Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 18 Dicembre 2022
Il Corriere della Sera ha molto celebrato questa settimana il risultato di “500mila abbonati all’edizione digitale” del giornale. È un numero notevole, per quanto sia un numero che va preso con due incognite: la prima è che il dato non è certificato o verificato da nessun ente terzo (a differenza di quelli sul traffico online o sulla diffusione dei quotidiani e periodici, pur con le loro incertezze), ma che è stato semplicemente e sommariamente comunicato dal Corriere della Sera stesso; la seconda è che non è stata data nessuna informazione di cosa si intenda con il dato in questione, che si immagina comprenda sia gli abbonati all’edizione digitale del quotidiano che quelli all’accesso ai contenuti del sito, per non dire delle tante formule diverse di quest’ultimo e dei suoi prezzi, o delle scadenze di questi abbonamenti (sono abbonati tuttora attivi? comprendono promozioni e omaggi?). Sono vaghezze che riguardano spesso i dati sugli abbonamenti online proclamati dai giornali, naturalmente, ma nel caso del Corriere le informazioni sono state nulle*.
È indubbio comunque che ci sia una crescita e un primato, testimoniati anche da altre osservazioni, e questo ha generato un comunicato soddisfatto ma insoddisfatto da parte del Comitato di redazione del Corriere della Sera , venerdì, che ha protestato – con toni molto moderati – contro la mancata redistribuzione dei risultati economici presso i dipendenti che ne condividono i meriti. L’editore ha risposto più severamente e anche un po’ risentito.
“Rcs MediaGroup ha poi sostenuto uno sforzo economico importante per quasi 60 milioni per riacquistare la sede di via Solferino, la casa del Corriere , interpretando un intimo desiderio di tutti i dipendenti, e dei giornalisti del Corriere in particolare.
Per questo ci stupisce la perseveranza di richieste che non tengono nella dovuta considerazione l’attuale contesto di mercato. Senza considerare i notevoli sforzi di questi anni di un editore, unico nel suo settore, che ha assunto quasi 50 giornalisti per agevolare la trasformazione digitale del business, e che ha sempre tutelato l’occupazione, risanando l’azienda senza azioni significative sul personale”.
*nelle sue promozioni del risultato il Corriere della Sera ha parlato anche di un “primato in Italia” sul web: in realtà nell’ultimo mese di rilevazione – ottobre, come spieghiamo sopra – il primato è stato di Repubblica , ma il Corriere si riferisce a “un dato medio relativo ai primi 10 mesi dell’anno”.
domenica 18 Dicembre 2022
C’è un aspetto della storia degli arresti con accuse di corruzione intorno al parlamento europeo che interessa le riflessioni sul giornalismo. Ed è che quella storia sta dentro un contesto più generale per cui paesi antidemocratici e repressivi investono molto per promuovere i propri interessi presso le democrazie occidentali e per attenuare la riprovazione nei loro confronti, in modi leciti e illeciti. Lo possono fare perché sono paesi ricchi o perché le dittature che li governano possono – in quanto tali – disporre di ricchezze. E lo fanno in molti modi, corrompendo politici, comprando Mondiali di calcio o molte altre cose, e abbiamo in questi anni visto diversi casi: dalla Russia, dai paesi arabi, dalla Cina. Comprese le indulgenze dei mezzi di informazione, pagate più o meno limpidamente . Il problema è che le indulgenze dei mezzi di informazione non sono sanzionabili da inchieste giudiziarie, e sono poco raccontate da inchieste giornalistiche, a differenza di pratiche simili presso altri settori: possono essere evitate solo dalla coscienza e dall’etica di chi fa i giornali stessi. Per questo sono preziosi il lavoro dei giornalisti che segnalano questi pericoli, e le critiche delle redazioni nei confronti di questi acquisti di favore.
domenica 18 Dicembre 2022
Audiweb ha diffuso i dati di traffico dei siti internet di ottobre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news di attualità generalista e delle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. La seconda colonna mostra il dato del mese precedente ma, come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese. A ottobre la notizia principale è il ritorno in testa alla classifica di Repubblica davanti a Corriere , dato che dà un po’ di ottimismo a quella testata, ultimamente in mezzo a una gran crisi, ma si deve al calo del Corriere più che a una crescita di Repubblica . Altri dati notevoli nelle prime posizioni sono la crescita del Messaggero e del Giornale , la perdita del Fatto e del Sole 24 Ore , la gran crescita dello Huffington Post . Anche il Post cresce, dell’8%, e guadagna una posizione ai danni del Mattino .
Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha circa 300mila visitatori unici, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna .
domenica 18 Dicembre 2022
Il nuovo editore dell’ Espresso – storico newsmagazine italiano di recente venduto dal gruppo GEDI (che si chiamava prima Editoriale L’Espresso, tanto forte era il legame con la testata) all’imprenditore campano Danilo Iervolino – ha licenziato il direttore Lirio Abbate sostituendolo con Alessandro Rossi, già direttore dell’edizione italiana della rivista Forbes , di proprietà dello stesso Iervolino. Abbate era diventato direttore dopo le dimissioni di Marco Damilano, per protesta contro la cessione del giornale. Venerdì il Fatto ha pubblicato una ricostruzione che attribuisce il licenziamento di Abbate alla pubblicazione sull’ Espresso di articoli malvisti da alcuni inserzionisti di Repubblica , che mantiene un accordo di distribuzione con l’Espresso .
Sabato i giornalisti dell’ Espresso hanno “conferito al Cdr un pacchetto di dieci giorni di sciopero”.
domenica 18 Dicembre 2022
L’ipotesi che l’editore Mondadori e Paolo Berlusconi vendano il quotidiano Il Giornale alla famiglia Angelucci (che possiede già Libero e il Tempo ) è tornata concreta nelle scorse settimane: giovedì i giornalisti del Giornale hanno pubblicato un comunicato in cui con toni molto concilianti e rispettosi hanno espresso a editori vecchi e nuovi le loro preoccupazioni sul rischio di ulteriori riduzioni del personale.
” I giornalisti, che hanno ben chiaro che i cambi di assetto azionario nell’informazione sono fisiologici, chiedono però agli attuali e storici azionisti (la Pbf di Paolo Berlusconi e la Mondadori) di garantire, con responsabilità, la tutela dei posti di lavoro e delle competenze di una redazione che ha già visto assottigliarsi pesantemente l’organico (sceso da 80 a 51 redattori solo negli ultimi 4 anni) e che ha sempre contribuito a sanare le difficoltà economiche della testata.
Esistono tanti modi per garantire l’organico in qualunque passaggio di proprietà. Eguale impegno si sente di chiedere a qualunque eventuale futuro acquirente, perché i giornalisti del Giornale meritano di continuare ad avere un editore vero. Fiduciosi di poter continuare il nostro servizio ai lettori che, nonostante i tempi, restano numerosi e appassionati”.
domenica 18 Dicembre 2022
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di ottobre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui , da cui si vedono, rispetto al mese di settembre, i consueti cali di diffusione per quasi tutti: le eccezioni sono il Sole 24 Ore , Avvenire e il Messaggero (e in una piccola misura la Verità ). Il calo maggiore, sportivi a parte, riguarda ancora Repubblica , ma ci arriviamo meglio.
Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, a cavarsela meglio sono il Corriere della Sera e il Fatto , e ancora la Verità (nota per i fedeli lettori di queste sintesi: il Corriere continua ad assestare al ribasso i dati in una seconda verifica, quindi questi confronti mostrano un numero solitamente sopravvalutato di un migliaio circa, e che nel confronto si riferisce a un dato di un anno fa minore di quello che avevamo indicato qui un anno fa). Invece Repubblica perde il 17% e la Stampa l’11%: ma perdite intorno al 10% riguardano la maggior parte delle testate. Il Corriere della Sera per la prima volta dichiara un numero di copie doppio di quello di Repubblica , che fu il suo rivale su questi dati non molti anni fa, e il Sole 24 Ore per la seconda volta supera Repubblica in termini di diffusione totale. La Verità è ampiamente il giornale a maggior diffusione del centrodestra (più del Giornale e di Libero , dalle cui costole nacque), anche se la competizione col Giornale ha variabili citate polemicamente da entrambe le testate (copie omaggio, copie allegate ad altre testate locali, eccetera). Fuori dalle prime posizioni della tabella di Prima Comunicazione , il Manifesto ha numeri identici a quelli di un anno fa, mentre il quotidiano economico ItaliaOggi perde un quarto delle sue copie dichiarate rispetto a un anno fa.
Come facciamo ogni mese, consideriamo però un altro dato che è più indicativo rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):
Corriere della Sera 183.037 (-2%)
Repubblica 109.977 (-22%)
Stampa 79.160 (-13%)
Resto del Carlino 60.474 (-10%)
Sole 24 Ore 59.799 (-12%)
Messaggero 52.093 (-12%)
Fatto 45.274 (-6%)
Nazione 39.837 (-12%)
Gazzettino 36.746 (-9%)
Giornale 30.653 (-11%)
Verità 29.252 (-2%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.949 (+4%)
Avvenire 16.628 (-5%)
Manifesto 13.322 (-1%)
ItaliaOggi 9.409 (-17%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
La ragione per cui in questa classifica anche il Corriere è in perdita – e il suo vantaggio su Repubblica appena un po’ meno spettacolare – è che rispetto a un anno fa ha aggiunto più di 12mila copie alla colonna delle “copie digitali vendute a meno del 30%” del loro prezzo, ovvero copie che qui non conteggiamo: è un dato legato alla grande campagna di sconti e offerte sui propri abbonamenti digitali. Lo stesso vale per il Fatto , che ne ha aggiunte quasi 5mila (come Repubblica ), e anche per la crescita della Verità che qui si è arrestata: quella del dato di diffusione complessivo include infatti circa 6mila copie ugualmente scontatissime, ed erano la metà un anno fa.
Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle dell’ Unione Sarda (-12%) e del Piccolo (-14%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 18 Dicembre 2022
Il Wall Street Journal avrà una nuova direttrice , come avevamo anticipato il mese scorso: Emma Tucker, attuale direttrice del Sunday Times di Londra, appartenente allo stesso gruppo editoriale.
domenica 18 Dicembre 2022
C’è un conflitto che si è aggravato man mano che i ricavi economici sui contenuti in video (ma potrebbe riguardare, se i soldi in ballo fossero altrettanti, anche audio o testi) sono diventati più importanti e oggetto di maggiori competizioni: quello tra diritto di cronaca e diritto d’autore, che riguarda molti contenuti di programmi televisivi ma in particolare gli eventi sportivi, le cui “esclusive” sono decisive nel farne crescere il valore per chi li trasmette. L’intervista televisiva di un politico importante che dice cose che diventano una notizia può essere pubblicata dal sito di un giornale perché i lettori ne abbiano informazione e comprensione, o è protetta da copyright e posseduta in esclusiva dalla televisione che l’ha trasmessa? E uno spezzone di un film, o di un fatto inatteso trasmesso in televisione, che a sua volta costituissero una notizia? Eccetera, il terreno è delicato e ci sono molte variabili, ma tendenzialmente vincono le tv (anche a suon di cause civili e richieste di risarcimento).
La prevalenza del copyright è particolarmente tassativa con gli eventi sportivi, ma questa settimana il presidente dell’AgCom ha spiegato a Repubblica che si tratta di una limitazione al diritto all’informazione, su cui saranno imposte delle modifiche «La Lega Calcio, che effettua le riprese allo stadio, dovrà fornire le immagini di eventi rilevanti sul piano della cronaca a qualsiasi testata giornalistica ne faccia richiesta […] La Lega ha avuto un atteggiamento molto collaborativo quando l’abbiamo informata della nostra decisione. Se ci fossero delle incomprensioni tra la Lega Calcio e le testate giornalistiche che chiedono le immagini, siamo pronti a intervenire. Ma voglio credere che non sarà necessario dirimere delle controversie […] Noi vogliamo invece che le testate possano esercitare a pieno il diritto di cronaca, con materiale di buona qualità. Questo deve valere per tutti i fatti che hanno un forte rilievo, sul piano della cronaca, sul piano civile».
domenica 18 Dicembre 2022
Non bisogna mai generalizzare in maniera assoluta e universale, ma si possono individuare dei tratti comuni, delle tendenze, o delle maggioranze. Esiste infatti una figura nella storia dell’editoria giornalistica che si ripropone da sempre con alcune variabili: l’imprenditore estraneo al mondo del giornalismo (spesso estraneo anche come utente del giornalismo) che si innamora dell’idea di acquistare o creare un giornale, di possederlo: idea che declina con sfumature diverse tra il sogno di prestigio e il desiderio di potere. Ma non è tanto ai canonici rischi di ingerenze e capricci sull’indipendenza del giornale che alludiamo qui, quanto a quelli di incompetenza nella sua gestione “commerciale” e nella comprensione di che tipo di prodotto sia. La storia e il presente delle aziende giornalistiche sono ricchi di casi in cui un giornale è finito malridotto – sia come prodotto di informazione che come salute dell’azienda – dal combinato disposto tra i mal riposti desideri del nuovo editore e la sua sopravvalutazione della propria competenza in un terreno che non saprà governare (vale anche per la creazione di giornali nuovi).
Le eccezioni positive riguardano di solito il secondo aspetto: capitano anche imprenditori con consapevolezza che esercitano i loro interessi ma cercano di delegare la gestione a direttori o manager più sapienti sul settore, per non fare danni. Ma sono eccezioni che di solito riguardano aziende molto grandi e industrialmente avvedute: nella maggior parte dei casi, invece, giornali nuovi o antichi si trovano rapidamente a mal partito con questo tipo di velleità, eppure niente insegna niente a nessuno e il fenomeno si ripete.
Fine di questo prologo.
domenica 11 Dicembre 2022
Domenica prossima Charlie arriverà regolarmente, prima di andare in vacanza per un mese.
domenica 11 Dicembre 2022
I giornali spiegati bene, la rassegna stampa del Post con Luca Sofri e Francesco Costa, avrà il suo ultimo appuntamento dell’anno sabato prossimo al Circolo dei lettori di Torino.
domenica 11 Dicembre 2022
Il Post ha elencato per i propri abbonati e lettori i principali sviluppi su cui sta investendo le risorse economiche ottenute in questi anni con i risultati del proprio progetto di abbonamenti.
