Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 22 Maggio 2022

Qualcosa non va

I giornalisti e le giornaliste di Stile Italia, la società che pubblica le testate periodiche ex di Mondadori acquistate negli ultimi anni da parte del gruppo editoriale guidato da Maurizio Belpietro, sono in sciopero per protesta contro 19 licenziamenti decisi dall’editore, sui quali è in corso un confronto infruttuoso da alcuni mesi. La salute del gruppo editoriale (che possiede anche il quotidiano la Verità e il settimanale Panorama ) è legata a una scelta di forte riduzione di costi, che impone redazioni ridotte nel caso di progetti nuovi, o da ridurre nel caso di testate acquisite.


domenica 22 Maggio 2022

Dalla zona grigia

Questa settimana il caso più vistoso di prevalenza dei desideri degli inserzionisti sull’autonomia giornalistica nei quotidiani maggiori ha riguardato Ferrovie dello Stato, che ha ottenuto grandi spazi e interviste a proposito della presentazione del suo piano industriale, a poca distanza dagli estesi spazi pubblicitari che ha comprato sugli stessi quotidiani per diversi giorni. Il sito Professione Reporter ha fatto dei conti dettagliati, sottolineando il primato del Corriere della Sera nella disponibilità con l’inserzionista.

Nel frattempo Repubblica Stampa (ma alla Stampa è una consuetudine più longeva, essendo stata più a lungo il quotidiano della famiglia Agnelli) si stanno estendendo a frequenze sempre più intense e con toni sempre più promozionali gli spazi che riguardano l’azienda automobilistica Stellantis, ovvero il business principale della società Exor che controlla anche l’editore dei due quotidiani, GEDI. Un esempio tra i molti è il commento celebrativo pubblicato giovedì.


domenica 22 Maggio 2022

La discussione sul Fatto

Da oltre una settimana il Fatto ha trasformato una polemica interna con toni spiacevoli e contenuto delicato in un contenuto editoriale, ottenendo attenzione e partecipazione da parte dei lettori. Era iniziata con la scelta del 92enne Furio Colombo, collaboratore di ricca e varia carriera giornalistica e politica, di non scrivere più sul giornale protestando contro le sue posizioni sulla guerra in Ucraina: scelta espressa con una lettera ospitata dal giornale, a cui sono seguite le risposte critiche del direttore Marco Travaglio e di alcuni altri giornalisti, a cui il Fatto ha poi accompagnato la pubblicazione delle lettere dei lettori. Giovedì il direttore ha confermato – rispondendo a una lettera – di avere chiesto a Colombo di cambiare un suo articolo critico nei confronti di due collaboratori del giornale, generando così la decisione dello stesso Colombo. Venerdì Colombo ha pubblicato un articolo (su Russia e Ucraina) su Repubblica , presentato come la “ripresa” della sua collaborazione con Repubblica , dove aveva già lavorato nel secolo scorso.


domenica 22 Maggio 2022

Il Tirreno ci prova a Firenze

Venerdì è uscita la prima edizione fiorentina del Tirreno , il quotidiano storico della costa toscana che ha sede a Livorno e che ha molte edizioni cittadine ma ha sempre dovuto lasciare la provincia di Firenze alla Nazione , il quotidiano concorrente che presidia gran parte della regione (il Tirreno ha una maggiore diffusione nelle province di Livorno, Grosseto e Pisa, e compete in quelle di Lucca e Massa-Carrara). Il progetto fiorentino era stato annunciato un paio di mesi fa, e aveva ricevuto diffidenze da parte della redazione che aveva contestato la scelta dell’editore di rimettere contestualmente in discussione alcuni degli accordi di lavoro (il Tirreno è di proprietà della società SAE che l’ha acquistato dal gruppo GEDI nel 2020), ma la protesta è intanto rientrata . Il presidente del gruppo Alberto Leonardis ha presentato la nuova edizione alludendo a un desiderio di spostare su Firenze – il capoluogo della regione, con ruoli importanti nella politica e negli affari – molte attenzioni del giornale.


domenica 22 Maggio 2022

La Cina manipola

Grid, un giornale online con sede a Washington, DC, nato all’inizio di quest’anno con cospicue risorse e investimenti, ha pubblicato questa settimana un’inchiesta sull’impegno del regime cinese nel diffondere false informazioni a suo favore attraverso testate digitali create all’uopo oppure partnership con testate esistenti. Charlie ne aveva parlato in più occasioni in passato , e di come la questione riguardi anche l’Italia.


domenica 22 Maggio 2022

Chi legge cosa dove

ADS, l’ente che citiamo spesso per i dati sulle diffusioni mensili dei quotidiani (e a volte dei periodici), ha pubblicato invece questa settimana dei dati “territoriali” relativi al 2021: ovvero il numero di copie cartacee dichiarate dai giornali come diffusione, ripartiti per regioni e province. È un documento molto ricco, da cui intanto selezioniamo una serie di elementi, interessanti o particolari, che riguardano i quotidiani.

Il Corriere della Sera dichiara 68mila delle sue 161mila copie in Lombardia (e 39mila a Milano): la sua seconda regione per diffusione è il Veneto, poi Lazio, Emilia-Romagna e Toscana.
Repubblica diffonde 15mila copie a Roma e 7mila a Milano: dopo, le sue maggiori diffusioni le ha nelle province di Bologna (5972), Firenze (4800), Torino (4135), Genova (3562), Napoli (3521); Repubblica ha redazioni ed edizioni locali nelle città relative. Tra le province meno grandi, si notano le 1399 copie di Livorno, le 1532 di Modena e le 1553 di Varese.
Le regioni in cui porta più copie il Sole 24 Ore sono la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna. Fuori dal Piemonte, la sua regione, la Stampa ha una maggiore diffusione in Emilia-Romagna (con una cospicua quota nelle province romagnole, presumibilmente derivata dalla stagione estiva), nelle province di Imperia (2112 copie, il doppio che a Roma) e di Savona (4095). E ad Aosta, altra provincia coperta.

La provincia in cui il Fatto diffonde più copie è quella di Roma (2881), poi Milano (1895), Torino (1012), Firenze (727), Napoli (688) e Bologna (687); a Palermo il Fatto dichiara solo 199 copie, meno che a Rovigo, mentre ne ha ben 596 a Verona e 501 ad Ancona. Il Giornale ha 4597 delle sue 37 mila copie a Milano, e i numeri maggiori nelle altre province lombarde: poi, le province dove diffonde più copie (a parte Roma, 2109) sono Genova (1232), Torino (1069), Udine (671), Bologna (625), Treviso (624), Verona (599), Lecce (580), Padova (571), Novara (503).

Le regioni in cui Libero dichiara più copie sono Lombardia (7363), Veneto (2754), Emilia-Romagna (2281). La sua terza città per diffusione è Verona con 826 copie. Dopo Roma e Milano, la terza città per diffusione del Manifesto è Bologna (491). In tutta la Lombardia il Messaggero porta 131 copie a Milano, e una a Como. Il Resto del Carlino è il quotidiano con più copie in ogni provincia dell’Emilia-Romagna, con l’eccezione di quelle di Parma (dove la Gazzetta di Parma ne ha 22mila, più del Carlino a Bologna) e di Piacenza (dove è la Libertà ).

La Verità porta il maggior numero di copie nelle tre maggiori province lombarde (Milano, Brescia e Bergamo) ma anche a Roma, Verona, Torino e Trento. Il quotidiano di economia ItaliaOggi dichiara in Liguria quasi 6mila delle sue 10mila copie di diffusione (3801 a Genova, 897 a La Spezia, 729 a Savona; e sole 473 a Milano).

Tra i quotidiani locali più piccoli, un esempio di concentrazione è il Corriere delle Alpi (una delle testate venete del gruppo GEDI), che porta 4034 copie nella sua provincia di Belluno, 76 nel resto del Veneto e 34 nelle altre regioni. La provincia dove l’ Eco di Bergamo porta più copie fuori dalla Lombardia è Rimini (30), si immagina nel periodo di turismo estivo (16 nella provincia di Pesaro,13 in quelle di Ravenna e di Savona). Fuori dalla Calabria e da poche grandi città, la Gazzetta del Su d porta 8 copie a Pavia e 5 a Cuneo.
Tra gli sportivi, la Gazzetta dello Sport ha 24mila copie in Lombardia e 3mila nel Lazio, dove è ampiamente superata invece dal Corriere dello Sport con 11mila copie. A Torino sono entrambi superati da Tuttosport con 2839 copie.

