Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 7 Luglio 2024

Promemoria

Ricordiamo infine che Charlie arriverà le prossime due domeniche, fino al 21 luglio, e poi andrà in vacanza fino a settembre.


domenica 7 Luglio 2024

C’è sempre qualcosa da dire, sui giornali

Sabato prossimo la rassegna del Post, “I giornali spiegati bene”, si terrà con Luca Sofri e Luca Misculin a Peccioli, nel corso dell’evento di due giorni dedicato alla musica – ma non solo, appunto – e alla newsletter Le Canzoni.


domenica 7 Luglio 2024

Cosa è cosa sul Corriere

A questo proposito, accanto ai contenuti promozionali presentati in forma di articolo, sui quotidiani maggiori continuano a manifestarsi interviste e pubblicazioni di comunicati stampa evidentemente legati a investimenti pubblicitari. Sabato il Corriere della Sera ha riferito ai propri lettori nelle pagine dell’Economia che Fincantieri ha varato una grossa barca: Fincantieri aveva comprato diversi spazi pubblicitari sul giornale il giorno stesso e quelli precedenti. E sabato lo stesso Corriere della Sera ha presentato con un articolo una mostra organizzata dal brand Intimissimi, protagonista di una campagna pubblicitaria quasi quotidiana nelle settimane passate. Mentre Mastercard ha comprato una pagina pubblicitaria, uscita giovedì, e il giornale ha pubblicato un’ intervista al suo “country manager” qualche giorno prima.

Invece il Fatto ha attaccato polemicamente il Corriere della Sera sabato per alcune pagine giudicate di eccessiva simpatia nei confronti del giornalista Bruno Vespa e del convegno politico organizzato in una sua tenuta pugliese. Ma anche quelle pagine – presentate come articoli della redazione, scritti da giornalisti del Corriere – erano parte di un più ampio accordo pubblicitario col convegno stesso.


domenica 7 Luglio 2024

Esiste un dovere

Un nuovo “manuale per il praticantato e l’esame di stato”, che si chiama “Diventare giornalisti” (Carocci)*, contiene un’istruzione chiarissima per notarne la violazione quotidiana sulle maggiori testate tradizionali, di cui abbiamo scritto spesso su Charlie, e che non conosce nessuna sanzione o discussione. Scrive Eugenio Occorsio, giornalista di Repubblica, in uno dei tanti articoli di diversi autori di cui è fatta l’antologia, a proposito delle ingerenze della pubblicità nel lavoro giornalistico: “Tutto questo non ha nulla a che fare con la purezza e la genia dell’informazione indipendente che i lettori chiedono e che detta i principi etici del buon giornalismo. Esiste un dovere deontologico previsto dal contratto nazionale ed esiste un patto di trasparenza con i lettori per cui è vietato mescolare le notizie con la pubblicità e prestarsi a scrivere e/o firmare articoli o interviste o altri contenuti giornalistici che siano richiesti dalla concessionaria di pubblicità direttamente o per interposta persona”.

*il libro, a cura di Carlo Chianura, proprio perché compilato da autori diversi (41 autori, 6 autrici), ha contenuti inevitabilmente discontinui. Ci sono testi chiari, pratici e ricchi di informazioni di base, accanto ad altri più faticosi e a opinioni più discutibili, per esempio sugli obiettivi di un articolo giornalistico: “Con una rapida ricerca in rete si trovano molti decaloghi che suggeriscono le regole da rispettare nella preparazione dei primi articoli. Ma al di là delle norme, un giornalista che si siede davanti alla tastiera deve avere chiara una cosa: il pezzo che sta per scrivere deve trasmettere una sensazione emotiva. Dolore, compassione, gioia, rabbia. L’articolo deve modificare per qualche attimo lo stato mentale, l’umore, il modo di pensare del lettore”.
Questa newsletter non si sentirebbe di suggerire questa priorità a chi voglia “diventare giornalista”.


domenica 7 Luglio 2024

«Qual è la domanda?»

In un servizio del Tg1 il cantautore Calcutta ha evidenziato una goffa abitudine del giornalismo italiano, soprattutto televisivo, di “intervistare” le persone mettendole di fronte ad affermazioni piuttosto che a domande: col frequente risultato di lasciare spaesati gli intervistati, o di costringerli a improvvisate e fumose considerazioni per dare un senso al microfono che viene messo loro davanti.
«Dopo cinque anni torni a contatto col tuo pubblico»
«Sì… qual è la domanda, però?»
L’intervista è sembrata a molti assai mal riuscita, ma il Tg1 ha ritenuto lo stesso di trasmetterla.


domenica 7 Luglio 2024

Poca pubblicità su Domani

L’ottimismo che questa newsletter aveva espresso un mese fa sulla raccolta pubblicitaria del quotidiano Domani – la sua maggiore fatica, insieme a una presenza online ancora molto esigua – è stato forse prematuro: questa settimana le pubblicità sulle pagine del giornali è stata di complessive quattro inserzioni su sette numeri.


domenica 7 Luglio 2024

Fasi convulse

Si è dimesso il direttore dell’edizione italiana dello Hollywood Reporter , e con lui tutta la redazione, in uno sviluppo ulteriore e drastico delle traversie del giornale di cui avevamo raccontato nelle settimane scorse su Charlie e anche sul Post. L’editore ha affidato ora il sito ad Alessio De Giorgi, giornalista noto soprattutto come animatore di campagne e propaganda online di Matteo Renzi, ma che è stato anche fondatore del sito Gay.it e collaboratore del Riformista.


domenica 7 Luglio 2024

A Reggio

La Gazzetta di Reggio è uno dei quotidiani che il gruppo SAE – che si creò a questo scopo – ha acquistato negli ultimi anni da GEDI, il grande editore che un tempo si chiamava Editoriale L’Espresso e che si è appunto liberato del suo grande patrimonio di quotidiani locali. Finora a comunicare insoddisfazioni per la gestione delle testate da parte dell’editore era stata soprattutto la redazione del maggiore tra questi quotidiani, il Tirreno di Livorno. Ma lunedì scorso i giornalisti della Gazzetta di Reggio (di Reggio Emilia) hanno scioperato “contro la mancanza di dialogo con l’azienda che ha tagliato in modo unilaterale l’organico procedendo, di fatto, a un impoverimento della redazione”. L’azienda ha risposto definendo “assolutamente falso” quanto sostenuto dal Comitato di redazione.


domenica 7 Luglio 2024

Migliorare il giornalismo a spese dei giornalisti

Vanity Fair, l’edizione originale americana, ha pubblicato un lungo articolo sulla direttrice del Wall Street Journal Emma Tucker (in carica da poco più di un anno), sul suo lavoro di “allargamento” del giornale per farlo percepire non solo come un giornale della finanza, e sulle complicazioni del rapporto con la redazione seguite alle riduzioni di organico.


domenica 7 Luglio 2024

Bomba o non bomba

È diventato molto familiare a tutti, in Italia, un modo suggestivo e sensazionalistico di descrivere i fenomeni meteorologici, sottraendoli alle descrizioni scientifiche e portandoli verso un racconto emotivo e romanzesco: come peraltro avviene anche in molti altri ambiti del linguaggio giornalistico italiano. Siti di previsioni del tempo, ma anche testate maggiori, hanno preso l’abitudine di “raffigurare” gli eventi del clima, o di descrivere le loro manifestazioni come se fossero delle sceneggiature cinematografiche.
L’abitudine è stata indicata con fastidio anche dalla nipote di Edmondo Bernacca, il più famoso meteorologo televisivo del Novecento italiano, in un’intervista al Corriere della Sera : «Parlano di bombe d’acqua, ribattezzano con nomignoli gli anticicloni, a volte lanciano termini senza significato. C’è molto sensazionalismo. Ho imparato dal nonno che oltre i tre giorni le previsioni hanno un’attendibilità estremamente ridotta e che è importante chiamare i fenomeni col proprio nome. Chissà che direbbe lui».
L’espressione “bomba d’acqua” compare tra l’altro sullo stesso Corriere della Sera con intensissima frequenza.


