Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 30 Ottobre 2022
Se ricordate il grosso incidente giornalistico indiano che abbiamo raccontato la settimana scorsa ( se no è qui ), il giornale online The Wire ha infine dovuto ammettere l’errore e scusarsi, parlando di un non meglio descritto “inganno da parte di un membro del team investigativo” del giornale.
domenica 30 Ottobre 2022
Audiweb ha diffuso i dati di traffico dei siti internet di agosto. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news di attualità generalista e delle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio” . La seconda colonna mostra il dato del mese precedente ma, come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese. Ad agosto la gran parte dei siti ha avuto cali di varie misure, ma ci sono delle eccezioni.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna anche considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha circa 300mila visitatori unici, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna .
(manca ancora il dato di Quotidiano Nazionale , aveva spiegato Audiweb, per un errore per cui i dati di quella testata torneranno corretti dal mese di settembre)
domenica 30 Ottobre 2022
Annunciando lo sciopero, l’assemblea di Repubblica ha pubblicato sul sito un polemico comunicato .
” L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti di Repubblica è incredula e indignata per le dichiarazioni del direttore Maurizio Molinari che costituiscono una grave offesa all’intero corpo redazionale, di cui vengono sminuiti l’impegno e la professionalità. Un sommario Piano di riorganizzazione editoriale viene raccontato in un’intervista a una rivista di settore senza che sia mai stato presentato, nei suoi dettagli e nelle sue implicazioni, prima al cdr e poi alla redazione, come invece le corrette procedure sindacali imporrebbero”.
domenica 30 Ottobre 2022
La crisi di Repubblica , il secondo maggiore quotidiano italiano, ha avuto un salto di qualità negli scorsi due giorni: dopo che si era manifestata più visibilmente nelle scorse settimane, e dopo una complicata trasformazione iniziata tre anni fa .
Nel contesto di una frattura tra il direttore – fino a oggi molto in sintonia con l’editore – e una parte della redazione scettica sulla apparente mancanza di una visione e di un progetto e preoccupata del cospicuo calo di vendite, venerdì il mensile specializzato Prima comunicazione ha pubblicato un’intervista col direttore stesso, Maurizio Molinari, che ha infuriato o meravigliato molti dei suoi stessi giornalisti. L’assemblea dei giornalisti (il Comitato di redazione si è da poco dimesso) ha quindi immediatamente annunciato uno sciopero per cui il quotidiano non è uscito sabato e il sito non è stato aggiornato per 24 ore.
Le cose che i giornalisti hanno trovato inaccettabili dell’intervista a Molinari sono soprattutto l’aver scavalcato la redazione nell’esporre progetti e intenzioni sul futuro del giornale, un passaggio che sembra concordare con un giudizio negativo sulla redazione della sezione Affari e Finanza del giornale (con l’annuncio che sarà trasferita a Milano), e una fumosa esposizione che allude a un’intenzione di consegnare sempre di più ai feedback e alle reazioni dei lettori le scelte giornalistiche.
” Un giudizio diffuso negli ambienti economici finanziari milanesi è che l’economia di Repubblica sia un po’ moscia.
E quindi arriverà Galbiati da metà novembre. La risposta passerà attraverso il rilancio di Affari&Finanza, a cui Guerrera ha lavorato molto, così Galbiati non parte da zero. Io credo che sui temi dell’economia e della finanza, con in arrivo una sovrapposizione di inflazione e recessione, sarà necessario fare anche un giornale di servizio. Nei Paesi anglosassoni è molto comune, in Italia è più raro. Dovremo aumentare la qualità della informazione e aumentare l’interazione con i lettori. La redazione di Affari&Finanza sarà a Milano dove entro l’anno inaugureremo la nuova sede”.
“partiremo immediatamente con il progetto per l’online che prevede una continua indicizzazione dei contenuti, per intervenire rapidamente e costruire un’offerta informativa in linea con le preferenze dei lettori […] Non è niente di nuovo, le regole del Seo sono utilizzate da tutti i professionisti per intervenire sulle news e gli approfondimenti. Ma il nostro obiettivo è di agire in tem- po reale, più volte al giorno, utilizzando i dati che raccogliamo sui nostri siti, sulle app, sui motori di ricerca e sui social. Se usi bene in tempo reale il Seo, il giornale diventa responsive, dinamico. Il momento in cui raccogli i dati del traffico e li metti a disposizione della redazione si accorcia.
Cosa vuol dire essere responsive?
Il digitale si basa sulla conversazione con il lettore. I lettori, quando vengono sul sito e scelgono certi argomenti, è come se ti dicessero cosa vogliono. Sono indicazioni su cui lavorare per produrre storie in linea con i loro gusti.
Ma si potrà decidere di fare storie differenti, sganciate dal Seo?
Certamente sì, con il vantaggio che puoi sempre valutare le reazioni del tuo pubblico […] La responsabilità del coordinamento del Seo è del caporedattore centrale, Giancarlo Mola, e del suo ufficio, che è il fulcro di tutto il lavoro redazionale, di tutta la macchina. Sono un gruppo di undici persone, a cui l’unità Seo riverserà tutte le informazioni da utilizzare per indirizzare il lavoro delle redazioni. Questa è la parte più innovativa, quasi avveniristica. Il miglioramento della qualità dell’analisi è in accelerazione, i dati che oggi riceviamo dal Seo sono molto più sofisticati di quelli che ricevevamo sei mesi fa, o addirittura tre mesi fa”.
(per provare a comprendere un po’ di più dell’esposizione e dell’idea di Molinari si deve presumere che faccia forse un po’ di confusione sulle dinamiche della tecnologia e sui termini: e che quando parla di “Seo” – ovvero l’ottimizzazione dei contenuti per farli comparire nelle prime posizioni sui motori di ricerca – intenda invece riferirsi ai dati analitici sul traffico e sul comportamento dei lettori; ma anche l’uso del termine “responsive” sembra diverso da quello che gli viene abitualmente attribuito; ambiguità che sembrano entrambe condivise dal giornale che lo intervista).
Infine, ma questo è probabilmente più apprezzato da buona parte della redazione, Molinari sembra tornare sui suoi passi sul rivendicato allontanamento di Repubblica dall’identità di quotidiano dei progressisti italiani: “Le mail e le lettere che ci scrivono i lettori ci chiedono di diventare un punto di riferimento per ricostruire il fronte progressista”.
domenica 30 Ottobre 2022
C’è una strana contraddizione nei criteri con cui molte persone esprimono il proprio giudizio sul valore dei prodotti culturali, e giornalistici. Da una parte c’è una richiesta diffusa di una maggior “qualità” dei suddetti prodotti, che si emancipi dai successi di numeri, vendite, pubblico: nel caso dei giornali si chiede che non cerchino clic, traffico, lettori, generando un peggioramento della loro informazione; nel caso dei programmi televisivi giornalistici (o no) si chiede che non siano dipendenti dallo share o dall’attrattiva facile e mediocre. E si condannano editori, direttori, giornalisti, che producano informazione con le priorità di tenere alti i numeri, usando mezzucci o falsificazioni. Dall’altra, però, spesso le stesse persone usano i risultati quantitativi come criterio di giudizio e condanna degli stessi prodotti: se un giornale vende poco, se un programma tv chiude, se un film è un “flop”, questi fallimenti sono usati per screditare la loro qualità. Ai talk show si rimprovera di essere divenuti passerelle di litigiosi personaggi da circo, ma quando non lo sono e chiudono per bassi risultati ricevono lo stesso critiche per quello (o rallegrate prese in giro per la loro sconfitta). Come tutti sanno ci sono sì progetti giornalistici di qualità che sanno avere successo di vendite e lettori, ma il successo di vendite e lettori non lo ottengono solo i progetti giornalistici di qualità. Se un giornale va male, non è necessariamente perché è un cattivo giornale.
Fine di questo prologo.
domenica 23 Ottobre 2022
Tra dieci giorni uscirà in libreria il quarto numero della rivista del Post “Cose spiegate bene”, che è già disponibile per gli abbonati, a cui il Post offre la spedizione gratuita a casa nelle due settimane che precedono l’uscita: offerta che per i precedenti numeri ha generato circa il 20% delle vendite complessive. Nell’annunciarlo , il Post ha informato che dal 2023 la rivista avrà uscite regolari e più frequenti.
domenica 23 Ottobre 2022
La settimana scorsa abbiamo attribuito alla redazione del Corriere della Sera la protesta che invece riguardava i dipendenti dell’azienda editoriale a cui il Corriere appartiene. Doppie scuse.
domenica 23 Ottobre 2022
Abbiamo verificato che per alcuni destinatari di questa newsletter c’è un malfunzionamento dei link diretti verso Twitter che impedisce di visualizzare i tweet linkati: scusateci, faremo in modo di aggirare il problema d’ora in poi.
domenica 23 Ottobre 2022
Questa settimana la ” rubrica Bonomi ” – il format di articolo dedicato a dichiarazioni qualsivoglia del capo di Confindustria, editrice del giornale – è stata pubblicata sul Sole 24 Ore mercoledì , giovedì , venerdì e sabato .
