Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 14 Novembre 2021

Zeristi

Da quasi dieci anni una legge ha imposto all’Ordine dei giornalisti (che il Post aveva spiegato meglio qui) di garantire un “aggiornamento continuo” dei propri iscritti, attraverso una serie di iniziative che ne sviluppino le competenze sotto diversi aspetti di quella che si ritiene debba essere l’attività giornalistica. Questa sorta di esame continuo viene superato attraverso l’accumulo di “crediti” (punti, in sostanza) che vengono forniti ai giornalisti iscritti all’Ordine quando questi partecipano a diversi tipi di eventi “formativi”: alcuni sono convegni o eventi pubblici intorno ai temi dell’informazione, ma per colmare la nuova necessità sono stati creati corsi e occasioni ad hoc, anche online, di alterna qualità, che permettono di riscuotere i suddetti crediti e raggiungere il tetto annuale e triennale richiesto.
L’avvio del sistema – già non del tutto convincente nella sua strutturazione – ha avuto molte fatiche: vuoi per la novità, vuoi per diffidenze di molti iscritti, vuoi per sproporzione tra la qualità di molti eventi formativi e l’attività giornalistica vera e propria compiuta quotidianamente da tanti giornalisti, gli inadempienti sono stati finora molti, e l’Ordine dei giornalisti ha frequentemente richiamato a maggiori osservanze per lo più minacciando sanzioni che solo di recente ha in qualche occasione applicato.

Il caso più esemplare di questa distanza tra le regole ufficiali e la fiducia in queste regole si sta dispiegando nelle elezioni dell’Ordine della Lombardia, dove uno dei consiglieri appena eletti aveva raccolto zero crediti, e secondo le accuse dei suoi avversari (che a loro volta ammettono “giusta o sbagliata che sia la norma”) la sua condizione sarebbe stata normalizzata un po’ arbitrariamente e incompatibilmente con la possibilità che diventi presidente.
Il presidente dell’Ordine deve essere il primo a rispettare le norme, altrimenti non è credibile fra i colleghi e non è credibile all’esterno. Uno “zerista” al vertice di un Ordine professionale consacrerebbe una volta per tutte una semplice conclusione ovvero che l’Ordine è meglio abolirlo se chi lo guida è il primo a non avere osservato la carta dei doveri”.


domenica 14 Novembre 2021

On background

È un’espressione convenzionale del giornalismo americano, meno familiare qui da noi di “on the record” e “off the record”, ma parte dello stesso vocabolario usato per indicare le fonti usate, oppure perché ci sia comprensione tra i giornalisti e le loro fonti sull’uso delle parole di queste ultime: “off the record” si usa infatti per indicare dichiarazioni che non siano da pubblicare, mentre “on the record” sono le cose che vengono dette con la consapevolezza e l’accordo che potranno essere pubblicate.
“On background”, invece, è la formula con cui si concorda di poter citare fatti o parole senza indicare la fonte esatta, di solito attribuendoli a una provenienza approssimativa. Queste sono almeno le indicazioni dell’agenzia Associated Press, perché le interpretazioni hanno qualche variazione e soggettività nelle diverse redazioni. Le citazioni indicate come “on background” sono ufficialmente disincentivate da molte testate, perché non garantiscono sufficiente affidabilità e chiarezza per i lettori, ma nei fatti ne viene fatto un grande uso: permettono infatti di citare ipotesi o dichiarazioni senza circostanziarle o sostenerle quando sono fragili e incerte. Ma permettono anche alle fonti di far pubblicare versioni interessate senza comparire o prendersene la responsabilità.

Questa settimana il sito di tecnologia The Verge ha deciso di pubblicare un proposito di limitare al massimo l’uso di dichiarazioni “on background” nei suoi articoli.
“Lo facciamo perché soprattutto le grandi aziende di tecnologia hanno arruolato un animato sistema di addetti alla comunicazione che ciclicamente tirano la corda delle pratiche accettabili in uno sforzo di sottrarsi alle loro responsabilità e di scaricare l’onere della verità sui media, per controllare le narrazioni sulle società per cui lavorano e al contempo sfinire a morte chi deve avere a che fare con queste narrazioni”.
Lo strumento con cui questo avviene sempre più di frequente, spiega The Verge, è l’uso della formula “on background” richiesto da questi interlocutori. E dopo una severa elencazione degli abusi di questa che dovrebbe essere un’eccezione, l’articolo conclude che:
“D’ora in poi, la norma per i responsabili della comunicazione e per chi parli con The Verge nel suo ruolo ufficiale sarà “on the record”.
Rispetteremo ancora alcune richieste di comparire “on background”, ma a nostra discrezione e solo per ragioni specifiche che siano spiegabili ai lettori”.


domenica 14 Novembre 2021

Novità a Verona

I prepensionamenti al gruppo Athesis, che è l’editore dei quotidiani locali Giornale di VicenzaBresciaOggi e Arena di Verona e possiede la casa editrice Neri Pozza, riguardano anche i direttori: Maurizio Cattaneo lascia il ruolo che aveva negli ultimi due (dirigeva l’Arena dal 2003), e a Verona sarà sostituito da Massimo Mamoli, che era vicedirettore delle edizioni del Nordest del Corriere della Sera: per la direzione di BresciaOggi non è ancora stata comunicata una scelta.


domenica 14 Novembre 2021

Il malefico fondo Alden

Il Post ha raccontato con maggior compiutezza la questione del fondo d’investimento che nel giornalismo americano è visto come uno dei maggiori nemici dei giornali in difficoltà, e che su Charlie avevamo citato spesso nei mesi passati.
“Se un giornale ogni anno costa 100 milioni e genera introiti per 105, un editore “puro” – che cioè non ha altri interessi a parte il buon andamento del giornale – userebbe  probabilmente 100 milioni di introiti per tenere in piedi il giornale e gli altri 5 per limitati investimenti. Il metodo Alden invece prevede di applicare tagli al personale e alle risorse per fare in modo che il giornale al posto di 100 milioni costi 60. Il resto degli introiti generati nei mesi o anni appena successivi viene invece investito in altre aziende del gruppo, oppure distribuito fra gli azionisti del fondo. A un certo punto il giornale smetterà di avere risorse per funzionare o per produrre contenuti all’altezza: ma nel frattempo il fondo Alden avrà ottenuto dei guadagni più che soddisfacenti”.


domenica 14 Novembre 2021

Rizzo sul suo ex giornale

Sull’ipotesi di smantellamento – per scelta o maldestria – di Repubblica ci sono da aggiungere le cose severissime che ne ha detto Sergio Rizzo in un’intervista al settimanale TPI (che è stato creato da poco dal sito di news che ha lo stesso nome). Rizzo è un giornalista 65enne molto conosciuto, soprattutto per il suo lavoro al Corriere della Sera (dove con Gian Antonio Stella lavorò agli articoli che divennero il libro La casta, che è diventato un pezzo della storia politica italiana): nel 2017 è passato a Repubblica, ottenendo il titolo di vicedirettore, che aveva fino a pochi giorni fa quando è stato di fatto costretto ad andare in pensione, racconta lui stesso. Aggiungendo commenti drastici e simmetricamente irrispettosi sulla attuale proprietà e sul direttore di Repubblica.
– Sai che in ogni quotidiano le scrivanie sono la carta di identità dei giornalisti.
– Certo.
– Dietro a Verdelli c’erano decine di palle di vetro con neve: ogni volta che il figlio viaggia gliene regala una. Cartoline d’amore padre-figlio. Uno spettacolo vederlo che le sistemava soddisfatto.
 E la scrivania di Molinari?
– Dietro ha tante sue foto con i grandi del mondo.