domenica 7 Luglio 2024

Altri direttori che se ne vanno

In tutt’altro contesto, Terence Samuel si è dimesso da direttore del quotidiano americano USA Today dopo solo un anno, senza che né lui né l’azienda ne dessero spiegazioni (anzi, spiegando di non volerne dare).
USA Today è un quotidiano particolare, nel gruppo delle testate che negli Stati Uniti vengono considerate “nazionali” (col New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post): più popolare e meno conosciuto e considerato nel resto del mondo, appartiene al grande editore Gannett ed è da tempo in cospicuo declino di copie.


domenica 7 Luglio 2024

Carlo Verdelli ha lasciato Oggi

Le dimissioni di Carlo Verdelli dalla direzione di Oggi sono una storia che ha dentro molte storie, che proviamo a riassumere nell’abituale sintesi di questa newsletter.
Verdelli ha 66 anni e potrebbe essere il giornalista italiano con la più varia e ricca esperienza e conoscenza del mondo dei giornali tradizionali in Italia. Nessun altro ha diretto due dei maggiori quotidiani (Repubblica Gazzetta dello Sport), è stato vicedirettore di un terzo (Corriere della Sera), diretto due dei più importanti settimanali (Vanity Fair Oggi) e avuto molti altri ruoli importanti in contesti assai vari (direttore del supplemento Sette del Corriere della Sera, capo dell’informazione in Rai). E in ognuno di questi passaggi, è stato protagonista di storie importanti: il successo dell’edizione italiana di Vanity Fair – forse l’ultimo successo di un periodico cartaceo in Italia -, il tentativo (sconfitto) di riprogettazione dell’informazione in Rai, l’invenzione di prospettive e spazi nuovi nella Gazzetta dello Sport, la battagliera gestione (brutalmente stroncata) dell’ultima fase della “prima Repubblica“.

All’inizio del 2022 a Verdelli era stata data la direzione del settimanale Oggi, che fa parte del gruppo RCS (quello che pubblica il Corriere e la Gazzetta, tra le altre cose), e che è sempre stato un settimanale “popolare” di attualità e argomenti più leggeri. Verdelli ci ha applicato la sua attitudine a prodotti giornalistici di maggior spessore e qualità, e raccogliendo collaboratori dalle testate RCS e columinist autorevoli (Liliana Segre, Ferruccio De Bortoli, Fabio Fazio, Valeria Parrella) ha avviato un’operazione simile a quella che – in tempi precedenti alla grave crisi delle riviste – gli era riuscita trasformando Vanity Fair da “femminile” in newsmagazine: dedicando all’attualità e alle news la prima parte del giornale, e alle celebrity e agli argomenti più “larghi” la seconda. I tempi sono diversi, ma l’operazione ha ricevuto diffusi apprezzamenti ed è riuscita a contenere il declino di diffusione che riguarda un po’ tutti i settimanali, mentre p iù critico è stato il bilancio della raccolta pubblicitaria, da cui il giornale – che costa due euro – dipende molto. Da quando Verdelli è diventato direttore, Oggi ha perso il 13% della diffusione per “copie individuali” (dati ADS, gennaio 2024 rispetto a gennaio 2022), mentre il suo concorrente Gente ne ha perse il 27%, e altri settimanali come Chi Sorrisi e Canzoni hanno perso il 16%.

Questo malgrado la carenza di risorse e sostegno di cui il “rilancio” di Oggi, più volte comunicato dall’azienda RCS, avrebbe avuto bisogno: la testata anzi è stata soggetta alle strategie abitualmente preferite dall’editore Urbano Cairo – spesso con buoni risultati economici, ma con le conseguenze relative sui prodotti editoriali – di riduzione dei costi e degli investimenti. Verdelli ha così ritenuto di avere fatto quello che poteva e si è dimesso.
Al suo posto Cairo ha nominato una figura di direttore molto diversa: Andrea Biavardi ha versatilmente guidato (dopo una breve direzione alla Nazione e al Giorno negli anni Novanta) riviste assai varie di argomenti di minore attualità giornalistica, da For men magazine, a Men’s Health Vera, a In viaggio, e più di recente Airone fino alla sua chiusura e poi Giallo (che negli stessi due anni ha perso il 30% delle copie), oltre ad avere ottenuto una visibilità televisiva partecipando a programmi di intrattenimento e di cronaca, e ad aver scritto il libro Sbuccia il maschio.

– Carlo Verdelli intervistato da Luca Sofri nel 2020.


domenica 7 Luglio 2024

Charlie, interessi su Biden

La preoccupata o compiaciuta concitazione intorno alla candidatura di Joe Biden riguarda molto anche i giornali. Non solo come osservatori della vicenda, ma come protagonisti capaci di influenzarla. Nei giorni successivi al dibattito il New York Times è stato per esempio molto ripreso e considerato per il suo editoriale in cui suggeriva di rimpiazzare Biden, con un intervento che al tempo stesso rendeva improbabile una decisione simile in quel momento. Ma le prese di posizione sono tuttora molto condivise e “pesano” nella costruzione dell’opinione pubblica, e quindi anche sulle ricadute nella decisione di Biden e nelle scelte dei dirigenti del suo partito e di chi gli sta intorno. Come pesa anche il lavoro giornalistico più tradizionale, gli articoli che riferiscono pareri anonimi nell’entourage di Biden, quelli che raccontano aneddoti che sembrano confermare la sua fragilità, eccetera. Tutto lavoro giornalistico dovuto, se svolto correttamente.

Però bisogna vederla anche da un altro lato. Per alcuni giornali rianimare la campagna elettorale è un interesse commerciale non insignificante, in particolare per quelli che hanno un pubblico che finora vedeva la campagna dirigersi verso una previsione di sconfitta. È abbastanza facile immaginare che le attenzioni del pubblico e dei lettori per la campagna elettorale nei prossimi mesi crescerebbero se la candidata Democratica diventasse – per esempio – Kamala Harris, rispetto alla condizione attuale. E questa crescita di interesse sarebbe preziosa per molte testate, e per quelle i cui lettori maggiormente avversano una vittoria di Trump. Questo non significa dire che la scelta di dedicare più o meno risorse a rivelare la debolezza di Biden e i dubbi tra chi gli sta intorno non generi informazione corrette. Ma l a scelta per i giornali non è solo raccontare cose vere o false, ma anche quanto spazio e frequenza e priorità dare alle cose vere rispetto ad altre cose vere. Ed è una scelta che crea un conflitto di interesse, che forse sarebbe corretto spiegare e condividere, come lo si fa quando degli articoli accurati e fondati possono privilegiare il proprio editore, o un importante inserzionista, o avere altri effetti collaterali positivi per il giornale. Nel lungo, ai giornali americani servono modelli di business aggiornati che continuino a funzionare: nel breve, serve la rinuncia di Biden.

