da alcuni articoli di opinionisti esterni sono cresciute, ma la proprietà e la direzione non sembrano intenzionate a cambiare regime (anzi, si dice che Murdoch stia muovendo il suo impero giornalistico americano in direzione di un appoggio a una candidatura di Trump nel 2024), pur convenendo sulla necessità che il giornale allarghi il suo potenziale pubblico: ma farlo continuando ad accontentare quello maschio, bianco e conservatore non è facile, racconta l’articolo della CJR.
Alcuni articoli del Post sulla storia e le storie del Wall Street Journal:
– I 130 anni del Wall Street Journal (2019)
– Anche al Wall Street Journal si litiga sulla sezione delle opinioni (2020)
– Il Wall Street Journal è diviso sul suo futuro (2021)
domenica 24 Ottobre 2021
Anna Masera, che è stata tra i più precoci a seguire l’innovazione e il digitale tra i giornalisti delle testate italiane tradizionali, è tra i dipendenti del gruppo GEDI coinvolti nei “prepensionamenti” che hanno agitato molto le redazioni del gruppo in questi mesi. Di conseguenza, chiuderà il suo spazio – unico in Italia nel suo genere – di “public editor” della Stampa, che non sarà assegnato a nessun altro. Lo ha raccontato lei stessa nella rubrica suddetta, rivendicando l’utilità della costruzione di un rapporto più affidabile con i lettori.
“il declino dei giornali è anche morale: la tendenza è quella di abbandonare l’attenzione alla deontologia per acchiappare clic nella speranza di alimentare la magra raccolta pubblicitaria. La conseguenza? La fiducia generale del pubblico nelle notizie è bassa. Secondo l’Edelman Trust Barometer, il 75% degli italiani ritiene che i giornali non stiano facendo bene il loro lavoro. Una percentuale superiore del 14% alla media delle 27 nazioni analizzate. Questa è una brutta notizia per la credibilità del giornalismo. Il sistema basato su traffico e pubblicità oltre a non funzionare più economicamente ha compromesso la qualità”.
domenica 24 Ottobre 2021
La storia della settimana nell’editoria giornalistica mondiale sono state le dimissioni del direttore del quotidiano tedesco Bild in seguito a un articolo di Ben Smith del New York Times: è la storia della settimana perché ha dentro diverse cose grosse.
– La Bild è uno dei più importanti quotidiani tedeschi, famigerato per la quota di sensazionalismo aggressivo e spesso retrogrado, paragonabile a quella dei più famosi tabloid inglesi.
– L’editore della Bild è Axel Springer, una multinazionale dell’editoria tra le più potenti del mondo, e con una lunga presenza di rilievo nella storia politico-mediatica tedesca.
– Axel Springer sta aumentando il suo potere e la sua attività internazionale acquistando, con grandi investimenti ma anche con operazioni aggressive e accorte, alcune importanti testate digitali fuori dalla Germania: la più recente è Politico, sito di politica statunitense che ha da anni un grosso credito e importanza nell’informazione americana e non solo americana (un lungo articolo su Vanity Fair americano ha raccontato questo lato della storia della settimana).
– Il direttore della Bild era stato brevemente sospeso lo scorso aprile (forse lo ricorderete) dopo le accuse di comportamenti inappropriati nei confronti di alcune dipendenti del giornale: la proprietà aveva fumosamente dichiarato di aver fatto un’indagine interna che aveva rivelato come ci fosse stato qualcosa di inadeguato, ma niente che meritasse interventi più severi, e il direttore Reichelt era tornato al suo posto.
Questo era il contesto su cui è intervenuto domenica scorsa Ben Smith – il più importante “media columnist” del mondo, le cui rubriche settimanali sul New York Times sono diventate attesissime dal mondo dell’informazione per la probabilità che contengano scoop o notizie in anteprima – raccontando meglio ai lettori statunitensi sia cosa sia il nuovo editore di Politico, sia le accuse contro Reichelt, e aggiungendoci nuove rivelazioni raccolte da Smith da ulteriori fonti aggregate a un lavoro giornalistico fatto dal settimanale tedesco Spiegel e alla storia di come un altro gruppo editoriale avesse censurato un proprio articolo sulle accuse stesse. E ottenendo così quello che Axel Springer aveva scongiurato di fare ad aprile: la sostituzione del direttore della Bild.
domenica 17 Ottobre 2021
Il “Fondo per il pluralismo” è la quota di soldi pubblici che lo stato ha allocato per finanziare le attività di alcuni giornali, soprattutto attraverso il sistema dei “contributi diretti”, di cui abbiamo parlato molte volte. Malgrado il nome, nella pratica non contribuisce a particolari pluralismi, se non nel senso di aumentare i ricavi – e aiutare la sopravvivenza – di alcuni giornali che però non hanno niente di peculiarmente diverso da quelli che quei contributi non li ricevono: con l’eccezione maggiore di quelli destinati alle minoranze linguistiche e quindi scritti in lingue diverse dall’italiano.
Da qualche anno il fondo è alimentato anche da una quota del canone Rai pagato in bolletta, e insieme ad altri finanziamenti assottiglia il totale ricevuto effettivamente dalla Rai: questa cosa irrita e frustra la Rai, che come si sa fatica molto a far quadrare i conti. Quindi, in un tentativo tipico dei debuttanti alla guida della Rai, il nuovo amministratore delegato Fuortes ha provato a fare delle proposte per garantire maggiori ricavi alla Rai, tra cui la riconquista di quella quota oggi stornata verso il finanziamento di alcuni giornali. Ipotesi che ha allarmato la Federazione degli editori dei giornali che ha immediatamente protestato con la gravità retorica che le è abituale, senza porsi neanche in questa occasione il problema del discredito su quei contributi derivato dal fatto che per molte testate beneficiate la definzione di “cooperativa” o “non profit” è del tutto pretestuosa: tantissimi italiani pagano il canone del servizio pubblico Rai e i loro soldi vengono destinati a un gruppo di giornali e siti in concorrenza sleale con gli altri.
domenica 17 Ottobre 2021
Grazie a chi ha raccolto l’invito della settimana scorsa a raccontare a Charlie (rispondendo a questa mail) storie interessanti intorno ai destini e ai progetti dei giornali: alcuni spunti li abbiamo ripresi e seguiti già oggi, di altri ci stiamo occupando.
domenica 17 Ottobre 2021
Che domenica scorsa per un lapsus banale quanto evitabile abbiamo chiamato Fabio il direttore uscente del Tirreno, Stefano Tamburini. Fabio Tamburini è invece tuttora il direttore del Sole 24 Ore. Chiediamo scusa.