– Meno romantico di Carlo, più egotico.
– Sì. Trasmette un sentimento di malinconia. Come certe pizzerie in cui c’è di tutto, le foto da Bombolo a Harrison Ford. Poi magari scopri che metà di quei vip non hanno mai messo piede nel locale. Ecco, non ho nulla contro Molinari.
 Però?
– Se ti metti la foto con Obama dietro, ma poi non hai coraggio di guardare negli occhi chi mandi via, fai tenerezza.


domenica 14 Novembre 2021

Mettersi in coda

Secondo 90 giornalisti del “Coordinamento precari di Repubblica” e i loro rappresentanti nel Comitato di redazione, il giornale non starebbe rispettando le regole e gli accordi previsti per la parziale sostituzione degli oltre cinquanta prepensionati in queste settimane: regole che prevederebbero 27 assunzioni e “di attingere prevalentemente dal bacino dei precari storici di Repubblica” e che l’azienda GEDI starebbe aggirando “considerando precari giornalisti over 35 provenienti da altre testate e contrattualizzati con Repubblica in data successiva alla stipula di questo accordo sindacale”.


domenica 14 Novembre 2021

Spazi riempiti

Scrivemmo diversi mesi fa della pigrizia disciplinata delle sezioni Cultura e Spettacoli dei maggiori quotidiani, che di fatto consegnano buona parte delle loro scelte alle promozioni degli uffici stampa, col risultato che capita spesso di trovare la mattina sui diversi quotidiani raccontati gli stessi film, gli stessi libri, le stesse serie, gli stessi dischi. È un meccanismo win-win, come tutti quelli che legano le redazioni agli uffici stampa: le prime ricevono dei contenuti gratuiti e attuali, i secondi ottengono pubblicità per i loro prodotti. Questi anni di grosse riduzioni delle risorse poi rendono ancora più preziosi i materiali pronti e di limitato impegno (testi da riprodurre, o interviste), e questo in parte spiega il traboccare di queste promozioni anche sulle altre pagine dei giornali: se prendete mercoledì di questa settimana, c’erano anticipazioni del libro dell’ex ministro Spadafora nelle pagine della politica, anticipazioni del libro dello scrittore Marco Malvaldi nelle pagine dello sport, e su queste ultime anche anticipazioni del libro sul padre di Roberto Mancini.


domenica 14 Novembre 2021

Riflessione di passaggio

La cosa accennata qui sopra sembra dire che – malgrado sia ancora tutta da verificare, e assai grossolana – fin qui regge l’ipotesi di alcuni precoci osservatori sul progetto iniziato da un anno e mezzo a Repubblica dalla nuova proprietà e col nuovo direttore: il progetto di “normalizzarsi” e raggiungere un bacino più esteso e vario di lettori, con un’offerta meno definita politicamente e meno identitaria, e competere col Corriere della Sera sui suoi lettori esistenti e potenziali. Secondo alcuni critici, appunto, quella scelta finirebbe per favorire il Corriere: “la gente sceglie l’originale”. Ma è ancora presto e ancora cose succederanno, è solo una riflessione interlocutoria.


domenica 14 Novembre 2021

I dati di RCS

RCS, l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport tra gli altri, ha diffuso i risultati economici dell’azienda dei primi nove mesi del 2021. Sono risultati positivi rispetto a quelli dell’anno precedente, e le comunicazioni lo hanno sottolineato con toni di grande soddisfazione (anche sulla prima pagina del Corriere della Sera, con due fotografie dell’editore Urbano Cairo, in prima e all’interno):
“Ricavi, margini, in forte crescita per Rcs, il gruppo del Corriere della Sera, nei primi nove mesi dell’anno. I conti al 30 settembre segnano un risultato netto di 46,6 milioni e l’ulteriore riduzione del debito che scende sotto i 15 milioni di euro (14,8 milioni) dai 59,6 di fine 2020 e dagli oltre 400 di cinque anni fa. I ricavi hanno raggiunto i 610 milioni, in aumento del 23,6% rispetto allo stesso periodo del 2020. (i ricavi digitali rappresentano il 23%). L’ebitda (margine operativo lordo) è più che triplicato, passando da 27,7 a 92,1 milioni”.

Il confronto con il 2020 non è in realtà molto convincente, data l’eccezionalità negativa dell’anno della pandemia (ancora di più nei suoi primi nove mesi in questione) che aveva portato a contrazioni pesanti di tutti i dati di bilancio. Se confrontiamo i numeri del 2021 con quelli del 2019, i ricavi sono in effetti diminuiti del 9,4%, e l'”ebitda” invece che triplicato è calato del 10%. Anche i ricavi pubblicitari sono in diminuzione, malgrado le vivaci pratiche del gruppo nella vendita degli spazi e dei progetti, da 267,9 milioni del 2019 a 232,8 nel 2021 (erano 281 milioni nel 2018): quelli editoriali sono a loro volta diminuiti del 6,5%.

Di sicuro invece sono positivi i dati che attestano che sia sulla diffusione delle copie cartacee, che su quelle digitali, che sul traffico online, il Corriere della Sera supera da diversi mesi la sua rivale Repubblica, che è il metro su cui tuttora vengono in buona parte valutati all’interno i risultati del giornale, accanto agli andamenti economici.


domenica 14 Novembre 2021

La FTC mette in riga, vediamo

La newsletter americana A media operator si è unita battaglieramente alle proteste che abbiamo raccontato spesso contro le modalità ostili e farraginose di cancellazione degli abbonamenti adottate da molti giornali e siti di news (non solo italiani). L’occasione è una nuova comunicazione dell’agenzia governativa statunitense che si occupa di tutela dei consumatori: l’annuncio dichiara con severità che sarà trattata come violazione della legge ogni mancanza di chiarezza sulle condizioni dell’abbonamento e ogni dark pattern, “trucco o trappola” che complichi la disdetta dell’abbonamento: “i meccanismi di cancellazione devono essere facili da gestire almeno quanto quelli che i clienti hanno usato per comprare il prodotto o il servizio”.
Sarebbe prezioso che anche le autorità italiane cominciassero a studiare la questione.
(disclaimer: il Post permette da sempre la cancellazione dell’abbonamento con soli due clic)


domenica 14 Novembre 2021

I quotidiani a settembre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani a settembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in:
copie pagate, o scontate, o gratuite;
copie in abbonamento, o in vendita singola;
copie cartacee, o digitali;
copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui, da cui si vedono grosse perdite rispetto a settembre 2020 da parte di quasi tutti i quotidiani nazionali, salvo il Corriere della Sera (di nuovo), Avvenire e il Messaggero. Altri dati notevoli sono il numero più basso mai raggiunto da Repubblica nella storia delle rilevazioni (perde persino il 14,4% rispetto a un anno fa); e lo stesso è vero per l’altro grande quotidiano GEDI, la Stampa, che perde il 7,5% rispetto a un anno fa. Entrambi i quotidiani hanno dimezzato il numero di copie rispetto a sei anni fa (nello stesso periodo il Corriere ha perso un terzo delle copie). Aumenta ancora copie la Verità, che accresce anche il suo vantaggio sul concorrente Libero (in corrispondenza con le prese di posizione di Libero a favore di vaccino e Green pass, dei cui contestatori la Verità è invece rimasta il maggiore rappresentante, seguita da una più limitata critica ad alcuni obblighi di Green Pass che affiora spesso sul Fatto).