In questo genere di sovrapposizioni tra contenuti del giornale e relazioni con l’editore, Repubblica ha ospitato venerdì nelle pagine della Cultura un lungo testo firmato dal padre del suo editore (già assiduo collaboratore della Stampa , dove queste relazioni erano più abituali e la presenza della proprietà più disinvolta da sempre).
domenica 23 Ottobre 2022
Un piccolo sviluppo di recenti tensioni tra la redazione del Corriere della Sera e il suo editore permette di mostrare una specifica priorità di quell’azienda verso un modello di ricavi ancora basato molto sulla pubblicità. Il direttore Luciano Fontana, scrive il sito Professione Reporter , avrebbe rassicurato la redazione sul fatto che l’assorbimento di giornalisti dalle edizioni locali dentro la società del Corriere non deve far preoccupare che poi l’aumentato numero di giornalisti sia usato dall’azienda per proporre riduzioni dell’organico.
Ma tra le ragioni proposte dal direttore per spiegare questa scelta – ragioni con tutta probabilità suggerite dall’editore – “Fontana ha detto al
Cdr che l’inserimento delle redazioni locali nel Corriere potrà accelerare la transizione digitale del giornale e consolidare la sua leadership: gli abbonamenti digitali collegati ai dorsi sono stimati al 15% del totale e il traffico, che durante la pandemia è raddoppiato e nell’ultimo anno è cresciuto del 33%, ha ampi margini di crescita. In secondo luogo, aumenteranno le copie di carta assegnate direttamente al Corriere “.
Insomma, si direbbe che l’accorpamento delle due società sia stato deciso per poter sommare e presentare agli inserzionisti dei numeri maggiori di visite sul sito e di abbonamenti “assegnati al Corriere “: a conferma che – così come avviene per le tante offerte scontatissime di abbonamenti digitali – l’editore del Corriere della Sera Urbano Cairo (imprenditore di riconosciute grandi capacità di venditore di pubblicità)
continui a dare la maggiore importanza all’attrattiva pubblicitaria del giornale.
domenica 23 Ottobre 2022
Il Post ha pubblicato in italiano il ritratto del Washington Post di Mathias Döpfner, capo della grande multinazionale dell’editoria tedesca Axel Springer, che avevamo citato su Charlie.
domenica 23 Ottobre 2022
Venerdì i giornalisti di Repubblica hanno pubblicato sul quotidiano e sul sito un lungo e polemico comunicato: a differenza di altri comunicati sindacali o dei Comitati di redazione – spesso fumosi o allusivi, dedicati a confronti con l’azienda più che a farsi comprendere dai lettori – questo era piuttosto concreto e ricco nelle sue contestazioni. Ma prima di spiegarlo bisogna che descriviamo un momento il contesto di Repubblica: i lettori di Charlie non sono ignari delle sue difficoltà per via degli impressionanti cali di diffusione del giornale che citiamo ogni mese quando parliamo dei dati dei quotidiani, ma la storia è molto più ampia.
Comincia dallo storico passaggio di proprietà del gruppo GEDI, editore di Repubblica e della Stampa, tra le altre cose: tre anni fa. Non un semplice cambio di editore, ma il passaggio del giornale più grande e influente della sinistra italiana a un gruppo industriale multinazionale enorme, che per una gran parte della sinistra suddetta è sempre stato nel peggiore dei casi un odiato nemico, o nel migliore dei casi un avversario con cui mantenere educati rapporti. E il nuovo editore non dice, come spesso capita in questi casi, “non cambierà niente, l’identità del giornale va conservata”; ma per bocca del nuovo direttore, giornalista di stimato curriculum ma che ha anche dimostrato grande complicità con l’editore negli anni precedenti, fa sapere che Repubblica diventerà un’altra cosa, non rivolta solo a lettori progressisti, in competizione con il Corriere della Sera sui lettori di ogni orientamento politico.
La scelta diventa presto palese in molte parti del giornale (nuovi collaboratori con posizioni meno progressiste, l’abbandono di autori storici e identitari del giornale, opinioni che spiazzano molti lettori, grande spazio alle ragioni promozionali delle aziende collegate al nuovo editore), e genera rapidamente un cospicuo calo di vendite e di visite: Repubblica è ormai enormemente staccata dal Corriere della Sera per diffusione del giornale, ed è stata superata anche sul web.
Dapprima editore e direttore ostentano indifferenza, lasciando capire che un piano lungimirante di ripensamento del giornale implichi inevitabilmente dei sacrifici durante la transizione, ma nel frattempo i tratti della transizione e della lungimiranza non appaiono molto chiari: né dal punto di vista del prodotto editoriale e dei suoi contenuti né dal punto di vista dell’innovazione, malgrado una predicazione di “digital first” che era apparsa già comunque datata, al suo tornare slogan nel 2020. L’unico intervento più visibile è commerciale, con la costruzione di sezioni “verticali” tematiche pensate per vendere più facilmente la pubblicità, e le esigenze pubblicitarie che sembrano contaminare maggiormente alcune scelte del giornale.
E così, malgrado l’editore abbia interessi industriali su scale straordinariamente superiori a quella di un gruppo di giornali italiani, e malgrado l’opinione di alcuni che l’acquisto e “irregimentazione” del giornale che in Italia poteva essere più critico nei confronti di alcune sue scelte nazionali sia un risultato soddisfacente, prima dell’estate di quest’anno qualche preoccupazione sulle prospettive comincia a essere discussa non solo nelle redazioni: in solo un anno e mezzo il giornale ha perso il 28% delle copie vendute in edicola e il 21% di quelle digitali non scontate. E malgrado le complicazioni contemporanee del business dei giornali abbiano aspetti economici e culturali molto meno semplici e molto più globali di così, riprende qualche vigore una corrente di pensiero per cui il problema di Repubblica sarebbe l’aver abbandonato la sua vecchia identità e che la soluzione possa essere “tornare alla vecchia Repubblica “. E per questa corrente di pensiero la scelta più a portata di mano potrebbe essere di dare la direzione del giornale a Massimo Giannini, giornalista molto fedele a quella vecchia impostazione che ora ha trasferito alla Stampa , di cui è direttore da due anni (e dove pure ci sono tensioni sul lavoro in redazione): questi elementi spiegano come mai, nelle scorse settimane, siano circolate voci e ipotesi – anche forse fatte circolare – di sostituzione del direttore di Repubblica Maurizio Molinari, che però sembrano lontane dalle intenzioni dell’editore (di cui è poco realistico un “ripensamento”, e meno ancora una disponibilità a una “restaurazione”). E che un annuncio di nuovi ruoli nella redazione da parte del direttore è sembrato ulteriormente ridimensionare.
E arriviamo infine al comunicato pubblicato venerdì (che arriva dopo una discussione interna che ha portato alle dimissioni del Comitato di redazione), che pone una serie di questioni puntuali ma che sono alimentate, e a loro volta alimentano, dal contesto generale descritto. I giornalisti di Repubblica protestano per come il giornale tradirebbe se stesso sui “diritti” rispetto ai contratti e per le ultime nomine, contestano la pretesa vaghezza del progetto sul giornale e criticano la stessa scelta del “digital first” – peraltro attuata a loro dire con risorse e visioni insufficienti – chiedendo che non sia trascurata la carta e sottolineando il “calo di copie in edicola”, e accusano l’azienda di indifferenza e indisponibilità.