Una seconda correzione: il sito della Gazzetta del Mezzogiorno (tuttora chiusa) non è aggiornato dai giornalisti, ma da un feed automatico di notizie di agenzia. Doppiamente scusa.
Entrambi gli errori sono stati corretti nell’archivio web della newsletter.
domenica 17 Ottobre 2021
La Gazzetta del Mezzogiorno, il quotidiano più radicato in Puglia e Basilicata, è da circa tre anni in una complicata crisi, ha cambiato diversi editori e ha dovuto interrompere più volte la pubblicazione. Dopo aver dichiarato fallimento a giugno 2020 e dopo un esercizio provvisorio andato molto male, a novembre 2020 era stato aperto un bando per l’affitto della testata a un nuovo editore fino a luglio 2021, vinto dalla società Ledi, con la speranza di trovare poi un compratore definitivo. Alla fine di questo periodo, e quindi da agosto, il giornale ha smesso di essere pubblicato, e i suoi 136 dipendenti (di cui circa 70 giornalisti) sono stati messi in cassa integrazione. Gli sviluppi più recenti sono che quest’estate Ledi e un’altra società, Ecologica Spa, hanno fatto una proposta di concordato preventivo: che nell’ambito delle procedure fallimentari significa fare una proposta per risanare i debiti di un’azienda e diventarne proprietari, in questo caso proprietari del giornale (dopo aver dimostrato di avere certi requisiti per rilanciarlo a lungo termine). La proposta che si è aggiudicata La Gazzetta del Mezzogiorno è stata quella di Ecologica Spa: la scorsa settimana l’esito è stato confermato dal tribunale di Bari, dopo un ricorso di Ledi. Ora Ecologica ha due possibilità: comportarsi come un editore e scegliere un nuovo direttore, una nuova sede (ma si parla anche della possibilità che inizialmente il giornale ricominci in smart working) e far ripartire il giornale, oppure affittarlo a un editore più esperto (Ecologica Spa si occupa di smaltimento di rifiuti). Nell’ultima settimana si è parlato di un possibile interesse dell’editore Angelucci (che pubblica anche Libero e Il Tempo, tra gli altri), ma sembra che al momento le parti non riescano a trovare un accordo soddisfacente per entrambe. Durante l’assenza della Gazzetta del Mezzogiorno, intanto, la concorrenza si è mossa: ad agosto il Nuovo Quotidiano di Puglia ha aperto una sede a Bari.
domenica 17 Ottobre 2021
Abbiamo parlato in più occasioni delle preoccupazioni intorno al futuro dei giornali locali, in Italia e all’estero. La questione è particolarmente grave negli Stati Uniti, dove si stima che abbiano chiuso 1.800 giornali locali tra il 2004 e il 2018: 6AM City è un’azienda editoriale nata nel 2016 che fa newsletter cittadine con cadenza quotidiana e che vuole occupare questo vuoto d’informazione locale: non è una cosa nuova (il Post ha inaugurato quest’anno una newsletter settimanale dedicata a Milano), ma nelle ultime settimane se n’è tornato a parlare per la conferma che il progetto starebbe andando molto bene e si espanderà da 8 a 24 città. Qualche mese fa anche il sito Axios, che offre un servizio molto simile con Axios Local, aveva annunciato l’aumento delle città coperte dalle newsletter, da 6 a 14.
I due modelli sono simili ed entrambi gratuiti, ma quello di 6AM è probabilmente più interessante perché è partito da zero come newsletter di una città, Greenville in South Carolina, e poi ha visto opportunità maggiori (mentre Axios Local è nato come parte di un’azienda più grande). Le newsletter arrivano ogni giorno alle 6 del mattino e sono pensate per essere lette in 5 minuti (qui un esempio): in testa c’è un piccolo approfondimento di giornata, poi un’agenda con eventi e cose da fare in città, notizie sul meteo, questioni cittadine, aneddoti sulla storia della città. Sono insomma molto pratiche e non coprono per scelta temi politici o delittuosi, quelli che noi faremmo rientrare nella categoria della “cronaca nera”. Uno dei due fondatori di 6AM, Ryan Heafy, ha spiegato di aver capito che i due argomenti non interessavano al pubblico, anche grazie a molti riscontri dei lettori, e ha fatto un esempio efficace: «Se Joe Biden venisse in città, non diremmo: “andate al comizio di Joe Biden”. Diremmo: “ecco che effetti avrà sul traffico”». Negli ultimi dati disponibili le prime otto città coperte da 6AM avevano in tutto 450mila iscritti.
Essendo un servizio gratuito, 6AM si sostiene soprattutto con la pubblicità, ma ha anche un negozio online in cui vende oggetti e indumenti con loghi e simboli delle città. I costi sono contenuti e la conoscenza approfondita del modello di una città ha permesso di replicarlo su larga scala in molte altre: a ogni newsletter lavorano due giornalisti, che a turno si occupano della stesura della newsletter e di alimentare il rapporto con la comunità di lettori, soprattutto attraverso i social network.
domenica 17 Ottobre 2021
La frequenza con cui il Sole 24 Ore dedica uno spazio e un titolo a una dichiarazione non particolarmente significativa del presidente di Confindustria – ovvero il proprio editore – sembra, a un’osservazione più attenta di questi mesi, avere una specie di “pattern” nelle mansioni fisse della redazione: almeno tre giorni ogni settimana, tra il martedì e il sabato, con un paio di richiami in prima pagina, con l’esecuzione sempre affidata alla stessa giornalista. Stavolta cinque: martedì, giovedì, venerdì, e sabato con la stessa dichiarazione di venerdì. E stamattina, domenica
domenica 17 Ottobre 2021
La consuetudine tra i quotidiani italiani di offrire agli inserzionisti pubblicitari anche una promozione giornalistica dei loro prodotti o brand all’interno di articoli non indicati come pubblicitari (un esempio sul Sole 24 Ore di mercoledì: uno e due) sembra avere raggiunto anche il più giovane di tutti, Domani. Che dalla sua nascita sta facendo abbastanza fatica con la raccolta pubblicitaria e raramente ha più di una pagina di pubblicità su tutto il giornale: forse anche per questo Domani ha scelto di pubblicare mercoledì un ritratto del fotografo del nuovo calendario Lavazza – con visibili citazioni del calendario stesso – dopo che lunedì Lavazza aveva comprato l’ultima pagina del giornale per una sua inserzione.
