Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 3 Aprile 2022
Il direttore del Post ha raccontato un inciampo che coinvolge i quotidiani Tempo e Fatto , e che racconta esemplarmente come in alcune redazioni di giornali, anche di una certa dimensione, siano assenti consuetudini di verifica dei fatti ma anche di rilettura dei testi.
” E la svista non è un refuso: l’articolo del Tempo si apre allo stesso modo, e il giornale è evidentemente convinto che in uno dei quotidiani americani più autorevoli e importanti di sempre, uno dei più famosi al mondo, si ritenga di dare dell’imbecille alla vicepresidente degli Stati Uniti”
domenica 3 Aprile 2022
Il gruppo Monrif, ovvero l’editore dei quotidiani Resto del Carlino , Giorno e Nazione , e del loro “dorso” nazionale comune, Quotidiano nazionale , ha presentato i suoi conti di fine 2021 e la relazione sulle prospettive. L’elemento più visibile della relazione è l’insistenza sul taglio dei costi, legato a forti riduzioni del personale.
“In data 21 aprile 2021 gli Amministratori del Gruppo Monrif hanno predisposto il piano industriale 2021- 2025 (il “Piano”), che si fonda su due elementi principali: 1) la riduzione strutturale del costo del lavoro grazie all’accesso alla pensione anticipata per giornalisti e lavoratori poligrafici; 2) lo sviluppo del digitale attraverso la parziale conversione delle attività editoriali. Per quanto riguarda il primo punto si evidenzia come al 31 dicembre 2021, oltre alle uscite avvenute nel 2020, siano stati prepensionati n. 53 unità tra impiegati ed operai, mentre per quanto riguarda il comparto dei giornalisti sono usciti in prepensionamento volontario n. 10 dipendenti. Complessivamente, al 31 dicembre 2021, a partire dall’inizio dei prepensionamenti volontari, sono usciti n. 148 dipendenti tra impiegati, giornalisti ed operai, a fronte dei n. 273 prepensionamenti volontari previsti nell’arco temporale 2020-2023”.
I ricavi del gruppo, e i margini, sono cresciuti rispetto al 2020: ma come sempre è meglio confrontarli con il 2019 , data l’eccezionalità del primo anno della pandemia. Il confronto mostra un forte calo dei ricavi, ma un margine operativo lordo di 12,2 milioni tornato uguale a quello del 2019, grazie alle forti riduzioni di costi già nel 2020. La vendita delle copie cartacee continua a diminuire i suoi ricavi, praticamente in linea con la media delle altre testate, mentre i ricavi pubblicitari sono dell’8% inferiori a quelli del 2019: ma crescono il totale e la quota di ricavi pubblicitari dell’online, che adesso – dice il comunicato – valgono il 16% del totale.
domenica 3 Aprile 2022
Da mercoledì a domenica prossimi si terrà a Perugia il Festival del Giornalismo , dopo due anni di sosta forzata: è l’evento di gran lunga più importante e più ricco dedicato all’informazione che si tenga in Italia, e l’unico nel suo settore con una partecipazione internazionale di grande quantità e qualità (ma va citato anche il festival di Internazionale a Ferrara, più dedicato ai contenuti). Il programma è sterminato, il centro della città si affolla di partecipanti e visitatori, giornalisti e studenti, ed è un’occasione interessante per chiunque sia interessato a conoscere esperienze e attività di testate italiane e straniere, o ascoltare i giornalisti parlare del loro lavoro. Il Post è stato accolto e ospitato in diverse edizioni quando era nato da poco, per la disponibilità del festival verso i progetti innovativi (quest’anno ci sarà il direttore in giro, mercoledì e giovedì, da visitatore), e ne mantiene riconoscenza.
domenica 3 Aprile 2022
Usare il giornale di cui sono proprietari per promuovere altri interessi delle proprie aziende, o per promuovere se stessi, sta diventando una consuetudine ampiamente sdoganata per gli editori dei maggiori quotidiani italiani, e su Charlie ne abbiamo parlato spesso in passato: ogni tanto torniamo a citare alcuni esempi più vistosi, come la pagina dedicata sabato sia da Repubblica che dalla Stampa al proprio editore John Elkann.
domenica 3 Aprile 2022
Il nuovo periodo di difficoltà dei giornali degli Stati Uniti – difficoltà che riguardano testate di vecchie tradizioni come progetti online più recenti – sta portando da un paio di anni a un inedito processo di sindacalizzazione dei giornalisti, che in molte aziende e redazioni hanno approvato la formazione di organizzazioni di rappresentanza dei diritti dei dipendenti che solo fino a pochi anni fa erano rarissime. Questa settimana la scelta di formare un sindacato è stata fatta da diverse testate del grande gruppo internazionale Condé Nast, mentre intanto decidevano di scioperare per ragioni contrattuali i giornalisti del Miami Herald – il più importante quotidiano della Florida – e approvavano un’intenzione di sciopero quelli di BuzzFeed News , dopo gli annunci di ridimensionamento della testata da parte dell’azienda.
domenica 3 Aprile 2022
Dallo scorso gennaio in alcune edicole delle grandi città del Nord e del Centro Italia si può trovare il settimanale National Italia , una pubblicazione destinata alla comunità romena. È bilingue, con le pagine interne (e in parte anche la prima) composte da articoli in romeno e in italiano “mescolati” senza regole fisse. Il giornale, che ha formato e grafica da quotidiano popolare, esce il mercoledì ed è la prima edizione internazionale del tabloid romeno National , di proprietà di un consorzio di aziende, pubblicato in Romania dal 1997, ma non collegato ai più noti quotidiani Jornalul National e Curierul National . National Italia viene scritto, per la parte italiana, da una redattrice romena residente da oltre trent’anni in Italia e a Roma, Daniela Badea, e da alcuni collaboratori; viene impaginato in Romania nella redazione di National e stampato in Italia, con circa 30mila copie di tiratura dichiarate. Badea racconta: «In Italia ci sono già stati giornali per la comunità romena, National è bilingue sull’esempio di un giornale multilingue, Euroma , pubblicato alla fine degli anni 90. Siamo all’inizio, i problemi maggiori consistono nell’essere aggiornati, visto che dobbiamo chiudere l’edizione la domenica sera, e nel farci trovare e conoscere». Per questo sono previste una campagna pubblicitaria mirata e una distribuzione anche in negozi “etnici” frequentati da romeni, che costituiscono la comunità straniera più numerosa in Italia, con oltre un milione di persone (Roma, Milano, Torino, Bologna Verona, nell’ordine, le città con più presenze registrate). Il giornale ha anche una edizione online , questa prevalentemente in romeno ma con attenzione su personaggi e storie italiane.
domenica 3 Aprile 2022
Nel 2016 arrivarono a un conflitto pubblico e clamoroso una serie di difficoltà e cattive gestioni al Sole 24 Ore che culminarono nell’allontanamento del direttore Roberto Napoletano, dopo mesi di gravi tensioni con la redazione e accuse che si incrociavano tra redazione, direttore e parti dell’azienda. Alcuni strascichi legali di quel conflitto sono ancora in corso, e questa settimana il caporedattore Gianni Dragoni, al giornale da 37 anni, ha raccontato criticamente sul suo blog dell’intenzione del Consiglio di amministrazione di attenuare le proprie richieste di risarcimento danni nei confronti di Napoletano e di altri ex dirigenti dell’azienda.
” Napoletano ha sempre molti sponsor, da Luigi Abete e Bruno Vespa, da Gianni Letta a Romano Prodi, che si sarebbe speso per favorire una transazione. Sono arrivate pressioni e richieste di fare pace, forse anche per evitare che a qualcuno dei tre venga voglia di spifferare come andavano gli affari segreti nel gruppo, che è stato accusato dalla magistratura fino al 2015 di taroccare i dati sulle vendite, gonfiando le dichiarazioni sulle copie vendute. Materia questa al centro di un processo penale che si trascina stancamente. L’unico imputato è Napoletano, perché Treu e Benedini hanno patteggiato una pena detentiva, ma senza andare in galera. L’ultima udienza, in cui dovrebbe parlare anche l’imputato, è slittata dal 7 al 14 aprile prossimo”.
domenica 3 Aprile 2022
Sui quotidiani e siti di news italiani ci sono stati questa settimana due casi di cronaca raccontati con livelli di indiscrezione e inopportunità – nella narrazione e nel linguaggio – che sono stati molto contestati: quello dell’omicidio di una donna di 26 anni in Lombardia e quello delle accuse contro la preside di una scuola romana per una presunta relazione con uno studente maggiorenne.
