Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 29 Gennaio 2023
Nella più generale questione dei rischi di inaccuratezze ed errori legati alla precipitazione competitiva con cui vengono date certe notizie c’è il caso particolare della morte di persone famose: notizie che arrivano nelle redazioni da fonti le più diverse e sulle quali si scontrano la tentazione di arrivare per primi a diffonderle online (ottenendo un capitale di visibilità, traffico e condivisione) e la necessità di verifiche con particolari delicatezze. Il Post ne ha scritto più volte , in occasioni puntuali in cui ci sono stati “incidenti” anche sulla stampa internazionale. Una settimana fa invece è stato il Washington Post a spiegare ai propri lettori la questione, riferendo le esitazioni nelle maggiori redazioni americane rispetto alla notizia (vera) della morte di David Crosby.
domenica 29 Gennaio 2023
Spesso alcuni lettori chiedono (anche a Charlie) spiegazioni sull’assenza nell’offerta dei prodotti di informazione di due possibilità di acquisto presenti in altre categorie di prodotti (la musica, o il video): una sono i cosiddetti “micropagamenti”, ovvero la possibilità di pagare singoli contenuti, per esempio gli articoli, invece che copie intere o abbonamenti su lungo periodo; l’altra è – all’opposto – una piattaforma che dia l’accesso, attraverso un solo abbonamento, alla lettura di molte diverse testate.
Del primo caso abbiamo parlato altre volte, spiegando come per gli editori le opportunità dei micropagamenti non siano convenienti rispetto alle garanzie maggiori offerte dal sistema degli abbonamenti maggiori: di recente è nato questo nuovo esperimento americano che si chiama Post.news.
Invece all’estero è un periodo di nuovi tentativi sulla seconda cosa, con progetti di distribuzione dei contenuti di molti giornali sullo stesso sito (esistono anche in Italia degli aggregatori dedicati soprattutto a professionisti e aziende, non molto pratici e piuttosto costosi). Uno nato di recente si chiama Informed e ha coinvolto già alcune testate importanti. Ne parla più estesamente il sito specializzato inglese PressGazette.
domenica 29 Gennaio 2023
Mario Tedeschini Lalli è uno dei più precoci studiosi delle innovazioni digitali nel giornalismo in Italia, avendo partecipato da giornalista ai primi progetti e alle sperimentazioni online già negli anni Novanta. E nei decenni successivi è sempre rimasto aggiornato sui cambiamenti in corso e sugli adattamenti necessari. La settimana scorsa è intervenuto a un convegno dell’Ordine dei giornalisti con una relazione ricca di spunti attualissimi e preziosi, e che ha rivelato – per confronto – soprattutto quanto la gran parte delle testate italiane tradizionali si trovi ancora in riflessioni sull’informazione e sui suoi cambiamenti che sono state già superate da tempo.
“Diciamolo in altre parole: nel mondo digitale non scriviamo o comunichiamo solo per l’oggi, scriviamo e comunichiamo anche per il futuro . Il che — di nuovo — ci offre nuove straordinarie opportunità (quando mai un giornalista ha potuto sperare che l’influenza sociale del proprio lavoro potesse estendersi negli anni?), ma anche nuovi problemi.
Per questo occorre imparare — per così dire — a scrivere per il futuro , cioè a creare significato nel futuro.
“Scrivere per il futuro” implica alcune questioni che riguardano il modo di lavorare e altre relative alle “conseguenze”.
Al modo di lavorare accenno soltanto: si tratta di organizzare i materiali in modo che siano comprensibili in un contesto temporale diverso. Ad esempio:
– Scrittura non allusiva e che non dia per scontato il contesto — quella che chiamo la “autocomprensibilità” dei testi.
– tag in grado di ricostruire nel tempo il contesto originario
– meno items su uno stesso argomento
– ecc.
Esistono però anche questioni deontologiche nuove: quando e come eventualmente modificare nel tempo i nostri materiali? Quando e come correggere, quando e come aggiornare e precisare”.
domenica 29 Gennaio 2023
Il Post è andato a vedere come funzionano le grandi tipografie dei quotidiani di carta.
