Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 15 Settembre 2024

Troppo presto, troppo tardi

Le difficoltà dei quotidiani a riportare le notizie che avvengono la notte ci sono sempre state, ed è normale che per esempio il dibattito presidenziale statunitense – la maggiore notizia di mercoledì mattina – non fosse sui giornali di quella mattina. Ma da quando quasi tutte le testate “chiudono” più presto la sera per ragioni di costi, il rischio di non uscire aggiornate cresce: a volte viene affrontato ignorando per prudenza una notizia ancora incerta, altre volte dandola invece per prevedibilmente sicura. C’è una lunga storia di incidenti conseguenti, per esempio rispetto alle cronache di spettacoli o concerti andate in stampa prima che quegli eventi finissero con degli imprevisti, ma questa settimana il quotidiano Domani – che chiude molto presto la sera – è uscito raccontando un evento che non era accaduto: la presenza in un programma televisivo di un’ospite che aveva poi deciso di non partecipare all’ultimo momento. Gli altri quotidiani sono riusciti ad aggiornarsi, persino il Foglio – l’altro quotidiano nazionale che chiude molto presto – con qualche ritocco acrobatico all’articolo già in pagina dedicato al programma.


domenica 15 Settembre 2024

“Da collezione”

Il condirettore del Fatto, Peter Gomez, ha annunciato sul giornale che la rivista mensile Millennium di cui è responsabile cambierà frequenza, prezzo e distribuzione, in un ripensamento generale delle sue prospettive e della sua “ragione d’acquisto”.

“Domani, sabato 14 settembre, per l’ultima volta il vostro edicolante vi consegnerà Millennium in abbinata con il Fatto Quotidiano. Lo acquisterete sotto costo. Stampare e distribuire un mensile di qualità così alta, per molti versi simile a un libro d’arte, è molto caro.
Proprio per questo, invece che alzare per tutti il prezzo dell’abbinata, abbiamo deciso di percorrere una strada nuova e diversa. A partire da metà ottobre Millennium si troverà solo in 200 selezionate edicole e in alcune catene di librerie (troverete presto l’elenco sul nostro sito) e verrà messo in vendita su Amazon a 10 euro.
Sappiamo che è molto. Ma tutti coloro che s’abboneranno risparmieranno più del 50% del prezzo di copertina e riceveranno a casa una rivista in più rispetto a quanto accaduto finora (passiamo da 11 a 12 numeri l’anno). Chi si abbonerà potrà anche consultare l’edizione digitale e un sito rinnovato sul quale si trovano pure tutti gli articoli pubblicati nei nostri 7 anni di vita. Un abbonamento ancor più scontato (40 euro) è poi previsto per chi non vuole la carta, ma si accontenterà di leggerci su tablet, smartphone e pc”.


domenica 15 Settembre 2024

Buone notizie a Linkiesta

Il direttore del sito di news Linkiesta, Christian Rocca, ha elencato in un articolo una serie di risultati, crescite e progetti del giornale, tra cui la prossima apertura di una sede a Bruxelles.

“Linkiesta, insomma, continua il suo percorso di crescita che, da inizio 2020, ha ristrutturato l’offerta giornalistica e risanato l’impresa editoriale, con una crescita di fatturato anno su anno del quaranta per cento, a fronte di importanti investimenti sui giornalisti, sulle attività digital, print e live.
Con Valentina Ardia, head of content, e Marco Sala, Ceo dell’azienda, abbiamo lanciato nuovi prodotti, coinvolto nuovi giornalisti, strutturato il reparto eventi dal vivo: in questo modo abbiamo raggiunto più lettori (+ quindici per cento), abbiamo più iscrizioni alle newsletter (+ trentacinque per cento), più adesioni al Club (+ venti per cento), più partecipazione ai live (+ quaranta per cento).
Il bilancio 2023 si è chiuso con un Ebitda positivo di ventimila euro e con una perdita post imposte di duecentocinquantunomila euro per il volume degli investimenti e a causa di alcuni costi straordinari, ma con ricavi in crescita del 37,6  per cento rispetto all’anno precedente (totale fatturato 2,140 milioni di euro)”.


domenica 15 Settembre 2024

Meno soldi dai bandi

Secondo la Federazione delle concessionarie di pubblicità italiane gli investimenti in “pubblicità legale” nel primo semestre del 2024 sarebbero diminuiti del 44% rispetto a un anno prima (un primo dato simile era già stato annunciato prima dell’estate). La ragione è palesemente la cancellazione dell’obbligo da parte delle amministrazioni pubbliche di comprare spazi sui giornali per le comunicazioni delle proprie attività, cancellazione decisa dal parlamento all’inizio dell’anno.
Il dato, se corretto, confermerebbe che l’obbligo generava in effetti un prezioso contributo pubblico per i giornali (ma anche che quasi metà di quelle comunicazioni erano determinate dall’obbligo e non da una reale considerazione di necessità da parte delle amministrazioni pubbliche): per questa ragione gli editori dei maggiori quotidiani stanno facendo pressioni sulla maggioranza perché l’obbligo sia reintegrato attraverso la prossima legge di bilancio.


domenica 15 Settembre 2024

Non ora!

Da un paio d’anni le varie categorie di dipendenti del New York Times – il più importante e ammirato quotidiano del mondo – sono in trattative con l’azienda per rinnovare i contratti e ottenere condizioni economiche più vantaggiose, a fronte dei successi economici del giornale dell’ultimo lustro. Adesso, dopo la risoluzione delle questioni coi giornalisti, è il sindacato degli addetti alla tecnologia del giornale (a cui appartengono 622 persone) a non essere soddisfatto delle proposte ricevute, e ad aver deciso un giorno di sciopero (che nei giornali americani è una scelta piuttosto eccezionale e che quasi mai costringe alla non pubblicazione) nelle prossime settimane, ovvero in quelle delicatissime della fine della campagna elettorale.


domenica 15 Settembre 2024

Riassumere tra virgolette

Uno scambio nella rubrica delle lettere del Fatto di venerdì mostra quanto sia consapevole e rivendicata la consuetudine nei giornali italiani di attribuire parole mai pronunciate, ma invece presentate tra virgolette. Il presidente di Minerva Pictures Gianluca Curti si è infatti lamentato del titolo della sua intervista pubblicata il giorno prima: «Riconosco e confermo quanto trascritto nel corpo dell’articolo ma trovo assolutamente fuorviante, eccessivo e foriero di pessime strumentalizzazioni sia il titolo che l’occhiello, che strizzano l’occhio a idee e sottotesti che non sono frutto né del mio pensiero né del mio ragionamento». Il titolo dell’articolo era, tra virgolette, «”La riforma dei finanziamenti massacra il cinema italiano”», frase in effetti mai citata nell’intervista, come neanche un altro virgolettato nell’occhiello.
Alla lettera di precisazione – di “sorpresa e fastidio” – di Curti, il giornale ha risposto sostenendo che “titolo e occhiello riassumono quanto da lei dichiarato nell’intervista”.


domenica 15 Settembre 2024

Copertine senza il giornale

Le copertine delle riviste sono naturalmente sempre state un elemento importantissimo di attrazione dei potenziali acquirenti, attraverso la capacità di informare sui contenuti delle riviste stesse e di attirare l’attenzione (le due funzioni che su una scala inferiore hanno anche i titoli degli articoli). Ma un’altra funzione delle copertine è di comunicazione promozionale più ampia: una copertina può fare notizia e può essere quindi mostrata in programmi televisivi, o citata su altre testate, o può circolare sui social network, eccetera.

Per questa ragione alcune testate solo digitali oppure con una lunga storia, e con una lunga storia di copertine attraenti, hanno scelto in questi anni di continuare a creare e condividere delle copertine “virtuali” pur avendo abbandonato i loro formati cartacei. Insomma, non stampano più vere copertine, o ne stampano meno, ma ne creano di digitali che poi fanno circolare online.

