Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 22 Gennaio 2023

Down under

L’Australia ha 25 milioni di abitanti circa la cui lingua principale e condivisa è l’inglese, di cui 15 milioni vivono nelle cinque città maggiori, ed è una federazione di sei stati: sono i dati di contesto che aiutano a descrivere lo scenario delle sue maggiori testate quotidiane che sono quasi tutte molto legate alla città e allo stato dove vengono pubblicate, con l’eccezione dell’ Australian , considerato “quotidiano nazionale” (“nazionale” è anche il più specifico Australian Financial Review ). Una quota grandissima dei quotidiani grandi e piccoli è pubblicata da News Corp, la grandissima società multinazionale dell’editore australiano Rupert Murdoch che possiede tra gli altri anche il Wall Street Journal e il Times di Londra (un’altra società di Murdoch controlla la grande e famigerata rete televisiva americana Fox News ). Tra i quotidiani di Murdoch in Australia ci sono lo stesso Australian , lo Herald Sun di Melbourne che è la testata a maggiore diffusione, il Daily Telegraph di Sydney, il Courier Mail di Brisbane: e lo stesso gruppo possiede anche uno dei maggiori siti di news, News.com.au . Un altro grande editore che possiede diverse testate e una rete televisiva si chiama Nine: possiede gli importanti e “gemelli” Sydney Morning Herald (i quotidiani considerati più autorevoli del paese, fondati nell’Ottocento) e The Age (di Melbourne), e l’ Australian Financial Review , tra gli altri.

Questa settimana The Age ha scelto un nuovo direttore dopo che la direttrice precedente Gay Alcorn – la prima donna in quel ruolo in 165 anni – aveva dovuto lasciare l’incarico dopo soli due anni a causa della malattia di suo marito: il nuovo direttore si chiama Patrick Elligett ed è al giornale da quattro anni.
Anche il Sydney Morning Herald ha un direttore che aveva sostituito una direttrice, Lisa Davies: si chiama Bevan Shields e ha 38 anni.


domenica 22 Gennaio 2023

I siti di news a novembre

Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a novembre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generaliste e delle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). A novembre la notizia principale è che Repubblica è di nuovo davanti al Corriere della Sera , per il secondo mese dopo un rilevante periodo di sorpasso da parte del Corriere . Altri dati notevoli sono la crescita del Gazzettino e il recupero sul mese scorso del Sole 24 Ore e del Mattino (questi ultimi due andavano infatti meglio un anno fa). Cala molto lo Huffington Post che però aveva avuto una crescita eccezionale il mese passato, e questo mese peggiora anche il dato del Post , che torna a essere superato dal Mattino .

Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha circa 300mila visitatori unici, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica IoDonna.

 


domenica 22 Gennaio 2023

Bezos è andato a dare un’occhiata

Il Washington Post è in un periodo complicato, come già raccontammo . I suoi indiscutibili successi in termini di crescita e ritorno alla competitività e ruolo anche internazionale, che sono seguiti all’acquisto da parte di Jeff Bezos e ai suoi investimenti, si sono arrestati nell’ultimo anno, proprio quando il giornale provava a crescere ulteriormente con nuove risorse economiche dedicate a competere con altre grandi testate anglofone anche fuori dagli Stati Uniti. Ci sono stati annunci di licenziamenti, è probabile che il 2022 sarà chiuso in passivo per la prima volta dopo alcuni anni, e ci sono grandi preoccupazioni o curiosità su come possano procedere le cose. Quindi il New York Times – che benché si trovi in un altro campionato rispetto a qualunque altra testata vive tuttora il Washington Post come il suo maggiore concorrente – ha riferito di una significativa e rara visita dello stesso Bezos al giornale, per discutere con i suoi dirigenti. L’articolo del New York Times interpreta la visita come un’esibizione di presenza e di impegno rispetto ai destini del giornale, a fronte delle preoccupazioni di molti giornalisti.


domenica 22 Gennaio 2023

In teoria e in pratica

“L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha approvato un nuovo regolamento che fornisce le istruzioni su come debbano avvenire gli accordi attraverso i quali le grandi piattaforme online, come Google e Facebook, dovrebbero pagare agli editori dei giornali i diritti d’autore sui loro articoli”, scrive il Post nel suo più esteso articolo che spiega il senso della notizia.
È una storia che ha molte puntate precedenti, già raccontate da Charlie, e avrà ancora molte puntate successive. A quello che spiega l’articolo qui possiamo aggiungere che l’applicazione del regolamento ha molte incognite: intanto perché stabilisce una serie di parametri da valutare per indirizzare le eventuali trattative tra ciascuna testata e ciascuna piattaforma verso degli accordi economici specifici, e questi parametri lasciano – inevitabilmente – molti margini. E poi perché gli interessi e le implicazioni in ballo sono diversi.

Uno per esempio è quello del beneficio che i siti di news già traggono dal traffico offerto loro dalle suddette piattaforme, che potrebbe diventare un elemento – esplicito o implicito – del potere contrattuale delle piattaforme. In un articolo di sabato sul quotidiano ItaliaOggi , il direttore del sito VareseNews Marco Giovannelli (che è presidente dell’Associazione della stampa online a cui aderiscono molti giornali online locali o più piccoli) ha spiegato che “le realtà più piccole vogliono tutelare il significativo traffico che traggono dai motori di ricerca”: l’autore dell’articolo Marco Capisani ha tradotto l’affermazione in: “non si vuole correre il rischio di essere penalizzati dagli OTT (le piattaforme in questione, ndr) , magari in un secondo momento, a vantaggio delle testate maggiori”.

E poi c’è che molti editori hanno già concluso accordi proprio con Google attraverso il progetto “Showcase” : ovvero uno spazio online non particolarmente significativo ma che Google ha creato come modo per gestire in proprio le richieste economiche esistenti o eventuali delle testate. Insomma per dare dei soldi agli editori senza esservi costretto e dettando le condizioni. Adesso quegli accordi potrebbero diventare uno strumento per Google (“se volete altri soldi per via del nuovo regolamento annulliamo quelli su Showcase”) ma anche per le testate (“se non volete che vi chiediamo altri soldi per via del nuovo regolamento, datecene di più per Showcase”).

Questa è la ragione per cui, per esempio, il nuovo regolamento è stato celebrato per due giorni con toni entusiasti e con grande priorità di spazio da Repubblica , e invece molto più sinteticamente dagli altri quotidiani: Repubblica è tra i pochi a non avere fatto accordi su Showcase cercando di alzare il prezzo con Google e confidando che il regolamento atteso glielo avrebbe permesso.


domenica 22 Gennaio 2023

Charlie, il verbo dirigere

Spesso i lettori – tutti noi – sono meravigliati dalle assenze di vigilanza o di semplici giudizi da parte dell’Ordine dei Giornalisti rispetto alla violazione quotidiana delle regole etiche che lo stesso Ordine promuove o che sono nelle sensibilità dei lettori stessi. Ci sono ragioni pratiche (l’Ordine interviene con meccanismi assai farraginosi e mezzi assai poveri), ma è anche discutibile la pretesa che l’Ordine stesso – di cui è spesso discusso il senso stesso dell’esistenza – funzioni da organo repressivo e punitivo più di quanto non sia educativo. Se le violazioni avvengono così di frequente (in quindici giorni è intervenuto su ben due casi maggiori il Garante per la Privacy) c’è qualcosa che non va nel modo in cui vengono condivisi e tramandati principi e responsabilità dell’informazione, che nella cultura redazionale italiana non hanno mai avuto un grande radicamento. Già che esiste e già che è spesso criticato comunque, è un ruolo che potrebbe assumersi l’Ordine stesso senza temere altre accuse. Ma soprattutto è un ruolo per il quale la responsabilità maggiore sta sulle spalle dei direttori, figure tuttora di grande potere nelle strutture dei giornali e nella creazione di modelli di comportamento, malgrado le invadenze degli editori. Le violazioni, i richiami del Garante, le trascuratezze etiche, le promuovono e le avallano o le disincentivano e le impediscono i direttori, più di chi firma gli articoli e viene poi perseguitato sui social network. Danno la direzione.