Fine di questo prologo.


domenica 30 Giugno 2024

Per tempo

Con buon anticipo iniziamo ad avvisare che Charlie arriverà le prossime tre domeniche, fino al 21 luglio, e poi andrà in vacanza fino a settembre.


domenica 30 Giugno 2024

Stracci

C’è stato qualche attrito pubblico tra l’ex direttore di Domani Stefano Feltri (che oggi cura una newsletter che si chiama Appunti) e il suo precedente giornale, il Fatto, che lo aveva criticato a proposito dei suoi giudizi su Julian Assange.


domenica 30 Giugno 2024

Qualcosa non va a Ginevra

Il sito di news svizzero Heidi News è dedicato soprattutto a scienza e sanità, e sabato ha pubblicato un dettagliato resoconto su una vicenda giudiziaria che oppone il Dipartimento per l’istruzione del Cantone di Ginevra e la giornalista italiana Sabrina Pisu (che vive a Ginevra e ha da poco pubblicato per Einaudi un libro su Francesca Morvillo). Pisu è l’autrice di un articolo pubblicato sull’ Espresso un anno fa e intitolato “Mio figlio confinato in una scuola ghetto per persone con disabilità”. La scuola in questione si trova a Ginevra, fa parte di un sistema di scuole “speciali” con cui la Svizzera “gestisce” i bambini autistici con problemi sociali (sistema che era stato già protagonista in passato di casi criticati), e una delle madri dei bambini che la frequentavano la raccontava così:

«È la scuola della miseria, venuta su da un giorno all’altro nel maggio dello scorso anno, me l’hanno imposta», racconta. «È una struttura chiusa, solo per ragazzi disabili e con sindromi serie, dai 15 ai 18 anni, alcuni hanno crisi epilettiche, sono violenti l’uno con l’altro. È orribile, mio figlio è stato strangolato, è tornato a casa due volte con gli occhiali rotti. Hanno messo qui tutti i bambini per cui non c’era posto altrove, senza un programma pedagogico. All’Omp mi hanno detto che se non mi sta bene posso cambiare Paese, io resto qui». Un problema sociale, culturale e politico: «È una vergogna», continua, «manca una riflessione su come integrare questi bambini, un giorno adulti. Vogliono renderli invisibili».

Il Dipartimento per l’Istruzione ginevrino e i suoi responsabili si erano opposti sistematicamente all’indagine di Pisu, durata diversi mesi, impedendole visite e interviste, e nel 2022 l’avevano denunciata per violazione di domicilio dopo che Pisu aveva accompagnato una madre all’ingresso della scuola per incontrare suo figlio assieme a lei; e avevano sostenuto che l’uso da parte di un fotografo – inviato dall’ Espresso – di un drone sopra la scuola avesse creato un pericoloso allarme tra i ragazzi. Le versioni del Dipartimento sono sempre state negate e contestate da Pisu e dal fotografo Gianni Cipriano, e la denuncia nei loro confronti era stata ritenuta infondata e archiviata a seguito di una serie di indagini e accertamenti. Ma il Dipartimento ha fatto ricorso contro l’archiviazione, e i due giornalisti ritengono che si tratti di una ritorsione e di una intimidazione, scrive Heidi News.


domenica 30 Giugno 2024

Estate giornalistiche

Quando le copie di carta erano l’unico formato di diffusione dei quotidiani, era una consuetudine proficua quella di rivedere la distribuzione dei quotidiani e delle riviste nei mesi estivi, in modo da raggiungere efficacemente i lettori che si spostavano dalle loro città nelle località delle vacanze. La pratica è stata ridimensionata in questo secolo, ma è ancora sfruttata da alcuni giornali, soprattutto quelli che hanno quote di lettori che raggiungono abitualmente gli stessi luoghi di vacanza non troppo lontani da quelli di stampa del giornale. Per fare un esempio, le regioni dove vengono vendute (e quindi inviate) più copie dell’ Eco di Bergamo, a parte la Lombardia, sono Emilia Romagna (23), Liguria (13), Veneto e Trentino Alto Adige (10 ciascuna). La Stampa – sempre come media giornaliera – vende più nelle province di Forlì Cesena (1.634), di Rimini (1.177) e di Ravenna (1.001) che in qualunque provincia della più vicina Lombardia (667 a Milano). Fuori dal Triveneto la Tribuna di Treviso indica una sola copia venduta ed è a Rimini.
Venerdì scorso il Foglio ha annunciato ai propri lettori che nei mesi di luglio e agosto riattiverà la distribuzione del giornale in Sicilia e in Sardegna.


domenica 30 Giugno 2024

Aggiornamenti

Abbiamo spiegato in passato come sia diventata convulsa la gestione dei tempi di pubblicazione dei quotidiani, con la crescita di importanza delle edizioni digitali e con l’arretramento delle scadenze di chiusura dovuto alla riduzione dei costi. Oggi alcuni quotidiani “chiudono” a inizio serata e sono già disponibili in digitale – nel numero dell’indomani – alle 22,30; quasi tutti gli altri lo sono dopo mezzanotte o entro l’una. Questo ha modificato il ruolo dei giornali di carta per come vengono letti e acquistati il giorno dopo, e anche la scelta di eventuali “ribattute”, ovvero gli interventi di modifica del giornale che si fanno – se necessario – quando le prime copie sono già stampate. Il digitale permette naturalmente di farlo con maggior facilità, ed è successo per esempio alla Stampa, dove lunedì notte è stato rivisto il dato della percentuale dei votanti ai ballottaggi delle elezioni amministrative.


domenica 30 Giugno 2024

Orrori

La giornalista di Repubblica Laura Pertici ha descritto sabato sul suo giornale la pratica di alcuni altri quotidiani – quelli di maggiore partigianeria politica e ideologica – di attaccare i propri avversari irridendo o umiliando il loro aspetto, e di farlo in particolare con le donne.

“La chiamano la foto degli orrori. La chiamano, che ridere, la sinistra pelosa. Ilaria Salis sul sito nicolaporro.it è la “ragazza stagionata”, quella con il “vestitino della prima comunione” o col “pancino scoperto da influencer movimentista che ricorda Pina Fantozzi”. Carola Rackete invece nel commento di Max Del Papa, pubblicato sul portale del vicedirettore del Giornale e conduttore Mediaset, “non è vestita, ha una specie di vestaglietta rossofuoco su polpacci alla Zaccagni e scarpe da jogging. La negazione di una femmina” col suo “pelame forestale” dalle sopracciglia alle ascelle, “e mi fermo qui per carità estetica”.
Anche Libero partecipa con gran divertimento a questa derisione collettiva ma il mattinale distribuito nelle redazioni di destra e dedicato al body shaming non deve aver regalato troppi spunti — e che vuoi dire d’altro, si sarà sghignazzato, basta guardarle no? — e quindi per Rackete si riciclano le medesime immagini, “vestaglia rossa, ricorda il ragionier Ugo che gioca a tennis con Filini”.

Nell’articolo si parla però di ballo dei ributtanti perché la fotografia scattata è quella che a Bruxelles, nel primo giorno da parlamentari nei palazzi d’Europa, mercoledì 26 giugno, ritrae anche Mimmo Lucano, al centro tra Rackete e Salis: nel suo caso l’agguato non ha molto a che fare col fisico, per lui è meglio insinuare dubbi sulla vicenda giudiziaria, basta un accenno alla “polo d’ordinanza naturalmente rosso Guevara su pantaloni stazzonati neri””.

La questione posta da Pertici* è frequente e assai estesa. In particolare su alcuni quotidiani di destra, le donne – soprattutto le donne – di cui si vogliono attaccare le opinioni sono esposte al disprezzo dei propri lettori e lettrici additando presunte o artificiose sgradevolezze estetiche e facendone una colpa, con una specifica attenzione alla scelta di fotografie mal riuscite.

*nessuno si senta assolto dal sessismo: alla ricerca sul nome di Pertici, caporedattrice centrale di Repubblica, Google la suggerisce col titolo di “moglie di Gabriele Corsi”.


domenica 30 Giugno 2024

Il lavoro giornalistico

L’ex direttore della comunicazione della squadra di calcio della Roma ha scritto una lunga, circostanziata e appassionata lettera al direttore di Sky Tg24 – che l’ha pubblicata – per contestare un articolo sul sito che lo riguardava. La storia è complicata e il suo racconto è ricco di dettagli, con l’intenzione di spiegarla e di ribattere non solo alle accuse dell’articolo che contesta, ma al metodo che descrive.

