Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 12 Febbraio 2023

Carta con gli alberi, ma gentilmente

Repubblica Stampa hanno pubblicato questa settimana delle pagine autopromozionali comunicando di avere aderito a un programma di certificazione di “sostenibilità” della carta su cui vengono stampati i due quotidiani. I programmi di certificazione hanno valori arbitrari e “sostenibilità” è un termine sfuggente e abusato, ma un breve articolo su Repubblica ha invece spiegato bene un’ambiguità contenuta nelle pubblicità, distinguendo tra carta riciclata e carta vergine. GEDI continua a usare la seconda, che è prodotta comunque abbattendo gli alberi, ma con garanzie di rispetto di una serie di criteri.

“In base alle caratteristiche di composizione, la carta utilizzata dal Gruppo per le diverse esigenze di stampa si distingue in due macro-tipologie, la carta vergine, prodotta da fibre del legno (pasta meccanica e/o chimica), e la carta riciclata, prodotta da fibre riciclate (pasta disinchiostrata). Sia la carta vergine sia la carta riciclata possono essere certificate; lo standard di catena di custodia Pefc equipara comunque la materia prima riciclata alla materia prima vergine certificata Pefc, considerando la materia prima riciclata a tutti gli effetti come certificata. In tale contesto, e con l’obiettivo di ridurre il proprio impatto ambientale, il Gruppo Gedi da un lato favorisce l’uso di carta riciclata, dall’altro promuove un uso sostenibile delle risorse forestali acquistando carta vergine certificata. Entrambe le scelte hanno lo scopo di alleggerire la pressione che le attività umane esercitano sulle risorse forestali. L’uso di carta certificata garantisce che le foreste siano adeguatamente gestite, manutenute e rigenerate, che la loro biodiversità sia tutelata e che vengano rispettati i diritti, le tradizioni e le possibilità di sviluppo economico delle popolazioni che accanto alle foreste vivono”.


domenica 12 Febbraio 2023

Case da sogno

Un articolo sul Guardian ha celebrato – soprattutto nel titolo – il recente successo di Architectural Digest, la storica e centenaria rivista di arredamento e architettura del grande gruppo Condé Nast (che pubblica tra gli altri anche Vanity FairWiredNew Yorker Vogue), che ha anche un’edizione italiana dal 1981 che dichiara 28mila copie cartacee vendute: l’articolo del Guardian è in realtà dedicato in generale alle rinnovate attenzioni nei confronti del mercato immobiliare e delle case delle celebrities, il cui racconto è diventato di gran moda anche presso le generazioni più giovani. E così l’investimento in video online di visite di case di AD – che è sempre stata soprattutto una rivista da coffee table delle case di adulti o anziani agiati – sta pagando in termini di traffico e diffusione sui social network.


domenica 12 Febbraio 2023

Meno pubblicità

Il sito DataMediaHub, che si occupa di business della comunicazione, ha spiegato i dati sugli investimenti pubblicitari sui giornali del 2022, pubblicati da poco.

” Complessivamente, rispetto al 2021 il calo è del 6,1% a valore e del 2% a spazi. Osservando la tendenza nel lungo periodo si ha maggior evidenza di quanto grave sia la crisi dei quotidiani, che pare non avere fine.

Rispetto al 2010 si assiste ad un vero e proprio crollo. A spazi – 41.7% e a valore addirittura la raccolta pubblicitaria si riduce a meno di un terzo di quella che era nel 2010 con un calo del 68%. E tornando ancora più indietro nel tempo la situazione, se possibile, appare ancora peggiore.
Vista la differenza di ben 16 punti percentuali tra il calo a valore e quello a spazi appare evidente come nel tempo le concessionarie di pubblicità abbiano cercato di mantenere gli inserzionisti facendo leva su listini abbondantemente scontati, senza riuscirci. Appare altrettanto evidente come i tanti milioni di euro erogati dallo Stato in credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari non sia servito a nulla. O forse, nella migliore delle ipotesi, ha rallentato il calo negli ultimi anni prolungando l’agonia e nient’altro”.


domenica 12 Febbraio 2023

Il 5% dei dipendenti in meno sono tanti

Alle molte notizie di tagli e licenziamenti nei maggiori gruppi editoriali internazionali degli scorsi mesi si è aggiunta anche quella di ben 1250 licenziamenti progettati da News Corp, il potente gruppo di media di proprietà di Rupert Murdoch, che possiede tra gli altri il Wall Street Journal, il Times di Londra, il New York Post e la casa editrice HarperCollins.


domenica 12 Febbraio 2023

Rimpasto

Intanto ci sono assestamenti nel piccolo gruppo editoriale che ha acquistato alcuni dei quotidiani che erano di GEDI negli anni scorsi, che si chiama SAE. Finora la società di imprenditori appositamente costituita non ha mostrato visioni e progetti molto chiari per le testate acquisite, e adesso ha annunciato un accorpamento sotto la stessa direzione dei tre quotidiani emiliani ( Gazzetta di Reggio Gazzetta di Modena Nuova Ferrara ) e del Tirreno di Livorno, affidandole tutte a Luciano Tancredi che già dirigeva il Tirreno. Giacomo Bedeschi si sposterà dalla direzione dei tre emiliani a quella della Nuova Sardegna, a Sassari, sostituendo Antonio Di Rosa che era lì dalla precedente gestione.


domenica 12 Febbraio 2023

GEDI e i quotidiani locali

Le agitazioni di questa settimana al gruppo GEDI (che pubblica Repubblica Stampa Huffington Post , diverse testate locali del Nord, possiede anche Radio Deejay e Radio Capital ed è di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann) hanno riguardato la voce circolata – senza nessuna conferma da parte di nessun interessato – a proposito di un’intenzione di vendere altri quotidiani locali. La notizia sarebbe una notizia, perché finora GEDI aveva sostenuto di voler conservare la proprietà delle testate in questione, dopo essersi liberata negli anni passati dei quotidiani locali fuori da quell’area geografica (il Tirreno di Livorno, la Nuova Sardegna di Sassari, tre quotidiani emiliani). Alcuni siti hanno riferito di un’irritazione dei giornalisti GEDI che è stata manifestata con una richiesta di chiarimenti “alla luce delle ripetute e circostanziate ricostruzioni giornalistiche relative a progetti di vendita dei quotidiani del Nordest a cordate di imprenditori e della Gazzetta di Mantova al gruppo Athesis, articoli che fanno seguito a quelli dei mesi scorsi in merito al futuro di Repubblica”. Un comunicato dei Comitati di redazione GEDI ha annunciato riunioni e confronti per la settimana prossima.
Tra i quotidiani di GEDI ci sono il Piccolo di Trieste, la Gazzetta di Mantova, la Tribuna di Treviso.


domenica 12 Febbraio 2023

Non v’è certezza

Abbiamo scritto una volta delle incertezze sugli articoli determinativi da usare o non usare quando si parla delle testate internazionali ( Time , il Times Le Monde , eccetera) ma anche di quelle nazionali ( Repubblica La Repubblica ?): e di recente circola un nuovo dubbio su un nuovo quotidiano. Domani o “il” Domani ? La risposta è abbastanza semplice, per chi segue il giornale: a differenza di Repubblica Fatto Foglio , la testata di Domani come compare sul giornale non ha nessun articolo determinativo davanti, e ogni volta che il giornale cita il proprio nome lo fa senza articolo (“direttore di Domani “, si dice di Stefano Feltri). Eppure, capita che altri giornali personaggi pubblici lo chiamino “il Domani ” o usino le relative preposizioni articolate (“del Domani “, “sul Domani “…): lunedì, poi, un articolo di Repubblica ha scelto una terza creativa strada, di chiamarlo Ildomani , adottando così la cacofonica formula del “de” davanti a un articolo.


domenica 12 Febbraio 2023

I quotidiani a dicembre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di dicembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui . A dicembre gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati meno negativi rispetto al consueto, almeno per alcune testate: ma anche a dicembre del 2021 c’erano state piccole inusuali crescite per alcuni dei quotidiani maggiori. Repubblica ha avuto una piccola crescita, e ancora più piccola il Sole 24 Ore e la Stampa ; il Corriere della Sera ha ripetuto i numeri del mese precedente, pressoché identici. Le altre testate hanno avuto variazioni poco significative intorno l’un per cento, con l’eccezione di Avvenire che è calato dell’8,1% e del Messaggero che ha perso il 3%.

Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, diverse testate sono intorno al 10% di declino, che è un po’ lo standard di perdita annua per una buona parte dei quotidiani. Poi c’è il Corriere della Sera che conserva numeri simili ma soprattutto – come nei mesi passati – grazie alle 10mila copie che sono state aggiunte alla colonna “copie digitali vendute a un prezzo inferiore al 30% di quello effettivo”: ovvero abbonamenti digitali in offerte scontatissime, e vediamo sotto come il dato sia diverso se si esclude questa quota. La stessa ragione spiega i risultati positivi del Fatto (7mila copie scontatissime in più rispetto all’anno scorso) e attenua il declino della Verità (2mila), ma non basta invece per Repubblica (6mila) e Stampa (2mila) che malgrado questo perdono entrambe più dell’11% delle copie rispetto a un anno fa.

Infatti, come facciamo ogni mese, consideriamo quindi un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):

Corriere della Sera 176.610 (-5%)
Repubblica 109.368 (-20%)
Stampa 78.004 (-12%)

Resto del Carlino 59.808 (-10%)
Sole 24 Ore 59.935 (-9%)
Messaggero 49.962 (-12%)
Fatto 42.192 (-11%)
Nazione 39.021 (-12%)
Gazzettino 36.258 (-9%)

Giornale 29.273 (-12%)
Verità 27.537 (-10%)

Altri giornali nazionali:
Libero 21.920 (+7%)
Avvenire 15.862 (-5%)
Manifesto 12.193 (-5%)
ItaliaOggi 9.127 (-6%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Si conferma quindi un calo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento): e le singole testate possono misurare i loro fallimenti o le attenuazioni dei loro fallimenti su questa media (“successi”, in questo settore non ce ne sono, come sappiamo). Le due eccezioni maggiori – ed è realistico che siano almeno in parte in relazione – sono le perdite più contenute del Corriere della Sera e quelle più gravi di Repubblica , andamento che dura da diversi mesi. Mentre tra le testate più piccole si nota ancora un recupero notevole di Libero (che un anno fa scontava una forte concorrenza della Verità e forse ora sta recuperando nella stessa competizione). Il dato più preoccupante per Repubblica è che rispetto a un anno fa ha perso novemila abbonati all’edizione digitale (di quelli che pagavano almeno il 30% del prezzo di copertina): solo alcuni sono probabilmente passati a un’offerta ancora più scontata, ma ne rimangono sempre alcune migliaia che sono sparite. Anche il Fatto – che ha invece aumentato complessivamente i suoi abbonati digitali – ne ha persi però 4mila verso offerte più scontate.

Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle del Mattino di Napoli ( -12%), del Tirreno ( -13%) , del Piccolo (-14%) e dell’ Arena (-16%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.

Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 12 Febbraio 2023

Vendite scottanti

Il National Enquirer è un famigerato tabloid scandalistico statunitense, settimanale, che nei decenni (ha 97 anni) si è guadagnato consapevolmente ogni possibile accusa di violazioni etiche: per la implausibilità di molti suoi titoli e storie (che al tempo stesso hanno ottenuto un culto divertito simile a quello che in Italia aveva la rivista Cronaca vera ), per la violenza indiscreta dei suoi gossip sulle celebrità, per le scelte ricattatorie o mercantili con cui decideva cosa pubblicare o cosa no, per le falsificazioni delle notizie e le persecuzioni di molte sue “vittime”. Approcci che gli hanno al tempo stesso dato periodi di grande popolarità, e anche alcuni scoop, oltre a un patrimonio fotografico eccezionale sullo show business americano. L’ultima grana grossa ce l’aveva avuta persino con Jeff Bezos , che ci si era messo in guerra, in una storia che aveva coinvolto accuse anche contro il governo dell’Arabia Saudita. Ma prima c’era stato uno scandalo sull’acquisto da parte del giornale, senza pubblicarla, di una storia imbarazzante per l’allora presidente Trump.
Questa settimana si è saputo che infine il National Enquirer sarà venduto , come da qualche anno aveva chiesto il fondo azionista del gruppo editoriale che possiede la rivista, preoccupato dei rischi e del danno di immagine. Lo comprerà, per poco meno di cento milioni di dollari, una partnership industriale con più pelo sullo stomaco, interessata comunque a un prodotto che è in attivo.


domenica 12 Febbraio 2023

Il mattino ha l’oro in bocca

Il sito della rivista specializzata Prima Comunicazione ha pubblicato un programma di revisione del lavoro diffuso mercoledì dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana con l’intento di spostare priorità maggiori sulle attività online: annunciando un obiettivo di crescita – in traffico e in abbonati – del 20% nel 2023 (nel traffico sul sito il Corriere è tornato a essere superato da Repubblica da un paio di mesi). Dopo avere elencato molti punti di sviluppo generici (potenziamento dei video, delle edizioni locali, dell’economia, di “format nuovi”, delle “sezioni del giornale”, del lavoro SEO e social) il documento di Fontana torna su una richiesta molto concreta e poco digitale che da molti anni ricompare e che riguarda il cambiamento di abitudini e orari ancora assai radicati nel lavoro delle redazioni tradizionali: iniziare a lavorare più presto la mattina.

“Il turno che copre dalle 7 la prima parte della giornata, strategico per la quantità e qualità del nostro lavoro digitale, dovrà essere rafforzato con la presenza di una quota del 40% dei giornalisti presenti nelle diverse redazioni. Con i capidesk si metterà a punto, sezione per sezione, la nuova organizzazione, nel rispetto dell’orario di lavoro previsto dal contratto e dagli accordi aziendali […] È molto rilevante presentarsi alle 7 con un’offerta che sia pronta e completa. Ciò comporta la programmazione e preparazione di tutto quello che è possibile già dalla sera prima e l’anticipo alle 6 del mattino di una presenza del desk web, oltre all’attività di caricamento in home che può essere svolta dal collega che copre il super notturno. Dobbiamo recuperare nei tempi di caricamento lo svantaggio che tuttora abbiamo rispetto al nostro principale concorrente”.

Fontana fa poi alcune proposte molto pratiche ma interessanti per mostrare in dettaglio il lavoro di una grande redazione, tra cui soprattutto la riduzione del numero delle pagine del quotidiano (apparentemente con un riequilibrio che favorisca le sezioni più capaci di accogliere inserzioni pubblicitarie) e l’anticipo durante la giornata della preparazione e della “chiusura” delle sue parti che usciranno l’indomani (e dalla mezzanotte in digitale).

