Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 13 Febbraio 2022

Aggiornamenti su Google e giornali

I fronti di contesa maggiori in tutto il mondo sono due, ricordiamo: uno è quello che riguarda l’uso dei contenuti dei siti di news da parte di Google sui suoi motori di ricerca e servizi; l’altro è quello dell’essersi Google impadronito (al pari di Facebook) di una quota prevalente degli investimenti pubblicitari, sottraendoli così alle aziende giornalistiche e alle loro concessionarie di pubblicità. E controllandone funzionamenti e meccanismi a proprio favore.
Sulla prima questione il combattimento è stato per ora risolto grazie alla scelta di Google di pagare i maggiori gruppi editoriali mondiali (ma anche molti minori) per la loro rinuncia a pretese maggiori: soprattutto attraverso il progetto Showcase.
La seconda questione ha a sua volta due fronti aperti: uno è quello generale del potere sproporzionato di Google nel convogliare verso di sé investimenti e ricavi, su cui gli editori in molti paesi stanno aprendo confronti legali in nome soprattutto di violazioni della concorrenza; l’altro è il coltello dalla parte del manico che Google ha nel controllo dei dati degli utenti attraverso il potere e la diffusione del suo browser Chrome, e delle tecnologie relative ai cookie che raccolgono quei dati. Su queste tecnologie Chrome sta introducendo limitazioni che spaventano molto i business online basati sulla pubblicità e anche molte aziende giornalistiche.
Nei giorni scorsi sono successe due cose nuove, aggregate insieme in questo articolo del sito PressGazette: un consorzio di editori di giornali europei ha annunciato di voler denunciare Google alla Commissione Europea per pratiche contro la libera concorrenza, e Google ha acconsentito a sottoporre all’approvazione dell’autorità britannica sulla concorrenza le novità che introdurrà sui cookie.


domenica 13 Febbraio 2022

I quotidiani a dicembre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani a dicembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
copie pagate, o scontate, o gratuite;
copie in abbonamento, o in vendita singola;
copie cartacee, o digitali;
copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui, da cui si vedono questo mese piccoli inconsueti recuperi rispetto al mese precedente da parte di alcuni quotidiani nazionali (su cui possono influire anche variabili occasionali, come il numero maggiore di giorni festivi): ma si fa notare solo il calo maggiore del Sole 24 Ore.

Più chiaro e omogeneo è il quadro se si guarda il confronto con l’anno precedente, che ancora una volta mostra solo perdite per quasi tutti salvo un piccolo guadagno per il Messaggero (che però era andato molto male a dicembre 2020), e di nuovo con la vistosissima eccezione della Verità che è cresciuta del 18% in un anno (staccando ormai di molto il suo rivale Libero e superando il Giornale, ma il dato è ancora discutibile, come diciamo sotto). A perdere di più sono ancora i quotidiani GEDI, ma anche Avvenire e il Quotidiano Nazionale (la testata che ha le tre declinazioni locali della Nazione, del Resto del Carlino e del Giorno), e perde ben il 27% delle copie il Giornale. Anche il Fatto ha iniziato a ridimensionare i successi del 2020. Tutte tendenze simili a quelle del mese passato.

Come sempre vale la pena considerare un altro dato più indicativo della generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi”, per avere un risultato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare il giornale. Ottenendo questi numeri, e il risultato migliore per il Corriere della Sera, rispetto a novembre:
Corriere della Sera 186.512
Repubblica 136.121
Stampa 88.568

Resto del Carlino 66.287
Sole 24 Ore 66.177
Messaggero 56.790
Fatto 47.583
Nazione 44.447
Gazzettino 39.361
Giornale 33.317

Notevoli sono il “sorpasso” del Resto del Carlino sul Sole 24 Ore, e il distacco mantenuto dal Giornale sulla Verità, che nel suo totale dichiara una quota assai maggiore di copie digitali scontatissime.
Altri giornali nazionali:
Verità 30.625
Libero 20.402
Avvenire 16.634
Manifesto 12.836
ItaliaOggi 9.743

(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS)

Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come “diffusione”, le cose notevoli – che spiegano le discrepanze tra i due conti – sono:
– Corriere e Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie digitali scontate oltre il 70% del prezzo: 45mila e 35mila, dietro di loro c’è Repubblica con 10mila.
– il numero di copie cartacee dichiarate dal Fatto è ormai stabilmente inferiore a quello delle copie digitali (per queste ultime il Fatto è terzo dopo Corriere e Repubblica, se si tolgono quelle scontatissime).
– il Manifesto rimane ottavo per copie digitali (ne indica più del Giornale e della Gazzetta dello Sport), pur essendo 46mo nel totale.
– Avvenire comunica ben 62mila copie “multiple pagate da terzi”, attribuibili in buona parte alla rete delle strutture cattoliche.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, 21mila, in gran parte digitali.
– delle 22mila copie dichiarate da ItaliaOggi, più della metà sono copie “promozionali e omaggio” o con sconti superiori al 70%.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono ancora AvvenireMessaggeroSole 24 Ore e Gazzettino.
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” (ovvero duplicati nel conteggio totale) sono Corriere della SeraSole 24 Ore, Stampa e Avvenire.
– la Stampa indica un numero molto rotondo di “copie digitali individuali” a prezzo superiore al 30% (10.000) frutto probabilmente di un’approssimazione occasionale.
Ricordiamo che per tutte le testate sono considerate copie digitali vendute anche tutte quelle che vengono vendute a un prezzo scontato fino al 70%.

(Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 13 Febbraio 2022

La fine del modello “blogger ospite”?

È arrivata anche sui quotidiani italiani una storia di truffe americane che ha un riflesso anche su dei meccanismi contemporanei e discussi di alcuni siti di news. La storia è l’arresto con l’accusa di avere progettato una truffa legata ai bitcoin di una donna con eclettiche attività, tra cui quella di “collaboratrice” del sito di Forbes, la rivista finanziaria di grande fama internazionale. Fama che ormai è molto immeritata, come ha spiegato un articolo sul sito NiemanLab, perché Forbes ha perso grande parte del suo credito diventando il contenitore di molte cose di bassa qualità e poche garanzie di affidabilità, soprattutto per avere scelto anni fa di offrire spazi gratuiti online a migliaia di autori diversi, non retribuiti e con nessun controllo su ciò che pubblicano. Questa opportunità, che Forbes usa per ragioni di numeri e traffico, ha creato un grande mercato di articoli promozionali che gli autori vendono a chi desideri poter dire o scrivere di essere stato “citato da Forbes” per la propria azienda, il proprio nome o il proprio prodotto. La persona arrestata era uno di questi autori.
L’articolo di NiemanLab ricorda come questo meccanismo sia stato sfruttato per primo e con grande dispiego di “blogger” soprattutto dallo Huffington Post, che però ha eliminato quattro anni fa tutti i blog non retribuiti. Lo HuffPost italiano oggi ne ospita un centinaio, ma sono quasi tutti assegnati ad autori in qualche modo qualificati o noti (il Post adottò nei suoi primi anni una scelta simile per un numero molto più esiguo di autori scelti e verificati, che oggi sono quasi tutti retribuiti).


domenica 6 Febbraio 2022

La gara è truccata

Su Charlie ci ripetiamo spesso a proposito dell’inefficacia dei contributi pubblici diretti ai giornali: che si definiscono destinati al “pluralismo” e in questo senso aumentano certamente la pluralità di testate esistenti, ma inevitabilmente non possono valutare la qualità del servizio informativo di quelle testate, che è ciò che sarebbe nell’interesse della comunità e dello Stato. Il pluralismo senza una qualità di informazione serve quindi a poco: e quei soldi finiscono per sovvenzionare una buona informazione solo casualmente e parzialmente, e altrettanto casualmente ne sovvenzionano di cattiva.
Ma c’è un altro aspetto “distorsivo” nell’erogazione dei contributi diretti a cui abbiamo accennato, e che in queste settimane ha un esempio palese e comprensibile. Dal momento che i criteri per accedere ai contributi possono essere in buona parte soddisfatti attraverso la creazione di strutture formali (cooperative, soprattutto) che non cambiano la natura societaria delle aziende giornalistiche, la differenza di condizione tra alcune testate che vengono finanziate e altre che invece no è inesistente, e questo crea una discriminazione di fatto alla libera concorrenza. Prendete la vivace competizione che si sta sviluppando tra i quotidiani italiani di destra, con
Libero che cerca di rincorrere i recenti successi della Verità, e un gran lavoro di entrambi nel convincere gli inserzionisti a preferire l’uno o l’altro: bene, in questa competizione lo Stato – e le persone che pagano le tasse, e il canone Rai – dà a Libero cinque milioni e mezzo di euro che la Verità non riceve. E lo stesso si può dire degli altri giornali che si possono permettere grazie ai contributi pubblici investimenti sui contenuti o sulla promozione, sottraendo lettori a chi quei contributi non li riceve (in Trentino-Alto Adige c’è un quasi monopolio dell’informazione, ricco e potente: ed è ampiamente sovvenzionato dallo Stato). Se è vero, come è vero, che tra le testate beneficiarie ce ne sono che rispondono correttamente ai criteri richiesti, o che producono informazione utile alla comunità, e se è vero, come è vero, che è purtroppo illusorio pensare di azzerare il groviglio di interessi e spartizioni politiche e clientelari che è alla base della attuale distribuzione, bisognerebbe almeno ridurre il peso – assai maggiore – dei suoi effetti negativi: stabilendo per esempio un limite, tra l’1 e il 2% del totale, alle contribuzioni per ciascuna testata beneficiata.