“Il Post sta diventando sempre di più un giornale che produce giornalismo originale e investe in reporting e raccolta di dati e informazioni per spiegare la realtà, raccontare storie e spiegare le notizie. È una direzione su cui abbiamo annunciato di volerci muovere già da alcuni anni e su cui sono stati fatti grossi progressi e investimenti, permessi dal sostegno delle abbonate e degli abbonati al Post . Continuiamo a pensare che la priorità di un giornale affidabile sia informare più persone possibile di più cose possibile in ogni modo utile, e non abbiamo ambizioni o competizioni di originalità: il Post continua a essere il posto dove trovare riferita ed elaborata affidabilmente un’inchiesta o una riflessione fatta da un altro giornale, o da qualunque fonte, insieme a quelle prodotte invece con maggior impegno e ricerca da parte del Post stesso. Restiamo deejay anche diventando musicisti. Ma ci sono molti ambiti, luoghi, storie che hanno bisogno di essere illuminati e raccontati meglio, e oggi il Post riesce a farlo con le proprie persone, con i propri criteri e strumenti, quando servono”.
domenica 11 Dicembre 2022
I soliti esempi rappresentativi di confusioni tra i contenuti giornalistici e quelli promozionali sui maggiori quotidiani italiani. Il Corriere della Sera ha dedicato una mezza pagina a una iniziativa dell’azienda Terna, che pochi giorni prima aveva acquistato ben quattro pagine di pubblicità sul Corriere della Sera . Il produttore vinicolo Aneri ha acquistato un’altra pagina sulla Verità sabato, la settimana dopo esserne stato celebrato in un’intervista.
domenica 11 Dicembre 2022
Questa settimana i Comitati di redazione del gruppo GEDI (che pubblica tra gli altri Repubblica , Stampa e Huffington Post ) hanno pubblicato un nuovo comunicato critico sulle scelte dell’azienda, minacciando iniziative di protesta maggiori.
“Martedì 6 dicembre il Coordinamento dei cdr del gruppo Gedi ha incontrato i vertici aziendali ed editoriali a seguito della cessione di due rami d’azienda di GediDigital, la componente tech che supporta noi giornalisti nell’informarvi ogni giorno. E’ stato un incontro che non ci ha visti soddisfatti […] nel corso dell’intero incontro mai si è parlato di potenziamento degli organici e le notizie sembrano essere sparite dal tavolo, sostituite da contenuti di tipo non giornalistico più vicine all’infotainment. Il nostro futuro lo immaginiamo ricco di prodotti giornalistici di qualità, non di contenuti più legati al marketing”.
(piccola nota a margine, ma che racconta una storia e un’anagrafe: gli autori dei comunicati dei CdR di GEDI – come molti altri giornalisti italiani – mantengono nel 2022 la vecchia abitudine di apostrofare le “E” maiuscole invece che accentarle, in eredità di tempi in cui le macchine da scrivere non permettevano la seconda cosa)
domenica 11 Dicembre 2022
La Nuova Sardegna è lo storico quotidiano di Sassari (che serve soprattutto la parte settentrionale dell’isola), che è stato a lungo del gruppo editoriale che ora si chiama GEDI: in una strategia di dismissioni dei quotidiani locali del centro e del sud, GEDI l’ha ceduta – dopo averla data in gestione per qualche anno a un gruppo milanese, con buoni risultati – a una società che aveva già acquisito da GEDI quattro quotidiani (il Tirreno di Livorno, e tre testate emiliane). Questa società, SAE, non ha finora brillato per competenza e visione sul periodo difficile delle aziende giornalistiche, con insoddisfazioni soprattutto nella redazione livornese – aggravate nei giorni scorsi – che sono rapidamente emerse anche a Sassari. Adesso l’assemblea dei giornalisti ha rinnovato le proprie diffidenze e criticato la decisione dell’azienda di ottenere lo stato di crisi e procedere a prepensionamenti, piuttosto che mostrare un qualche progetto promettente.
“Profondo sconcerto e preoccupazione – prosegue il documento – ha creato tra i giornalisti la decisione dell’azienda, a soli dieci mesi dall’ingresso della nuova compagine societaria che aveva annunciato un piano di rilancio del giornale, di proporre alla redazione l’avvio dell’iter per aprire lo stato di crisi finalizzato ai prepensionamenti con la Legge 416. Lo stato di crisi prevede infatti una serie di requisiti che comporta ai giornalisti sacrifici certamente economici, ma anche professionali perché avranno pesanti ripercussioni sulla qualità del lavoro. Pur ritenendo tutt’ora il dialogo tra azienda e dipendenti imprescindibile, questi ultimi confronti tra Cdr e vertici aziendali hanno accresciuto la preoccupazione delle redattrici e dei redattori per il futuro di un giornale che esiste da 130 anni”.
Ci sono preoccupazioni sulle riduzioni dell’informazione locale anche nei quotidiani del gruppo Riffeser Monti (quello che pubblica Giorno , Nazione e Resto del Carlino).
domenica 11 Dicembre 2022
Secondo un articolo del Wall Street Journal il Washington Post starebbe pensando di vendere la sua unità tecnologica che in questi anni ha prodotto una serie di piattaforme e servizi usati dal Washington Post stesso ma anche forniti a clienti esterni, e che è diventata uno strumento di business promettente ma che proprio per questo ha bisogno di maggiori autonomie per crescere.
domenica 11 Dicembre 2022
Il direttore del quotidiano Libero Alessandro Sallusti si è dato del “moralista cretino” dopo aver deciso di pubblicare una fotografia dell’ex segretario del PD Pier Luigi Bersani che usciva da un negozio romano.
domenica 11 Dicembre 2022
Il Corriere della Sera di sabato ospitava in prima pagina un commento in difesa delle agevolazioni fiscali per le società calcistiche che il ministro dello Sport ha annunciato di non voler rinnovare, considerata anche l’aria che tira intorno alle non limpidissime pratiche finanziarie delle società calcistiche. L’articolo usava, tra gli altri argomenti per chiedere un ripensamento, quello per cui “non si capisce perché si siano giustamente sostenuti, addirittura con finanziamenti diretti, settori come cinema e teatro, invece a calcio e sport si risponde di no”, trascurando la sensibile differenza di economie e risorse che c’è tra il teatro e il calcio, per esempio: in nessuna parte dell’articolo è segnalato al lettore che l’editore del Corriere della Sera possiede una società di calcio in Serie A.
domenica 11 Dicembre 2022
Michele Serra ha dedicato giovedì la sua rubrica quotidiana su Repubblica a difendere le intenzioni del nuovo ministro della Giustizia di limitare gli usi e gli abusi delle intercettazioni, e a criticare i giornali e i giornalisti che trascurano le proprie responsabilità nei confronti dei suddetti abusi, una posizione più unica che rara all’interno del suo quotidiano.
“Sarebbe bene che sulla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, spesso di persone non indagate, anche il mondo del giornalismo discutesse con la stessa franchezza del ministro Nordio, che le definisce “una porcheria”.
Personalmente tendo a dare ragione al ministro. Ma capisco che il giornalismo d’inchiesta abbia le sue brave riserve da esprimere. Proprio per questo (perché la questione è seria, e rilevante) sarebbe importante non dare per scontata una pratica carica di evidenti e violenti effetti collaterali, con pesanti conseguenze sui diritti della persona.