Fine di questo prologo.


domenica 15 Gennaio 2023

L’anno passato

Il Post ha pubblicato alla fine dell’anno la tradizionale selezione rappresentativa delle prime pagine dei quotidiani, che riassume un po’ il 2022 e un po’ il modo con cui il giornalismo italiano lo ha raccontato.

“Il 2022 è stato soprattutto un anno di prime pagine che hanno annunciato fatti non avvenuti, “notizie che non lo sarebbero state”: la guerra atomica, il ritorno della pandemia e delle sue conseguenze, un inverno senza gas e senza riscaldamento, la “fine di un’era” per molte occasioni, ma anche prospettive fallite più puntuali (“Liz Truss la nuova lady di ferro”). Per diversi mesi senza interruzioni gli spazi maggiori sono stati dedicati alla guerra in Ucraina, comprensibilmente ma con molta stanchezza nelle titolazioni, costrette a una ripetizione circolare delle stesse ipotesi: l’Europa sull’orlo della guerra, l’Italia sull’orlo della guerra, la NATO sull’orlo della guerra, gli Stati Uniti sull’orlo della guerra; oppure spiragli sui negoziati, prove di trattativa; oppure varie giornate “finali” (attacco finale, su tutte)”.


domenica 15 Gennaio 2023

“Spazzatura”

Il giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini ha raccontato su Twitter la sostanza di una causa che ha vinto in primo grado contro il direttore della Verità Maurizio Belpietro e altri due giornalisti.


domenica 15 Gennaio 2023

La Verità sulla pandemia

Il quotidiano La Verità sta promuovendo un “crowdfunding” per aiutare economicamente un documentario sulla narrazione della pandemia in Italia (la Verità ha avuto e ha tuttora posizioni critiche sulle limitazioni per limitare i contagi, e sugli stessi vaccini, e ne ha tratto rilevanti successi di diffusione presso una quota di lettori): il giornale vuole che i lettori sostengano ” le spese di produzione di un Docu-film, che riunendo un anno di riflessioni sulle numerose implicazioni della gestione pandemica, costituisce una testimonianza storica di pensiero critico in una fase drammatica della vita del nostro Paese”. Dall’inizio di dicembre sono stati raccolti 900 euro circa.


domenica 15 Gennaio 2023

Digital first, at last

Il sito Professione Reporter ha riferito di un progetto della direzione del Corriere della Sera per allineare le proprie priorità sul digitale a quelle di Repubblica , ancora considerato “il nostro principale concorrente” malgrado la crisi di diffusione in termini di copie: sul piano del traffico sul sito web Repubblica è infatti tornata da poco a essere in vantaggio sul Corriere . Tra le novità proposte dal direttore Fontana alcune erano già state annunciate in passato (forse non con grandi risultati quindi) e altre suonano necessarie ma piuttosto tardive:

” Sarà potenziata l’attività video, di cronaca, di inchiesta e di approfondimento, sia sul sito, sia nei formati utili per i social network. Saranno programmati prodotti e attività dedicati agli abbonati. Verrà costituito un nucleo redazionale dedicato alle attività Seo (posizionamento nelle ricerche Google), social e Analytics (i contatti di ciascun pezzo), con un responsabile dentro il desk di Corriere.it […] Per fare questo, cambia l’organizzazione del lavoro. Strategico diventa il turno che parte alle 7 del mattino: dovrà essere coperto da almeno il 40 per cento dei giornalisti, nelle diverse redazioni. Alle 7 ci si dovrà presentare con una completa offerta di idee”.


domenica 15 Gennaio 2023

Per il suo Geordie

Il quotidiano britannico Independent ha scelto un nuovo direttore, si chiama Geordie Greig ed era stato direttore del Daily Mail fino a due anni fa. L’ Independent è un quotidiano inglese creato 36 anni fa e che ha smesso di uscire “di carta” nel 2016, trasformandosi in un giornale esclusivamente online. Malgrado alcune oscillazioni si è sempre distinto per posizioni tra il progressista e il liberale, con discreti successi in qualche fase di competizione col Guardian in passato, e per un grande spazio dato agli articoli di opinione e alle prese di posizione. Ha avuto alti e bassi di sostenibilità economica negli scorsi decenni ma qualche mese fa ha annunciato un severo programma di licenziamenti: la sua quota maggiore – dal 2010 – è di uno dei più famosi cosiddetti “oligarchi” russi con grossi interessi nel Regno Unito, Alexander Lebedev (formalmente di suo figlio Evgeny).


domenica 15 Gennaio 2023

Dimentica ogni cosa

La riforma Cartabia, tornata a essere molto discussa in questi giorni per un diverso suo aspetto, ha anche introdotto una novità sull’applicazione del “diritto all’oblio”, di cui abbiamo scritto su Charlie altre volte, e che ha complicazioni di attuazione assai maggiori dell’apparente sensatezza del principio. Il Post ha provato a spiegare quel che se ne capisce.
“La persona assolta o per cui è stato deciso dal giudice per le indagini preliminari il non luogo a procedere (quando non ci sono i presupposti per chiedere il rinvio a giudizio e quindi un processo) può chiedere alla cancelleria del giudice presso il quale si è svolto il procedimento sia la preclusione all’indicizzazione, sia l’ottenimento della deindicizzazione” .


domenica 15 Gennaio 2023

Dubbio gusto

Il Comitato di redazione dei quotidiani veneti del gruppo GEDI ( Tribuna di Treviso, Nuova Venezia Mattino di Padova, Corriere delle Alpi ) si è piuttosto irritato per un uso giudicato eccessivamente frivolo degli account sui social network delle testate in questione. In particolare è stato criticato un post su Facebook che riprendendo un contenuto “leggero” di una radio dello stesso gruppo cercava di creare engagement in modi piuttosto lontani dai ruoli di informazione primari: “Nelle ultime ore sono comparsi post nelle pagine facebook dei nostri giornali di assoluto dubbio gusto. Post traslati sulle nostre pagine dai profili di altri settori del gruppo, e probabilmente calibrati proprio per una utenza diversa da quella dei nostri quotidiani che ogni giorno cercano di caratterizzarsi per qualità e tempestività dell’informazione.
Senza chiamare in causa il tenore dei commenti che ne son seguiti, il Cdr ritiene che queste scelte, chiaramente votate ad acchiappare clic, siano più dannose che fortunate ed evidenzia non debba essere questa la strada per cercare nuovi contatti. Si rischia, al contrario, l’effetto “fuga”. Per tanto il Cdr chiede che simili contenuti non vengano più pubblicati.
Si ribadisce la necessità che l’attività dei social network delle testate sia affidata a professionisti nella valorizzazione delle notizie prodotte dalle redazioni. Cosa peraltro già chiesta all’azienda oltre un anno fa e mai avvenuta nonostante le promesse”.


domenica 15 Gennaio 2023

Avec notre argent

Il sito francese Mediapart (un progetto giornalistico online creato quindici anni fa da un gruppo di esperti giornalisti provenienti dalla carta stampata, e diventato molto importante e seguito) ha pubblicato un’inchiesta sui contributi pubblici ai giornali in Francia. Interessante per la simile – ma con differenze – condizione dell’Italia, dove una cospicua quota di contributi pubblici viene assegnata ogni anno in gran parte con un criterio di spartizione tra protettorati politici e senza sensibili attenzioni alla qualità delle testate sovvenzionate.
La notizia è che il governo francese ha deciso di destinare 30 milioni di euro in più ai giornali, e soprattutto a quelli cartacei: secondo Mediapart andando ad aiutare in gran parte “i miliardari che possiedono i giornali beneficiati” (anche in Italia, come per esempio nel caso di Libero o di Avvenire , a ricevere le sovvenzioni maggiori sono testate di proprietà di editori con grandi disponibilità di denaro): stando ai dati del 2021, “quattro miliardari, che non hanno nessun bisogno di essere aiutati dallo stato, si dividono soltanto tra loro 37,7 milioni di euro dei 92,8 di aiuti diretti distribuiti”. Mediapart propone che i contributi non siano diretti (soldi dati agli editori) ma indiretti, ovvero creando le condizioni perché i costi siano minori o i ricavi incentivati, per tutti.
L’altra obiezione dell’articolo è che gli aiuti – in una lettura del tutto anacronistica – privilegino i giornali cartacei e i loro costi di produzione aumentati quando secondo i dati di Mediapart i quotidiani venderebbero in edicola circa 150mila copie (contro il milione e 335mila del 1990), rendendo del tutto sproporzionato l’investimento su un settore che ormai costituisce una frazione assai ridotta dell’informazione del paese (anche i parziali successi di alcune grandi testate tradizionali in questi anni sono stati tutti digitali). E creando una distorsione di concorrenza a sfavore dell’innovazione proposta dai progetti online.