Sul secondo c’è stato giovedì un raro e severo intervento del Garante per la privacy, che ha criticato la scelta del quotidiano Repubblica di pubblicare i testi di alcune conversazioni private tra i due coinvolti.
” Il Garante, nel richiamare il Codice privacy, il quale prevede che in caso di diffusione o di comunicazione di dati personali per finalità giornalistiche devono essere sempre rispettati i limiti del diritto di cronaca – rappresentati dalla tutela della dignità, della riservatezza, dell’identità personale e della protezione dei dati personali e, in particolare, il limite dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, ha ritenuto di conseguenza necessario disporre il “blocco” provvisorio del trattamento nei confronti di Gedi, Gruppo Editoriale SPA, riservandosi ogni altra decisione a conclusione dell’istruttoria avviata sul caso”.
Repubblica ha pubblicato domenica un commento in cui risponde ad alcune delle critiche ricevute (ma non agli argomenti contestati dal Garante): poche pagine più avanti, Concita De Gregorio mostra nella sua rubrica di condividere parte di quelle critiche.
domenica 3 Aprile 2022
La storia della chiusura del settimanale scandalistico britannico News of the World , nel 2011, è un passaggio che resterà per sempre nella più ricca storia del giornalismo di quel paese e dei suoi aspetti più deplorevoli. Il giornale venne travolto da uno scandalo – che coinvolse anche altre testate – nato quando se ne scoprirono le abituali pratiche criminali per sorvegliare conversazioni e telefonate di personaggi pubblici, ma anche di persone protagoniste di storie di cronaca. News of the World era pubblicato dal gruppo internazionale News Corp – di proprietà di Rupert Murdoch, famoso e famigerato editore di molte testate di alterne qualità in tutto il mondo – che nel Regno Unito pubblica anche i quotidiani Times e Sun .
Da allora l’azienda è stata condannata a oltre mille risarcimenti nei confronti delle vittime delle sue attività illecite e circa cinquecento cause sono tuttora aperte: questa settimana gli avvocati di News Corp hanno chiesto a una corte londinese che dopo 15 anni siano dichiarate esaurite le possibilità di richiesta di risarcimenti da parte di nuovi querelanti. Ma la corte ha deciso di dare ragione ai legali di alcune delle vittime, che si erano opposti sostenendo che ci possano essere ancora fino a 25mila persone inconsapevoli la cui privacy sia stata violata dai giornalisti di News Corp, e ha respinto la richiesta.
domenica 3 Aprile 2022
Il quotidiano Domani ha messo in prima pagina, lunedì, una ricostruzione di due pagine sulle attività del nuovo editore del settimanale Espresso , Danilo Iervolino, che ha da poco comprato il giornale dal gruppo GEDI. L’articolo raccoglie soprattutto le informazioni di inchieste precedenti pubblicate proprio sull’ Espresso (e che erano state firmate da uno dei due autori dell’articolo su Domani ), e contro cui Iervolino aveva fatto causa, perdendo in primo grado. Ma Domani dà spazio anche allo sviluppo offerto dalla lettera di Iervolino ricevuta in risposta a una serie di domande che il giornale gli aveva inoltrato a proposito dell’articolo in questione: lettera dai toni indignati e offesi per quello che Iervolino ritiene un approccio pregiudiziale e persecutorio nei suoi confronti, e che non si attagliano in modo promettente al ruolo di un editore di un settimanale di inchieste: nella lettera Iervolino annuncia una denuncia ancora prima dell’articolo che lo riguarda.
” «In relazione ai quesiti che ci avete sottoposto faccio presente preliminarmente che appaiono connotati da una strumentale capziosità che disvela un chiaro intento diffamatorio tracimante in nuce i canoni di verità, critica e continenza», inizia così la lettera inviata a Domani.
E prosegue: «Ciò renderebbe ogni risposta del tutto inutile e funzionale solo ai vostri malcelati intenti di colorare le stesse con un simulacro di dovere di controllo delle fonti e diritto di replica. Ma ciò che è più grave, e che impedisce persino ogni risposta, è che le stesse domande contengono non solo profili violativi della privacy ma soprattutto possibili violazioni del segreto istruttorio».
«Pertanto non abbiamo potuto far altro che denunciare alle autorità inquirenti i detti contenuti che in parte qua non sono neppure noti al sottoscritto e ai propri legali costituiti nei relativi procedimenti. Ciò che inquieta è che tutto ciò avviene con un tempismo logico-sequenziale ad altre recentissime vicende che appaiono collegate e tali da turbare nel complesso proprio il settore della libertà e del pluralismo dell’informazione, con condizionamenti potenzialmente violativi dei precetti costituzionali»”.
La risposta di Iervolino è stata criticata anche dalla stessa redazione del suo nuovo giornale.
domenica 3 Aprile 2022
È stata introdotta questa settimana ed è interessante, prima ancora che per le ragioni dette nel Prologo, come ulteriore esperimento per ottenere abbonati che abbiano disponibilità a pagare più ridotte o più incerte – o curiosità più occasionali – rispetto a quelle richieste dai costosi abbonamenti ordinari. Ne avevamo già parlato : i giornali studiano formule che coinvolgano chi voglia pagare meno, per ottenere ulteriori ricavi e per avvicinare a sé utenti registrati che potenzialmente possano diventare fonti di ricavo maggiore, ma hanno bisogno di non fare entrare queste offerte in concorrenza con quelle più costose (da noi Repubblica sta dispiegando grandi creatività, e questa settimana ha proposto un’altra combinazione ).
La questione riguarda in modo particolare giornali come il Financial Times – quotidiano londinese di argomenti economici e finanziari, e che ha attenzioni e rilevanza mondiali – che finora ha beneficiato della possibilità e interesse dei suoi lettori a pagare quote di abbonamento cospicue per i suoi contenuti molto competitivi, ma che per sua natura fatica invece ad avvicinare lettori dagli interessi e dalle disponibilità economiche più comuni. L’app FT Edit è stata pensata appunto per chi non abbia bisogno dei contenuti più specialistici del giornale o non voglia pagare 39 euro al mese di abbonamento, e offre una selezione di 8 articoli più “generalisti” al giorno per circa 5 euro al mese (dopo un mese gratis e sei mesi a 99 centesimi).
domenica 3 Aprile 2022
Negli ultimi due decenni di sovversioni e scarti di lato nel business dell’informazione le occasioni in cui “tendenze” reali, o date per promettenti, o addirittura considerate “the next big thing”, sono di colpo sparite oppure si sono riequilibrate sono state frequentissime. È tutto quanto in movimento, e i primi a cambiare abitudini o a incuriosirsi a prospettive nuove sono i lettori, ovvero noi tutti. E quando si sancisce che alcune cose siano “morte”, capita spesso che sopravvivano in una forma diversa o che il loro declino rafforzi quelle che sono capaci di adattarsi e rispondere a una domanda diminuita ma esistente.
Potrebbe essere il caso dei giornali nella loro forma da sfogliare: che è divenuta secondaria e marginale rispetto ai modi e ai formati con cui ci informiamo online, ma che conserva invece un’attrattiva presso una parte di lettori: vuoi per abitudine, vuoi per praticità, oppure per il desiderio di un’alternativa “finita” – con dei limiti e con un controllo sulle sue misure – alle illimitate forme dei contenuti digitali e degli “scrolling infiniti”. È un’attrattiva che (oltre a essere un fattore del successo delle newsletter, per esempio) è stata considerata dai giornali internazionali che hanno scelto di sospendere la stampa cartacea ma di mantenerne il formato – con le pagine e lo sfoglio – in forma digitale (l’ Independent inglese, tra i più famosi), o da altri che stanno sperimentando edizioni – digitali o cartacee – che diano ai lettori un prodotto che sia appunto una selezione finita, sufficiente: conclusa.
Il sollievo generato dall’aver “esaurito” la lettura è preso in considerazione anche dalla nuova app del Financial Times di cui parliamo qui sotto, che mostra – alla fine della sua offerta quotidiana di otto articoli – un messaggio di saluto e rinvio all’indomani completato dalle parole “The end”.