Diverse province hanno una interessante varietà e ricchezza di testate differenti che superano quote cospicue di diffusione. Nella provincia di Udine il quotidiano più popolare è il Messaggero Veneto con ben 30mila copie, ma ne portano più di 3mila anche il Corriere della Sera , il Gazzettino Repubblica , e più di 1200 il Giornale Avvenire e il Sole 24 Ore . Ad Ancona, la cui provincia ha quasi lo stesso numero di abitanti, superano le mille copie solo il Messaggero e il Corriere Adriatico (circa 4mila ciascuno) e il Resto del Carlino (1827).


domenica 22 Maggio 2022

La capacità di seduzione

Il maggiore cambiamento avvenuto nel mondo dell’editoria giornalistica negli ultimi cinque anni è stato la rinnovata possibilità di trovare sostenibilità economiche attraverso il contributo dei lettori: che si tratti di abbonamenti, membership, contributi, acquisti, i giornali disperati dal declino dei ricavi pubblicitari hanno incontrato un piccolo ritorno di disponibilità a pagare da parte dei lettori, disponibilità che era stata data per persa all’inizio del millennio e del dilagare delle offerte gratuite online. Ad aiutare questa piccola ma preziosa inversione di tendenza sono state anche nuove proposte di tutt’altra natura che hanno abituato le persone al formato dei pagamenti ricorrenti per servizi o contenuti, come Netflix, Spotify o Amazon Prime. Adesso, dopo alcuni anni di crescita di questa fonte di ricavo e di “fidelizzazione” dei lettori, i giornali hanno a che fare da qualche tempo con la scoperta che gli abbonati bisogna saperli conservare, e con la fatica da sovraccarico di informazione e tensione seguita a due anni di pandemia e tre mesi di guerra. La priorità di tutti è quindi ora convincere gli abbonati a non cancellare gli abbonamenti, e questo si ottiene trasmettendo la sensazione che gli abbonamenti siano preziosi e utili: mentre diversi studi mostrano che una sensibile quota di lettori iscritti o abbonati utilizza i contenuti e i servizi che paga con frequenza molto bassa. Quindi si tratta non solo di offrire contenuti e servizi convincenti, ma anche semplicemente di comunicarli capillarmente, renderne consapevoli gli utenti, che spesso hanno contezza di una quota ridottissima di ciò che pagano. Lo studio recente di un ricercatore olandese ha mostrato per esempio (studi di questo genere vanno sempre presi con prudenza, rispetto al loro valore universale) che 68 persone a cui era stato offerto l’abbonamento gratuito a un giornale per tre settimane non hanno scelto di proseguirlo a pagamento una volta terminato il periodo in cui ne hanno beneficiato: e con questo i limiti delle diffusissime offerte di abbonamenti gratuiti o molto scontati. È insomma un periodo complicato ma potenzialmente stimolante in cui non è solo questione di fare informazione percepita come di qualità ma anche di fare marketing efficace sulla percezione di quella qualità, e sul fatto che meriti di essere pagata.

Fine di questo prologo.


domenica 15 Maggio 2022

Le solite Cose

Da mercoledì scorso è nelle librerie (anche online) il nuovo numero della rivista del Post Cose spiegate bene , dedicato alle “droghe” (le virgolette sono abbondantemente spiegate): il Post ha iniziato una serie di presentazioni pubbliche e venerdì sarà al Salone del libro di Torino, alle 18,15 (con con Luca Sofri, Ludovica Lugli e Fabio Cantelli Anibaldi, moderano Irene Graziosi e Sofia Viscardi).


domenica 15 Maggio 2022

Affari e verità

Il direttore della Verità Maurizio Belpietro ha pubblicato sabato in prima pagina sul quotidiano un articolo di promozione del nuovo quotidiano del suo gruppo editoriale – Verità&Affari – a partire dalle lamentele di alcuni lettori per l’abbinamento domenicale tra i due giornali che costringe a una spesa maggiore: Belpietro si è scusato di non avere spiegato a sufficienza l’operazione


domenica 15 Maggio 2022

Cosa resta dell’Unità

Martedì 10 maggio nelle edicole di alcune grandi città italiane è uscito un “numero speciale” del 2022 dell’ Unità . Il quotidiano fondato dal 1924 da Antonio Gramsci, organo del Partito Comunista Italiano fino al 1991 e in seguito di PDS e DS (fino al 2007), ha cessato le pubblicazioni nel 2017, dopo un’effimera rinascita durata un paio d’anni. Da allora viene pubblicato una volta l’anno per evitare la decadenza della testata, in forma ridotta e spesso (come in questo caso) realizzato da giornalisti esterni. La legge sulla stampa prevede infatti che un giornale venga cancellato dal registro delle pubblicazioni se non va in stampa per un anno intero. L’attuale proprietà, Unità srl di Guido Stefanelli e Massimo Pessina del gruppo Pessina Costruzioni, utilizza dal 2018 questo escamotage: la decadenza comporterebbe la perdita dei diritti sulla testata, oggetto negli anni scorsi di infruttuosi tentativi di vendita. L’uscita in edicola, con tiratura minima e foliazione di quattro pagine, è ogni anno fortemente contestata dal Comitato di Redazione del giornale, che tuttora esiste ed è quest’anno stato tenuto totalmente all’oscuro dell’operazione. Nel 2019 il direttore responsabile dell’unico numero pubblicato fu Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano la Verità , scelta che fu vissuta come una provocazione da redazione e lettori affezionati; nel 2020 toccò a Primo Di Nicola, senatore del Movimento 5 Stelle, nelle ultime due edizioni il giornale è firmato da Luca Falcone, già capo dell’ufficio stampa della Pessina Costruzioni. Una ventina di giornalisti è ancora formalmente alle dipendenze dell’azienda, che però non pubblica nient’altro né paga gli stipendi. La lunga disputa sindacale e legale è in attesa di una risposta definitiva dal giudice fallimentare: intanto la redazione lamenta di essere “ostaggio di un non-giornale”, senza poter più fare ricorso agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, disoccupazione).


domenica 15 Maggio 2022

Furio Colombo e il Fatto

Furio Colombo, novantunenne giornalista e politico di lunga carriera e commentatore sul Fatto dalla sua nascita, ha scritto venerdì una lettera delusa e spaesata rispetto alle posizioni assunte da alcuni autori del giornale vecchi e nuovi (Alessandro Orsini e Massimo Fini soprattutto) rispetto all’invasione dell’Ucraina, pubblicata sul Fatto stesso – accanto alle risposte polemiche del direttore Marco Travaglio e di Antonio Padellaro – e intitolata “Sulla guerra, la Nato e i nemici, non capisco più il nostro giornale”.
L’indomani, mentre il Fatto pubblicava una risposta del discusso collaboratore Alessandro Orsini, e un articolo di Gad Lerner dalla parte invece di Colombo, quest’ultimo faceva sapere che ” A due cari amici come Padellaro e Travaglio comunico che non continuerò la mia collaborazione al ‘Fatto quotidiano’ fino a quando ci sarà questa posizione sulla guerra in Ucraina, sul divieto, si presume costituzionale, di mandare armi all’Ucraina e sulla celebrazione di un personaggio di cui non ho stima, che è il professor Orsini”.

Anche domenica il giornale ha proseguito a dare spazio alla discussione, che è stata ulteriormente vivacizzata da una lettera della redazione che ha tra l’altro scritto di non condividere “le tesi per noi inaccettabili” espressa da Massimo Fini “sul comportamento dell’esercito tedesco in Italia”.


domenica 15 Maggio 2022

Le redazioni Eni

La disponibilità delle redazioni dei maggiori quotidiani nei confronti del maggiore inserzionista privato sui quotidiani suddetti, l’azienda multinazionale dell’energia Eni, si concretizza con grande frequenza, ma questa settimana ha avuto un esempio più vistoso del solito su Repubblica : che nello stesso giorno ha ospitato due pagine pubblicitarie del nuovo brand con cui Eni sta provando a comunicare una maggiore attenzione ai temi ambientali, insieme a due box redazionali (uno già a pagina 3) che è difficile immaginare siano riservati abitualmente ad altre aziende: il primo su un’onorificenza assegnata da un think tank americano – ignoto alla gran parte dei lettori – all’amministratore delegato di Eni, il secondo (con brand dell’azienda) sul dividendo che Eni offre allo stato italiano.
(il giorno prima sempre Repubblica ospitava di nuovo in prima pagina un articolo di Marco Minniti, presidente di una fondazione dell’azienda Leonardo, frequente inserzionista su Repubblica )


domenica 15 Maggio 2022

Slate prova a tornare Slate

È stato uno dei siti giornalistici più precoci, originali e innovativi della breve storia dell’informazione digitale, con un approccio brillante e contemporaneo alla scelta dei temi e alla loro confezione, e alle opinioni e analisi. Nacque nel 1996, poi fu prima di Microsoft e poi del Washington Post , prima di diventare una società autonoma. Da alcuni anni la grande concorrenza di altre testate più nuove, e l’adeguamento dell’offerta online di contenuti simili, lo ha reso meno originale e un po’ superato e in difficoltà sul modello di business, e ultimamente alcuni suoi giornalisti ed editor importanti hanno lasciato. Adesso Slate ha nominato una nuova direttrice, Hillary Frey, che era stata direttrice esecutiva dello HuffPost , prima della vendita Buzzfeed .