“Per favorire la presenza al mattino e alleggerire il flusso e la quantità del lavoro sulla carta si propongono le seguenti azioni:
1) continuerà l’azione di contenimento delle foliazioni sia nel giornale centrale che nei dorsi e nei prodotti settimanali;
2) va reso più semplice e ordinato il flusso del lavoro sulla carta. L’ufficio centrale assieme alle redazioni farà caricare una quota importante delle pagine (circa il 50 per cento) prima dell’ora di pranzo utilizzando i book grafici. Naturalmente è necessario un cambio d’orario sia nelle presenze della tipografia che, in parte, della redazione grafica;
3) la riunione del pomeriggio viene anticipata alle 15 e la chiusura redazionale alle 22, salvo per le pagine dedicate a eventi sportivi o politici serali;
4) le pagine di cultura, spettacoli, parte dell’Economia e altre del resto dello sfoglio, decise dopo riunione del mattino, chiuderanno tra le 20 e le 21;
5) dopo la riunione delle 17,30, o in un altro momento da definire con i responsabili del web e dei diversi canali, si terrà un punto per preparare e programmare la serata e il mattino successivo;
6) l’ufficio centrale dovrà verificare che le pagine vengano cambiate solo nei casi di effettiva necessità legata a notizie rilevanti. Le ribattute notturne saranno limitate solo a cambiamenti davvero importanti, mentre tutti gli aggiornamenti saranno destinati al web;
7) va stabilito un coordinamento stretto carta-web in modo che non ci siano sovrapposizioni e doppioni nel lavoro sullo stesso argomento”.


domenica 12 Febbraio 2023

Charlie, con intelligenza

Se c’è una volta in cui la sovreccitazione enfatica dei mezzi di informazione ha sotto qualche sostanza è questa, quella intorno ai progressi delle “intelligenze artificiali” nelle compilazioni di testi, progressi resi spettacolarmente visibili dal software ChatGPT . Abituati come siamo al sentir gridare al lupo a proposito degli NFT, del metaverso, di Clubhouse, e di molte altre “next big things” estinte o ancora tutte da affermarsi, potremmo entrare in modalità scettica anche su questo. Ma invece stavolta qualcosa sta succedendo, e lo vede chiunque abbia cominciato a fare o osservare esperimenti: sono esperimenti ancora incompleti, ma il bicchiere è mezzo pieno. E non eravamo ancora pronti a riflettere su tutte le implicazioni e a prevedere tutti gli scenari, come ci è spesso già capitato in questi decenni (coi social network, soprattutto). Opportunità e disastri sono dietro l’angolo, e non è detto che immaginarli prima scongiuri i secondi: siamo padroni dei nostri destini fino a un certo punto, da qualche tempo. Ma è sicuramente il momento di immaginare con fantasia le prime, le opportunità, anche per chi ci tiene a una buona informazione, e non solo al risparmio dei costi: le intelligenze artificiali in aiuto della qualità dei contenuti e non solo della loro quantità. Come hanno dimostrato altri settori in passato, l’abbassamento dei costi di produzione e dei costi per gli utenti attraverso un abbassamento della qualità hanno grandi successi e generano crisi e ridimensionamenti, ma creano anche spazio e opportunità per le offerte competitive di maggiore qualità.

Fine di questo prologo.


domenica 5 Febbraio 2023

Michele Serra col Post

Da domani lunedì comincia a collaborare col Post Michele Serra, giornalista tra i più noti in Italia e che pubblica ogni giorno la sua trentennale rubrica “L’Amaca” su Repubblica , oltre a collaborare con la trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Serra sarà sul Post l’autore della newsletter settimanale “Ok Boomer!”.

“So che i lettori del Post , nella media, sono più giovani di una ventina d’anni (tanti) rispetto all’attempato pubblico che legge i vecchi quotidiani di carta. Ovvero il grosso del mio pubblico, del quale posso dire: siamo cresciuti assieme. È esattamente per questo che sono molto contento di essere qui: è molto probabile che io debba scombinare certe abitudini e disinnescare certe pigrizie”.


domenica 5 Febbraio 2023

Lo sbattimento di tradurre

Nelle ultime settimane si sta discutendo molto, nelle redazioni e tra chi si occupa di giornali, delle possibili ricadute sul giornalismo positive o negative dei progressi delle intelligenze artificiali, in particolare dopo le attenzioni sul software che si chiama ChatGPT . Tra i vari timori, i principali riguardano le inesattezze che questi software non riescono a evitare , e la necessità di revisioni attente.
Ma un esempio già molto attuale e semplice di questi rischi è quello che capita con frequenza quando le suddette revisioni non vengono applicate nei confronti di una tecnologia di scrittura già usata da parte dei giornali: ovvero i traduttori online come Google translate. Questa settimana sono state Repubblica Stampa a inciamparci, pubblicando testi che parlavano di “Antony Sbatti” riferiti al segretario di stato americano Antony Blinken, plausibilmente ripresi da articoli in inglese come questo del Guardian.

 


domenica 5 Febbraio 2023

Cosa ci insegna

Proprio per il valore economico delle attività dei giornali italiani nel vendere libri allegati e promossi dai giornali stessi, di cui abbiamo parlato sopra, i progetti di questo genere sono sempre di più. Il Corriere della Sera – spingendo più avanti la fedeltà al suo recente slogan “La libertà delle idee” – sta ora promuovendo una collana sull’astrologia affidata a diversi autori astrologi, con il claim “cosa ci insegna dell’uomo questa disciplina millenaria”.


domenica 5 Febbraio 2023

Un punto in fondo

Nel nuovo libro di Enrico Franceschini , un’autobiografia della sua carriera giornalistica come corrispondente di Repubblica dagli Stati Uniti, dalla Russia, da Israele e dal Regno Unito, c’è a un certo punto un passaggio dedicato al suo collega Bernardo Valli (ammirato come maestro dalla categoria dei corrispondenti e degli inviati, e da molti lettori) utile a segnalare per contrasto la pigra abitudine tramandata da gran parte della cultura giornalistica italiana che “all’articolo serva una chiusa”: ovvero una frase finale e teatrale di qualche genere che segua la descrizione dei fatti e delle notizie, o le considerazioni necessarie a spiegarli (tra i tanti esempi quotidiani, uno due sui due maggiori quotidiani di ieri).


domenica 5 Febbraio 2023

Stracci

C’è stato un “vivace” scambio di tweet tra Stefano Cappellini, caporedattore a Repubblica , e Selvaggia Lucarelli, collaboratrice di vari progetti giornalistici e radiotelevisivi, che nei mesi passati scriveva soprattutto sul quotidiano Domani . Cappellini ha annunciato con qualche sarcasmo il ritorno al Fatto di Lucarelli, Lucarelli ha rilanciato.

La scrittrice Rhiannon Cosslett, commentatrice sul Guardian , ha pubblicato una riflessione personale sul suo rapporto con il possesso di libri raccontando come se ne sia emancipata, e anche dalla relazione identitaria coi libri stessi, e come spesso preferisca regalare i libri che ha già letto a luoghi e istituzioni dove qualcun altro possa beneficiarne, o praticare del bookcrossing . Il Giornale ha pubblicato l’articolo indignato di un suo collaboratore, Francesco Giubilei, che attribuiva al pezzo di Cosslett l’intenzione di “colpire i libri”, “eliminare i libri” e “prendere di mira le biblioteche private”. Cosslett si è chiesta su Twitter se al Giornale non abbiano un traduttore capace di comprendere l’inglese.


domenica 5 Febbraio 2023

“Against populism”

Un articolo del Reuters Institute dell’Università di Oxford ha raccontato i risultati del sito di informazione italiano Linkiesta , che dopo undici anni di vita ha rimesso in ordine i conti e aveva chiuso già il 2021 con un piccolo attivo che conta di migliorare nel 2022: soprattutto grazie a una serie di progetti collaterali al sito, pubblicazioni di carta ed eventi. Il direttore Christian Rocca dice di volere ora espandere l’investimento sul ” Club “, un progetto di membership che ha finora raccolto un migliaio di iscrizioni; e che il posizionamento politico credibilmente “antipopulista” è un prezioso asset del giornale.


domenica 5 Febbraio 2023

Meno news nelle ricerche su Google

Secondo una ricerca compiuta dal sito specializzato PressGazette , sulla base dei dati di una società britannica che si occupa di SEO (ovvero del posizionamento delle pagine web sui motori di ricerca), Google avrebbe significativamente diminuito la priorità dei siti di news sulle proprie pagine di risultati di ricerche. In sostanza, quando cercate qualcosa su Google è diventato più raro che i primi risultati che trovate siano pagine di giornali online: almeno nel Regno Unito, ma la ricerca confermerebbe un’impressione generale. Tra l’inizio del 2022 e l’inizio del 2023, per esempio, la visibilità delle pagine dell’ Economist sarebbe calata del 50% e quella del Guardian del 36% (il Guardian resta di gran lunga la testata online con maggiore visibilità nelle ricerche su Google).
Ci sono anche – in quote minori – siti di news che hanno guadagnato in visibilità, ma secondo l’articolo di PressGazette si deve al loro investimento su contenuti meno legati alle news e più ad altre ricerche compiute dagli utenti su Google.