Il caso più illustre è forse quello del settimanale americano Time , le cui copertine hanno sempre avuto grandi attenzioni e importanze, che ha avuto un declino drammatico di autorevolezza e circolazione in questo secolo, per cui dal 2020 ha dimezzato le pubblicazioni (esce una settimana sì e una no). Ma lo stesso pubblica sui social network delle copertine legate agli eventi di attualità che spesso hanno grandi condivisioni sui social network. È successo ancora questa settimana con una copertina su Donald Trump dopo il dibattito presidenziale.


domenica 15 Settembre 2024

E i quotidiani negli ultimi anni

Attingendo agli stessi dati ADS, la newsletter di Lelio Simi che si chiama Mediastorm ha fatto un gran lavoro di sintesi e considerazioni su come siano andate le cose per i quotidiani negli ultimi quattro anni. Molti dei risultati e delle spiegazioni coincidono con quelli che leggete mensilmente su Charlie, a utile conferma delle rispettive correttezze dei conti: ma naturalmente i dati sui periodi più lunghi hanno un interesse ulteriore. Le informazioni sono molte (anche sugli andamenti delle singole testate maggiori), e quindi consigliamo di leggere tutto il testo di Simi, limitandoci qui a citare una riflessione che i lettori di Charlie conoscono e che emerge anche da quello che abbiamo scritto sopra sui dati ADS di luglio.

“L’incremento del peso delle copie (e quindi in generale degli abbonamenti) digitali che oggi valgono un quarto delle vendite totali, è dovuto in modo significativo al rapido declino della carta, più che per “merito” di queste che, anzi, complessivamente, per la prima volta dal 2021 ad oggi, subiscono una leggera flessione: appena l’1,3%, certo, ma questo potrebbe indicare che il continuo aumento delle vendite di copie digitali a prezzi super-economici non riesce più nemmeno a controbilanciare il declino di quelle vendute a prezzi maggiori. Decisamente non un bel segnale.
Ho scritto più volte che puntare tutto sull’incremento delle copie digitali più economiche — a scapito di quelle a prezzi maggiori — ha controindicazioni importanti, solo per dirne due: i margini di guadagno pressoché nulli e la riduzione del valore economico percepito dal lettore del “prodotto” giornalistico offerto.

Ma allora perché adottare queste strategie, e con questa “convinzione” e perseveranza?

Da una parte c’è, pragmaticamente, la presa d’atto che oggi non si ha la forza (o la volontà) per fare gli investimenti necessari affinché gli abbonamenti digitali a prezzi più alti riequilibrino, per una quota significativa, la costanti perdite economiche dal cartaceo.
Le copie (e abbonamenti) digitali a prezzi molto economici con i loro margini di guadagno vicini allo zero hanno però almeno un pregio che le copie vendute in edicola non possono offrire: i dati di prima parte (carte di credito incluse), molto preziosi oggi per gli editori, soprattutto se i volumi acquisiti sono significativi.

Più che a una logica subscription-first questo tipo di strategie sembrano guardare ai ricavi pubblicitari cercando, in questa fase, di:

  • dare una risposta all’urgente necessità di offrire (nuovo) valore agli investitori pubblicitari a fronte del declino degli spazi tabellari su carta,
  • dare maggiore valore alle campagne marketing sul sito proprietario trasformando il più possibile, grazie a offerte super economiche, i semplici visitatori/lettori almeno in utenti registrati (con dati prima parte annessi, appunto)”.

domenica 15 Settembre 2024

I quotidiani a luglio

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di luglio 2024. Come ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludendo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto.
Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.

Corriere della Sera 170.066 (-6%)
Repubblica 90.536 (-11%)
Stampa 61.660 (-15%)

Sole 24 Ore 52.126 (-7%)
Resto del Carlino 50.638 (-13%)
Messaggero 44.718 (-11%)
Nazione 33.744 (-11%)
Gazzettino 33.086 (-7%)
Fatto 27.221 (-37%)
Dolomiten 26.593 (-2%)
Giornale 26.509 (-6%)
Messaggero Veneto 23.703 (-10%)
Unione Sarda 22.774 (-6%)
Verità 21.079 (-15%)
Eco di Bergamo 19.897 (-11%)
Secolo XIX 19.496 (-15%)
Altri giornali nazionali:
Libero 18.969 (-16%)
Avvenire 14.267 (-5%)
Manifesto 13.664 (+7%)
ItaliaOggi 5.552 (-30%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Le tendenze somigliano a quelle dei mesi passati, con una perdita annuale media intorno al 10%, e i risultati da valutare rispetto a questa: quindi il Corriere della Sera va sempre un po’ meglio e i quotidiani GEDI sempre peggio. Ormai dall’inizio del 2023 il Corriere vende più copie di Repubblica Stampa insieme. Continuano a perdere molto Libero Verità, mentre il grosso calo percentuale del Fatto è sempre da attribuire – come spieghiamo dall’inizio dell’anno – a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola, che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto “maggiore del 70%” (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). I dati del Fatto torneranno a essere paragonabili all’inizio del 2025.
Nel loro piccolo, continua a cavarsela bene il Manifesto e continua a cavarsela male ItaliaOggi, pur recuperando qualcosa rispetto al mese scorso quando aveva comunicato il dato più basso di sempre.
Eco di Bergamo Secolo XIX sono scesi sotto le 20mila copie, destino che è plausibile attenda altre testate nei prossimi due anni.

Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara quasi 44mila – avendone aggiunti più di 7mila negli ultimi due mesi -, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 25mila, come detto sopra, Repubblica più di 16mila). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 46.005 (-223)
Sole 24 Ore 22.184 (-108)
Repubblica 20.697 (-108)
Manifesto 7.702 (-420)
Fatto 6.479 (+64)
Stampa 6.287 (-142)
Gazzettino 5.899 (-132)

È insomma notevole che le maggiori testate stiano vedendo crescere gli abbonamenti a prezzi scontati a danno (diretto, o concomitante) di quelli a prezzo maggiore (il calo del Manifesto invece si deve probabilmente alla scadenza di alcuni abbonamenti attivati dopo una efficace campagna comunicativa, e segue una grossa crescita del mese precedente).

Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora sempre del Tirreno (-18%).

Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui.

AvvenireManifestoLibero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)


domenica 15 Settembre 2024

Torna l’asta per il Telegraph

Sta tornando in ballo la mai risolta questione della vendita del Daily Telegraph, uno dei più importanti quotidiani britannici, messo all’asta per vicissitudini finanziarie ma oggetto di interesse soprattutto per la sua rappresentanza di una gran parte dell’elettorato conservatore che fa riferimento al partito Tory. La prossima scadenza per le offerte è il 27 settembre e i due partecipanti di cui si è parlato di più negli ultimi giorni sono Dovid Efune, editore inglese del New York Sun, e Paul Marshall, proprietario della discussa rete televisiva GB News, di recente creazione e risultati finora insoddisfacenti, e considerata una sorta di Fox News britannica. Quando si capirà chi prevarrà approfondiremo meglio le figure e le prospettive per il Telegraph . Intanto Marshall ha invece comprato lo Spectator, il settimanale della stessa proprietà che era stato a sua volta messo all’asta.


domenica 15 Settembre 2024

Non in nostro nome

I dissensi tra la redazione di Repubblica da una parte, e dall’altra l’editore GEDI, il direttore Molinari e la concessionaria di pubblicità del gruppo, sono già ripresi pubblicamente dopo appena 13 giorni di settembre. Questa volta a irritare i giornalisti è stata la scelta di “vendere” a un inserzionista la testata stessa del giornale – nelle pagine del sito -, colorandola in maniera che richiamasse il prodotto promosso, un profumo del brand Dior. La pratica non è del tutto inedita (lo stesso Post , all’interno di un’iniziativa grafica più complessa di diversi anni fa, trasformò la propria testata; altre testate internazionali anche cartacee hanno variato a volte il colore in occasioni speciali) ma in questo caso il suo “valore simbolico” – forse anche perché applicata a un prodotto di connotazione particolarmente frivola e lussuosa come un profumo – ha spinto il Comitato di redazione a pubblicare una protesta sul quotidiano, l’indomani, con esplicite allusioni a insoddisfazioni assai più estese.