domenica 15 Maggio 2022

Google paga i giornali, un altro po’

Un articolo di Reuters di mercoledì aveva anticipato che Google starebbe sovvenzionando già 300 giornali dell’Unione Europea (soprattutto in Germania), che dovrebbero diventare ancora di più. Non si tratta del progetto Showcase , costruito da Google per dare un senso alla propria scelta di pagare diversi giornali e tacitare le loro richieste di interventi legislativi per costringere Google a regole universali sul pagamento dell’uso dei contenuti dei giornali sulle pagine di Google: ma di accordi ulteriori e diversi, che Google ha annunciato ufficialmente poco dopo.


domenica 15 Maggio 2022

I quotidiani a marzo (sempre peggio Repubblica)

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani a marzo. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui , da cui si vedono questo mese risultati peggiori rispetto al mese precedente praticamente per tutti, con l’eccezione del Sole 24 Ore e di Avvenire ; la diffusione, come segnala il titolo di Prima Comunicazione , mostra un tale calo di Repubblica che lo porta a essere per la prima volta il terzo quotidiano italiano, superato dal Sole 24 Ore (ma vediamo più avanti che a questo sorpasso contribuisce una grande quota di copie scontate o “pagate da terzi”); e si interrompe la successione di crescite per la Verità .

(trascuriamo le analisi sugli andamenti degli sportivi, che sono stati su un ottovolante in questi due anni, per via delle incertezze legate allo svolgimento delle competizioni)

Più chiaro e omogeneo è il quadro se si guarda il confronto con l’anno precedente, che ancora una volta mostra solo perdite – e grosse – per quasi tutti ma ancora un sensibile guadagno per il Corriere della Sera (sempre da commisurare alla gran quota di copie scontatissime) e ancora il notevole successo della Verità , che nel giro di un anno cresce del 31%.
A perdere di più e oltre il 10% sono ancora Repubblica , il Giornale e il Fatto (che da qualche mese sta “restituendo” la crescita ottenuta tra il 2020 e il 2021): ma anche il secondo quotidiano dell’editore GEDI, la Stampa , perde il 9%. Repubblica ha di nuovo il record negativo di copie della sua storia.

Come facciamo ogni mese, vale la pena considerare un altro dato più indicativo della generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi”, per avere un risultato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale. Ottenendo quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 189.164 (-2%)
Repubblica 116.228 (-21%)
Stampa 84.915 (-9%)

Resto del Carlino 64.976 (-11%)
Sole 24 Ore 61.957 (-18%)
Messaggero 52.486 (-9%)
Fatto 45.575 (-17%)
Nazione 42.700 (-13%)
Gazzettino 38.099 (-10%)
Verità 32.406 (+26%)
Giornale 32.100 (-19%)

Rispetto al mese passato perdono più di tutti Repubblica (ben 8mila copie), Messaggero (2.900) e Verità (1.900).
Altri giornali nazionali:
Libero 19.918 (-12%)
Avvenire 17.144 (-6%)
Manifesto 13.824 (-4%)
ItaliaOggi 8.226 (-26%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS)

Quanto invece alle altre copie comunicate dalle testate come “diffusione”, le cose notevoli – che spiegano le discrepanze tra i due conti – sono:
– Corriere Sole 24 Ore hanno una quota molto alta di copie digitali scontate oltre il 70% del prezzo: 48mila e 34mila, dietro di loro c’è Repubblica che ne ha 17mila e continua ad aumentarle.
– per il secondo mese Repubblica Fatto hanno dichiarato un calo anche delle copie digitali rispetto al precedente (che può essere anche un travaso di abbonati verso le offerte scontatissime, quelle a meno del 30% del prezzo).
– il Manifesto rimane ottavo per copie digitali (ne indica più del Giornale e della Gazzetta dello Sport ), pur essendo 39mo nel totale, e si avvicina al settimo posto del Messaggero .
– Avvenire comunica ben 65mila copie “multiple pagate da terzi”.
– anche il Sole 24 Ore ne indica una quota eccezionale, 26mila, di nuovo in aumento di 2mila rispetto a febbraio.
– delle 16mila copie dichiarate da ItaliaOggi , 5mila sono copie “promozionali e omaggio”, ma questo mese ne ha spostate ben 2mila verso le copie pagate.
– gli altri quotidiani che dichiarano più copie omaggio sono Avvenire Messaggero, Gazzettino .
– i giornali che conteggiano oltre 5mila copie “digitali abbinate agli abbonamenti cartacei” (ovvero duplicate nel conteggio totale) sono Corriere della Sera Sole 24 Ore, Stampa Avvenire .

Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 15 Maggio 2022

Il diritto all’oblio, una grande conversazione quotidiana

Le regolamentazioni e le sentenze introdotte – soprattutto nelle sedi dell’Unione Europea – a proposito del diritto delle persone di attenuare o cancellare da internet informazioni giornalistiche che le riguardano, entro determinate circostanze, hanno creato un fronte di occupazioni del tutto nuove, nei giornali e negli studi legali.
Le richieste in questo senso sono infatti molto frequenti, e nel caso dei giornali quasi quotidiane: ci sono studi legali che le seguono, e sono nate società che svolgono servizi in questo senso. Nelle aziende giornalistiche si sono investite risorse, tempo e competenze per dare risposta a queste richieste.

Le risposte sono complesse, perché le variabili intorno a cui viene discussa la legittimità delle richieste sono tante: quanto tempo è passato, che notorietà aveva e ha la persona coinvolta, quanto siano rilevanti la sua presenza e la citazione del suo nome nell’articolo discusso, che valore di servizio pubblico abbia tuttora la notizia. E poi ci sono tipicamente tre diverse richieste che vengono avanzate, in successivi subordini: la cancellazione dell’articolo, la rimozione del nome del cliente dall’articolo, la “deindicizzazione” dai motori di ricerca (ovvero l’introduzione di un breve codice che faccia sì che l’articolo non compaia su Google e sui motori di ricerca).
Poi, l’esperienza del Post sarebbe tentata di aggiungere qui una lunga trattazione sui toni bulli e minacciosi – quasi sempre dei bluff senza fondamento per intimidire interlocutori inesperti – di alcuni degli studi legali richiedenti, ma non ci sfogheremo in questa occasione.

Più in generale, per i giornali è anche una questione di valutare ogni volta – contemplando le variabili citate sopra – una scelta di equilibrio tra il diritto di cronaca e di documentazione storica, e i diritti o le spesso comprensibili esigenze delle persone protagoniste delle notizie.

(da Charlie, 2 maggio 2021)


domenica 15 Maggio 2022

Cosa fa l’Ordine dei giornalisti

Spiegare a cosa serva l’Ordine dei Giornalisti non è facile. In teoria dovrebbe garantire a tutti che ci siano un filtro e una formazione della qualità dell’informazione che riceviamo, per prima cosa, facendo sì che sia affidata prevalentemente a persone con competenza ed etica: ma questo obiettivo – già un po’ sfuggente nelle definizioni – è nella pratica perseguito con grande sbadatezza, e affidato solamente a un iniziale esame pigro e scolastico da superare dopo formazioni le più diverse (l’introduzione dei “crediti” nei percorsi professionali successivi ha creato più un’industria dei crediti che una vera qualità di aggiornamento e formazione). Insomma, la competenza e l’etica sono doti costruite più individualmente – che si sia giornalisti o no – che dalle strutture dell’Ordine. In più, in questi decenni in cui la produzione e diffusione di informazioni sono traboccate ovunque fuori dai tradizionali “mezzi di informazione”, la distinzione di affidabilità e responsabilità tra giornalisti e non giornalisti si è ulteriormente sfilacciata. L’Ordine dei Giornalisti è quindi oggi soprattutto un’associazione di tutela economica dei suoi iscritti, che hanno garantite condizioni contrattuali migliori (quando ottengono dei contratti): e molti giornalisti dicono semplificando che la quota annuale di cento euro serve solo a entrare gratis alle mostre e ai musei (in realtà, nei fatti, il tesserino da giornalista è tuttora un lasciapassare considerato in alcune situazioni ufficiali o emergenziali).

(da Charlie, 10 gennaio 2021)

Un articolo più completo, qui sul Post .


domenica 15 Maggio 2022

Cosa vuol dire “Op-Ed” e Cos’è un editoriale

Le pagine dei commenti di autori esterni al giornale sui quotidiani americani sono gergalmente note come “Op-Ed pages” (e “Op-Ed” i singoli articoli): un diffuso equivoco chiarito di recente anche in redazione al Post è quello per cui si immagina che la sigla stia per “Opinioni e Editoriali”. Invece no.
Lo spiega tra gli altri un vecchio articolo del New York Times :
“The inaugural Op-Ed page appeared on Sept. 21, 1970. It was named for its geography — opposite the editorial page — not because opinions would be expressed in its columns”.
Vuol dire “la pagina opposta a quella degli editoriali”.