“Un tempo per i quotidiani era normale avere un proprio centro stampa, ma la crisi dei giornali di carta degli ultimi vent’anni ha imposto loro grandi ridimensionamenti anche nel rapporto con le tipografie, e in tempi recentissimi questa necessità è stata accelerata dagli enormi aumenti dei costi delle materie prime. «Dal gennaio del 2021 a oggi il costo della carta per noi è aumentato del 250 per cento», spiega De Cian, «quello dell’inchiostro più o meno del 30 per cento». Sono aumenti molto rilevanti, se si pensa che nell’ultimo anno il centro stampa di Erbusco ha usato circa 16mila tonnellate di carta”.
domenica 29 Gennaio 2023
La presunta crisi del Washington Post sta attirando sempre più attenzioni nel mondo del giornalismo americano. Diciamo “presunta” perché le poche reazioni ufficiali del giornale di fatto la negano, e sostengono che il peso dei licenziamenti sia sopravvalutato, che si tratti di spostamenti di priorità, che altre assunzioni siano in programma (e il proprietario Jeff Bezos ha smentito le notizie che ipotizzavano un’intenzione di vendere il giornale): ma di certo ci sono dati che mostrano che i conti del giornale si sono complicati dopo le grandi soddisfazioni degli anni passati. Questa settimana una ventina di licenziamenti è stata comunicata ai destinatari, con la chiusura di alcuni progetti come quelli dedicati ai bambini e ai giochi. E il New Yorker ha cercato di riassumere la situazione , dedicandosi soprattutto al CEO Fred Ryan, e sostenendo che il quotidiano sia in mezzo a un incerto guado tra privilegiare la sua identità giornalistica e imitare il New York Times verso un’offerta più varia e completa di servizi (giochi, gastronomia, podcast, consumi e acquisti).
Nel frattempo, la storia è stata associata ad altre nella newsletter del sito di news Semafor dedicata ai media che è curata dal fondatore Ben Smith, già “media editor” del New York Times . Secondo Smith è in corso una crisi del peculiare modello di sostenibilità sperimentato da alcuni giornali (e sognato da altri) costituito da “miliardario che ci mette i soldi”. E la cui unica eccezione florida in questo momento è costituita dagli ottimi risultati di qualità ed economici dell’ Atlantic , comprato nel 2017 da Laurene Powell, vedova di Steve Jobs.
Ben Smith tra l’altro cita il parere di Craig Newmark, ricchissimo fondatore del sito Craigslist che ha fatto a sua volta investimenti nei media, parere che è molto in relazione con quello che scrivemmo su Charlie il mese scorso a proposito degli imprenditori che sottovalutano la competenza e l’impegno necessari a fare gli editori di giornali.
“I’m guessing that it’s proven difficult for them all because it is the sort of business that needs and deserves full attention. People in business who don’t know anything about media might perceive it as easy — in that case they just haven’t done their homework”.
domenica 29 Gennaio 2023
L’estate scorsa il Reuters Institute aveva pubblicato una approfondita e interessante ricerca intorno a quello che il direttore del sito di news spagnolo elDiario chiama «la sindrome dello specchio di Biancaneve» (ovvero della regina di Biancaneve): cioè l’indisponibilità dei lettori (noialtri tutti) ad accettare che le loro fonti di informazione preferite diano loro informazioni che non apprezzano, e come questo possa influire sull’autonomia dei giornali in tempi in cui il sostegno economico da parte dei lettori è tornato a essere così importante. I giornali sono alle prese ogni giorno con casi di annullamento da parte di abbonati che danno come motivazione il dissenso da questo o quell’articolo. “Quando c’è di mezzo la sostenibilità economica, si riesce a essere indipendenti dalle pressioni dei lettori?”, è in sintesi la domanda a cui cerca di rispondere lo studio.
Domanda molto opportuna, e sulla quale è già rivelatore il fatto che venga posta molto raramente: a dimostrazione del timore di molti giornali di scontentare i “loro” lettori, che va insieme all’insistenza nel rivendicare invece la scelta di “dare ai lettori ciò che vogliono” (implicitamente sostenuta anche da recenti predicazioni sull’importanza di assecondare i risultati di traffico nei giornali online). Piuttosto che quello che dice il direttore di elDiario , è assai più diffusa la retorica fiera che “i lettori sono i nostri soli padroni” o quella sulle ingerenze dei consueti generici “poteri”. Oggi i lettori sono davvero teoricamente “padroni” di una quota di molti giornali a cui si abbonano pagando, ed è proprio per questo che gli stessi giornali devono saper essere indipendenti dalle loro aspettative (prendendole in considerazione e valutandole in autonomia), e “dire cose impopolari”, come si ripete spesso della politica. Anche perché l’impressione di libertà e terzietà di una testata alla lunga paga, almeno quanto paga il lisciare il pelo a certe opinioni, a certe insofferenze o a certi risentimenti dei lettori: invece «a questo ci ribelliamo. Spieghiamo la nostra ribellione e cerchiamo di far capire ai membri della nostra comunità che contraddirli spesso è il nostro lavoro».