domenica 5 Febbraio 2023

2400 persone in meno

L’AGCOM ha pubblicato un riassunto – che ha voluto definire “focus”, malgrado l’agenzia sia per definizione “garante per le comunicazioni” – degli andamenti negli ultimi anni dei bilanci di un centinaio di imprese nelle categorie industriali di sua competenza (“nei settori delle comunicazioni elettroniche, dei servizi di corrispondenza e consegna pacchi, del settore televisivo e dell’editoria quotidiana e periodica”): e tra queste c’è anche appunto l’editoria di periodici e quotidiani. Tra i dati più vistosi (tutti poco promettenti e indicativi di un declino) c’è che “nel periodo considerato, gli addetti delle principali imprese del settore si sono ridotti complessivamente di quasi 2.400 unità (-16,5%), passando da un totale di circa 14.500 addetti nel 2017 a poco più 12.000 nel 2021. Nel 2021, la flessione su base annua, pari a circa 260 unità, è attribuibile principalmente alle riorganizzazioni aziendali poste in essere dai gruppi GEDI, Arnoldo Mondadori, Hearst Magazine e Monrif”.
Quello qui sotto è invece l’andamento delle due maggiori categorie di ricavo, che generano il 70% del totale (interessante che la terza, quella dell’editoria libraria, rappresenti ben il 13,7% dei proventi per gli editori di giornali).

 


domenica 5 Febbraio 2023

Gawker chiude di nuovo

Gawker è stato uno dei progetti editoriali online di maggior originalità e seguito nel vivace periodo all’inizio del millennio in cui molte nuove cose venivano create approfittando delle nuove opportunità digitali. Faceva un lavoro di informazione indirizzato soprattutto verso la cultura pop e tecnologica e i cambiamenti contemporanei, prendendosi cospicue libertà etiche nel racconto delle celebrities e violando una ricca quota di rigori giornalistici. La sua ulteriore notorietà è legata alla vicenda che portò alla sua chiusura di fatto, dopo una condanna a risarcimenti economici enormi verso il wrestler Hulk Hogan. La testata era stata ricomprata e rilanciata nel 2021 da un nuovo editore, con insoddisfacenti risultati, e ora chiuderà di nuovo.


domenica 5 Febbraio 2023

Le permanenti agitazioni a Repubblica

Da quando il gruppo GEDI è stato acquistato dalla società della famiglia Agnelli-Elkann e a dirigere Repubblica è stato nominato Maurizio Molinari, il quotidiano è in una condizione di permanente disappunto di una parte della redazione rispetto alle scelte compiute sui contenuti e a quelle annunciate sui progetti: si mescolano nostalgie per tempi migliori e identità più battagliere e riconoscibili, e resistenze a cambiamenti necessari ma che la direzione finora non ha mostrato di avere individuato con grande chiarezza e competenza. Quindi il giornale procede un po’ improvvisando le sue scelte e quando la direzione annuncia progetti di maggiori ambizioni riceve critiche e diffidenze senza avere la forza di concretizzarli (il giornale va particolarmente male in numero di copie, ma resta competitivo nel traffico sul web), con continui passi avanti, indietro e di lato.
Giovedì il quotidiano ha pubblicato un comunicato del Comitato di redazione uscito da una riunione della sera prima che aveva nuovamente risposto con grande scetticismo e preoccupazione a nuovi indirizzi proposti dall’azienda in un suo piano. Il sito Professione Reporter (che cita tra le lamentele dell’assemblea anche ” una perdita di indipendenza del giornale, anche rispetto agli interessi diretti e indiretti dell’editore”) riferisce che “la Direzione ha sospeso il piano per un mese [per] aprire una trattativa con il Cdr”.

” L’assemblea ritiene irricevibile un piano generico, lacunoso, mancante delle garanzie relative ai sempre più necessari e improrogabili investimenti a supporto. Un piano, seppur avviato in via sperimentale, con organici inadeguati per imprimere un cambiamento di rotta.

L’assemblea giudica negativamente il voler abbandonare la filosofia di “quotidiano omnibus”, accompagnato da una trasposizione massiccia di contenuti già pubblicati online: significa lasciare ulteriore campo libero al principale concorrente che già oggi, a differenza nostra, registra invece una sostanziale tenuta anche in edicola”.


domenica 5 Febbraio 2023

Direttrici da seguire

Per la prima volta nella storia , con l’ingresso nel ruolo di Emma Tucker al Wall Street Journal , da questa settimana tutte e tre le più famose testate economiche del mondo sono dirette da donne: Roula Khalaf al Financial Times Zanny Minton Beddoes all’ Economist.


domenica 5 Febbraio 2023

Aiuti ai giornali coi criteri sbagliati

Il Dipartimento per l’informazione e per l’editoria del governo ha pubblicato la lista dei contributi pubblici assegnati ai giornali per l’anno 2021: i contributi vengono assegnati in due quote successive ogni anno, e questa è la seconda, che completa il 2021. Il Post spiega di più , Charlie ne ha scritto spesso (l’approvazione delle richieste dipende molto da un accordo implicito tra varie parti politiche per sostenere ognuna questa o quella richiesta), questo è l’elenco delle cifre maggiori.

Dolomiten 6.176.996,03 euro
Famiglia cristiana 6.000.593,06 euro
Avvenire 5.573.240,29 euro
Italia oggi 4.062.533,95 euro
Gazzetta del Sud 4.001.187,87 euro
Libero quotidiano 3.895.331,17 euro
Il quotidiano del Sud 3.696.160,87 euro
Il manifesto 3.318.981,09 euro
Corriere Romagna 2.218.356,97 euro
Cronacaqui.it 2.207.300,07 euro
Il Foglio 1.866.457,98 euro
Primorski dnevnik 1.735.062,72 euro
Il Cittadino 1.424.098,80 euro
Cronache di (Libra editrice) 1.259.956,77 euro
Quotidiano di Sicilia 1.277.423,67 euro


domenica 5 Febbraio 2023

Charlie, nel loro piccolo

I destini e le prospettive dei quotidiani locali in Italia sono una questione difficile e delicata nel sistema dell’informazione italiana, che ha meno visibilità – per sua natura, locale – delle crisi delle testate nazionali. Ma i quotidiani locali sono tanti e hanno numeri di lettori che diminuiscono ma che restano significativi: tra le prime dieci testate per diffusione quattro sono cittadine, di grandi città; i quotidiani di Cagliari e Udine insieme vendono più del Fatto ; il quotidiano di Bergamo vende più del Giornale e quello di Parma più di Libero .
Ma le fatiche nel ripensarsi e ritrovare un ruolo dei giornali hanno declinazioni particolari per i locali, che hanno bacini di riferimento più limitati e non possono approfittare più di tanto delle opportunità create da internet per raggiungere grandi quote di nuovi lettori: e faticano a essere competitivi sul racconto della contemporaneità, sia perché i loro lettori hanno esigenze minori in questo senso, sia perché le loro redazioni faticano di più a rinnovarsi.
Tra le direzioni che in teoria possono offrire delle opportunità e delle speranze di cui si è più parlato in questi anni c’è quella di arricchire e reinventare il ruolo di servizio delle testate locali: non solo sull’informazione ma anche su altri impegni che le esaltino come riferimento utile o persino indispensabile. Ci sono città in cui questo viene già fatto con sforzo e risultati e altre in cui si è più indietro (servono comunque investimenti, per fare cose nuove e farne di più): non aiuta una cultura non aggiornatissima della maggioranza degli editori vecchi o nuovi .
Un esempio utile viene da una ricerca americana: il panorama dell’informazione “locale” americana è molto diverso dal nostro, lo abbiamo detto spesso, ma in questo caso non sono così importanti le differenze. Come spiega questa sintesi, a fare una differenza sono “un gruppo di WhatsApp che dà informazioni sui servizi cittadini agli immigrati”, “uno studio sulle linee degli autobus”, “un memoriale online sulle vittime del covid della città”, “un coinvolgimento dei cittadini nel discutere le riunioni dell’amministrazione cittadina”, a creare delle opportunità per progetti di “informazione civica”, che facciano funzionare meglio le comunità. Anche, dicevamo, uscendo dal campo più tradizionale dell’informazione, organizzando eventi, offrendo servizi, facendosi mediatori di processi, dando strumenti di cui categorie e comunità abbiano bisogno o vogliano sfruttare. È complicato, richiede sperimentazioni e spese, e teste nuove: ma oltre alle pressioni del mercato, diventare più utili sulle scale piccole potrebbe essere un bello stimolo, in questi tempi faticosi sulle scale grandi.