“Ieri, la testata di “Repubblica” online ha perso il suo abituale colore per far spazio a un giallo “griffato”, iniziativa collegata alla pubblicità di un marchio di moda. Non sfuggirà il valore simbolico: una testata giornalistica, che si definisce indipendente, pronta ad “affittare” il proprio nome su richiesta di un inserzionista (o su proposta della concessionaria della pubblicità). Scelte di questo tipo, che possono pure avere un senso economico nell’immediatezza, rappresentano invece una pesante ipoteca sulla reputazione del giornale. Ma occorre voler bene a “Repubblica” per capirlo. La gestione degli ultimi anni del gruppo Gedi, o per meglio dire ciò che ne rimane, conferma invece quel che ribadiamo da tempo: questo management non ha nessuna passione editoriale né rispetto per la missione che ci siamo dati, cioè il giornalismo. Vorremmo dire che non siamo in vendita e che non tutto può essere vincolato a interessi altri rispetto al giornalismo. Ma questa purtroppo rimane una enunciazione di principio, visto che ogni nostra sollecitazione e protesta è finora caduta nel vuoto. Per fortuna ci resta la libertà di parola e in questo caso di denuncia: tutto ciò non sta avvenendo in nostro nome”.


domenica 15 Settembre 2024

Un segreto in Nevada

La settimana scorsa avevamo citato la contesa giudiziaria per la spartizione della futura eredità di Rupert Murdoch, ovvero un gruppo editoriale internazionale tra i più ricchi e potenti del mondo. Tre dei figli hanno contestato la pretesa del padre di assegnare la maggioranza delle quote, e del potere, al quarto dei figli, e a decidere sarà una corte del Nevada dove la causa è stata presentata in grande segretezza. Qualche settimana fa il New York Times l’aveva scoperto e ne aveva scritto, ma i documenti giudiziari non sono accessibili ai media: un consesso dei più importanti tra questi ha presentato una richiesta perché lo siano, ma questa settimana il giudice glielo ha negato. Nel frattempo il Wall Street Journal (che appartiene alla famiglia) è riuscito però a raccogliere maggiori informazioni sul conflitto familiare.


domenica 15 Settembre 2024

Charlie

Questa settimana tra gli osservatori delle aziende giornalistiche britanniche si è parlato della crescente introduzione di pratiche – da parte dei siti di news – per ottenere il consenso dei lettori a ricevere “cookie” ed essere profilati a scopo pubblicitario. È una cosa che i lettori italiani, e di altri paesi europei, conoscono già: da due anni quasi tutti i maggiori siti di news mostrano – come prescritto – un messaggio che chiede se si vogliono accettare o no i cookie: e alcuni siti vincolano all’eventuale consenso la possibilità di leggere gli articoli, mentre altri costruiscono i messaggi in modi che disincentivano il rifiuto e sollecitano il consenso (il tasto “accetta” è sempre più visibile e più semplice da cliccare rispetto alle procedure di rifiuto, e tutti finiamo spesso per accettare). Entrambe le scelte non suonano particolarmente leali e corrette, perché costringono i lettori oppure li ingannano, di fatto. Ma è anche vero che specularmente nemmeno l’utilizzo gratuito dei siti di news e del loro lavoro da parte dei lettori, in cambio di niente, suona leale e corretto. E se quindi nella forma sarebbero auspicabili accordi più trasparenti e inviti più collaborativi, nella sostanza le imprese private che sono i giornali online hanno tutto il diritto di esigere dai lettori che non pagano qualche forma di consenso e sostegno (i lettori che pagano abbonamenti di norma sono più liberi di scegliere cosa fare con i cookie e con la pubblicità). Poi non è che con l’applicazione forzosa dei diritti si vada lontanissimo, in tempi in cui la fiducia dei lettori è più che mai preziosa, certo.

Fine di questo prologo.


domenica 8 Settembre 2024

I giornali spiegati bene

Sabato prossimo riprendono al Circolo dei lettori di Torino gli appuntamenti con la rassegna stampa di Luca Sofri e Francesco Costa del Post.


domenica 8 Settembre 2024

Giro di parole

David Brooks, popolarissimo scrittore e columnist statunitense, ha scritto nella sua rubrica sul New York Times che anche il giornalismo è diventato succube delle più generali esigenze del pubblico di ricevere stimoli ed emozioni immediati e continui e di essere rassicurato sulle proprie opinioni, sollecitando i centri di piacere del pubblico stesso: “che somiglia a una più antica professione”.


domenica 8 Settembre 2024

Trattenere il fiato

Lo psicoanalista Vittorio Lingiardi ha scritto su Repubblica, di cui è frequente collaboratore, un articolo dissidente rispetto alla pratica giornalistica di chiedere ai suoi colleghi pareri su singolari casi di cronaca, e rispetto ai suoi colleghi che li offrono.

“È evidente che siamo di fronte a casi clinici, raccontati dalla cronaca, di cui conosciamo poco o niente. Molti dettagli fondamentali emergono nei giorni e nei mesi successivi. Ogni storia è diversa, si perde nell’intreccio biologico, psicologico e sociale di vite spesso segrete e sconosciute alle stesse persone che le vivono. Attorno a queste vite e a queste morti diversissime e incommensurabili (l’omicidio casuale di Sharon Verzeni, quello della famiglia di Paderno Dugnano forse progettato in poche ore, quello di Giulia Cecchettin pensato per giorni, cito casi su cui sono stato interpellato) ci sono genitori e amici. Una ragione della mia ritrosia è la difficoltà a parlare fuori da un contesto clinico di storie che non conosco. Una ragione deontologica e anche una forma di pudore nei confronti delle famiglie coinvolte (spesso colpevolizzate da commenti affrettati e approssimativi)”.


domenica 8 Settembre 2024

A letto presto

Il Comitato di redazione del Resto del Carlino – il maggiore quotidiano bolognese – ha comunicato una vivace preoccupazione della redazione stessa per la scelta dell’editore, il gruppo Monrif, di stabilire una tassativa “chiusura” dell’edizione del quotidiano alle 22, per ragioni di risparmio sui costi.

“Da luglio (quando è stato deciso il coprifuoco), abbiamo sollevato il problema con l’azienda più volte perché tutto questo sta avendo ricadute devastanti sul prodotto che va in edicola, già gravato dal 1 agosto da uno sconsiderato aumento del prezzo. Insomma, l’editore ha alzato il costo del giornale e come contropartita ai lettori ha tagliato anche l’informazione a loro disposizione. Un suicidio editoriale senza precedenti. L’azienda sostiene che questa decisione è frutto di una riorganizzazione del processo di stampa che impone chiusure anticipate per poter stampare in tempo le cronache locali da distribuire nei luoghi di villeggiatura, dal Trentino alla Sardegna. Il paradosso, anche in questo caso, è che molti lettori non trovano comunque le edizioni locali nei paesi di montagna o al mare.
Per questi motivi, la redazione è seriamente preoccupata di quanto sta avvenendo ai danni di una testata storica come il Carlino e soprattutto nei confronti dei lettori – seppur in drammatico calo – ancora affezionati e legati al giornale.
Abbiamo coinvolto tutta la redazione e non escludiamo proteste e mobilitazioni anche in questo periodo di ferie se non sarà subito trovata una soluzione, considerato che già nei prossimi giorni sono in programma importanti appuntamenti sportivi, a partire dal calcio”.