Fine di questo prologo.
domenica 22 Gennaio 2023
Alcuni lettori di Charlie hanno segnalato ancora problemi con i link a Twitter nella scorsa newsletter. È un conflitto che riguarda un numero limitato di destinatari, ma ce ne scusiamo: dipende dalla comunicazione tra lo strumento per le newsletter, i browser e la app di Twitter. Intanto che lavoriamo per porre rimedio, potete consultare le newsletter con i link sicuramente funzionanti per tutti a questa pagina .
domenica 22 Gennaio 2023
Sabato prossimo c’è l’appuntamento mensile al Circolo dei lettori di Torino con la rassegna stampa curata da Luca Sofri e Francesco Costa del Post , che tratta di frequente i temi di questa newsletter.
domenica 22 Gennaio 2023
Sulla animata questione della fondatezza del racconto della “bidella pendolare” rimandiamo alla ormai sterminata bibliografia online : si è trattato palesemente di una “notizia che non lo era” almeno in suoi sostanziosi elementi, non diversamente da quanto avviene di frequente con simili storie di quella ridotta misura e importanza (citando una famosa rubrica della Settimana Enigmistica , le notizie “strano ma vero”). Ma è interessante notare che l’incidente sta dentro a una frettolosa tendenza a promuovere singolari storie a fenomeno o ad esempio di un tema di più grande, tendenza che spesso rende disattenti rispetto alla verifica delle storie o alla priorità che siano fondate. Ne ha parlato nel podcast Morning Francesco Costa, dopo avere riassunto la “notizia” sulla bidella, e sabato ne ha scritto con contenuti simili il Fatto.
domenica 22 Gennaio 2023
Vox Media è un importante gruppo editoriale americano che è stato tra i protagonisti dei cambiamenti nell’informazione digitale e non solo digitale di questi due decenni. Le sue proprietà più famose sono il sito di news Vox , divenuto riconoscibile per la priorità data al “giornalismo esplicativo”, il sito di tecnologia The Verge , altri siti innovativi e specializzati molto popolari, e tutto il gruppo legato al New York Magazine , illustre e cinquantenaria rivista che online ha creato testate di successo ( Intelligencer , Vulture , The Cut , Curbed , The Strategist ) e che Vox Media ha comprato nel 2019.
Ma il suo fondatore e CEO Jim Bankoff ha comunicato venerdì che il 7% dei dipendenti (130 persone) sarà licenziato in conseguenza dei tempi difficili per i media digitali. Il sindacato dei dipendenti dell’azienda si è detto “furibondo”.
domenica 22 Gennaio 2023
Dopo soli tre mesi di vita il sito di news americano Semafor ha dovuto affrontare un problema del tutto imprevisto, tra quelli che erano invece in conto per un progetto di grandi ambizioni ed esibite intenzioni di rinnovamento dell’informazione online. Ovvero che il suo maggiore investitore – con circa 10 milioni di dollari – era stato Sam Bankman-Fried, protagonista di uno scandalo finanziario per cui è stato arrestato lo scorso mese, e le implicazioni sia economiche che etiche e di immagine di quello scandalo (Bankman-Fried è in debito con moltissimi soci dei suoi progetti) hanno spinto Semafor a “congelare” quell’investimento proponendosi di trovare qualcuno che acquisisca la corrispondente quota della società, e che renda di nuovo disponibile quel capitale per i progetti di crescita del giornale.