Fine di questo prologo.
domenica 27 Marzo 2022
A proposito della dipendenza delle pagine su moda e lusso – nei due maggiori quotidiani – dalle agende e dalle esigenze delle aziende rispetto alla promozione dei propri prodotti, il Corriere della Sera e Repubblica sabato hanno entrambi dedicato le tre pagine delle sezioni in questione a:
– un’intervista con Sharon Stone in promozione di una borsa di Dolce e Gabbana
– la celebrazione del decennale di un orologio Bulgari
– l’annuncio dell’apertura di un nuovo negozio Rolex a Milano
– la presentazione di una collezione C.P. Company
– la descrizione della sfilata di Ralph Lauren a New York che si era svolta martedì.
domenica 27 Marzo 2022
Non è la prima volta che succede: il disegnatore e fumettista Zerocalcare ha scritto su Facebook per prendere le distanze da come è stata presentata e titolata una sua intervista, questa volta su Sette , il settimanale del Corriere della Sera .
“Al momento tra virgolettati decontestualizzati e operazioni de gadget di dubbio gusto (il giorno in cui mi spingerò una qualsiasi bandiera nazionale sapete che mi hanno sostituito con un clone) sta uscendo una cosa che è praticamente il contrario di quello che è il senso dell’intervista e del disegno. La verità è che non mi fido della sintesi delle interviste e quindi non ci provo neanche in quella sede a fare ragionamenti complessi sapendo che saranno ridotti perché non cè spazio per riportarli”.
domenica 27 Marzo 2022
Dopo soli cinque mesi si dovrà eleggere di nuovo il Comitato di redazione (ovvero l’organo di rappresentanza dei giornalisti nei confronti dell’azienda e della direzione) del Corriere della Sera , dopo le dimissioni di tre eletti: secondo il sito Professione Reporter tra i cinque rappresentanti ci sarebbero divergenze di varia natura, a cominciare da quelle sul ritorno o meno al lavoro in presenza in redazione, su cui la direzione ha molto insistito nelle scorse settimane.
” Proprio in questi giorni il Cdr era impegnato nella difficile discussione sulla fine dello smart working, che il Direttore Luciano Fontana vuole avviare dal 1° aprile e portare a compimento entro fine giugno. Molti (molte) in redazione hanno chiesto la possibilità di continuare con il lavoro da casa, o comunque di graduare di più il ritorno in ufficio.
Su questo, come su altri temi, il Cdr non ha un’idea univoca, e si divide fra chi è più vicino a Direzione e Azienda e chi vorrebbe una disposizione di maggior dialettica. Le tre dimissionarie fanno proprio l’esempio dello smart working, tema che riguarda tutte le giornaliste e tutti i giornalisti del Corriere ed è arduo da affrontare senza una linea comune”.
domenica 27 Marzo 2022
I quotidiani italiani e i loro inserzionisti sembrano essersi adattati all’accostamento di pagine pubblicitarie di grande leggerezza e disimpegno con le immagini e i titoli dedicati alla guerra, dopo i primi giorni in cui l’effetto era stato un po’ spiazzante. Ma i rischi di queste associazioni disinvolte continuano ad aver bisogno di essere tenuti in maggiore considerazione, come forse in questo esempio sulla Stampa di venerdì.
domenica 27 Marzo 2022
Focus è un mensile di divulgazione scientifica, pubblicato da Mondadori dal 1992, che all’inizio del millennio arrivò ad avere una diffusione di un milione di copie e ne dichiarava ancora 500mila in alcuni numeri nel 2010: negli ultimi dati dello scorso dicembre, nel declino che riguarda quasi tutti i periodici, erano 166mila, con 82mila per la versione per ragazzi Focus Junior .
Questa settimana l’assemblea dei giornalisti delle varie testate scientifiche collegate ha protestato contro i licenziamenti e i disinvestimenti decisi dall’editore, annunciando scioperi:
” Mondadori Scienza ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 14 giornalisti grafici ovvero l’intero reparto grafico dei giornali della casa editrice che include le testate Focus, Focus.it, Focus Storia, Focus Junior, Focus Pico, Focus Wild e le relative piattaforme digitali. La procedura riguarda un terzo del personale di tutte le redazioni, un fatto senza precedenti.
L’azienda ha dichiarato di voler esternalizzare l’intera attività di realizzazione grafica allo scopo di ridurre il costo del personale. Una sconcertante operazione di macelleria sociale, a maggior ragione se si ricorda che:
– l’area media di Mondadori, come annunciato di recente, ha chiuso il 2021 con 12,4 milioni di euro di EBITDA, in crescita di oltre il 50% rispetto all’esercizio 2020 (7,9 milioni di euro) e superiore anche agli 11,3 milioni di euro del 2019;
– il CdR di Mondadori Scienza aveva proposto a Mondadori Scienza un ampio ventaglio di misure per contenere i costi, evitando i licenziamenti, ma l’azienda non è neppure entrata nel merito della discussione;
– l e redazioni hanno affrontato, fino al 2019, già 10 anni di riduzione degli stipendi per cassa integrazione e solidarietà”.
domenica 27 Marzo 2022
Proprio il quotidiano russo Rossijskaja Gazeta era stato responsabile della progettazione e del finanziamento, dal 2007, della testata internazionale Russia beyond the headlines (“La Russia oltre i titoli”), promossa dal governo russo, e che aveva costruito accordi commerciali con molti quotidiani internazionali che l’avevano allegata come inserto per i propri lettori. Su Repubblica – dove il supplemento apparve anche con la testata Russia oggi – era specificato che l’inserto fosse prodotto senza la collaborazione dei giornalisti di Repubblica stessa.
Sul sito del Sole 24 Ore è tuttora presente una pagina promozionale che lo presenta così: “Il mondo sta cambiando. Non restare indietro. Scopri nuove opportunità di business e investimento in Russia. Su Russia Beyond the Headlines , il nuovo giornale che porta le informazioni dalla Russia a casa tua, tutto quello che volevate sapere su questo Paese. Business, attualità, turismo e cultura. Per scoprire una terra di opportunità”. La testata contiene molti articoli che propongono tra i temi più vari anche la versione del regime russo su questioni contestate, confezionandola con accortezza per i lettori occidentali.
Gli accordi di pubblicazione (che coinvolsero molti quotidiani autorevoli, come il New York Times o il Washington Post negli Stati Uniti) furono contestati o derisi da alcuni commenti su altri giornali, che li definirono strumenti di propaganda del regime, accolti per ragioni economiche chiudendo un occhio sulle implicazioni etiche: sul Guardian , sul New Statesman , o su Slate .
domenica 27 Marzo 2022
Il quotidiano Libero ha avuto la buona idea negli scorsi quattro giorni di mostrare ai propri lettori – in giorni in cui c’è molta curiosità su quello che viene raccontato ai cittadini russi dai loro mezzi di informazione – alcune pagine dei più noti quotidiani russi, tradotte e impaginate come gli originali. La realizzazione non è stata sempre soddisfacente, un po’ perché le testate scelte non sono tra le più rilevanti, un po’ perché i contenuti tradotti in buona parte riguardavano temi estranei all’attualità internazionale e all'”operazione militare speciale”, come il governo russo chiama l’invasione dell’Ucraina. Nei primi tre giorni, per esempio, la scelta è stata quella di mostrare la prima pagina della Pravda – si immagina per ragioni di maggiore notorietà da noi – ma quel giornale è da tempo poco significativo in Russia, come ha raccontato un articolo sul Post .
“Il giornale del Partito Comunista, la cui direzione è affidata dal 1993 a un iscritto di lungo corso, Boris Komotsky, ha avuto un certo seguito fra i nostalgici dell’epoca sovietica fino ai primi anni Duemila. Oggi, spiega Giovanni Savino, storico, già docente per molti anni a Mosca, «è praticamente irrilevante, ha una diffusione limitata e spesso gratuita, affidata a volte a simpatiche vecchiette posizionate fuori dalle stazioni della metro di Mosca»”.
Sabato invece a essere tradotta da Libero è stata la prima pagina della Rossijskaja Gazeta , organo ufficiale del governo.
domenica 27 Marzo 2022
Avevamo notato nei mesi scorsi come siano ingannevoli alcune comunicazioni di bilancio da parte dei gruppi editoriali italiani che celebrano con soddisfazione i buoni risultati del 2021, tutti in crescita rispetto all’anno precedente: soltanto che l’anno precedente al 2021 è il 2020, che era stato una catastrofe soprattutto nei mesi tra marzo e settembre, per la contrazione dei ricavi pubblicitari e non solo legata alla prima fase più intensa della pandemia. In questi giorni in cui di nuovo vengono pubblicati i rendiconti aggiornati di tutto il 2021, è più utile la valutazione che ha fatto invece il sito Datamediahub , per capire meglio cosa significhino i relativamente buoni risultati diffusi da RCS, l’editore del Corriere della Sera e di altre testate.