Fine di questo prologo.


domenica 29 Gennaio 2023

Domani e la pubblicità

Il quotidiano Domani esiste da due anni e mezzo. Nacque da un desiderio dell’editore Carlo De Benedetti di occupare una parte dello spazio giornalistico lasciato libero secondo la sua opinione dal cambiamento di Repubblica , dopo che Repubblica (e il gruppo editoriale GEDI) era stata acquistata dalle società della famiglia Agnelli: a venderla erano stati i figli di De Benedetti, a cui lui stesso aveva consegnato tutto il gruppo di cui era stato a lungo editore, con acerrime polemiche familiari.
Dopo due anni e mezzo la sostenibilità economica e i risultati dell’impresa non sono chiari (dal punto di vista editoriale il giornale ha occupato uno spazio e produce contenuti rilevanti e competitivi), anche perché i numeri di Domani non sono certificati, né sulla carta né sul web. Ma da tempo l’impressione è che il giornale fatichi ad avere un valido ruolo sul web e sui social network (i suoi contenuti sono tutti a pagamento) e non riesca a raccogliere pubblicità in quote soddisfacenti. In tutta la settimana passata le pagine pubblicitarie vendute sul giornale sono state appena due.


domenica 29 Gennaio 2023

Altre immagini che aggiungono, ma

Diversi giornali americani hanno raccontato e discusso, nelle settimane passate, il licenziamento di una docente di storia dell’arte di una piccola università privata del Minnesota in seguito al suo avere mostrato durante una lezione un ritratto di Maometto risalente al XIV secolo, e ritenuto  offensivo da alcuni studenti e studiosi musulmani convinti che la loro religione condanni ogni raffigurazione di Maometto.
L’aspetto interessante della storia per questa newsletter – interessante e preoccupante per altri versi – è stato raccontato in un articolo del giornale online New Lines (che aveva rivelato la storia tra i primi): ed è la decisione di quasi tutte le testate giornalistiche che ne hanno scritto di non mostrare il ritratto protagonista della notizia e della polemica (il New York Times l’ha pubblicato solo sul sito, e con le stesse avvertenze usate per le foto macabre o violente). Decisione pavida, secondo l’articolo di New Lines , che censura parte della notizia e discende dallo stesso pensiero che ha orientato l’università nel licenziare l’insegnante.


domenica 29 Gennaio 2023

Non le idee chiarissime

Secondo il sito di media e pubblicità Prima Comunicazione il sottosegretario Barachini (che è quello che nel governo di occupa di giornali ed editoria) avrebbe detto che “anche l’editoria digitale deve avere il diritto di accesso al finanziamento pubblico”: che è una strana dichiarazione, dal momento che l’accesso al finanziamento pubblico per i giornali online esiste già e si è convenuto da anni che le norme vadano interpretate a comprenderci anche le testate digitali. Ulteriormente discutibile e contraddittoria è un’altra affermazione attribuita a Barachini, ovvero che perché i giornali online ottengano questo contributo “è necessario che sia garantita qualità, un alto valore informativo, un alto contributo culturale e pluralistico. Ed è anche importante che sia in grado di restare sul mercato, altrimenti si tratterebbe di un finanziamento destinato ad alimentare un mondo che non riesce camminare con le proprie gambe”: né l’una né l’altra cosa (qualità e alto valore informativo; sostenibilità economica) sono infatti al momento richieste alle diverse testate non digitali a cui vengono concessi i finanziamenti pubblici.

 


domenica 29 Gennaio 2023

Transizioni e crescita

Il groviglio di interessi e priorità che limita l’autonomia dei maggiori quotidiani dal loro maggiore inserzionista pubblicitario – ENI – questa settimana si è manifestato quotidianamente in molte forme: mentre ENI pagava per avere per due o tre giorni le sue pubblicità ospitate in pagine intere su Corriere della Sera Stampa Repubblica Giornale Verità Sole 24 Ore Foglio , articoli dedicati ai presunti successi e ai risultati di ENI – e sulle stesse iniziative promosse nelle pubblicità – venivano pubblicati su Corriere della Sera Giornale Repubblica . Ancora stamattina il Corriere dà evidenza a un nuovo accordo nordafricano di ENI con toni promozionali e senza dare nessuno spazio ai dubbi o alle critiche espressi per esempio nell’analogo articolo del Manifesto .

Su Domani , che ha pubblicato articoli più complessi critici sulle attività di ENI, ENI stessa non ha comprato nessuna pagina di pubblicità.
Sul Fatto , che ha pubblicato articoli critici sulle attività di ENI, ENI stessa non ha comprato nessuna pagina di pubblicità.
Sul Manifesto , che sabato ha pubblicato un articolo molto critico sulle attività di ENI, ENI stessa aveva comprato quattro pagine di pubblicità.


domenica 29 Gennaio 2023

Cut

Il grande gruppo editoriale americano che si chiama Dotdash Meredith ha annunciato il licenziamento del 7% dei suoi dipendenti, ovvero ben 274 persone. Dotdash Meredith si è formata da una fusione nel 2021 ed è a sua volta all’interno della grande corporation IAC posseduta dal miliardario Barry Diller: pubblica molti periodici e siti di news, il più importante dei quali è People , e un anno fa aveva deciso di chiudere l’edizione di carta di Entertainment Weekly .


domenica 29 Gennaio 2023

«La lagna contro il “bavaglio”»

Michele Serra, uno dei più importanti giornalisti e commentatori italiani, ha dato un’intervista al Foglio (Serra scrive quotidianamente su Repubblica ) a proposito delle discussioni sull’uso delle intercettazioni telefoniche nella quale ha elencato una serie di severissime critiche nei confronti di alcuni aspetti del giornalismo nazionale.

“Noi giornalisti siamo una categoria che confonde spesso la libertà di stampa con l’impunità di casta […] Ovvio che se si scopre che un politico che prende voti come paladino della famiglia tradizionale, e poi nella sua vita privata frequenta i bordelli, o anima orge gay, un interesse pubblico c’è, ed è pure evidente: si tratta di smascherare un ipocrita che inquina il discorso pubblico. Ma in molti altri casi il diritto/dovere di informare c’entra come i cavoli a merenda. Si tratta solo di raggranellare qualche lettore in più, incrementare il voyeurismo di massa,  accanirsi contro un avversario politico per il puro piacere di farlo. Con un’aggravante: che la lagna corporativa contro ‘il bavaglio’ approfitta comodamente di una causa nobile e nevralgica, che è la libertà di stampa, la libertà di espressione. Ci sono cronisti di mafia che rischiano la vita, e ci sono giornalisti rovinati economicamente da cause civili micidiali. Parlare solo di intercettazioni è così determinante, o piuttosto è fuorviante? Mi faccio anche un’altra domanda: che cosa attenta di più alla libertà di stampa, eventuali limiti alla pubblicazione di documenti giudiziari, oppure il gigantesco mutamento degli assetti editoriali e del modo di produzione delle ‘notizie’? Molte ‘notizie’ vengono confezionate non più per scelta redazionale ma sulla base di selezioni algoritmiche e pubblicitarie. La decisione di pubblicare qualcosa, e non qualcos’altro, è pesantemente influenzata (eufemismo) dalla dipendenza delle imprese editoriali da vari service esterni alle redazioni. Giudicate voi quanto si è parlato di intercettazioni, nelle ultime settimane, e quanto di questa stravolgente metamorfosi strutturale dell’informazione”.