domenica 8 Settembre 2024

Due pesi, due misure, e due storie diverse

Negli Stati Uniti è stata molto discussa – tra chi segue le cose dei giornali e della politica – la scelta delle maggiori testate di non pubblicare dei documenti riservati riguardanti Donald Trump e ottenuti attraverso un’intrusione informatica illecita. La questione centrale è il confronto con quello che avvenne otto anni fa, quando invece ci furono eccezionali attenzioni – si rivelarono sproporzionate e precipitose – intorno alle mail riservate della candidata Hillary Clinton, attenzioni che senz’altro favorirono l’elezione del suo avversario Donald Trump.
Molti hanno sostenuto che la maggiore cautela odierna possa essere giustificata, a partire dalla lezione di allora, ma che correttezza vorrebbe che i media interessati ammettessero l’errore di allora. Ma è anche vero che non tutto è uguale e paragonabile.


domenica 8 Settembre 2024

Com’è triste Venezia

Il lavoro di alcuni giornalisti che si occupano di cinema è giudicato ormai superfluo dai produttori di film, che finora ne erano stati i principali promotori: lo ha raccontato il Post.


domenica 8 Settembre 2024

Inventare paga

La tendenza di molte delle più note testate giornalistiche italiane a enfatizzare o falsificare banalità qualunque che avvengono su Facebook con toni allarmisti e capaci di generare curiosità e polemiche del tutto sterili, ha avuto un esempio assai chiaro sabato. Una coppia ha raccontato su una pagina Facebook di avere messo un annuncio , sempre su Facebook, per cercare un appartamento a Torino, aggiungendo una propria foto: e di avere ricevuto dei commenti di critiche e insulti per i tatuaggi dei due, tra cui uno che diceva ” se avessi una casa la brucerei piuttosto che darla a due che fanno così schifo”. Una reazione orribile e stupida di “body shaming”, ma come ne avvengono purtroppo ogni giorno a migliaia sui social network. Il racconto di un commento demente però è stato trasformato (da Repubblica, dal Corriere della Sera, da Open, da Fanpage, tra gli altri) in un caso di razzismo sulle case in affitto, da inserire nel solco delle case non affittate a stranieri o ad altre categorie umane soggette a discriminazioni. In realtà nessun proprietario di casa ha rifiutato di affittare una casa ai due: gli articoli che però riferivano questa versione hanno ovviamente ottenuto sui social attenzioni maggiori ancora, clic, e ulteriori insulti e commenti stupidi. Di fatto vedendo premiata la scelta di prendere le decisioni giornalistiche a partire da questo tipo di risultati.


domenica 8 Settembre 2024

Settant’anni e un po’ sentirli

Il Post ha raccontato storia e recenti sviluppi (ne scrivemmo su Charlie nei mesi passati) della rivista americana Sports Illustrated, che ha compiuto 70 anni.

“Il 16 agosto del 1954, settant’anni fa, fu esposta per la prima volta nelle edicole americane una rivista sportiva destinata ad avere una popolarità enorme: Sports Illustrated. Costava 25 centesimi e aveva in copertina la foto di una partita di baseball tra i Milwaukee Braves e i New York Giants giocata nel giugno di tre anni prima. L’aveva scattata il fotografo sportivo Mark Kauffman, e raffigurava tre giocatori di baseball in delle pose ormai molto familiari agli appassionati: il terza base dei Braves Eddie Mathews in fase di battuta, il ricevitore dei New York Giants Wes Westrum e l’arbitro Augie Donatelli”.


domenica 8 Settembre 2024

Schiavi della rete

Lo scorso 13 agosto un “malfunzionamento” di Fastweb – l’azienda che fornisce connessioni e infrastrutture digitali a un gran numero di utenti e imprese in tutta Italia – ha impedito la pubblicazione di quattro dei quotidiani del gruppo Caltagirone, il Messaggero di Roma, il Mattino di Napoli, il Quotidiano di Puglia e il Corriere Adriatico di Ancona. I giornali hanno pubblicato articoli comunicati particolarmente severi e indignati nei confronti di Fastweb.


domenica 8 Settembre 2024

Un altro colpo agli endorsement

Da alcuni anni la pratica degli “endorsement” elettorali (è un termine che è bene usare in inglese: ormai lo conosciamo, e non ha corrispondenti italiani con identiche specifiche accezioni) è molto in discussione nei giornali americani. Il dibattito più ampio riguarda la sempre maggiori difficoltà di fare comprendere ai lettori la possibile convivenza, all’interno dell’offerta giornalistica complessiva, tra il racconto dei fatti e gli articoli di opinione: e nel caso degli endorsement – pratica comune alla vigilia delle elezioni – questa difficoltà ha conseguenze sulla credibilità dei giornali. Quindi alcune testate stanno tirando i remi in barca, da qualche tempo.
Ma questa settimana ha fatto notizia che il giornale dei giornali – il New York Times – abbia annunciato che abbandonerà almeno gli endorsement relativi alle elezioni newyorkesi (non ancora quelli sulle elezioni presidenziali, che durano da più di un secolo e mezzo).

“In recent years, The Times has also cut back on the number of editorials it publishes. In a February 2020 note to readers, the Opinion editor said that instead of publishing multiple times a day, the editorial board would reserve its view “for matters of great significance”. Still, The Times’s decision to end local endorsements is likely to make waves in the cutthroat world of New York politics, where the editorial board’s view has been closely watched by generations of candidates and voters.The Times has made an editorial endorsement in every New York City mayor election since 1897, backing Democrats and Republicans. Campaigns for mayor, governor and other local offices have developed elaborate strategies to win over the board”.


domenica 8 Settembre 2024

Ogni contrada è patria

Un modo antico e immortale di ottenere l’attenzione dei propri lettori da parte dei quotidiani locali è quello di fare leva su una frequente curiosità che i lettori possono avere per le relazioni con le loro città delle notizie di scala maggiore. Relazioni che a volte possono essere rilevanti e significative, mentre altre volte sono enfatizzate in modi piuttosto artificiosi, riferendo per esempio lontanissime parentele locali di personaggi famosi, o passeggere relazioni geografiche di protagonisti delle notizie (altre volte quelle relazioni esistono, ma sono comunque piuttosto insignificanti rispetto alla notizia). Nei giorni delle Olimpiadi la fragilità di queste “notizie” è stata assai visibile nelle scelte con cui due quotidiani dello stesso gruppo editoriale – Corriere dell’Umbria Corriere di Siena – hanno riferito della medaglia d’oro della tiratrice Diana Bacosi, nata a Città della Pieve ma cresciuta a Cetona, città separate da pochi chilometri e dal confine di regione.


domenica 8 Settembre 2024

Varie di cronaca

Un po’ di link a cose che sono successe, su cui siamo sbrigativi – scusate – per affollamento di notizie al ritorno dalle vacanze. Nelle settimane prossime ne riprenderemo altre.

– ci sono agitazioni all’ Espresso , settimanale con una ininterrotta storia di agitazioni da quando è stato venduto dal gruppo GEDI due anni fa. La redazione ha annunciato uno sciopero lunedì scorso, l’editore e il direttore hanno risposto per le rime, i giornalisti si sono arrabbiati ulteriormente.

– il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo dell’editore del New York Times, allarmato sui rischi per la libertà di informazione se Trump dovesse vincere le elezioni.

– ha fatto un ulteriore progresso verso l’introduzione ufficiale la norma italiana sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, quella chiamata “legge bavaglio” dai suoi critici, con critiche altre critiche ai critici.

– gli ultimi dati di bilancio del Guardian, il più importante quotidiano britannico, non sono buoni: il giornale ha annunciato di volersi muovere verso altri ambiti di ricavo, a cominciare dalle affiliazioni coi siti di e-commerce.

– il direttore del Foglio ha riassunto mercoledì una serie di novità introdotte dal giornale negli ultimi mesi.

– si è definita la vendita del quotidiano genovese Secolo XIX all’azienda di navigazione MSC, e la sostituzione della direttrice Stefania Aloia (che resterà al gruppo GEDI) con Michele Brambilla, 65 anni, già direttore della Gazzetta di Parma e del Quotidiano Nazionale e prima ancora vicedirettore dei quotidiani Libero Giornale.