domenica 17 Ottobre 2021
Un piccolo scandalo giornalistico negli Stati Uniti mostra gli aspetti di una questione delicata e importante nel lavoro dei giornalisti, e poco nota ai lettori: un noto giornalista sportivo della rete ESPN – stando ad alcune mail rese pubbliche da una vicenda giudiziaria – dieci anni fa chiese a una persona citata in un suo articolo di rivedere l’articolo stesso, domandandole di suggerire “qualunque cosa che vada aggiunta, cambiata, sistemata”, con toni molto subordinati e confidenziali (tra i due c’era un rapporto di conoscenza). La storia in questione è complicata e sta dentro un polverone di rivelazioni su cui negli Stati Uniti ci sono in questi giorni molte attenzioni, ma per quanto interessa a Charlie – e al dibattito nel settore che si è sviluppato laggiù – il tema interessante è il confine etico tra il chiedere per premura alle fonti che confermino le loro dichiarazioni o dei singoli passaggi su cui hanno conoscenza dei fatti, e invece il far rivedere e persino correggere interi articoli alle persone coinvolte o interpellate. La prima cosa è comprensibile e spesso ragionevole e prudente: la seconda è – per molti dei colleghi del giornalista intervenuti nella discussione – una diminuzione inaccettabile del proprio ruolo e della propria indipendenza. La prima cosa si fa, la seconda – affidare a qualcun altro la revisione e le decisioni finali sul contenuto di un articolo – no.
(il giornalista ha ammesso di avere sbagliato)
domenica 17 Ottobre 2021
Lercio è diventato in meno di dieci anni il giornale satirico online più conosciuto e apprezzato, lavorando soprattutto su tic e consuetudini del sistema dell’informazione. Lo ha raccontato un articolo sul Post.
“Nonostante l’organizzazione e la grande notorietà, Lercio resta un hobby soprattutto per ragioni economiche. Sui social ha più follower di molti dei giornali italiani che scimmiotta (1,5 milioni su Facebook, 800mila su Twitter, 700mila su Instagram), ma i ricavi derivano soprattutto dalla pubblicità sul sito, dove il traffico è molto più contenuto. Dalle visualizzazioni e condivisioni sui social non si guadagna, a meno di non introdurre contenuti sponsorizzati: che sarebbero poco plausibili su Lercio, sia per gli inserzionisti che per il giornale. Altri ricavi arrivano dai libri pubblicati ogni anno, da alcune serate di comicità nei locali e da collaborazioni con radio e tv. Questi ricavi bastano a coprire le spese per mantenere il sito, i tecnici che se ne occupano e altre figure professionali che curano la comunicazione, oltre a organizzare gli eventi dal vivo nei locali. Quello che avanza non è sufficiente a pagare uno stipendio a ventidue persone, ma essere così tanti – nonostante i contenuti siano tutto sommato limitati – è un’esigenza creativa e di varietà di ciò che viene pubblicato”.
domenica 17 Ottobre 2021
Che era quella storia che aveva messo molto in imbarazzo il New York Times l’anno scorso: un suo podcast premiatissimo e una sua giornalista celebre avevano usato delle informazioni da una fonte che si era rivelata falsa, ed erano emersi controlli inadeguati da parte del giornale.
Adesso quella fonte, sotto processo in Canada, ha ammesso pubblicamente di essersi inventata tutta la storia del suo ruolo nell’ISIS.
domenica 17 Ottobre 2021
Un aggiornamento sulla crisi del Corriere di Como, il quotidiano che viene venduto nella zona di Como insieme al Corriere della Sera, che nell’ultima settimana sembra essere peggiorata. Sabato sul giornale è uscito un comunicato sindacale in cui i giornalisti – che lamentano di non ricevere lo stipendio da diverso tempo, o di riceverlo in ritardo e ridotto – hanno annunciato altre giornate di sciopero insieme ai poligrafici che stampano il giornale, da sabato a lunedì: “In una ulteriore riunione con il liquidatore di Editoriale Srl, il dottor Michele Piscitelli, è stato nuovamente ribadito come sia ormai sempre più probabile e imminente la chiusura del giornale. Le ipotesi più attendibili indicano la possibile cessazione dell’attività già entro la fine del mese di ottobre”.
domenica 17 Ottobre 2021
L’azienda editrice non lo ha ancora annunciato, con ritardo di due settimane rispetto a quanto aveva comunicato, ma è stato scelto e presentato al Comitato di redazione il nuovo direttore del Tirreno, il quotidiano livornese (ma che ha edizioni in tutta la costa toscana) che un anno fa il gruppo editoriale GEDI (quello di Repubblica e Stampa e tuttora di una decina di quotidiani locali nel Nord) aveva venduto insieme a tre quotidiani emiliani a una società costituita da alcuni imprenditori senza grosse esperienze nell’editoria. Due settimane fa, dopo tormentati rapporti con la redazione, erano state comunicate le dimissioni del direttore Stefano Tamburini (che resta nell’azienda), e nei giorni successivi ha accettato di sostituirlo Luciano Tancredi, che ha 56 anni, è abruzzese, è stato a lungo al Messaggero, si era candidato col Partito Democratico all’Aquila nel 2012, e fino a ora si occupava delle Relazioni esterne nella società Fincantieri. Prenderà il ruolo formalmente dal 3 novembre.
Intanto non ci sono ancora notizie sulla ricerca di compratori della Nuova Sardegna – quotidiano di Sassari e della Sardegna settentrionale – che è rimasto il solo giornale locale di GEDI fuori dal Nord.
domenica 17 Ottobre 2021
Quando il Washington Post fu acquistato da Jeff Bezos, otto anni fa, tra le tante domande e ipotesi che vennero fatte sulle prospettive del giornale (che sono sicuramente migliorate da allora) ci furono anche riflessioni sulle difficoltà che il giornale avrebbe avuto nel trattare gli estesi interessi del nuovo editore in autonomia e imparzialità (si vedano tra l’altro le cose che abbiamo condiviso su Charlie spesso – e anche oggi – su come si muovono i maggiori quotidiani italiani in questo senso). Il giornale scrisse da subito con molta indipendenza sul suo nuovo editore, diede la notizia con un suo ritratto che non aveva indulgenze, e negli anni successivi ha dato l’impressione di trattare Amazon e gli altri affari di Bezos come qualunque altro giornale. Questo approccio è stato di nuovo molto notato questa settimana, dopo un articolo del Washington Post ricco di accuse sull’ambiente di lavoro di Blue Origin, la società di trasporti spaziali di Bezos, e sui suoi limiti e fallimenti.