” Al di là dei conteggi fantasiosi, diciamo, sui ricavi diffusionali digitali, non vi è dubbio che il 2021 sia stato un buon anno rispetto al 2020, anche se, come abbiamo visto, la crescita è dovuta prevalentemente ai ricavi pubblicitari, mentre quelli diffusionali, appunto, incrementano poco e niente. Ricavi pubblicitari che crescono dell’11.3% anche grazie alla raccolta legata ad eventi sportivi che nel 2020 non si erano tenuti o comunque erano decisamente sotto tono per la pandemia. Se così non fosse stato molto probabilmente la crescita dei ricavi pubblicitari sarebbe decisamente inferiore.
Soprattutto è il confronto con gli anni precedenti a evidenziare come il gruppo editoriale sia ben distante dai ricavi negli anni pre-pandemia. Infatti, il totale dei ricavi è in calo del 8.4% rispetto al 2019 e del 13,2% rispetto al 2019. %0 milioni di ricavi in meno nel 2021 rispetto al 2018 per quanto riguarda l’area di business quotidiani Italia. Più di 93 milioni in meno di ricavi, tra il 2021 e il 2018, per Unidad Editorial. E una crescita delle altre attività corporate che senza l’apporto di m-dis sarebbe nettamente inferiore, deprimendo ulteriormente i conti di RCS, come abbiamo visto.
Insomma, come si suol dire, non tutto è oro quel che luccica. E se l’opera costante di Cairo sul taglio dei costi dal suo arrivo in poi ha dato i suoi frutti in termini di netto miglioramento della marginalità, non altrettanto si può dire dei ricavi. Una situazione che, con la guerra in Ucraina e l’incremento sostanzioso dei costi della filiera tradizionale, in particolare per le spese di trasporto e distribuzione e i costi della carta, non è certo rosea in termini di prospettive”.
domenica 27 Marzo 2022
I risultati dei giornali in termini di traffico online o di copie vendute, e di conseguenza anche di investimenti pubblicitari, hanno degli andamenti che vanno analizzati su periodi estesi, perché le discontinuità, gli alti-e-bassi, tra settimane o mesi, sono frequenti: tra gli altri fattori, i dati rimangono molto legati a fenomeni incontrollati e imprevisti quali sono i grandi eventi che attirano l’interesse dei lettori, un po’ come certe produzioni alimentari che sono legate alle variabili dei fenomeni meteorologici. Lo stanno dimostrando in questi anni gli ottovolanti delle due grandi catastrofi recenti, la pandemia prima e l’aggressione russa poi, che hanno creato grande domanda di informazione: la pandemia ormai con più di un picco anche in questo senso (ma è successo in scala minore anche con le attenzioni intorno all’elezione del presidente della Repubblica). E se da una parte sono fattori occasionali e puntuali, dall’altra costituiscono comunque una quota preziosa di maggiori ricavi e anche un’opportunità di trattenere e conservare parte di quei lettori occasionali.
Un’occasione meno tragica e lo stesso efficace sono i grandi eventi sportivi, soprattutto per i quotidiani specializzati: a luglio 2021, quando si è svolta la fase conclusiva dei campionati Europei di calcio vinti dalla Nazionale italiana quasi tutti i quotidiani hanno venduto più copie del mese precedente (le eccezioni sono quelli con l’attenzione minore allo sport, come Avvenire o il Sole 24 Ore ), coi quotidiani sportivi da +6% a +17%: i quali già a giugno – quando gli Europei erano iniziati – erano cresciuti tra il 5% e il 37%.
Numeri che danno un’idea delle ricadute non trascurabili dell’eliminazione della stessa Nazionale dai prossimi Mondiali di calcio, sancita questa settimana dalla sconfitta contro la Macedonia del Nord.
domenica 27 Marzo 2022
Qui c’è l’articolo del Post , ma i media americani ne hanno scritto molto: un altro buon riassunto è sulla newsletter della Columbia Journalism Review curata da Mathew Ingram.
“[Negli ultimi due anni] BuzzFeed è diventata in attivo: nei suoi risultati finanziari pubblicati martedì i ricavi della società non hanno raggiunto le previsioni di 500 milioni di dollari, ma i profitti sono cresciuti fino a quasi 30 milioni, con un aumento del 132% rispetto all’anno precedente. La sezione News , però, non è mai stata redditizia. Secondo le stime le perdite annuali di Buzzfeed News sono intorno ai dieci milioni, che significa che se BuzzFeed lo chiudesse i propri profitti potrebbero aumentare anche del 30%”.
domenica 27 Marzo 2022
La storia della settimana nelle grandi testate giornalistiche dell’Occidente è la crisi di BuzzFeed News , che si è manifestata con l’annuncio di una consistente riduzione del numero dei giornalisti nelle sue sezioni più importanti. BuzzFeed , ricordiamo , è il sito di “contenuti virali” di più spettacolare successo in questi due decenni di rivoluzioni digitali nel mondo dei media: successo che ha avuto una tale misura in termini di ricavi pubblicitari legati alla grande mole di traffico che BuzzFeed ha saputo sviluppare, da permettere al sito di creare – nel 2011 – una testata più tradizionalmente giornalistica, BuzzFeed News , capace di entrare in competizione con le grandi testate americane tradizionali, per qualità, inchieste, capacità di attrazione di giornalisti importanti, e di vincere persino un premio Pulitzer. Nell’importante, stracitato e ammirato libro di Jill Abramson (ex direttrice del New York Times , in Italia pubblicato da Sellerio), le quattro testate protagoniste del racconto tra il vecchio e il nuovo sono New York Times, Washington Post, BuzzFeed e Vice .
Nel frattempo però il modello di business legato alla pubblicità e a grandi numeri di pagine viste è andato in crisi, e BuzzFeed sta tentando da alcuni anni di raddrizzarlo: quello che sta succedendo ora, insomma, è che il progetto BuzzFeed News era stata una specie di foglia-di-fico/ vanity-project di un’azienda che andava forte e che poteva permetterselo, senza preoccuparsi delle sue perdite e della sua sostenibilità perché tanto i soldi arrivavano da un’altra parte. Ora che arrivano molto meno, e gli azionisti sono preoccupati (BuzzFeed si è nel frattempo quotata in borsa, con risultati molto deludenti), tra gli altri interventi si è deciso di tagliare sul giornalismo, che non gode di buone prospettive di profitti: per ora con incentivi all’uscita a più di un terzo dei giornalisti nelle sezioni di inchieste, politica e scienza, e due importanti responsabili che se ne sono andati; ma il resto della redazione teme riduzioni ancora maggiori e soprattutto percepisce che ci sia un ridimensionamento delle ambizioni, quindi sono in corso vivaci proteste e polemiche.
domenica 27 Marzo 2022
Il New York Times ha una sezione dedicata a raccontare scelte e funzionamenti del giornale – si chiama Insider – che questa settimana ha pubblicato una sommaria indagine sui fattori che rendono un articolo del giornale “virale” e lo fanno essere molto condiviso: il risultato delle riflessioni in questione non è particolarmente illuminante (vanno forte gli articoli che generano emozioni nei lettori, o che permettono di rafforzare la propria presenza e le proprie relazioni sociali) ma salta agli occhi l’insistenza con cui l’articolo ripete che il numero delle condivisioni sarebbe un dato su cui al giornale c’è sì curiosità e interesse, ma che non guida le scelte su cosa pubblicare.
L’insistenza si deve al fatto che la seconda scelta – “dare ai lettori ciò che vogliono” – è invece alla base della stessa esistenza di moltissimi siti di notizie nati in questo secolo, e che dedicano grande impegno a intercettare le ricerche su Google o le dinamiche dei social network; ma è anche un approccio considerato e praticato ormai dai siti di molte testate tradizionali, che ne ha spesso aumentato i numeri ma peggiorato la qualità. Farsi guidare da “ciò che funziona” non solo fa perdere senso al ruolo e alla responsabilità del giornalismo e all’autonomia nel considerare il valore del suo servizio pubblico, ma privilegia un rapporto con la quota di lettori più passeggera e meno fedele che – pur degnissima di rispetto – costituisce un capitale meno fertile per la creazione della relazione necessaria a ottenere coinvolgimento, fedeltà e quindi abbonati. Il New York Times ha capito che la gran parte dei suoi abbonati preferisce che sia il New York Times a decidere per loro: è il suo lavoro.