Ma è utile sottrarre da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi”, per avere un dato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare il giornale. Con questo risultato:
Corriere della Sera 190.566
Repubblica 140.690
Stampa 91.469
Resto del Carlino 67.840
Sole 24 Ore 66.948
Messaggero 60.219
Fatto 49.689
Nazione 46.253
Gazzettino 40.745
Giornale 35.632
Altri giornali nazionali:
Verità 28.642
Libero 21.945
Avvenire 17.488
Manifesto 13.508
ItaliaOggi 9.832

(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS)

Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come diffusione è interessante notare che:
– Corriere e Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie scontate oltre il 70%: 42mila e 33mila, dietro di loro c’è Repubblica con 11mila.
– il numero di copie cartacee vendute dal Fatto è sceso per la prima volta di poco sotto quello delle copie digitali (per queste ultime il Fatto è terzo dopo Corriere e Repubblica).
– il Manifesto è ottavo per copie digitali (più del Giornale e della Gazzetta dello Sport), pur essendo 46mo nel totale.
– Avvenire comunica ben 67mila copie “multiple pagate da terzi”, attribuibili in buona parte alla rete delle strutture cattoliche.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, 13mila, in gran parte digitali.
– delle 21mila copie dichiarate da ItaliaOggi, la metà sono copie “promozionali e omaggio” o con sconti superiori al 70%.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono ancora AvvenireMessaggeroSole 24 Ore e Gazzettino.
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” sono Corriere della SeraSole 24 Ore, Stampa e Avvenire. Il Corriere ne ha aggiunte ai conti quasi 10mila rispetto al mese precedente, che compensano altrettante copie vendute in meno.

(Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 7 Novembre 2021

E quindi

E quindi il 17 novembre arriveranno nelle librerie le copie del secondo numero di Cose, dedicato stavolta alle “identità di genere”, e che è già prenotabile nelle librerie online e preacquistabile dagli abbonati del Post, nell’ambito dell’offerta di contenuti e servizi disponibile a chi appunto partecipa a sostenere il progetto editoriale del Post. Altre informazioni sono qui.


domenica 7 Novembre 2021

Esperimento riuscito bene

Nel caso del Post, l’esperimento di un progetto giornalistico cartaceo collaterale (ne stanno venendo sperimentati molti anche da altre testate) è stato un successo “oltre le aspettative”, letteralmente: il primo numero della rivista/libro Cose, spiegate bene uscito a giugno ha avuto due ristampe, è arrivato ad essere terzo nella classifica di vendita della categoria Saggistica superando credibilmente le quindicimila copie (coi libri i dati esatti hanno bisogno di tempi un po’ lunghi), ha raccolto grandi attenzioni e apprezzamenti sia verso il contenuto che verso la qualità della fattura. Di conseguenza, quando i conti saranno fatti, l’esperimento sarà considerabile senz’altro riuscito rispetto alla sua capacità di partecipare alla sostenibilità economica della testata che lo ha prodotto, il Post (i conti del Post saranno raccontati appena fatti, come ogni anno, all’inizio del 2022).


domenica 7 Novembre 2021

Il “giornalismo della paura”

La grande agenzia pubblicitaria TBWA si sta impegnando da alcuni mesi in una campagna contro le derive di disinformazione e pericolosità sociale di alcune scelte del giornalismo professionale italiano, con invenzioni creative e polemiche. A giugno il sito dell’edizione italiana di Wired – illustre testata di innovazione e tecnologia di proprietà dell’editore Condé Nast – aveva ospitato un progetto di TBWA che criticava l’inaccuratezza e il sensazionalismo delle titolazioni dei giornali. Nei giorni scorsi, invece, l’agenzia si è associata a una “Associazione italiana giornalismo costruttivo” per uno spot e una petizione che associano le scelte dei giornali ai pericoli delle armi da fuoco.


domenica 7 Novembre 2021

Essenziale pure la pubblicità

È uscito sabato il primo numero dell’Essenziale, il nuovo settimanale creato dalla redazione di Internazionale per completare la sua offerta con un giornale dedicato all’Italia. Costa 2 euro e 50, ha 28 pagine, e un solo inserzionista (Enel, due pagine) per iniziare, scelta contenuta rispetto all’abituale affollamento di partner che i giornali coinvolgono nei “lanci” (le aziende sono interessate a esserci perché è un’occasione di maggiori attenzioni e visibilità).

A margine: il giornale si apre in prima pagina con un esteso articolo che non mette in ottima luce le intenzioni di Enel sulla centrale di Civitavecchia, a dimostrazione esemplare che altri rapporti con gli inserzionisti sono possibili.


domenica 7 Novembre 2021

Volendo essere cinici

La pratica di rendere complicato e sfinente il processo di cancellazione degli abbonamenti ai giornali è un tema interessante di riflessione, dal punto di vista dei risultati (dal punto di vista della correttezza e del rispetto degli abbonati la riflessione è invece molto più semplice e ovvia). Da una parte è facile pensare che sia una scelta che compromette molto il rapporto con i lettori e la loro fiducia, e che questo possa avere delle conseguenze anche sulla loro disponibilità a sostenere economicamente la testata in questione. Dall’altra è anche realistico il ragionamento cinico per cui le vittime di questo trattamento sono nei fatti lettori che hanno scelto di cancellare l’abbonamento, quindi già perduti e da trattenere in ogni modo. In mezzo tra queste due posizioni, c’è l’ipotesi che alcuni di quegli abbonati scelgano di cancellare l’abbonamento per ragioni diverse (ragioni di risparmio, ragioni di insoddisfazione) che possano cambiare nel tempo, e a quel potenziale non sia saggio rinunciare. Misurare quest’ipotesi è molto difficile, e il fatto che tanti giornali ricorrano a questi mezzi racconta che la giudicano fragile.


domenica 7 Novembre 2021

Regole comuni

Un articolo del Foglio ha contestato i modi in cui il sistema pensionistico dei giornalisti sarà integrato nell’INPS per risolvere le annose questioni delle sue crisi di fondi. Con toni meno aggressivi, avevano espresso dubbi articolati anche gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti, sul sito Lavoce.info.

“Non si può accettare che il salvataggio di Inpgi1 avvenga senza chiedere un contributo a chi ha goduto e continua a godere di trattamenti palesemente insostenibili. È una questione di equità, ma non solo: stiamo creando un precedente, con il modo con cui verrà gestito l’ingresso dell’Inpgi1 che condizionerà anche il modo con cui problemi analoghi di altre casse verranno affrontati in futuro.