“Il testo della news che avete pubblicato venerdì scorso è il copia e incolla di una velina preparata in italiano e in inglese, che allego a questa mail. La vostra news non contiene una sola parola diversa dal testo che il PR del Friedkin Group aveva preparato su indicazioni dei legali del gruppo. Una sola parola che sia frutto di lavoro giornalistico. In sostanza il sito di una delle testate più autorevoli d’Italia ha pubblicato integralmente una velina, rinunciando al ruolo di “filtro” tra la notizia e il fruitore della stessa, che è stata resa nota senza alcun check con il diretto interessato o con il suo legale. Da quanto ho ricostruito anche alcuni media internazionali erano stati contattati per pubblicare lo stesso testo, che infatti è stato preparato, oltre che in italiano, in inglese, come vedrai sempre nell’allegato: tuttavia questi media si sono rifiutati di darne conto, stupiti dall’assenza di un comunicato stampa “on the records” sul sito dell’AS Roma. Ma in ogni caso, anche se la società avesse avuto l’onestà di pubblicare una nota su asroma.com, per i media internazionali il presupposto per la pubblicazione sarebbe stato garantire il diritto di replica alla controparte: un requisito minimo per dare equilibrio alla ricostruzione della vicenda”.

A prescindere dal merito e dal caso in questione (su cui ci possono essere molti altri fattori ed elementi che non conosciamo), l’autore della lettera descrive una pratica diffusissima in altri giornali – e che non è escluso che lui stesso abbia frequentato, da direttore della comunicazione -, quella di accogliere senza verifica o intervento le comunicazioni informali o ufficiali di enti, aziende, parti politiche, anche quando queste comunicazioni sono offerte per promuovere evidenti interessi di parte, e trascurando il lavoro giornalistico di completare e indagare quelle comunicazioni.


domenica 30 Giugno 2024

Sempre peggio allo Hollywood Reporter Roma

Domenica scorsa, poco dopo l’aggiornamento su Charlie a proposito dei guai dell’edizione italiana dello Hollywood Reporter (tutta la storia è qui), i giornalisti della redazione hanno tramutato lo sciopero in uno sciopero a oltranza. Gli ultimi articoli sul sito sono del 19 giugno.


domenica 30 Giugno 2024

Oblìo per MTV news

Dopo la chiusura del proprio sito di news, l’anno scorso, MTV ha cancellato dal web tutto il sito MTVnews e il suo contenuto di migliaia di articoli pubblicati in quarant’anni. Spiega il sito di Variety:
“The now-unavailable content includes decades of music journalism comprising thousands of articles and interviews with countless major artists, dating back to the site’s launch in 1996. Perhaps the most significant loss is MTV News’ vast hip-hop-related archives, particularly its weekly “Mixtape Monday” column, which ran for nearly a decade in the 2000s and 2010s and featured interviews, reviews and more with many artists, producers and others early in their careers”.


domenica 30 Giugno 2024

Telese al Centro

Il quotidiano Il Centro di Pescara avrà un nuovo direttore, Luca Telese, giornalista di 54 anni con una lunga e varia carriera e una discreta visibilità televisiva, che tuttora conduce un programma sulla rete La7. Il Centro esiste dal 1986 ed è quasi sempre stato di proprietà del vecchio gruppo Espresso (quello che oggi si chiama GEDI e che ha ceduto quasi tutti i suoi un tempo numerosi giornali locali): nel 2016 è stato venduto a un gruppo di imprenditori abruzzesi guidati dal proprietario della tv locale Rete8 Luigi Pierangeli, che deve le sue fortune economiche alla sanità privata. Nel primo gruppo di acquirenti c’era anche Alberto Leonardis, che ha poi ceduto la sua parte per costituire un nuovo gruppo di soci che ha acquisito altre testate da GEDI ( Tirreno  Nuova SardegnaGazzetta di ReggioGazzetta di ModenaNuova Ferrara).
Telese aveva già diretto un quotidiano nato nel 2012, Pubblico, che aveva chiuso dopo soli quattro mesi.


domenica 30 Giugno 2024

«Mai avuto il piacere di conoscerlo»

È pratica comune e indiscussa, nelle aziende giornalistiche, che le conseguenze di eventuali denunce contro i giornalisti siano coperte economicamente dalla società editrice, e non lasciate a carico dei singoli giornalisti, che sarebbero altrimenti inibiti a prendersi le più ordinarie responsabilità del loro lavoro. Non solo quelle che possono generare condanne, ma semplicemente quelle che possono generare denunce intimidatorie, spese legali, rischi connessi. Un giornalista con un mandato, e un direttore prima ancora, devono poter contare su una difesa adeguata dai rischi legati al buon svolgimento del loro lavoro: è una delle ragioni – non l’unica – per cui i grandi scoop di inchiesta di solito provengono da testate importanti e con risorse economiche maggiori, il poter procedere senza temere le possibili ritorsioni dei soggetti che si ritengono danneggiati dal loro lavoro. I quali, se avessero delle ragioni, dovranno sì vederle riconosciute, ma col giornale che si prende la responsabilità delle scelte fatte e non le scarica sui singoli.

Questa condizione fondamentale del buon lavoro giornalistico sembra essere stata rinnegata questa settimana dal nuovo editore del settimanale L’Espresso, che si sta sottraendo alla difesa dell’ex direttore del giornale Lirio Abbate in una causa per diffamazione da parte dell’attuale ministro della Difesa, legata a un articolo pubblicato sul giornale nel 2022. L’editore sostiene che il fatto che Abbate non lavori più per l’ Espresso – ” mai avuto il piacere di conoscere l’ex direttore Abbate” – liberi l’azienda dalle sue responsabilità (tesi ardita, considerati i tempi processuali di questo genere di cose).
In una condizione simile, per sviluppi diversi, si era trovata qualche anno fa la giornalista e scrittrice Concita De Gregorio, rispetto al suo lavoro di direttrice del quotidiano L’Unità.


domenica 30 Giugno 2024

Editori

Alla sempre più frequente abitudine, da parte di alcuni quotidiani, di dare ampia visibilità ai propri editori, alla loro promozione personale e ai loro interessi, questa settimana hanno aderito le testate del gruppo Caltagirone, che giovedì hanno dedicato gli spazi maggiori delle prime pagine al “Cav. Lav. Francesco Gaetano Caltagirone” e a un suo discorso a un evento organizzato dall’azienda. Sul Messaggero (dove l’editore aveva da poco licenziato il direttore appena assunto), sul Mattino e sul Gazzettino.


domenica 30 Giugno 2024

La destra in cerca di giornali in Francia

Marianne è un settimanale francese d’attualità e inchieste nato nel 1997 con posizioni progressiste, che negli anni seguenti è stato critico nei confronti delle derive di destra e antidemocratiche in Francia ma spesso anche dell’estrema sinistra: e che ha ottenuto frequenti attenzioni con scoop e inchieste giornalistiche legate alla politica. Dieci anni fa cambiò parte della proprietà e del gruppo dirigente e ribaltò le sue simpatie politiche, diventando un giornale molto più di destra e negli ultimi anni più esplicitamente populista e accusato anche di islamofobia, con abbandoni da parte di diversi giornalisti e problemi di sostenibilità economica (l’anno scorso ha perso tre milioni di euro). Nel 2018 la maggioranza della società era stata acquistata da Daniel Kretinsky, un miliardario di 49 anni di origine ceca le cui ricchezze derivano soprattutto dal business dell’energia (ha ampi e estesi interessi nei media europei: possiede diverse testate in Repubblica Ceca, in Francia aveva una quota della società che pubblica Le Monde e che ha poi ceduto, si parla spesso di lui quando ci sono giornali europei potenzialmente in vendita). Da qualche mese Kretinsky sta cercando di vendere Marianne e l’acquirente dovrebbe essere Pierre-Edouard Stérin, imprenditore arricchitosi con diversi progetti tra cui i cofanetti regalo Smartbox e il servizio di prenotazioni The fork. Stérin ha posizioni di integralismo cattolico molto di destra e vicine a quelle del partito Rassemblement National fondato e guidato dalla famiglia Le Pen.
La prospettiva si sarebbe concretizzata in queste settimane, ma da venerdì i giornalisti della redazione di Marianne sono entrati in sciopero – due giorni prima delle elezioni legislative – per opporvisi, dopo avere scoperto che le garanzie di indipendenza ricevute sarebbero in contraddizione con informazioni diverse sui progetti del nuovo editore di sostenere il Rassemblement National anche attraverso il giornale. Kretinsky ha quindi sospeso le trattative con Stérin e ha aggiornato la questione al 21 luglio. Un’altra offerta in competizione per l’acquisto del giornale – più bassa – è dell’imprenditore dei videogiochi e produttore video Jean-Martial Lefranc, ritenuto di simpatie più progressiste.


domenica 30 Giugno 2024

Era stato un sogno?