domenica 29 Gennaio 2023

TikTokTak

Una notizia di tre giorni fa riguardava semplicemente un giornale che aveva cominciato a usare TikTok, uno di molti: ma trattandosi del New York Times , ovvero del giornale guardato come un modello di successi e illuminazioni, se ne è parlato abbastanza. Anche il New York Times ha cominciato a usare TikTok , diventando protagonista del dibattito e degli esperimenti su come usarlo da parte dei giornali , con quali priorità e con quali mediazioni e ibridazioni rispetto agli approcci tradizionali del giornalismo.


domenica 29 Gennaio 2023

Con le aziende

Il Corriere della Sera è il quotidiano che più si sta impegnando in questi anni nel far diventare i contenuti giornalistici uno strumento di raccolta pubblicitaria, e per darsi una sostenibilità economica ancora molto legata alla pubblicità: da una parte con “contaminazioni” dell’autonomia del giornale dalla pubblicità stessa ( occasionalmente criticate dalla redazione) e dall’altra con investimenti creativi in progetti per mettere il brand e il suo capitale di autorevolezza al servizio di questa raccolta. L’attività principale del suo editore Urbano Cairo, alla quale deve le sue fortune, è peraltro la raccolta pubblicitaria: e su questo ha sia un’inclinazione che una capacità riconosciute.
Un esempio di questo indirizzo è il progetto la cui seconda edizione è comunicata in queste settimane sulle pagine del giornale per la creazione di un “Premio bilancio di sostenibilità” organizzato dal Corriere della Sera , che (sul modello di simili certificazioni esistenti) permetterà di offrire alle aziende interessate un contenuto e un riconoscimento promozionali aumentando e arricchendo al contempo i contatti e le relazioni con le aziende stesse.


domenica 29 Gennaio 2023

Le foto aggiungono qualcosa

Le discussioni pubbliche intorno all’opportunità di diffondere immagini o informazioni di interesse pubblico o giornalistico, ma sulle quali ci sono implicazioni di rispetto della privacy o delle sensibilità personali, si sono molto intensificate in questi anni in cui i lettori hanno lo spazio e la visibilità per esprimere le proprie critiche e reazioni a questo proposito. I giornali hanno spiegato le loro scelte in più di un’occasione ( qui qui il Post qui la Stampa ), ricordando che quasi mai succede che una foto “non aggiunga niente” alla comprensione della realtà e dei fatti avvenuti, ma che il tema è soppesare quel valore informativo rispetto appunto ad altri criteri.
Lunedì scorso il Los Angeles Times ha messo in prima pagina una foto in cui si vede l’attentatore della strage di Monterey Park , morto. Ci sono state critiche, e il sito del Poynter Institute per il giornalismo ha spiegato le buone ragioni della scelta.


domenica 29 Gennaio 2023

Autopsie giornalistiche

Nella più generale questione dei rischi di inaccuratezze ed errori legati alla precipitazione competitiva con cui vengono date certe notizie c’è il caso particolare della morte di persone famose: notizie che arrivano nelle redazioni da fonti le più diverse e sulle quali si scontrano la tentazione di arrivare per primi a diffonderle online (ottenendo un capitale di visibilità, traffico e condivisione) e la necessità di verifiche con particolari delicatezze. Il Post ne ha scritto più volte , in occasioni puntuali in cui ci sono stati “incidenti” anche sulla stampa internazionale. Una settimana fa invece è stato il Washington Post spiegare ai propri lettori la questione, riferendo le esitazioni nelle maggiori redazioni americane rispetto alla notizia (vera) della morte di David Crosby.


domenica 29 Gennaio 2023

Altri modi di pagare per leggere i giornali

Spesso alcuni lettori chiedono (anche a Charlie) spiegazioni sull’assenza nell’offerta dei prodotti di informazione di due possibilità di acquisto presenti in altre categorie di prodotti (la musica, o il video): una sono i cosiddetti “micropagamenti”, ovvero la possibilità di pagare singoli contenuti, per esempio gli articoli, invece che copie intere o abbonamenti su lungo periodo; l’altra è – all’opposto – una piattaforma che dia l’accesso, attraverso un solo abbonamento, alla lettura di molte diverse testate.
Del primo caso abbiamo parlato altre volte, spiegando come per gli editori le opportunità dei micropagamenti non siano convenienti rispetto alle garanzie maggiori offerte dal sistema degli abbonamenti maggiori: di recente è nato questo nuovo esperimento americano che si chiama Post.news.
Invece all’estero è un periodo di nuovi tentativi sulla seconda cosa, con progetti di distribuzione dei contenuti di molti giornali sullo stesso sito (esistono anche in Italia degli aggregatori dedicati soprattutto a professionisti e aziende, non molto pratici e piuttosto costosi). Uno nato di recente si chiama Informed e ha coinvolto già alcune testate importanti. Ne parla più estesamente il sito specializzato inglese PressGazette.


domenica 29 Gennaio 2023

La transizione digitale c’è già stata

Mario Tedeschini Lalli è uno dei più precoci studiosi delle innovazioni digitali nel giornalismo in Italia, avendo partecipato da giornalista ai primi progetti e alle sperimentazioni online già negli anni Novanta. E nei decenni successivi è sempre rimasto aggiornato sui cambiamenti in corso e sugli adattamenti necessari. La settimana scorsa è intervenuto a un convegno dell’Ordine dei giornalisti con una relazione ricca di spunti attualissimi e preziosi, e che ha rivelato – per confronto – soprattutto quanto la gran parte delle testate italiane tradizionali si trovi ancora in riflessioni sull’informazione e sui suoi cambiamenti che sono state già superate da tempo.

“Diciamolo in altre parole: nel mondo digitale non scriviamo o comunichiamo solo per l’oggi, scriviamo e comunichiamo anche per il futuro . Il che — di nuovo — ci offre nuove straordinarie opportunità (quando mai un giornalista ha potuto sperare che l’influenza sociale del proprio lavoro potesse estendersi negli anni?), ma anche nuovi problemi.
Per questo occorre imparare — per così dire — a 
scrivere per il futuro , cioè a creare significato nel futuro.
“Scrivere per il futuro” implica alcune questioni che riguardano il modo di lavorare e altre relative alle “conseguenze”.

Al modo di lavorare accenno soltanto: si tratta di organizzare i materiali in modo che siano comprensibili in un contesto temporale diverso. Ad esempio:

– Scrittura non allusiva e che non dia per scontato il contesto — quella che chiamo la “autocomprensibilità” dei testi.
– tag in grado di ricostruire nel tempo il contesto originario
– meno items su uno stesso argomento
– ecc.

Esistono però anche questioni deontologiche nuove: quando e come eventualmente modificare nel tempo i nostri materiali? Quando e come correggere, quando e come aggiornare e precisare”.


domenica 29 Gennaio 2023

Come si stampa un giornale

Il Post è andato a vedere come funzionano le grandi tipografie dei quotidiani di carta.

“Un tempo per i quotidiani era normale avere un proprio centro stampa, ma la crisi dei giornali di carta degli ultimi vent’anni ha imposto loro grandi ridimensionamenti anche nel rapporto con le tipografie, e in tempi recentissimi questa necessità è stata accelerata dagli enormi aumenti dei costi delle materie prime. «Dal gennaio del 2021 a oggi il costo della carta per noi è aumentato del 250 per cento», spiega De Cian, «quello dell’inchiostro più o meno del 30 per cento». Sono aumenti molto rilevanti, se si pensa che nell’ultimo anno il centro stampa di Erbusco ha usato circa 16mila tonnellate di carta”.


domenica 29 Gennaio 2023

Si cerca di leggere il Washington Post

La presunta crisi del Washington Post sta attirando sempre più attenzioni nel mondo del giornalismo americano. Diciamo “presunta” perché le poche reazioni ufficiali del giornale di fatto la negano, e sostengono che il peso dei licenziamenti sia sopravvalutato, che si tratti di spostamenti di priorità, che altre assunzioni siano in programma (e il proprietario Jeff Bezos ha smentito le notizie che ipotizzavano un’intenzione di vendere il giornale): ma di certo ci sono dati che mostrano che i conti del giornale si sono complicati dopo le grandi soddisfazioni degli anni passati. Questa settimana una ventina di licenziamenti è stata comunicata ai destinatari, con la chiusura di alcuni progetti come quelli dedicati ai bambini e ai giochi. E il New Yorker ha cercato di riassumere la situazione , dedicandosi soprattutto al CEO Fred Ryan, e sostenendo che il quotidiano sia in mezzo a un incerto guado tra privilegiare la sua identità giornalistica e imitare il New York Times verso un’offerta più varia e completa di servizi (giochi, gastronomia, podcast, consumi e acquisti).