“Immaginate che nel diciannovesimo secolo, nel pieno della rivoluzione dei trasporti, Napoleone III abbia cercato di frenare l’espansione della ferrovia investendo cospicuamente nella diligenza”.


domenica 15 Gennaio 2023

Notizie che non lo erano

E in questo caso esemplari di un giornalismo che non è più abituato a dedicare del tempo non solo a impegnative investigazioni e verifiche sul campo, ma anche a controlli telefonici od online piuttosto sbrigativi. Il Foglio ha raccontato martedì come una notizia che aveva avuto spazio attenzioni su diversi quotidiani e siti il giorno prima – l’aumento del prezzo del diesel fino a 2 euro e mezzo – fosse infondata e ignota agli stessi benzinai.

“Nessuno – né i giornali che hanno amplificato la notizia, né i ministri che l’hanno presa sul serio, né i rappresentanti dell’opposizione che ne hanno fatto argomento di polemica contro il governo – si è preso la briga di verificarla. Eppure sarebbe stato semplice: sul sito del ministero delle Imprese (lo stesso dove alberga Mister Prezzi) vengono quotidianamente raccolti e pubblicati i prezzi dei carburanti in tutti gli impianti della Penisola . Chi ha scarsa dimestichezza con internet, poteva andare a verificare nella stazione di rifornimento più vicina. A ogni modo la risposta è la stessa: i prezzi che i consumatori pagano sono ben lontani dai 2,5 euro (lunedì nella maggior parte degli impianti, anche autostradali, si girava intorno agli 1,8-1,9 euro)”.

Un altro elemento della storia utile a capire meccanismi pigri nelle redazioni è quello che il Foglio aggiunge sulla fonte della notizia:

“Come spesso accade, i primi a parlarne sono stati quei burloni del Codacons , che hanno citato alcuni casi (nessuno dei quali, peraltro, arrivava a 2,5 euro). Si tratta di casi estremi, caratterizzati o da alti costi di logistica (le isole) o da elevati costi gestionali (gli impianti autostradali che devono versare le royalty ai concessionari dell’infrastruttura). E in ogni caso non si parla mai di self service, ormai la modalità prevalente, ma di servito. Ma il problema, in fondo, non è il Codacons che usa ogni occasione per ottenere un po’ di visibilità. Il  problema sono i giornali che danno spazio e credibilità al Codacons, senza sforzarsi di verificare le notizie”.

 


domenica 15 Gennaio 2023

Il Giornale ancora più di qua che di là

Due settimane fa è sembrato che si stesse concludendo la vendita del Giornale , il quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi che è stato – secondo solo alle sue televisioni – l’organo di informazione del percorso politico di suo fratello Silvio per oltre quarant’anni. Il Giornale era stato fondato dal giornalista Indro Montanelli nel 1974, e la sua maggioranza era stata acquisita dalla famiglia Berlusconi nel 1979. Come avevamo anticipato nei mesi scorsi, la trattativa per vendere è nata soprattutto per il desiderio del secondo azionista (l’editore Mondadori, a sua volta di proprietà della famiglia Berlusconi) di cedere le imprese giornalistiche e concentrarsi di nuovo sui libri, e raccogliendo l’interesse della potenziale nuova proprietà: ovvero la famiglia Angelucci, già proprietaria di Libero e del Tempo, e il cui maggiore responsabile è anche lui parlamentare del centrodestra.
Ma non ci sono state conferme ufficiali sulla conclusione, e quindi è probabile che la decisione sia stata anticipata troppo frettolosamente (dallo stesso vicedirettore del Giornale).


domenica 15 Gennaio 2023

Per soprammercato

ENI è probabilmente il maggiore inserzionista pubblicitario sui quotidiani e sui mezzi di informazione, con campagne ininterrotte durante tutto l’anno e investimenti diversi (ENI possiede anche una propria agenzia di stampa, AGI). Questo la rende una delle aziende verso cui c’è più indulgenza e accoglienza presso i maggiori quotidiani, soprattutto nelle pagine economiche che ospitano con frequenza le comunicazioni promozionali di ENI in forma di articoli. Questa settimana la sovrapposizione è stata più palese sul Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore , che hanno accompagnato alla pubblicazione di una campagna di ENI per la vendita di proprie obbligazioni (uscita su molti quotidiani) anche due articoli dedicati alla stessa iniziativa. Il Sole 24 Ore ha ulteriormente replicato l’accoppiata sabato.

 


domenica 15 Gennaio 2023

E a proposito

Maurizio Belpietro, la cui società aveva acquistato diverse testate da Mondadori negli ultimi anni, ha comunicato che ne chiuderà due, e altre non sembrano avere promettenti futuri: sono quelle nella società Stile Italia Edizioni, Tustyle Confidenze Cucina Moderna Sale&Pepe Starbene.


domenica 15 Gennaio 2023

E il vecchio Panorama

Il quotidiano Domani ha pubblicato sabato una recensione a un volume celebrativo dedicato al settimanale Panorama e pubblicato dalla Fondazione Mondadori ( Panorama è stato venduto qualche anno fa dal suo storico editore Mondadori al gruppo editoriale della Verità , il quotidiano, guidato da Maurizio Belpietro). L’articolo dell’ex giornalista di Panorama Daniele Martini cita una istruttiva serie di regole di scrittura del Panorama novecentesco, assai anomala nel panorama della scrittura giornalistica italiana.

” Sto scrivendo «io» con fatica, contravvenendo a una delle regole ferree del Panorama di allora e cioè che non si doveva mai scrivere in prima persona. Una regola stampata insieme ad altre in un manualetto che ancora conservo con grande affetto in un cassetto della mia scrivania, una sorta di messalino con le regole che i giornalisti avrebbero dovuto rispettare per ottenere uno stile asciutto e uniforme, lo stile Panorama, in grado di rendere il giornale un prodotto informativo unico e riconoscibile.