domenica 22 Gennaio 2023
Se ricordate le critiche del Comitato di redazione dei quotidiani veneti del gruppo GEDI a proposito di un post della Tribuna di Treviso sui social network, di cui avevamo riferito la settimana scorsa, le aggiorniamo con la risposta del condirettore e responsabile dei contenuti digitali Paolo Cagnan, che ha rivendicato la scelta di usare i social network con approcci sperimentali e più adeguati al mezzo, notando che “da oltre un anno la Tribuna è al centro di un progetto denominato “Daghe un tajo” che ha comportato e comporta tuttora anche una completa rivisitazione del rapporto con i lettori di facebook, rileggendo anche il senso di una community social rispetto a quelli di un sito o di giornale di carta, dove peraltro mi sembra nessuno abbia mai contestato materiali “leggeri” come gli oroscopi, i numeri del lotto, il sudoku o amenità simili. Il progetto di cui sopra, peraltro ampiamente illustrato a suo tempo sia al Cdr, sia all’assemblea della tribuna, è stato recentemente presentato (e ce l’hanno chiesto loro, per inciso) sia al Festival Glocal di Varese, sia all’Università di Pisa. Un progetto che, per l’appunto, comprende anche una gestione social diversa, più conforme al senso di una simile piattaforma e al funzionamento del suo algoritmo. Una gestione che include anche post leggeri, ironici e sarcastici come quello contestato” .
Cagnan ha insistito sul fatto che il post discusso fosse comunque uno solo, criticando la tesi più generale del Cdr, e ribattendo a tutta la sua accusa:
“Sono molto lieto che i colleghi del Cdr si occupino – quasi d’incanto, oserei dire – di una materia tanto complessa come il SMM, prendendo a spunto uno dei circa 160 post che giornalmente distribuiamo sulle nostre pagine facebook, per non parlare di tutte le altre piattaforme […] Si parla di “assoluto dubbio gusto” di quel post e potremmo discuterne a lungo, ma non lo faremo perché non è affatto prerogativa contrattuale del Cdr disquisire sulla linea editoriale, e le scelte di tutta la complessa strategia digitale rientrano pienamente in quella materia […] La richiesta di non pubblicare post simili è irricevibile. Cosa siano poi “i professionisti nella valorizzazione” non ci è chiaro, ma siamo sicuri che avremo modo di chiarirci, quando volete”.
domenica 22 Gennaio 2023
La recente accelerazione dei progressi nelle capacità di scrittura delle “intelligenze artificiali” hanno generato grandi riflessioni e discussioni nel mondo dell’informazione, intorno alle prospettive che queste capacità possono suggerire per l’automazione nei progetti giornalistici. Il Post ha raccontato una storia interessante e utile da conoscere.
” Da novembre a oggi il sito di news CNET, che si occupa soprattutto di tecnologia, ha pubblicato almeno 70 articoli scritti da un’intelligenza artificiale, cioè da un software in grado di imitare la scrittura umana dopo aver ricevuto dati e indicazioni sugli argomenti da trattare. Per più di due mesi lo ha fatto senza comunicare in modo trasparente come fossero stati scritti quegli articoli, finché non se n’è accorto Futurism, un altro sito che si occupa di tecnologia”.
domenica 22 Gennaio 2023
Vice nacque come rivista negli anni Novanta in Canada, rivolta a un pubblico giovanile con un misto di contenuti giornalistici aggressivi e poco convenzionali e di temi di consumi e mode contemporanee. Nei decenni successivi ha avuto un enorme successo (raccontato con completezza nel libro di Jill Abramson Mercanti di verità , pubblicato in Italia da Sellerio) diventando una società digitale e di produzione video, ma con diverse traversie e alti e bassi , legati anche alle personalità dei suoi fondatori. Il suo 2022 si chiuderà al di sotto delle aspettative in termini di obiettivi economici, e si stanno cercando investitori nuovi.
Giovedì il sito della rete televisiva americana CNBC ha rivelato che i tentativi di trovare un acquirente per Vice sono piuttosto falliti e che la società ha deciso di rivedere la richiesta portandola a un miliardo di dollari dal miliardo e mezzo proposto l’anno scorso (era stata valutata 5,7 miliardi nel 2017).
domenica 22 Gennaio 2023
Questa settimana si è tenuto a Davos, in Svizzera, l’incontro annuale del World Economic Forum , una fondazione senza fini di lucro con sede a Ginevra. L’incontro è molto celebre per l’alto prestigio delle persone che vi partecipano: riunisce tutti gli anni politici e imprenditori delle più importanti aziende del mondo, per parlare di economia e società. La sua copertura giornalistica è da tempo una specie di routine, come avviene per eventi stagionali molto identici a se stessi (in Italia la prima della Scala, il Meeting di Rimini, il sangue di San Gennaro), e una celebrazione sproporzionata dell’evento: e quest’anno è stata autorevolmente messa in discussione dalla ex direttrice del New York Times e dal direttore della Columbia Journalism Review .