Nel frattempo, la storia è stata associata ad altre nella newsletter del sito di news Semafor dedicata ai media che è curata dal fondatore Ben Smith, già “media editor” del New York Times . Secondo Smith è in corso una crisi del peculiare modello di sostenibilità sperimentato da alcuni giornali (e sognato da altri) costituito da “miliardario che ci mette i soldi”. E la cui unica eccezione florida in questo momento è costituita dagli ottimi risultati di qualità ed economici dell’ Atlantic , comprato nel 2017 da Laurene Powell, vedova di Steve Jobs.
Ben Smith tra l’altro cita il parere di Craig Newmark, ricchissimo fondatore del sito Craigslist che ha fatto a sua volta investimenti nei media, parere che è molto in relazione con quello che scrivemmo su Charlie il mese scorso a proposito degli imprenditori che sottovalutano la competenza e l’impegno necessari a fare gli editori di giornali.

“I’m guessing that it’s proven difficult for them all because it is the sort of business that needs and deserves full attention. People in business who don’t know anything about media might perceive it as easy — in that case they just haven’t done their homework”.


domenica 29 Gennaio 2023

Charlie, indipendenti dai lettori

L’estate scorsa il Reuters Institute aveva pubblicato una approfondita e interessante ricerca intorno a quello che il direttore del sito di news spagnolo elDiario chiama «la sindrome dello specchio di Biancaneve» (ovvero della regina di Biancaneve): cioè l’indisponibilità dei lettori (noialtri tutti) ad accettare che le loro fonti di informazione preferite diano loro informazioni che non apprezzano, e come questo possa influire sull’autonomia dei giornali in tempi in cui il sostegno economico da parte dei lettori è tornato a essere così importante. I giornali sono alle prese ogni giorno con casi di annullamento da parte di abbonati che danno come motivazione il dissenso da questo o quell’articolo. “Quando c’è di mezzo la sostenibilità economica, si riesce a essere indipendenti dalle pressioni dei lettori?”, è in sintesi la domanda a cui cerca di rispondere lo studio.
Domanda molto opportuna, e sulla quale è già rivelatore il fatto che venga posta molto raramente: a dimostrazione del timore di molti giornali di scontentare i “loro” lettori, che va insieme all’insistenza nel rivendicare invece la scelta di “dare ai lettori ciò che vogliono” (implicitamente sostenuta anche da recenti predicazioni sull’importanza di assecondare i risultati di traffico nei giornali online). Piuttosto che quello che dice il direttore di 
elDiario , è assai più diffusa la retorica fiera che “i lettori sono i nostri soli padroni” o quella sulle ingerenze dei consueti generici “poteri”. Oggi i lettori sono davvero teoricamente “padroni” di una quota di molti giornali a cui si abbonano pagando, ed è proprio per questo che gli stessi giornali devono saper essere indipendenti dalle loro aspettative (prendendole in considerazione e valutandole in autonomia), e “dire cose impopolari”, come si ripete spesso della politica. Anche perché l’impressione di libertà e terzietà di una testata alla lunga paga, almeno quanto paga il lisciare il pelo a certe opinioni, a certe insofferenze o a certi risentimenti dei lettori: invece «a questo ci ribelliamo. Spieghiamo la nostra ribellione e cerchiamo di far capire ai membri della nostra comunità che contraddirli spesso è il nostro lavoro».

Fine di questo prologo.


domenica 22 Gennaio 2023

I link di Twitter

Alcuni lettori di Charlie hanno segnalato ancora problemi con i link a Twitter nella scorsa newsletter. È un conflitto che riguarda un numero limitato di destinatari, ma ce ne scusiamo: dipende dalla comunicazione tra lo strumento per le newsletter, i browser e la app di Twitter. Intanto che lavoriamo per porre rimedio, potete consultare le newsletter con i link sicuramente funzionanti per tutti a questa pagina .


domenica 22 Gennaio 2023

Torino

Sabato prossimo c’è l’appuntamento mensile al Circolo dei lettori di Torino con la rassegna stampa curata da Luca Sofri e Francesco Costa del Post , che tratta di frequente i temi di questa newsletter.


domenica 22 Gennaio 2023

Il treno dei desideri

Sulla animata questione della fondatezza del racconto della “bidella pendolare” rimandiamo alla ormai sterminata bibliografia online : si è trattato palesemente di una “notizia che non lo era” almeno in suoi sostanziosi elementi, non diversamente da quanto avviene di frequente con simili storie di quella ridotta misura e importanza (citando una famosa rubrica della Settimana Enigmistica , le notizie “strano ma vero”). Ma è interessante notare che l’incidente sta dentro a una frettolosa tendenza a promuovere singolari storie a fenomeno o ad esempio di un tema di più grande, tendenza che spesso rende disattenti rispetto alla verifica delle storie o alla priorità che siano fondate. Ne ha parlato nel podcast Morning Francesco Costa, dopo avere riassunto la “notizia” sulla bidella, e sabato ne ha scritto con contenuti simili il Fatto.


domenica 22 Gennaio 2023

Vox licenzia

Vox Media è un importante gruppo editoriale americano che è stato tra i protagonisti dei cambiamenti nell’informazione digitale e non solo digitale di questi due decenni. Le sue proprietà più famose sono il sito di news Vox , divenuto riconoscibile per la priorità data al “giornalismo esplicativo”, il sito di tecnologia The Verge , altri siti innovativi e specializzati molto popolari, e tutto il gruppo legato al New York Magazine , illustre e cinquantenaria rivista che online ha creato testate di successo ( Intelligencer Vulture The Cut Curbed The Strategist ) e che Vox Media ha comprato nel 2019.
Ma il suo fondatore e CEO Jim Bankoff ha comunicato venerdì che il 7% dei dipendenti (130 persone) sarà licenziato in conseguenza dei tempi difficili per i media digitali. Il sindacato dei dipendenti dell’azienda si è detto “furibondo”.


domenica 22 Gennaio 2023

Manca la terra sotto il Semafor

Dopo soli tre mesi di vita il sito di news americano Semafor ha dovuto affrontare un problema del tutto imprevisto, tra quelli che erano invece in conto per un progetto di grandi ambizioni ed esibite intenzioni di rinnovamento dell’informazione online. Ovvero che il suo maggiore investitore – con circa 10 milioni di dollari – era stato Sam Bankman-Fried, protagonista di uno scandalo finanziario per cui è stato arrestato lo scorso mese, e le implicazioni sia economiche che etiche e di immagine di quello scandalo (Bankman-Fried è in debito con moltissimi soci dei suoi progetti) hanno spinto Semafor a “congelare” quell’investimento proponendosi di trovare qualcuno che acquisisca la corrispondente quota della società, e che renda di nuovo disponibile quel capitale per i progetti di crescita del giornale.


domenica 22 Gennaio 2023

Un taglio social

Se ricordate le critiche del Comitato di redazione dei quotidiani veneti del gruppo GEDI a proposito di un post della Tribuna di Treviso sui social network, di cui avevamo riferito la settimana scorsa, le aggiorniamo con la risposta del condirettore e responsabile dei contenuti digitali Paolo Cagnan, che ha rivendicato la scelta di usare i social network con approcci sperimentali e più adeguati al mezzo, notando che “da oltre un anno la Tribuna è al centro di un progetto denominato “Daghe un tajo” che ha comportato e comporta tuttora anche una completa rivisitazione del rapporto con i lettori di facebook, rileggendo anche il senso di una community social rispetto a quelli di un sito o di giornale di carta, dove peraltro mi sembra nessuno abbia mai contestato materiali “leggeri” come gli oroscopi, i numeri del lotto, il sudoku o amenità simili. Il progetto di cui sopra, peraltro ampiamente illustrato a suo tempo sia al Cdr, sia all’assemblea della tribuna, è stato recentemente presentato (e ce l’hanno chiesto loro, per inciso) sia al Festival Glocal di Varese, sia all’Università di Pisa. Un progetto che, per l’appunto, comprende anche una gestione social diversa, più conforme al senso di una simile piattaforma e al funzionamento del suo algoritmo. Una gestione che include anche post leggeri, ironici e sarcastici come quello contestato” .