domenica 17 Ottobre 2021
È un’apparente controtendenza, ma con delle spiegazioni: diverse testate di dimensione medio piccola stanno creando delle pubblicazioni di carta periodiche in un tempo in cui le tradizionali riviste periodiche sono molto in difficoltà. Le spiegazioni della contraddizione sono che le suddette testate investono su un piccolo ma fedele capitale di lettori affezionati al brand, su una capacità di attrarre inserzionisti pubblicitari maggiore degli spazi che possono offrire loro nei loro formati esistenti, e su un’attenzione molto contemporanea al contenimento dei costi e allo sfruttamento delle risorse interne. Così nei mesi scorsi sono nate la rivista del Post (di cui tra un mese uscirà il secondo numero), le molte pubblicazioni create da Linkiesta, ora sta per nascere un nuovo settimanale di Internazionale, e il Foglio ha appena annunciato un suo magazine mensile allegato al quotidiano. Si chiama Review, il primo numero sarà in edicola sabato prossimo, avrà 48 pagine: è diretto da Annalena Benini, giornalista del Foglio da vent’anni, con la collaborazione di Paola Peduzzi e Giulia Pompili. È una rivista “di cultura” ma che già dal primo numero si permette racconti e reportage fuori dai convenzionali perimetri di questa definizione. Sarà in vendita tutto il mese in allegato con la copia quotidiana del Foglio e al prezzo di 50 centesimi in più: l’obiettivo è una raccolta pubblicitaria che renda l’operazione sostenibile (nel primo numero è stata molto soddisfacente, ma i “lanci” di nuovi progetti attraggono sempre più facilmente gli inserzionisti).
domenica 17 Ottobre 2021
Il magazine americano Atlantic ha deciso di raccontare più approfonditamente il fondo che si chiama Alden Global Capital e che è stato molto citato nei mesi passati (anche su Charlie) per le operazioni con cui ha acquistato grandi aziende giornalistiche statunitensi in difficoltà – nella più recente la testata coinvolta più importante è il quotidiano Chicago Tribune, che si aggiunge ad altri duecento giornali – e per la fama di ridimensionarle per portare a casa i profitti a breve termine generati dai tagli. L’articolo mostra in maniera coinvolgente e deprimente quanto in soli pochi mesi le forze del Chicago Tribune e le sue capacità siano state indebolite da tagli, smantellamenti, eliminazione di risorse, da parte di un editore invisibile che non si manifesta in nessun modo e si astiene da risposte e commenti pubblici sulle sue operazioni (i due maggiori responsabili del fondo Alden sono noti per la loro riservatezza, e raccontati dall’Atlantic come personaggi da film sugli squali della finanza).
“Il modello è semplice: sventra la redazione, vendi il patrimonio immobiliare, aumenta i prezzi degli abbonamenti e porta a casa più soldi possibile fino a che avrai perso così tanti abbonati da chiudere il giornale […] Con riduzioni aggressive dei costi Alden può pubblicare i suoi giornali in attivo per anni intanto che il prodotto peggiora, ignorando le perdite di lettori delusi”.
domenica 17 Ottobre 2021
Negli ultimi giorni ci sono state nuove conferme a una notizia che affiorava da un po’ di tempo e che corrisponde a quello che già si sapeva delle priorità dell’editore Mondadori: che starebbe per concludere la vendita al gruppo editoriale La Verità (guidato dal direttore del quotidiano omonimo Maurizio Belpietro) anche del settimanale Donna Moderna e del mensile Casa Facile, dopo aver ceduto negli ultimi anni allo stesso editore Panorama, Confidenze, Sale & Pepe e altre riviste.
L’operazione va nel senso che Mondadori ha comunicato spesso negli ultimi anni, di voler investire soprattutto nel suo business dei libri e nelle attività digitali dismettendo progressivamente l’impegno sui giornali: se si concludesse questa cessione le sue riviste rimarrebbero Chi (che è ritenuto un asset di relazioni e interessi che va oltre il suo valore commerciale), Sorrisi e Canzoni (che continua a essere il settimanale più venduto in Italia con gran distacco, e una diffusione di oltre 400mila copie) e Grazia e Interni, su cui da tempo circolano ipotesi di cessioni ad altri editori.
Donna Moderna ha tuttora una diffusione di 165mila copie, Casa Facile di 123mila. Le testate acquisite finora dal gruppo La Verità hanno dei bilanci generalmente soddisfacenti, grazie alle drastiche ma efficaci riduzioni dei costi, soprattutto del personale: il lavoro fatto in quel gruppo sembra voler essere più in quella direzione che in progetti di ideazione o rinnovo di opportunità che non siano quelle dei ricavi pubblicitari su carta.
I giornalisti dei periodici Mondadori hanno diffuso un comunicato di protesta rispetto alle notizie sulle ipotesi di cessione.
domenica 10 Ottobre 2021
Le cose che leggete su Charlie si devono anche alla collaborazione delle persone che ci raccontano cose da dentro le aziende giornalistiche e le redazioni. Chi abbia notizie o storie interessanti per capire il dannato futuro – e presente – dei giornali è benvenuto (e può rispondere a questa mail): sappiamo che ce ne sono tantissime, là fuori.
domenica 10 Ottobre 2021
Nella causa della ex sindaca di Roma contro il quotidiano per il famigerato titolo e l’articolo che Libero fece su di lei. Sono stati condannati per diffamazione l’autore dell’articolo Vittorio Feltri e l’allora direttore responsabile Pietro Senaldi, entrambi al pagamento di una multa, rispettivamente di 11mila e 5mila euro. L’accusa aveva chiesto una pena detentiva per gli imputati, e Libero aveva pubblicato due settimane fa articoli di grande allarme e protesta per questa eventualità (che non è mai stata davvero probabile, malgrado l’imprevedibilità di quello che avviene nei tribunali italiani). Libero ha ritenuto di raccontare la condanna ai propri lettori come se fosse stata una vittoria.
domenica 10 Ottobre 2021
Da ormai molti mesi il New York Times – il quotidiano più famoso del mondo, protagonista del maggiore successo di questi anni nello sfruttamento degli abbonamenti online – cita tra i maggiori fattori della crescita dei suoi abbonati due servizi che non sono strettamente giornalistici, ovvero i giochi e il “food”. Martedì il sito del Poynter Institute – un ente americano che si occupa di giornalismo – ha raccontato in particolare il successo del “Mini cruciverba” quotidiano e come sia diventato un veicolo di coinvolgimento di abbonati: lo cura un ventinovenne, Joel Fagliano, che è arrivato al New York Times a 17 anni da stagista. La redazione che si occupa di giochi è composta da 17 persone.
domenica 10 Ottobre 2021
Il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro ha aggiunto altre anticipazioni sul nuovo settimanale l’Essenziale – ne aveva scritto il Post una settimana fa – che uscirà a inizio novembre in un’intervista con la newsletter Ellissi.