[…] L’appiattimento di molti media (carta, televisione, web) sul lavoro inquirente è, da un certo punto di vista, inevitabile: se il lavoro del giornalismo dev’essere di scavo e di denuncia, è inevitabile il rischio di accanimento contro chi è indagato, e tutto ciò che gli sta attorno. Di qui a giustificare come un “diritto professionale” lo sputtanamento indiscriminato e leggero degli esseri umani, ce ne corre. È la stessa distanza che corre tra il dubbio e la spocchia. E riguarda nello stesso preciso modo magistrati, avvocati e giornalisti. Categorie di potere che tendono a non riflettere mai abbastanza sul proprio”.
domenica 11 Dicembre 2022
Lo sciopero del New York Times per chiedere aumenti di stipendi, che avevamo raccontato come probabile, c’è stato , per un giorno (il quotidiano è uscito regolarmente, non tutti i dipendenti aderiscono ai sindacati che hanno partecipato allo sciopero e il giornale ha contenuti pronti che può usare).
domenica 11 Dicembre 2022
Negli anni passati abbiamo raccontato su Charlie le pratiche di “acquisto” di promozione e indulgenze giornalistiche sulle testate internazionali da parte di regimi autoritari, e di cui in Italia – per quanto riguarda la Cina – si è occupata spesso la giornalista del Foglio Giulia Pompili, da tempo attenta alle molte ingerenze indebite del regime cinese nei paesi democratici. Martedì scorso Pompili ha criticato su Twitter , accusandola di una serie di omissioni e falsificazioni, un’inchiesta dell’ Espresso relativa ad alcune di quelle ingerenze.
“Poi però c’è anche un problema. E riguarda il giornalismo italiano e la sua credibilità, che temo si rifletta poi sulla scarsa capacità dei lettori di capirci qualcosa, e quindi anche di essere elettori informati”.
Nel frattempo, il Sole 24 Ore ha ospitato domenica scorsa quattro pagine a pagamento acquistate dal governo cinese, e il Comitato di redazione ha criticato la scelta, “prendendo le distanze”.
“quattro pagine di giornale sono state dedicate a propagandare risultati, prospettive e forza attrattiva dell’economia cinese. Non con servizi giornalistici, ma nell’ambigua forma del “publiredazionale”, dove contenuti pubblicitari vengono tradotti in una grafica che crea un evidente rischio di confusione per chi legge
[…] fare da cassa di risonanza ai messaggi di uno Stato dove il pluralismo politico è nullo, la libertà di espressione e il diritto di critica mai riconosciuti, il diritto anche all’esistenza di minoranze negato, autore di una politica estera aggressiva e imperialista, è a nostro giudizio più che inopportuno, pericoloso.
A peggiorare le cose c’è la recidiva: tempo fa analoghe pagine vennero pubblicate, ce ne lamentammo anche allora e venne preso l’impegno di informare preventivamente la rappresentanza della redazione e di concordare almeno la forma, se non i contenuti. Impegno non mantenuto. Le esigenze del conto economico non possono prevalere su ogni altro tipo di considerazione”.
domenica 11 Dicembre 2022
Il direttore generale di BBC – la testata televisiva pubblica britannica – ha detto di prevedere che nel prossimo decennio i contenuti di BBC migreranno progressivamente e totalmente online, e che le trasmissioni “televisive” saranno abbandonate.
domenica 11 Dicembre 2022
Se volete seguire meglio le polemiche sulle querele per diffamazione contro i giornalisti, che spesso sui giornali suonano molto autoreferenziali, comprensibilmente interessate, e poco chiare, c’è un lungo articolo del Post .
“Il reato di diffamazione in Italia è previsto dall’articolo 595 del codice penale e riguarda chiunque «comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione». È punito con la reclusione fino a due anni o una multa fino a 2.065 euro (ma entrambe possono essere aumentate se l’offesa è contro «un corpo politico, amministrativo o giudiziario»). Perché si parli di diffamazione è sufficiente che la dichiarazione “diffamante” sia comunicata in presenza di almeno due persone, e non è necessario che sia falsa: si può diffamare anche dicendo una cosa vera”.
domenica 11 Dicembre 2022
Un’inchiesta sull’origine della pandemia pubblicata qualche settimana fa dal sito americano ProPublica in collaborazione con Vanity Fair aveva fatto notizia in tutto il mondo, perché sembrava rafforzare i sospetti sull’ipotesi del “laboratorio” attribuendoli a un’inchiesta del Congresso americano. L’articolo era stato ripreso in Italia dai giornali più agguerriti su quel genere di accuse ma anche dal Corriere della Sera .
Ma l’inchiesta ha ricevuto molte critiche che ne hanno compromesso la credibilità, non tanto nel merito della questione ma sui metodi giornalistici utilizzati, dall’attendibilità attribuita a un esperto interpellato alle ingenuità e agli errori nella traduzione della lingua cinese. Ne hanno scritto in molti negli Stati Uniti, e il Post ha riassunto le obiezioni.
“Presentata come una prova importante, anche se non definitiva, per sostenere l’origine da “errore umano” di laboratorio della pandemia da COVID-19, in realtà non sembra spostare nulla nel dibattito né portare alcun elemento certo sulla questione. Solleva invece, secondo molti critici, molte questioni sui metodi di giornalismo investigativo delle due testate coinvolte e indica una certa ingenuità nell’approcciarsi al mandarino”.
domenica 11 Dicembre 2022
Tra le molte cose che il progresso digitale sembra aggiungere ogni giorno all’offerta di internet – arricchimenti, varietà, nuovi formati e opportunità – c’è un elemento dei siti di informazione che da diversi anni si è invece sempre più impoverito e ha ridotto le sue creatività: la homepage. Con il prevalere dell’uso degli smartphone per accedere a internet e ai giornali online, le affollate pagine principali dei siti di news hanno perduto importanza in favore delle loro versioni più limitate e ridotte ospitate dagli schermi più piccoli e portatili, e sono diventate delle “timeline” simili tra loro, fatte di elementi quasi tutti identici in successione: facendo scomparire tutta la ricerca e l’innovazione che erano state dedicate per diversi anni alla ricerca di una più efficace distribuzione dei contenuti nelle spaziose homepage su desktop. Oggi gli esperimenti sono pochissimi, le opportunità molto modeste: ne beneficiano semplicità e pulizia (usiamo le homepage sullo smartphone nello stesso modo con cui usiamo le pagine dei social network: scorrendo titoli), ma la quota di contenuti a cui è possibile dare spazio in homepage, e la loro varietà grafica, sono molto diminuite.
Nella abituale sezione speciale di fine anno del sito specializzato NiemanLab – dedicata a auspici e previsioni per il futuro – il designer del sito di news Semafor si è augurato che col prossimo anno si possa tornare a maggiori creatività in tutto il design digitale delle news.
Fine di questo prologo.
domenica 4 Dicembre 2022
Charlie si metterà in vacanza per tre domeniche durante le feste di Natale. Ma intanto fino a domenica 18 dicembre aspettatela regolarmente.
domenica 4 Dicembre 2022
Sabato e domenica a Peccioli, in provincia di Pisa, il direttore del Post Luca Sofri curerà la rassegna stampa I giornali spiegati bene all’interno di un programma di quattro giorni di incontri e presentazioni di libri, e assistito stavolta rispettivamente da Concita De Gregorio e da Matteo Bordone: con molti temi di Charlie.
domenica 4 Dicembre 2022
Da un paio di settimane il Post ha introdotto un servizio per i lettori dei suoi articoli, anche i più occasionali, raccolto da un’idea già applicata da alcune altre testate internazionali: un’indicazione molto visibile della datazione degli articoli meno recenti. I percorsi di accesso ai contenuti di informazione sono da anni diventati molto vari, e capita con grande frequenza di finire su notizie e articoli che non siano stati pubblicati di recente, e che a volte siano stati anche superati da aggiornamenti successivi, o che possano essere spiazzanti per i lettori che li percepiscano come nuovi.