La filosofia alla base di quella specie di baedeker della scrittura era semplice: noi giornalisti non dobbiamo scrivere per noi stessi o per qualcuno in particolare, secondo i nostri personali gusti, per soddisfare la nostra vanità o per fare sfoggio di erudizione, ma dobbiamo scrivere per il lettore, mettendoci sempre dalla sua parte, in qualche modo al suo servizio. Cercando di capire le sue esigenze, dando per scontato nulla, spiegando in maniera semplice anche ciò che a noi sembra ovvio, ma che può non essere tale per chi ha in mano il giornale e vuole capire bene ed essere informato in maniera puntuale.
Non è il lettore che deve far fatica a leggere, sei tu giornalista che devi far fatica per accertare i fatti e poi per spiegarli in maniera chiara: questa era la filosofia di Panorama. Non c’era niente di pedagogico o di paternalista, si trattava però di un nuovo modo di fare informazione in Italia che ignorava schemi consolidati e almeno nelle intenzioni si rifaceva allo stile dei quotidiani e dei grandi periodici americani, a cominciare da Life che fu il modello del Panorama della prima ora”.


domenica 15 Gennaio 2023

Il nuovo Espresso

È uscito il primo numero del settimanale L’Espresso “rinnovato”, in conseguenza dell’acquisizione della testata – un anno fa – da parte dell’imprenditore Danilo Iervolino. L’Espresso era stato venduto dal gruppo GEDI (di cui un tempo fu una proprietà così importante da dare il suo nome all’azienda, Gruppo Espresso, prima delle trasformazioni degli ultimi anni) per insoddisfazione dei suoi risultati economici, con polemiche e con le dimissioni del suo direttore Marco Damilano. Un mese fa la nuova proprietà ha licenziato il successore di Damilano, Lirio Abbate, e lo ha sostituito con Alessandro Rossi , generando ulteriori preoccupazioni nella redazione che aveva scioperato facendo saltare un’uscita del giornale, e la rinuncia alla loro collaborazione da parte di alcuni degli autori più noti del giornale, come Michele Serra, Makkox e Michela Murgia. Da oggi è iniziato il nuovo corso del giornale, non nel migliore dei contesti, quindi: il sito Professione Reporter ha elencato una serie di invece entusiaste dichiarazioni della proprietà e della direzione nella conferenza stampa di presentazione.


domenica 15 Gennaio 2023

Ci teneva tantissimo

C’è una studiata pratica linguistica nella scrittura delle cosiddette “marchette” che è interessante segnalare e riconoscere, per capire la sempre maggiore frequenza di queste necessità nei giornali (la volgarità del termine è sdoganata da tempo: è diventato una sorta di termine tecnico per definire gli articoli pubblicati a beneficio di un inserzionista o di un’azienda o ente con cui coltivare buoni rapporti). Mostra la scelta di dedicare il modo con cui viene comunicata una notizia non tanto o non solo al fatto in questione, ma alla generosa intenzione di chi ha generato il fatto, ed è l’espressione “ha voluto”. In questo caso a “ha donato” è preferito “ha voluto donare”, ad enfatizzare il disinteressato desiderio del donatore, un frequente inserzionista pubblicitario.

 


domenica 15 Gennaio 2023

I quotidiani a novembre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di novembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui . Questo mese la sola sensibile eccezione ai continui inesorabili cali rispetto al mese precedente è quella di una piccola crescita del Sole 24 Ore , della Nazione e del Resto del Carlino (sportivi a parte, che trascuriamo perché soggetti a troppe variabili occasionali). Le perdite questo mese non sono molto alte percentualmente, ma le maggiori sono del Fatto e della Verità .

Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, a cavarsela meglio sono il Corriere della Sera e proprio il Fatto e ancora la Verità . Nel caso del primo, il risultato di 6mila copie in più è ampiamente spiegato dalle 11mila che sono state aggiunte alla colonna “copie digitali vendute a un prezzo inferiore al 30% di quello effettivo”: ovvero abbonamenti digitali in offerte scontatissime, che rispetto a un anno fa sono aumentati di ben 11mila unità (quasi 4mila in più poi sono “acquistate da terzi”, ovvero in quantità non singole da aziende, istituzioni e altro) . La stessa cosa vale per il Fatto , che ne guadagna mille nel totale ma quelle digitali quasi regalate sono 5mila in più, e per la Verità (+900 circa, ma +3mila digitali superscontate). La stessa operazione è stata fatta da altri quotidiani: Repubblica Stampa hanno aggiunto 6mila e 2mila copie digitali superscontate, ma non è bastato a invertire la tendenza al calo, ancora oltre il 10% per entrambe rispetto all’anno prima. Di nuovo, per il terzo mese nel 2022, il Sole 24 Ore supera Repubblica nella classifica, ma contando su una grande quantità di copie “acquistate da terzi”.

Come facciamo ogni mese, consideriamo quindi un altro dato che è più indicativo rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):

Corriere della Sera 176.186 (-4%)
Repubblica 106.446 (-21%)
Stampa 77.399 (-13%)

Resto del Carlino 59.662 (-10%)
Sole 24 Ore 60.043 (-11%)
Messaggero 50.997 (-10%)
Fatto 43.246 (-9%)
Nazione 39.317 (-12%)
Gazzettino 36.220 (-9%)

Giornale 29.387 (-12%)
Verità 28.073 (-8%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.547 (+7%)
Avvenire 16.298 (-5%)
Manifesto 12.615 (-1%)
ItaliaOggi 10.475 (+2%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Si conferma quindi un calo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento): e le singole testate possono misurare i loro fallimenti o le attenuazioni dei loro fallimenti su questa media (“successi”, in questo settore non ce ne sono, come sappiamo). Repubblica supera di nuovo il proprio record negativo precedente in questo dato, la Verità continua a ridimensionare i suoi successi dell’anno precedente, e Libero recupera: forse a danno della Verità , che gli aveva sottratto molti lettori, ma non possiamo saperlo. Il dato più preoccupante per Repubblica è che rispetto a un anno fa ha perso diecimila abbonati all’edizione digitale (di quelli che pagavano almeno il 30% del prezzo di copertina): alcuni potrebbero essere passati a un’offerta ancora più scontata, ma ne rimangono sempre alcune migliaia che sono sparite.

Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono ancora quelle dell’ Unione Sarda (-12%), del Piccolo (-14%) e dell’ Arena (-13%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.

Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 15 Gennaio 2023

È in vendita Daily Beast

La grande società di media, editoria digitale ed entertainment che si chiama IAC (posseduta da Barry Diller, uno dei più ricchi e noti imprenditori ed editori americani, che ha 80 anni) sta cercando di vendere Daily Beast , che fu uno dei primi e più vivaci giornali online americani, poi portato molto su toni e scelte aggressivi “da tabloid” compresi alcuni scoop rilevanti su politica o celebrities. Il New York Times sottolinea che non sono tempi ottimi per una vendita, perché in questi mesi gli investimenti sulle aziende di informazione si sono molto ritirati di fronte a un futuro poco promettente anche in termini di innovazione nei modelli di business.


domenica 15 Gennaio 2023

Brevi di cronaca

Un po’ di aggiornamenti sulle cose uscite o successe mentre Charlie era via.

Hanno aumentato il prezzo delle copie in edicola Le Monde , il Fatto e il Giornale di Brescia .

L’editore del giornale online Open , Enrico Mentana, ha presentato il nuovo direttore Franco Bechis.

Selvaggia Lucarelli, collaboratrice di diverse testate, ha raccontato su Twitter un esemplare caso di allarmismo complottista poi ridimensionato su Repubblica .

È interessante anche il racconto su Twitter del giornalista freelance Lorenzo D’Agostino perché spiega una cosa sempre molto taciuta nelle dinamiche dei giornali: ovvero che avere buone fonti e informazioni importanti nelle istituzioni di sicurezza e giustizia (polizia, carabinieri, servizi segreti, procure, esercito) è possibile quasi sempre a patto di cedere alle suddette istituzioni una quota di autonomia, e dedicare loro indulgenze e promozioni quando richieste.

Un incidente fotografico piuttosto spettacolare sul sito di Repubblica è molto circolato sui social network. Come anche l’insistente promozione sullo stesso giornale della stessa notizia su una giovane imprenditrice.