“Noi ci rivolgeremo a lettori che tendenzialmente, durante la settimana, non comprano quotidiani. Che si informano, certo, ma che sono bombardati soprattutto da titoli – su Twitter o Facebook, nei talk show, nelle homepage dei giornali online – e che vorrebbero capirci qualcosa in più.
Quasi tutti sanno cos’è successo a Mimmo Lucano, della condanna a 13 anni. Quasi tutti sanno perché è giusto indignarsi. Ma sono disposto a scommettere che in pochi abbiano trovato un articolo approfondito sulla vicenda.
Chi è Mimmo Lucano? Quanti anni ha? Qual è la sua storia personale? Di cosa è accusato esattamente? Cos’è il modello Riace?
L’Essenziale vuole fornire a questo tipo di fruitori la possibilità di trovare i fatti nel giusto ordine, chiari, spiegati, verificati”.
De Mauro dettaglia anche l’attuale composizione dei ricavi di Internazionale:
“Internazionale al momento genera circa l’87-88% dei suoi ricavi dalle vendite e dagli abbonamenti, mentre il restante 12-13% arriva dalla pubblicità.
Se guardiamo solo ai ricavi da distribuzione, c’è un sostanziale equilibrio tra copie vendute in edicola e in abbonamento, con una leggera preponderanza per le une o per gli altri a seconda dei periodi.
In questa fase, per esempio, dagli abbonamenti arriva più del 50% dei nostri guadagni da distribuzione”.
domenica 10 Ottobre 2021
Il sito Professione Reporter è tornato sulla crisi di fiducia nei confronti del ruolo dei “Comitati di Redazione” – ovvero gli organi che rappresentano le richieste dei giornalisti nei confronti della direzione e dell’azienda – raccontando che anche al Corriere della Sera non ci sarebbero giornalisti disposti a candidarsi per farne parte, un po’ come avviene spesso quando bisogna eleggere i rappresentanti degli studenti a scuola.
“Una crisi della rappresentanza sindacale che ha varie spiegazioni. Più in generale, la caduta della fiducia nella risoluzione collettiva dei problemi. In particolare, nei giornali, la perdita di potere dei Cdr. Nonostante l’articolo 34 del contratto di lavoro resti intatto da molti decenni e conferisca ai Cdr molti poteri di controllo, di trattativa, di consultazione, permetta agli stessi di pubblicare comunicati sui giornali, di convocare assemblee, di interloquire e influenzare le direzioni, il ruolo non viene più considerato interessante, formativo, utile per la comunità (la redazione).
I cdr si trovano, in questa lunga contingenza di crisi – prepensionamenti, chiusure, riduzioni del trattamento economico- stretti fra le Aziende, che vogliono solo tagliare, le Direzioni, spesso più vicine alle Aziende che ai giornalisti e i colleghi, preoccupati, impauriti, disorientati. Senza avere sempre il sostegno del sindacato regionale e nazionale, a sua volta nel pieno di un calo di iscrizioni e di rappresentatività. Diventa così, quello di membro del Cdr, un secondo lavoro (oltre a quello normale di redazione, che non viene meno) molto pesante”.
domenica 10 Ottobre 2021
Il Festival del giornalismo di Perugia è il più importante evento pubblico italiano di discussione sui temi dell’informazione e del suo cambiamento (non ce ne sono molti, a dirla tutta), con una tradizionale partecipazione di ospiti internazionali e di pubblico appassionato. Da una sua costola è nato tra l’altro il progetto giornalistico Valigia Blu, di cui scrivemmo qui.
Questa settimana il festival ha annunciato che l’edizione del 2022 si terrà – dopo due anni di sospensione – dal 6 al 10 aprile.
domenica 10 Ottobre 2021
Un lungo articolo della Columbia Journalism Review – che è uno dei siti più interessanti nel raccontare l’attualità internazionale delle cose giornalistiche – ha spiegato un po’ di questioni e implicazioni che riguardano il rapporto dei giornali con il cosiddetto “diritto all’oblio”, ovvero la richiesta da parte di persone citate in notizie passate che gli articoli relativi siano rimossi dalla visibilità più immediata, soprattutto attraverso le ricerche su Google.
L’articolo riferisce dei più frequenti interventi europei e si pone il problema di come questi entrerebbero in conflitto con la libertà di espressione come è intesa negli Stati Uniti: oltre a mostrare come tra i giornali – questo vale anche in Italia – non ci sia nessuna modalità condivisa e canonizzata di scelta su quando e in che quota accettare le richieste di deindicizzazione o di rimozione degli articoli, e spesso si provveda ad accettarle semplicemente per maggiore praticità, trascurando un ruolo e una libertà essenziali del giornalismo.
(oltre ai link nel testo qui sopra, qui c’era un altro caso raccontato da Charlie)
domenica 10 Ottobre 2021
Per le “dinamiche” di maggior debolezza delle redazioni dei quotidiani italiani di cui parlammo altre volte – anche domenica scorsa – questa settimana di nuovo il Sole 24 Ore, il cui editore è l’associazione di industriali Confindustria, ha pubblicato articoli del formato “dichiarazione del presidente di Confindustria non particolarmente significativa, con foto del presidente di Confindustria” mercoledì, giovedì e venerdì, con richiami in prima pagina. Negli ultimi due giorni una simile attenzione è stata dedicata dal Sole 24 Ore anche all’ex presidente di Confindustria, con due spazi gemelli venerdì e sabato.
domenica 10 Ottobre 2021
Il sito britannico che si occupa del business dei media PressGazette, ha dato un po’ di informazioni sugli accordi conclusi da Google per il suo progetto Showcase: l’iniziativa per retribuire le maggiori testate in ogni paese del mondo in cui Google teme che le suddette testate possano ottenere compensi maggiori (per l’uso dei loro contenuti da parte di Google) per vie legali. Ne avevamo scritto qui e qui. Ormai Google ha concluso accordi con molti siti di news (anche italiani, compreso il Post), e sta ancora trattando con altri che non hanno finora accettato la misura dei compensi proposti: gli accordi durano tre anni, e sono retribuiti con una cifra forfettaria pattuita con ciascuna testata in cambio della rinuncia ad altre pretese, spiega PressGazette, che dice che le testate coinvolte sono oltre mille in 15 paesi. Le informazioni non sono facili da ottenere perché i contratti prevedono delle clausole di riservatezza sui termini, ma l’articolo sostiene:
– che alle testate australiane siano andate cifre maggiori per le leggi che in quel paese danno maggiore potere contrattuale ai giornali;
– che i compensi siano proposti da Google sulla base del traffico di ciascun sito, del costo di eventuali abbonamenti per i contenuti usati, del numero di articoli prodotti;
– che alcune testate che Google ritiene avere un potere di influenza politica maggiore abbiano ricevuto compensi più alti nella forma di pagamenti per servizi accessori forniti da Google;
– che PressGazette sia riuscita a ottenere informazioni sul valore degli accordi con alcune aziende giornalistiche britanniche: l’editore JPI, che pubblica molti giornali locali, tra cui due o tre importanti, riceverebbe 800mila sterline l’anno (936mila euro); Reach, editore del tabloid Mirror e di molti altri quotidiani locali, tra un milione e un milione e mezzo di sterline.