“Non c’è più tempo. I giornalisti di Repubblica sono stanchi di promesse vaghe su risultati che non arrivano. Gli incontri estivi non hanno aperto strade da intraprendere insieme. Eppure il momento storico è tale da richiedere impegni concreti immediati. Siamo determinati ad alzare il livello dello scontro in mancanza di risposte adeguate. Ne va della nostra reputazione ed è nell’interesse dei lettori che ci danno fiducia”.
domenica 23 Ottobre 2022
È infine andato online Semafor , un nuovo giornale online americano di cui si parlava da diversi mesi (anche su Charlie ) per la fama dei due fondatori, per i loro annunci di esperimenti rivoluzionari e per i capitali raccolti per l’impresa. Il sito è partito subito con contenuti e articoli di attualità internazionale sostanziosi e interessanti, e con diverse newsletter, ma la cosa più proclamata e più commentata è un tentativo di innovazione nel formato degli articoli, che invece del consueto testo continuo li ripartisce in alcuni approcci distinti e riconoscibili. Un articolo del Post ha spiegato meglio tutta la questione delle sperimentazioni di questo genere.
domenica 23 Ottobre 2022
Il Manifesto è intervenuto venerdì sulla questione di cui sopra con un articolo molto polemico nei confronti dei siti che hanno adottato la scelta suddetta e dell’indulgenza del garante (l’esempio dell’edicola e del supermercato usato nell’articolo è fallace: avrebbe dovuto essere ” Nella vita reale sarebbe un po’ come andare in edicola, chiedere una copia del giornale ma per averla senza pagarla essere costretti a dire all’edicolante dove si abita, quale musica si ascolta o quali amici si frequenta”. Agli abbonati è infatti consentito di non accettare i cookie di profilazione).
” La risposta? Il garante della privacy ha scritto che “la normativa europea sulla protezione dei dati personali non esclude in linea di principio che il titolare di un sito subordini l’accesso” all’accettazione di quei cookie. Di quel cookie wall .
Per il garante va bene così insomma: si può fare. Salvo poi chiudere le poche righe di comunicato, con una frase che suona decisamente in contrasto con quelle precedenti: “… tuttavia apriremo una serie di istruttorie per accertare la conformità di tali iniziative con la normativa europea”.
Indagheranno, insomma. Col tempo. E dire invece che si tratterebbe di un’inchiesta apparentemente piuttosto facile.
Basterebbe fare un salto sul sito dell’European Data Protection Board (l’EDPB) che, vale la pena ricordarlo, è la massima autorità di vigilanza del vecchio continente e alle sue decisioni debbono attenersi tutti gli enti nazionali di garanzia”.
domenica 23 Ottobre 2022
Diversi siti delle maggiori testate giornalistiche – quelli del gruppo GEDI ( Repubblica , la Stampa , e diversi quotidiani locali), quello del Fatto , tra i molti: e altri li stanno per seguire – hanno introdotto nelle scorse settimane una novità nell’accesso alle proprie pagine: un messaggio che chiede al visitatore che non sia abbonato di abbonarsi o di accettare cookie o altre tecnologie di profilazione destinate a proporgli pubblicità più personalizzate per poter accedere a tutte le pagine del sito (nel caso di GEDI anche alle homepage).
La scelta è anomala e rischiosa. In generale, si tratta di un modo di rendere “non gratuite” anche le pagine disponibili a chi non è abbonato: ovvero di imporre un secondo paywall intorno al primo. I contenuti dietro il primo paywall “interno” sono disponibili solo a chi paga un abbonamento, quelli dietro il secondo più esterno sono disponibili solo a chi paga un abbonamento o a chi consegna i propri dati di navigazione attraverso i cookie.
L’obiettivo, per i siti che hanno attivato questa procedura, è di costringere gli utenti ad accettare la profilazione attraverso i cookie per poter vendere meglio la propria pubblicità agli inserzionisti: ottenere insomma quello su cui finora tutti i siti web si limitavano a chiedere un sì o no, ma adesso escludendo la possibilità del no. Chi non accetta non può accedere alle pagine gratuitamente. Che in termini logici ed etici non è necessariamente criticabile, benché anomalo: i giornali sono nel loro diritto di vedere pagato quello che producono e “vendono”, in un modo o nell’altro, come qualunque attività commerciale.
Il problema però è che la legittimità di questa scelta è piuttosto discussa e dubbia, e secondo molti non rispetta le linee guida del garante della privacy: per le quali non sarebbe possibile vincolare la scelta sul consenso ai cookie al pagamento di un abbonamento, come fanno ora esplicitamente questi siti. Il Post ha raccontato implicazioni e complicazioni dell’iniziativa, e venerdì il garante ha annunciato di avere “aperto un’istruttoria”, pur con premesse indulgenti (la sensazione è che una scelta così estesa e drastica da parte di tante aziende giornalistiche non sia avvenuta senza garanzie o rassicurazioni di una sua capacità di sopravvivere a un giudizio, magari con qualche contenuta richiesta di compromesso).
domenica 23 Ottobre 2022
C’è stato un incidente giornalistico piuttosto grave in India, che si trascina ormai da due settimane: la sua gravità è legata a un problema di credibilità dell’informazione nel paese in un momento in cui la partigianeria politica sta molto indebolendo le dinamiche democratiche e c’è molta sfiducia nei giornali. The Wire è un giornale online che ha soli sette anni – è nato descrivendosi come un progetto giornalistico indipendente in opposizione al grosso dell’informazione indiana troppo legato a poteri politici o economici – ma è già diventato molto importante e seguito. Dal 6 ottobre scorso ha pubblicato una serie di articoli che accusavano Meta – la società di Facebook e Instagram – di applicare ad alcuni politici nazionali un sistema di esenzione dalle regole sui post pubblicati (sistema di cui era stata a suo tempo raccontata l’esistenza come esperimento mai applicato) e anche di ottenere la censura di post altrui saltando i normali processi di segnalazione. Meta aveva immediatamente negato sostenendo che i documenti e le testimonianze citate da The Wire fossero falsi, ma il giornale aveva confermato tutto e fornito ulteriori documenti sui tentativi di Meta di individuare come la notizia fosse circolata. Nei giorni successivi c’era stato un intenso scambio di accuse, e molte attenzioni sulla polemica da parte dei media internazionali più abituati a standard di credibilità giornalistica, di quelli che rendono molto scandalose le accuse contro The Wire . Che martedì scorso, cancellando le sue posizioni precedenti, ha dovuto ammettere di stare rivedendo la credibilità della sua inchiesta, e tutto ormai sembra confermare che il giornale sia stato scellerata vittima di una falsificazione, i cui responsabili originali sono ancora tutti da individuare. Ma lo screditamento del giornale è divenuto immediatamente occasione di attacchi da parte dei politici che negli anni passati avevano avuto già tensioni con i mezzi di informazione.
domenica 23 Ottobre 2022
L’editore Mondadori sta vendendo Grazia , uno dei settimanali storici dell’editoria italiana e tuttora uno dei più venduti, con una diffusione di 124mila copie secondo gli ultimi dati ADS, diretto oggi da Silvia Grilli. L’operazione sta dentro un processo – che abbiamo raccontato in passato su Charlie – per cui Mondadori ha deciso da qualche anno di concentrare le sue attenzioni sui libri e liberarsi degli interessi sui giornali: ci sono state già molte cessioni di testate meno robuste, adesso restano in Mondadori soprattutto le due di maggior successo, Sorrisi e canzoni e Chi (rispettivamente 373mila e 150mila copie di diffusione).
Giovedì Mondadori ha annunciato una trattativa con il grosso gruppo editoriale francese Reworld per vendere Grazia e Icon (ex mensile di moda maschile che ora esce in sette numeri l’anno). Entrambi hanno anche diverse edizioni internazionali di cui Mondadori cede la licenza a editori stranieri.
domenica 23 Ottobre 2022
Parliamo di una cosa che riguarda solo le testate di informazione italiane, stavolta, ma è che di “scottante attualità”: il nuovo governo, nuovo e inedito per molti aspetti noti, che influenza avrà sulle opportunità commerciali dei giornali e dei siti italiani? Una parte della risposta è legata alle capacità di analisi e di visione del sottosegretariato a cui sarà affidata la delega all’editoria: finora quella delega – come gran parte della politica nazionale – non ha dimostrato grande competenza e sensibilità sui cambiamenti nell’informazione globale, e nel centrodestra se ne sono viste ancora meno. È quindi più probabile che la progettualità di questo governo si risolva – come anche per quello passato – nel rinnovare contributi economici privi di qualunque visione o indirizzo, e destinati soltanto a proteggere consuetudini in crisi e status quo, invece che incentivare soluzioni nuove o esperimenti di cui ci sarebbe bisogno.