– c’è una battaglia legale in corso sulla futura eredità di Rupert Murdoch, proprietario di un grandissimo e potentissimo gruppo editoriale (che possiede per esempio il Wall Street JournalFox News, il Times di Londra), e su chi dei suoi figli governerà quest’ultimo. I giornali americani hanno protestato che i documenti sulla contesa siano tenuti riservati.

– il Fatto ha sostenuto in un articolo che i ricavi della Gazzetta di Parma siano stati usati nel 2019 dalla proprietà per i suoi interessi in altre attività imprenditoriali.

– il primo agosto il sito del quotidiano Repubblica aveva chiesto scusa ai lettori per un titolo accusato di sessismo a proposito di un risultato delle Olimpiadi.

– la Columbia Journalism Review ha pubblicato un lungo articolo sui successi del sito di informazione sulla moda Business of Fashion e del suo creatore.

– l’ultimo numero del tabloid gratuito quotidiano Evening Standard sarà distribuito a Londra il 19 settembre. Dopo la testata diventerà settimanale con il nome di London Standard : la scelta era stata annunciata lo scorso maggio.

– il direttore del Post ha condiviso su Twitter un paio di casi di articoli di testate nazionali copiati identici o quasi dal sito del Post (ma la pratica non è rara, in giro).

– c’è stato un polemico confronto tra l’allenatore della squadra di calcio della Roma Daniele De Rossi e il quotidiano Repubblica, all’inizio di questo mese (con dei precedenti). De Rossi ha accusato il giornale di avere scritto delle cose false, Repubblica ha replicato – con una “Nota della direzione” e un “Comunicato del CdR” – contestando la scelta di De Rossi di “additare” il giornalista autore dell’articolo.


domenica 8 Settembre 2024

I quotidiani a giugno

Domenica prossima riferiremo i dati di diffusione dei quotidiani nel mese di luglio, che come di consueto vengono pubblicati poco più di un mese dopo. Rimandiamo quindi a questo prossimo aggiornamento, limitandoci a sintetizzare qui i dati relativi a giugno per le testate maggiori : leggermente migliori di quelli di maggio, ma più o meno con le solite perdite medie intorno al 10% rispetto a un anno prima per quanto riguarda il dato che privilegiamo abitualmente, ovvero quello che esclude le copie promozionali, quelle omaggio, quelle scontate oltre il 70% e quelle vendute in quote “multiple” ad aziende, organizzazioni e istituzioni.
Corriere della Sera -6,6%
Repubblica -12,6%
Stampa -14,5%
Sole 24 Ore -5,7%
Resto del Carlino -9,2%
Messaggero -9,9%
Nazione -7,9%
Gazzettino -5,3%


domenica 8 Settembre 2024

Cancellare è un po’ più facile sui siti GEDI

Dallo scorso giovedì le testate del gruppo editoriale GEDI hanno introdotto un sistema di semplificazione delle pratiche di cancellazione degli abbonamenti. La questione è annosa e internazionale: molti abbonati a testate digitali protestano per quanto sia reso difficile disdire gli abbonamenti, procedura su cui tanti siti impongono una serie di ostacoli per cercare di demotivarla. E negli Stati Uniti più volte negli anni scorsi istituzioni governative hanno ordinato che le cancellazioni debbano avere la stessa semplicità delle attivazioni di abbonamenti.

Spesso le testate italiane chiedono agli abbonati di inviare un fax, o una PEC, o di telefonare, sapendo che questo disincentiva gli abbonati stessi: adesso GEDI ha infine inserito un tasto per cancellare l’abbonamento alle proprie testate online ( RepubblicaStampa), come già fanno diversi altri siti (il Post, per esempio). La possibilità non è visibilissima e il sito non fa niente per comunicarla meglio – per concludere la pratica serve poi superare le richieste di sette pagine successive – ma è un apprezzabile progresso.

“Per disattivare il Servizio, al fine di fornire data certa alla relativa comunicazione, l’Utente può, in via alternativa: i) contattare l’assistenza clienti al numero 06/89834120, dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 21:00 e il sabato e prefestivi dalle 9 alle 15, festivi esclusi. La chiamata non avrà alcun costo aggiuntivo, salvo eventuali costi applicati all’Utente dal proprio operatore telefonico in base al piano tariffario prescelto. In questo caso l’Utente riceverà un’e-mail di conferma dell’avvenuta disattivazione; ii) inviare una PEC all’indirizzo recesso.abbonamentidigitali@pec.gedidigital.it, specificando l’oggetto e la User ID necessaria a identificare i Servizi di cui si chiede la disattivazione. Oppure attivare la procedura di disattivazione online, cliccando sull’apposito pulsante di disattivazione presente nell’area “Abbonamenti” all’interno dell’area personale utente. Si precisa che il pulsante di disattivazione non potrà essere selezionato per gli abbonamenti a tempo indeterminato già disattivati dall’Utente mediante una delle modalità di cui ai punti i) o ii) che precedono”.


domenica 8 Settembre 2024

Dubbi sui podcast

La sostenibilità economica dei podcast è stato ed è tuttora uno degli argomenti maggiori nelle attenzioni e nei dibattiti intorno alle generali sostenibilità dei prodotti di informazione, in questi anni. Perché i podcast sono un ennesimo – e grande – esempio della frequente contraddizione tra il “successo” di un prodotto digitale e la sua capacità di ottenere ricavi economici sufficienti a coprire i suoi costi.
E come in molti altri casi precedenti, nessun modello economico unico e universale è stato individuato che possa rendere “profitable” o almeno sostenibili i podcast in generale: chi li produce si è finora affidato – con risultati nella maggior parte dei casi insoddisfacenti – a raccogliere inserzioni pubblicitarie (poche, e povere), a farseli pagare dalle piattaforme che li distribuiscono (solo quando il podcast ha grandi attrattive), a produrre parallelamente podcast sponsorizzati da aziende interessate alla promozione dei propri interessi (oneroso, in risorse, tempo e denaro), a sperare in fortunate vendite di diritti televisivi (rare).

Per la gran parte dei giornali, in realtà, il processo auspicato è quello di un ricavo indiretto: che i podcast, ovvero, diventino parte di un’offerta che invita gli ascoltatori all’abbonamento al giornale. Sia perché il podcast può essere solo per abbonati, sia perché avvicina al prodotto editoriale complessivo e ad abbonarsi successivamente.
Ma il processo è, appunto, auspicato: alcune testate ne registrano risultati soddisfacenti (misurarli non è sempre facile, proprio perché il percorso è in parte indiretto), molte altre non ancora.

E siccome il tempo passa, e la diffusione dei podcast non è più una novità su cui poter fare ancora grandi esperimenti di monetizzazione, sono notevoli la scelta e la considerazione che ha fatto il Boston Globe, il maggiore quotidiano di Boston e uno dei più importanti e storici degli Stati Uniti. Che ha deciso nel giro di poche settimane di ritirare un investimento previsto sui podcast, spostando su altri ruoli tre persone appena assunte per occuparsi dei podcast, con la motivazione che i podcast “non attraggono abbonati”. Non è una generale inversione di tendenza, è un caso finora unico tra le grandi testate: ma qualcosa dice delle insoddisfazioni di una parte – una parte – dei giornali con i podcast.