domenica 10 Ottobre 2021
La grande società di media, editoria digitale ed entertainment che si chiama IAC (posseduta da Barry Diller, uno dei più ricchi e noti imprenditori ed editori americani, che ha 79 anni) ha comprato l’azienda editoriale Meredith, che pubblica i magazine People ed Entertainment Weekly e fu brevemente l’editrice del settimanale Time, che comprò e rivendette dopo pochi mesi tre anni fa.
domenica 10 Ottobre 2021
La Gazzetta del Mezzogiorno, il più radicato quotidiano della Puglia e della Basilicata, di storia secolare, è in traversie ancora maggiori da più di un anno: una nuova proprietà sembrava averla salvata dalla chiusura lo scorso novembre, era stato nominato un nuovo direttore, ma le pratiche per la cessione non si sono concluse – per un groviglio di ricorsi e confronti tra le società coinvolte – e all’inizio di agosto il giornale ha smesso di essere pubblicato. Nei giorni scorsi sembra esserci stato un parziale sviluppo giudiziario verso la risoluzione delle controversie.
domenica 10 Ottobre 2021
Che è il quotidiano che dal 1997 esce assieme al Corriere della Sera a Como (dove la testata maggiore è la Provincia), dove i giornalisti hanno scioperato sabato scorso per protestare contro i progetti di ridimensionamento del giornale – che comprendono anche ipotesi di chiusura – e i ritardi e le sospensioni nei pagamenti degli stipendi.
“In tale contesto l’azienda non ha escluso una chiusura al 31 dicembre 2021. Come possibili soluzioni alla crisi sono state prospettate delle non ben precisate ipotesi di trasformazione del giornale in un sito web o in un periodico. Tutte proposte ancora da verificare sia dal punto di vista della sostenibilità economica che della concreta fattibilità.
Idee che, il rischio è concreto, potrebbero avere ripercussioni sulla forza lavoro e che dovranno comunque essere concretizzate entro i prossimi 3 mesi […]
Si è purtroppo arrivati all’attuale realtà dopo anni di sacrifici da parte dei lavoratori che hanno accettato – per il bene del giornale – riduzioni di stipendio, taglio dell’anzianità e pagamenti effettuati con estremo ritardo.
I dipendenti, ad esempio, a inizio 2021 sono rimasti anche 4 mesi senza remunerazione”.
domenica 10 Ottobre 2021
I giornalisti del Gazzettino hanno scioperato martedì, in una tensione che dura da un po’ con l’editore (il gruppo Caltagirone, che possiede anche il Messaggero di Roma e il Mattino di Napoli, e il quotidiano “freepress” Leggo) e con il direttore, che lunedì avevano fatto uscire il giornale malgrado un primo sciopero, boicottato da una minoranza che il Comitato di Redazione indica come la “catena di comando” del giornale. Il Gazzettino è il maggiore quotidiano di Venezia e del Veneto, ed esce anche in Friuli.
“Troviamo stupefacente che il direttore minimizzi a “ragioni interne” la violazione dello Statuto dei Lavoratori, la violazione del contratto nazionale giornalistico, il rifiuto di confrontarsi con le rappresentanze sindacali, la mancata sostituzione di colleghi morti prematuramente, di pensionati e di dimissionari, i carichi di lavoro insostenibili, il tetto imposto ai pezzi dei collaboratori.
Direttore che facendo uscire un giornale, quello amputato di oggi, ha causato una ferita profonda che sarà difficilissimo rimarginare e che dimostra di non aver rispetto del lavoro giornalistico di tutti i suoi redattori”.
domenica 10 Ottobre 2021
Il Tirreno è lo storico quotidiano di Livorno – e che copre tutta la costa toscana e parte dell’entroterra – che è in particolari ambasce nell’ultimo anno: il gruppo GEDI (ex Espresso) lo ha venduto a ottobre 2020 assieme ad altri quotidiani locali emiliani a una società che si sta muovendo un po’ disordinatamente con la stampa locale, SAE (aveva comprato il Centro di Pescara e poi lo ha rivenduto, ora sta trattando per comprare la Nuova Sardegna, che GEDI vuole vendere da tempo). Il direttore scelto da SAE al Tirreno – Stefano Tamburini – non aveva avuto il gradimento della redazione, e l’azienda non sembra in questo anno avere fatto progetti convincenti di sopravvivenza nei tempi difficili dei quotidiani (la settimana scorsa però ha presentato un supplemento di programmi tv). Adesso ha deciso di sostituire il direttore – Tamburini prenderà un altro ruolo – e il nome del nuovo direttore non è stato finora comunicato malgrado fosse stato annunciato per lunedì scorso.
domenica 10 Ottobre 2021
Internet ha diminuito enormemente i costi di produzione di molti contenuti giornalistici, dando accesso a informazioni e materiali e fonti con maggiore facilità e minor spesa (il Post è uno dei progetti giornalistici che sono potuti nascere grazie a questo, per esempio): per molte testate, questo accesso poco costoso viene da anni portato all’estremo e tradotto nella possibilità di utilizzare tali e quali i contenuti gratuiti – o ritenuti tali – che si trovano online. Non solo l'”embedding” di video da YouTube o di post dai social network, secondo un meccanismo condiviso e promosso dalle stesse piattaforme, ma anche foto prese dai social network senza pagarne diritti o chiedere permesso agli autori, video trovati online che vengono associati a una propria pubblicità, articoli riprodotti tali e quali: in diverse misure tanti giornali hanno fatto propria una consuetudine alla disordinata libertà di manovra nata con internet, e a volte sono gli stessi giornali che protestano per la violazione del copyright sui loro articoli che vengono diffusi in rete o letti senza pagare.