Fine di questo prologo.


domenica 6 Febbraio 2022

Correzioni, imbarazzate

Con un lapsus così freudiano dall’aver fatto sospettare molti lettori di Charlie che ci fosse una intenzione deliberata di fare gli spiritosi (grazie, ci sopravvalutate), la settimana scorsa questa newsletter ha titolato la sua ultima notizia “Gli errori capitano” e ha poi riferito di un incidente al “Giornale di Vincenza”. Un involontario eccesso di solidarietà coi colleghi vicentini di cui ci scusiamo col resto della penisola.


domenica 6 Febbraio 2022

Parlarsi addosso

La newsletter Ellissi, dedicata “all’intersezione tra media, business, marketing e strategia digitale”, ha intervistato il direttore del Post Luca Sofri, su bilanci degli ultimi anni e sviluppi dei prossimi.
“è la qualità del contenuto a fare la differenza, non il formato. Morning è un successo più per la bravura di Francesco [Costa, ndr] che per il fatto di essere un podcast in sé. La strategia sarà replicabile, quindi, solo se avremo delle buone idee su cui lavorare. La scelta del formato – newsletter? Podcast? Qualcos’altro? – per noi avviene a valle e non a monte”.


domenica 6 Febbraio 2022

Non benissimo

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato un rapporto sui “bilanci dell’editoria quotidiana e periodica” per gli anni 2016-2020. È un documento interessante che si può leggere qui, e che indica tra le altre cose che:

– “l’andamento aggregato dei ricavi delle principali imprese operanti nel settore dell’editoria quotidiana e periodica, registra una riduzione complessiva del 27,2% passando 4,51 a 3,28 mld. di €, con una contrazione media annua del 7,6%. I ricavi domestici mostrano una flessione del 14,0% riducendosi, corrispondentemente da 3,43 a 2,95 mld. di €.”
– “i proventi editoriali rappresentano il 40,1%, seguiti dai ricavi pubblicitari per il 29,2% e da quelli attribuibili all’editoria libraria che pesano per il 14,4%. Nel quinquennio considerato, gli introiti pubblicitari sono quelli che hanno sofferto maggiormente della crisi (-30,1% nel periodo), mentre l’andamento dei proventi da editoria libraria sono risultati maggiormente stabili, con una flessione limitata al 6%. Va tuttavia sottolineato che i tre comparti principali (ricavi editoriali, ricavi pubblicitari e ricavi da editoria libraria) registrano nell’ultimo anno una perdita complessiva pari al 13,1%”.
– “Nel periodo considerato, gli addetti delle principali imprese del settore si sono ridotti complessivamente di oltre 2.000 unità (-11,4%), passando da un totale di 13.000 addetti nel 2016 a 11.000 nel 2020. Nel 2020, la flessione su base annua, circa 400 unità, è attribuibile principalmente alle riorganizzazioni aziendali poste in essere dai gruppi GEDI e Mondadori”.


domenica 6 Febbraio 2022

Mister Bonaventura

Per quello che valgono – in termini di notizia – queste continue esibizioni di numeri di abbonati da parte delle stesse testate, il New York Times ha annunciato di avere raggiunto il numero di dieci milioni, aiutato dall’acquisizione del sito The Athletic.


domenica 6 Febbraio 2022

Oops

Ai vari errori e incidenti ordinari che capitano nel lavoro di una redazione, internet ne ha aggiunto uno, frutto delle disintermediazioni e della peraltro preziosa autonomia dei giornalisti: la pubblicazione-per-sbaglio. Basta un clic e articoli non ancora pronti o non controllati finiscono online e anche nei pochi secondi prima che si possa rimediare vengono letti da migliaia di persone. Oppure sono articoli preparati per un’eventualità possibile (primi tra tutti i necrologi di persone famose e malate o anziane), che diventano come un’arma a cui è tolta la sicura. A volte sono cose indolori, altre volte il risultato genera maggiori imbarazzi e maggiori agitazioni tra gli interessati, come con il sito di Bloomberg che sabato ha pubblicato queste scuse:

“Prepariamo titoli per molti scenari e il titolo “La Russia invade l’Ucraina” è stato pubblicato inavvertitamente intorno alle 16 di oggi sul nostro sito. Ci dispiace profondamente dell’errore. Il titolo è stato rimosso e ne stiamo indagando la causa”.


domenica 6 Febbraio 2022

Valigia Blu e i suoi sostenitori

Valigia Blu ha raggiunto ancora, anche quest’anno, l’obiettivo che si era data di raccolta di contributi da parte dei suoi lettori. Valigia Blu è un sito di news nato come emanazione del Festival del Giornalismo di Perugia ma che da anni si è preso uno spazio e una visibilità online raccogliendo apprezzamenti legati soprattutto al lavoro di verifica e “debunking” delle notizie false, alle riflessioni sull’informazione e al “giornalismo esplicativo”. Si sostiene con i contributi dei lettori, promuovendo ogni anno campagne puntuali di contributo.


domenica 6 Febbraio 2022

Giochi preziosi

Proseguendo l’investimento sui giochi che ha dato straordinari risultati nel coinvolgimento di nuovi abbonati, il New York Times ha comprato Wordle, il gioco online con le parole che aveva avuto un grande successo “virale” nelle passate settimane.


domenica 6 Febbraio 2022

Le convocazioni aperte di Open

Enrico Mentana, che ha creato il giornale online Open tre anni fa, tenendo una posizione di “fondatore” sul giornale che non ha un direttore da quasi un anno, ha comunicato sui social network che Open – da cui erano andati via alcuni giornalisti – ne assumerà quattro nuovi, invitando a mandare curriculum fino al venerdì passato. Intanto il mese scorso David Puente è diventato vicedirettore.


domenica 6 Febbraio 2022

Repubblica costa di più

Dopo i già delicati e mal digeriti aumenti del prezzo nel weekend, Repubblica ha comunicato che il giornale costerà di più anche nei giorni feriali: da 1,50 a 1,70 euro.


domenica 6 Febbraio 2022

I contributi pubblici a chi rende gli articoli pubblici

Negli Stati Uniti continua il dibattito sulla necessità di sostenere i giornali “locali” (che ricordiamo negli Stati Uniti essere quasi tutti) con degli interventi pubblici e sui rischi connessi. Tra gli sviluppi più recenti c’è l’intervenuto timore che le sovvenzioni sia pubbliche che di grandi fondazioni private si indirizzino in maniera conservatrice (“salvare” i giornali esistenti piuttosto che incentivarne nuovi) verso città e aree con comunità abituate a essere più servite dall’informazione, piuttosto che verso quelle già tradizionalmente poco informate. Differenza che si tradurrebbe in informazione di maggior qualità garantita alle città con un elettorato più progressista e Democratico, e di cui resterebbero private le zone a elettorato più di destra o trumpiano, abituate a essere informate solo dai network televisivi e da Fox in particolare.
Un’altra notizia interessante è una proposta di legge californiana per contributi che siano basati su un esame di progetti di informazione di servizio pubblico, e che uno dei criteri principali sia che i giornali sovvenzionati garantiscano accessibilità a tutti, senza limiti o paywall, e anche che i progetti giornalistici sovvenzionati siano liberi da diritti in modo che possano essere condivisi e diffusi il più possibile. Scelta che attenuerebbe il rischio, di cui si è parlato molto, che i beneficiari dell’informazione di qualità siano solo coloro che sono in grado di pagarla.