L’altra parte della risposta è legata invece ai contenuti dei giornali: si sa che stare all’opposizione solitamente aiuta le vendite più di quanto lo faccia appoggiare i poteri vigenti. Questo potrebbe indebolire i quotidiani di centrodestra, e per esempio la Verità – titolare di grosse crescite “di opposizione” negli ultimi due anni – si è affrettata comunque ad attaccare il nuovo ministro della Salute (per essere stato favorevole al Green Pass) per mantenere un proprio posizionamento “contro”. Viceversa, Stampa e Repubblica che sono state molto critiche contro l’alleanza di governo in campagna elettorale senza beneficiarne molto, potrebbero trarne maggiori vantaggi d’ora in poi, se volessero rimanere sulla stessa linea. Più convincentemente aggressivo è stato ed è Domani – insieme naturalmente al Manifesto – che evidentemente sta investendo ancora molto nel provare a occupare uno spazio trascurato da Repubblica ; il Foglio poi si troverà a dover decidere tra più recenti critiche e più longeve sintonie con i partiti di questo governo; quanto al Fatto , potrebbe essere meno capace di mobilitare i propri lettori contro la destra di quanto non lo sia stato finora contro il governo Draghi o contro il PD.
Insomma, tra tutte le cose che dovremo osservare di questo governo, sarà anche interessante capire che variabile diventerà nelle scelte dei quotidiani e dei siti che si occupano di politica.
Fine di questo prologo.
domenica 16 Ottobre 2022
Luca Sofri, peraltro direttore del Post , ha brevemente commentato l’approssimazione di una versione offerta dal Fatto ai propri lettori a proposito degli sviluppi dei rapporti tra la Casa Bianca e l’Arabia Saudita.
domenica 16 Ottobre 2022
Una piccola ma preziosa consapevolezza su come vengono fatti i giornali che Charlie ha cercato spesso di diffondere presso i lettori è stata sottolineata esplicitamente in un articolo di Giacomo Papi su Repubblica , lunedì: ovvero il fatto che i titoli degli articoli siano preparati nelle redazioni senza coinvolgere gli autori degli articoli. Papi ha ritenuto di premunirsi rispetto all’eventualità che al suo articolo venisse assegnato un titolo pigro e rituale a proposito dei problemi della sinistra italiana.
domenica 16 Ottobre 2022
La contesa tra la redazione del Corriere della Sera – che non vuole tornare a lavorare a tempo pieno nella sede di via Solferino e chiede maggiori investimenti sul giornale – e l’editore prosegue, e la redazione ha deciso uno sciopero per mercoledì prossimo e ha prodotto un suggestivo spot a sostegno delle sue richieste.
domenica 16 Ottobre 2022
Il Post ha pubblicato in italiano l’articolo del Washington Post sulla ricerca di immagini sui social network da parte di giornali e giornalisti, che avevamo citato la settimana scorsa.
“Se da un lato la richiesta da parte dei giornalisti di utilizzare il lavoro altrui non è certo una novità, dall’altro la natura pubblica dei social media ha svelato il dietro le quinte della procedura e dato modo a chiunque di commentarlo. Qualcuno è rimasto infastidito nel vedere aziende giornalistiche multimilionarie implorare di fatto del materiale gratuito, di solito offrendo in cambio al fotografo amatoriale nient’altro che una citazione in didascalia. E poi c’è la questione di come queste richieste vengono formulate, spesso e volentieri con un artificioso misto di tono preoccupato e di solenne legalese”.
domenica 16 Ottobre 2022
Questa settimana la ” rubrica Bonomi ” – il format di articolo dedicato a dichiarazioni qualsivoglia del capo di Confindustria, editrice del giornale – è stata pubblicata sul Sole 24 Ore martedì , sabato e domenica .
domenica 16 Ottobre 2022
Nei giorni scorsi sono comparse con frequenza su alcuni grandi quotidiani diverse pagine pubblicitarie dell’azienda di pasta abruzzese De Cecco, dedicate a celebrare l’inserimento dell’azienda stessa in una lista dei “migliori datori di lavoro in Italia”: con grande visibilità del titolare dell’azienda Filippo Antonio De Cecco. Il tipo di inserzione permette di descrivere il lavoro di comunicazione collaborativo e “circolare” che coinvolge aziende, media e società esterne che offrono certificazioni a pagamento piuttosto generiche.
A dare a De Cecco il voto di 100 su 100 come “best employer” è in questo caso l'”Istituto Tedesco di Qualità e Finanza”, che è una società del grande gruppo editoriale tedesco Burda (pubblica molte testate importanti in diversi posti del mondo), che crea classifiche di “qualità” dedicate a centinaia di aziende e basate su ricerche di mercato descritte con linguaggi piuttosto oscuri sul sito; e poi vende alle aziende la possibilità di dichiararsi “certificate” rispetto a quella qualità, anche attraverso un trionfale bollo azzurro su cui di recente compare pure la partnership – a ulteriore garanzia di affidabilità – con la sezione “Affari e Finanza” del quotidiano Repubblica (questo anche quando le inserzioni sono ospitate da quotidiani dversi), la quale a sua volta promuove l’iniziativa.
Le aziende beneficiate dalle “certificazioni” dell’ITQF sono migliaia, e poi possono dichiararlo pubblicamente “a fronte del pagamento di una licenza temporanea”, come è indicato in piccolo e non con grande chiarezza nelle stesse pagine pubblicitarie ( nel caso di quella esposta da De Cecco “i 400 Migliori Datori di lavoro d’Italia possono ottenere il sigillo di qualità “TOP JOB – Best Employers 2022/23” e sfruttarlo su tutti i canali di comunicazione”; in altri casi arrivano a 750). È quindi nell’interesse di ITQF che le aziende ben figurino nelle proprie indagini, per poter vendere quei risultati alle aziende stesse, alle quali interessa usare nelle comunicazioni quella “certificazione” comprando pagine sui giornali (o spot in tv), ai quali interessa quindi che quelle certificazioni siano descritte come credibili. Tutti soddisfatti.
domenica 16 Ottobre 2022
Editoriale Domus, storico editore di molte testate giornalistiche italiane più o meno note (oggi, tra le altre, Quattroruote , Meridiani , Domus ) ha annunciato chiusure, licenziamenti e riduzioni di costi. Ne scrive così il sito Prima Comunicazione:
“Da gennaio non usciranno più il mensile Youngtimer, il trimestrale Auto Italiana, Meridiani cammini e lo specializzato in mezzi commerciali TuttoTrasporti. Non basta, perché il mensile Dueruote, dedicato a moto e scooter, avrà solo un’edizione digitale, rinunciando al cartaceo e integrandosi maggiormente con il settore Professional, mentre Ruoteclassiche, il mensile sulle auto d’epoca, verrà riassorbito nell’orbita di Quattroruote: il direttore della testata “Heritage”, da gennaio, sarà Gianluca Pellegrini, lo stesso di Quattroruote. Prende il posto di David Giudici, che insieme a Ruoteclassiche guidava anche Auto Italiana e Youngtimer.
Sofia Bordone, amministratore delegato, spiega tagli e licenziamenti con l’esplosione dei costi: “Nell’ultimo anno abbiamo avuto un aumento del 70% dei costi della carta e del 160% delle bollette energetiche. A luglio di questo abbiamo speso 68 mila euro per il mese di luglio. L’anno scorso erano 16 mila: insostenibile”. La revisione del parco testate era nell’aria da tempo.
[…] La decisione di vendere parte della grande sede di Rozzano – 17mila 500 metri quadri – è conseguenza dei tagli alle testate ma anche dello smart working, che da due anni consente ai dipendenti di svolgere il lavoro da casa per due giorni alla settimana. L’azienda conta di finanziare i lavori per una nuova sede, che verrà realizzata sui terreni di Rozzano, grazie alla vendita dell’attuale.