Per attenuare il rischio di equivoci in questo senso, il Post ha aggiunto un’indicazione dell’età degli articoli, accanto alla data che spesso sfugge alla lettura sbrigativa.
domenica 4 Dicembre 2022
Il Corriere della Sera sta ormai competendo con il Sole 24 Ore per frequenza dello spazio dedicato alle dichiarazioni del proprio editore: questa settimana articoli su Urbano Cairo sono stati pubblicati martedì , mercoledì e venerdì , con citazione e foto anche sabato (dentro un articolo dedicato a un evento che aveva comprato uno spazio pubblicitario pochi giorni prima ).
domenica 4 Dicembre 2022
Il produttore di vino Giancarlo Aneri, di cui abbiamo raccontato altre volte le relazioni di mutuo scambio con alcuni maggiori quotidiani (è un frequente inserzionista, e creatore di un premio giornalistico, e riceve assidue coperture delle sue attività) ha ottenuto sabato un’intervista in prima pagina anche sulla Verità, dopo l’acquisto di pagine pubblicitarie nelle scorse settimane.
domenica 4 Dicembre 2022
Da ormai quasi due settimane sta avendo grandi attenzioni mondiali il guaio in cui si è messo il brand di moda Balenciaga con una sua campagna pubblicitaria. È interessante notare come della storia – molto discussa sui social network e raccontata sui siti di news internazionali già da appunto due settimane – non abbiano scritto per giorni niente i maggiori quotidiani italiani, che hanno nelle aziende di moda i loro maggiori inserzionisti: alcuni articoli sono apparsi sui siti solo dopo una settimana e dopo lo sviluppo dell’intervento critico di Kim Kardashian. Il Corriere della Sera non ne ha dato nessuna notizia fino a giovedì mentre il primo articolo del sito di Repubblica affrontava invece così la polemica e le accuse:
“Balenciaga amplia la proposta di oggettistica e idee regalo con il lancio di tantissimi nuovi prodotti che andranno ad arricchire la linea Objects a partire dal 21 novembre: si tratta di articoli per animali, accessori per la casa, fragranze, pezzi da collezione e piccole opere d’arte che sono stati presentati tramite la campagna Balenciaga Gift Shop. Gli scatti sono stati realizzati dal fotografo Gabriele Galimberti, e se da un lato hanno già fatto andare in visibilio i fan di Balenciaga, dall’altro hanno fatto storcere più di qualche naso, perché, in pieno stile Demna, alla campagna non manca una nota decisamente provocatoria”.
Ai lettori delle edizioni di carta delle due testate – quelle più rilevanti nel rapporto con gli inserzionisti di moda – non è invece stato raccontato ancora niente , e si saranno probabilmente chiesti cosa sia la storia che sabato ha commentato Michele Serra nella sua rubrica, su Repubblica .
(sulle difficoltà dei quotidiani nel riferire gli incidenti degli inserzionisti di moda c’era un famoso precedente di quattro anni fa, con strascico)
domenica 4 Dicembre 2022
Bill Spindle, il giornalista già del Wall Street Journal e di grande esperienza sull’ambiente che il nuovo sito di news Semafor aveva arruolato per la sua newsletter su quei temi, ha annunciato di avere lasciato precocemente quell’impegno dopo le polemiche sul coinvolgimento della multinazionale petrolifera Chevron come sponsor.
Una simile questione è ospitata oggi sul quotidiano Domani : il movimento ambientalista Fridays for future ha scritto una lettera per criticare la partecipazione di alcuni sponsor “che stanno finanziando la crisi climatica e minando il futuro” a un evento torinese del giornale intitolato “Speranze climatiche” (tra i cui sponsor sono indicati Enel, Leonardo, Ferrovie dello Stato, BF Spa). Secondo la lettera si tratta di “una ripulita di verde” per le aziende in questione. Il direttore di Domani risponde difendendo la scelta sia per la necessità di “fonti di ricavo” del giornale, sia per voler “coinvolgere nella transizione ecologica tutti gli attori, anche e soprattutto quelli che sono responsabili delle emissioni”.
La lettera di Fridays for future aggiunge che il movimento parteciperà lo stesso all’evento.
domenica 4 Dicembre 2022
Il Fatto di lunedì scorso ha dedicato due pagine alle “pubblicità occulte” ospitate dai maggiori quotidiani, di cui Charlie ha riferito spesso in questi anni. Gli articoli del Fatto citano alcuni esempi, facendo un po’ di confusione tra formati e scelte diverse: “native advertising” e “branded content” sono contenuti pubblicitari che sono discussi e criticati da alcuni, ma che prevedono una trasparenza verso i lettori e delle informazioni che mostrino che si tratta di articoli concordati con gli inserzionisti (come fa il Post indicandoli come “articoli sponsorizzati“, per esempio). Diversi sono i casi descritti dall’articolo in cui ai lettori vengono offerti articoli indistinguibili da quelli originati da criteri giornalistici e autonomi da parte della redazione, e che invece devono la loro pubblicazione a una relazione con un’azienda interessata. Quelli che vengono comunemente chiamati ” marchette “, con espressione di origine volgare ma ormai piuttosto comune.
domenica 4 Dicembre 2022
Nel frattempo è di nuovo un periodo di tagli e licenziamenti nei maggiori mezzi di informazione statunitensi, che riguardano centinaia di persone e anche giornalisti singolarmente piuttosto noti . Questa settimana si è parlato delle difficoltà di CNN e delle sue riduzioni di personale , dei nuovi licenziamenti nelle testate del grande editore di giornali Gannett (che pubblica tra gli altri il quotidiano nazionale USA Today), e di quelli persino al Washington Post, che – pur in un periodo di assunzioni in altri ruoli – sta “eliminando alcune posizioni”. Il licenziamento della storica critica della danza, vincitrice del premio Pulitzer, ha generato un articolo piuttosto risentito sullo stesso Washington Post .
(per associazione: l’autonomia della redazione del Washington Post dagli interessi aziendali si è mostrata la settimana scorsa in modo ancora più impressionante – soprattutto visto da qui – con un articolo dedicato al peggioramento di qualità del servizio di Amazon: ovvero l’azienda principale dell’editore del Washington Post. «Amazon tradisce la vostra fiducia per qualche dollaro in più»)
domenica 4 Dicembre 2022
Secondo un articolo sulla sezione Intelligencer del sito del New York Magazine , al New York Times sarebbero a una resa dei conti sulle richieste di aumento degli stipendi da parte dei dipendenti. La storia è apparentemente semplice: i dipendenti dicono che l’azienda proclama a gran voce i propri successi e i propri ottimi risultati economici, e intanto i loro compensi perdono di valore e non beneficiano di questi successi. L’articolo spiega però che l’azienda è intimorita da possibili prospettive di maggiori difficoltà in futuro, e che pensa di poterle usare per offrire aumenti più ridotti se la trattativa viene prolungata fino ad allora. Però adesso i giornalisti hanno minacciato un “walk out” se la questione non si sblocca a breve, e potenzialmente persino uno sciopero, eventualità rara e piuttosto clamorosa nelle aziende giornalistiche americane (un “walk out” è di fatto uno sciopero, ma di breve e definita durata che non dovrebbe compromettere la pubblicazione del giornale). Al New York Times non succede dal 1978, quando ci fu un lunghissimo sciopero nei giornali cittadini e fu l’ultima volta che il giornale non venne pubblicato quotidianamente.