Un caso ancora più ardito di questo tipo di appropriazioni è stato molto discusso questa settimana: il quotidiano londinese Daily Mail (appartenente alla categoria screditata dei “tabloid britannici”) ha direttamente convertito in un articolo di commento sul proprio sito una serie di tweet (un “thread”, come si dice) di un professore di diritto su un tema di diritti umani (pubblicato a lato dell’articolo maggiore di cronaca). Dopo le proteste e le richieste dell’autore, il giornale ha accettato di rimuovere il suo “commento” e citarlo all’interno dell’articolo principale, e di pagare l’autore 250 sterline (avevano offerto 100, ma lui gli ha fatto capire che avrebbe potuto fargli causa).
domenica 10 Ottobre 2021
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani ad agosto. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in: copie pagate, scontate o gratuite; copie in abbonamento o in vendita singola; copie cartacee o digitali; copie acquistate da singoli lettori o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori. Il totale di queste copie dà una cifra complessiva che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui, da cui si vedono grosse perdite rispetto ad agosto 2020 da parte di tutti i quotidiani nazionali, salvo il Corriere della Sera. Ma è utile sottrarre da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi”, per avere un dato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare il giornale. Con questo risultato:
Corriere della Sera 204.097
Repubblica 150.538
Stampa 94.648
Resto del Carlino 71.113
Sole 24 Ore 68.548
Messaggero 64.707
Fatto 51.790
Nazione 50.293
Gazzettino 41.884
Giornale 37.752
Altri giornali nazionali:
Verità 26.995
Libero 24.257
Avvenire 17.533
Manifesto 13.449
ItaliaOggi 10.137
(il Foglio non è certificato da ADS)
Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come diffusione è interessante notare che:
– Corriere e Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie scontate oltre il 70%: 43mila e 33mila, dietro di loro c’è Repubblica con 11mila.
– il Manifesto è ottavo per copie digitali (più del Giornale e della Gazzetta dello Sport), pur essendo 44mo nel totale.
– Avvenire comunica ben 60mila copie “multiple pagate da terzi”, attribuibili in buona parte alla rete delle strutture cattoliche.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, 11mila, in gran parte digitali.
– delle 22mila copie dichiarate da ItaliaOggi, la metà sono copie “promozionali e omaggio” o con sconti superiori al 70%.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono ancora Avvenire, Messaggero, Sole 24 Ore e Gazzettino.
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” sono Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Stampa e Avvenire.
(Avvenire, Manifesto e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 10 Ottobre 2021
Un articolo sul sito NiemanLab (che si occupa di cambiamenti nell’informazione per conto di un’importante fondazione dedicata al giornalismo) ha introdotto questa settimana una lettura un po’ controcorrente nel dibattito – molto giovane e in evoluzione – sui risultati dei progetti di abbonamento o membership delle testate giornalistiche. Secondo l’autrice Sarah Scire, che riferisce di una ricerca appena pubblicata, l’investimento sulle comunità di lettori più fedeli e assidui è naturalmente prioritario, ma in prospettiva queste saranno un bacino sempre più limitato di nuovi abbonati (mentre resta importantissima l’attività di “retention”, ovvero di conservarli come abbonati): mentre i lettori occasionali o interessati solo a poche e rare cose sono una quota straordinariamente più ampia e che di solito viene ritenuta poco interessante, se non per cercare di portarla progressivamente (nel marketing lo chiamano “funnel”) verso coinvolgimenti maggiori. I dati, dice invece Scire, mostrano che tra questi lettori “deboli” ce ne sono che si abbonano comunque, e che tra gli abbonati digitali a una testata una gran parte legge pochi articoli nel corso di un mese; e mentre il bacino di lettori “forti” è difficile da far crescere dopo una prima fase, quello di lettori “deboli” è potenzialmente enorme: il lavoro per le testate sarebbe di fare in modo che a questa più rara frequenza venga dedicata un’accogliente e proficua attenzione da parte dei giornali nel proporre loro di abbonarsi sulla base di priorità che possono essere varie e diverse.
(una difficoltà particolare nell’entrare in questo ordine di idee, premette Scire, è che chi fa i giornali o ci lavora di solito somiglia più a un lettore forte che a uno debole, e fatica a mettersi nei panni di quest’ultimo e delle sue considerazioni)
domenica 3 Ottobre 2021
Il numero di 54 prepensionamenti chiesti a Repubblica dall’editore GEDI – concordati con il Comitato di redazione la settimana scorsa – discende dall’avere stabilito che riguardassero i giornalisti di oltre 62 anni. Il sito Professione Reporter ha ricostruito i nomi di alcuni dei giornalisti coinvolti, tra i quali molti assai noti ai lettori di Repubblica, spiegando che per alcuni di loro potrebbero proseguire delle collaborazioni con il giornale: Simonetta Fiori, Giampaolo Cadalanu, Marco Ansaldo, Pietro Del Re, Federico Rampini, Ernesto Assante, Ettore Livini, Fabrizio Bocca, Roberto Petrini, tra gli altri.
Il sito Prima Comunicazione aggiunge alcune decisioni del direttore Molinari sui nuovi ruoli tra chi rimane: tra cui Livio Quagliata che da condirettore diventa direttore del Venerdì, dopo l’uscita di Aligi Pontani che lo dirigeva dal 2016.
domenica 3 Ottobre 2021
Giovedì nelle rubriche delle lettere dei lettori sulle edizioni di carta del Corriere della Sera e di Repubblica è stata notata la pubblicazione di una stessa lettera, uscita nello stesso giorno anche sul sito della Stampa (che da circa un anno e mezzo non pubblica più le lettere dei lettori sul giornale di carta). La coincidenza suggerisce intanto che le rubriche delle lettere ospitino ancora vere lettere (a volte invece l’impressione è che siano palesemente inventate per dare l’opportunità di una risposta premeditata): la lettera in questione era d’attualità, breve e incisiva, ed evidentemente era stata inviata dalla sua autrice a più giornali. Con il calo dei lettori dei giornali di carta sono però diminuite anche le lettere, dice chi se ne occupa nelle redazioni maggiori. Un tempo arrivavano numerosissime ai giornali: oggi a scrivere sono spesso le stesse persone affezionate, i cui nomi e cognomi sono ormai noti a chi gestisce le rubriche delle lettere (perciò si cerca di scegliere persone nuove e temi il più possibile originali). Molte di quelle che arrivano, poi, vengono scartate perché lunghissime, perché scritte troppo male o perché eccessivamente critiche nei confronti delle scelte del giornale. In generale il bisogno di scrivere al giornale è molto minore, da quando i lettori possono commentare direttamente gli articoli nelle pagine del giornale online o sui social, dove sono più certi di essere pubblicati tempestivamente (anche qui capita che ci siano commentatori “seriali” o più assidui). Anche da queste condizioni nasce il sospetto che a volte i giornali siano costretti a inventarsi le lettere per riempire le pagine dedicate, ma in realtà accade raramente e succede più spesso invece nelle rubriche su temi sentimentali, quelle che spesso si chiamano “la posta del cuore” o simili, o su argomenti specifici: in cui il curatore crea con una lettera l’opportunità per trattare argomenti immortali o attuali. A volte nei quotidiani capita di dover tagliare lettere lunghissime per poterle inserire in pagina, con conseguenti lamentele di chi le aveva scritte. Anna Masera, la public editor della Stampa che gestisce anche la pagina delle lettere, racconta di aver risposto più volte personalmente – quando è indicato l’indirizzo del mittente – a lettere scritte a mano da lettori anziani con minore abitudine agli strumenti digitali.