Il fondatore del sito di news Fanpage – uno dei maggiori successi imprenditoriali nel settore dell’informazione online italiana – ha pubblicato un consuntivo soddisfatto e un richiamo all’importanza del lavoro in presenza.


domenica 15 Gennaio 2023

Charlie, quarto potere

Il ruolo di “watchdog” dei poteri, come lo chiamano gli americani, attribuito al giornalismo è un terreno di discussione complicato e con molte sfumature, e invece spesso è affidato a semplificazioni e slogan retorici: come confermano le espressioni ancora più teatrali usate in Italia, “sentinella della democrazia”, “cane da guardia del potere”, eccetera. Spostare il messaggio sulla buona informazione da “fattore fondamentale del buon funzionamento delle democrazie” a formule come queste che presuppongono priorità repressive o aggressive, che trasmettono come obiettivo principale l’individuazione del male e la sua persecuzione, sono approcci sicuramente molto attuali e purtroppo tipici di diversi ambiti, ma poco costruttivi: come qualunque strategia che privilegi la repressione rispetto all’educazione. Il giornalismo è soprattutto educazione, per definizione.
Ma la repressione, piano B dell’educazione, ha purtroppo sempre le sue necessità, benché subordinate: e anche sorvegliare i poteri – compreso il proprio, che spesso viene dimenticato – è in effetti un utile ruolo del giornalismo. Ruolo che però non è indebolito solo dalle pretese viltà che spesso vengono attribuite ai giornali, ma anche dalle stesse sfiducia e aggressività nei loro confronti: ci sono estese e fondate critiche puntuali e quotidiane da fare a quello che pubblica e diffonde l’informazione italiana, potenzialmente utili, ma svalutare genericamente l’informazione e il giornalismo, come fanno in molti spesso con superficiale ingenuità o strumentale interesse, significa contribuire a rendere insignificante quel ruolo e i suoi risultati quando arrivano.
La cosa che colpisce del giornalismo d’inchiesta italiano non è l’assenza di svelamenti di pratiche deplorevoli e pericolose, ma quanto questi svelamenti non abbiano conseguenze costruttive, non portino cambiamenti in quelle pratiche: tutto passa, tutto è accettabile, anche quando sta davanti agli occhi, tutto è partigiano. Manca autorevolezza, certo, ma anche disponibilità a riconoscerla quando c’è: non c’entrano solo i giornali, in questo.

Fine di questo prologo.


domenica 18 Dicembre 2022

Allora auguri…

Charlie si prende una vacanza, e grazie a tutti, che siete tanti, e grazie di essere sia tanti giornalisti e addetti ai lavori, che tanti lettori e utenti dell’informazione che ci tengono a capire meglio come le funzionano le cose che riguardano tutti. Vi rimandiamo al Post per le notizie più importanti intorno ai giornali e al giornalismo, e alla prossima newsletter che arriverà domenica 15 gennaio. Buon Natale.


domenica 18 Dicembre 2022

Mah

La giornalista freelance Charlotte Matteini ha pubblicato su Twitter una ricostruzione scettica e critica su una notizia che aveva avuto molte attenzioni su quotidiani e siti di news di questa settimana, quella della ragazza licenziata dal suo lavoro a Gardaland per dei video sul sito OnlyFans.


domenica 18 Dicembre 2022

L’Espresso non era d’accordo per niente

La settimana scorsa ci era sfuggita la risposta dell’ Espresso , su Twitter, alle accuse mosse dalla giornalista del Foglio Giulia Pompili: ce ne scusiamo, e rimediamo.


domenica 18 Dicembre 2022

Due pesi e due misure

“Pazzo per Repubblica” è il nome di un blog che ha poi spostato la gran parte delle sue attività su Twitter, che racconta cose intorno al quotidiano Repubblica con un misto di devozione e spirito critico, aggregando altri lettori affezionati (o delusi) e avendo costruito nel tempo anche un rapporto di complicità con alcuni giornalisti. La settimana scorsa il vicedirettore Francesco Bei gli ha chiesto di smettere di pubblicare su Twitter alcuni contenuti integrali del giornale (una vignetta, in quell’occasione).

La questione della circolazione sui social network o altrove in rete di contenuti dei giornali che altrimenti sarebbero disponibili solo agli abbonati o comunque a pagamento è fonte di confuse polemiche da tempo. Alcuni giornalisti ne sono profondamente irritati, attribuendole un ruolo probabilmente sopravvalutato nel tenere lontani i potenziali lettori dal pagare i giornali o i loro abbonamenti. Altri loro colleghi partecipano disinvoltamente a questa circolazione, offrendo i loro articoli ad altri siti o pubblicandoli loro stessi (i paywall dei giornali limitano molto la visibilità personale dei giornalisti e quella dei loro articoli).

E in queste suscettibilità “Pazzo per Repubblica” si è detto disposto a obbedire alla richiesta, ma ha fatto notare come essa non sia estesa a giornalisti stessi di Repubblica compreso l’ex direttore Ezio Mauro), che evidentemente ritengono che non siano manciate di singoli articoli sui social network a trattenere le persone dal pagare per i giornali.


domenica 18 Dicembre 2022

Musk contro tutti

L’ottovolante di scelte umorali del nuovo proprietario di Twitter, Elon Musk, ha coinvolto più sostanziosamente il sistema dell’informazione negli ultimi giorni, quando Musk ha deciso di sospendere gli account di alcuni giornalisti che avevano scritto su di lui cose che non aveva apprezzato. Gli account sono stati riattivati il giorno dopo, in seguito a una delle improvvisate consultazioni di Musk sullo stesso Twitter.


domenica 18 Dicembre 2022

Non mettersi contro i magistrati

A proposito delle querele per diffamazione nei confronti dei giornali e dei giornalisti, il Foglio ha pubblicato un breve articolo – che ammette per primo l’opportunità di maggiori approfondimenti – citando una ricerca sulla “quantificazione del danno alla reputazione” compiuta su 620 sentenze del Tribunale civile di Roma emesse tra il 2015 e il 2020.

“in quasi i due terzi dei casi (405 su 628) le richieste di risarcimento sono respinte […] le richieste di risarcimento di politici e imprenditori non sono accolte sovente (solo nel 31 e nel 34 per cento dei casi); lo sono, invece, quelle dei sindacalisti (il 60 per cento dei 5 casi esaminati) e dei magistrati (il 71 per cento dei 73 casi), per i quali la media è inversa rispetto a quella generale, pur se le liquidazioni dei danni accordate ai magistrati si mantengono nella media. Il quinto aspetto riguarda i soggetti condannati a risarcire i danni: dopo il gruppo editoriale che pubblica l’Espresso e Repubblica, vi è quello che pubblica Il Giornale, seguito a poca distanza dalla Rcs (Corriere della Sera). L’ultimo aspetto di rilievo riguarda i criteri utilizzati dai giudici, tra i quali spiccano la gravità del fatto addebitato, la diffusione del mezzo e la qualità della persona offesa.”.


domenica 18 Dicembre 2022

Prima il web, poi la carta, a Repubblica

Il sito Professione Reporter ha raccontato nuovi sviluppi nell’accidentato percorso di trasformazione di Repubblica di questi tre anni, seguito all’acquisizione del gruppo editoriale da parte della famiglia Agnelli-Elkann e alla nomina del direttore Maurizio Molinari. In una riunione giovedì scorso i vicedirettori Francesco Bei e Carlo Bonini hanno presentato alcuni nuovi progetti.

“Due gli obiettivi generali. Il primo, far decollare gli abbonati digitali con “un traffico di qualità” e non un traffico qualsiasi, come finora. Il secondo, offrire sulla carta qualità e radicalità di scelte, per motivare all’acquisto. I vicedirettori -riferisce il Cdr- hanno dichiarato la fine del quotidiano “Omnibus”: Repubblica di carta “non avrà più l’ambizione di informare su tutto come è stato il giornale di Scalfari ed Ezio Mauro”. Hanno parlato di un ritorno alle origini del ‘76, quando Scalfari voleva proprio un quotidiano di grandi scelte, senza Sport, Spettacoli, Cronaca. Che non incontrò grande favore e fu quindi pian piano modificato.
[…] 
Il giornale di carta si farà così: per il 70-80 per cento con i contenuti già pubblicati sul web, per il 20 per cento con commenti o esclusive. Come campagne su temi sociali, per onorare “la funzione civile del giornalismo”.