Questa settimana non è successo niente al Washington Post: o meglio niente di paragonabile a quello che era successo nelle settimane precedenti, e nessuno sviluppo concreto e pubblico dei problemi al giornale, una delle più note e importanti testate del mondo. L’impressione è che la dirigenza voglia ristabilire un po’ di maggior serenità e fiducia prima di prendere nuove decisioni, avendo anche la percezione di essere molto sotto le attenzioni di tutto il mondo del giornalismo americano e non solo. La redazione però nel frattempo ha pubblicato venerdì un nuovo lungo articolo di accuse nei confronti di Will Lewis rispetto alle sue responsabilità nello scandalo dei tabloid britannici.

Se però le vicende del Washington Post vi appassionano, è uscito sull’ Atlantic un lungo articolo di ricostruzione di quello che è successo dall’acquisto del giornale da parte di Jeff Bezos a oggi, con una serie di interpretazioni frutto di molte conversazioni con i coinvolti, e non superficiali.
Le principali sono:
– che i guai del giornale non siano dei guai degli ultimi due anni, ma derivino da una mancanza di visione e di progetto precedente, che non aveva avuto ripercussioni visibili negli anni floridi del ritorno generale degli abbonamenti e della presidenza Trump;
– che, a differenza del New York Times, il Washington Post abbia investito quasi soltanto sulla qualità del suo giornalismo e non su una più lungimirante costruzione di ragioni di utilità per i lettori;
– che l’assenza di Jeff Bezos come guida e come editore abbia dato una apprezzabile sensazione di indipendenza, ma si sia sentita sul piano della visione, e che la redazione abbia bisogno di qualcuno capace di motivarla e darle fiducia dalla parte dell’azienda;
– che un giornale è una cosa complicata, il cui buon funzionamento implica una serie di attenzioni spesso in contraddizione, e ancora di più in tempi di difficoltà economiche e di cambiamenti digitali.


domenica 30 Giugno 2024

Charlie, fermare l’informazione

C’è stata durante la settimana una polemica politica intorno a una serie di reportage del sito di news Fanpage che mostrano atteggiamenti razzisti e antisemiti all’interno di movimenti vicini al partito di maggioranza italiano, Fratelli d’Italia. Diversi membri del partito, compresa la presidente del Consiglio, piuttosto che affrontare il merito della questione, hanno contestato la legalità del metodo giornalistico di Fanpage, che ha ottenuto registrazioni video di nascosto e senza rivelare che i loro autori fossero giornalisti. Questo ha generato ulteriori polemiche, a base di formule astratte e partigiane, da “regime” a “intimidazione alla stampa”, eccetera, così rituali e svuotate di significato da rendere impossibile una discussione.
Buona idea è stata quindi quella del 
Corriere della Sera di intervistare sabato il consigliere giuridico della presidente del Consiglio per chiedergli il fondamento delle accuse di illegalità contro il lavoro giornalistico di Fanpage .

E gli argomenti dell’intervistato si sono rivelati quindi fumosi e fragili, ricchi di paragoni suggestivi e improbabili, alieni alla comprensione di cosa siano l’informazione e il giornalismo, oppure frutto di acrobatici tentativi di gettare la palla in tribuna: «la libertà di esprimere le proprie opinioni e le proprie idee politiche in segretezza è tutelata», dice per esempio, rendendo così illegale una enorme quota della storia del giornalismo mondiale (nonché del lavoro degli storici) fatta di testimonianze e racconti di conversazioni e opinioni espresse non in pubblico. Oppure: «Se [le idee politiche] si traducono in reati ci sono le autorità di pubblica sicurezza e della magistratura. Altrimenti nel nostro Paese è garantito il diritto di parlare liberamente». Formulazione che di fatto legittima il lavoro di Fanpage: se è garantito il diritto di dire qualunque cosa che non si “traduca in reato”, perché dovrebbe essere un problema che lo si sappia? Nessuno ha chiesto arresti per quelle parole. Per non dire della definizione di “idee politiche” attribuita alle battute razziste dei protagonisti dei video.
E ancora: «Su quello 
[eventuali attività criminali] interviene la magistratura. L’informazione si deve fermare fuori». L’idea che “l’informazione si debba fermare fuori”, più che un attentato alla democrazia e alla libertà di stampa, è un attentato alla logica e all’intelligenza di chi legge l’intervista.

Fine di questo prologo.


domenica 23 Giugno 2024

I contributi alle agenzie di stampa

Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria del governo ha aggiudicato i “lotti” della gara per i servizi che le agenzie di stampa forniscono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In pratica si tratta dell’assegnazione di una serie di cospicui finanziamenti pubblici alle agenzie di stampa che ne fanno richiesta, in cambio di forniture giornalistiche e di informazione offerte all’istituzione da parte di quelle agenzie. Questa è la lista degli assegnatari e dei compensi.

“Agenzia ANSA all’importo annuale pari a Euro 6.358.000,00;
Agenzia 
ADNKRONOS all’importo annuale pari a Euro 4.949.584,00;
Agenzia 
AGI all’importo annuale pari a Euro 1.680.000,00;
Agenzia 
LaPresse all’importo annuale pari a Euro 697.500,00;
Agenzia 
La4News all’importo annuale pari a Euro 740.025,00;
Agenzia 
Askanews all’importo annuale pari a Euro 1.035.000,00;
Agenzia 
Il Sole 24 Ore all’importo annuale pari a Euro 640.000,00;
Agenzia 
COM.E all’importo annuale pari ad Euro 436.100,00;
Agenzia 
Infoedizioni all’importo annuale pari ad Euro 144.000,00;
Agenzia 
Withub all’importo annuale pari ad Euro 175.500,00;
Agenzia 
VISTA all’importo annuale pari ad Euro 184.300,00″.


domenica 23 Giugno 2024

Editori

Giovedì Repubblica Stampa hanno dedicato due articoli – una pagina, sulla Stampa – alla partecipazione del proprio editore a un podcast.

Invece, Charlie ha ricevuto richieste di aggiornamenti a proposito dell’eventuale rinnovo della “rubrica Bonomi”, ovvero lo spazio quasi quotidiano che il Sole 24 Ore dedicava alle dichiarazioni non sempre originalissime del suo editore, il presidente di Confindustria. In questi tre mesi da che si è insediato, del pensiero del nuovo presidente di Confindustria Emanuele Orsini, il Sole 24 Ore sta riferendo con molta maggiore parsimonia.


domenica 23 Giugno 2024

Il Corriere online per le scuole

In una pagina pubblicata sul quotidiano lunedì, il Corriere della Sera ha esposto le sue offerte di abbonamento per le scuole: ovvero di accessi ai contenuti del sito (apparentemente non all’edizione digitale del giornale quotidiano) per diverse quote di studenti e diversi istituti scolastici.


domenica 23 Giugno 2024

La dottrina sociale della Chiesa

Nei giorni scorsi diversi articoli sui quotidiani hanno riferito il comunicato dei lavoratori precari di Tv2000, la televisione che è di proprietà della CEI (la Conferenza dei vescovi italiani), assieme al quotidiano Avvenire.