domenica 4 Dicembre 2022
È una questione in ballo da un po’, dentro l’interesse ormai annoso dell’editore Mondadori e della famiglia Berlusconi di liberarsi dei propri giornali e mantenere le priorità sui libri e sulle televisioni. La maggioranza delle quote del Giornale è di Paolo Berlusconi, e il secondo socio è Mondadori. Sulla possibile vendita del quotidiano, che fu fondato nel 1974 dal giornalista Indro Montanelli, ci sono state nuove notizie questa settimana, e in particolare sull’ipotesi che l’acquirente sia la famiglia Angelucci, che possiede già Libero, Tempo e Corriere dell’Umbria. Ne ha scritto l’agenzia di stampa Bloomberg, aggiungendo che i giornalisti del Giornale avrebbero in programma un confronto con l’editore lunedì prossimo a proposito di queste ipotesi. Mentre Paolo Berlusconi ha detto all’agenzia Adnkronos che «stiamo parlando da un anno con Angelucci, ma non ci sono novità. Stiamo parlando della possibilità di un accordo con loro, ma non ci sono ancora novità in tal senso».
domenica 4 Dicembre 2022
C’è un dibattito in Austria intorno al ridimensionamento di quello che è noto come uno dei più antichi (se non il più antico) quotidiani del mondo, la Wiener Zeitung . Il giornale è di proprietà statale e il governo ha annunciato l’estate passata un piano per trasferire sul web l’obbligo di pubblicare per legge gli annunci di interesse pubblico, che costituiscono la maggiore fonte di ricavo del giornale stesso. Adesso quel piano sta diventando esecutivo, e per far fronte alla contrazione dei ricavi la Wiener Zeitung diventerà un giornale solo digitale e con una pubblicazione cartacea mensile. Ci sono state proteste e richieste di mantenere un sovvenzionamento pubblico, ma gli argomenti sembrano essere soprattutto sentimentali , oltre che di occupazione: l’obbligo di pubblicazione di annunci di interesse pubblico sui giornali di carta – data la misura assai relativa della loro accessibilità e diffusione odierna, rispetto ai canali online per giunta più economici – è diventato in tutto il mondo piuttosto anacronistico , oltre che costoso per la collettività. Lo stesso direttore ha pacatamente ammesso che «non siamo eroi né vittime, un illustre passato non è abbastanza per affrontare il futuro, ma facciamo un buon giornale e vorremmo continuare a farlo». La storia è stata raccontata in Italia su Repubblica lunedì scorso.
domenica 4 Dicembre 2022
Il nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che ha la delega per l’editoria, Alberto Barachini, ha riferito alla commissione Cultura della Camera sulla situazione dell’editoria giornalistica e sulle intenzioni del suo dipartimento. Barachini ha letto una lunga relazione. Nel frattempo è stato pubblicato l’intervento sul “Fondo straordinario per l’editoria”, ovvero i soldi che il governo ha deciso di attribuire al settore. Il sito Datamediahub ha spiegato con maggiore chiarezza a chi saranno destinati e come quei soldi.
“Quasi un terzo dei fondi [31.1%], pari a 28 milioni, è per il contributo straordinario sul numero di copie vendute nel 2021. È previsto un contributo di 5 centesimi per copia venduta, esclusivamente attraverso le edicole o i punti vendita non esclusivi, nel 2021. Il contributo in oggetto viene riconosciuto anche nell’ipotesi in cui le copie vengono cedute in abbonamento. Il requisito per accedere a questa tipologia di contributo per le imprese è l’inquadramento di almeno tre giornalisti ai sensi dell’articolo 1 del contratto nazionale di lavoro [quindi professionisti] e il possesso della regolarità contributiva e previdenziale. Il numero delle copie vendute è oggetto di certificazione. Ma non viene specificato come”.
domenica 4 Dicembre 2022
Due mesi fa il Washington Post aveva comunicato la chiusura della sua sezione domenicale Outlook. Adesso ha deciso di chiudere il proprio magazine, anch’esso di uscita domenicale.
domenica 4 Dicembre 2022
C’è un nuovo “nuovo social network” di cui si è parlato nelle ultime settimane e che ha un interesse specifico per il mondo dell’informazione e per i suoi utenti. Si chiama Post.news , è stato introdotto approfittando delle insoddisfazioni recenti nei confronti di Twitter dopo l’acquisto da parte di Elon Musk, e si presenta come una piattaforma capace di mantenere un equilibrio tra libertà di espressione e rispetto degli altri (chi non si presenta così, d’altronde?).
Ma la parte che ha incuriosito il dibattito sulle prospettive dei media è quella in cui Post.news (o Post , semplicemente, non è ancora chiaro come sarà chiamato abitualmente) sostiene che offrirà agli utenti la possibilità di acquistare singoli articoli dei giornali: insomma, la vecchia questione dei micropagamenti , ciclicamente proposti e richiesti da molti lettori potenziali e sistematicamente snobbati dagli editori (con rari esperimenti, tutti falliti).
Per ora i commenti sono soprattutto scettici : il sistema dei micropagamenti non conviene agli editori rispetto agli abbonamenti, per ragioni intuitive. Gli abbonamenti garantiscono entrate maggiori, garantite a lungo e con continuità, ed è persino dimostrato che molti abbonati ai siti di news continuano a pagare anche a fronte di attività scarse o nulle sui siti in questione. Per essere attraenti per gli editori i micropagamenti non dovrebbero essere troppo micro (pena il rischio Spotify: dove solo quote enormi di streaming offrono compensi validi ai musicisti), ma allora diventerebbero meno interessanti per i lettori che li chiedono, e che tendono a immaginare cifre intorno alle poche decine di centesimi per un articolo.
(la registrazione di nuovi utenti a Post.news procede con grande lentezza, e c’è una lunga lista d’attesa)
domenica 4 Dicembre 2022
Nell’audizione di cui riferiamo più sotto il sottosegretario che si occupa del settore dell’informazione ha collegato l’erogazione di fondi e agevolazioni economiche per le aziende giornalistiche (che è di fatto la maggiore attività del suo dipartimento, malgrado la citazione di “visioni innovative”) ad obiettivi di “recupero dell’affidabilità e della credibilità”, “contrastando le fake news”. E si è tenuto in un complicato equilibrio tra sostenere che il dipartimento non possa certificare “la qualità” e chiedere però “il rispetto delle norme deontologiche”.
Sono ottime intenzioni e il sottosegretario appare avere attenzioni e competenze più raffinate del suo predecessore, ma è difficile immaginare che vengano applicate o che possano venire applicate. I maggiori beneficiari del finanziamento pubblico oggi non sono sottoposti a nessun criterio di valutazione in questo senso: ma sarebbe probabilmente impossibile applicare dei criteri, come abbiamo spiegato spesso (con toni sopra le righe e indignati ne ha scritto questa settimana il Fatto).