C’è, infatti, una fragilità strutturale nel sistema delle casse: comportano un’eccessiva concentrazione del rischio perché riguardano professioni molto specifiche. Se il settore e la professione vanno in crisi, la cassa diventa non più sostenibile perché si riducono i contribuenti, che pagano le pensioni a chi si è ritirato dalla vita attiva. Il vantaggio di portare una cassa all’Inps risiede proprio nel permettere una maggiore condivisione del rischio. Ma questa condivisione del rischio richiede che si adottino regole comuni nel calcolo delle prestazioni, non solo di quelle future, ma almeno in parte anche di quelle in essere. Se l’Inpgi1 viene salvata senza alcun contributo dei suoi membri, è un invito a tutte le altre casse a offrire ai propri aderenti prestazioni insostenibili contando sul fatto che, prima o poi, interverrà il settore pubblico per salvarle garantendo le prestazioni in essere”.


domenica 7 Novembre 2021

Spostamenti

Altri movimenti tra i due quotidiani maggiori del gruppo GEDI, dove c’è già una frequente permeabilità sui collaboratori: questa volta invece si tratta di ruoli interni e rilevanti. Dopo il prepensionamento del corrispondente da New York Federico Rampini (che immediatamente dopo è diventato collaboratore del Corriere della Sera), Repubblica ha scelto di sostituirlo con Paolo Mastrolilli, che faceva finora lo stesso lavoro per la Stampa. E contemporaneamente alla Stampa è andata Annalisa Cuzzocrea, autorevole e apprezzata cronista politica di Repubblica, con prospettive di vicedirezione dopo la fine dell’anno


domenica 7 Novembre 2021

Altri commenti chiusi

CBC, la tv pubblica canadese, ha deciso di continuare a impedire i commenti alle notizie pubblicate sulla propria pagina su Facebook, confermando l’esperimento iniziato a giugno per ridurre la quota di interventi “tossici” da parte degli utenti di Facebook: “l’impatto sulle visite al nostro sito è stato marginale, il benessere di chi lavora per noi è migliorato”.


domenica 7 Novembre 2021

In debito

Le pagine di Economia dei maggiori quotidiani italiani sono in gran parte ostaggio di aziende che ottengono grande spazio con le proprie comunicazioni in forza del loro ruolo come inserzionisti o come creditori delle aziende giornalistiche. È una condizione che è diventata molto più stabile e ineludibile in questi anni di maggiori difficoltà economiche per i giornali. Gli esempi sono molti ma ce ne sono due maggiori e molto visibili, che si sono mostrati anche questa settimana.

Il primo è quello di Eni, azienda che è uno dei maggiori e più preziosi inserzionisti sui quotidiani – praticamente su tutti i quotidiani – e il cui contributo è utilissimo a pagare una parte del lavoro dei giornali stessi: quello che ottiene in cambio è una disponibilità di molte testate a ospitare nelle pagine redazionali frequentissime citazioni di propri risultati, scelte aziendali, promozioni varie (accade anche con altre aziende, naturalmente), di recente soprattutto in prospettiva di greenwashing: questa consuetudine si è concretizzata al suo massimo giovedì sul Corriere della Sera attraverso uno spazio occupato esclusivamente da una grande foto dell’amministratore delegato di Eni e da un suo virgolettato di nove parole.

Il secondo ambito che occupa grandi parti delle stesse pagine è quello delle banche, a cui vengono dedicati estesi articoli che di fatto sono spesso resoconti aziendali riportati tali e quali, e che vanno sempre considerati in relazione al ruolo di creditrici che le stesse banche hanno nei confronti di molti giornali o delle aziende collegate (ne avevamo scritto lo scorso maggioqui c’è una più estesa ricerca accademica sul conflitto di interessi in questione). Un esempio di questa settimana sono i verbali delle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Intesa (coinvolta in interessi con molti gruppi editoriali), articoli che sono praticamente solo successioni di virgolettati.

In entrambi i casi, ai lettori arriva una narrazione molto parziale e interessata della realtà.


domenica 7 Novembre 2021

Meno Bonomi per tutti

Per chi ci ha gentilmente scritto notando la sospensione della “tradizionale rubrica Bonomi” (avevamo segnalato spesso la frequenza intensa di un particolare tipo di articolo dedicato dal Sole 24 Ore alle parole del proprio editore): apprezziamo che vi siate affezionati ma ci siamo capiti abbastanza, ci torneremo quando ci siano novità o aggiornamenti.
(questa settimana, mercoledì e giovedì)


domenica 7 Novembre 2021

Farsi riconoscere

Il Consiglio d’Europa, che è un’organizzazione internazionale dedicata soprattutto alla tutela dei diritti umani, ha chiesto allo stato italiano rassicurazioni rispetto al senso intimidatorio e limitativo della libertà di stampa di due cause per diffamazione da parte di un magistrato italiano contro il giornalista Lorenzo Tondo, corrispondente del Guardian e collaboratore di altre testate internazionali, a proposito di una sua vecchia inchiesta che accusava il magistrato di accanimento su un imputato vittima di uno scambio di persona. Le cause civili sono frequentemente usate contro giornali e giornalisti, in Italia, per il maggiore effetto deterrente che possono avere le potenziali condanne a cospicue pene monetarie (ancora più probabili quando i proponenti della causa sono magistrati). Il magistrato ha denunciato anche una giornalista di Repubblica, Romina Marceca. Il Post aveva raccontato la storia e i suoi sviluppi in diverse occasioni.

L’uomo arrestato lo scorso 24 maggio in Sudan, estradato in Italia il 7 giugno e rinviato a giudizio lo scorso settembre, sarebbe Medhanie Tesfamariam Berhe, eritreo di 29 anni, e non Medhanie Yehdego Mered, uomo di 35 anni originario dell’Eritrea accusato di essere uno dei capi di una grande organizzazione con base in Libia che gestisce il traffico di migranti verso l’Europa, e coinvolto nei viaggi di almeno 13 mila persone.
Mercoledì 8 giugno il ministero dell’Interno italiano e la National Crime Agency del Regno Unito avevano annunciato con una certa enfasi l’arresto in Sudan e l’estradizione in Italia di Medhanie Yehdego Mered. I magistrati avevano intercettato per mesi il cellulare di Medhanie Yehdego Mered raccogliendo informazioni sul suo conto e sulle sue attività.
Dopo l’arresto, i media britannici avevano cominciato ad avere dei dubbi, scrivendo che la persona arrestata e ora sotto processo fosse in realtà Medhanie Tesfamariam Berhe: un eritreo di 29 anni che non era mai stato in Libia, che non ha niente a che fare con la presunta rete per il traffico di migranti e che si è dichiarato innocente. Con il trafficante, condivideva semplicemente un nome molto comune”.


domenica 7 Novembre 2021

Las cosas si accomodanos

Sette anni fa Google News aveva sospeso il suo servizio in Spagna, dopo che il parlamento spagnolo aveva approvato una legge sul copyright che tra le altre cose prevedeva il pagamento del diritto d’autore ai giornali da parte dei motori di ricerca che mostravano anteprime dei loro articoli. Google aveva duramente criticato l’approvazione della legge reagendo con una scelta che allora era stata segnalata come esemplare di cosa sarebbe successo in tutto il mondo se gli editori avessero insistito a pretendere retribuzioni per l’aggregazione e la promozione delle loro notizie.