L’obiettivo di diffusione del giornale di carta non è maestoso: “Perdere non più della media del mercato” (quindi il 9-10 per cento). Ma -nota il Cdr- purtroppo per ora Repubblica perde molto più di tutti gli altri, meno 17 per cento il dato di ottobre.
[…] Bei e Bonini hanno comunicato di aver chiesto al Direttore Molinari di chiudere l’esperienza delle firme in condominio con la Stampa, che appartiene pure a Gedi. Nell’ottica di rafforzare l’identità de la 
Repubblica “.

Professione Reporter riferisce anche di un forte contrasto tra il vicedirettore Bonini e il comitato di redazione intorno alla competizione di Repubblica con il Corriere della Sera.


domenica 18 Dicembre 2022

Audiweb e Audipress, di nuovo

È ripartito il progetto di fusione tra Audipress e Audiweb, i due enti che misurano – in funzione soprattutto del mercato pubblicitario – i numeri di lettori dei giornali e dei siti web. È una questione importante e delicata che avevamo raccontato l’anno scorso e che poi si era arenata.


domenica 18 Dicembre 2022

Il mercato del lavoro “elastico” nei giornali americani

Una delle notizie di questa settimana nel mondo dell’informazione americana è un’ennesima notizia di licenziamenti: però riguarda il Washington Post , testata tra le più importanti e soprattutto una testata che fino a pochi mesi fa proclamava ottimi risultati. Negli ultimi tempi il giornale aveva chiuso diverse sezioni e aveva già annunciato l’eliminazione di “posizioni” all’interno del giornale: il Washington Post è di proprietà di Jeff Bezos, il creatore di Amazon. L’ultimo annuncio di tagli è stato molto preoccupante e irritante per la redazione (i grandi giornali americani riferiscono delle scelte dei propri editori non attraverso comunicati della redazione, come da noi, ma attraverso comuni articoli dedicati, come se scrivessero di altri): il rappresentante dell’editore Fred Ryan ha convocato una riunione interna in cui ha spiegato con intenzione rassicurante che la riduzione sarà inferiore al 10% del totale dei dipendenti (più di duecento persone, quindi) e ha lasciato la sala rifiutando sprezzantemente di rispondere alle domande dei dipendenti, che sono molto seccati .

Un aspetto interessante della questione è che l’azienda sostiene che procederà a nuove assunzioni per investire in attività e settori più adeguati al cambiamento delle abitudini dei lettori e alle prospettive del giornalismo, e che il numero totale dei dipendenti non diminuirà nell’anno che viene. Ovvero che saranno licenziati giornalisti e dipendenti dedicati a sezioni e attività ritenute anacronistiche o in perdita e ne saranno assunti di nuovi per funzioni più contemporanee e promettenti, a giudizio dell’azienda. Cosa possibile in un sistema come quello americano, nel quale anche nei giornali c’è una grande libertà di licenziamento (in questi mesi ha riguardato anche giornalisti di fama) e piuttosto che cercare di riconvertire i dipendenti assunti, si eliminano quelli ritenuti inadeguati a funzioni nuove e se ne assumono di altri con diverse attitudini o competenze.


domenica 18 Dicembre 2022

Mezzo milione

Il Corriere della Sera ha molto celebrato questa settimana il risultato di “500mila abbonati all’edizione digitale” del giornale. È un numero notevole, per quanto sia un numero che va preso con due incognite: la prima è che il dato non è certificato o verificato da nessun ente terzo (a differenza di quelli sul traffico online o sulla diffusione dei quotidiani e periodici, pur con le loro incertezze), ma che è stato semplicemente e sommariamente comunicato dal Corriere della Sera stesso; la seconda è che non è stata data nessuna informazione di cosa si intenda con il dato in questione, che si immagina comprenda sia gli abbonati all’edizione digitale del quotidiano che quelli all’accesso ai contenuti del sito, per non dire delle tante formule diverse di quest’ultimo e dei suoi prezzi, o delle scadenze di questi abbonamenti (sono abbonati tuttora attivi? comprendono promozioni e omaggi?). Sono vaghezze che riguardano spesso i dati sugli abbonamenti online proclamati dai giornali, naturalmente, ma nel caso del Corriere le informazioni sono state nulle*.

È indubbio comunque che ci sia una crescita e un primato, testimoniati anche da altre osservazioni, e questo ha generato un comunicato soddisfatto ma insoddisfatto da parte del Comitato di redazione del Corriere della Sera , venerdì, che ha protestato – con toni molto moderati – contro la mancata redistribuzione dei risultati economici presso i dipendenti che ne condividono i meriti. L’editore ha risposto più severamente e anche un po’ risentito.

“Rcs MediaGroup ha poi sostenuto uno sforzo economico importante per quasi 60 milioni per riacquistare la sede di via Solferino, la casa del Corriere , interpretando un intimo desiderio di tutti i dipendenti, e dei giornalisti del Corriere in particolare.
Per questo ci stupisce la perseveranza di richieste che non tengono nella dovuta considerazione l’attuale contesto di mercato. Senza considerare i notevoli sforzi di questi anni di un editore, unico nel suo settore, che ha assunto quasi 50 giornalisti per agevolare la trasformazione digitale del business, e che ha sempre tutelato l’occupazione, risanando l’azienda senza azioni significative sul personale”.

*nelle sue promozioni del risultato il Corriere della Sera ha parlato anche di un “primato in Italia” sul web: in realtà nell’ultimo mese di rilevazione – ottobre, come spieghiamo sopra – il primato è stato di Repubblica , ma il Corriere si riferisce a “un dato medio relativo ai primi 10 mesi dell’anno”.


domenica 18 Dicembre 2022

Il Qatar è anche nei giornali

C’è un aspetto della storia degli arresti con accuse di corruzione intorno al parlamento europeo che interessa le riflessioni sul giornalismo. Ed è che quella storia sta dentro un contesto più generale per cui paesi antidemocratici e repressivi investono molto per promuovere i propri interessi presso le democrazie occidentali e per attenuare la riprovazione nei loro confronti, in modi leciti e illeciti. Lo possono fare perché sono paesi ricchi o perché le dittature che li governano possono – in quanto tali – disporre di ricchezze. E lo fanno in molti modi, corrompendo politici, comprando Mondiali di calcio o molte altre cose, e abbiamo in questi anni visto diversi casi: dalla Russia, dai paesi arabi, dalla Cina. Comprese le indulgenze dei mezzi di informazione, pagate più o meno limpidamente . Il problema è che le indulgenze dei mezzi di informazione non sono sanzionabili da inchieste giudiziarie, e sono poco raccontate da inchieste giornalistiche, a differenza di pratiche simili presso altri settori: possono essere evitate solo dalla coscienza e dall’etica di chi fa i giornali stessi. Per questo sono preziosi il lavoro dei giornalisti che segnalano questi pericoli, e le critiche delle redazioni nei confronti di questi acquisti di favore.


domenica 18 Dicembre 2022

I siti di news a ottobre

Audiweb ha diffuso i dati di traffico dei siti internet di ottobre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news di attualità generalista e delle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. La seconda colonna mostra il dato del mese precedente ma, come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese. A ottobre la notizia principale è il ritorno in testa alla classifica di Repubblica davanti a Corriere , dato che dà un po’ di ottimismo a quella testata, ultimamente in mezzo a una gran crisi, ma si deve al calo del Corriere più che a una crescita di Repubblica . Altri dati notevoli nelle prime posizioni sono la crescita del Messaggero e del Giornale , la perdita del Fatto e del Sole 24 Ore , la gran crescita dello Huffington Post . Anche il Post cresce, dell’8%, e guadagna una posizione ai danni del Mattino .

Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha circa 300mila visitatori unici, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica IoDonna .


domenica 18 Dicembre 2022

Il licenziamento del direttore dell’Espresso

Il nuovo editore dell’ Espresso – storico newsmagazine italiano di recente venduto dal gruppo GEDI (che si chiamava prima Editoriale L’Espresso, tanto forte era il legame con la testata) all’imprenditore campano Danilo Iervolino – ha licenziato il direttore Lirio Abbate sostituendolo con Alessandro Rossi, già direttore dell’edizione italiana della rivista Forbes , di proprietà dello stesso Iervolino. Abbate era diventato direttore dopo le dimissioni di Marco Damilano, per protesta contro la cessione del giornale. Venerdì il Fatto ha pubblicato una ricostruzione che attribuisce il licenziamento di Abbate alla pubblicazione sull’ Espresso di articoli malvisti da alcuni inserzionisti di Repubblica , che mantiene un accordo di distribuzione con l’Espresso .

Sabato i giornalisti dell’ Espresso hanno “conferito al Cdr un pacchetto di dieci giorni di sciopero”.


domenica 18 Dicembre 2022

Fiduciosi al Giornale

L’ipotesi che l’editore Mondadori e Paolo Berlusconi vendano il quotidiano Il Giornale alla famiglia Angelucci (che possiede già Libero e il Tempo ) è tornata concreta nelle scorse settimane: giovedì i giornalisti del Giornale hanno pubblicato un comunicato in cui con toni molto concilianti e rispettosi hanno espresso a editori vecchi e nuovi le loro preoccupazioni sul rischio di ulteriori riduzioni del personale.

” I giornalisti, che hanno ben chiaro che i cambi di assetto azionario nell’informazione sono fisiologici, chiedono però agli attuali e storici azionisti (la Pbf di Paolo Berlusconi e la Mondadori) di garantire, con responsabilità, la tutela dei posti di lavoro e delle competenze di una redazione che ha già visto assottigliarsi pesantemente l’organico (sceso da 80 a 51 redattori solo negli ultimi 4 anni) e che ha sempre contribuito a sanare le difficoltà economiche della testata.
Esistono tanti modi per garantire l’organico in qualunque passaggio di proprietà. Eguale impegno si sente di chiedere a qualunque eventuale futuro acquirente, perché i giornalisti del 
Giornale meritano di continuare ad avere un editore vero. Fiduciosi di poter continuare il nostro servizio ai lettori che, nonostante i tempi, restano numerosi e appassionati”.


domenica 18 Dicembre 2022

I quotidiani a ottobre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di ottobre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui , da cui si vedono, rispetto al mese di settembre, i consueti cali di diffusione per quasi tutti: le eccezioni sono il Sole 24 Ore Avvenire e il Messaggero (e in una piccola misura la Verità ). Il calo maggiore, sportivi a parte, riguarda ancora Repubblica , ma ci arriviamo meglio.

Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, a cavarsela meglio sono il Corriere della Sera e il Fatto , e ancora la Verità (nota per i fedeli lettori di queste sintesi: il Corriere continua ad assestare al ribasso i dati in una seconda verifica, quindi questi confronti mostrano un numero solitamente sopravvalutato di un migliaio circa, e che nel confronto si riferisce a un dato di un anno fa minore di quello che avevamo indicato qui un anno fa). Invece Repubblica perde il 17% e la Stampa l’11%: ma perdite intorno al 10% riguardano la maggior parte delle testate. Il Corriere della Sera per la prima volta dichiara un numero di copie doppio di quello di Repubblica , che fu il suo rivale su questi dati non molti anni fa, e il Sole 24 Ore per la seconda volta supera Repubblica in termini di diffusione totale. La Verità è ampiamente il giornale a maggior diffusione del centrodestra (più del Giornale e di Libero , dalle cui costole nacque), anche se la competizione col Giornale ha variabili citate polemicamente da entrambe le testate (copie omaggio, copie allegate ad altre testate locali, eccetera). Fuori dalle prime posizioni della tabella di Prima Comunicazione , il Manifesto ha numeri identici a quelli di un anno fa, mentre il quotidiano economico ItaliaOggi perde un quarto delle sue copie dichiarate rispetto a un anno fa.

Come facciamo ogni mese, consideriamo però un altro dato che è più indicativo rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):

Corriere della Sera 183.037 (-2%)
Repubblica 109.977 (-22%)
Stampa 79.160 (-13%)

Resto del Carlino 60.474 (-10%)
Sole 24 Ore 59.799 (-12%)
Messaggero 52.093 (-12%)
Fatto 45.274 (-6%)
Nazione 39.837 (-12%)
Gazzettino 36.746 (-9%)

Giornale 30.653 (-11%)
Verità 29.252 (-2%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.949 (+4%)
Avvenire 16.628 (-5%)
Manifesto 13.322 (-1%)
ItaliaOggi 9.409 (-17%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

La ragione per cui in questa classifica anche il Corriere è in perdita – e il suo vantaggio su Repubblica appena un po’ meno spettacolare – è che rispetto a un anno fa ha aggiunto più di 12mila copie alla colonna delle “copie digitali vendute a meno del 30%” del loro prezzo, ovvero copie che qui non conteggiamo: è un dato legato alla grande campagna di sconti e offerte sui propri abbonamenti digitali. Lo stesso vale per il Fatto , che ne ha aggiunte quasi 5mila (come Repubblica ), e anche per la crescita della Verità che qui si è arrestata: quella del dato di diffusione complessivo include infatti circa 6mila copie ugualmente scontatissime, ed erano la metà un anno fa.

Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle dell’ Unione Sarda (-12%) e del Piccolo (-14%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.

Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 18 Dicembre 2022

Confermata una donna e inglese al Wall Street Journal

Il Wall Street Journal avrà una nuova direttrice , come avevamo anticipato il mese scorso: Emma Tucker, attuale direttrice del Sunday Times di Londra, appartenente allo stesso gruppo editoriale.


domenica 18 Dicembre 2022

Diritto di cronaca e diritto d’autore

C’è un conflitto che si è aggravato man mano che i ricavi economici sui contenuti in video (ma potrebbe riguardare, se i soldi in ballo fossero altrettanti, anche audio o testi) sono diventati più importanti e oggetto di maggiori competizioni: quello tra diritto di cronaca e diritto d’autore, che riguarda molti contenuti di programmi televisivi ma in particolare gli eventi sportivi, le cui “esclusive” sono decisive nel farne crescere il valore per chi li trasmette. L’intervista televisiva di un politico importante che dice cose che diventano una notizia può essere pubblicata dal sito di un giornale perché i lettori ne abbiano informazione e comprensione, o è protetta da copyright e posseduta in esclusiva dalla televisione che l’ha trasmessa? E uno spezzone di un film, o di un fatto inatteso trasmesso in televisione, che a sua volta costituissero una notizia? Eccetera, il terreno è delicato e ci sono molte variabili, ma tendenzialmente vincono le tv (anche a suon di cause civili e richieste di risarcimento).