domenica 6 Febbraio 2022

Infowars

C’è una contesa info-diplomatica tra Russia e Germania. L’ente tedesco che assegna le concessioni alle frequenze televisive ha deciso la chiusura della versione tedesca di Russia Today, l’ambiziosa e famigerata rete televisiva russa che funziona in gran parte come strumento di propaganda del regime russo e di diffusione di notizie false. Secondo l’ente tedesco le trasmissioni – iniziate a dicembre – non hanno le autorizzazioni di legge. Russia Today era stata accusata nelle settimane passate di disinformazione sul coronavirus.
Per ritorsione il governo russo ha annunciato che chiuderà gli uffici della tv pubblica tedesca Deutsche Welle.


domenica 6 Febbraio 2022

Severi coi social

A seguito di altre minori perdite di controllo e di trasparenza sui contenuti pubblicitari online, c’è stata una contestazione interna a Repubblicariferisce il sito Professione Reporter. Ma la protesta che viene citata sembra segnalare più una contesa tra la redazione e chi si occupa del sito e dei social network, piuttosto che notare un problema deontologico che riguarda più visibilmente le stesse pagine del giornale.
“Cari colleghi – scrivono i redattori degli Interni al Cdr – in allegato troverete dei post e articoli pubblicati sui nostri social e sul nostro sito. Sono contenuti che confondono i lettori, con poco giornalismo e molta pubblicità, e che dequalificano il nome, il marchio “Repubblica”.  Li riteniamo deontologicamente scorretti e oltretutto, temiamo, anche passibili di provvedimenti esterni proprio per la confusione e commistione che generano. Stiamo assistendo da tempo a un decadimento qualitativo e informativo dei contenuti che vengono pubblicati sui social (e anche sul sito), ma qui siamo di fronte a réclame vere e proprie”.


domenica 6 Febbraio 2022

Altri esempi di fluidità

Le citiamo meno spesso su Charlie, ma le sovrapposizioni e confusioni tra articoli giornalistici e articoli promozionali sui quotidiani continuano a essere molto frequenti, e a mostrare la perdita di autonomia delle redazioni e l’occupazione sempre maggiore di spazi decisionali da parte delle concessionarie di pubblicità nella confezione dei giornali. Per non perdere di vista questo aspetto – fondamentale nella comprensione delle scelte dei giornali – segnaliamo in queste due ultime settimane una manciata di esempi più vistosi solo sui quotidiani maggiori: gli articoli celebrativi e aziendalisti sull’anniversario di Pirelli nei giorni delle numerose pagine pubblicitarie comprate da Pirelli, gli annunci sui successi della società A2A nei giorni di estese campagne pubblicitarie di A2A, lo spazio dato alle acquisizioni di Arvedi nei giorni di pagine pubblicitarie di Arvedi, le interviste ai dirigenti di MSC vicine alle pagine pubblicitarie di MSC, gli articoli sulle (benemerite, certo) iniziative di AIRC durante le campagne pubblicitarie pagate da AIRC, le celebrazioni in prima pagina dei Baci Perugina nei giorni delle campagne per l’anniversario dei Baci Perugina.


domenica 6 Febbraio 2022

Diverse notizie in una, nuove e vecchie

La redazione del Giornale di Brescia è stata informata che dal 21 febbraio assumerà il ruolo di vicedirettrice Anna Masera, giornalista tra le più precoci in Italia a occuparsi di innovazione digitale e di internet dagli anni Novanta, prima a Panorama e poi alla Stampa, dove negli ultimi anni era stata “public editor” (e come tale è stata spesso citata in questa newsletter).
Ma la prima di queste newsletter, invece, ad agosto del 2020 fece i conti sulla minima presenza di donne nei ruoli direttivi dei quotidiani, sintetizzata dal dato per cui nei trenta quotidiani a maggiore diffusione in Italia le direttrici fossero soltanto due. Il dato è rimasto lo stesso (anzi, vale anche per le prime quaranta testate), ma uno dei due quotidiani che è diretto da una donna è appunto il Giornale di Brescia (l’altro è la Nazione), che ora è l’unico ad avere una direttrice e una vicedirettrice.


domenica 6 Febbraio 2022

Stanno cercando di fregarvi

James Fallows è un illustre giornalista americano di 72 anni, che è stato a lungo uno degli autori più importanti del magazine Atlantic (oggi uno dei siti di approfondimento e news più importanti e riusciti), ha scritto per molte altre testate e per due anni ha fatto anche lo speechwriter del presidente Jimmy Carter. Da qualche mese ha una newsletter su Substack, in cui questa settimana ha descritto alcuni meccanismi con cui fatti e notizie non falsi o infondati vengono messi in contesti che ne forzano l’interpretazione (“framing the news”), ingannando i lettori. Uno di questi, riconoscibile anche in molta produzione giornalistica e saggistica italiana, è “stanno cercando di fregarvi” o “di prendersi ciò che è vostro”. Traducendo i suoi esempi nelle consuetudini giornalistiche italiane, può essere “la casta”, “il gender”, “i clandestini”, “l’Europa”, ma anche “la sinistra”.
«Può riferirsi a chiunque e a qualunque cosa. Ma sono loro. Imbrogliano e complottano contro di voi. E contro la gente come noi. È una triste ma fondata verità della vita che più le persone invecchiano e più sono predisposte a una lettura del mondo “qualcuno vuole fregarmi”».
Fallows spiega che “un pubblico spaventato è un pubblico fedele”, e questo tipo di narrazione dei fatti – che li confeziona suggerendo pericoli diretti esplicitamente verso il lettore, o spettatore – è un successo in termini commerciali, ma tossico per la convivenza civile, e attecchisce di più presso i pubblici più anziani. Da noi, è facile vederlo dispiegato nelle titolazioni che privilegiano l’indicazione di nemici, responsabili e capri espiatori rispetto alla descrizione degli eventi e fatti in questione.


domenica 6 Febbraio 2022

Altri movimenti tra i quotidiani di destra

Questa volta non si tratta della consueta circolazione dei direttori, né delle polemiche e competizioni delle scorse settimane tra i direttori stessi: ma di possibili cambiamenti più radicali, con Antonio Angelucci – deputato di Forza Italia di fortune economiche legate alle cliniche private – che già possiede il Tempo e Libero (malgrado quest’ultimo si avvalga dei contributi pubblici diretti presentandosi formalmente come cooperativa) e che sta trattando per acquistare il Giornale, la cui maggioranza è posseduta da Paolo Berlusconi, mentre una quota minore è di Mondadori (editore a sua volta di proprietà della famiglia Berlusconi).
Della trattativa hanno parlato alcuni giornali nei giorni scorsi: avrebbe l’interesse di Mondadori, che da tempo si sta liberando di molte proprietà tra i giornali concentrandosi sui libri. Sarebbe una cessione con molte implicazioni politiche e simboliche: da una “scissione” del Giornale era nato Libero, ma ultimamente entrambe le testate stanno venendo superate in diffusione dalla Verità, nata da un’ulteriore distacco da Libero. Il Giornale è di fatto l’organo di Forza Italia, mentre Libero ha sostenuto molto di più la Lega e Matteo Salvini. Dice la Stampa:
“orizzonte di questa acquisizione, è evidente, è la creazione di un polo editoriale della destra italiana. Lo schema della fusione prevede una sinergia tra testate. Una delle ipotesi che circola è di agganciare Il Tempo e Libero come cronache cittadine, rispettivamente di Roma e di Milano, a Il Giornale che invece offrirebbe la parte nazionale”.


domenica 6 Febbraio 2022

Morning show in CNN

L’avvenimento della settimana tra i grandi media americani sono state le dimissioni di Jeff Zucker, presidente di CNN, responsabile delle grandi trasformazioni e dei successi – anche discussi – della rete in questi anni. Come scrivevamo su Charlie l’anno passato, CNN non è più infatti la rete delle news e dei fatti “distaccati” di cui il mondo si era fatto un’idea dalla sua nascita, ma una testata tra quelle divenute più vivacemente partigiane soprattutto durante l’amministrazione Trump – contro Trump – e dove Zucker (che era in carica dal 2013, e che prima di farlo attaccare da CNN aveva costruito il successo televisivo di Trump quando era capo di NBC) aveva spinto in generale verso una forte personalizzazione ed emotività da parte dei conduttori e giornalisti, ritenendo questo indirizzo più adeguato ai tempi e ai gusti del pubblico, che gli ha dato ragione. Ma negli ultimi mesi CNN era stata penalizzata anche più delle altre organizzazioni giornalistiche dal calo di interesse sulla politica dopo l’elezione di Joe Biden.
Giovedì Zucker si è dimesso con una dichiarazione che attribuisce la decisione alla sua responsabilità nel non dichiarare all’azienda una sua relazione con una dirigente della rete, relazione che si è trovato a dover confessare durante le indagini interne su Chris Cuomo, il giornalista sospeso dopo le accuse di aver inopportunamente aiutato la difesa di suo fratello Andrew, governatore di New York accusato di diversi casi di molestie sessuali.
La spiegazione delle dimissioni però ha convinto pochi degli osservatori del mondo dell’informazione: Zucker e la sua partner sono entrambi divorziati, e la relazione non era così segreta, e quindi ci sono molti commenti e ipotesi su eventuali ragioni di scala maggiore, che abbiano a che fare con ritorsioni di Chris Cuomo o dello stesso Trump, o con scelte e questioni di scala ancora maggiore. Warner Media, la società che possiede CNN, sta concludendo una grossissima fusione con la rete Discovery.