Editoriale Domus punta a sviluppare ulteriormente il settore “Professional”, che si rivolge a tutti gli operatori del settore della mobilità offrendo un supporto strategico per il loro business che parte dalla banca dati ma si sviluppa in una serie di servizi evoluti che vanno dalla consulenza alla formazione. Nel 2022 il settore ha portato nelle casse della Domus circa 20 milioni, in crescita rispetto agli anni precedenti, ma non abbastanza per compensare il passivo di gestione della casa editrice, che chiuderà con il segno meno per il terzo anno consecutivo”.
domenica 16 Ottobre 2022
Ultimo uomo è un apprezzato sito di informazione sportiva che ha in parte occupato uno spazio di “approfondimento” sullo sport – soprattutto sul calcio ma non soltanto – e di domanda per articoli più lunghi e riflessioni meno volatili, rispetto alle consuetudini delle testate sportive italiane. Nacque nel 2013 come piccolo esperimento di un gruppo di appassionati, guadagnò lettori affezionati e questo gli portò interessi e passaggi societari, con l’acquisizione da parte di Sky Sport nel 2018. Condizione che ha dato protezione economica a un progetto ancora piccolo in tempi difficili per le sostenibilità economiche ma che ha anche un po’ limitato le opportunità di crescita e invenzione. Così adesso Ultimo uom o è tornato a essere dei suoi autori, e si è congiunto con un’offerta di podcast sportivi che avevano creato nel frattempo, chiamandola Fenomeno . E provando a fare funzionare la prospettiva più promettente di questi anni per testate che siano capaci di costruire un pubblico fedele, quella degli abbonamenti e dei contenuti a pagamento: 60 euro per un anno e 6 per un mese, e un modello simile a quello del Post , con gran parte dei contenuti aperta a tutti, e alcune cose in più per gli abbonati.
” Noi crediamo ancora che la cosa più importante sia stipulare un patto il più sincero possibile con i lettori: noi scriviamo di quello che ci sembra più importante, o interessante, divertente, stimolante, e lo facciamo nel modo migliore possibile, se lo facciamo bene sarete voi a premiarci, in caso contrario amen. Ovviamente anche il nostro scopo, come quello di tutti coloro che scrivono, è farci leggere da più persone possibile, ma senza trucchi, non è una gara a chi scrive per primo o in modo più polemico del tema del giorno”.
domenica 16 Ottobre 2022
Il sito britannico specializzato in affari dei media PressGazette – che su Charlie citiamo spesso – ha riferito giovedì di una causa per diffamazione che si è estinta a Londra con un’implicita ammissione di responsabilità e un risarcimento “sostanzioso” pagato dal Corriere della Sera : la questione riguarda una serie di articoli dedicati all’acquisto di un edificio londinese da parte del Vaticano. La persona che ha ottenuto il risarcimento dal Corriere della Sera contestando la accuse rivoltele sul giornale ha anche fatto causa al gruppo GEDI per degli articoli su Repubblica e sull’ Espresso . La fonte della ricostruzione sull’accordo di risarcimento citata da PressGazette è un comunicato proveniente dallo stesso promotore della causa, mentre RCS – editrice del Corriere della Sera – non ha dato una sua versione.
(Il quotidiano Libero ne ha scritto in Italia, riprendendo l’articolo di PressGazette) .
“Secondo un comunicato stampa relativo all’accordo, un giornalista del Corriere della Sera interrogato dagli avvocati di Mincione ha sostenuto di non ricordare le fonti di alcune delle informazioni, mentre un altro giornalista ha ammesso di non aver verificato prove documentali, alcune delle quali sono state distrutte prima che il caso arrivasse in tribunale.
Dopo che Mincione aveva avviato un procedimento per diffamazione, l’editore ha ammesso che le accuse contro Mincione stesso negli articoli fossero diffamatorie. Aveva previsto di difendersi presso l’Alta Corte con l’argomento dell’interesse pubblico in un processo che avrebbe dovuto cominciare a novembre, ma a settembre ha invece offerto una transazione che prevede una “somma sostanziale” per il risarcimento. Mercoledì è stata letta alla corte una dichiarazione che conclude il caso.
Mincione, che aveva sostenuto che gli articoli avessero gravemente danneggiato la sua reputazione personale e professionale in Inghilterra, ha detto: «Questi articoli erano falsi, ingannevoli e altamente diffamatori. Mi hanno causato danni considerevoli. Anche dopo che erano stati pubblicati e che il danno era stato fatto, abbiamo cercato più volte di risolvere la disputa con RCS. È significativo che RCS non abbia nemmeno provato a sostenere che gli articoli fossero fondati, e si sia invece dedicata a una difesa basata sull’interesse pubblico. Come è successo durante tutta questa saga, nessuno è stato capace di produrre alcuna prova che io o le società del gruppo WRM abbiamo fatto qualcosa di illecito»”.
domenica 16 Ottobre 2022
Sono stati pubblicati lunedì scorso i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di agosto. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui , da cui si vedono, rispetto al mese di luglio, ancora recuperi di copie sensibili per alcune testate ( Avvenire , Fatto , Messaggero , Verità , Giornale ) e il calo peggiore di nuovo per Repubblica (ma fa impressione anche che calino tutti i tre maggiori quotidiani del gruppo GEDI: Repubblica , Stampa , Secolo XIX ): ma agosto è già un mese anomalo per le vendite cartacee, e questo era anche di campagna elettorale, quindi è difficile individuare fattori significativi.
Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi e severi confronti con l’anno precedente si ripete la lettura del mese scorso: i declini riguardano ancora una volta tutti eccetto la Verità (la sua grande crescita era avvenuta tra agosto e ottobre 2021, e quindi si vedrà se sta tenendo nei prossimi mesi) e il Corriere della Sera che ottiene un piccolo ma apprezzabile aumento*; ed è tornato a crescere rispetto a un anno prima, dopo diversi mesi, anche il Fatto . Si notano però soprattutto ancora il calo del 17% delle copie di Repubblica, dell’11% della Stampa (i due quotidiani maggiori del gruppo GEDI) e del 14% del Giornale .
(*nota di metodo: ADS registra una prima stima da parte dei quotidiani, e poi un dato successivo “contabile” che può avere piccoli assestamenti: è la ragione per cui i dati del 2021 che vedete nelle tabelle di Prima Comunicazione non sono gli stessi che erano stati pubblicati un anno fa , ed è la ragione per cui appunto il Corriere mostra un aumento e non una diminuzione, come sarebbe confrontando la stima del 2021 con la stima del 2022)
Come facciamo ogni mese, consideriamo invece un altro dato che è più indicativo rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale. Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):
Corriere della Sera 191.613 (-6%)
Repubblica 117.992 (-22%)
Stampa 82.468 (-13%)
Resto del Carlino 67.070 (-8%)
Sole 24 Ore 60.386 (-12%)
Messaggero 57.428 (-11%)
Fatto 47.636 (-8%)
Nazione 43.620 (-13%)
Gazzettino 38.141 (-9%)
Giornale 32.141 (-15%)
Verità 31.053 (+15%)
Altri giornali nazionali:
Libero 22.224 (-8%)
Avvenire 16.211 (-7%)
Manifesto 13.526 (+1%)
ItaliaOggi 10.531 (+4%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Altri dati più vistosi: la Stampa dichiara di avere perso quasi due terzi degli abbonati alla carta in cinque mesi (il 62%) passando da 9.962 a marzo a 3.822 ad agosto (erano addirittura 11.372 a settembre dell’anno scorso). Il Corriere della Sera ha perso circa 3mila abbonati digitali che avevano risposto alle offerte superscontate (quelle pagate meno del 30% rispetto al prezzo effettivo) ma ne mantiene ancora la grossa quota di 51mila (e ha perso anche la metà di un’altra offerta, quella delle copie digitali abbinate all’abbonamento cartaceo). Con 36mila copie il Corriere è primo anche tra gli abbonamenti digitali a prezzo superiore al 30%. Avvenire vende in edicola meno copie (5.184) del Manifesto e continua ad avere la maggiore diffusione di copie promozionali e omaggio (24.748).
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 16 Ottobre 2022
La “riforma Cartabia”, che ha introdotto alcune novità legislative nelle cose che riguardano il funzionamento della Giustizia in Italia, ha cercato di attenuare le derive peggiori dell’uso dei documenti giudiziari sui giornali e di proteggere maggiormente la “presunzione di innocenza” delle persone sottoposte a indagini: ma la materia è complicata e c’è un grande dibattito intorno al fatto che la riforma riesca o meno nei suoi intenti e che generi altre complicazioni. Ne ha scritto in un articolo esteso il Post .
domenica 16 Ottobre 2022
Una notizia americana di questa settimana aiuta a raccontare una situazione abbastanza paradossale per l’editoria giornalistica cartacea di molte parti del mondo: ovvero che per molti editori fare uscire un giornale è un costo, una perdita, tanto che un beneficio per i bilanci dell’azienda è generato persino dal fatto che il giornale non esca. Lo si era visto più palesemente durante la pandemia quando anche alcuni periodici italiani avevano diradato le uscite proprio per limitare gli onerosi costi di copie che sarebbero state acquistate molto poco. Adesso i tempi sono più “normali”, ma rimane che spesso un’edizione in meno è un risparmio: molte testate americane stanno tagliando il numero di copie cartacee che escono in una settimana e i “quotidiani” iniziano a uscire quattro, tre giorni alla settimana. E in una scala inferiore si fa in modo di favorire la riduzione di altri costi, a cominciare da quelli delle persone: Gannett , il più grande editore di giornali degli Stati Uniti, ha annunciato il blocco delle assunzioni e del contributo alle pensioni, l’assegnazione di cinque giorni di ferie non pagate a dicembre, incentivi all’uscita, e settimane di quattro giorni. È la condizione speculare di quella di cui parlammo qui la settimana scorsa (l’opportunità di fare buon giornalismo, a volte, senza pensare ai suoi ricavi), per cui per molte aziende giornalistiche la scelta non è neanche fare giornalismo peggiore perché costa meno, ma è proprio fare meno giornalismo, perché costa meno.