Le cose però nel frattempo sono cambiate, e gli editori hanno ottenuto protezioni politiche sufficienti a rendere il loro fronte molto più potente nei confronti di Google: che è scesa a patti e anzi ha rilanciato in molti paesi, proponendo proprie condizioni che non la costringessero a regole più stringenti. La stessa cosa è avvenuta anche in Spagna, dove quindi in base ai nuovi accordi Google News tornerà a funzionare.


domenica 7 Novembre 2021

È finita la carta

Un articolo sull’Economist ha riassunto il circolo vizioso che ha portato a grossi aumenti di prezzo della carta su cui vengono stampati i giornali: le produzioni già andate in crisi con le chiusure dei giornali e i cali delle diffusioni hanno a loro volta chiuso o si sono riconvertite alla produzione di carta da imballaggi, per cui c’è una maggiore domanda con i successi dell’e-commerce. Dopo le fatiche della pandemia i giornali si sono trovati con una minore disponibilità di carta e i prezzi aumentati fino al 50%: cosa che, secondo l’Economist, incentiverà ulteriori spostamenti di priorità sul digitale, con minori necessità di carta.
Una questione simile era stata raccontata sul Post per quel che riguarda la carta dei libri.


domenica 7 Novembre 2021

Ammettere

Negli Stati Uniti è stata arrestata la fonte principale di un dossier contro Donald Trump che aveva fatto molto notizia all’interno delle indagini contro di lui nel 2016. Il Dipartimento della Giustizia ritiene che ci fossero invenzioni e cose inattendibili nel suo racconto, che fu allora ripreso da tutta la stampa statunitense e molta internazionale. Nel raccontare i nuovi dubbi su quei dossier, il Washington Post ha scritto, correttamente che “le accuse gettano incertezza su alcuni passati articoli dedicati al dossier da parte di testate giornalistiche, compreso il Washington Post“.


domenica 31 Ottobre 2021

Virgolettati inventati come pietre

Il sindaco di Milano Beppe Sala ha annunciato in un video pubblicato su Facebook di voler querelare i quotidiani la Verità e il Giornale per aver falsificato le sue parole in due titoli, inventando dei suoi virgolettati in modo da far sembrare che Sala proponesse alla polizia di caricare i manifestanti “No green pass”. I titoli dei due quotidiani sono estesamente circolati sui social network e hanno generato minacce personali e ritenute pericolose nei confronti di Sala.


domenica 31 Ottobre 2021

How much

Da alcuni anni si racconta l’impegno dell’Arabia Saudita nel diffondere propaganda e disinformazione a favore del proprio regime attraverso campagne sui social network e grazie ad influencer pagati, e investimenti per ottenere promozione presso i media internazionali. Ancora in questi giorni anche alcuni account italiani con un alto numero di follower hanno ricevuto proposte di retribuzione come questa.


domenica 31 Ottobre 2021

Chi porta i giornali nelle edicole

Sono società che operano a livello nazionale o locale, indipendenti o di proprietà degli editori stessi (Rcs e Mondadori ne hanno una, per esempio).
La distribuzione di giornali e riviste, dal momento in cui vengono stampati alle edicole, comincia con gli editori che commissionano agli stampatori la tiratura, cioè la quantità di copie da stampare. Quando le copie sono pronte, vengono assegnate a una delle società di distribuzione. Nel caso di riviste e periodici vengono prima indirizzate in un centro nazionale e poi smistate a una serie di distributori locali sul territorio: in questo modo il distributore riesce a ottimizzare il lavoro, aggregando le copie che provengono da diversi stampatori che hanno una medesima destinazione. Nel caso dei quotidiani, per ragioni di tempo più limitato, si salta questo passaggio, e le copie vengono direttamente inviate ai vari distributori locali, che a volte sono parte della rete delle stesse società di distribuzione nazionali e altre volte sono società indipendenti. Il trasporto fino ai distributori locali si fa con dei camion, che ritirano i giornali dalle tipografie subito dopo la stampa e partono per le diverse destinazioni. Naturalmente un camion che parte dal nord non arriverà fino a Reggio Calabria (o viceversa): per coprire tutte le aree di distribuzione, ogni giornale viene stampato in diversi punti d’Italia, quasi sempre attraverso accordi con le tipografie di altri giornali che operano in quelle zone (alcuni quotidiani minori non raggiungono certe regioni per questo limite). Il Corriere della Sera per esempio viene stampato per la maggior parte delle sue copie (circa 160mila ogni giorno) nella sua tipografia a Pessano, in provincia di Milano, ma le altre copie vengono stampate a Padova, Roma, Bari, Catania e Cagliari (dove si appoggia alla tipografia dell’Unione Sarda). A sua volta Rcs, l’editore del Corriere, stampa altri giornali a Pessano che vengono distribuiti nel centro-nord. Il “reso”, cioè i giornali che restano invenduti, viene riconsegnato ai distributori locali che li macerano in loco. Le società di distribuzione vengono pagate dagli editori con una percentuale per copia, sulla base delle stime di vendita, e le società di distribuzione pagano in modo simile una percentuale alle edicole. Proprio perché hanno interesse a massimizzare le vendite, generalmente queste società forniscono anche servizi di consulenza per ottimizzare la distribuzione e ridurre il più possibile il reso, sulla base di algoritmi statistici e del confronto dei dati storici a loro disposizione. Alcune di queste società si occupano anche direttamente della distribuzione delle copie agli abbonati che le ricevono a casa, oppure i giornali appaltano questo servizio ad altre società che prevedono un sovrapprezzo sul costo del giornale (9 centesimi, nel caso del Corriere della Sera). Alcuni editori di riviste si affidano invece a Poste Italiane, che fa pagare una percentuale sul numero di copie distribuite in base alla quantità complessiva distribuita, e al peso e alle dimensioni di ogni singola copia.


domenica 31 Ottobre 2021

Un paywall per Ansa

A partire dallo scorso martedì 26 ottobre, anche Ansa – la principale agenzia di stampa italiana – ha introdotto un servizio di abbonamenti per i lettori del sito e un sistema di paywall “poroso”. Si potranno ancora leggere gratuitamente 30 notizie al mese, ma oltre quel limite si dovranno pagare 6 euro al mese o 60 euro all’anno (la promozione di lancio prevede 1 euro per il primo mese e 25 euro per il primo anno).
È una scelta abbastanza inedita (almeno in Italia: Reuters ci aveva provato ma ha dovuto fermarsi), per un’agenzia di stampa: il principale lavoro delle agenzie infatti è da sempre quello di fornire in abbonamento ai giornali e alle pubbliche amministrazioni quello che viene chiamato “notiziario”, e quei guadagni sono per loro di gran lunga la principale fonte di ricavo: per l’Ansa costituiscono oltre l’80 per cento delle entrate. Il servizio al pubblico è nato come ricaduta dell’arrivo di internet e con l’opportunità di raccogliere ricavi pubblicitari dalle pagine web.
L’introduzione dei nuovi abbonamenti ad Ansa si rivolge al mercato dei lettori “ordinari”, cioè chiunque legga le notizie online, ma i maggiori sforzi continueranno a essere rivolti al notiziario per i giornali: sul sito si punterà a fare un servizio di breaking news, e gli articoli più lunghi e approfonditi, per esempio, continueranno a essere pubblicati solo dopo 24 ore rispetto a quando li ricevono i clienti abbonati al notiziario. Nel nuovo abbonamento al sito saranno compresi podcast, newsletter e altri contenuti dedicati; lo stesso sito verrà rinnovato dal punto di vista grafico e ci sarà una nuova app. Gli obiettivi di Ansa con questa operazione sono principalmente due: convincere i lettori che sia necessario pagare per accedere ai contenuti giornalistici (le agenzie sono le principali vittime della disponibilità di notizie gratuite e spesso competitive online) ed esplorare nuove possibilità di ricavi (il mercato dei notiziari in abbonamento, per quanto stabile, è anche piuttosto saturo).