(da Charlie, 15 novembre 2020)

“Editoriale” è un termine che viene usato piuttosto liberamente e spesso esteso a qualunque articolo di commento o opinione. Treccani invece spiega: “Articolo di fondo che viene stampato, talora senza firma, nelle prime colonne della prima pagina di un giornale (o nella prima pagina di una rivista) e rispecchia l’indirizzo politico del giornale stesso”. Quindi, a essere corretti e rigorosi sul significato, l’elemento peculiare dell’editoriale è che è scritto “a nome del giornale” e quindi è firmato dal direttore o da un responsabile importante, oppure non è firmato.
In molti quotidiani internazionali è più frequente – rispetto a quelli italiani – la tradizione di una sezione fissa di editoriali non firmati, all’interno delle pagine dei commenti e delle opinioni: che possono essere anche tre o quattro ogni giorno ed esprimere una posizione su diversi argomenti, a volte anche più leggeri. In Italia è un’idea che ha ripreso il Foglio alla sua nascita – quando declinò alcune delle impostazioni formali del Wall Street Journal – e che mantiene ancora oggi . Anche il Post pubblica editoriali non firmati, anche se molto saltuariamente (e con una scelta simile nella gran parte degli articoli).

Ma appunto per questa abitudine agli editoriali non firmati, si è fatto notare questa settimana negli Stati Uniti l’annuncio del maggiore quotidiano dell’Oklahoma – che si chiama The Oklahoman – per cui gli editoriali d’ora in poi saranno firmati. Le cose stanno cambiando, dice l’editoriale sugli editoriali, ed è meglio che i lettori sappiano sempre chi scrive: alla fine anche gli editoriali sono espressione di un autore (in particolare all’ Oklahoman li scrive quasi sempre una sola persona). La scelta segue un anno di frequenti polemiche sulla difficile distinzione tra le pagine dei commenti e le altre nei quotidiani americani: dove appunto sono spesso curate da due redazioni separate.

(da Charlie, 10 gennaio 2021)


domenica 15 Maggio 2022

Pagare una copia alla volta, o un articolo alla volta

La richiesta di poter leggere un articolo solo anche senza abbonarsi a un giornale ha anche rimesso in circolazione un’altra questione, su cui ci sono frequenti insistenze da parte di lettori e potenziali lettori: perché i maggiori giornali non rendono possibile l’acquisto online di una singola copia, o persino di un singolo articolo? Alcuni, come Libero, permettono l’acquisto di una copia chiedendo una registrazione. Che ci risulti, solo il Fatto e Domani lo consentono dalla app con immediatezza senza nessuna registrazione. Ai micropagamenti avevamo accennato qualche settimana fa spiegando le maggiori garanzie di continuità di ricavo offerte ai giornali dagli abbonamenti, e quindi la scelta di disincentivare altre forme di acquisto. Abbiamo chiesto ulteriori risposte e valutazioni a Valerio Bassan, esperto di modelli di business per l’informazione e autore della newsletter Ellissi .

I micropagamenti sembrano un’ottima idea, almeno in teoria. Permettono ai lettori di finanziare una testata senza impegnarsi troppo, di acquistare solo ciò che interessa davvero, offrono agli editori una strada di monetizzazione alternativa agli abbonamenti e alla pubblicità.
Eppure fino a oggi i micropagamenti non hanno mai attecchito. Perché? Ecco quattro aspetti, secondo me.

Per gli editori è molto più remunerativo un abbonato rispetto a chi acquista un singolo articolo. Il calcolo è presto fatto: per rimpiazzare un abbonamento da 90 euro all’anno servono 450 micropagamenti da 20 centesimi ciascuno, oppure 90 da 1 euro;

Se l’obiettivo dell’editore diventa generare 450 transazioni, allora dovrà moltiplicare gli investimenti di acquisizione dei singoli lettori paganti: questo potrebbe portare i giornali a perseguire dinamiche di acquisizione “mass market” simili a quelle della pubblicità. Ci manca solo un nuovo clickbait da micropagamenti;

Come conseguenza logica dei punti precedenti, il costo imposto al singolo micropagamento finirebbe per essere più elevato delle nostre aspettative. Spenderemmo 50 centesimi, o magari 60, per leggere un solo articolo (col rischio maggiore, peraltro, che quell’investimento non ci soddisfi);

Viviamo nell’era della subscription economy: acquistiamo in abbonamento non solo servizi, ma anche beni (dalle automobili alla verdura). Saremmo davvero disposti a spendere 1 euro per acquistare un singolo film su Netflix, piuttosto che 10 per fruire ogni mese di tutti i contenuti della piattaforma? Non sono sicuro che l’esperienza del micropagamento, per l’utente, sia quella migliore possibile.

(da Charlie, 25 ottobre 2020)


domenica 15 Maggio 2022

Tutti maschi

I direttori maschi dei trenta quotidiani più letti in Italia sono ventotto. I sette telegiornali delle maggiori reti televisive sono diretti da maschi. I cinque giornali online più seguiti hanno cinque direttori maschi (anche il Post).
Se si prendono in considerazione gli altri spazi di influenza – quelli dei commenti, delle opinioni, degli editoriali – la situazione migliora di poco: la prevalenza dei maschi tra gli editorialisti, tra le “firme” famose e assidue, nelle pagine dei commenti, supera stabilmente i tre quarti (6 su 65 in questa pagina di “Firme” del Corriere, una su sette blogger in homepage sul Post)
In anni di dibattiti sulla necessità di maggior diversità di genere negli ambiti più vari, e di maggior accesso a ruoli di rilievo e influenza da parte delle donne, un contesto che per definizione si immagina aggiornato ed evoluto come quello dei giornali non ha molti uguali nell’esclusione delle donne dai ruoli di maggior potere: e le donne ci sono eccome, nei giornali.
Due tra le spiegazioni possibili sono: una maggiore inclinazione delle redazioni giornalistiche a rigenerare se stesse e i propri gruppi dirigenti (se prendiamo i condirettori e vicedirettori operativi, la situazione si ripete e aggrava), proprio perchè luoghi “di cultura” più ancora che imprenditoriali, in cui affinità e clan prevalgono sulle capacità; e un’autoassoluzione che esenta i giornali dalla critica destinata dagli stessi giornali ad altri contesti troppo maschili (ma aggiungiamo anche lo spostamento verso destra e verso posizioni conservatrici del panorama dei giornali italiani). Ma forse c’è anche qualcosa di stabilmente “maschile” in come siamo abituati a pensare gli spazi dei commenti e delle opinioni.

Le due direttrici sono Agnese Pini alla Nazione e Nunzia Vallini al Giornale di Brescia , decimo e ventottesimo quotidiano per diffusione.

(da Charlie, 9 agosto 2020)


domenica 15 Maggio 2022

I famigerati tabloid britannici

Disegniamo una piccola mappa, ché noi li chiamiamo così ma sono testate anche molto diverse tra loro, pur condividendo oltre al piccolo formato una scelta di temi e storie mediamente più “larghe”, “popolari” e brevi: in alcuni casi traboccando soprattutto nello scandalistico, nel bellicoso, nel morboso e nel pettegolo, in altri conservando una quota di attenzioni a temi più seri.
I più importanti sono questi (escludendo la freepress Metro ) e hanno una diffusione di gran lunga superiore a quella dei quotidiani considerati più seri come il Times , il Guardian , il Daily Telegraph , il Financial Times .
Il Sun è il più grande e importante: ha mezzo secolo ed è pubblicato da News Corp, l’azienda multinazionale di proprietà del famigerato editore Rupert Murdoch (famigerato per potere e spregiudicatezza) e che possiede anche il Times e il Wall Street Journal , tra gli altri. Il Sun stesso è famigerato per l’aggressività dei modi che spesso sconfinano nel criminale e per produrre contenuti sensazionalistici e demagogici: ancora giovedì il New York Times ha rivelato che il Sun ha pagato un losco investigatore per ottenere informazioni personali e riservate su Meghan Markle. Le sue posizioni politiche sono state varie, con orientamenti spesso conservatori ma disposti a sostenere candidati labouristi.

Il Daily Mail è il suo concorrente (sono i due con una diffusione che supera il milione di lettori), con posizioni molto di destra ( qui c’è un grafico più ampio sulle posizioni politiche percepite dei giornali inglesi): appartiene alla famiglia che lo fondò più di un secolo fa ed è stato capace di costruire precocemente un enorme seguito anche su internet, grazie soprattutto ai formati del “ boxino morboso ” molto imitati anche in Italia, che lo rendono uno dei siti di news più letti del mondo. I suoi approcci sono ugualmente pessimi e la sua inaffidabilità banditesca è nota.