domenica 6 Febbraio 2022

Chi si porta a casa mezzo montepremi

La grande società di consulenza internazionale Ebiquity ha diffuso dei numeri impressionanti sul potere delle tre maggiori società digitali sul mercato pubblicitario: Amazon, Alphabet (ovvero Google) e Meta (ovvero Facebook) avrebbero raccolto nel 2021 il 74% degli investimenti pubblicitari digitali nel mondo, equivalente al 47% di tutti gli investimenti pubblicitari. Immaginando che questa piega prosegua (le quote erano 67% e 39% nel 2020), nel 2022 queste tre società avrebbero la maggioranza di tutto il mercato pubblicitario mondiale. Per quanto pertiene ai temi di questa newsletter, una sensibile quota di questi soldi è tolta ai tradizionali percorsi di ricavo pubblicitario dei giornali


domenica 30 Gennaio 2022

Gli errori capitano

La cosa che fa la differenza è quanto ci si sta attenti; una seconda cosa che fa una differenza è con quale severità o indulgenza si fa autocritica. Il Giornale di Vicenza ha avuto un incidente imbarazzante e l’ha trattato con apprezzabile imbarazzo.


domenica 30 Gennaio 2022

Le “home page” stanno strette

Un tempo erano la cosa più vista e visibile dei siti di news, e anche il loro modo principale di mostrarsi e di promuovere se stessi e i propri contenuti. Da quando l’uso di internet si è spostato in grandissima prevalenza sugli smartphone (dove oggi quasi tutti i giornali online registrano tra il 65% e l’85% delle visite), le opportunità di disporre i contenuti in modi più vari e attraenti si sono molto ridotte: lo schermo è piccolo, l’abitudine d’uso è governata quasi soltanto dallo “scroll”. Il risultato è che alle home page su desktop si sono sostituite quelle su mobile, come spazio più frequentato e familiare, che nella quasi totalità aderiscono con variazioni limitate al formato della “timeline”: una serie di “post” disposti in successione verticale, più o meno identici tra loro oppure con poche alternative formali.
Nel tentativo di diversificare e darsi identità più originali e riconoscibili, senza rischiare di diminuire l’attrattiva dei contenuti o la loro quantità, i diversi giornali fanno piccoli esperimenti con la visualizzazione delle loro pagine web su mobile, o delle loro pagine sulle app. Al New York Times hanno raccontato una disposizione dei contenuti che è stata introdotta da alcuni mesi: sfrutta uno “scroll” orizzontale, alternato a quello consueto, e lo hanno chiamato Bursts.


domenica 30 Gennaio 2022

Domande stupide

Il presidente degli Stati Uniti ha dato dello “stupido figlio di puttana” a un giornalista della tv Fox News che gli aveva fatto una domanda, pensando – Biden – di non essere ascoltato. L’irritazione di Biden si doveva al fatto che la domanda era una di quelle che non prevedono possibili alternative e servono solo a mettere in difficoltà l’interrogato e a ottenere una reazione: “pensa che l’inflazione potrà nuocervi, alle elezioni di midterm?”. Lo stesso giornalista aveva ricevuto una risposta più efficace da John McCain cinque anni fa, di fronte a una simile provocazione: McCain gli aveva spiegato che era una domanda cretina.

Capita spesso però che le persone siano impressionate dalla povertà delle domande dei giornalisti che vengono mostrate in video o alla tv (ma a volte anche da quelle che i giornalisti riportano nelle interviste scritte): molte sembrano proprio stupide, e un’occasione in cui il pubblico lo ha notato spesso in questi due anni sono state le conferenze stampa delle istituzioni sulla pandemia trasmesse in diretta. E se è vero che molte di queste sono stupide e basta, e diventano un’occasione sprecata di farsi dire qualcosa di interessante per il pubblico, altre volte sono appunto un tentativo – non sempre riuscito, non sempre apprezzabile – di ottenere dall’interrogato una risposta o una reazione qualunque che diventi una notizia su un tema delicato o potenzialmente interessante (nel caso di Biden ha funzionato, anche se in modo imprevisto). Bisogna avere presente che per raccogliere informazioni utili ci sono molti altri canali meno diretti e pubblici, per i giornalisti: quando intervistano il personaggio pubblico – o anche il politico per strada – per i giornalisti conterà che una cosa sia stata detta da quel personaggio, non che sia utile al pubblico o a spiegare qualcosa.


domenica 30 Gennaio 2022

Sui compensi dei collaboratori

La settimana scorsa Charlie ha pubblicato una raccolta di informazioni sui compensi attribuiti da alcuni giornali e siti di news ai collaboratori esterni, indicando come quelle tariffe fossero una base abituale e frequente ma anche soggette a molte variabili. I dati hanno ricevuto molte conferme tra i giornalisti che hanno scritto a Charlie e tra chi ha commentato sui social network. Tra questi, il sito del Fatto ha voluto definire con maggiore completezza le cifre, attraverso due tweet (e grazie per essersi fatti vivi con Charlie, che raccoglie sempre volentieri informazioni dirette).

“i compensi del fattoquotidiano.it non sono corretti: oltre alla fascia da 30 euro, c’è anche quella da 60 euro, per i pezzi collocati negli spazi più alti dell’homepage, indipendentemente dalla lunghezza.
E poi 110 euro come base per i contenuti video. Ma soprattutto, negli anni, abbiamo ridotto i borderò e raddoppiato i contratti ai nostri collaboratori. Dobbiamo migliorare, ma cerchiamo di prestare attenzione ai compensi e ai percorsi dei colleghi”.


domenica 30 Gennaio 2022

La visita di Schrödinger

Una storia invece italiana che possiamo associare alla precedente, ma che ha avuto molti meno sviluppi, è quella del presunto incontro tra Matteo Salvini e il giurista Sabino Cassese nei giorni delle trattative per la scelta di un candidato alla presidenza della Repubblica. Mercoledì scorso il Foglio ha pubblicato online un breve articolo che rivelava la visita di Salvini a casa di Cassese, e in quel momento di stallo e misteri sulle trattative è stata una notizia e un suggerimento di un’ipotesi – quella di una candidatura Cassese, che però il Foglio non ha mai direttamente evocato – piuttosto rilevante. Ma immediatamente “fonti della Lega” hanno smentito l’incontro, e poco dopo lo ha fatto direttamente lo stesso Salvini in diretta tv, rispondendo ai giornalisti che lo avevano raggiunto per strada. Nelle ore successive – mentre il nome di Cassese entrava nel dibattito sulle candidature su tutti i mezzi di informazione – il Foglio (di cui Cassese è un frequente collaboratore) ha invece confermato la sua versione, e lo ha fatto pubblicamente anche il suo direttore Claudio Cerasa.
Nessuno ha ulteriormente dato seguito per definire coi fatti chi abbia detto la verità e chi mentito.


domenica 30 Gennaio 2022

Le parole per dirlo

Questa settimana negli Stati Uniti c’è stata una polemica giornalistica di quelle che capitano solo tra i rigori serissimi che riguardano il giornalismo di quel paese, e sono certamente impensabili da noi, per esempio. Una nota giornalista che è l’esperta della radio pubblica NPR sulla Corte Suprema, Nina Totenberg (avevamo parlato di lei già qui), ha scritto che uno dei giudici della Corte, il presidente Roberts, avrebbe chiesto “in qualche modo” ai suoi colleghi di indossare la mascherina durante le sedute: la questione ha delle implicazioni, perché uno dei giudici non l’ha indossata e un’altra ha scelto di collegarsi da remoto, e questo potrebbe confermare tensioni e dissensi anche su cose apparentemente accessorie.
Solo che Roberts ha smentito di avere fatto qualunque richiesta del genere, e i critici di Totenberg e NPR ne hanno approfittato per attaccare entrambi. Totenberg ha allora confermato la sua versione, ma invece la “public editor” di NPR (interna ma indipendente) ha pubblicato un articolo in cui invitava la radio a maggior chiarezza e spiegazioni sulla sua versione. Secondo la public editor l’espressione “ha chiesto in qualche modo” è vaga ed elusiva (“ha usato il verbo sbagliato”), secondo Totenberg le sue fonti non le hanno dato maggiori informazioni di così. NPR non ha voluto intervenire oltre, ma in una successiva versione Totenberg ha usato invece il verbo “suggerito”.


domenica 30 Gennaio 2022

Il prezzo della carta

Qualche mese fa si è capito che la crisi delle forniture di materie prime che ha riguardato molti settori produttivi dopo la pandemia stava diventando un problema anche per l’editoria: aveva cominciato a mancare la carta per i libri. Ma la carenza riguarda anche i giornali, e questa settimana ne ha scritto il quotidiano Domani, che ha anche annunciato – con un articolo del suo direttore – di avere cambiato tipo di carta su cui è stampato il giornale, in conseguenza di questo.
«Qualche settimana fa ci arriva la comunicazione dello stampatore: la carta da 52 grammi è finita. Non è questione di prezzo, non esiste più.