“In questi giorni TV2000, la rete televisiva di proprietà della Conferenza episcopale italiana, impone a circa 40 precari (giornalisti professionisti, autori e consulenti vari – alcuni dei quali sono partite iva con contratti continuativi in essere da oltre 10 anni) di firmare una transazione capestro, mediata da una Commissione di Conciliazione istituita presso l’Università Luiss, con la quale si costringono i lavoratori a dichiarazioni non conformi alla realtà dei fatti: il documento fa riferimento a nostre inesistenti “generiche rivendicazioni” in merito ai compensi pattuiti, forzandoci, dietro versamento di 500 euro (sic!), a rinunciare a qualsiasi pretesa/diritto acquisito nel pregresso rapporto di lavoro con l’azienda.
Dunque una transazione capestro su una controversia che non esiste.
Naturalmente chi non firma questa “transazione” non potrà firmare nemmeno il rinnovo del contratto.
Ora, per prima cosa, in onore alla lingua italiana, va ricordato che la parola “transazione” si riferisce a un accordo concluso tra le parti di un rapporto, dunque frutto di una libera intesa, mentre qui siamo di fronte a un atto arrogante e unilaterale che l’ad Massimo Porfiri e il direttore del personale Luciano Flussi impongono ai lavoratori – nel silenzio assoluto del direttore di rete Vincenzo Morgante e dell’editore.
Tale procedura, nel dizionario della lingua italiana, andrebbe cercata piuttosto sotto la voce “ricatto”.
Oltre a questo, che già è sufficientemente vergognoso, bisognerebbe sottolineare che stiamo parlando di un’azienda – Rete Blu S.p.a., cui fanno capo Tv2000 e Radio in blu – finanziata con i denari affidati ai vescovi italiani, soldi che si suppone dovrebbero trovare un impiego “etico”, mentre l’azienda sta seguendo, verso i suoi collaboratori, criteri che fanno carne di porco dei diritti dei lavoratori.
O forse ricattare i lavoratori più deboli, quelli a partita iva, rientra tra i suggerimenti della dottrina sociale della Chiesa? Di certo non ci sembra un modo di agire in sintonia con il magistero di Papa Francesco – di cui ricordiamo molto bene le parole accalorate durante la sua visita allo Stabilimento Ilva di Genova (Sabato, 27 maggio 2017) contro “l’economia che perde i volti”, e passa sopra “le persone da tagliare e licenziare”, per non parlare dei numerosi interventi contro “l’abuso del lavoro precario”.
Ci piacerebbe conoscere il parere dei vescovi italiani su quanto sta accadendo tra le mura della loro rete televisiva, ma in tutta questa brutta storia – che mette 40 famiglie con il coltello alla gola – ci sono tanti silenzi. Silenzi assordanti.
Coordinamento Precari TV2000”

Il vicepresidente della CEI si è detto “sicuro che una soluzione verrà trovata”.


domenica 23 Giugno 2024

Le direttrici

C’è stato un giro di nuove nomine in alcuni dei più importanti periodici “femminili” italiani, ovvero le sole testate che vengono abitualmente affidate a delle donne piuttosto che a degli uomini. L’editore Hearst (che in Italia pubblica anche Gente Cosmopolitan Esquire ) ha spostato Manuela Ravasio dalla direzione del mensile Marie Claire a quella del settimanale Elle. A dirigere Marie Claire sarà Elena Mantaut.


domenica 23 Giugno 2024

Le parole non bastano più a THR

All’edizione italiana dello Hollywood Reporter continuano i problemi di cui aveva raccontato questo articolo sul Post il mese passato. Adesso giornalisti hanno indetto cinque giorni di sciopero, a partire da mercoledì scorso.

“I giornalisti di The Hollywood Reporter Roma attendono da mesi che venga loro corrisposto lo stipendio. L’azienda non ha ottemperato ai propri doveri e tuttora non ha mostrato alcuna prospettiva realistica e sostenibile per il giornale. La redazione ha continuato a realizzare, anche in una situazione sempre più disperata, un prodotto di alto livello qualitativo.
I giornalisti di THR Roma difenderanno in ogni sede i propri diritti, e proclamano a partire da mercoledì 19 giugno alle ore 9 un nuovo sciopero di cinque giorni – a cui potranno aggiungersi altri cinque giorni – che potrà essere interrotto solo a fronte di atti concreti da parte dell’azienda.
Le parole non bastano più”.

L’editore ha risposto con un suo comunicato:

“L’Editore comprende la sofferta scelta della redazione, prendendo atto della decisione sindacale adottata, a fronte della riconosciuta ed apprezzata abnegazione con cui ogni lavoratore e lavoratrice ha svolto il proprio lavoro in questi mesi.
Pur comprendendone le ragioni, l’auspicio della Società Brainstore Media S.r.l. è quello che si possa, nel più breve tempo, tornare a lavorare insiema ai progetti e alle iniziative che sono state comunicate al Fiduciario e all’organo sindacale nel precedente comunicato, anche con riferimento alla strategia a breve e medio termine, che con loro si vuol condividere e costruire insieme. Ed in tale direzione, li invitiamo ad un confronto costruttivo sugli scenari, sia immediati che futuri, della Redazione.
In questa sede, l’azienda conferma che, grazie ai piani e alla spending review avviata, si prevede il ripristino dell’equilibrio finanziario entro il terzo trimestre del 2024, a meno di un anno dal lancio commerciale.
In questa fase delicata, Brainstore Media S.r.l. sottolinea l’importanza di un lavoro congiunto e dell’apporto delle migliori energie della redazione.
L’azienda confida inoltre nella comprensione dei lettori, invitandoli a sostenere un’attività innovativa avviata da poco tempo”.


domenica 23 Giugno 2024

Fuori dal coro

Le eccezioni sono solo eccezioni, ma sono però eccezioni: a proposito della partigianeria cieca a cui molti quotidiani affidano le proprie opinioni merita di essere segnalato che sulla legge sull'”autonomia differenziata” – celebrata trionfalmente da alcuni giornali filogovernativi, contestata drammaticamente dai giornali antigovernativi – il giornalista Marcello Veneziani ha preso venerdì sulla Verità una posizione diversa da quella del resto del suo giornale e del suo direttore. Vero è anche che su questa legge le posizioni non sono del tutto coerenti nemmeno all’interno della maggioranza di governo.


domenica 23 Giugno 2024

La non morte di Chomsky

Il più frequente degli incidenti giornalistici legati alla precipitazione nel voler pubblicare una notizia e alla scarsa attitudine alle verifiche accurate è quello della “falsa morte di un personaggio famoso”. È capitato di nuovo martedì sera a moltissimi siti di news italiani ( Corriere della SeraSole 24 OreSky Tg24AdnkronosAvvenireGiornale, tra gli altri) e anche a diversi stranieri, che hanno annunciato la morte dello scrittore e intellettuale Noam Chomsky, che invece è tuttora vivo. La smentita della notizia è stata data da sua moglie all’agenzia Associated Press e ad altre testate che hanno ritenuto di telefonarle prima di darla. Le testate che l’avevano pubblicato hanno rimosso le pagine relative (ma alcune appaiono tuttora su Google), fornendo poche spiegazioni (Avvenire si è scusato).

Diversi commenti hanno segnalato come parte del lavoro di Chomsky in passato sia stato predicare e spiegare una giusta diffidenza per i mezzi di informazione.


domenica 23 Giugno 2024

Non vale la pena

La questione del valore reale degli abbonati per i giornali, e quindi dell’efficacia delle offerte scontate, è piuttosto centrale nel dibattito attuale intorno alla sostenibilità di questi tipi di modelli. E infatti se n’è occupato anche un articolo della sezione “Strategies” del quotidiano londinese Financial Times, che da tempo sta investendo sulla ricerca e la formazione relativa al business dei giornali.
Secondo l’articolo in questione sarebbero molto inefficaci, e alla fine persino in perdita, gli abbonamenti mensili scontati: perché l’investimento necessario a ottenerli (di solito sono proposti come “prova”, ai lettori meno convinti) e i bassi ricavi ottenuti dalle promozioni relative si tradurrebbero in una quota molto limitata di conferme degli abbonamenti stessi a prezzo pieno.


domenica 23 Giugno 2024

Saturo?