domenica 3 Ottobre 2021
Questa volta riguardano uno storico quotidiano di Chicago, il Chicago Sun-Times, il più importante della città dopo il Chicago Tribune, tradizionale rivale: riconoscibile per il formato tabloid ma con un approccio rispettabile e premiato all’informazione e al giornalismo investigativo. Le due cose per cui può essere familiare in Italia sono che ci scriveva uno dei più famosi critici cinematografici di sempre, Roger Ebert, e che era il giornale di John Belushi in Chiamami aquila.
Il Chicago Sun-Times ha avuto i problemi di tutti i quotidiani “locali” statunitensi e negli ultimi due decenni è passato attraverso grandi tagli e diversi cambi di proprietà: adesso sta trattando per essere acquisito da una società non profit.
Il Chicago Tribune, invece è stato da poco comprato da un fondo tra molte polemiche e timori per i suoi destini. L’eventualità che riguarda il Sun-Times viene quindi vista come opposta e promettente, nell’ipotesi che coinvolga un editore interessato al giornale e alla sua sopravvivenza più che ai conti economici.
domenica 3 Ottobre 2021
Abbiamo raccontato in passato come le cateratte etiche che trattenevano i maggiori quotidiani dal promuovere visibilmente i propri editori e i loro interessi siano state molto aperte negli ultimi anni, e il potere delle redazioni di tenerli fuori dalle pagine dei giornali si è molto ridotto insieme a tutte le autonomie attenuate dalla minor indipendenza economica dei prodotti giornalistici. Il fenomeno non era certo inesistente nei decenni passati, ma ebbe un’accelerazione qualche anno fa con l’operazione che portò Urbano Cairo – imprenditore dai diversi interessi e attività – a diventare editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, e a ottenere quindi frequenti attenzioni in fotografie e articoli nei suddetti giornali. Forse forti anche di questo esempio, altri suoi colleghi hanno iniziato a trasmettere approcci simili, e per esempio Repubblica e Stampa hanno oggi citazioni del loro editore John Elkann ogni settimana (alla Stampa capitava con maggior frequenza anche prima, per storico intimo rapporto con la famiglia Agnelli e con la sua azienda Fiat), scelta che per ora è culminata nella gran parte della prima pagina di dieci giorni fa dedicata a una conversazione in video dell’editore con un famoso imprenditore americano.
L’ingerenza della persona dell’editore nelle pagine del giornale è stata contestata in questi anni dalla redazione del Sole 24 Ore, che ha avuto frequenti tensioni con l’azienda per questa e altre ragioni: il Sole 24 Ore è dell’associazione degli industriali Confindustria, e il suo presidente Carlo Bonomi è protagonista di quello che è un vero e proprio format sul quotidiano: l’articolo con foto su una dichiarazione di Carlo Bonomi, quasi sempre poco significativa. Ne avevamo già scritto in passato, ma ancora questa settimana il format è comparso nelle pagine dedicate – quasi sempre le prime del giornale – martedì, giovedì e venerdì (sul sito, poi, altro ancora).
domenica 3 Ottobre 2021
La questione della “direttiva europea sul copyright” e della sua applicazione che riguarda il rapporto tra i giornali e le grandi piattaforme online (Google per prima) sull’uso dei contenuti dei primi, è stata raccontata in Italia soprattutto da una parte interessata, ovvero i maggiori giornali: quindi con poca chiarezza e poca terzietà, e con campagne degli stessi giornali perché venisse accolta e recepita piuttosto che descrizioni chiare di cosa implichi. Questa settimana ci si è dedicato con maggiore competenza un articolo sul quotidiano Domani, spiegandone limiti, contraddizioni e pericoli.
“La direttiva, infatti, ha previsto il diritto di autorizzare o meno le pubblicazioni giornalistiche online da parte dei prestatori dei servizi delle società dell’informazione, dietro il pagamento di un corrispettivo, al termine di una negoziazione tra le parti interessate; il decreto, invece, vorrebbe introdurre un vero e proprio diritto a ottenere una remunerazione, obbligando le piattaforme di internet a stipulare accordi con gli editori.
Il governo, in maniera singolare, ha ripreso questa regola da una recente legge australiana, dimenticando, evidentemente, che l’Australia, non appartenendo all’Unione europea, non è tenuta a condividere gli obiettivi della direttiva, né gli strumenti legislativi per raggiungere tali obiettivi, e che tutti gli altri stati europei, nelle proprie leggi nazionali di recepimento, hanno rispettato fedelmente il diritto delle imprese in gioco di concludere o meno gli accordi […]
La bozza di decreto fissa regole poche chiare e di complessa interpretazione. L’esempio forse più evidente è quello che riguarda gli “estratti brevi” ossia le porzioni di pubblicazioni giornalistiche liberamente utilizzabili dagli operatori di internet. Anziché adottare una linea di demarcazione netta, il legislatore italiano ha tradotto la nozione di “estratti brevi” con una definizione criptica, secondo cui l’obbligo di licenza non sussisterebbe nel caso in cui l’estratto ripreso “non dispensi dalla necessità di consultazione dell’articolo giornalistico nella sua integrità”. Quindi, non un parametro oggettivo, come avrebbe potuto essere un numero massimo di caratteri, ma soggettivo e vago, essenzialmente associato alle conoscenze e alle capacità del lettore. L’incertezza definitoria e l’assenza di parametri di immediata applicazione potrebbero riverberarsi negativamente sulla posizione di editori e autori e aprire il campo a possibili, se non inevitabili, contenziosi giudiziari tra gli attori in gioco”.
(qui gli articoli del Post sulla direttiva e sugli sviluppi della sua approvazione)