Resta una sola alternativa, passare a quella più leggera, da 42, che però nel frattempo è diventata incredibilmente costosa (l’ultima riserva di 52 grammi la conserviamo per qualche DopoDomani speciale) […] Almeno per ora noi eviteremo di alzare il prezzo della singola copia, però questa è la pressione che si riversa su tutto il settore (e sappiamo che i prezzi dei prodotti al consumo, quando aumentano difficilmente poi si riducono).
Insomma, quando sentirete tra le mani una copia di Domani più sottile e vi chiederete cos’è successo, sappiate che quello che stringete tra le mani è la sintesi dei grandi cambiamenti nell’economia mondiale post-Covid. Le mutazioni del capitalismo in dieci grammi di carta mancanti
».


domenica 30 Gennaio 2022

Google e i cookie: la novità

La novità è che dopo mesi di critiche al nuovo approccio che aveva proposto, Google ha deciso di accantonarlo. E di sostituire il progetto “FLoC” con un nuovo progetto “Topics“: che non è stato molto chiarito ancora, ma il riassunto è che Topics individuerebbe per ogni utente del browser Chrome cinque “argomenti” di interesse ogni settimana (tra 300 definiti), e permetterebbe di indirizzare le inserzioni pubblicitarie sulla base di tre di quelli, scelti casualmente dalle ultime tre settimane. Dalle prime sommarie analisi il sistema sembrerebbe venire incontro ai dubbi che riguardavano la tutela della privacy della navigazione, ma ridurrebbe ulteriormente la disponibilità di dati per gli inserzionisti e per le piattaforme e i servizi che gestiscono la pubblicità, riducendo molto l’efficacia della profilazione. E ci sono quindi già molte perplessità. Le aziende giornalistiche che ricevono ricavi pubblicitari da concessionarie e intermediari devono probabilmente ancora capire ed elaborare, ma non saranno soddisfatte neanche loro.


domenica 30 Gennaio 2022

Google e i cookie: un ripasso

La questione delle scelte di Google rispetto ai “cookie di terze parti” era stata l’agitazione principale di editori e siti che si sostengono attraverso la pubblicità, un anno fa, e poi era stata sospesa in attesa che venisse digerita e che ci si inventassero delle alternative.

Il sistema dei cookie di terze parti implica delle ingerenze nella privacy evidenti – malgrado noi le consentiamo quando accettiamo sbrigativamente quelle condizioni che troviamo sui siti alle nostre prime visite – e il dibattito sul limitarle dura da molto, ma la questione ha subito un’enorme accelerazione quando si è mossa Google, come sempre. Che all’inizio dell’anno passato ha annunciato che avrebbe inibito l’uso dei cookie di terze parti sui propri browser Chrome, adducendo appunto ragioni di maggior rispetto della privacy. Che sono da una parte fondate senza essere disinteressate: Google percepisce la domanda da parte dei propri utenti e cerca di rispondere. D’altra parte Google ha interesse ad aumentare ancora di più il proprio potere sul mercato dei dati e della pubblicità proponendo soluzioni sempre più adeguate a questo. E la proposta che ha fatto è una soluzione tecnologica dal buffo nome (sembra una puntata del Trono di Spade): Federated Learning of Cohorts, abbreviato in FLoC. Vuol dire, grossomodo, “apprendimento collaborativo delle coorti”. Per farla davvero molto breve, l’idea è la creazione di un sistema di categorie di utenti (moltissime, le coorti) che riconosca a quale di queste appartenga ciascuno di noi quando visita un sito, senza identificarci singolarmente. La proposta ha inizialmente spiazzato i moltissimi coinvolti (ovvero chiunque usi internet, nei fatti), presentandosi come un servizio di rispetto della privacy. Ma presto se ne sono comprese anche le implicazioni in termini di maggiore potere affidato a Google, e di possibili violazioni diverse della privacy stessa. Oltre che di sovversione del mercato pubblicitario pericolosa per molte aziende e business. Quindi in questi mesi in cui Google sta avviando la sperimentazione del sistema ci sono molte diffidenze e cautele, anche nelle aziende giornalistiche in cui si cerca di capire se e come adeguarsi, se ci siano più rischi o più opportunità, se collaborare con Google o provare a mettersi di traverso”.
Trovate una più estesa spiegazione delle puntate precedenti qui.


domenica 23 Gennaio 2022

I giornali spiegati bene

Sabato prossimo al Circolo dei lettori di Torino riprendono le rassegne stampa del Post con Luca Sofri e Francesco Costa, alle 11.


domenica 23 Gennaio 2022

Avere i titoli

Il direttore del Post ha pubblicato una breve considerazione su Twitter a proposito di un tratto dei quotidiani italiani del tutto peculiare e unico rispetto agli altri paesi, l’inclinazione ormai diffusa su quasi tutte le testate a preferire sulle loro prime pagine dei titoli maggiori fatti di giochi di parole, o di formulazioni “cinematografiche” ed enfatiche, piuttosto che descrittive della notizia: consuetudine un tempo più normale e radicata nella titolazione degli articoli delle riviste, e più in generale di quelli meno legati all’attualità immediata. Iniziò tanti anni fa il Manifesto, a farlo con frequenza quotidiana, poi si aggiunsero i quotidiani sportivi, oggi si è convinta della scelta la maggioranza dei giornali: ed è una cosa che all’estero avviene con questa assiduità solo sui giornali “tabloid” più scandalistici o screditati. Ma a giudicare dai commenti online una buona parte dei lettori sembra apprezzarli.


domenica 23 Gennaio 2022

Cosa fare su Instagram se sei un giornale

Il sito britannico di informazione sui media PressGazette ha compilato una classifica delle testate giornalistiche anglofone con più follower su Instagram, e ha parlato coi responsabili della rete televisiva BBC del loro primato in questa classifica (20,3 milioni).

Il rapporto dei giornali con Instagram è complicato e oggetto di riflessioni da anni: considerate le limitazioni di Instagram nel portare traffico sui siti web, e quindi ricavi pubblicitari o abbonamenti, l’obiettivo della presenza su Instagram è stato convertito verso le opportunità di raggiungere comunque con i propri contenuti e la propria identità delle quote molto grandi di lettori, che in cospicua parte frequentano meno i siti web e in cospicua parte sono giovani. E trovare dei modi indiretti di portare questi lettori ad apprezzare le testate giornalistiche e la loro offerta, per avvicinarli a un potenziale coinvolgimento maggiore anche fuori da Instagram. Oppure, in alcuni casi, sfruttare il seguito su Instagram per produrre contenuti promozionali – per sé o per terzi – che si traducano in ricavi.