domenica 31 Ottobre 2021

Luna s’allarga

A Riccardo Luna, giornalista 56enne che fu creatore e primo direttore dell’edizione italiana del mensile di tecnologia e innovazione WiredRepubblica ha affidato questa settimana la direzione di un altro dei suoi “hub” (le testate tematiche “verticali” e trasversali all’interno del gruppo GEDI, create per favorire una migliore raccolta pubblicitaria nei rispettivi settori), quello dedicato ai temi ambientali e alla scienza che si chiama “Green&Blue”. Luna dirigeva già la sezione sulla tecnologia e sul digitale “Italian Tech”.


domenica 31 Ottobre 2021

Le pensioni dei giornalisti

La bozza della legge di bilancio preparata dal governo italiano affronta con una soluzione drastica l’annosa questione dell’ente previdenziale dei giornalisti, l’INPGI, da molto tempo in grave crisi economica e oggetto di scorate discussioni e riflessioni nelle redazioni di tutta Italia. Nei progetti del governo la soluzione scelta sarà di dissolvere l’ente di categoria e farlo assorbire dall’INPS.
Il regime pensionistico verrà uniformato, nel rispetto del principio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti sempre con effetto dal 1° luglio 2022. In particolare, per gli assicurati presso la gestione sostitutiva dell’Inpgi, l’importo della pensione è determinato dalla somma delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 30 giugno 2022 calcolate applicando le disposizioni dell’Inpgi e da una quota di pensione corrispondente alle quote anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° luglio 2022, applicando le disposizioni del Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’Inps”.
(più in dettaglio, qui)


domenica 31 Ottobre 2021

Ripescaggi

L’anno scorso, nelle settimane successive alla cessione di proprietà del gruppo GEDI alla società della famiglia Agnelli-Elkann, c’era stato un grande spostamento di giornalisti noti tra i maggiori quotidiani italiani: in parte per dissensi con la nuova “linea” soprattutto a Repubblica, in parte per “acquisti” da parte di Repubblica per compensare quell’effetto (Roberto Saviano al Corriere della Sera, Gad Lerner al Fatto, Francesco Piccolo a Repubblica, Enrico Deaglio a Domani, Pigi Battista allo Huffington Post, Carlo Verdelli rientrato al Corriere dopo essere stato dimesso da direttore di Repubblica). Le cose si sono poi calmate fino alla notizia di questa settimana che Federico Rampini inizierà a scrivere per il Corriere della Sera dopo 26 anni a Repubblica. Nel suo caso non ci sono ragioni di delusione per il cambiamento (anzi, Rampini era stato accusato nell’ultimo anno, come la direzione, di eccessive indulgenze per la campagna di Donald Trump rispetto alle tradizioni di Repubblica): avrebbe comunque dovuto lasciare nel quadro degli oltre 50 prepensionamenti decisi nelle scorse settimane.


domenica 31 Ottobre 2021

Hate speech

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha deciso una multa di 125mila euro per la radio che si chiama Radio 105, a causa dei messaggi “denigratori contro donne e omosessuali” del suo programma “Lo zoo di 105”, già accusato spesso in passato di indulgenza nei confronti di messaggi offensivi e discriminatori.
“La Commissione Servizi e Prodotti (CSP) dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha sanzionato con una multa di 125 mila euro (delibera n. 183/21/CSP) la società Radio Studio 105 S.p.a. per la diffusione di due puntate in fascia diurna del programma “Lo Zoo di 105”. AgCom ha accertato la violazione dell’art. 34, comma 2, del Tusmar che vieta di trasmettere “programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori e film vietati ai minori di anni 14”. All’interno delle due puntate sanzionate, andate in onda alla fine del 2020, sono state pronunciate, in maniera continuativa e morbosa, allusioni sessuali, messaggi di intolleranza e sono state utilizzate espressioni volgari e denigratorie rivolte in particolar modo contro donne e omosessuali. L’emittente Radio 105 era già stata diffidata in passato dall’Autorità per aver diffuso espressioni dal contenuto fortemente denigratorio in violazione del regolamento di contrasto all’hatespeech”.


domenica 31 Ottobre 2021

Coup de théâtre!

Dagli amanti dell’accuratezza certosina nella fattura dei giornali, che molti lettori lamentano si sia perduta (se c’è mai stata), è stata notata la rara precisione con cui il Giornale ha disposto gli opportuni accenti nell’usare la parola “débâcle” in un occhiello di prima pagina di venerdì: le parole francesi sono spesso riportate sui giornali italiani trascurando gli accenti tipici di quella lingua, e ancora di più quando si tratta di accenti circonflessi, inesistenti da noi. E infatti “débâcle” è spesso riportata come “debacle”: lo faceva lo stesso Giornale nel titolo di un suo articolo online del giorno prima, ma anche la Stampa e il Sole 24 Ore sul quotidiano (sul sito invece era corretto). Ma ci sono anche casi in cui ci si spinge fino agli accenti grave o acuto, ma non al circonflesso.
(sui termini francesi nell’informazione italiana aveva scherzato il direttore di Internazionale un paio d’anni fa)


domenica 31 Ottobre 2021

Basta che paghino

Venti giorni fa una sola azienda ha comprato per un giorno tutte le pagine pubblicitarie del Corriere della Sera: una strana azienda, su cui il Post ha indagato e raccolto informazioni.
“L’edizione di martedì 12 ottobre del Corriere della Sera aveva 56 pagine, di cui 25 occupate da inserzioni pubblicitarie. Con una scelta assai rara, notata da diversi lettori (il rosso della comunicazione era piuttosto visibile), tutte le inserzioni pubblicitarie erano state comprate da un’unica azienda (11 pagine intere e 14 inserti di varia grandezza): Avyium, un sito di e-commerce piuttosto sconosciuto, in cui, suggerivano le pubblicità non tanto esplicite, sono in vendita prodotti di vario tipo, dagli alimentari alla tecnologia. Lo stesso giorno, Avyium aveva pubblicato diverse inserzioni nell’edizione cartacea della Gazzetta dello Sport (con cui collaborava già per articoli promozionali) e aveva trasmesso alcuni suoi spot su La7. La pubblicità di tutte queste testate è gestita da CairoRCS Media”.


domenica 31 Ottobre 2021

I numeri dei più piccoli

Le rilevazioni Audiweb coinvolgono in totale un numero molto esteso di siti di news, oltre a quelli citati nelle tabelle: questi sono i numeri ad agosto (utenti unici/mese) di alcuni di quelli più noti tra i nazionali meno grandi che non sono nelle prime posizioni delle classifiche di cui sopra.
Affari Italiani 2.829.301
Dagospia 2.469.721
Agi 2.012.812
Blitzquotidiano 1.118.401
Linkiesta 840.277
Rolling Stone 627.004
Tag43 65.236