Il Daily Mirror si differenzia per essere sempre stato su posizioni più di sinistra nei 120 anni della sua storia. Nel suo curriculum recente c’è una famosa storia di intercettazioni telefoniche illegali sulle linee di personaggi famosi.
Il Daily Express è quello che ha posizioni più di destra, con grande sostegno al partito UKIP e a Brexit, e battaglie contro l’immigrazione. È nota la sua incessante attenzione per ogni evocazione di sospetto sulla storia e sulla morte di Diana Spencer, ancora oggi.
Il Daily Star è dedicato più esplicitamente alle celebrities, allo spettacolo e al gossip: è stato protagonista del peggio della copertura del caso di Madeleine McCann insieme all’ Express : entrambi sono stati denunciati dai genitori della bambina scomparsa e condannati a un risarcimento e a una prima pagina di scuse. Ha smesso di pubblicare ragazze in topless a pagina 3 nel 2019 (ci sono ancora ragazze, non in topless). Venerdì aveva una pagina sugli inglesi che non si deodorano le ascelle e varie foto di sederi femminili nei contesti più diversi. Star ed Express sono della stessa società che pubblica il Mirror .
L’ Evening Standard ha quasi due secoli ed è diventato una freepress nel 2009: è più specificamente londinese, più “presentabile” degli altri tabloid ed è di proprietà dell’imprenditore russo Alexander Lebedev, uno dei cosiddetti “oligarchi”, ex ufficiale del KGB.

(da Charlie, 21 marzo 2021)


domenica 15 Maggio 2022

Mappa dei maggiori quotidiani italiani

Quando qui diciamo “giornali” è per definire tutto il complesso dei mezzi di informazione, senza dover usare un’espressione così grigia e artificiosa come “mezzi di informazione”: ma parliamo di quotidiani e di periodici, di programmi di informazione in radio e in tv, di siti di news, e in generale di luoghi in cui si pratichi del giornalismo . In Italia, ad avere maggior potere nell’orientare l’informazione delle persone è tuttora la televisione in termini quantitativi, mentre sono i quotidiani in termini di rilevanza e ricadute sugli altri mezzi di cui dettano spesso l’agenda (dei programmi di radio e tv, per esempio).

Questo ci porta a una breve utile mappa dei maggiori quotidiani nazionali italiani, stando ai numeri della loro diffusione, utile a orientarsi e a valutare di cosa parliamo quando parliamo di quotidiani.
Ci sono quattro quotidiani cosiddetti “seri” (soprassediamo ora sulla qualità discontinua di questa serietà se confrontata con altri paesi paragonabili e con un’idea classica di rigore giornalistico): Corriere della Sera Repubblica , i due quotidiani maggiori in competizione tra loro da quarant’anni; la Stampa , terzo incomodo con le peculiarità di essere molto più radicato sulla sua regione degli altri due, e di essere entrato da pochi anni nello stesso gruppo editoriale di Repubblica ; il Sole 24 Ore , in una sua partita autonoma definita dall’orientamento editoriale dedicato soprattutto ai temi economici, finanziari e normativi (provò dieci anni fa a mettersi più in competizione sui temi degli altri tre, con la direzione di Gianni Riotta, ma rientrò nei suoi ranghi rapidamente).

Poi c’è un secondo gruppo di quotidiani che invece si somigliano per un approccio più sfacciatamente fazioso, partigiano, aggressivo nel promuovere i propri contenuti e nel mobilitare i lettori contro diversi tipi di “nemici”: sono i tre nati dalla stessa costola – Giornale Libero Verità – e il Fatto (nella stessa categoria sta anche il Tempo di Roma, ma accantoniamolo in quanto locale, per quanto di località capitale).
Tra i quotidiani più letti c’è anche Avvenire , quotidiano cattolico con un suo posizionamento particolare, e c’è il Messaggero , per cui vale il discorso “locale” del Tempo .

Gli altri quotidiani più letti – sportivi a parte – sono quasi tutti locali , a cominciare dai tre del gruppo Riffeser: Nazione Carlino , e Giorno . Restano da citare, malgrado i loro numeri molto più piccoli, il Foglio – per una rilevanza negli ambiti della politica, dell’informazione e delle “classi dirigenti” che ha echi maggiori della sua diffusione – il Manifesto , per tradizione e presenza nella storia politica e dell’informazione anche se oggi minime, e ItaliaOggi , quotidiano di finanza e business, che insieme a questi ultimi, a Libero e ad Avvenire beneficia di cospicui finanziamenti pubblici.

da Charlie, 30 agosto 2020)
L’aggiornamento rilevante è quello della nascita a settembre 2020 del quotidiano Domani, creato da Carlo De Benedetti – ex editore del gruppo Espresso e di Repubblica – in antagonismo con la nuova proprietà della sua ex azienda: Domani non comunica i dati della sua diffusione, come il Foglio, ma appartiene all’ultimo gruppo citato.


domenica 15 Maggio 2022

Storia telegrafica dei problemi economici dei giornali

I giornali hanno prosperato per qualche secolo guadagnando con le vendite delle copie di carta e con i ricavi della pubblicità.

Poi internet ha contratto enormemente la prima fonte di ricavo, offrendo gratis articoli e notizie a chi prima li pagava.

Allora i giornali hanno immaginato che internet potesse offrire un’occasione di nuovi e maggiori ricavi pubblicitari: la seconda fonte di ricavo. E hanno lavorato per aumentare il più possibile le visite sui loro siti, perché la pubblicità online conta i numeri e poco il resto.

Ma circa 7/8 anni fa si è capito che la pubblicità online sarebbe diventata un ricavo sempre minore, invece che crescente e promettente. Per diverse ragioni ma soprattutto per il duopolio di Google e Facebook che ne ha ridotto il valore e i ricavi per singola inserzione.

Quindi in tutto il mondo si è andati a recuperare l’altra fonte di ricavo che era stata data per persa: i lettori.

Nel frattempo era in corso una piccola inversione di tendenza nella disponibilità di una nicchia di lettori a pagare di nuovo per l’informazione: spinta anche da due grossi eventi mondiali che avevano mostrato i rischi dell’idea che l’informazione gratis e online fosse tutta buona e uguale, e non ci fossero problemi di qualità. Brexit e l’elezione di Trump.

Quindi da circa quattro anni a questa parte tutti i giornali del mondo – disperando di poter invertire il declino economico dei prodotti di carta – hanno creato sistemi e modi diversi di farsi pagare dai lettori online: “abbonamenti”, con funzionamenti vari.

Oggi quindi i ricavi della quasi totalità dei giornali sono così distribuiti: una quota ancora importante di vendite della carta, in calo precipitoso e apparentemente inesorabile; una quota ancora importante di ricavi pubblicitari, stabili o in declino per la maggior parte delle testate, sia online che su carta; una quota crescente ma sempre minoritaria di abbonamenti online (altri sistemi di ricavo minori sono sfruttati da alcune testate, ma nessuno è abbastanza universale).

L’ultima voce è in questo momento la sola promettente ed è quella a cui i giornali si stanno dedicando di più – vediamo tutti che ormai pochissimi giornali offrono gratis tutti i loro articoli – ma intanto soprattutto i più grandi e i più in difficoltà non possono trascurare di limitare anche il più possibile il declino dei ricavi pubblicitari.

Da queste due necessità nasce una contraddizione rilevante e interessante, perché i meccanismi che le alimentano sono opposti: maggiori visite e clic, e quindi maggiori ricavi pubblicitari, sono ottenuti con scelte completamente diverse da quelle che alimentano un rapporto di fiducia e apprezzamento dei lettori, necessario a incentivare abbonamenti e sostegni.

(Poi ci sono ovviamente complessità e articolazioni maggiori, ma l’abbiamo fatta telegrafica).