Fine di questo prologo.
domenica 9 Ottobre 2022
Da qualche mese riferiamo meno sulla “rubrica Bonomi”, ovvero – per i più recenti iscritti a Charlie – quello spazio che il Sole 24 Ore dedica con frequenza quasi quotidiana a dichiarazioni di quello che è di fatto il suo editore, ovvero il presidente di Confindustria, che possiede il giornale. Gli articoli della rubrica in questione – interessanti per la disinvolta e rivendicata ingerenza dell’editore nell’autonomia della redazione – si distinguono per il formato praticamente identico che prevede nel titolo il nome dell’editore e un suo virgolettato (quasi sempre dal contenuto insignificante o lapalissiano, privo di qualunque tratto di notiziabilità) e un articolo affidato quasi sempre alla stessa autrice e illustrato dalla stessa sobria foto dell’editore. Se ci torniamo è appunto per ricordare l’anomalia tuttora abituale, approfittando del fatto che questa settimana si è proposta ininterrotta per ben quattro giorni compresa una prima pagina, martedì , mercoledì , giovedì e venerdì
domenica 9 Ottobre 2022
La creazione di un nuovo quotidiano in Trentino in uscita il 3 novembre, annunciata nelle settimane scorse, è una notizia particolare perché l’informazione locale nella regione Trentino Alto Adige è in mano a un monopolio: un solo editore possiede tutti i maggiori quotidiani da decenni, con limitate competizioni solo online. Un anno fa ci eravamo tornati su Charlie scrivendo così:
“Il Trentino Alto Adige ha una condizione unica e speciale dal punto di vista dell’informazione locale: tutte le sue maggiori testate in entrambe le lingue sono di proprietà dello stesso editore, la società Athesia posseduta da una ricca e potente famiglia altoatesina. Un anno fa l’editore ha chiuso uno dei suoi quotidiani, il Trentino: le organizzazioni dei giornalisti stanno da allora contestando quella scelta. Qualche mese fa hanno avuto una piccola vittoria giudiziaria; adesso stanno contestando il regime monopolistico della regione, e protestando contro le priorità dell’editore che ha appena acquistato un importante e lussuoso albergo sul lago di Garda”.
Adesso l’ulteriore notizia è che – dopo l’annuncio dell’arrivo di un concorrente – l’editore Athesia ha deciso di “riaprire” il Trentino , tornando in edicola con il Nuovo Trentino due settimane prima del T.
domenica 9 Ottobre 2022
Il governo italiano uscente ha approvato – dopo che il suo Dipartimento per l’editoria affidato al sottosegretario Giuseppe Moles era stato piuttosto assente da iniziative o progetti di maggiore visione sul settore per tutto il suo mandato – la distribuzione di 90 milioni a sostegno “dell’editoria giornalistica”, in queste forme:
– un contributo una tantum fino a 2mila euro ciascuna per le edicole
– un contributo agli editori dei giornali cartacei col criterio di “5 centesimi ogni copia venduta”
– un contributo di 8mila euro per nuove assunzioni e uno di 12mila euro per trasformazioni di contratti a tempo indeterminato agli editori dei giornali, delle agenzie di stampa e delle radio e tv
– un contributo per “investimenti in tecnologie innovative” destinato ancora agli editori dei giornali, delle agenzie di stampa e delle radio e tv.
domenica 9 Ottobre 2022
Il successo della sezione della Stampa dedicata agli animali che si chiama “La Zampa”, di cui il Post e Charlie avevano scritto l’anno scorso, ha suggerito all’editore GEDI di farlo diventare un “hub” indipendente: ovvero trasformarlo in una sezione comune ai siti di Repubblica e Stampa , capace di raccogliere più efficacemente inserzioni pubblicitarie dedicate e – nelle sue versioni duplicate – di portare traffico ai siti di entrambe le testate.
domenica 9 Ottobre 2022
Due anni fa Charlie aveva scritto una prima volta di una certa “stanchezza da endorsement” sui giornali americani: la pratica di scegliere di sostenere un candidato a questo o quel turno elettorale è da tempo criticata per le sue controindicazioni – in particolare la difficoltà a far percepire ai lettori l’autonomia della redazione rispetto agli editoriali – a fronte dell’idea di servizio ai lettori che la orienta. Adesso i molti giornali del fondo Alden (quello famigerato per avere acquisito e ridimensionato molte testate per poi rivenderle) stanno comunicando con simili editoriali – i primi pubblicati venerdì, ma alcune testate hanno rinviato a dopo questa campagna elettorale – che non ospiteranno più endorsement di questo genere.
domenica 9 Ottobre 2022
Nella sua rubrica sulla prima pagina della Stampa , Mattia Feltri ha riassunto lunedì in un esempio i percorsi della falsificazione delle notizie da parte delle testate giornalistiche e le loro ricadute in termini di propaganda politica.
“Quel formidabile segugio di Matteo Salvini ha fiutato un’altra notizia delle sue, e l’ha diffusa con corredo di indignazione a maggior scandalo del bravo cittadino: un immigrato marocchino con sette mogli percepisce otto redditi di cittadinanza, uno per sé e uno per ognuna delle sette mogli. La notizia lì per lì mi è sembrata credibile per una ragione precisa: soltanto il trio Salvini-Conte-Di Maio, che la varò, poteva varare una legge capace di dare otto redditi di cittadinanza a un marocchino e alle sue sette mogli (la tendenza ad approvare leggi che si disapprovano, ecco una grande sfida per la psichiatria contemporanea). Ho cominciato a dubitare dopo una lunga riflessione, circa quattro secondi, sul presupposto che la poligamia in Italia non è consentita, e doveva essere complicato per le sette spose allegare una documentazione al di sopra di ogni sospetto. Però, siccome si sa mai, mi sono fatto la mia brava e breve indagine: la notizia è stata data con qualche prudenza da Affaritaliani.it, che citava Pugliapress.tv, dove il signor Antonio Pepe, coordinatore dell’Associazione autonomi e partite Iva, sosteneva di averla sentita al bar”.
Mercoledì invece il Foglio ha provato a verificare un’altra notizia molto pubblicata su siti e giornali, senza trovarne riscontro : quella sulla “bolletta da mezzo milione” che avrebbe costretto alla chiusura alcuni alberghi pugliesi.
domenica 9 Ottobre 2022
Tra le frequenti sovrapposizioni tra contenuti “giornalistici” e pubblicità sui maggiori quotidiani questa settimana segnaliamo due esempi legati alla moda, dove questi accavallamenti sono più vistosi. Repubblica ha dedicato venerdì un’intervista di ben due pagine alla stilista Miuccia Prada per celebrare le sue iniziative filantropiche, a poche pagine di distanza da una pubblicità di una pagina intera dell’azienda Prada; e sabato ha dato spazio alla notizia dell’apertura di un negozio di Armani, di cui pure aveva ospitato un giorno prima una pagina pubblicitaria. Il Corriere della Sera ha dato spazio sabato alla notizia dell’apertura di un negozio milanese di un brand, apertura che era stata promossa due giorni prima con una pagina pubblicitaria.
domenica 9 Ottobre 2022
«Non siamo mica Town & Country , siamo il fottuto Rolling Stone », dice Noah Schachtman, 51 anni e direttore di Rolling Stone da un anno, in un lungo articolo dedicato alla nuova identità di quel giornale, pubblicato su Vanity fair .
Rolling Stone è una testata mensile ormai “storica” e di grandi fasti passati: nacque nel 1967 come quattordicinale e contenitore di nuove culture del tempo, di molta musica, e di molti reportage di attualità, inventato da Jann Wenner, che ne è rimasto capo fino a pochi anni fa quando ha venduto al gruppo editoriale Penske: suo figlio Gus è ora CEO dell’azienda.