Il capo dei social di BBC, Jeremy Skeet – spiegando perché invece non ritiene TikTok un social network adatto per le ambizioni di BBC – ha detto a PressGazette che gli approcci più efficaci per ottenere il loro risultato su Instagram sono stati quattro:
– concentrarsi specificamente sul tipo di audience
– pubblicare con regolarità
– creare più contenuti esplicativi, soprattutto rispetto al Covid-19
– e usare contenuti di testo nello spazio delle immagini

Tra le testate italiane, invece, i numeri di follower su Instagram sono questi.
Fanpage 1,7 milioni
Repubblica 1,6 milioni
Corriere della Sera 1,2 milioni
Tgcom24 1 milione
Sky tg24 894mila
Gazzetta dello sport 851mila
Ansa 837mila
Sole 24 Ore 668mila
Il Post 533mila
Tuttosport 516mila

Stampa 466mila
Fatto 359mila
HuffPost 274mila
Open 198mila
Messaggero 194mila
TPI 167mila
RaiNews 151mila

Manifesto 85mila
Verità 75mila
Domani 72mila
Libero 70mila
Foglio 63mila


domenica 23 Gennaio 2022

Diritti e doveri

La possibilità di obiettare o di smentire un articolo di un giornale, da parte di un “interessato”, è ciclicamente oggetto di curiosità e discussioni da parte dei lettori, e a volte di richieste di regole più insistenti: nella pratica, però, nessuna opportunità di “replica” è mai sufficiente a compensare i danni causati da eventuali informazioni sbagliate, sia alle persone coinvolte, sia più in generale alla corretta informazione dei lettori. È una delle ragioni per cui raramente gli “interessati” si dedicano a scrivere ai giornali le loro correzioni o smentite, che – se vengono pubblicate – finiscono in spazi poco visibili e spesso creano presso i lettori estranei l’effetto di capricci risibili e sproporzionati. Un’altra ragione è che le ragioni di chi obietta e corregge sono spesso demolite da laconiche e supponenti risposte del giornale stesso: una specie di “ultima parola” che spesso non entra nel merito ma suona semplicemente “tanto fa lo stesso”.
È un esempio di maggior correttezza lo spazio assai frequente che il quotidiano Domani dedica a lettere di questo genere, intitolate “Diritto di replica”: e a cui il giornale risponde quasi sempre argomentando, o a volte non risponde, convenendo implicitamente che le correzioni ricevute siano fondate e accettate (addirittura ammetterlo esplicitamente non è praticamente mai capitato nella storia dei quotidiani di carta, salvo quando viene presentato come una correzione autonoma del giornale).


domenica 23 Gennaio 2022

Altre riduzioni al Sole 24 Ore

Dopo il piano di incentivi all’uscita attivato alla fine dell’anno scorso, l’azienda del Sole 24 Ore ha concordato con la redazione del giornale 29 pensionamenti anticipati nei prossimi due anni per i giornalisti di oltre 62 anni.


domenica 23 Gennaio 2022

Verdelli a Oggi

Carlo Verdelli, il giornalista italiano con la più ricca e varia quota di direzioni importanti nel curriculum, diventerà da febbraio direttore del settimanale Oggi, che appartiene al gruppo RCS, l’editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, gruppo con cui Verdelli ha avuto il più prolungato rapporto della sua carriera: negli ultimi due anni, dopo essere stato licenziato dalla direzione di Repubblica in seguito all’acquisizione del gruppo editoriale GEDI da una nuova proprietà, Verdelli era tornato al Corriere della Sera come commentatore.
Oggi ha dichiarato per il mese di novembre 158mila copie settimanali pagate contro le 176mila del suo concorrente, Gente (pubblicato dall’editore Hearst).

Verdelli prenderà il posto di Umberto Brindani, che dirigeva Oggi dal 2010 e prima era stato condirettore di Panorama e direttore di GenteChi e Sorrisi e canzoni: le modalità della sostituzione sono state misteriosamente sbrigative e brusche, e la stessa redazione di Oggi ha protestato con l’editore.


domenica 23 Gennaio 2022

Back in the same old place

Chicago è la terza città più popolosa degli Stati Uniti, con quasi tre milioni di abitanti: i suoi quotidiani sono ritenuti “giornali locali”, come abbiamo detto altre volte, ma servono una quota di lettori molto grande. Il principale, il Chicago Tribune, ha una diffusione di 200mila copie e ha avuto ultimamente preoccupanti traversie di proprietà; il secondo, il Chicago Sun-Times (100mila copie di diffusione), ha concluso questa settimana le operazioni di cessione a una più rassicurante non profit che già possiede una radio, che avevamo anticipato qualche mese fa.


domenica 23 Gennaio 2022

La saga degli Audicosi

Nelle settimane scorse sui giornali si è parlato di una tensione tra la piattaforma di video DAZN, le reti televisive, le associazioni di pubblicitari, intorno ai sistemi di rilevazione degli abbonati e degli spettatori: che è un tema delicatissimo, perché l’omogeneità dei dati è quello su cui si basa la concorrenza nell’ottenere investimenti pubblicitari. Venerdì l’Autorità garante per le comunicazioni ha detto la sua, indirizzando appunto tutti i coinvolti verso scelte che definiscano più esattamente la raccolta degli “indici di ascolto”. La decisione, secondo il Sole 24 Ore, potrebbe avere delle ricadute anche sull’arenato piano di rendere più coerenti tra loro i dati delle reti televisive, dei siti web e dei giornali, di cui parlammo un anno e mezzo fa, e che è diventato necessario da quando questi tre tipi di “contenitori di pubblicità” sconfinano ognuno nel campo degli altri (le tv sono sul web, i giornali anche, i siti web producono video, eccetera).


domenica 23 Gennaio 2022

Pagati a pezzo

Tra le conseguenze della crisi dei giornali c’è la sempre minore possibilità per le aziende editoriali di assumere giornalisti con contratti stabili – contratti nati in tempi molto migliori per i giornali e oggi molto costosi. Una conseguenza è una grande differenza tra le condizioni contrattuali e retributive di giornalisti che godono di contratti solidi e ben pagati ottenuti in tempi migliori, e quelle dei più giovani che a contratti equivalenti raramente possono accedere e che però continuano a investire in grandi numeri su progetti di carriere giornalistiche. Un’altra conseguenza è che per continuare a pubblicare un grande numero di articoli (anzi, con il web un numero maggiore) e per continuare a coprire molte aree di interesse, i giornali si avvalgono di numerosi collaboratori esterni, più o meno assidui, che vengono pagati “a pezzo”. Con quali tariffe è una questione citata spesso con indignazione, perché i giornalisti non dipendenti (o freelance), che in Italia sono oltre 44mila, sono i più precari della categoria: in molti casi sono costretti a inseguire molte collaborazioni incerte con diversi giornali per mettere insieme uno stipendio, e per scrivere certi articoli devono sostenere autonomamente spese che non sono giustificate dalla paga prevista. Questo stato di precarietà e necessità si riflette poi spesso sulla qualità del lavoro e di ciò che i giornali pubblicano.

Charlie ha condotto una piccola incompleta indagine su quali siano i compensi per i collaboratori dei principali quotidiani italiani. Nel leggere le informazioni, che sono basate su decine di testimonianze, bisogna comunque tenere in conto che solo alcuni giornali hanno delle quote fisse che applicano a tutti i collaboratori, mentre in altri casi gli accordi possono variare da persona a persona (ci sono poi limitati casi particolari di collaboratori di maggior fama e attrattiva, che non sempre hanno un contratto ma che fanno storia e compenso a sé). La retribuzione può cambiare in base all’ambito di competenza (sport, cultura, cronaca) o in base alla lunghezza dell’articolo, che si misura in battute: la “battuta” è ogni tipo di carattere digitato (spazi compresi). Gli articoli scritti per i quotidiani cartacei vengono pagati molto più di quelli sulle versioni online degli stessi giornali; i compensi per gli articoli sulle pagine locali sono minori rispetto a quelli per gli articoli sulle pagine nazionali. Molti collaboratori hanno un “tetto mensile” di pezzi che non possono superare, altri ne hanno uno minimo, in modo da garantirsi una specie di stipendio fisso su cui poter contare. E soprattutto, tutte queste cifre sono crollate drasticamente rispetto al periodo che si è esaurito nei primi anni di questo millennio, quando simili collaborazioni potevano contare su compensi da cento euro in su.

Compensi lordi per un articolo, secondo diverse testimonianze e informazioni raccolte:

Corriere della Sera: meno di 1.000 battute 10 euro; tra 1.000 e 2.500 battute 20 euro; tra 2.501 e 3.600 battute 35 euro; oltre 3.600 battute 50 euro. I compensi sono più alti per gli articoli pubblicati negli inserti (Corriere EconomiaCorriere SaluteCorriere Motori, eccetera) e nella sezione di cultura, e più bassi nelle edizioni locali del giornale (circa la metà di quelli scritti sopra, nella maggior parte dei casi).
Corriere.it: 15 euro per un articolo di solo testo.

Repubblica: i compensi variano molto a seconda degli accordi presi con il singolo giornalista. Si va da 20 euro per i pezzi più brevi a 60/70 euro per quelli che superano le 3.600 battute. Come per il Corriere, i compensi possono essere più alti per pezzi pubblicati in alcune sezioni specifiche, come la cultura.
Repubblica.it: i compensi sono molto variabili. Due esempi più o meno agli estremi sono 10/20 euro per un articolo di sport, 50 euro per uno nella sezione salute.