Fine di questo prologo.
domenica 20 Marzo 2022
Il Post ha avviato dal 2019 una serie di nuovi esperimenti di informazione in contesti e formati diversi dalla sua “sede principale”, ovvero il sito web nato dodici anni fa. Gli eventi pubblici con i primi test a Faenza e Pesaro, oltre alle presenze ormai consolidate al Circolo dei lettori a Torino e con le iniziative a Peccioli in Toscana. Poi il prodotto editoriale di carta, la rivista Cose spiegate bene , di cui uscirà il prossimo maggio il terzo numero. E la serie di lezioni online sul giornalismo avviata due anni fa con grandi partecipazioni. Tutte queste iniziative sono sia un’occasione per raggiungere e informare più persone, anche in ambiti e luoghi nuovi e diversi, sia uno strumento di comunicazione di se stesso da parte del Post , sia un elemento dei modelli di ricavo e sostenibilità del Post (più le ultime due che la prima).
Adesso il Post prosegue con gli esperimenti sull’ultimo tipo di iniziative – le lezioni online – saldandole ai contenuti della rivista, ovvero riprendendo i temi del suo primo numero (i libri, l’editoria) che avevano avuto molte attenzioni e interessi: con un ciclo di dieci incontri A proposito di libri .
domenica 20 Marzo 2022
Il responsabile commerciale del Financial Times , il quotidiano finanziario londinese che ha appena celebrato il risultato di un milione di abbonati, ha dato una interessante intervista al sito Digiday sul risultato suddetto e sulle molte cose imparate a proposito del sistema degli abbonamenti digitali. Per esempio sui nuovi abbonati incentivati dai momenti drammatici in cui c’è più richiesta di informazioni, come quello attuale di cui dicevamo sopra.
“Sappiamo che vedremo una grossa crescita di pubblico intorno a ogni grande evento e vogliamo conservare quel pubblico. Quindi la prima cosa da fare è gestire efficacemente il prezzo, in modo che quanto pagano quando si abbonano non generi uno shock enorme quando tra dodici mesi sarà il momento di rinnovare. Altrimenti, puoi star certo che li perderai”.
domenica 20 Marzo 2022
Il settimanale venduto da GEDI tra molte polemiche sta intanto continuando a uscire allegato a Repubblica e diretto dall’ex vicedirettore Lirio Abbate (ma senza firme , per protesta), in attesa che il nuovo editore concretizzi le piuttosto vaghe dichiarazioni sul suo futuro. Rispetto a una settimana fa ci sono stati lunedì un intervento severo di Corrado Augias – voce piuttosto autorevole nella storia del gruppo – e uno irritato e indignato del Comitato di redazione dell’ Espresso , che ha contraddetto i toni molto più indulgenti che aveva avuto quello del gruppo GEDI dopo aver incontrato l’amministratore delegato. Tra i due CdR, però, uno è quello che è stato venduto e l’altro è quello che è rimasto.
domenica 20 Marzo 2022
La recente popolarità del professor Alessandro Orsini, assiduo ospite delle tramissioni televisive nelle scorse settimane per via delle sue opinioni sulla guerra in Ucraina, ha attirato anche molte attenzioni su una sua dichiarazione per cui molti abbonati al Messaggero sarebbero ascrivibili alla sua presenza sul giornale. L’informazione non è verificabile e può darsi che Orsini si sia sopravvalutato come hanno commentato in molti , ma il “fandom” per singoli autori – forse di più radicata popolarità – è un incentivo interessante tra quelli che portano lettori ad abbonarsi a questa o quella testata, anche se rischioso e volatile, come l’abbandono del Messaggero da parte di Orsini (per iniziare a collaborare col Fatto , che quindi ora dovrebbe beneficiarne) dimostrerebbe, a sentire lui.
domenica 20 Marzo 2022
Vi dobbiamo chiedere scusa perché la settimana scorsa nel descrivere i più recenti dati Audiweb sul traffico dei siti di news li avevamo indicati come quelli di gennaio, ma si riferivano a dicembre (come peraltro era scritto correttamente nella tabella). Nel frattempo sono stati pubblicati i dati di gennaio, dai quali abbiamo selezionato quelli relativi agli utenti unici nel giorno medio sui siti di news “generalisti” (ovvero non quelli dedicati esclusivamente a settori specifici, come quelli di sport o cucina o meteo). Come ricordiamo sempre, le variazioni mensili sono molto suscettibili e dipendenti da fattori diversi, questo spiega le loro misure a volte discontinue: gennaio è stato comunque un mese di crescita generale per quasi tutti: tra i fattori ci sono i minori giorni festivi rispetto a dicembre, e l’attenzione prolungata sull’informazione politica intorno all’elezione del Presidente della Repubblica.
(non tutti i siti di news aderiscono alle rilevazioni Audiweb: tra le assenze più vistose c’è quella del circuito di siti di informazione locale CityNews , a cui altre rilevazioni attribuiscono il primato assoluto di traffico)
domenica 20 Marzo 2022
Il gruppo 24 Ore, ovvero l’azienda che pubblica il Sole 24 Ore oltre ad avere altre attività, ha approvato il suo bilancio di fine 2021. Quello che dice, in estrema sintesi, è che le cose sono peggiorate, ma che sono peggiorate per costi eccezionali e puntuali, mentre nell’ordinario le cose stanno migliorando. Il “risultato netto” – se non si considerano questi “oneri non ricorrenti” – è comunque negativo, ma meno negativo di un anno fa.
Più in dettaglio c’è un aumento dei ricavi pubblicitari dell’11,8%, di poco superiore a quello generale del mercato (il 2020 era stato un anno disastroso, per ragioni di pandemia, soprattutto nella sua prima parte), mentre sono in perdita dell’1% i “ricavi editoriali” (ovvero dalla vendita di giornali e prodotti editoriali) “principalmente per la contrazione dei ricavi generati dalla vendita del quotidiano cartaceo e dei periodici, in parte compensata dallo sviluppo dei ricavi derivanti da abbonamenti digitali al quotidiano, al sito www.ilsole24ore.com, ai prodotti dell’area Servizi Professionali”. Sono invece sensibilmente aumentati i ricavi legati ad attività collaterali che erano state sospese durante i mesi più intensi della pandemia.
“I ricavi diffusionali del quotidiano (carta + digitale) ammontano a 45,1 milioni di euro, in calo di 4,2 milioni di euro (-8,5%) rispetto al 2020. I ricavi diffusionali del quotidiano cartaceo ammontano a 24,2 milioni di euro, in calo di 5,4 milioni di euro (-18,3%) rispetto al 2020. I ricavi diffusionali del quotidiano digitale ammontano a 20,9 milioni di euro, in incremento di 1,2 milioni di euro (+6,3%) rispetto al precedente esercizio”.
“La diffusione (carta + digitale) del quotidiano Il Sole 24 ORE da gennaio a dicembre 2021 è complessivamente pari a 142.090 copie medie giorno (-2,3% rispetto al 2020). In particolare, la diffusione media giorno cartacea dichiarata ad ADS per il periodo gennaio – dicembre 2021 6 è pari a 53.538 copie (-10,9% rispetto al 2020). La diffusione digitale dichiarata ad ADS è pari a 88.551 copie medie giorno (+3,7% rispetto al periodo gennaio – dicembre 2020). Le vendite edicola nei mesi da gennaio a dicembre 2021 registrano un calo del 15,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un mercato in contrazione nello stesso canale del 11,9%”.
“L’organico medio dei dipendenti, pari a 821 unità, registra un decremento di 43 unità (prevalentemente riferito a personale grafico e poligrafico) verso il precedente esercizio quando era pari a 863 unità […] In data 8 novembre 2021, a seguito degli incontri con le organizzazioni sindacali è stato loro confermato l’obiettivo strategico della riduzione del costo del lavoro da realizzarsi attraverso interventi di riduzione strutturale di costo per tutte le categorie professionali, così come previsto dal Piano Industriale 2021-2024”.
(alla pagina 3 del documento potete leggere anche una sintesi generale dello stato delle cose per tutte le imprese giornalistiche)
domenica 20 Marzo 2022
Gannett – l’editore di giornali più grande degli Stati Uniti, che pubblica il quotidiano USA Today e 250 altre testate cartacee e digitali – ha annunciato la chiusura delle versioni cartacee di un’altra ventina di questi giornali nel solo Massachusetts.
domenica 20 Marzo 2022
Sulla loro nuova proprietà ha scritto un resoconto esemplare e ricco di informazioni Giorgio Meletti, nell’ambito della serie di inchieste sull’informazione locale avviata dal quotidiano Domani .