Tra i dati del “Digital News Report”, sono particolarmente attuali quelli relativi all’inclinazione delle persone a pagare per abbonamenti alle edizioni digitali dei giornali. Interessanti in generale, e anche per quel che dicono delle singole venti nazioni evidenziate. In Italia c’è una delle quote più basse di persone che hanno pagato per le news online nell’ultimo anno, il 10%. Ma il rapporto si è concentrato anche sul valore reale di questi abbonamenti, da che in molti casi si tratta di abbonamenti a prezzi assai ridotti o gratuiti: e quindi sulla disponibilità delle persone “a pagare”, che non è la stessa cosa della disponibilità delle persone ad abbonarsi. In Italia il 35% degli abbonati non paga il prezzo intero di un abbonamento così come è pubblicizzato, ma una quota ridotta, che in media è di 8 euro al mese (per capirsi: nel caso del Post questa quota è praticamente il 100%, senza offerte promozionali; altre testate invece offrono misure diverse di sconti, soprattutto nei primi mesi o nel primo anno, oppure agli abbonati che vogliono disdire). E ancora, in Italia il 50% degli intervistati che al momento non pagano per un abbonamento alle news ha dichiarato di non essere disposto a pagare niente; il 19% potrebbe pagare un euro; il 20% fra 2 e 5 euro; il 6% potrebbe pagare fino a 10 euro.

Se si associano questi dati alla considerazione apparente che chi è abbonato a qualche giornale online tende a non pagare per più di un abbonamento, e che gli abbonati sono raccolti da poche grandi testate, si vede che il bacino potenziale è già diventato molto esiguo.

«I risultati suggeriscono che le aziende giornalistiche abbiano, in molti paesi, già raggiunto la gran parte delle persone interessate abbastanza da pagare per l’offerta corrente ai prezzi correnti, e che le quote dei pagamenti stiano ristagnando. Le offerte economiche sono state un modo per aumentare il numero di abbonati, ma non ci sono garanzie che i beneficiari continueranno a pagare nel lungo periodo. La tendenza a offrire sconti ha determinato una significativa proporzione (il 41% in media nei vari paesi) di abbonati che non pagano il prezzo intero.
Fuori da queste quote di abbonati, nella maggior parte dei mercati c’è un gruppo disposto a pagare qualcosa se il prezzo è considerato giusto, ma sono numeri molto piccoli, e forse non abbastanza attraenti per un impegno degli editori».

La conclusione di un articolo del NiemanLab sui dati in questione è che il modello degli abbonamenti offre numeri preziosi e promettenti per i progetti di news più piccoli, per i quali quei numeri sono sufficienti e che hanno ancora del potenziale, mentre potrebbero essere stati già saturati dalle grandi testate e dalle loro maggiori necessità.


domenica 23 Giugno 2024

Che aria tira

Il Reuters Institute dell’Università di Oxford è un’istituzione autorevole che si occupa di studio del giornalismo, e pubblica ogni anno un “Digital News Report” sulle tendenze dell’informazione digitale, di cui abbiamo parlato in passato. La nuova edizione è stata pubblicata nei giorni scorsi, ed è stata assai citata e commentata da molti siti e addetti ai lavori. Il rapporto è diviso in sezioni dedicate a diversi contesti nazionali, e qui c’è quella relativa all’Italia, con una descrizione generale delle tendenze, e diversi grafici e dati. Alcune testate italiane hanno molto promosso sui social network i dati che sembrano mostrare apprezzamenti del pubblico per quelle stesse testate, come quello sulla fiducia che premia in particolare AnsaSky Tg24 Sole 24 Ore (e che spiega, a proposito del Post e della prevalenza di risposte incerte che lo riguardano: “The lower scores of digital-born players like Fanpage and Il Post may be because they have had less time to build a reputation”).


domenica 23 Giugno 2024

Mettetevi dove capita

Come era stato stabilito lo scorso marzo, Repubblica ha eliminato questa settimana tre pagine dalla sua foliazione, per risparmiare sui costi: ovvero una delle tre della sezione dei commenti e rubriche (divenute due), e le due dei programmi tv e meteo. Le rubriche quotidiane che ne venivano ospitate (quella di Concita De Gregorio, quella sulla tv di Antonio Dipollina, quella di Paolo Berizzi) sono state sparpagliate nelle varie pagine del quotidiano.


domenica 23 Giugno 2024

Si mette male al Washington Post

Le vicissitudini del Washington Post questa settimana hanno fatto un ulteriore salto di qualità, e sono diventate LA storia nel mondo dei giornali americani. Come avevamo scritto solo due settimane fa, la sintesi iniziale della storia era: “grande e ammirato quotidiano americano, con una storia da cinema, viene salvato dal declino dal padrone di Amazon, risorge e torna protagonista per un breve periodo, ma poi va in nuova crisi economica e di lettori”. Quello che è successo nell’ultimo mese è quindi stato: “il padrone di Amazon decide di chiamare un manager londinese nel ruolo di publisher a rimettere in ordine i conti, il quale costringe la direttrice alle dimissioni, maltratta la redazione mettendola di fronte alla crisi, e fa alcune proposte editoriali poco chiare e un po’ preoccupanti”.

Ma nel frattempo la storia è diventata soprattutto: “il giornale reagisce criticando la scelta di un nuovo direttore – inglese anche lui -, allarmandosi degli approcci britannici all’etica giornalistica, e disseppellendo, con altre testate, un po’ di scheletri dall’armadio del publisher”. Il quale, Will Lewis, ha una carriera di ruoli importanti in importanti testate, ma che lo hanno anche coinvolto nel famigerato scandalo dei tabloid britannici, che continua ad avere strascichi processuali nel Regno Unito.

E quindi arriviamo agli ultimi giorni: nei quali nuove accuse di antichi comportamenti scorretti e forse illegali da parte di Will Lewis e del potenziale direttore sono stati raccontati dallo stesso Washington Post, dal New York Times, da NPR, dal Financial Times e da CNN (il Washington Post ha incaricato un suo giornalista di guidare le inchieste e gli aggiornamenti sulla vicenda). E nei quali è infine intervenuto il padrone dell’azienda, Jeff Bezos, con un messaggio ai maggiori responsabili della redazione che ha cercato di essere rassicurante ma ha evitato di difendere esplicitamente Lewis: in modo da tenersi libero di sacrificarlo se le cose dovessero precipitare. E un po’ stanno precipitando, con autorevoli giornalisti – del Washington Post e non – che sostengono che la convivenza tra Lewis e la redazione non sia recuperabile. Ma soprattutto con la rinuncia di Robert Winnett – il direttore incaricato che avrebbe dovuto prendere servizio a novembre -, del quale venerdì si è saputo che rimarrà invece al Daily Telegraph, a Londra.

La decisione di Winnett da una parte indebolisce ulteriormente Lewis che lo aveva scelto, dall’altra gli dà l’occasione di rimpiazzarlo con un direttore più ben visto dalla redazione, e attenuare i dissapori. Ci saranno sicuramente altri sviluppi presto.


domenica 23 Giugno 2024

Charlie, è nelle teste

Un articolo sulla Columbia Journalism Review firmato da Mathew Ingram – esperto osservatore dei cambiamenti nel giornalismo – ha ridimensionato le paure delle conseguenze dell’uso di tecnologie raffinate nel diffondere informazioni false, citando alcune ricerche. Ingram spiega, in sintesi, che “deepfake” o altri contenuti artefatti con grande verosimiglianza non attecchirebbero particolarmente per questa loro crescente “qualità”, ma grazie alla disponibilità delle persone a voler credere ai loro messaggi. E che insomma la vera efficacia di questi messaggi dipende da chi li riceve: “riflettono le opinioni delle persone, le confermano, le lusingano, e cercano di approfittarne”. O che, per esempio, a confortare un messaggio servano di più i bot e gli account falsi che sembrano condividerlo, facendolo credere “normale” e diffuso, piuttosto che la sua qualità tecnica originaria o il suo sembrare più realistico. «Più rilevante del problema tecnologico è quello umano: che la nostra capacità di pensiero si sciolga nei nostri pregiudizi; che condividiamo messaggi perché sono divertenti o generano indignazione e non perché sono veri; che la nostra fiducia in qualunque fonte di informazione scompaia».