domenica 22 Gennaio 2023
Venerdì sera è arrivata nelle redazioni la notizia che la Federazione Gioco Calcio aveva deciso una pena molto severa contro la società della Juventus per il caso delle cosiddette “plusvalenze” ( spiegato qui ). L’aspetto interessante per questa newsletter è che la Juventus è di proprietà dello stesso gruppo e della stessa famiglia che possiedono GEDI, la più grande azienda giornalistica italiana, che pubblica tra gli altri i quotidiani Repubblica e Stampa . E se durante gli sviluppi dei mesi scorsi i due quotidiani avevano mostrato discreti equilibrio e autonomia nel trattare la questione, su questa sentenza hanno preso posizioni molto più esplicitamente critiche delle altre testate e molto difensive per la società del gruppo. “Un giudizio frettoloso” è stato il titolo del commento in prima pagina di Repubblica (quotidiano romano) e alle obiezioni della società – relative sia alla pesantezza della pena che alle assoluzioni di altre squadre accusate – è dato grande spazio in titoli e articoli; idem sulla Stampa di Torino – a cui si possono attribuire maggiori indulgenze in ragione invece del proprio pubblico di lettori – che ha titolato un commento molto scettico “Quelle ‘strane’ assoluzioni, nessuno paga se non la Juve”. Il Corriere della Sera (il cui editore possiede peraltro l’altra squadra torinese), pur notando la severità della pena, ha offerto meno spazio alle ragioni difensive e ha dedicato un articolo accessorio alle “telefonate dei dirigenti” particolarmente incriminanti.
E ancora oggi domenica il titolo in prima pagina di Repubblica era sulle “incognite della sentenza” e quello del Corriere della Sera sui “perché della condanna”.
domenica 22 Gennaio 2023
Nelle ore successive all’arresto del capo mafioso Matteo Messina Denaro hanno cominciato a circolare su alcuni siti di news, tra le molte diverse informazioni, documenti medici relativi alle cure che stava ricevendo e alle sue patologie. Per i quali l’equilibrio tra rilevanza della notizia e rispetto della privacy è diventato rapidamente una questione (anche nelle scelte della redazione del Post ).
La questione è stata dibattuta sia sui social network che in molte altre redazioni – con un intervento del Garante per la privacy – e sabato è stata affrontata in un articolo di Vitalba Azzollini sul quotidiano Domani.
“Nel caso di Messina Denaro entrano in gioco, da una parte, gli obblighi della struttura sanitaria ove il boss era in cura; dall’altra i limiti dell’attività giornalistica. Quanto al primo versante, chi all’interno della clinica ha divulgato la cartella clinica di Messina Denaro ha commesso un illecito: i dati sanitari possono essere trattati ai soli fini per cui sono stati raccolti, salvo motivi eccezionali. Quanto al secondo versante, come visto, le norme prevedono deroghe alla disciplina ordinaria del trattamento dei dati personali quando si esercita il diritto di cronaca, ma con limiti imprescindibili, in primis l’essenzialità della notizia. La pubblicazione di dettagli sanitari su Messina Denaro non era funzionale alla notizia della sua cattura, quindi andava evitata. Basti pensare che, nella conferenza stampa relativa all’arresto, forze dell’ordine e magistrati non hanno fatto alcun riferimento a specifiche informazioni sulla patologia medica”.
domenica 22 Gennaio 2023
L’Australia ha 25 milioni di abitanti circa la cui lingua principale e condivisa è l’inglese, di cui 15 milioni vivono nelle cinque città maggiori, ed è una federazione di sei stati: sono i dati di contesto che aiutano a descrivere lo scenario delle sue maggiori testate quotidiane che sono quasi tutte molto legate alla città e allo stato dove vengono pubblicate, con l’eccezione dell’ Australian , considerato “quotidiano nazionale” (“nazionale” è anche il più specifico Australian Financial Review ). Una quota grandissima dei quotidiani grandi e piccoli è pubblicata da News Corp, la grandissima società multinazionale dell’editore australiano Rupert Murdoch che possiede tra gli altri anche il Wall Street Journal e il Times di Londra (un’altra società di Murdoch controlla la grande e famigerata rete televisiva americana Fox News ). Tra i quotidiani di Murdoch in Australia ci sono lo stesso Australian , lo Herald Sun di Melbourne che è la testata a maggiore diffusione, il Daily Telegraph di Sydney, il Courier Mail di Brisbane: e lo stesso gruppo possiede anche uno dei maggiori siti di news, News.com.au . Un altro grande editore che possiede diverse testate e una rete televisiva si chiama Nine: possiede gli importanti e “gemelli” Sydney Morning Herald (i quotidiani considerati più autorevoli del paese, fondati nell’Ottocento) e The Age (di Melbourne), e l’ Australian Financial Review , tra gli altri.