“Leonardis si iscrive alla prima specie, quella nobile, ma c’è qualcosa nella sua avventura industriale che lo rende indecifrabile. Perché lui è davvero puro, in quanto non ha altri interessi che l’editoria e si presenta come una specie di Candide, definendosi un sognatore, un romantico socialista libertario. Solo che fa l’editore senza essere il padrone dei giornali che sta comprando in giro per l’Italia.
Lui ci mette la purezza di sguardo e di intenzioni, ma i capitali li mettono alcuni “impuri”. Fa il regista e imbastisce complesse operazioni basate sulla scommessa di tenere a bada gli impulsi impuri dei soci”.
domenica 20 Marzo 2022
Ci sono stati attacchi e polemiche intorno a un editoriale del New York Times , questa settimana: e parliamo esattamente di “un editoriale” (la definizione è spesso equivocata, da noi), ovvero di un testo firmato dal ” consiglio editoriale ” del New York Times , l’organismo di giornalisti ed esperti che è dedicato esattamente a questo tipo di articoli che “danno la linea” del giornale. L’editoriale era dedicato a quel groviglio di questioni che vanno dalla libertà d’espressione, alla “cancel culture” cosiddetta, all’aggressività sui social network, e insomma all’inestricabile confusione di libertà ed eccessi, di opportunità e limiti, creata dagli infiniti spazi di espressione online. Groviglio e confusione ormai irrisolvibili, e in cui il New York Times ha voluto stavolta attaccare il ricatto di persecuzioni più o meno censorie ed aggressive di cui può essere vittima l’espressione di un’opinione. La sostanza della polemica con chi ha contestato l’editoriale è: possono convivere i diritti di dire la propria da parte di chi ha un’opinione e quelli di chi contesta quell’opinione? E i modi e contenuti di quelle opinioni devono avere dei limiti e dei tabù? Il paradosso del benintenzionato editoriale è che finisce per predicare una “cancel culture” della “cancel culture”, ovvero una limitazione della libertà di limitare le opinioni altrui: e questo fa capire come siamo arrivati a una contraddizione poco risolvibile (“distinguere tra critica e repressione “, non suona facile), in cui si dovrebbe attribuire libertà di “cancellazione” per tutto, o per niente.
(il direttore del Post era intervenuto intorno al tema, qualche anno fa)
domenica 20 Marzo 2022
Ci sono state un po’ di novità tra le riviste di moda italiane, negli ultimi giorni: le riassume e contestualizza la giornalista Federica Salto nella sua newsletter settimanale dedicata alle cose della moda (caso tra l’altro interessante rispetto alla sostenibilità delle newsletter, che ha appena raggiunto le mille iscrizioni a 50 euro l’anno o 5 euro al mese).
“Due redesign e due nomine nel giro di qualche giorno. Vi pare poco? Non lo è, perché parliamo di un panorama veramente piccolo, quello dei giornali di moda in Italia. Dunque, martedì è uscito il nuovo Rivista Studio, ridisegnato e con una nuova guida dopo la partenza del fondatore e direttore Federico Sarica, oggi head of content di GQ Italia. Alla guida: Cristiano de Majo, direttore esecutivo, Silvia Schirinzi, fashion director, e Tommaso Garner, direttore creativo. Ci sono anche io (e sono anche una lettrice affezionata di Studio), dunque il mio giudizio non può che essere di parte ma, fidatevi, è una gran lettura. Oggi, invece, arriva il nuovo d la Repubblica, con la d minuscola, e con Emanuele Farneti, ex direttore di Vogue Italia, alla guida, un team internazionale e l’aspirazione a “farla diventare la rivista di moda e di bellezza più autorevole in Italia e la più importante testata di moda italiana all’estero”, ha detto lo stesso Farneti in un’ intervista a WWD . Infine, le nomine e, conseguentemente, altri due giornali che si rinnoveranno: Manuela Ravasio è direttore di Marie Claire e Barbara di Giglio vicedirettore di Elle. Entrambe sono cresciute in Hearst, in particolare nelle redazioni digitali e ora le aspetta la sfida di far comunicare carta, web e social, traghettando due testate super tradizionali nel panorama contemporaneo”.
domenica 20 Marzo 2022
Nel mondo delle news statunitensi continuano a esserci curiosità e attese per il nuovo progetto degli “Smiths”, come li hanno chiamati in molti: i due Smith non imparentati e di notevoli curricula nel giornalismo americano che stanno lavorando a un nuovo servizio di news con intenzioni innovative e sovversive. Le ultime nel loro lavoro di pre-promozione sono un mistero intorno al nome (“sarà una parola che si capisce e ha lo stesso significato in molte lingue”) e l’idea che non abbia senso mandare corrispondenti americani nei luoghi del mondo, quando nei luoghi del mondo ci sono persone competenti e locali in grado di scrivere e parlare in inglese. Il limite delle grandi testate americane anche molto apprezzate, secondo Justin Smith, è che continuano a essere troppo legate alle città dove hanno la sede principale e vengono percepite comunque come estranee da gran parte dei loro lettori internazionali.
domenica 20 Marzo 2022
Un’ultima cosa sui giornali italiani e la guerra: più puntuale, ma mostra questioni generali. La Stampa ha ricevuto molte critiche online, e poi anche da giornali concorrenti, per la sua prima pagina di mercoledì. La grande foto era stata fatta a Donetsk dopo un bombardamento (il poco che si sa della foto è raccontato qui ) che ha ucciso 23 persone e di cui a oggi non si sa chi sia stato il responsabile: ucraini e russi si accusano a vicenda, e malgrado Donetsk sia nel territorio ucraino occupato dai russi e sia quindi immediatamente più credibile – benché inedito – un attacco ucraino, ci sono anche analisi che sostengono che i missili provenissero dal territorio controllato dai militari russi.
La Stampa ha fatto uno strano uso della foto: non pubblicando nessuna didascalia né nessuna attribuzione, ma inserendola in un contesto e in una comunicazione che accusa estesamente la Russia delle stragi in Ucraina. Chi ha criticato la scelta sostiene che essendo aree filorusse quelle delle vittime dell’attacco raffigurato, l’uso dell’immagine falsifica la realtà e quella comunicazione, mentre l’immagine stessa smentisce che ci sia una distinzione così chiara tra aggressori e vittime. Ad attaccare la Stampa è stata anche l’ambasciata russa in Italia (che in più occasioni è stata bellicoso strumento della propaganda di Putin, in queste settimane). Il direttore della Stampa Massimo Giannini ha risposto alludendo al fatto che in effetti da nessuna parte sulla prima pagina si dicono cose diverse dal vero, che il titolo “La carneficina” è un’espressione che indica tutte le vittime a prescindere da chi siano e chi sia il carnefice, e che dell’attacco il giornale si era occupato il giorno prima, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni critici.
Risposte formalmente fondate – non c’era niente di falso in quella prima pagina -, ma nella sostanza sarebbe stato ovvio anche a Giannini che l’unico caso di un attacco tanto pesante contro i civili nelle zone controllate dalla Russia non poteva essere trattato in maniera così anonima dentro una prima pagina dedicata nella quasi totalità alle accuse contro la Russia. È quindi realistico immaginare che la scelta – di cui chi avesse avuto presente la verità su quella foto avrebbe facilmente potuto immaginare le conseguenze – sia stata fatta per sventata disattenzione attingendo alle tante immagini “simili” a portata di mano, senza consapevolezza di cosa esattamente raffigurasse. E questo è il vero tema più generale: non deliberate partigianerie truffaldine (troppo sciocche e inutili da essere davvero immaginate) , ma scarsa attenzione e accuratezza nel lavoro quotidiano di informazione, con conseguenze cattive per tutti.
domenica 20 Marzo 2022
Sui social network sono anche circolate accuse o fastidi nei confronti di alcune iniziative legate alla guerra organizzate da questa o da quella testata: in molti casi i fastidi sono sembrati eccessivi, e le accuse non tener conto delle opportunità di informazione che le testate giustamente creano per arricchire la loro offerta. È quindi vero che c’è probabilmente un’intuizione commerciale (di ricavi diretti, o di marketing del proprio brand) alla base di offerte di collane di libri sulla politica internazionale, di biografie di Putin, di eventi pubblici brandizzati dalle testate, ma si tratta comunque di iniziative con dei contenuti di informazione, non diverse da quelle che i giornali producono abitualmente su molti altri temi. Un po’ più incerta è l’offerta di contenuti nel caso della ” spilla con i colori dell’Ucraina ” che il Corriere della Sera regalerà venerdì prossimo, ma anche qui l’investimento su “prodotti collaterali” anche molto più distanti dal proprio “core business” – con uffici appositamente dedicati all’ideazione di nuovi progetti – non nasce certo oggi.