Schachtman aveva diretto per sette anni (in due ruoli diversi) Daily Beast , uno dei primi e più vivaci giornali online americani, dandogli uno spazio ammirato e criticato allo stesso tempo, attraverso scoop aggressivi e approcci “da tabloid”. Adesso, racconta l’articolo di Vanity Fair , sta portando quell’impostazione a Rolling Stone , con inchieste e posizioni polemiche e secondo alcuni “gli interessano più gli scandali sui musicisti che la musica che fanno”, malgrado una giovinezza da bassista: ma anche con un entusiasmo e una motivazione che sono apprezzati da buona parte della redazione. Rolling Stone dichiara tuttora una diffusione di mezzo milione di copie di carta, mentre la sua presenza online è diventata una priorità solo negli ultimi tempi con la direzione Schachtman.
domenica 9 Ottobre 2022
Le minacce di maggiori proteste della redazione del Corriere della Sera di cui avevamo scritto nelle scorse settimane si sono concretizzate giovedì e venerdì: i giornalisti hanno deciso di non firmare gli articoli per due giorni, e lo ha spiegato un ” comunicato sindacale ” giovedì. La questione, ricordiamo, è la richiesta dell’editore che i giornalisti tornino a lavorare stabilmente in redazione, condizione che secondo l’editore “valorizza il confronto, il dibattito e lo scambio di opinioni tra i giornalisti” mentre secondo il Comitato di redazione una “flessibilità del lavoro” è stata “utilizzata per fare un giornale di qualità”. A questo dissenso la redazione ha aggiunto la diffidenza per un’operazione societaria su cui l’azienda non ha consultato la redazione stessa – l’incorporazione nella società maggiore di quella che oggi contiene le edizioni locali del Corriere e i loro giornalisti. In un precedente comunicato il Cdr si era detto anche preoccupato di una terza questione – l’ingerenza della pubblicità nel lavoro dei giornalisti – ma quest’ultima cosa non appare una maggiore priorità della trattativa, come scriviamo qui sotto.
La forma della protesta – non firmare gli articoli pubblicati – ha esentato i “collaboratori, molti pagati a pezzo e al minimo contrattuale, che altrimenti perderebbero la loro retribuzione”, ma appare aver esentato ogni collaboratore, e sono state pubblicate regolarmente le firme di autori come Massimo Gramellini e Federico Rampini e Massimo Franco (che è uno dei giornalisti del Corriere della Sera in pensione che continuano a collaborare). Gli altri nomi che sono rimasti in testa agli articoli sono quelli dei vicedirettori (Fiorenza Sarzanini, Federico Fubini), che per norma non sono coinvolti.
Giovedì ha comunicato lo “stato di agitazione” anche il Corriere Fiorentino , appunto uno degli inserti locali del Corriere della Sera , ancora contestando la richiesta del lavoro in presenza (che secondo il Cdr non peserebbe “da un punto di vista della qualità del giornale”, qualità che gli stessi giornalisti assimilano però ai risultati quantitativi come “i dati di vendita del cartaceo” e i “contatti sul sito”).
domenica 9 Ottobre 2022
Il Washington Post ha pubblicato delle considerazioni molto elaborate e interessanti sulle implicazioni dell’abitudine ormai molto frequente da parte delle testate giornalistiche di usare – nel loro lavoro di informazione – le immagini pubblicate dalle persone sui social network. L’articolo non considera i casi – tuttora molto diffusi – di contenuti “fatti propri” dai siti di news senza neanche chiedere agli autori di foto e video che sono stati pubblicati online: ma si dedica ai casi – ancora non così consueti in Italia – in cui un giornale o un giornalista contatti qualcuno sui social network per chiedergli il permesso di riprendere e pubblicare la sua immagine (spesso relativa a notizie drammatiche e portatrici di dolore).
Da una parte, spiega l’articolo, ha assolutamente senso che i mezzi di informazione attingano a ogni contenuto che possa permettere loro di mostrare e raccontare meglio le notizie ai loro lettori; e dalla stessa parte c’è l’impossibilità da parte dei giornali e dei siti di news di avere fotografi o operatori video sul posto di ogni notizia inattesa, dove invece ci sono quasi sempre persone in grado di riprendere immagini efficaci. Dall’altra c’è il fatto che le immagini richieste agli autori, benché generino qualche misura di ricavi, non siano quasi mai retribuite – approfittando del fatto che gli autori non siano professionisti e che spesso apprezzino di avere le loro foto mostrate e attribuite in tv o su un grande sito di news – e che questo diventi un incentivo per smettere di usare e retribuire i fotografi professionisti.
Su questi fattori contraddittori si innestano poi spesso le delicatezze di certe situazioni e una tendenza – a volte motivata – a reagire con risentimento nei confronti del lavoro dei giornalisti, percepito come invadente e insensibile: a volte dagli autori delle immagini ma soprattutto dal pubblico dei social network che assiste alle richieste. Per non parlare della necessità di avere garanzie che chi ha pubblicato un’immagine o un video online sia davvero l’autore di quelle immagini e il titolare dei diritti di riproduzione.
domenica 9 Ottobre 2022
All’interno di una scelta di distacco dalle news e dal giornalismo professionale (di cui avevamo scritto ), Facebook ha annunciato anche che dismetterà il suo servizio – chiamato Bulletin – per la produzione e invio di newsletter, che aveva costruito e promosso un anno fa per entrare in competizione in quel settore nel momento del grande successo della piattaforma Substack. Adesso le prospettive si sono un po’ ridimensionate: Substack ha ridotto i suoi occupati e Facebook ha deciso di rinunciare, malgrado investimenti sensibili fatti al lancio nel coinvolgere autori di grande attrattiva.
domenica 9 Ottobre 2022
Elton John, il principe Harry, e altri noti personaggi britannici hanno presentato una denuncia contro la società editrice del quotidiano Daily Mail , accusandola di avere permesso invasioni indebite e criminali nella loro riservatezza, installando microspie e sistemi di sorveglianza ai loro danni, corrompendo agenti di polizia e investigatori per ottenere informazioni, mentendo per ottenere documenti ospedalieri e medici, accedendo illecitamente a documentazioni bancarie.
Le accuse seguono una lunga storia di dimostrate pratiche di questo genere da parte della stampa scandalistica inglese, storia che ebbe il suo periodo più drammatico e spettacolare con la chiusura del settimanale News of the World nel 2011.
domenica 9 Ottobre 2022
Una ricerca sull’uso di Twitter citata dal sito NiemanLab dà qualche spunto sulla questione più grande di tutte, forse: prendendo con le molle qualunque ricerca di questo genere. Ma il dato interessante è che la maggior parte degli utenti di Twitter non farebbe parte – come vuole la sensazione più diffusa tra chi si occupa di analisi dell’informazione – di una “bolla” di consenso politico partigiano, in cui ciascuno segue soprattutto account con cui è in sintonia senza entrare in contatto con idee e opinioni diverse. Questo, dice l’analisi, in effetti accade e accade per ogni parte politica: ma riguarda una minoranza. La maggioranza, persino su una piattaforma come Twitter spesso raccontata come la piattaforma dei giornalisti e della politica, segue tutt’altro genere di account – celebrities, soprattutto, o conoscenti – ed è destinataria di pochissimi contenuti di informazione, che vengano dai media giornalistici o dalla politica. La maggioranza non segue giornalisti, opinionisti, commentatori dell’attualità o politici, e dal coinvolgimento nel dibattito politico sta fuori.
Potrebbe persino suonare una buona notizia, considerato quello che è a volte il dibattito politico su Twitter, o altrove. Ma lo spunto è interessante per segnalare quella che abbiamo chiamato “la questione più grande di tutte”: ovvero la quota enorme e preponderante di persone che non viene interessata o coinvolta in generale nell’informazione giornalistica sull’attualità e nella spiegazione del mondo e della realtà (che non necessariamente viene solo dai giornalisti “professionisti” o dalla testate giornalistiche). Tutto quello di cui parla Charlie, per capirsi, riguarda un servizio pubblico di informazione che non raggiunge il grosso delle persone: e i mezzi di informazione che comprensibilmente cercano di conservare mille o diecimila lettori in più dovrebbero ricordarsi, in quello che fanno e in come lo fanno, anche dei milioni e delle decine di milioni che li ignorano.