La soluzione perfetta non c’è, ma sarebbe saggio abolire il finanziamento come è concepito oggi, basato solo su ragioni di spartizione di interessi tra i gruppi parlamentari (ognuno ha una testata amica da proteggere) e su criteri facili da soddisfare per i richiedenti, e che crea una distorsione della concorrenza tra testate: oppure almeno stabilire dei tetti per sostenere solo le testate piccole e il “pluralismo”, e usare invece i soldi per progetti di innovazione tecnologica, di formazione “deontologica”, di occupazione giovanile e di incentivo alla contemporaneità dei mezzi di informazione.
L’ordine dei giornalisti, qualunque cosa se ne pensi, sostiene di non avere risorse economiche e strumenti per fare rispettare le proprie stesse norme, e le sue ridotte attività sono affidate alla buona volontà di pensionati o pensionandi, con quel che ne deriva in visione e competenza sul cambiamento in atto. Insomma, usare quei soldi per cercare di costruire progetti per il futuro e non solo per proteggere quelli del passato.
(intanto, nel corso dell’audizione, il presidente della commissione Mollicone ha ripetuto il dato dell'”Italia penultima nell’Unione Europea per risorse dirette destinate all’editoria: un primato infelice”: oltre alla confusione nell’uso del termine “primato”, si tratta di una fake news , prodotta dalla federazione degli editori di giornali; per dire della distanza tra parole e fatti)
Fine di questo prologo.
domenica 27 Novembre 2022
Charlie si metterà in vacanza per tre domeniche durante le feste di Natale. Ma intanto fino a domenica 18 dicembre aspettatela regolarmente.
domenica 27 Novembre 2022
Il Washington Post ha dedicato un lungo e ammirato necrologio a Marino de Medici, giornalista che era stato il decano della stampa estera a Washington, da dove aveva fatto per quasi trent’anni – tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso – il corrispondente per l’agenzia ANSA e poi per il quotidiano romano il Tempo (sullo stesso Tempo il ricordo di de Medici si è limitato a una citazione dell’articolo del Washington Post ). De Medici è morto due settimane fa a 89 anni, e a Washington era stato noto e familiare a giornalisti, politici e presidenti che aveva intervistato. Parlando col New York Times , e in altre occasioni, aveva raccontato le anomalie del lavoro da corrispondente (“intervisti persone che non leggono il tuo giornale”, “se sei pigro puoi limitarti a copiare i pezzi dei giornali locali”), e negli ultimi anni aveva scritto spesso contro la deriva trumpiana della democrazia statunitense e contro i populismi in genere, preoccupato anche delle recenti pieghe prese dalla politica italiana.
domenica 27 Novembre 2022
Un paio di esempi solo di ieri di “contiguità” tra articoli e pubblicità dal Corriere della Sera , che è il quotidiano dove questi esempi sono più frequenti e visibili: per ricordare come ciò che leggiamo su alcuni giornali si spieghi spesso con scelte commerciali e non giornalistiche. Scelte legittime – i giornali devono sostenersi economicamente – ma applicate in violazione delle norme etiche che richiederebbero trasparenza con i lettori rispetto alla natura degli articoli.
Un articolo celebrativo su Végé il giorno dopo una pagina comprata da Végé; e un articolo su un’iniziativa di Piombo e OVS (“Il fantastico mondo di Piombo allarga i suoi confini in OVS”), che sono stati inserzionisti paganti per molti dei giorni precedenti.
domenica 27 Novembre 2022
Il Post aveva tradotto all’inizio della settimana un interessante articolo del Washington Post sull’errore dell’agenzia Associated Press che aveva generato l’allarme su un possibile attacco missilistico russo sul territorio polacco, una decina di giorni fa: l’articolo era interessante sia per l’impegno di analisi sull’errore, sia per come descrive degli standard abituali di prudenza di una parte del giornalismo americano, stavolta venuti meno.
“Le redazioni di solito usano fonti anonime solo quando non hanno alternative, preoccupate che i lettori ne diffidino, a volte a ragione. Le regole di AP stabiliscono che le fonti anonime possano essere usate solo se l’informazione è vitale, non la si può ottenere se non a condizione di anonimato, e la fonte è affidabile e «in un ruolo che le offre conoscenza diretta dell’informazione» stessa. Un responsabile della redazione deve poi avallare la decisione ed essere messo a conoscenza dell’identità della fonte”.
Poi ci sono stati aggiornamenti: AP ha licenziato il giornalista responsabile della falsa notizia, e il sito Semafor ha pubblicato la chat su Slack (il software di comunicazioni interne usato da molte aziende in tutto il mondo) in cui era stata discussa la decisione di dare la notizia. Un articolo del Post ha spiegato tutti gli sviluppi.
“Un’indicazione utile per orientarsi nella lettura della conversazione è la distinzione, molto marcata nel giornalismo anglosassone, tra le figure di editor e reporter : i primi sono giornalisti con mansioni di coordinamento, che commissionano, rivedono e titolano gli articoli; i secondi sono giornalisti dedicati alla ricerca delle notizie e alla scrittura degli articoli, che poi vengono rivisti da uno o più editor . Nelle gerarchie di AP James LaPorta è il reporter , mentre Lisa Leff è una editor della redazione europea, cioè una persona che decide cosa pubblicare – e in che modo – sulle notizie che riguardano l’Europa”.
domenica 27 Novembre 2022
La tensione tra redazioni ed editori al gruppo GEDI di questa settimana – ormai ci sono conflitti con grande frequenza – riguarda la vendita di due sezioni dell’azienda all’interno della struttura “GEDIdigital”. Ma una prima notizia contenuta nel comunicato delle redazioni pubblicato sulle varie testate del gruppo è la formazione di un “coordinamento dei Comitati di redazione”, che mostra una volontà di aggregare le insoddisfazioni diffuse tra i diversi giornali ( Repubblica , Stampa , HuffPost , per dire i maggiori).
“da oggi, tutte le rappresentanze sindacali dei giornalisti sono entrate in stato d’agitazione. Ieri, infatti, abbiamo appreso che il gruppo, senza alcun preavviso, ha ceduto due rami d’azienda, Operations Multimediali e Demand&Delivery, al colosso Accenture. Si tratta di 65 persone che, dal 1° gennaio, passeranno a un’altra azienda e con un altro contratto di lavoro. L’annuncio ci preoccupa umanamente per le modalità brutali con le quali è stato comunicato e professionalmente per le ricadute. I due rami d’azienda fanno infatti parte di GediDigital, il motore digitale del gruppo su cui, negli ultimi anni, l’azienda ha investito molto in termini di denaro, personale e professionalità. Colleghi che si occupano della parte tecnologicamente più avanzata dei nostri contenuti (video, audio, podcast, grafici interattivi) e della manutenzione di hardware e software che ci permettono di fare il nostro lavoro e di informarvi ogni giorno.