domenica 20 Marzo 2022
La guerra in Europa sovverte molto quello che avviene nei giornali e attorno ai giornali, anche. Non solo per il ruolo dell’informazione rispetto a un evento così drammatico, ma anche nei modi in cui i giornali lavorano e nel rapporto con i lettori. Jack Shafer, esperto giornalista americano che ha scritto per quasi tutte le testate maggiori e ora è a Politico , ha scritto per spiegare “perché i giornalisti amano la guerra”, elencando una serie di ragioni realistiche e inevitabili rispetto a questa espressione che suona cinica e disdicevole: il giornalismo sta alla guerra come i tergicristalli alla pioggia, dice Shafer. I suoi punti sono che: “la guerra si vende” e la domanda di informazione cresce, lo dicono i numeri; “la guerra soddisfa la richiesta di notizie negative”, che è un tic dei giornali (e anche dei lettori); “scrivere della guerra è più facile e dà molte attenzioni”, perché la mole di storie e di eccezionalità è enorme; “la guerra dà l’opportunità di sentirsi utili” ai giornalisti e di chiedere interventi di qualche tipo, anche quando ne sanno abbastanza poco; “la guerra aiuta la carriera”, con la visibilità che dà a chi la racconta; “la guerra dà senso e significato” a quello che i giornalisti fanno, mentre spesso questo senso sembra perduto nelle più volatili mansioni quotidiane dell’informazione.
A conferma del fattore principale che orienta questa attrazione – la richiesta da parte dei lettori – sono stati diffusi in questi giorni i dati delle crescite di abbonamenti di alcune testate nei giorni iniziali dell’aggressione russa in Ucraina (sono tutti dati che provengono dalle testate, senza nessuna garanzia, ricordiamo): un dirigente del Times ha detto che il giornale londinese ha avuto intorno ai mille nuovi abbonati al giorno nelle prime due settimane di guerra; lo stesso numero è stato raccolto per Repubblica in un articolo del quotidiano ItaliaOggi , mentre il Corriere della Sera cita addirittura 25mila “abbonati digitali”, senza indicare però di quali tipi di abbonamenti e prezzi si parli. Sono risultati percepiti e condivisi da diversi siti di news (il Post ha contato una media di circa 250 nuovi abbonamenti al giorno nei primi dieci giorni di guerra, rispetto a una media di circa 70 nei dieci giorni precedenti: nelle due uniche formule offerte, mensile e annuale).
domenica 20 Marzo 2022
Più o meno a metà dei quattro anni di presidenza Trump il sistema dell’informazione statunitense – la sua parte più seria – cominciò a discutere intensamente di come affrontare la questione di dover riferire le cose dette da un presidente degli Stati Uniti che erano palesemente e pericolosamente false : quello che dice un presidente degli Stati Uniti è naturalmente una notizia, ma i media possono sottrarsi alla responsabilità delle conseguenze della diffusione di notizie false, e comportarsi da “neutrali” nella trasmissione di quelle notizie e nella distinzione del falso dal vero? Il dibattito fu esteso e portò diverse testate a fare maggiore attenzione a come quelle notizie venivano proposte, associando spesso alla citazione delle parole di Trump indicazioni in uguale evidenza sulla falsità delle medesime affermazioni.
Sono una riflessione e una scelta che sarebbero probabilmente preziose per buona parte dell’informazione italiana. In generale, ma in particolare in questi tempi di propaganda di guerra in cui dichiarazioni non solo dubbie ma anche chiaramente false da parte delle parti coinvolte (ma da una soprattutto) circolano e influenzano opinioni e reazioni: proprio come accadeva allora con Trump. Nei giorni passati il semplice mettere notizie false tra virgolette, o attribuirle , ha fatto ritenere a diverse testate di potersi sottrarre alla verifica di quelle notizie e alla necessità di informare sulla loro falsità. Non è una buona idea per un giornalismo che voglia recuperare lettori e sostenibilità alle proprie imprese: i giornali americani che ci sono arrivati prima sono quelli che ora hanno abbonati più motivati.
Fine di questo prologo.
domenica 13 Marzo 2022
I rischi – enormi – di lavorare all’informazione in tempo di guerra avendo in mente chi sono gli aggressori e chi le vittime, in una serie di considerazioni del direttore del Post .
” E proprio per questo bisogna mantenere lo stesso rigore per ogni informazione che si diffonde, per ogni versione a cui si dà credito, per essere inattaccabili sul piano dei fatti e del loro racconto, ed evitare che possa succedere quello che dicevo all’inizio: perché la confusione è grande, perché la propaganda non la fanno solo gli aggressori ma anche gli aggrediti, perché anche una guerra d’aggressione non finisca nel frullatore delle “verità alternative”, e soprattutto per non dare alibi o risorse di credibilità agli aggressori”
domenica 13 Marzo 2022
Sono stati pubblicati anche i numeri di traffico certificati a dicembre dei siti che aderiscono ai conteggi di Audiweb: qui sono esposti da Prima Comunicazione , mentre quella qui sotto è un’elaborazione della classifica in cui sono selezionati i primi tra i siti di news generalisti, e poi alcuni tra gli altri brand più noti.
domenica 13 Marzo 2022
Il quotidiano vaticano Osservatore Romano ha pubblicato lunedì le opinioni di un gruppo di giovani coinvolti dal giornale a condividere con il direttore il loro rapporto con l’informazione e le loro opinioni su quello dei loro coetanei.
domenica 13 Marzo 2022
Il Reuters Institute ha pubblicato una ricerca sulla presenza delle donne nei ruoli direttivi dei giornali in dodici diversi paesi (nell’analisi non è inclusa l’Italia, e non documenta più esattamente la enorme sproporzione di genere che c’è qui, e di cui parliamo dai primi numeri di Charlie). L’analisi ha preso in considerazione 179 “top editors” delle testate online e offline più seguite, verificando una quota di solo il 21% di donne nei ruoli direttivi, dal 7% del Brasile al 50% degli Stati Uniti: passando per il 19% della Germania, il 20% della Spagna e il 38% del Regno Unito.
(il dato italiano che abbiamo citato altre volte è quello delle due direttrici sui primi 40 quotidiani per diffusione: il 5%).
domenica 13 Marzo 2022
Il Post ha raccontato un po’ di cose sulla ritornata centralità – purtroppo – degli inviati di guerra, a cui avevamo accennato la settimana scorsa.
“Altre guerre, come quella della ex Jugoslavia, hanno riportato i giornalisti al centro dei combattimenti, ma hanno anche mostrato una loro maggiore vulnerabilità. Scott Anderson, noto corrispondente di guerra americano per varie testate, spiega in una intervista per presentare il libro The War Correspondent: «A metà degli anni ’80 nella guerra sporca di El Salvador potevi scrivere “TV” con il nastro adesivo sull’auto e andare avanti e indietro tranquillo nella terra di nessuno. Sei o sette anni più tardi in Bosnia era completamente diverso. Scrivere “Press” o “TV” sulla tua auto era come disegnarci un grosso bersaglio sopra»”.
domenica 13 Marzo 2022
Il risultato di vendite del quotidiano La Verità in questo ultimo anno è interessante non solo per la sua misura, o per la sua coesistenza con un progetto editoriale di costi molto contenuti (coesistenza che rende il prodotto più promettente in termini economici rispetto a testate molto più vendute ma con costi enormemente maggiori).
Ma quello che ha fatto il giornale è anche una scelta editoriale e commerciale vincente, per quanto discutibile. Ovvero decidere di rispondere a una domanda a suo modo “antagonista” e di nicchia, ma non coperta da nessuna altra testata: prima genericamente di destra aggressiva e risentita; poi diventando il riferimento dei movimenti e degli individui contrari al Green pass e alle misure contro la pandemia, e avvicinandosi molto a quelli “no vax”; e adesso conservando le sovrapposizioni con quelle comunità rispetto alla guerra in Ucraina, e prendendo posizioni indulgenti nei confronti della Russia e critiche sulle sanzioni, sui sostegni all’Ucraina e sul suo leader . E avvicinando così sempre più lettori a cui piace ritenersi minoranza contestatrice di presunti conformismi: lettori sia nuovi che sottratti ai due concorrenti – Giornale e Libero – di cui la Verità era il “fratello minore” e che ora ha superato (e si percepisce anche dalla comparsa più frequente sulle sue pagine di inserzionisti nazionali rilevanti).
domenica 13 Marzo 2022
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani a gennaio. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui , da cui si vedono questo mese buoni risultati rispetto al mese precedente da parte del Corriere della Sera e del Fatto (ma le variazioni mensili sono sempre molto suscettibili e discontinue, e il Corriere beneficia dell’aver aggiunto questo mese ben 2800 “copie digitali scontate più del 70% del prezzo”: a proposito di quanto dicevamo sopra sugli sconti); oltre al successo della Verità (ci arriviamo); e si fa notare il calo maggiore di Avvenire .