Fine di questo prologo.
domenica 2 Ottobre 2022
L’evento del Post a Faenza – Talk, alla sua quarta edizione a Faenza e sesta complessiva – si è tenuto lo scorso weekend con grandi partecipazioni e soddisfazioni, tanto che gli accoglienti spazi che lo ospitano dovranno essere arricchiti negli anni a venire. Qui ci sono diverse immagini , l’intenzione è di portarlo nel 2023 in altre città (dopo Faenza e Pesaro) come era già in programma – a conversazioni con le amministrazioni locali già avanzate – prima della pandemia: Talk è diventato non solo un’opportunità di ricavo economico attraverso le partecipazioni di sponsor locali e nazionali, ma soprattutto una grande occasione di aggregazione della comunità degli abbonati e dei lettori e di promozione del “brand” e dei suoi contenuti.
domenica 2 Ottobre 2022
Nel promuovere il nuovo progetto di formazione che era stato annunciato nei mesi scorsi, l’amministratrice delegata della società editrice del Fatto Cinzia Monteverdi ha riferito in toni preoccupati – in un articolo pubblicato sul giornale – l’attuale situazione economica del giornale stesso. E alluso a riduzioni dei costi nella distribuzione del giornale alle edicole, intenzione che sembrava già affiorare da alcune iniziative dei mesi passati.
“Il consiglio di amministrazione della Società Editoriale Il Fatto ha approvato ieri la relazione finanziaria semestrale. Stiamo attraversando tempi duri. Il risultato non è positivo. Questi tempi duri erano previsti. Non è stata dunque una sorpresa per noi. Dallo scoppio del conflitto abbiamo subìto l’aumento dei costi industriali. Le edicole scricchiolano su dati altalenanti e anche la raccolta pubblicitaria, sia sul web che sulla carta, con la guerra ha avuto un calo legato a un mercato che sostanzialmente si è bloccato.
Siamo già all’opera da mesi per il nuovo piano industriale, che verrà deliberato a fine ottobre. Credo fortemente che questo momento sia il più importante a livello societario di quelli che abbiamo vissuto finora. E anche il più sfidante.
Quello che stiamo registrando è un’evoluzione che avremmo dovuto comunque affrontare e che, a causa del conflitto bellico, ha avuto un’accelerazione importante. Ma è proprio da questi momenti che ci si sveglia con una forza ancora maggiore.
L’anno che stiamo vivendo è stato caratterizzato da turbolenti tensioni geopolitiche esacerbate dallo scoppio del conflitto in Ucraina, fattori che hanno contribuito a generare uno scenario macroeconomico molto complesso. La difficile congiuntura, aggravata dall’aumento generalizzato dell’inflazione, ha avuto ripercussioni negative sulla domanda nel settore in cui operiamo. Inoltre la crescita del costo energetico e quello delle materie prime hanno influenzato ulteriormente le nostre spese di stampa e i nostri margini.
Il momento che stiamo affrontando è tra i più sfidanti dalla nascita di Seif e rimaniamo focalizzati sull’attenta gestione della Società, impegnandoci a costruire il suo futuro. Le nuove linee strategiche tracciano la strada per il recupero già nel triennio del nuovo piano industriale, 2023-2025. I punti fondamentali verteranno sulla definitiva transizione digitale e sulla conseguente ottimizzazione del piano di distribuzione nelle edicole per il contenimento dei costi industriali; sulla nascita del ramo dedicato alla Formazione che punterà ad avere un nuovo target legato a un bisogno fondamentale e necessario nella vita; sulla creazione di contenuti nelle forme tecnologicamente più innovative per soddisfare un pubblico che non compra i giornali”.
domenica 2 Ottobre 2022
Dal ritorno delle vacanze questa newsletter ha un po’ trascurato le segnalazioni di “ingerenze” degli editori nei contenuti dei quotidiani italiani, e il rischio è che ci abituiamo tutti a una cosa che normale non sarebbe: abbiamo appena parlato di quanto sia delicata e trattata con difficoltà e cautele una simile questione al Washington Post . Da noi invece la promozione anche personale degli editori – non solo dei loro interessi economici – è operata con straordinaria disinvoltura, e più visibilmente sui quattro quotidiani maggiori. Questa settimana il caso più vistoso è stato quello di Stampa e Repubblica che hanno dedicato senza imbarazzi pagine intere (e Repubblica anche un richiamo in prima pagina) alla partecipazione del proprio editore John Elkann a una conversazione pubblica all’interno di un evento organizzato dall’azienda stessa.
domenica 2 Ottobre 2022
In Francia è stata presentata con una campagna pubblicitaria una nuova newsletter giornalistica – si chiama Glitz – dedicata al business della moda e del lusso, curata da un gruppo che già si occupa di reporting di inchiesta su altri temi assai più “da inchiesta” (servizi segreti, politica e poteri francesi): gli autori hanno spiegato al New York Times che la moda ha similitudini con questi contesti bisognosi di maggiore informazione accurata e indipendente, e che costruiranno una redazione di quindici persone con un investimento di qualche milione di euro.
“Ci siamo spinti nel lusso perché sembrava un settore fatto per noi: chiuso, governato da famiglie, con pochissime informazioni disponibili e un controllo ossessivo sulla reputazione. È il tipo di ambiente su cui andiamo forte. Per noi, è la stessa cosa di indagare su un colpo di stato in Mali o sullo spionaggio in Cina.
Abbiamo realizzato che praticamente ogni altro giornale ha legami, in un modo o nell’altro, con l’industria del lusso. E abbiamo pensato ci fosse spazio per occuparsene così come si farebbe con l’industria delle armi o farmaceutica”.
L’abbonamento a Glitz è piuttosto costoso e immagina clienti tra le aziende e gli addetti ai lavori: la newsletter ha messo online alcuni dei suoi primi articoli per dare un’idea del proprio lavoro, in francese e in inglese.
domenica 2 Ottobre 2022
Finora non è sembrato, e anzi molti hanno sostenuto – scherzando fino a un certo punto – che quello del Washington Post fosse il vero modello di business vincente in questi tempi difficili: trovare un ricchissimo miliardario che metta un sacco di soldi nel giornale. Ma questa settimana Dan Froomkin – studioso delle debolezze etiche dei media – ha scritto sulla Columbia Journalism Review un lungo articolo che pur ammettendo che non risultino a oggi interventi discutibili di nessun genere da parte dell’editore sulla fattura del giornale, la dimensione delle sue imprese crei un conflitto di interessi inevitabile, e un gravame psicologico sul comportamento dei giornalisti. Il rischio è diventato più concreto con gli ultimi interventi pubblici di Bezos contro le proposte economiche del presidente Biden, che hanno messo il Washington Post nella vulnerabile condizione di non poter prendere posizioni sulla materia senza sembrarne influenzati, in un modo o in un altro.
domenica 2 Ottobre 2022
Due giorni dopo i risultati elettorali, un importante studio legale romano famoso soprattutto per occuparsi di questioni familiari di persone pubblicamente note, ha inviato una ” diffida ” ai mezzi di informazione in cui si invitava a non pubblicare foto o informazioni sulla figlia minorenne di Giorgia Meloni – quest’ultima probabile prossima presidente del Consiglio italiana – “come già incautamente e illegittimamente accaduto in queste ore”. La ” carta di Treviso ” a cui allude la richiesta è una dichiarazione di intenti – non sempre osservati nella pratica – sulla tutela dei minori nel diritto di cronaca, che risale al 1990 (tempi assai diversi sia per l’informazione che per la visibilità pubblica dei minori).
domenica 2 Ottobre 2022
Il Comitato di redazione del Corriere della Sera ha pubblicato sul giornale di sabato un comunicato molto agguerrito contro l’azienda, contestando tre cose: la prima, che appare quella più sentita, è la richiesta dell’azienda che i giornalisti tornino a lavorare a tempo pieno in redazione; la seconda l’avevamo citata la settimana scorsa, ed è il timore che un’operazione di aggregazione di società nasconda intenzioni poco promettenti per i dipendenti; la terza è la preoccupazione – che però appare molto superata dai fatti – che ci siano “invasioni di campo da parte del marketing e della pubblicità”. Il comunicato riferisce che il Comitato di redazione ha ricevuto mandato dai giornalisti di gestire la possibilità di cinque giorni di sciopero. La “risposta dell’editore” tiene il punto su tutto.
( Intanto nei giorni scorsi c’era invece un ricco articolo di Vanity Fair sulle agitazioni al New York Times , dove molti giornalisti si sentono poco ricompensati dei successi dell’azienda, e c’è una trattativa sugli aumenti molto tesa: con la direzione tra l’incudine e il martello).