(da Charlie, 30 agosto 2020)


domenica 15 Maggio 2022

Premessa dopo il prologo

Questa newsletter cerca ormai da due anni di condividere notizie e spiegazioni su cosa succede “dietro” le pagine su cui ci informiamo e ci facciamo un’idea delle cose, perché questa informazione sia più completa e tenga conto di molti fattori importanti che ne determinano le scelte e le prospettive. Non è per “addetti ai lavori” (per quanto siamo lusingati che molti “addetti ai lavori” vi si siano iscritti, e le affidino informazioni) e quindi cerca il più possibile di mettere le cose in un contesto, non dare per scontati precedenti, storie, che è utile sapere e capire. L’effetto collaterale è che per alcuni lettori più assidui alcune cose possono suonare ripetitive, o a volte distrarre con la loro lunghezza dalle notizie maggiori: ma per la maggior parte delle persone è utile che quegli elementi siano esposti e ricordati. E considerato che il numero degli iscritti a Charlie è cresciuto molto e continua a crescere, dedicheremo gran parte della newsletter di oggi a riprodurre alcuni suoi testi “di contesto” o di informazione generale che pubblicammo nei suoi primi mesi, tuttora utili.


domenica 15 Maggio 2022

Inchieste infruttuose

C’è un altro aspetto del giornalismo d’inchiesta italiano che si nota, oltre a quelli di cui già parlammo : ed è che alcune testate praticano un investimento ricco ma disordinato e volatile sulle inchieste accusatorie di malversazioni, cattivi comportamenti, inefficienze, gravi responsabilità, tale da renderle un rumore di fondo indistinto e senza nessuna conseguenza di servizio utile alla comunità. Una vecchia ma fondata retorica di redazione sosteneva che un buon giornale debba insistere quotidianamente sulle inchieste in cui crede e aggiornare i lettori fino a conquistare la loro attenzione e il loro interesse, o fino a provocare dei risultati o degli sviluppi utili a correggere ciò che rivela. L’impressione invece è che su alcuni quotidiani ci sia una ricerca quotidiana di nuovi temi e oggetti di scandalo, che spesso dura un giorno o una settimana, e poi scompare non avendo ottenuto allargamenti o conferme delle sue accuse: col risultato di fare perdere rilievo e credibilità a quel formato giornalistico, che lungi dal far cadere i presidenti come nel più famoso caso globale di sempre, si risolve quasi sempre in un generico incentivo all’indignazione e – con rare e preziose eccezioni – non produce nessun risultato. In tempi di orizzonti brevi e difficoltà economiche, concorre a questa scelta l’abitudine a cercare di conquistare l’attenzione istantanea dei lettori piuttosto che la loro fiducia ponderata e solida, ed è un’altra occasione in cui potrebbe essere invece fatto proficuamente il contrario.

Fine di questo prologo.


domenica 8 Maggio 2022

Correzione

Per una sciocca confusione, una settimana fa abbiamo indicato nel testo dedicato a Bernardo Valli che avesse lasciato non solo la sua collaborazione con Repubblica ma anche la rubrica sull’ Espresso , che invece mantiene con frequenza bisettimanale. Ci scusiamo con Valli e con l’ Espresso (e con tutti).


domenica 8 Maggio 2022

Parlarne di persona

La rassegna del Post “I giornali spiegati bene”, insieme ad altri appuntamenti che coinvolgono attualità e giornalisti, si terrà questo sabato a Peccioli, in Toscana, nel corso del festival di cui il Post è partner.


domenica 8 Maggio 2022

I conti del Post

Il Post ha pubblicato la sua annuale sintesi dei propri conti dell’anno passato, con soddisfazione e gratitudine.

“Ci eravamo lasciati un anno fa con “una crescita dei ricavi del 52% rispetto al 2019, che ha permesso di portare il Post in attivo di 400mila euro a fine 2020”. Nel 2021 questi ricavi sono cresciuti nuovamente del 76%, permettendo di chiudere i bilanci dell’anno con un attivo di 659mila euro. Le voci di ricavo hanno avuto la loro variazione maggiore grazie alla crescita degli abbonamenti (+121%), il cui valore percentuale sul totale è passato dal 41% al 52%: i ricavi pubblicitari sono diventati la seconda voce delle entrate, sempre molto rilevante e preziosa grazie al lavoro della concessionaria System24, e sono rimasti in valori assoluti gli stessi del 2020, costituendo ora il 33% dei ricavi totali. Del restante 15% di ricavi, i maggiori sono il 4% derivato dalla vendita dei due numeri della rivista Cose spiegate bene , il 4% dalle lezioni online, il 3% dalle affiliazioni con i siti di e-commerce generate dalla sezione Consumismi “.


domenica 8 Maggio 2022

Giornalismo e diagnosi

Il direttore del Post ha ricordato sul suo blog, con un esempio di alcuni anni fa, le cautele che sono necessarie quando si leggono sui giornali – o si ascoltano in radio e tv – commenti di esperti medici o psicologi a proposito di specifici casi di cronaca.

“I l format giornalistico per cui si chiama a casa l’esperto psichiatra, psicologo, sociologo, medico, e gli si chiede un’analisi di fatti e persone su cui non ha nessuna informazione in più di noi (e spesso ne ha meno di noi, e gli vengono riferite dal giornale) è particolarmente deprimente e imbarazzante”.


domenica 8 Maggio 2022

Sul pagamento dei giornalisti freelance

Ne abbiamo scritto in altre occasioni , perché quanto vengano pagati i giornalisti per il loro lavoro (misure molto diverse a seconda di vari fattori) è un dato piuttosto ignoto ai lettori, e in alcuni casi molto discusso tra i giornalisti stessi. Adesso un gruppo di loro ha creato un sito per raccogliere testimonianze sulle esperienze con le varie testate: i dati raccolti sono anonimi e molto limitati nei dettagli, e quindi aiutano solo a farsi un’idea parziale e generica di occasioni che possono essere molto diverse tra loro, ma è un’idea.


domenica 8 Maggio 2022

Eccellenze

L’esempio di questa settimana delle confusioni nei quotidiani tra contenuti redazionali e pubblicitari viene dal Corriere della Sera , dove sabato è comparsa una pubblicità della “Fondazione Guido Carli” – frequente inserzionista sul giornale – relativa a un suo evento, a poche pagine di distanza da un articolo dedicato all’evento stesso. A complicare i conflitti, un giurato dell’evento stesso è il proprietario del Corriere della Sera , citato nella pubblicità e ritratto in una foto dell’articolo.


domenica 8 Maggio 2022

La vendita dell’Espresso

Ci sono novità sulla vendita del settimanale L’Espresso dall’editore GEDI al gruppo Bfc Media: vendita annunciata qualche settimana fa ma non ancora conclusa. Le ha comunicate la nuova proprietà con un comunicato .

” Il closing dell’operazione è previsto per il 31 maggio 2022, all’avveramento di alcune condizioni sospensive relative all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni di legge ed al completamento della procedura di comunicazione sindacale.

I rami d’azienda vengono acquisiti senza debiti, né crediti. Il controvalore dell’operazione ammonta a massimi 4,5 milioni di Euro, totalmente finanziati attraverso disponibilità liquide di BFC Media, che verranno corrisposti in due soluzioni: la prima da 2,5 milioni al momento del closing e la seconda entro il 31 dicembre 2022. L’esborso finale potrà subire delle diminuzioni per effetto dei risconti relativi alla vendita di abbonamenti già incassati, ma che produrranno i loro effetti nei prossimi mesi e che il gruppo GEDI trasferirà in capo all’acquirente. Nel 2021, il settimanale L’Espresso ha prodotto circa 10 milioni di ricavi, con un Ebitda margin allineato a quello delle testate edite da BFC Media”.


domenica 8 Maggio 2022

Dubbi

Il sito Professione Reporter ha raccontato di una serie di domande sul Corriere della Sera fatte durante un’assemblea dei soci dell’editore RCS ai rappresentanti del Consiglio d’amministrazione. Molte riguardavano lo sfuggente rapporto tra redazione e concessionaria pubblicitaria (spesso commentato negli ultimi anni), e una in particolare ha ottenuto una risposta non convincentissima, per chi segue e conosce alcuni “format” promozionali ospitati abitualmente dal giornale.

“Rcs offre a pagamento esclusivamente gli spazi pubblicitari distinti e distinguibili dagli spazi editoriali. Nel caso dei publiredazionali o dei cosiddetti branded content la dicitura ‘avviso a pagamento’ o ‘contenuto sponsorizzato’ è sempre posta in evidenza affinché non vi possano essere dubbi al riguardo”.


domenica 8 Maggio 2022

Le fonti sbagliate e quelle giuste

Un articolo sul sito Linkiesta firmato dalla scrittrice Guia Soncini – una delle sue rubriche quotidiane sul sito – ha riassunto l’indagine che l’autrice aveva fatto per ricostruire quale fosse la fonte di una notizia assai trattata la settimana precedente da molti giornali e siti italiani che riguardava gli attori Ben Affleck e Jennifer Lopez, e che però non aveva avuto nessuna copertura nel loro paese, gli Stati Uniti. La conclusione è stata che la notizia era sbagliata (una vecchia voce, già pubblicata anni fa), e la sua provenienza molto inaffidabile. Una buona risposta a chi spesso chiede “come faccio a capire se una notizia è falsa?”: se non la pubblicano quelli che per primi dovrebbero, questo è un buon indizio di dubbio.