(trascuriamo le analisi sugli andamenti degli sportivi, che sono stati su un ottovolante in questi due anni, per via delle incertezze legate allo svolgimento delle competizioni)
Più chiaro e omogeneo è il quadro se si guarda il confronto con l’anno precedente, che ancora una volta mostra solo perdite per quasi tutti salvo un piccolo guadagno per il Corriere della Sera (sempre da commisurare alla gran quota di copie scontatissime) . E poi c’è il sempre più notevole successo della Verità , che nel giro di un anno cresce del 28%, e di cui parliamo qui sotto.
A perdere di più e oltre il 10% sono ancora i quotidiani GEDI, ma anche Avvenire e il Fatto (che da qualche mese sta “restituendo” la crescita ottenuta tra il 2020 e il 2021) e soprattutto il Giornale , che ha un -28% rispetto a un anno fa (e ancora si parla di un desiderio di Mondadori e degli altri soci di venderlo).
Anche Repubblica ha aggiunto questo mese una grossa quota di “copie digitali scontate più del 70% del prezzo”, portandole da 10mila a 12mila.
Come facciamo ogni mese, vale la pena considerare un altro dato più indicativo della generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi”, per avere un risultato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale. Ottenendo quindi questi numeri:
Corriere della Sera 185.847 (-7%)
Repubblica 132.306 (-12%)
Stampa 87.819 (-10%)
Resto del Carlino 66.303 (-12%)
Sole 24 Ore 62.437 (-18%)
Messaggero 56.907 (-5%)
Fatto 47.911 (-16%)
Nazione 44.544 (-12%)
Gazzettino 39.056 (-8%)
Verità 33.409 (+26%)
Giornale 32.930 (-29%)
Rispetto al mese passato perdono più di tutti (oltre 3500 copie) Repubblica e Sole 24 Ore: e Repubblica e Stampa abbassano di nuovo i loro minimi storici di sempre.
Altri giornali nazionali:
Libero 20.477 (-16%)
Avvenire 17.196 (-5%)
Manifesto 12.962 (-5%)
ItaliaOggi 8.691 (-26%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS)
Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come “diffusione”, le cose notevoli – che spiegano le discrepanze tra i due conti – sono:
– Corriere e Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie digitali scontate oltre il 70% del prezzo: 48mila e 35mila, dietro di loro c’è Repubblica con 12mila.
– il numero di copie cartacee dichiarate dal Fatto è ormai stabilmente inferiore a quello delle copie digitali (per queste ultime il Fatto è terzo dopo Corriere e Repubblica , se si tolgono quelle scontatissime).
– il Manifesto rimane ottavo per copie digitali (ne indica più del Giornale e della Gazzetta dello Sport ), pur essendo 45mo nel totale.
– Avvenire comunica ben 55mila copie “multiple pagate da terzi”, attribuibili in buona parte alla rete delle strutture cattoliche: ma ne ha perse 7mila dal mese scorso.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, 21mila, in gran parte digitali.
– delle 21mila copie dichiarate da ItaliaOggi , metà sono copie “promozionali e omaggio” o con sconti superiori al 70%.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono ancora Avvenire , Messaggero , S
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” (ovvero duplicati nel conteggio totale) sono Corriere della Sera , Sole 24 Ore, Stampa e Avvenire .
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 13 Marzo 2022
Il Washington Post ha dedicato un interessante articolo a raccontare quali sono i molti fattori e variabili che concorrono alla scelta dei giornali di pubblicare immagini particolarmente impressionanti, a partire dalle cicliche discussioni che sono avvenute di nuovo questa settimana a proposito in particolare di una foto in Ucraina. Alcune questioni principali che è prezioso condividere sono:
– non ci sono regole universali, perché entrano in gioco molti elementi e condizioni peculiari. Ogni immagine è una storia in un contesto, e le ragioni da soppesare sono molte, cominciando dall’equilibrio tra il ruolo dell’informazione (informare, far capire, far “figurare” le cose e farle conoscere) e il rispetto dei destinatari delle immagini, ma con molti altri doveri e rischi che si confrontano.
– non è mai vero che un’immagine “non aggiunge niente”: ogni immagine aggiunge qualcosa alla conoscenza dei fatti, e la questione è se quello che aggiunge sia da sacrificare o no rispetto ad altri criteri. Il rispetto per le sofferenze delle persone ritratte, dei loro congiunti, dei lettori in genere.
– spesso la scelta di pubblicare viene equilibrata dal modo con cui le immagini vengono pubblicate, dalle preoccupazioni, dagli avvisi ai lettori che vogliano scegliere di non vederle.
Il Post aveva pubblicato delle considerazioni sullo stesso argomento intorno al dibattito sulla pubblicazione del video della caduta della funivia del Mottarone.
domenica 13 Marzo 2022
Una novità che ormai non lo è più nel business della pubblicità online per i giornali, rispetto a quando le inserzioni riguardavano la carta, è la molto minore tracciabilità delle inserzioni da parte degli inserzionisti. Anche per via della diffusione della pubblicità “programmatic” , oggi chi compra pubblicità riesce molto meno a sapere e capire quando e dove questa pubblicità “esca” e appaia e venga vista, e soprattutto da quanti e da chi: sono diventate quindi molto importanti la tecnologia che può dare queste informazioni e la fiducia tra i vari interlocutori che le gestiscono. In Italia il caso più clamoroso e illegale di problemi di questo genere fu la questione delle “copie gonfiate” al Sole 24 Ore , e le informazioni false che furono a lungo indicate agli inserzionisti (ma anche alle strutture pubblicitarie dell’azienda).
Adesso c’è stato un piccolo ma grave incidente negli Stati Uniti, dove Gannett – l’editore di giornali più grande del paese, che pubblica il quotidiano USA Today e 250 altre testate cartacee e digitali – ha dovuto ammettere di avere dato informazioni false agli inserzionisti che usano la sua piattaforma di acquisto e distribuzione di pubblicità, dopo un articolo del Wall Street Journal che lo aveva rivelato: in particolare i banner e le promozioni non erano stati mostrati nei siti e nelle pagine richiesti. A quanto pare, si è trattato di un errore di valutazione sul funzionamento del sistema, e non di una pratica malintenzionata (Gannett non sembra averne ricevuto benefici), ma che gli inserzionisti si sentano garantiti nell’efficacia dei loro investimenti non può essere messo a rischio per un editore.
domenica 13 Marzo 2022
Negli Stati Uniti ci sono stati interventi polemici su un articolo dell’ Atlantic (uno dei più illustri e antichi magazine americani, oggi soprattutto un popolare e florido sito di news e commenti) che ha intervistato e raccontato il principe saudita Bin Salman, che oltre a guidare una spietata dittatura è considerato responsabile dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, critico del suo regime. In particolare una columnist del Washington Post ha attaccato i toni con cui l’articolo ha presentato le versioni del principe e lo ha descritto in modi attraenti, dando spazio alle sue “ragioni” espresse in alcuni casi in modi molto sgradevoli («Se ammazzassimo gli oppositori così, Khashoggi non sarebbe stato nemmeno il millesimo della lista»). L’autore dell’articolo – Graeme Wood – si è difeso elencando le molte cose critiche e accusatorie contro Bin Salman che aveva scritto, e mostrando come il suo articolo sia stato censurato e criticato dai sauditi: e attribuendo ai suoi critici la tesi che “non vadano intervistati i dittatori”, mentre la questione è tutta nel come. Lo ha spiegato un nuovo articolo del Washington Post (di cui Khashoggi era un collaboratore), mercoledì, che ha riconosciuto a Wood la qualità del suo reportage ma ha confermato le critiche per non aver incalzato Bin Salman sull’omicidio quanto avrebbe dovuto e averne presentato ragioni insufficienti: «Evitare le domande perché pensi che l’intervistato non risponderà non è esattamente giornalismo coraggioso».