La prevalenza del copyright è particolarmente tassativa con gli eventi sportivi, ma questa settimana il presidente dell’AgCom ha spiegato Repubblica che si tratta di una limitazione al diritto all’informazione, su cui saranno imposte delle modifiche «La Lega Calcio, che effettua le riprese allo stadio, dovrà fornire le immagini di eventi rilevanti sul piano della cronaca a qualsiasi testata giornalistica ne faccia richiesta […] La Lega ha avuto un atteggiamento molto collaborativo quando l’abbiamo informata della nostra decisione. Se ci fossero delle incomprensioni tra la Lega Calcio e le testate giornalistiche che chiedono le immagini, siamo pronti a intervenire. Ma voglio credere che non sarà necessario dirimere delle controversie […] Noi vogliamo invece che le testate possano esercitare a pieno il diritto di cronaca, con materiale di buona qualità. Questo deve valere per tutti i fatti che hanno un forte rilievo, sul piano della cronaca, sul piano civile».


domenica 18 Dicembre 2022

Charlie, gli editori sbagliati

Non bisogna mai generalizzare in maniera assoluta e universale, ma si possono individuare dei tratti comuni, delle tendenze, o delle maggioranze. Esiste infatti una figura nella storia dell’editoria giornalistica che si ripropone da sempre con alcune variabili: l’imprenditore estraneo al mondo del giornalismo (spesso estraneo anche come utente del giornalismo) che si innamora dell’idea di acquistare o creare un giornale, di possederlo: idea che declina con sfumature diverse tra il sogno di prestigio e il desiderio di potere. Ma non è tanto ai canonici rischi di ingerenze e capricci sull’indipendenza del giornale che alludiamo qui, quanto a quelli di incompetenza nella sua gestione “commerciale” e nella comprensione di che tipo di prodotto sia. La storia e il presente delle aziende giornalistiche sono ricchi di casi in cui un giornale è finito malridotto – sia come prodotto di informazione che come salute dell’azienda – dal combinato disposto tra i mal riposti desideri del nuovo editore e la sua sopravvalutazione della propria competenza in un terreno che non saprà governare (vale anche per la creazione di giornali nuovi).
Le eccezioni positive riguardano di solito il secondo aspetto: capitano anche imprenditori con consapevolezza che esercitano i loro interessi ma cercano di delegare la gestione a direttori o manager più sapienti sul settore, per non fare danni. Ma sono eccezioni che di solito riguardano aziende molto grandi e industrialmente avvedute: nella maggior parte dei casi, invece, giornali nuovi o antichi si trovano rapidamente a mal partito con questo tipo di velleità, eppure niente insegna niente a nessuno e il fenomeno si ripete.

Fine di questo prologo.


domenica 11 Dicembre 2022

Penultima

Domenica prossima Charlie arriverà regolarmente, prima di andare in vacanza per un mese.


domenica 11 Dicembre 2022

Fine anno a Torino

I giornali spiegati bene, la rassegna stampa del Post con Luca Sofri e Francesco Costa, avrà il suo ultimo appuntamento dell’anno sabato prossimo al Circolo dei lettori di Torino.


domenica 11 Dicembre 2022

Cosa è successo al Post, intanto

Il Post ha elencato per i propri abbonati e lettori i principali sviluppi su cui sta investendo le risorse economiche ottenute in questi anni con i risultati del proprio progetto di abbonamenti.

“Il Post sta diventando sempre di più un giornale che produce giornalismo originale e investe in reporting e raccolta di dati informazioni per spiegare la realtà, raccontare storie spiegare le notizie. È una direzione su cui abbiamo annunciato di volerci muovere già da alcuni anni e su cui sono stati fatti grossi progressi e investimenti, permessi dal sostegno delle abbonate e degli abbonati al Post . Continuiamo a pensare che la priorità di un giornale affidabile sia informare più persone possibile di più cose possibile in ogni modo utile, e non abbiamo ambizioni o competizioni di originalità: il Post continua a essere il posto dove trovare riferita ed elaborata affidabilmente un’inchiesta o una riflessione fatta da un altro giornale, o da qualunque fonte, insieme a quelle prodotte invece con maggior impegno e ricerca da parte del Post stesso. Restiamo deejay anche diventando musicisti. Ma ci sono molti ambiti, luoghi, storie che hanno bisogno di essere illuminati e raccontati meglio, e oggi il Post riesce a farlo con le proprie persone, con i propri criteri e strumenti, quando servono”.


domenica 11 Dicembre 2022

Contiguità

I soliti esempi rappresentativi di confusioni tra i contenuti giornalistici e quelli promozionali sui maggiori quotidiani italiani. Il Corriere della Sera ha dedicato una mezza pagina a una iniziativa dell’azienda Terna, che pochi giorni prima aveva acquistato ben quattro pagine di pubblicità sul Corriere della Sera . Il produttore vinicolo Aneri ha acquistato un’altra pagina sulla Verità sabato, la settimana dopo esserne stato celebrato in un’intervista.


domenica 11 Dicembre 2022

Legati al marketing

Questa settimana i Comitati di redazione del gruppo GEDI (che pubblica tra gli altri Repubblica Stampa Huffington Post ) hanno pubblicato un nuovo comunicato critico sulle scelte dell’azienda, minacciando iniziative di protesta maggiori.

“Martedì 6 dicembre il Coordinamento dei cdr del gruppo Gedi ha incontrato i vertici aziendali ed editoriali a seguito della cessione di due rami d’azienda di GediDigital, la componente tech che supporta noi giornalisti nell’informarvi ogni giorno. E’ stato un incontro che non ci ha visti soddisfatti […] nel corso dell’intero incontro mai si è parlato di potenziamento degli organici e le notizie sembrano essere sparite dal tavolo, sostituite da contenuti di tipo non giornalistico più vicine all’infotainment. Il nostro futuro lo immaginiamo ricco di prodotti giornalistici di qualità, non di contenuti più legati al marketing”.

(piccola nota a margine, ma che racconta una storia e un’anagrafe: gli autori dei comunicati dei CdR di GEDI – come molti altri giornalisti italiani – mantengono nel 2022 la vecchia abitudine di apostrofare le “E” maiuscole invece che accentarle, in eredità di tempi in cui le macchine da scrivere non permettevano la seconda cosa)


domenica 11 Dicembre 2022

Non bene alla Nuova Sardegna

La Nuova Sardegna è lo storico quotidiano di Sassari (che serve soprattutto la parte settentrionale dell’isola), che è stato a lungo del gruppo editoriale che ora si chiama GEDI: in una strategia di dismissioni dei quotidiani locali del centro e del sud, GEDI l’ha ceduta – dopo averla data in gestione per qualche anno a un gruppo milanese, con buoni risultati – a una società che aveva già acquisito da GEDI quattro quotidiani (il Tirreno di Livorno, e tre testate emiliane). Questa società, SAE, non ha finora brillato per competenza e visione sul periodo difficile delle aziende giornalistiche, con insoddisfazioni soprattutto nella redazione livornese – aggravate nei giorni scorsi – che sono rapidamente emerse anche a Sassari. Adesso l’assemblea dei giornalisti ha rinnovato le proprie diffidenze e criticato la decisione dell’azienda di ottenere lo stato di crisi e procedere a prepensionamenti, piuttosto che mostrare un qualche progetto promettente.

“Profondo sconcerto e preoccupazione – prosegue il documento – ha creato tra i giornalisti la decisione dell’azienda, a soli dieci mesi dall’ingresso della nuova compagine societaria che aveva annunciato un piano di rilancio del giornale, di proporre alla redazione l’avvio dell’iter per aprire lo stato di crisi finalizzato ai prepensionamenti con la Legge 416. Lo stato di crisi prevede infatti una serie di requisiti che comporta ai giornalisti sacrifici certamente economici, ma anche professionali perché avranno pesanti ripercussioni sulla qualità del lavoro. Pur ritenendo tutt’ora il dialogo tra azienda e dipendenti imprescindibile, questi ultimi confronti tra Cdr e vertici aziendali hanno accresciuto la preoccupazione delle redattrici e dei redattori per il futuro di un giornale che esiste da 130 anni”.

Ci sono preoccupazioni sulle riduzioni dell’informazione locale anche nei quotidiani del gruppo Riffeser Monti (quello che pubblica Giorno Nazione Resto del Carlino).


domenica 11 Dicembre 2022

Fare soldi in altri modi

Secondo un articolo del Wall Street Journal il Washington Post starebbe pensando di vendere la sua unità tecnologica che in questi anni ha prodotto una serie di piattaforme e servizi usati dal Washington Post stesso ma anche forniti a clienti esterni, e che è diventata uno strumento di business promettente ma che proprio per questo ha bisogno di maggiori autonomie per crescere.


domenica 11 Dicembre 2022

Moralista cretino

Il direttore del quotidiano Libero Alessandro Sallusti si è dato del “moralista cretino” dopo aver deciso di pubblicare una fotografia dell’ex segretario del PD Pier Luigi Bersani che usciva da un negozio romano.