domenica 8 Settembre 2024

Le foto che non vediamo

Tra i tanti aspetti della balenga storia che ha portato alle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano, uno riguarda i giornali ed è affiorato solo parzialmente, ma abbastanza da incuriosire i profani che non conoscono queste consuetudini, tenute nascoste per loro definizione. È stato raccontato che sulla relazione tra il ministro e Maria Rosaria Boccia sono circolate delle fotografie di paparazzi che alcune riviste avrebbero ricevuto decidendo di non pubblicarle: secondo alcune dichiarazioni di Boccia questo avrebbe dato degli strumenti di ricatto alle riviste stesse nei confronti del ministro.
La pratica è in realtà assai frequente e riguarda personaggi pubblici di vario genere, e anche politici. Per ogni servizio fotografico scandalistico pubblicato che rivela ai lettori relazioni – o comportamenti – che i protagonisti avrebbero preferito non far conoscere, molti altri non vengono pubblicati, preferendo le riviste stesse conservare degli utili e preziosi rapporti coi protagonisti stessi. A volte questo avviene con una telefonata da parte dei responsabili della rivista che avvisa i soggetti di avere ricevuto la proposta di acquistare delle foto sgradite ai soggetti, a volte sono i soggetti stessi a intervenire quando ne vengono a conoscenza; a volte la rivista rifiuta quindi il servizio al fotografo, che però può allora proporlo a un’altra testata; quindi è frequente anche che la rivista – con ulteriore indulgenza per i soggetti fotografati – acquisti il servizio senza pubblicarlo.


domenica 8 Settembre 2024

Charlie

Torneremo da questa vacanza sparigliando, e segnalando stavolta un format dei più autorevoli giornali americani su cui avere delle diffidenze piuttosto che delle ammirazioni: ed è un tipo di articoli che espongono in maniera ingannevole e sproporzionata l’opinione e il comportamento di un numero limitatissimo di individui, dando l’idea che si tratti di una maggioranza, o di un fenomeno esteso. Voi direte che questa sopravvalutazione avviene anche sui media italiani, spesso: è vero, ma è un po’ diverso, sui media italiani si esagerano esplicitamente le dimensioni di “tendenze” probabilmente assai limitate o di limitata durata. Invece su giornali come il New York Times o il Wall Street Journal o il Washington Post si riferisce correttamente che quello che viene riportato riguarda la persona A, la persona B e la persona C, per un totale di tre persone (o cinque, o otto): ma nei fatti il riportare il pensiero o l’esperienza di quelle tre persone, e farne un titolo, dà l’impressione non che si tratti di tre storie singolarmente interessanti ma statisticamente insignificanti, quanto di tre storie esemplari e prevalenti. Meglio essere diffidenti di quei titoli.

Fine di questo prologo.


domenica 21 Luglio 2024

Il futuro prossimo di Charlie

È un mese di vacanza. La prossima newsletter arriverà l’8 settembre, passate un buon agosto e abbonatevi al Post se non lo avete ancora fatto (se lo avete fatto, sempre grazie).


domenica 21 Luglio 2024

Strascichi a Salerno

La Città è il quotidiano di Salerno, che è stato a lungo nella ricca offerta di quotidiani locali del gruppo Espresso, ma fu tra i primi a essere ceduto (adesso sono stati ceduti quasi tutti da GEDI, la società in cui si è trasformato il gruppo Espresso) per evitare che le proprietà complessive violassero le leggi antitrust quando furono accorpati il gruppo Espresso e quello della Stampa. Il giornale ha poi avuto ulteriori passaggi di proprietà e crisi, con licenziamenti contestati nel 2019: adesso si sono concluse le indagini per il fallimento della prima società che acquisì il giornale nel 2016 (e che nel frattempo lo ha ceduto a un nuovo editore).


domenica 21 Luglio 2024

On demand

Il Toronto Star ha più di un secolo ed è uno dei due quotidiani a maggior diffusione in Canada (l’altro è il Globe and Mail, più conservatore). Ha stabilmente un paywall sul suo sito dal 2018, che limita l’accesso a buona parte degli articoli (superato un piccolo bonus iniziale per ogni utente). Questa settimana la newsletter Toolkits di Jack Marshall ha rivelato che il Toronto Star attiverà presto un’offerta di “micropagamenti” per l’acquisto di singoli articoli: ciascuno costerebbe 75 centesimi di dollaro, ma acquistandone due si avrebbe accesso a tutto il sito per una giornata. Tra le grandi testate internazionali è la prima che prova questo approccio, dopo che i micropagamenti – benché spesso richiesti dai lettori – sono stati finora trascurati dai siti di news, che ritengono siano una fonte di ricavo troppo esigua e disincentivino eventuali abbonamenti che hanno maggior valore nel tempo.


domenica 21 Luglio 2024

All’altezza della situazione

È stata raccolta anche da alcune grosse testate internazionali la notizia della sentenza che ha condannato per diffamazione una giornalista italiana per quello che aveva scritto su Twitter a proposito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La sentenza impone a Giulia Cortese il pagamento complessivo di quasi 10mila euro, tra multa, risarcimento e spese legali.

“«Una donnetta», «oltretutto alta un metro e venti». È un body shaming «offensivo e diffamatorio» di Giorgia Meloni dirle in un tweet che «la gogna mediatica che hai creato sulla tua pagina Facebook contro di me ti qualifica per quello che sei: una donnetta», e che «non mi fai paura GiorgiaMeloni. Oltretutto sei alta un metro e venti. Non ti vedo neanche». […] In un primo messaggio la giornalista aveva pubblicato una foto (fake) di Meloni con dietro un ritratto di Mussolini. Meloni sul proprio profilo Facebook aveva riportato questo post per lamentare a suo avviso un certo tipo di giornalismo che faceva figurare cose non vere come il fatto che tenesse un ritratto di Mussolini alle proprie spalle. A sua volta allora la giornalista aveva rimosso il proprio iniziale post, ma aveva aggiunto le due altre frasi da cui Meloni si è sentita diffamata e per le quali l’imputata è stata ora condannata dal giudice monocratico Valerio Natale su richiesta della pm Roberta Amadeo (che aveva proposto 8 mesi di reclusione), mentre per il primo post è stata assolta”.


domenica 21 Luglio 2024

DAZN senza intermediazioni

Ci sono trasformazioni e riduzioni del numero dei giornalisti a DAZN, l’azienda che offre un servizio di streaming di eventi e argomenti sportivi. Li ha raccontati il Post.
“Nel corso dell’ultima stagione è stata cancellata la maggior parte delle produzioni cosiddette “non live”, cioè servizi, interviste e approfondimenti girati non in diretta e caricati sulla piattaforma, che ampliavano l’offerta principale di DAZN, cioè la trasmissione delle partite (non solo di Serie A) in diretta. Tra questi ci sono per esempio Lost in the weekend, una sorta di recap in chiave ironica del weekend calcistico che usciva ogni mercoledì e sembrava piuttosto apprezzato, o il video-podcast Croquetas: entrambi sono stati tagliati quando la stagione di Serie A era ancora in corso.
Da DAZN spiegano che il taglio di contenuti (e quindi di giornalisti) non avviene solo per motivi economici, ma perché col tempo l’azienda ha capito che per gli spettatori è importante quasi esclusivamente il momento del live, quindi proprio la partita, e che invece tutto quello che avviene prima e dopo la partita interessa meno. Anche per questo dalla scorsa stagione è stata introdotta Fan Zone, una chat in cui gli utenti possono commentare in diretta le partite, mentre già da un po’ durante la partita sono consultabili sull’app di DAZN le statistiche, le formazioni e altre informazioni”.


domenica 21 Luglio 2024

Verboten

Il governo tedesco ha vietato martedì la pubblicazione di una rivista mensile di estrema destra, Compact, e le sue ulteriori operazioni, condannando la sua diffusione di contenuti razzisti, antisemiti e promotori di violenza: le sedi della rivista sono state perquisite e ci sono stati sequestri di materiale e riserve economiche. «La rivista aizza in modi indicibili contro gli ebrei, contro le persone immigrate e contro la nostra democrazia», ha detto la ministra dell’Interno.