La decisione di esternalizzare questo comparto strategico è per noi illogica, incomprensibile, grave. Per questo, nell’esprimere piena solidarietà ai colleghi, abbiamo chiesto un incontro all’azienda da tenersi entro 15 giorni perché spieghi le ragioni di questa scelta e illustri il piano industriale e le strategie del gruppo, mai chiariti in tutti questi anni. Il coordinamento si riserva di adottare ogni forma di lotta per ottenere finalmente chiarezza e tutela di tutti i lavoratori, garanzie fondamentali per assicurarvi un’informazione corretta e di qualità”.
domenica 27 Novembre 2022
Mondadori ha confermato la vendita delle riviste Grazia e Icon per 8,5 milioni di euro: la trattativa con un gruppo editoriale francese era stata comunicata un mese fa. Sono altre testate giornalistiche – una con molta storia e rilevanza – di cui Mondadori si libera in un percorso avviato da qualche anno dedicato a concentrarsi sull’editoria di libri e dismettere l’interesse nei giornali.
domenica 27 Novembre 2022
Due lettori di Charlie si sono lamentati della descrizione che abbiamo pubblicato la settimana scorsa – ma che risaliva già a una newsletter di oltre due anni fa – delle due diverse categorie a cui appartengono i maggiori quotidiani italiani. Anzi, a questo proposito rispondiamo anche a chi ha chiesto notizie di altre testate non incluse in quella sintesi: che era riferita solo ai quotidiani a distribuzione nazionale e a maggiore diffusione.
La lamentela citata, invece, era a proposito di una presunta arbitrarietà della distinzione in due categorie, e del giudizio di valore che secondo quelle critiche apparentemente ne discendeva. Ma la distinzione è riferita – per quanto poi ognuno sia libero di avere le sue preferenze – a due generi di giornale che sono oggettivamente diversi, per le ragioni che abbiamo spiegato: vediamo, per capirci semplicemente, i titoli di domenica scorsa di alcuni quotidiani del primo tipo.
Libia, boom di sbarchi
Iva e pensioni, il tesoro frena
Manovra, al cuneo fiscale 5 miliardi
E del secondo.
Levano il Rdc ai poveri per mancette e bonus tv
Il reddito dei poltronari
Pd già diviso su Bonaccini e succube dei 5S
Parte la schedatura dei medici no vax
È piuttosto visibile il diverso approccio nel riferire un fatto (con formule anche enfatiche o esagerate) oppure nell’associare a un fatto un giudizio e una “battaglia” di qualche genere (con toni polemici o irridenti, non oggettivi). Poi il fatto può essere fondato o inesistente, e la polemica può essere giusta o sbagliata: ma questo lo giudicano i lettori, che possono avere legittime preferenze. Per una newsletter che spiega come funzionano i giornali è interessante indicare i due tipi di approccio, radicalmente diversi: e da cui discendono molti altri aspetti diversi delle scelte – anche commerciali – di una testata.
(negli Stati Uniti una simile distinzione prevede tra i quotidiani cartacei la definizione di “newspaper of record” per alcuni quotidiani più autorevoli: secondo Wikipedia , per esempio, vi si possono comprendere in Italia Repubblica , Stampa e Corriere della Sera ; nel Regno Unito , con altre sfumature, si parla di ” quality press ” e ” tabloid “)
domenica 27 Novembre 2022
Ci sono tre novità – non di contenuto nuovissimo , in effetti – per alcuni giornali e siti di news italiani.
Il nuovo giornale economico nato dal quotidiano la Verità , Verità&Affari , con la settimana che viene chiude già la sua edizione cartacea dopo soli sette mesi.
Il suo direttore Franco Bechis si sposta immediatamente a dirigere Open , il sito di news fondato da Enrico Mentana quattro anni fa, che era senza direttore da più di un anno. Bechis ha sessant’anni, è stato direttore del Tempo , di ItaliaOggi e di MilanoFinanza . Mentre finora non aveva avuto esperienze o competenze sull’informazione online.
Il direttore del quotidiano il Riformista , Piero Sansonetti, 71 anni, ha invece annunciato che andrà a dirigere una nuova edizione dell’ Unità , ovvero lo storico quotidiano del Partito Comunista e dei suoi successivi sviluppi, fino a faticose vicissitudini economiche e alla chiusura alcuni anni fa. La testata dell’ Unità è stata acquistata a un’asta fallimentare da Alfredo Romeo, discusso imprenditore ed editore del Riformista stesso.
domenica 27 Novembre 2022
Abbiamo parlato già una volta di James Fallows, che descrivemmo così: “James Fallows è un illustre giornalista americano di 72 anni, che è stato a lungo uno degli autori più importanti del magazine Atlantic (oggi uno dei siti di approfondimento e news più importanti e riusciti), ha scritto per molte altre testate e per due anni ha fatto anche lo speechwriter del presidente Jimmy Carter”.
Nelle scorse settimane Fallows si è impegnato, sulla sua newsletter e altrove , ad analizzare l’inclinazione di una parte del giornalismo americano verso il voler “prevedere” le cose: in politica e nelle elezioni, soprattutto, ma non solo. L’occasione è stata il risultato delle elezioni di metà mandato, risultato diverso da quello che era stato dato come probabile – o persino certo – da quasi tutti i i mezzi di informazione: e, con più cautela professionale, anche come il più probabile da parte dei sondaggisti. Ma il punto, dice Fallows, non è aver sbagliato le previsioni : è averle fatte. È la deriva “predittiva” di gran parte dell’opinionismo sui giornali: e secondo Fallows questa deriva dipende da una rincorsa al credito e all’autorevolezza, presso il pubblico, che un giornale o a un giornalista possono ottenere dando informazioni sul futuro. Dando l’impressione che il giornale o il giornalista sappiano quello che succederà. Anche quando non possono saperlo con certezza.
Lasciamo Fallows, e vediamola più in generale con alcune osservazioni.
1. La storia di questo secolo è già affollata di grandi eventi che la gran parte dell’informazione non aveva previsto (con parallela creazione mediatica del caso di “quello che l’aveva previsto”, statisticamente inevitabile). E l’accelerazione dei cambiamenti rende gli sviluppi sempre meno lineari e sempre con più variabili imponderabili.
2. L’esibizione di conoscenza – o di “maggiore” conoscenza, informata, privilegiata – su quello che sta succedendo e che succederà è diventata un tratto delle più comuni relazioni umane, nelle nostre società: non soltanto delle attività giornalistiche ed editoriali. Uno strumento di competizione per l’affermazione sociale.
3. Sui mezzi di informazione, ma anche sui social network, non si è mai davvero ” accountable” di ciò che si prevede. La successione e confusione di previsioni e opinioni è così densa e ininterrotta che nessuno risponde di quelle sbagliate tre giorni prima: ne sta già diffondendo altre. Si veda la presenza quasi quotidiana come esperti nei programmi televisivi di persone che avevano escluso l’invasione russa in Ucraina, o la possibilità che l’Ucraina resistesse più che qualche settimana. O gli adattamenti continui delle ipotesi in due anni di pandemia. Ma gli esempi sono tanti.
Il fatto è che queste persone – e i giornalisti in genere – dovrebbero essere esperti di due cose diverse, invece, per aiutare tutti a capire: del saper spiegare quello che si sa ma anche che c’è molto che non si sa, e del saper ricordare a tutti che ci sono variabili ignote che impediscono in molti casi previsioni e pronostici affidabili. E del saper dire “non lo sa con certezza nessuno” senza temere che la telecamera si sposti immediatamente su un collega con maggiori certezze. Non è facile, perché a spiegare che molte cose sono complesse e inafferrabili, e a negare risposte esatte e perentorie sul futuro, si perdono palcoscenici e attenzione, si perdono inviti televisivi, contratti per libri, sponsor per le proprie lezioni e TED Talk. Viviamo in un contagioso sistema che incentiva a fare previsioni sbagliate.
Fine di questo prologo.