La Stampa: per i collaboratori che scrivono di cronaca o sport, fino a 1.260 battute 15 euro, più di 1.260 battute 30 euro. Nella sezione cultura si arriva a 60 euro per una recensione e a 120 euro per un’intervista. Sul sito, a differenza di altri giornali, è applicato il criterio del compenso crescente sulla base della lunghezza.

Il Fatto Quotidiano: colonnini/brevi 30 euro; tagli bassi (cioè gli articoli nella parte bassa della pagina) 50 euro; articoli di apertura di una pagina 70 euro; articoli oltre le 5.000 battute 90 euro.
Ilfattoquotidiano.it: 30 euro.

Quotidiano nazionale (Il Resto del CarlinoIl Giorno e La Nazione): fino a 275 battute 50 centesimi; da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 6 euro; oltre 2.200 battute 9 euro. Se si scrivono più di 80 pezzi in un mese, dall’81esimo tutti i pezzi vengono pagati al massimo 2 euro. Una fotografia pubblicata nel pezzo viene pagata 2 euro, ma dalla 51esima fotografia pubblicata il compenso è 50 centesimi per ognuna.
Online: da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 3 euro; oltre 2.200 battute 4 euro. Dopo i 40 pezzi mensili, ogni pezzo viene pagato 1 euro. Una fotografia pubblicata viene pagata 1 euro e 50, 1 euro se inserita in una fotogallery, 50 centesimi dopo la 40esima foto pubblicata.

Il Messaggero: nella sezione di moda tra 13 e 26 euro; nella sezione di sport, per pezzi oltre le 3.500 battute 20 euro sulle pagine dell’edizione locale romana, 39 euro su quelle nazionali.
Ilmessaggero.it: 7 euro.

Il Foglio: meno di 6.000 battute 60 euro; più di 6.000 battute 90 euro.
Ilfoglio.it: 60 euro.

Il Giornale: per un articolo in cronaca di Milano o nazionale 50 euro (ma ci sono collaboratori che hanno accordi diversi, con compensi sia più alti che più bassi).

Libero: alcuni contratti prevedono per un articolo di apertura 56 euro, per un taglio basso 45 euro. Altri partono da 35 euro per le aperture e arrivano a 12 o 9 euro per notizie brevi sulla cronaca locale. Nella sezione sport si va da 17 a 28 euro.

Domani: meno di 3.500 battute 70 euro; tra 3.500 e 6.500 battute 90 euro; tra 6.500 e 13mila battute 150 euro; oltre 13.000 battute 250 euro.

La Gazzetta dello Sport: tra gli 8 e i 28 euro (ma ci sono collaboratori “storici” che hanno accordi migliori).
Gazzetta.it: 14 euro.

Tuttosport: meno di 1.200 battute 10 euro; più di 1.200 battute 20 euro.


domenica 23 Gennaio 2022

Lista dei desideri

La responsabile della “audience research” dell’Atlantic ha pubblicato su Medium un lungo resoconto del lavoro che il giornale fa nel cercare di comprendere e soddisfare le principali richieste dei lettori: specificando che l’individuazione di queste richieste non esaurisce naturalmente il lavoro del giornale né la sua autonomia e responsabilità su ciò di cui si occupa, ma che capirle aiuta a stabilire delle priorità nella confezione del sito e nel modo in cui le storie vengono proposte.

L’Atlantic è un illustre e autorevole storico mensile statunitense (il nome originale completo è Atlantic Monthly) che ha saputo spostarsi precocemente sul web e che ha avuto grossissime crescite di abbonamenti negli ultimi due anni. Oggi è uno dei migliori contenitori di articoli di qualità americani, tra quelli che non coprono il ciclo di news delle 24 ore e che hanno maggiori similitudini con i contenuti e gli approfondimenti dei “magazine”. Qualche anno fa la sua maggioranza è stata comprata da una società di Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs.

Nell’articolo su Medium vengono presentati cinque principali “bisogni” dei lettori rispetto ai contenuti dell’Atlantic.

Ovvero:
– datemi maggior chiarezza e contesto
– aiutatemi a scoprire idee nuove
– mettete in discussione le mie opinioni
– datemi delle distrazioni che abbiano un valore
– fatemi conoscere autori di talento


domenica 23 Gennaio 2022

Un po’ d’ordine sui dati

Solo per chi abbia curiosità più da nerd, se no passate avanti: ADS certifica – su indicazioni dei singoli editori – la diffusione e la vendita delle copie dei giornali, cartacee e digitali. Non sono quindi compresi, e non sono conteggiati da nessun ente terzo, gli abbonamenti ai contenuti dei siti degli stessi giornali.
Prendiamo come esempio il Corriere della Sera, che dichiara ad ADS 183mila copie vendute individuali (non acquistate in blocchi da aziende o enti), sia cartacee che digitali, sia in singole copie che in abbonamento. Quelle indicate come copie digitali possono essere acquistate solo attraverso un abbonamento, e sono 78mila.
Per natura di quest’ultimo dato, quindi, è comprensibile che sia praticamente identico (lo scostamento di poche decine non sappiamo spiegarlo ma stiamo approfondendo) a quello delle copie digitali dei suoi supplementi, che si ottengono solo abbonandosi al quotidiano. 78mila per IoDonna e 78 mila per Sette: a cui si sommano altre 16-18mila copie comunicate come “copie digitali abbinate agli abbonamenti cartacei”.
Le 168mila copie cartacee dichiarate da IoDonna, invece, mostrano che il sabato il Corriere vende di più del giorno medio, di cui comunica 148mila copie: idem per il venerdì, che l’allegato Sette porta a 153mila copie.

Infine, il dato sugli abbonamenti alle copie digitali (78mila copie) indica per sottrazione dalla cifra di 380mila abbonati (questa però non soggetta a verifiche di garanzia, e annunciata autonomamente dal Corriere) che gli abbonamenti ai soli contenuti del sito web siano 300mila: le definizioni di questi abbonati poi sono ancora più articolate e misteriose, date le tantissime offerte, varietà e sconti degli abbonamenti digitali, e le poche informazioni fornite dall’editore su cosa conteggi come “abbonati”.


domenica 23 Gennaio 2022

I settimanali italiani a novembre

I dati di diffusione certificati dall’ente ADS (che applica dei criteri di verifica sulle comunicazioni che arrivano dalle testate) che riguardano i periodici hanno qualche criterio di analisi diverso da quelli che usiamo di solito per i quotidiani. Per i settimanali, in particolare, tra le testate più diffuse ce ne sono diverse che sono supplementi dei quotidiani, e che quindi raggiungono i lettori a prezzi molto bassi e attraverso il canale preferenziale dell’abbinamento al quotidiano. Un’altra cosa che bisogna considerare è che alcune testate indicano un grande numero di copie omaggio e promozionali, diffuse gratuitamente, quindi i dati che riportiamo sono quelli delle copie “pagate”. Questi sono i settimanali che superano ancora le centomila copie, tra parentesi c’è la differenza rispetto al dato di un anno prima, novembre 2020.

Sorrisi e canzoni 386.643 (-4%) Mondadori
DiPiù 317.607 (-12%) Cairo
TeleSette 283.888 (-5%) Universo
IoDonna 250.404 (9%) RCS
Sette 236.294 (non indicato) RCS
Il Venerdì 215.955 (-2%) GEDI
Famiglia Cristiana 192.713 (-5%) San Paolo
Gente 176.039 (-15%) Hearst
Oggi 157.832 (-11%) RCS
DiPiù TV 156.732 (-11%) Cairo
D 154.471(-15%) GEDI
L’Espresso 152.203 (-32%) GEDI
Settimanale Nuovo 144.280 (-13%) Cairo
Intimità 118.187 (-7%) DB
Guida Tv Nuova 106.625 (-8%) Mondadori
Diva e donna 103.029 (-18%) Cairo

Alcune altre testate:
Donna moderna 95.960 (-22%) Mondadori
Chi 90.156 (-16%) Mondadori
F 82.157 (-18%) Cairo
Grazia 74.767 (-28%) Mondadori
Elle 63.835 (-23%) Hearst
Vanity fair 62.806 (-14%) Condé Nast
Panorama 43.125 (-24%) La Verità
Confidenze 33.163 (-16%) La Verità