(sugli andamenti di Tag43, nuovo progetto dell’ex direttore del sito di news Lettera43 – che aveva chiuso dopo dieci anni nel 2020 – c’è una prudente analisi di Datamediahub)


domenica 31 Ottobre 2021

Giornali online e classifiche

Il sito Prima Comunicazione ha pubblicato uno schema dei dati di traffico di agosto dei siti web estraendo una varietà discontinua di siti di informazione. Ricordiamo che non tutti i siti sono iscritti ad Audiweb, e che questi sono dati non esatti, elaborati con un sistema misto di rilevazioni (sistema sulla cui efficienza ci sono tra l’altro investimenti economici straordinariamente più esigui di quelli che per esempio ci sono sulle rilevazioni televisive Auditel). Qui c’è una sintesi maggiore che comprende solo i primi venti siti di news generalisti (c’è un refuso, la seconda colonna di dati indica luglio).
(se vi appassionano le classifiche, e a dimostrazione della varietà delle rilevazioni possibili, qui ci sono i siti di news generalisti calcolati da un’altra società, Comscore, a settembre: sempre elaborati da uno schema di Prima Comunicazione, con altri iscritti e aggregazioni diverse)


domenica 31 Ottobre 2021

La crisi dell’intermediazione, e prenderne atto

La Banca d’Inghilterra, ovvero la banca centrale del Regno Unito, ha diffuso uno studio interno che propone ai suoi responsabili di usare nelle comunicazioni pubbliche – documenti, comunicati, o interventi orali – formulazioni più semplici e che stiano sul punto, dato che i giornali spesso tendono a riprenderle senza un lavoro di maggiore chiarezza e spiegazione: “il giornalista affronta una scelta, scrivere articoli che soddisfino le attese dei lettori farà vendere più copie, ma richiede uno sforzo. Parafrasare la banca centrale può non corrispondere ai desideri del lettore, ma è più facile”. Per far arrivare chiaro il messaggio della Banca, meglio quindi usare frasi brevi e indicare immediatamente il punto delle comunicazioni.


domenica 31 Ottobre 2021

Perché se ne vanno

La prima illuminante scoperta fatta dalle testate mondiali che negli scorsi anni hanno spostato priorità e risorse sulla costruzione di programmi di abbonamento online è stata che ottenere nuovi abbonati è solo metà del lavoro: l’altra metà è trattenere quelli che decidono di andarsene, e cancellano gli abbonamenti. La quota di abbonamenti di un giornale non è mai un capitale stabile da far crescere e basta, ma va conservato con attenzioni e strategie che sono in parte diverse da quelle messe in atto per convincere nuovi lettori ad abbonarsi.
Questo lavoro è diventato un impegno e una preoccupazione centrale nelle aziende giornalistiche, ancora di più quest’anno, passato il periodo più intenso della pandemia (e per gli americani delle elezioni) in cui gli abbonamenti erano molto aumentati per maggior bisogno di informazioni e domanda di giornalismo di qualità: nel 2021 c’è stata una specie di calo di motivazioni, e la questione della “customer retention” è diventata rilevantissima. I siti di news la affrontano soprattutto con sconti e offerte, con comunicazioni motivazionali (“sostieni il giornalismo di qualità”) o con arricchimento dell’offerta di contenuti e servizi per gli abbonati (o ancora, con poca correttezza, costruendo ostacoli nel percorso di cancellazione). Il sito NiemanLab ha fatto una ricerca sulle motivazioni per cui un campione di suoi lettori abbonati a testate americane ha cancellato i propri abbonamenti: le due maggiori motivazioni sono una economica e una di dissenso politico (la prima è affrontabile con sconti e offerte, pratica non tanto lungimirante; la seconda è delicata, perché prenderla in considerazione significa abdicare alla propria indipendenza di linea editoriale). Qui ci sono tutte le 503 risposte divise per testata (sono testate americane o anglofone).


domenica 31 Ottobre 2021

Altre riduzioni di redazioni

Non solo a Repubblica ma anche al Sole 24 Ore, dove è stato avviato un piano di incentivi all’uscita (due anni di stipendio a chi lascia) e ci saranno prossimi prepensionamenti: la riduzione sarà di 60 giornalisti su 273, riferisce il Fatto. Sarà anche chiusa la stamperia abruzzese di Carsoli.


domenica 31 Ottobre 2021

Gli amici degli editori

Se avete visto quel buon film di Spielberg che si chiama The Post, dedicato alla pubblicazione dei “Pentagon papers” sul Washington Post nel 1971, ricorderete che una questione delicata ed eticamente critica nella storia fu l’amicizia dell’editrice del giornale con il ministro della Difesa McNamara (e lo era stata quella con il presidente Kennedy), e il rischio che questo rapporto condizionasse le scelte giornalistiche.
È un vecchio tema del giornalismo importante e potente, quello delle relazioni amichevoli che inevitabilmente finiscono per crearsi tra i maggiori responsabili delle testate (editori, direttori) e rappresentanti del potere politico con proprie agende e priorità che dipendono molto dal ruolo dei giornali. Eliminare queste relazioni personali è raramente realistico, e l’obiettivo dovrebbe essere quello di tenerle più al di fuori possibile dell’ambito in cui i giornali lavorano, e non dare ai lettori occasioni di sospetto o diffidenza (il modo numero uno è rendere più invisibile ed estraneo l’editore, che come abbiamo visto spesso avviene poco nei maggiori quotidiani italiani). È anche vero che la trasparenza su questo tipo di relazioni con la politica può essere a sua volta un approccio corretto con i lettori, laddove il giornale ritenga di poter essere convincente sulla propria indipendenza: non è facile, soprattutto di questi tempi, ma è quello che sembra aver scelto il Corriere della Sera decidendo di dare evidenza ed esibire un affettuoso incontro – sottolineando i “moltissimi anni di amicizia” – tra il proprio editore Urbano Cairo e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.

(va detto che solo la sera successiva la televisione di Urbano Cairo, La7, ha trasmesso una serata speciale con l’ex magistrata Ilda Boccassini dedicata in gran parte a raccontare tutte le accuse più gravi contro Silvio Berlusconi)


domenica 31 Ottobre 2021

Il Wall Street Journal e Trump, ancora

Le tensioni intorno alla sezione delle opinioni del Wall Street Journal di cui avevamo parlato domenica scorsa si sono rinnovate in questi giorni dopo che il giornale ha deciso di pubblicare una lettera dell’ex presidente Donald Trump piena di falsificazioni pericolose sul risultato delle elezioni: il giorno seguente il giornale ha risposto alle accuse ricevute rivendicando la scelta in un editoriale polemico. L’editoriale conveniva sul fatto che la lettera fosse piena di bugie e aveva toni critici e sprezzanti nei confronti di Trump, ma sosteneva che la stessa “monomania” di un ex presidente di questo rilievo e le sue fesserie (“bananas”) siano una notizia. I critici della scelta hanno obiettato soprattutto al passaggio dell’editoriale che sostiene che “i lettori siano in grado di valutare le sue affermazioni”: è infatti evidente e dimostrato storicamente che le falsificazioni di Trump – e quelle di molti altri a cui i giornali di tutto il mondo danno ospitalità – vengano prese per vere da grandi quote di lettori ed elettori. E la successione di correzioni e smentite alla lettera di Trump contenute nell’editoriale del Wall Street Journal sarebbe stata più efficace e opportuna se pubblicata nella stessa edizione del giornale, e non l’indomani.