domenica 21 Luglio 2024

Taboola e Apple News

Apple ha fatto un accordo con Taboola per affidare a quest’ultima la gestione della pubblicità sul suo servizio Apple News. Taboola è una piattaforma di gestione delle inserzioni pubblicitarie on line, una delle più grosse e importanti del mondo, con cui tutti abbiamo familiarità anche quando non vediamo l’indicazione “Taboola” accanto alle inserzioni suddette  qui ne avevamo scritto sul Post, per una notizia che poi venne sovvertita): viene spesso contestata perché il suo servizio – ancora più di quello gestito da Google, il più diffuso – spalma sulle pagine web contenuti pubblicitari spesso di bassa qualità o ingannevoli, ma la cui responsabilità è anche naturalmente dei siti che decidono di ospitarli senza sufficienti limitazioni (i siti possono impostare dei filtri), in modo da ottenerne più ricavi possibile. Om Malik, esperto autore e commentatore di cose digitali e tecnologiche, ha per esempio annunciato che cancellerà il proprio abbonamento ad Apple News, per insofferenza delle pratiche di Taboola.


domenica 21 Luglio 2024

Il Telegraph sempre in vendita

Non vi raccontiamo da tempo di che ne sia della ricerca di acquirenti per il Daily Telegraph – uno dei più importanti quotidiani britannici – perché per un po’ non è successo niente, dopo che il governo era intervenuto persino con una legge per evitare l’acquisto da parte di un fondo arabo.
Venerdì invece si doveva chiudere la scadenza per il nuovo giro di offerte (che riguardano anche il settimanale Spectator, che appartiene allo stesso gruppo), ma secondo il Financial Times potrebbero arrivarne ancora altre in questi giorni. Quindi eventuali chiusure dell’affare non ci saranno prima dell’autunno: le sorti del Telegraph sono particolarmente rilevanti per il suo essere considerato il quotidiano più vicino al partito Tory e ai suoi elettori, entrambi in un periodo di grande crisi.


domenica 21 Luglio 2024

Charlie, sulla stessa barca

Un articolo di Charlie Warzel sull’ Atlantic ha riassunto martedì alcuni dei tantissimi spunti offerti ai pensieri sull’informazione dall’attentato di una settimana fa contro Donald Trump. Uno è la rapidità con cui notizie di dimensione storica vengono digerite e si accavallano: che non significa che siano trattate più sbrigativamente, ma che l’intensità della loro circolazione e discussione ne satura ogni aspetto in tempi molto più brevi.
Un secondo è come gran parte di questa condivisione di informazioni sia condizionata dagli interessi dei messaggeri: gli interessi delle piattaforme digitali a incentivare l’uso dei propri spazi, gli interessi dei media vecchi e nuovi a guadagnare attenzioni, gli interessi di ogni individuo a ottenere visibilità per sé, per le proprie attività online o anche soltanto per la propria vanità e desiderio di affermazione di sé.
Un terzo aspetto è il conflitto tra i tempi precipitosi della circolazione e della discussione delle notizie da una parte, e quelli delle più elementari cautele sulla loro accuratezza dall’altra: nei minuti successivi all’attentato molte testate hanno dato la notizia dicendo quel che si sapeva fino a quel punto, e attente alle approssimazioni e falsità che spesso circolano nei momenti concitati successivi a imprevisti simili. E hanno titolato su “Trump ferito mentre si sono sentiti dei rumori simili a spari”; o hanno scritto del ” 
presunto attentatore ucciso”, che era quello che si sapeva in quel momento. Ma le esigenze affannose dei social network hanno rapidamente attaccato – con qualche supponenza – quei titoli, e li hanno fatti circolare a lungo, anche quando erano stati aggiornati, accusando i siti in questione persino di indulgenza nei confronti della gravità di quello che era successo.
Parte di questa confusione, che non fa che crescere ormai da anni, si deve alla fine della distinzione dei ruoli tra giornalisti di professione e persone che formalmente non lo sono: ma spesso quello che fanno è la stessa cosa – informare altri – e questa fine è inevitabile, da accettare, e in parte anche preziosa. Ma delle sue implicazioni i non giornalisti non sembrano avere ancora preso consapevolezza, e svolgono quindi quotidianamente ruoli rilevantissimi di promozione e diffusione delle notizie (vere o false: ma quello lo fanno anche i giornalisti) senza sentirne abbastanza la responsabilità, e con frequenti ingenuità e ignoranze su cosa sia il lavoro dei giornali. Invece di opporsi risentiti a una cosa che ormai è successa, gli stessi giornali farebbero un lavoro proficuo a condividere di più quello che serve sapere di come funziona il loro lavoro: siamo tutti sulla stessa enorme barca.

Fine di questo prologo.


domenica 14 Luglio 2024

Penultima

Ricordiamo che Charlie arriverà la prossima domenica, 21 luglio, e poi andrà in vacanza fino a settembre.


domenica 14 Luglio 2024

Il giornalismo lungo

Il Post ha annunciato i quattro libri finalisti del Premio Vero, il premio organizzato assieme alla Fondazione Peccioliper per promuovere il lavoro di informazione e spiegazione della realtà attraverso i libri.


domenica 14 Luglio 2024

Forni e fornelli

Un incidente maggiore è accaduto a diversi giornali italiani questa settimana, per assenza di verifiche aggravata da una precipitosa tendenza a pubblicare le notizie che generano indignazione o conflitto. Un messaggio spedito a un utente di Airbnb è stato equivocato – non si è ancora ben capito come – dal destinatario e da un sito di news israeliano, e raccontato come un “insulto antisemita”. La storia è stata ripresa da tante testate italiane, generando persino reazioni politiche, prima che si capisse che si trattava appunto di un equivoco linguistico: ma la comprensione è avvenuta a seguito di un’indagine interna di Airbnb successiva alle proteste, e non con una verifica da parte dei giornali prima di pubblicare la notizia.

A margine, nessun giornale sembra essersi preso la responsabilità della diffusione dell’errore (e delle reazioni conseguenti): l’articolo di aggiornamento di Repubblica che ha corretto la prima notizia parla di “alcuni quotidiani” che l’hanno ripresa e riferisce della richiesta di scuse da parte del protagonista, senza menzionare l’articolo di Repubblica precedente (tuttora online e non corretto).


domenica 14 Luglio 2024

Saluti

L’editoriale di saluto di Carlo Verdelli, che ha lasciato la direzione del settimanale di Oggi. Nello stesso numero anche Fabio Fazio ha annunciato la conclusione della sua rubrica.


domenica 14 Luglio 2024

Revisioni di revisioni

L’istituto della revisione del processo, nel diritto italiano, è abbastanza complicato: il Post lo aveva spiegato qui. Ed è abbastanza rara la sua applicazione, e questo spiega come mai alcuni giornali – quando devono occuparsene – diano notizie poco chiare o persino errate: errori a cui volte concorre la quotidiana tentazione a enfatizzare e a dare per definitive notizie in realtà parziali o precarie. È successo con la richiesta di revisione per il delitto noto come “strage di Erba“. Lo scorso gennaio diversi giornali avevano titolato “ci sarà la revisione” o “un nuovo processo” o “processo da rifare” o “ottengono la revisione” per raccontare quello che era solo un passaggio interlocutorio della richiesta di revisione: perché spesso l’espressione “processo di revisione” viene usata sia per la procedura che deve accogliere la richiesta di un nuovo processo, sia per l’eventuale nuovo processo. Ma mercoledì la Corte d’appello di Brescia ha stabilito che il nuovo processo non si farà.


domenica 14 Luglio 2024

Le parole per dirlo

Al Washington Post da tempo si discute del fatto che il “claim” introdotto nel 2016 per comunicare l’impegno del giornale – “Democracy dies in darkness” – dopo l’elezione di Donald Trump, possa avere perso parte della sua efficacia comunicativa, e soffra l’effetto di un messaggio che parla ai lettori di oscurità e morte. Anche per questa ragione una prossima campagna promozionale promossa dal nuovo management partirà dall’idea di “illuminare”, “accendere la luce”.


domenica 14 Luglio 2024

Nuovo corso a THR

Le disgraziate vicende dell’edizione italiana della testata di spettacolo Hollywood Reporter hanno avuto ancora qualche sviluppo questa settimana. Lunedì il sito BadTaste ha pubblicato una lunga ricostruzione attraverso i racconti delle diverse persone che ci hanno lavorato, da cui emerge un misto di approssimazione da parte dell’editore italiano, di superficialità della società americana e di occasionale ingenuità da parte delle direzioni e della redazione. Mercoledì l’editore Sandri ha risposto alle accuse di queste settimane con un testo indignato ricco di generiche smentite ma piuttosto disordinato e sfuggente rispetto alle contestazioni. Nel frattempo la nuova direzione di cui avevamo scritto la settimana scorsa ha dato un esempio della sua intenzione di portare il sito verso visibilità più facili e polemiche, prendendo una posizione contromano sulle accuse contro il cantante Morgan di cui si è parlato questa settimana.


domenica 14 Luglio 2024

I quotidiani a maggio

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di maggio 2024. Come ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludendo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui invece entra tutto. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.