Cagnan ha insistito sul fatto che il post discusso fosse comunque uno solo, criticando la tesi più generale del Cdr, e ribattendo a tutta la sua accusa:

“Sono molto lieto che i colleghi del Cdr si occupino – quasi d’incanto, oserei dire – di una materia tanto complessa come il SMM, prendendo a spunto uno dei circa 160 post che giornalmente distribuiamo sulle nostre pagine facebook, per non parlare di tutte le altre piattaforme […] Si parla di “assoluto dubbio gusto” di quel post e potremmo discuterne a lungo, ma non lo faremo perché non è affatto prerogativa contrattuale del Cdr disquisire sulla linea editoriale, e le scelte di tutta la complessa strategia digitale rientrano pienamente in quella materia […] La richiesta di non pubblicare post simili è irricevibile. Cosa siano poi “i professionisti nella valorizzazione” non ci è chiaro, ma siamo sicuri che avremo modo di chiarirci, quando volete”.


domenica 22 Gennaio 2023

AI come gli umani, in tutto

La recente accelerazione dei progressi nelle capacità di scrittura delle “intelligenze artificiali” hanno generato grandi riflessioni e discussioni nel mondo dell’informazione, intorno alle prospettive che queste capacità possono suggerire per l’automazione nei progetti giornalistici. Il Post ha raccontato una storia interessante e utile da conoscere.

” Da novembre a oggi il sito di news CNET, che si occupa soprattutto di tecnologia, ha pubblicato almeno 70 articoli scritti da un’intelligenza artificiale, cioè da un software in grado di imitare la scrittura umana dopo aver ricevuto dati e indicazioni sugli argomenti da trattare. Per più di due mesi lo ha fatto senza comunicare in modo trasparente come fossero stati scritti quegli articoli, finché non se n’è accorto Futurism, un altro sito che si occupa di tecnologia”.


domenica 22 Gennaio 2023

Vice al ribasso

Vice nacque come rivista negli anni Novanta in Canada, rivolta a un pubblico giovanile con un misto di contenuti giornalistici aggressivi e poco convenzionali e di temi di consumi e mode contemporanee. Nei decenni successivi ha avuto un enorme successo (raccontato con completezza nel libro di Jill Abramson Mercanti di verità , pubblicato in Italia da Sellerio) diventando una società digitale e di produzione video, ma con diverse traversie e alti e bassi , legati anche alle personalità dei suoi fondatori. Il suo 2022 si chiuderà al di sotto delle aspettative in termini di obiettivi economici, e si stanno cercando investitori nuovi.
Giovedì il sito della rete televisiva americana CNBC ha rivelato che i tentativi di trovare un acquirente per Vice sono piuttosto falliti e che la società ha deciso di rivedere la richiesta portandola a un miliardo di dollari dal miliardo e mezzo proposto l’anno scorso (era stata valutata 5,7 miliardi nel 2017).


domenica 22 Gennaio 2023

L’inerzia di Davos

Questa settimana si è tenuto a Davos, in Svizzera, l’incontro annuale del World Economic Forum , una fondazione senza fini di lucro con sede a Ginevra. L’incontro è molto celebre per l’alto prestigio delle persone che vi partecipano: riunisce tutti gli anni politici e imprenditori delle più importanti aziende del mondo, per parlare di economia e società. La sua copertura giornalistica è da tempo una specie di routine, come avviene per eventi stagionali molto identici a se stessi (in Italia la prima della Scala, il Meeting di Rimini, il sangue di San Gennaro), e una celebrazione sproporzionata dell’evento: e quest’anno è stata autorevolmente messa in discussione dalla ex direttrice del New York Times e dal direttore della Columbia Journalism Review .


domenica 22 Gennaio 2023

Tifoserie

Venerdì sera è arrivata nelle redazioni la notizia che la Federazione Gioco Calcio aveva deciso una pena molto severa contro la società della Juventus per il caso delle cosiddette “plusvalenze” ( spiegato qui ). L’aspetto interessante per questa newsletter è che la Juventus è di proprietà dello stesso gruppo e della stessa famiglia che possiedono GEDI, la più grande azienda giornalistica italiana, che pubblica tra gli altri i quotidiani Repubblica Stampa . E se durante gli sviluppi dei mesi scorsi i due quotidiani avevano mostrato discreti equilibrio e autonomia nel trattare la questione, su questa sentenza hanno preso posizioni molto più esplicitamente critiche delle altre testate e molto difensive per la società del gruppo. “Un giudizio frettoloso” è stato il titolo del commento in prima pagina di Repubblica (quotidiano romano) e alle obiezioni della società – relative sia alla pesantezza della pena che alle assoluzioni di altre squadre accusate – è dato grande spazio in titoli e articoli; idem sulla Stampa di Torino – a cui si possono attribuire maggiori indulgenze in ragione invece del proprio pubblico di lettori – che ha titolato un commento molto scettico “Quelle ‘strane’ assoluzioni, nessuno paga se non la Juve”. Il Corriere della Sera (il cui editore possiede peraltro l’altra squadra torinese), pur notando la severità della pena, ha offerto meno spazio alle ragioni difensive e ha dedicato un articolo accessorio alle “telefonate dei dirigenti” particolarmente incriminanti.
E ancora oggi domenica il titolo in prima pagina di Repubblica era sulle “incognite della sentenza” e quello del Corriere della Sera sui “perché della condanna”.


domenica 22 Gennaio 2023

Vale per tutti

Nelle ore successive all’arresto del capo mafioso Matteo Messina Denaro hanno cominciato a circolare su alcuni siti di news, tra le molte diverse informazioni, documenti medici relativi alle cure che stava ricevendo e alle sue patologie. Per i quali l’equilibrio tra rilevanza della notizia e rispetto della privacy è diventato rapidamente una questione (anche nelle scelte della redazione del Post ).

La questione è stata dibattuta sia sui social network che in molte altre redazioni – con un intervento del Garante per la privacy – e sabato è stata affrontata in un articolo di Vitalba Azzollini sul quotidiano Domani.

“Nel caso di Messina Denaro entrano in gioco, da una parte, gli obblighi della struttura sanitaria ove il boss era in cura; dall’altra i limiti dell’attività giornalistica. Quanto al primo versante, chi all’interno della clinica ha divulgato la cartella clinica di Messina Denaro ha commesso un illecito: i dati sanitari possono essere trattati ai soli fini per cui sono stati raccolti, salvo motivi eccezionali. Quanto al secondo versante, come visto, le norme prevedono deroghe alla disciplina ordinaria del trattamento dei dati personali quando si esercita il diritto di cronaca, ma con limiti imprescindibili, in primis l’essenzialità della notizia. La pubblicazione di dettagli sanitari su Messina Denaro non era funzionale alla notizia della sua cattura, quindi andava evitata. Basti pensare che, nella conferenza stampa relativa all’arresto, forze dell’ordine e magistrati non hanno fatto alcun riferimento a specifiche informazioni sulla patologia medica”.