domenica 31 Ottobre 2021

Facebook fa dare il peggio anche ai giornali

Tra le molte cose raccontate nei giorni scorsi dalle inchieste su Facebook nate dalla diffusione di una grande quantità di documenti interni messi a disposizione di un gruppo di testate internazionali, ce n’è una che riguarda meccanismi che coinvolgono i giornali stessi. Secondo alcune ricerche interne che avrebbero confermato quella che è da anni una valutazione intuitiva frequente, le dinamiche di Facebook favorirebbero una maggiore promozione degli articoli giornalistici divisivi e capaci di creare polemiche e indignazione, e in particolare quelli diffusi dai siti di news più conservatori o di destra. Avendo i giornali di tutto il mondo investito molto negli scorsi anni sul prezioso traffico proveniente da Facebook, questa conclusione rivela che Facebook incentiva le testate a produrre più articoli con tale effetto, e a usare tale effetto come criterio di scelta degli articoli da pubblicare, e da pubblicare su Facebook (che ha continuato ad applicare gli stessi algoritmi anche dopo aver annunciato che avrebbe cercato di rimediare): la resistenza a questo incentivo, naturalmente, ha a che fare con l’autonomia e con la capacità di ogni singola testata di resistere alle tentazioni.


domenica 24 Ottobre 2021

Poco giornalismo sul giornalismo

Lo abbiamo citato altre volte su Charlie, e questa settimana Ben Smith del New York Times è stato protagonista e responsabile di conseguenze ancora più rilevanti nel mondo dei giornali internazionali (vedi sotto). Ma la cosa interessante da commentare da qui è l’assenza in Italia di un lavoro giornalistico di divulgazione sui giornali (esclusi i presenti, ovvero una newsletter), che viene svolto invece abitualmente in molta autorevole stampa internazionale: dove le testate hanno giornalisti dedicati a raccontare ai lettori le vicende del business dell’informazione allo stesso modo con cui ne hanno competenti e impegnati su altri settori, dalla moda, alla tecnologia, alla televisione, alle automobili, ai libri (Joe Pompeo a Vanity Fair, Margaret Sullivan al Washington Post, Jim Waterson al Guardian, per dirne alcuni). È un peccato perché la domanda c’è (lo si vede, scusate se ci ripetiamo, dalle estesissime attenzioni che ha guadagnato questa newsletter) e un buon lavoro di reporting potrebbe spiegare molte cose interessanti e utili ai lettori: ma una consuetudine un po’ omertosa e un po’ autopromozionale fa sì che in Italia ci sia poca disponibilità a rendere pubbliche le cose dei giornali o a renderle pubbliche con sincerità, che si tratti dei giornali propri o di quelli altrui (ma è successo anche con la storia tedesca di questa settimana che raccontiamo tra poco, quando un editore ha deciso di non pubblicare le accuse contro i concorrenti della Bild). Ed è un peccato non perché ci siano da svelare cose particolarmente disdicevoli (forse anche), ma perché anche nel business dei giornali ci sono cose da far capire e storie interessanti da raccontare: quella cosa che fa il giornalismo.


domenica 24 Ottobre 2021

Per sapere altre cose

Il 15 novembre inizia una nuova edizione – la terza – della serie di lezioni online del Post sul giornalismo (“10 lezioni sul giornalismo“): ci si può iscrivere fino al 10 novembre.


domenica 24 Ottobre 2021

Agli ordini

Il sito Professione reporter ha intervistato il direttore del Post Luca Sofri dentro una sua serie di conversazioni sull’attualità dell’Ordine dei Giornalisti.

“- Però l’Ordine è a tutela delle garanzie del lettore, perché l’Ordine sanziona o dovrebbe sanzionare eventuali comportamenti scorretti del professionista.
– Sì, ma non lo fa. Sappiamo tutti benissimo che non lo fa, non lo fa mai. Sappiamo anche che sarebbe molto difficile farlo. Il terreno dell’informazione accurata, di che cosa sia vero e cosa no, eccetera, è un terreno scivolosissimo e difficile da regolare e condividere, soprattutto in termini di grandi partigianerie e polarizzazioni come oggi. Ma faccio l’esempio più palese: esiste in diverse Carte condivise dell’etica giornalistica, l’impostazione e la richiesta che ogni contenuto promozionale e pubblicitario sui giornali sia segnalato al lettore. Bene, questa richiesta scritta e condivisa da tutti quanti è quotidianamente disattesa su tutti i giornali e sui maggiori quotidiani. È solo un esempio, ma non mi sembra che esista alcuna vigilanza rispetto alla correttezza nei confronti del lettore”.


domenica 24 Ottobre 2021

Sui micropagamenti

Sia Anna Masera, nella rubrica citata qui sopra, sia il direttore di Domani Stefano Feltri sono tornati sull’eventualità dei “micropagamenti” per permettere ai lettori di acquistare online singole copie dei giornali o addirittura singoli articoli (la prima è possibile in Italia solo per poche testate, non le maggiori): è una richiesta che arriva spesso dai lettori, ma che ha per gli editori delle controindicazioni che avevamo spiegato su Charlie l’anno scorso.
Per gli editori è molto più remunerativo un abbonato rispetto a chi acquista un singolo articolo. Il calcolo è presto fatto: per rimpiazzare un abbonamento da 90 euro all’anno servono 450 micropagamenti da 20 centesimi ciascuno, oppure 90 da 1 euro”.


domenica 24 Ottobre 2021

L’angolino del peggio

Una polemica sgradevole ha riguardato l’inviata di Repubblica Annalisa Cuzzocrea questa settimana: Cuzzocrea si occupa con competenza, attenzione e discrezione di politica da molti anni, e in un tweet su una seduta parlamentare di questa settimana ha citato – una nota “di colore” frequente nei resoconti di questo genere – il colore del vestito di Giorgia Meloni del partito Fratelli d’Italia, che Cuzzocrea ha percepito come nero. Il colore in realtà era blu, ma la svista è stata accolta da Meloni – per una comprensibile ipersensibilità sul tema – come un’allusione subdola, a cui Meloni ha reagito polemicamente sui social network incentivando una serie di attacchi online molto violenti e minacciosi nei confronti di Cuzzocrea, che nel frattempo si era spiegata e aveva constatato l’errore. A peggiorare le cose, il quotidiano Libero del giorno dopo ha messo la questione in prima pagina con toni polemici nei confronti di Cuzzocrea e raccontando ai propri lettori la sua neutrale descrizione del colore (sbagliato) come se fosse stata un’accusa.


domenica 24 Ottobre 2021

La tradizionale rubrica Bonomi

Come sanno i più fedeli lettori di Charlie, la direzione del Sole 24 Ore offre ogni settimana una eccezionale quota di spazio all’editore (dai tre ai cinque articoli) nella persona del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, destinando una giornalista fissa a “coprire” il settore delle sue dichiarazioni come si fa di solito con più concreti e significativi temi di attualità. Questa settimana, con i consueti richiami in prima pagina e le foto del presidente, lo spazio della proprietà è stato ospitato nei numeri di martedìmercoledìvenerdì e oggi, domenica.


domenica 24 Ottobre 2021

Una foto vale più di mille parole

È stata notata, in una pagina pubblicitaria acquistata dalla Federazione Nazionale della Stampa (il sindacato unitario dei giornalisti) su alcuni quotidiani di domenica scorsa, la scelta dell’immagine che per la FNSI stessa rappresenterebbe – nel 2021 – la professione giornalistica.