In corsivo sono le riviste che escono allegate a un quotidiano: i loro numeri comprendono tra le 48mila e le 96mila copie digitali che sono incluse negli abbonamenti digitali sottoscritti alle testate di riferimento, e che spiegano in buona parte la loro maggior “tenuta” rispetto a un anno fa (IoDonna comunica 94mila copie digitali, per esempio).
Come si vede, quasi tutte hanno dei forti declini, assai superiori a quelli dei quotidiani: il settore dei periodici è quello nella crisi maggiore da quasi vent’anni, e ci sono state chiusure (soprattutto nei mensili) e ridimensionamenti e revisioni. Qui avevamo indicato i cali di diffusione rispetto al 2015, per esempio.
Altre cose: Panorama ha 31mila abbonamenti, e vende in edicola solo 10mila copie; Famiglia Cristiana ha ben 94mila abbonamenti; Vanity Fair distribuisce ben 90mila copie promozionali e omaggio, Elle 69mila.


domenica 23 Gennaio 2022

Si complicheranno i consueti paragoni con la BBC

Il governo britannico ha annunciato l’intenzione di bloccare per due anni il prezzo del canone alla BBC – la rete televisiva pubblica divenuta in questi decenni anche una delle più importanti testate di informazione online del mondo – per eliminarlo del tutto nel 2027. Il prezzo del canone televisivo oggi è di 159 euro, e non sarà quindi aggiornato all’inflazione come di norma. Ma soprattutto l’annuncio mette in discussione la forma stessa della BBC, spingendola a costruire un modello di sostenibilità nuovo e diverso: la scelta del governo Johnson è stata messa molto in relazione con le tensioni che il partito Conservatore ha avuto con l’informazione BBC negli anni passati e tuttora, e i ripetuti tentativi di repressione delle sue autonomie.


domenica 23 Gennaio 2022

Walled gardens nel 2037

Il sito americano Politico ha raccolto una serie di “previsioni” su giornali e giornalismo tra diversi esperti e osservatori dei media, in occasione del proprio 15mo compleanno: chiedendo loro come si immaginino l’informazione tra altri 15 anni. L’ipotesi che affiora con maggiore frequenza tra i vari pareri è che sempre di più si creerà una separazione tra un’informazione di qualità che raggiungerà un’élite capace di distinguerla e di pagarla, e un’informazione più confusa, ibridata da altro, inaffidabile, di cui saranno oggetto masse di destinatari meno privilegiate e con meno strumenti culturali ed economici. Tema di cui parlavamo ancora la settimana scorsa, e che naturalmente ha enormi implicazioni sociali e politiche rispetto a tutto quello che possiamo prevedere sarà il 2037.


domenica 16 Gennaio 2022

Politics

Il Post ha inaugurato un nuovo podcast settimanale dedicato a “spiegare bene” la politica, con il vicedirettore Francesco Costa e la giornalista di Bloomberg Chiara Albanese. La prima puntata è inevitabilmente ma preziosamente dedicata all’elezione del Presidente della Repubblica.


domenica 16 Gennaio 2022

La seconda rata

Il Dipartimento del governo per l’editoria e l’informazione ha pubblicato giovedì la lista dei contributi pubblici diretti ai giornali che saranno distribuiti come “seconda rata del 2020”. Sono quote già note, che completano l’erogazione totale per l’anno del 2020: come vengono distribuite è descritto qui, mentre qui sono spiegate le ragioni “cencelliane” per cui sopravvivono malgrado gli assegnatari non diano nessuna garanzia di informazione affidabile e di servizio pubblico, e malgrado si crei una distorsione della concorrenza non motivata tra chi riceve i contributi e chi no. I maggiori beneficiari per il 2020 (in tutto sono 108 per un totale di circa 66 milioni di euro):
Dolomiten 6.176.996,03 euro
Famiglia cristiana 6.000.000 euro
Libero quotidiano 5.467.110,28 euro
Avvenire 5.422.492,61 euro
Italia oggi 4.062.533,95 euro
Il quotidiano del Sud 3.696.160,87 euro
Il manifesto 3.105.166,35 euro
Corriere Romagna 2.218.356,97 euro
Cronacaqui.it 2.207.300,07 euro
Il Foglio 1.866.457,98 euro
Editoriale Oggi 1.629.932,66 euro
Primorski dnevnik 1.666.668,08 euro
Il Cittadino 1.424.098,80 euro
Cronache di (Libra editrice) 1.259.956,77 euro
Quotidiano di Sicilia 1.246.874,54 euro
Neue Südtiroler Tageszeitung 1.066.035,49 euro

– I contributi pubblici e il Manifesto
– I contributi pubblici al Secolo d’Italia
– Libero e la violazione della regola


domenica 16 Gennaio 2022

Niente giornale il sabato

Gannett è l’editore di giornali più grande degli Stati Uniti: la sua sede è in Virginia, poco fuori Washington, e possiede una delle pochissime testate nazionali, USA Today, e 250 altre di grandi e piccole città che stanno tutte affrontando traversie, tagli e chiusure. Dal 5 marzo, ha annunciato l’editore questa settimana, più della metà di queste non pubblicherà più l’edizione cartacea del sabato ma si limiterà a quella digitale.


domenica 16 Gennaio 2022

La contesa tra i giornali di destra

I dati di diffusione dei quotidiani italiani a novembre che abbiamo descritto sopra hanno dato soddisfazioni alla Verità, e generato litigi e capricci tra le testate rivali, che hanno una lunga storia comune. Il direttore della Verità Maurizio Belpietro ha celebrato con un articolo il risultato, che come diffusione complessiva vede la Verità sotto di appena 256 copie al Giornale: il dato che ha ritenuto di considerare è però quello del “totale delle copie pagate” che dà alla Verità 647 copie in più del Giornale (che dichiara una quota maggiore di copie omaggio). È un dato che comprende anche le copie digitali scontatissime (pagate meno del 30% del prezzo) che per la Verità sono 3.941 e per il Giornale sono 52, e fanno la differenza: si capisce perché Belpietro abbia voluto scegliere tra tutti quel numero per dire che il proprio è “il primo quotidiano del centrodestra”. E approfittare per mandare soprattutto un messaggio agli inserzionisti: “Un dato che, ove confermato nei prossimi mesi, avrebbe conseguenze potenzialmente rilevanti nel mercato editoriale e della raccolta pubblicitaria”. Ovvero: sapete da chi venire d’ora in poi se volete raggiungere più lettori.

Scelta che non è piaciuta ad Augusto Minzolini, direttore del Giornaleche si è rifatto al dato della diffusione più pratico per i suoi interessi: “il calcolo delle copie cartacee e digitali è sbagliato, perché ci sono ancora almeno 300 copie di differenza tra Il Giornale e quest’altro quotidiano (molte di più in edicola, ma tant’è…), almeno stando alle fonti ufficiali di riferimento – i dati pubblicati da Prima Comunicazione, tanto per intenderci – e ci sarebbero molti altri perché, ma è meglio soprassedere per non tediare il lettore”.
Belpietro ha voluto avere un’ultima parola venerdì, a proposito dei due dati diversi: “c’è un equivoco: noi ci riferivamo alle copie (cartacee e digitali) vendute. Per quelle regalate, in effetti, al Giornale sono sempre i numeri uno”.


domenica 16 Gennaio 2022

Le accuse sulle presunte truffe INPS e i loro messaggeri

Due quotidiani, il Fatto e la Verità, hanno insistito ancora molto questa settimana sull’inchiesta che accusa il gruppo GEDI – editore di Repubblica e Stampa, tra le altre cose – di avere falsificato negli anni passati (quando la sua proprietà era ancora della famiglia De Benedetti, prima che venisse ceduto a quella Agnelli-Elkann) alcune pratiche amministrative per poter accedere a benefici fiscali e contabili da parte dell’INPS relativi a pensionamenti e rapporti di lavoro coi suoi dipendenti. La novità rispetto alla settimana scorsa è che Fatto e Verità hanno ricevuto le carte dell’inchiesta comprese alcune “intercettazioni” (ma vengono citate anche registrazioni in un ristorante, quelle che si chiamano “ambientali”) di conversazioni degli allora responsabili del gruppo editoriale, e le hanno pubblicate: sono più confuse e da contestualizzare anche del consueto, ma l’accusa riterrebbe che siano un elemento forte a proprio favore. Uno dei citati nelle carte (ma chi sia indagato non è spiegato) è diventato nel frattempo dirigente del personale al Sole 24 Ore dove, dice ancora il Fatto, si sta occupando di altri prepensionamenti e pensionamenti (nell’ambito di un esteso piano di riduzione di costi e persone in quel giornale, che comprende anche la cassa integrazione). L’inchiesta, ricordiamo, ha accuse simili anche per il gruppo RCS a proposito del Corriere della Sera.