“Era un’esclusiva italiana? Qualcuno citava come fonte Esquire, che nell’edizione anglofona è uno dei giornali più belli del mondo e non poteva essere vero. E infatti l’articolo era, una settimana prima, sul sito di Esquire spagnolo, che a sua volta rimandava a Cosmopolitan spagnolo, che quanto a fonti fantasticava di «muchos medios americanos». I giornali americani immaginari.
Poiché gli spagnoli saranno pure più cialtroni di noi, ma Esquire scriveva questa puttanata una settimana prima, Cosmopolitan pure, persino Marca (un giornale di calcio) si era inventato la clausola prematrimoniale una settimana prima, mi sono andata a leggere tutti i siti italiani che avevano ripreso la scemenza del giorno, alla ricerca della risposta a «perché oggi».
E a un certo punto sono arrivata a commenti memorabili punto it, che non so bene cosa sia, un sito di meme, una di quelle cose moderne, un posto in cui le puttanate sarebbero fisiologiche.
E invece loro, al terzo paragrafo, scrivono: «La notizia continua a diffondersi a macchia d’olio attraverso tutti i social media […]. In realtà si tratta di una clausola che J. Lo e Ben Affleck avrebbero concordato nel 2002, quando si fidanzarono per la prima volta»”.


domenica 8 Maggio 2022

Non vediamoci per un po’, ci farà bene

In mezzo alle ipotesi di una riduzione delle proprie risorse e opportunità di informazione, la rete televisiva pubblica britannica BBC ha commissionato un esperimento per valutare la percezione del suo valore da parte del suo pubblico. I soggetti dell’esperimento sono state 80 famiglie e 200 persone che non hanno avuto nessun accesso a nessun contenuto di BBC per nove giorni: secondo i suoi risultati (l’esperimento è stato condotto da un ente di ricerca, e commissionato da BBC, ricordiamo) il 70% delle 60 famiglie coinvolte che avevano detto inizialmente di poter fare a meno di BBC e di non voler pagare il canone relativo, o pagarne uno minore, avrebbe cambiato idea dopo i nove giorni di “astinenza”.
Una ricerca simile aveva dato analoghi risultati nel 2014.


domenica 8 Maggio 2022

That’s entertainment

Il Foglio ha pubblicato una celebrazione del magazine Entertainment Weekly scritta dalla lettrice/fan Mariarosa Mancuso (che sul Foglio si occupa da sempre soprattutto di cinema e di serie): Entertainment Weekly ha appena cessato la sua pubblicazione su carta.

” Finire di leggere Entertainment Weekly prima che uscisse il numero successivo era un’impresa. Anche saltando (confessiamo) la sezione musica e la sezione videogiochi. In cambio, il lettore ricavava tutto quel che doveva sapere per organizzarsi un divertente fine settimana (americano). Non solo il cinema, che quando il settimanale debuttò stava meglio di adesso. Anche la televisione, con le serie e i reality show, gli spettacoli di Broadway, e pure i libri: una sezione piccola ma super affidabile nelle sue scelte.

Rispetto a Variety, a Hollywood Reporter, o al più recente Deadline, EW era una guida per gli spettatori. Non una rivista specializzata per gli addetti ai lavori (quelle che ai festival recensiscono ogni cosa, così i distributori sanno come spendere i loro soldi). Il primo numero del settimanale uscì a febbraio del 1990, ad aprile di quest’anno una lacrimuccia ha salutato l’ultimo fascicolo. Resta l’edizione online, ma non è la stessa cosa. Non lo era neanche il passaggio da settimanale a mensile deciso nell’estate del 2019, senza cambiare la testata. Ultimo tentativo per non scomparire dal mercato delle riviste cartacee”.


domenica 8 Maggio 2022

Al Mattino se ne va il direttore

Il Mattino è lo storico quotidiano di Napoli: ha appena festeggiato i suoi 130 anni e dal 1996 appartiene al gruppo Caltagirone, assieme al Messaggero di Roma e al Gazzettino di Venezia (e al quotidiano “freepress” Leggo e altre testate locali). Nel mese di febbraio (ultimi dati disponibili) aveva dichiarato circa 24mila copie di diffusione, con un calo di 2mila rispetto a un anno prima. Il suo direttore è Federico Monga, che nel 2018 aveva preso il posto di Alessandro Barbano (licenziato in modi molto discussi allora), lasciando la Stampa : questa settimana è stata data notizia del suo ritorno alla Stampa come vicedirettore; per ora l’editore non ha comunicato scelte sul prossimo direttore o direttrice del Mattino.


domenica 8 Maggio 2022

La fine di Telejato

Dall’ articolo del Post :

” Dopo 33 anni ha chiuso Telejato , emittente televisiva siciliana molto nota per i suoi servizi giornalistici di denuncia contro la mafia e l’illegalità nella regione. Lo ha annunciato il 5 maggio Pino Maniaci, editore della tv e direttore del telegiornale, che di fatto era il programma principale di Telejato.

Telejato non è stata ammessa nella graduatoria delle emittenti locali che possono trasmettere con i nuovi standard DVB-T2 (il cosiddetto digitale terrestre di seconda generazione). Maniaci ha spiegato che, per continuare ad avere una frequenza in Sicilia, Telejato avrebbe dovuto pagare 40mila euro, soldi che non ha.
«Non c’è riuscita la mafia coi suoi attentati a farci chiudere, non ci sono riusciti pezzi del tribunale di Palermo e ci riesce lo stato. Le nostre frequenze sono state vendute al 5G», ha detto Maniaci, aggiungendo che al momento Telejato continuerà a trasmettere in streaming sul sito Telejato.it e sui canali social. Maniaci ha anche detto di essere riuscito a ottenere alcuni spazi nei telegiornali dell’emittente locale TVM. «Ho promesso alla responsabile della televisione di fare un telegiornale più soft per evitare di allungare la sfilza di oltre 380 querele che mi sono preso in questi anni»”.


domenica 8 Maggio 2022

Le cose cambiano

Da quando raccontammo la prima volta delle incertezze e cautele delle grandi testate internazionali nel dare indirizzi di comportamento sui social network ai propri giornalisti sono già cambiate un po’ di cose: le pretese di libertà e autonomia hanno perso un po’ di forza a fronte di incidenti sempre più frequenti, l’intervento del New York Times ha creato un precedente importante (come avviene spesso col New York Times ), e l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk ha generato ulteriori preoccupazioni. Quindi adesso è il Guardian , grande quotidiano britannico e ormai grandissimo protagonista dell’informazione digitale mondiale, ad aver dato indicazioni ai propri giornalisti: lo racconta un articolo del sito americano NiemanLab , uno dei più seri tra quelli che si occupano di innovazione nell’informazione. La prima cosa chiarita è che “Guardian News Media (GNM) non vi chiede di avere alcuna presenza sui social media”, che è già una differenza rispetto a richieste di alcuni anni fa che i giornalisti si facessero promotori coi propri account dei contenuti delle loro testate. E, tra le molte altre indicazioni, non è banale nemmeno quella che dice: “Ricordatevi che come giornalisti il vostro lavoro è dare le notizie per GNM, non sui social media. Twittate delle breaking news solo se il vostro editor (il caporedattore o il riferimento editoriale in redazione, ndr) è d’accordo”.
E persino: “Consigliamo fortemente ai dipendenti di cancellare vecchi tweet e altri post sui social. Raccomandiamo di usare il servizio Tweetdelete per farlo. Il suo costo è a carico dell’azienda”.


domenica 8 Maggio 2022

Lo scoop di Politico sulla Corte Suprema e l’aborto

La notizia più grossa nella politica e nella vita statunitense questa settimana è stata la rivelazione che la Corte Suprema starebbe già lavorando concretamente sulla riduzione del diritto all’aborto delle donne americane. La prospettiva era nota da tempo, ma a renderla reale è stato un vero scoop del sito Politico , che ha avuto accesso a un documento interno della Corte, nel più classico dei “leak” che hanno fatto spesso la storia dell’informazione e della politica americane. Tanto che molte attenzioni sono state dedicate ( anche dal Post allo scoop stesso, e qualcuno ha anche criticato che queste attenzioni sottraessero rilevanza alla gravità del merito della questione.


domenica 8 Maggio 2022

La stanchezza delle homepage

È una storia interessante e poco raccontata: quella che dovrebbe essere la principale e attraente “vetrina” di un giornale online – la sua homepage, l’equivalente della prima pagina cartacea – è diventata ormai da tempo sia una priorità relativa che una complicazione. Da una parte il traffico sui contenuti dei giornali online arriva in grandi misure da percorsi indipendenti dalla homepage, che la ignorano: condivisioni sui social network, ricerche su Google, link da altri siti e piattaforme. Dall’altra la prevalenza della consultazione su apparecchi mobili (che ormai supera stabilmente il 70% o persino l’80% del traffico a seconda delle testate) ha ridotto molto le variazioni e gli esperimenti possibili, da che la homepage su mobile è costretta dalla sua dimensione a essere poco più di una “timeline” o di una lista. Per molti giornali, poi, la gran mole di contenuti prodotta non è comunque ospitabile nello spazio della homepage, mobile o desktop che sia: il risultato è che molti degli articoli faticano a raggiungere i lettori attraverso la homepage, e quelli che ci riescono partecipano a un disordine visivo che è il frutto del tentativo di gremire la homepage dare visibilità a più link e titoli possibile.
Questi fattori paralizzanti hanno ridotto molto la creatività sulle homepage da diversi anni. Quello che alcune delle testate con maggior attitudine alla sperimentazione stanno facendo, racconta un articolo del sito Digiday, è provare a “personalizzare” di più le homepage stesse, dando priorità diverse ai contenuti mostrati in base alle storie di navigazione dei diversi lettori o alla loro localizzazione, in modo da selezionare quelli più efficaci di volta in volta: tentativo per cui è ulteriormente prezioso che i lettori siano registrati e loggati. È un progetto complesso e su cui andranno raffinati i criteri, ma potrebbe aiutare ad attenuare la “stanchezza” delle homepage.