Corriere della Sera 164.798 (-6%)
Repubblica 90.584 (-9%)
Stampa 62.225 (-14%)

Sole 24 Ore 53.884 (-6%)
Resto del Carlino 50.767 (-10%)
Messaggero 44.036 (-10%)
Nazione 33.237 (-10%)
Gazzettino 32.790 (-6%)
Dolomiten 27.784 (-2%)
Fatto 26.919 (-32%)
Giornale 26.199 (-6%)
Messaggero Veneto 23.851 (-11%)
Unione Sarda 22.093 (-6%)
Eco di Bergamo 22.047 (-4%)
Verità 21.100 (-14%)
Secolo XIX 20.671 (-10%)
Altri giornali nazionali:
Libero 18.041 (-16%)
Avvenire 14.545 (-6%)
Manifesto 13.752 (+9%)
ItaliaOggi 5.683 (-38%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

A prescindere dal calo annuale che riguarda sempre quasi tutti, questo mese non tutte le testate hanno perso copie rispetto al mese precedente: quelle le cui crescite superano le poche decine sono ancora il Manifesto (+3,8%) e poi Dolomiten (+3,1%), Repubblica (+2,2%), il Fatto (+1,5%) e il Sole 24 Ore (+1,5%).
La grossa perdita annuale del Fatto invece si deve ancora – e sarà così per diversi mesi – a un aumento del prezzo del quotidiano in edicola cinque mesi prima, che ha automaticamente determinato un aumento del numero di abbonamenti digitali con uno sconto “maggiore del 70%” (oltre 24mila), classificati quindi al di fuori di questi numeri (ADS divide in tre categorie gli abbonamenti digitali: quelli di fatto gratuiti, venduti a meno del 10% del prezzo del giornale; quelli “scontatissimi”, tra il 10% e il 30%; quelli ritenuti più sostanzialmente “venduti”, a un prezzo superiore al 30%). È utile ricordare che le offerte scontate sono una strategia che mira appunto a coinvolgere più abbonati per cercare poi di trattenerli quando le offerte scadono e i prezzi degli abbonamenti aumentano.
Continuano a perdere molto più di tutti Verità Libero, ma anche la Stampa.

Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che dovrebbero essere “la direzione del futuro”, non essendolo ancora del presente – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara quasi 37mila, il Sole 24 Ore più di 33mila, il Fatto più di 24mila, come detto sopra, Repubblica più di 15mila). Tra parentesi gli abbonamenti guadagnati o persi questo mese.
Corriere della Sera 46.507 (-342)
Sole 24 Ore 22.355 (-282)
Repubblica 21.315 (-367)
Stampa 6.647 (-270)
Manifesto 7.561 (+848)
Fatto 6.406 (+24)
Gazzettino 6.134 (-28)

Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora sempre del Tirreno (-16%); e poi del Mattino di Napoli (-22%) e dell’ Arena di Verona (-16%). Ha perso ancora il 31% la Provincia di Como, ne scrivemmo.

Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore un po’ grossolano, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui.

AvvenireManifestoLibero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)


domenica 14 Luglio 2024

USA Yesterday

Il Post ha raccontato la storia dei successi e delle attuali difficoltà del quotidiano USA Today, che abbiamo citato di recente su Charlie per le suddette difficoltà. Negli anni Ottanta fu una rivoluzione creare un quotidiano popolare, nazionale, fatto di articoli molto brevi, di foto a colori, e con una distribuzione moderna ed efficiente su tutto il territorio degli Stati Uniti. Ma quella modernità è ora diventata vecchia ed è stata messa in crisi dagli stravolgimenti di questi decenni.

USA Today arrivava nelle grandi città e nei piccoli centri, aveva una presenza massiccia negli aeroporti e chiuse accordi con molte compagnie aeree e catene di alberghi, che acquistavano molte copie da fornire gratuitamente ai propri clienti. I giornali erano anche venduti in oltre 100mila distributori di giornali, le scatole agli incroci delle strade in cui si inserivano monete e si prelevava la copia: non erano una peculiarità di USA Today , che però ne allestì un gran numero di distributori e particolarmente riconoscibili, a forma di televisione”.


domenica 14 Luglio 2024

CNN cerca di fare di più con meno

Il capo di CNN Mark Thompson, manager giornalistico di ricco curriculum chiamato pochi mesi fa a occuparsi della crisi della rete, ha annunciato il licenziamento di circa cento persone (il 3% dei dipendenti) e il progetto di uno spostamento verso il digitale delle priorità dell’azienda, con un sistema di abbonamenti che riguardi i contenuti video e non video. Tra le attività dismesse sembra esserci tutta la sezione “Opinion” del sito.


domenica 14 Luglio 2024

Charlie, grandi cose

Dal loro pubblico di lettori, i giornalisti sono spesso immaginati e ritratti come scaltriti esseri umani rotti a ogni esperienza, di grande realismo nel migliore dei giudizi, di grande cinismo nel peggiore. Educati dal mestiere alla diffidenza, alla critica, alla messa in discussione delle cose, ad “averne viste tante”, e a trattenere gli entusiasmi spontanei.
Ed è un po’ vero, che è un mestiere così, che fa diventare a volte così.

Ma c’è un elemento di ingenuità da cui tantissimi giornalisti e giornaliste, anche i più sgamati, non riescono a liberarsi, rivelando una affascinante debolezza. E che si manifesta nel momento in cui arriva un editore, o un direttore, che dice loro: “ho un progetto meraviglioso da affidarti, su cui ho grosse ambizioni e possiamo fare grandi cose, perché intendo investirci e darti le risorse e la libertà per realizzarlo”. Può essere un giornale nuovo, può essere un giornale da rilanciare, può essere una sezione del giornale, un progetto collaterale, uno sviluppo online, o un’altra cosa nuova e bella “che faremo insieme”.

E il giornalista o la giornalista accettano entusiasti e motivati, ovviamente: voi non accettereste? È tutto così convincente. Lo è persino per il giornalista o la giornalista che accettano entusiasti e motivati, malgrado “ne abbiano viste tante”. Malgrado abbiano visto tante storie simili in cui in tempi più o meno brevi l’editore si rende conto che i costi sono maggiori di quelli che aveva superficialmente calcolato; o che i tempi necessari a sviluppare quel progetto sono lunghi e serve pazienza; o abbiano visto che il direttore, una volta affidato quell’impiccio, torna a occuparsi d’altro; o che le risorse immaginate non ci sono, e non è possibile ottenere le due persone immaginate o qualunque altro strumento ipotizzato; o che certe cose non si possono fare, per via di questo e di quello. A volte il committente era in buona fede, e non sapeva bene quello che progettava e in che impresa si metteva; a volte aveva solo bisogno di rifilare delle castagne da togliere dal fuoco, e non l’ha raccontata giusta.

Giornalisti e giornaliste ne hanno viste tantissime di storie così. Eppure, quando l’offerta arriva a te, accetti, con entusiasmo. Faremo grandi cose.

Fine di questo prologo.