Le truffe funzionano sull’ingenuità dei truffati, ed è sugli umani che bisogna intervenire, sembra dire Ingram, più che sulla tecnologia: media tradizionali e social network – che sono una tecnologia assai tradizionale, solo amplificata – possono essere strumenti di questo intervento, oppure assecondare le nostre tendenze a voler essere accontentati, indignati, mobilitati, lusingati dal pensare di avere ragione e convinti che qualcuno ci stia togliendo ciò che ci spetta.

Fine di questo prologo.


domenica 16 Giugno 2024

Il prossimo weekend a Novara

La rassegna stampa del Post, “I giornali spiegati bene”, sarà sabato a Novara con Luca Sofri e Francesco Costa a raccontare cose in sintonia con quello che trovate abitualmente su Charlie. Domenica, sempre nel corso dello stesso evento a Novara, Luca Misculin ed Eugenio Cau cureranno la rassegna stampa dei giornali europei.


domenica 16 Giugno 2024

Editori

All’interno delle pagine sul G7 che si è tenuto nei giorni scorsi in Puglia, Repubblica ha ritenuto di segnalare ai lettori l’uso da parte dei leader mondiali di un’automobile “Fiat Spiaggina” e un post su Instagram del fratello del presidente del gruppo che possiede Repubblica.
Malgrado gli imbarazzi segnalati di recente dalla propria redazione, il Corriere della Sera ha dedicato un articolo al proprio proprietario Urbano Cairo e ai suoi ricordi di spettatore calcistico.


domenica 16 Giugno 2024

Un giorno nella vita del mondo

Antonio Stella, giornalista e collezionista di giornali, ha raccontato sul Post la storia di una collezione perduta.

“Trovato l’annuario mi venne la stramba idea di raccogliere tutti i quotidiani del mondo (o quanti più possibile) dello stesso giorno. Qualche anno prima, nel 1979, avevo inventato e condotto per anni la rassegna stampa di Radio Popolare e mi era rimasta una sorta di emerofilia acuta. La tesi che mi sarebbe piaciuto dimostrare (a parte il godimento materiale di avere una collezione rara e graficamente cosmopolita) era che – alla fin fine – ogni giorno in qualunque parte della Terra succedono più o meno le stesse cose per quanto rimarchevoli”.


domenica 16 Giugno 2024

“Un saluto” da Roma, e da Milano

Contemporaneamente, ma con più contenuti annunci, Repubblica ha invece chiuso i due storici supplementi settimanali TuttoMilano TrovaRoma , dedicati agli eventi nelle due città. Le due testate esistevano da 38 anni, e – ha spiegato il quotidiano ItaliaOggi – saranno rimpiazzate da un inserto di otto pagine dedicato agli eventi del weekend e unico per tutte le edizioni locali.


domenica 16 Giugno 2024

Dalla di alla u

Lo scorso giovedì è uscito il primo numero di un nuovo magazine “maschile” (vengono chiamate così le riviste che si rivolgono, con contenuti e pubblicità, a interessi che si ritiene accomunino una quota di lettori maschi) di Repubblica, allegato gratuitamente al quotidiano nel giorno dell’uscita e poi in vendita a 3 euro. Ne usciranno altri cinque numeri nel 2024, secondo le comunicazioni dell’editore GEDI, che ha descritto come l’obiettivo di questo genere di prodotto sia la raccolta pubblicitaria da parte della concessionaria del gruppo – Manzoni – con i contenuti giornalistici al servizio di quest’ultima: «Il nuovo U la Repubblica completa l’offerta Manzoni nel segmento dell’up market. Anche nell’era digitale, i brand del lusso hanno confermato che la carta stampata, se di qualità superiore, ricopre una funzione fondamentale per la comunicazione di marca. completa un’offerta Manzoni veramente diversificata, in grado di coprire l’intero funnel della comunicazione. E il risultato di questo primo numero premia il lavoro svolto in tutti questi anni su ddoor, sulla sezione Moda e Beauty di Repubblica, confermando la nostra leadership su questo segmento». Le pagine di pubblicità vendute sono più di cento, e sono pubblicitarie tutte le prime 32.

In realtà Repubblica aveva già un magazine maschile con frequenza bimestrale, dLui, di cui prenderà il posto con simile progetto e simili obiettivi. Restano gli stessi anche direttore e condirettrice, Emanuele Farneti e Simona Movilia. Ma presentare agli inserzionisti pubblicitari un prodotto come nuovo, assieme al suo “lancio”, garantisce sempre attenzioni e investimenti maggiori.
La copertina del primo numero di è stata dedicata a Giorgio Armani, la cui azienda è assidua inserzionista sulle maggiori testate italiane (otto pagine di sono acquistate dai prodotti del gruppo, con un inserto speciale).
Repubblica ha anticipato una parte della ricca intervista ad Armani firmata insieme da Farneti e dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari: che dato il contesto è stata dedicata integralmente alla celebrazione del fondatore, rinunciando all’attualità e alle notizie sull’azienda (negli stessi giorni Business of Fashion, il più importante giornale online internazione sulla moda, raccontava le inchieste sul “caporalato” nella moda che hanno riguardato anche le aziende di Giorgio Armani).


domenica 16 Giugno 2024

Osteria numero zero

In un’intervista al fumettista Zerocalcare pubblicata in podcast dal Post si è parlato anche della frequenza con cui Zerocalcare stesso si trova a correggere i virgolettati che gli vengono attribuiti sui giornali. E anche questa settimana ha spiegato su Instagram che “non sto a apri’ un’osteria”, diversamente da quanto riportato su quasi tutti i maggiori siti di news.

(questa settimana l’allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti ha spiegato in un tweet che in un’intervista al Giornale “mis palabras acerca del Mundial de Clubes de la FIFA no han sido interpretadas de la manera que yo pretendía”).


domenica 16 Giugno 2024

Catalogo

È stata la settimana di “Pitti Uomo”, tradizionale e importante fiera dei brand di moda che si svolge a Firenze, e che muove le aziende coinvolte verso eccezionali investimenti in pubblicità sui giornali (e subito dopo sono iniziate le sfilate milanesi). Per questa ragione i quotidiani maggiori – quelli che beneficiano maggiormente di questi investimenti – hanno dedicato all’evento diverse pagine ogni giorno, in modo da offrire ai loro inserzionisti anche degli articoli e delle citazioni dei loro prodotti e attività, accanto alle pagine a pagamento. Gli esempi di queste sovrapposizioni tra contenuti palesemente pubblicitari e contenuti presentati come giornalistici sono stati molti, soprattutto su Repubblica e sul Corriere della SeraCanali CanaliMarkup MarkupXacus XacusAvant Toi Avant Toi (con riproduzione della stessa immagine della campagna pubblicitaria), oltre a molte altre citazioni e immagini dei prodotti delle aziende inserzioniste.


domenica 16 Giugno 2024

Dipendenti dal porno

Nei giorni passati, a proposito, diversi siti internazionali hanno raccontato che l’arrivo di internet avrebbe reso una comunità amazzonica “dipendente dal porno”. A originare la notizia – falsa, smentita poi dal giornale stesso, e per cui la comunità si è molto arrabbiata – è stato un articolo del New York Times un cui passaggio è stato forzato ed esagerato da altri siti e poi ripreso senza nessuna verifica nemmeno rispetto all’articolo originale, per la tentazione di inserire in una stessa storia il porno e le derive della modernità tecnologica.