Fine di questo prologo.


domenica 1 Maggio 2022

Le droghe, in sostanza

Mercoledì 11 maggio sarà nelle librerie il nuovo numero della rivista del PostCose spiegate bene , dedicato alle “droghe” (le virgolette sono abbondantemente spiegate). La rivista e i suoi risultati hanno rappresentato nel 2021 una voce importante nei ricavi accessori del Post (quelli non rappresentati da abbonamenti o pubblicità), con quasi il 5% del totale dei ricavi.
Gli abbonati al Post possono come sempre già ordinare Cose e riceverlo gratuitamente a casa.


domenica 1 Maggio 2022

E il Corriere gridava gelati

Questa settimana è il sito Senza bavaglio ad avere pubblicato la segnalazione di una delle quotidiane sovrapposizioni tra contenuti redazionali e pubblicità all’interno dei quotidiani maggiori, che in particolare sul Corriere della Sera hanno già generato inascoltate proteste interne nei mesi scorsi. In questo caso si tratta di una società che produce gelatiere, promossa con un articolo e con una pagina pubblicitaria a poca distanza.


domenica 1 Maggio 2022

Le ragioni di Valli

Giulio Gambino, direttore del settimanale TPI che ha iniziato le pubblicazioni pochi mesi fa, ha intervistato l’ex inviato di Repubblica Bernardo Valli, all’interno di un numero dedicato ai problemi dell’informazione tradizionale e cartacea . Valli è stato uno dei più importanti e ammirati giornalisti italiani tra quelli che si sono occupati di esteri e di guerre, ha 92 anni , e ha lasciato due anni fa Repubblica mantenendo la sua rubrica bisettimanale sull’Espresso. Nell’intervista ha confermato le ragioni della sua scelta, così come erano state raccontate allora: «Mi chiesero di cambiare il lead di un articolo sulla politica di Israele, io dissi che non cambiavo assolutamente nulla, e quindi il direttore mise l’articolo nelle pagine interne. Era una “punizione”, visto com’è avvenuta. Siccome non mi è stata data alcuna spiegazione di questo, ho salutato e me ne sono andato. Basta».


domenica 1 Maggio 2022

Freelance di ritorno

Il Foglio ha pubblicato martedì un articolo di Dario Di Vico, ex vicedirettore del Corriere della Sera, grande esperto di temi del lavoro e di economia, 69 anni, da poco in pensione: indicandolo come l’inizio di una sua collaborazione col Foglio. Di Vico ha mantenuto un contratto di collaborazione col Corriere della Sera (cura per esempio una rubrica settimanale sul magazine ), e di fatto lavora come freelance: il suo caso è interessante, perché rivela le opportunità molto attuali di un mercato dell’informazione che si è allargato pur avendo ridotto le sue risorse economiche, ed è quindi interessato a usare professionalità e competenze laddove il loro costo – come nel caso dei pensionati – può essere più contenuto.


domenica 1 Maggio 2022

Etica e affitti da pagare

Il Post ha riassunto una storia che è stata dibattuta nel giornalismo di moda americano il mese scorso, per quello che racconta del terreno scivoloso – divenuto ancora più scivoloso – in cui lavorano i giornalisti di moda che diventano anche influencer online, o almeno promotori di prodotti e brand. Cercando di capire anche come sono le cose in Italia.


domenica 1 Maggio 2022

C’è sempre l’insegnamento

Il quotidiano Repubblica ha annunciato oggi un progetto di corsi e lezioni presentato venerdì a Roma, e chiamato “Italian Tech Academy”: “tre master che partiranno a settembre per acquisire competenze utili a trovare lavoro”. Il progetto è diretto da Riccardo Luna, responsabile degli “hub” di tecnologia e ambiente del gruppo GEDI (ovvero delle sezioni tematiche congiunte di Repubblica Stampa ).
La “formazione” è diventata sempre di più un fronte accessorio di ricavi promettenti per le aziende editoriali, su cui si stanno cimentando in molti: il quotidiano rivale di Repubblica, il Corriere della Sera, è già molto più avanti con un’intensa batteria di corsi e master promossi sul giornale, ed entrambi si stanno muovendo sulla promessa ai giovani iscritti di costruire opportunità di lavoro, a partire sia dalla formazione stessa che dalla collaborazione con una serie di aziende partner dei rispettivi progetti.


domenica 1 Maggio 2022

Col giallo

Il nuovo progetto di news americano Semafor , di cui si era parlato negli scorsi mesi per autorevolezza e fama dei due giornalisti che lo hanno fondato – Ben Smith e Justin Smith, non parenti – è andato online con un primo segnaposto e l’invito a fornire il proprio indirizzo mail per chi voglia riceverne tempestivi aggiornamenti. La vera e propria nascita del giornale è prevista per autunno, maggiori informazioni erano attese a una festa indetta da Justin Smith a casa sua a Washington la notte passata, dopo la leggendaria cena annuale dei giornalisti della Casa Bianca.
(A proposito della quale un articolo su Politico racconta il declino di attrattiva del ruolo di corrispondente dalla Casa Bianca, che è sempre stato un passaggio di carriera illustre e ricercato, malgrado dal punto di vista dell’iniziativa giornalistica e del reporting offra molto meno di altri impieghi)


domenica 1 Maggio 2022

Un po’ tutti contro tutti

Al Corriere della Sera è in corso un guaio interno – ma con estese partecipazioni anche da parte dei lettori che ne hanno seguito e in parte generato gli sviluppi – nato da un articolo di Roberto Saviano pubblicato sul magazine (supplemento del Corriere ) la settimana prima di questa. L’ articolo proponeva la legalizzazione del sex work , e ha ricevuto critiche e proteste da lettori e lettrici a partire da posizioni anche molto diverse tra loro, ma tra le più numerose sono state quelle di persone e movimenti femministi. Lo sviluppo maldestro è stato che una giornalista del Corriere della Sera – Monica Sargentini, al giornale da diciotto anni, altre volte critica sulle scelte recenti – ha a quanto pare condiviso il testo di una mail di protesta, divenendo così agli occhi della direzione complice o addirittura ispiratrice della protesta stessa: ed è stata sospesa per tre giorni con una lettera di richiamo. Sargentini aveva nel frattempo coinvolto un avvocato, e tutta la storia ha avuto estesa pubblicità su molti siti di news, generando ulteriori proteste (e il compiacimento di alcuni altri quotidiani) anche dall’associazione della stampa romana. Il direttore del Corriere ha risposto alla redazione che “i termini della questione sono profondamente diversi da ciò che, come scrivete, ‘è diventato di dominio pubblico’”. Il sito Professione Reporter ha un racconto più lungo.


domenica 1 Maggio 2022

La protezione dei giornalisti al New York Times

Un articolo nella sezione “Insider” del New York Times – che si occupa di spiegare funzionamenti e scelte del giornale ai lettori, seppur sempre in toni molto autopromozionali – ha descritto l’esistenza di un ufficio che segue la sicurezza dei giornalisti e dei collaboratori del giornale all’estero, e si dedica a farli allontanare dai paesi in cui si trovano quando sono in condizioni di particolare pericolo.
Queste, dice l’articolo, si possono distinguere in tre categorie diverse: quando un giornalista riceve delle minacce personali, quando i conflitti o le violenze in un paese diventano la norma (come in Afghanistan l’estate scorsa, o alcune aree dell’Ucraina in queste settimane), o quando un giornalista si stia dedicando a un’investigazione che lo mette a rischio di ritorsioni da parte di poteri o forze locali minacciose.
Nel caso dell’Afghanistan l’estate scorsa, l’articolo dice che oltre duecento persone sono state aiutate a lasciare il paese e trovare sistemazioni altrove, mentre operazioni simili sono state compiute anche con i dipendenti dell’ufficio moscovita messi a rischio dalle severe leggi censorie russe sulla stampa.