Questa settimana The Age ha scelto un nuovo direttore dopo che la direttrice precedente Gay Alcorn – la prima donna in quel ruolo in 165 anni – aveva dovuto lasciare l’incarico dopo soli due anni a causa della malattia di suo marito: il nuovo direttore si chiama Patrick Elligett ed è al giornale da quattro anni.
Anche il Sydney Morning Herald ha un direttore che aveva sostituito una direttrice, Lisa Davies: si chiama Bevan Shields e ha 38 anni.
domenica 22 Gennaio 2023
Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a novembre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generaliste e delle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). A novembre la notizia principale è che Repubblica è di nuovo davanti al Corriere della Sera , per il secondo mese dopo un rilevante periodo di sorpasso da parte del Corriere . Altri dati notevoli sono la crescita del Gazzettino e il recupero sul mese scorso del Sole 24 Ore e del Mattino (questi ultimi due andavano infatti meglio un anno fa). Cala molto lo Huffington Post che però aveva avuto una crescita eccezionale il mese passato, e questo mese peggiora anche il dato del Post , che torna a essere superato dal Mattino .
Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha circa 300mila visitatori unici, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna.
domenica 22 Gennaio 2023
Il Washington Post è in un periodo complicato, come già raccontammo . I suoi indiscutibili successi in termini di crescita e ritorno alla competitività e ruolo anche internazionale, che sono seguiti all’acquisto da parte di Jeff Bezos e ai suoi investimenti, si sono arrestati nell’ultimo anno, proprio quando il giornale provava a crescere ulteriormente con nuove risorse economiche dedicate a competere con altre grandi testate anglofone anche fuori dagli Stati Uniti. Ci sono stati annunci di licenziamenti, è probabile che il 2022 sarà chiuso in passivo per la prima volta dopo alcuni anni, e ci sono grandi preoccupazioni o curiosità su come possano procedere le cose. Quindi il New York Times – che benché si trovi in un altro campionato rispetto a qualunque altra testata vive tuttora il Washington Post come il suo maggiore concorrente – ha riferito di una significativa e rara visita dello stesso Bezos al giornale, per discutere con i suoi dirigenti. L’articolo del New York Times interpreta la visita come un’esibizione di presenza e di impegno rispetto ai destini del giornale, a fronte delle preoccupazioni di molti giornalisti.
domenica 22 Gennaio 2023
“L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha approvato un nuovo regolamento che fornisce le istruzioni su come debbano avvenire gli accordi attraverso i quali le grandi piattaforme online, come Google e Facebook, dovrebbero pagare agli editori dei giornali i diritti d’autore sui loro articoli”, scrive il Post nel suo più esteso articolo che spiega il senso della notizia.
È una storia che ha molte puntate precedenti, già raccontate da Charlie, e avrà ancora molte puntate successive. A quello che spiega l’articolo qui possiamo aggiungere che l’applicazione del regolamento ha molte incognite: intanto perché stabilisce una serie di parametri da valutare per indirizzare le eventuali trattative tra ciascuna testata e ciascuna piattaforma verso degli accordi economici specifici, e questi parametri lasciano – inevitabilmente – molti margini. E poi perché gli interessi e le implicazioni in ballo sono diversi.
Uno per esempio è quello del beneficio che i siti di news già traggono dal traffico offerto loro dalle suddette piattaforme, che potrebbe diventare un elemento – esplicito o implicito – del potere contrattuale delle piattaforme. In un articolo di sabato sul quotidiano ItaliaOggi , il direttore del sito VareseNews Marco Giovannelli (che è presidente dell’Associazione della stampa online a cui aderiscono molti giornali online locali o più piccoli) ha spiegato che “le realtà più piccole vogliono tutelare il significativo traffico che traggono dai motori di ricerca”: l’autore dell’articolo Marco Capisani ha tradotto l’affermazione in: “non si vuole correre il rischio di essere penalizzati dagli OTT (le piattaforme in questione, ndr) , magari in un secondo momento, a vantaggio delle testate maggiori”.
E poi c’è che molti editori hanno già concluso accordi proprio con Google attraverso il progetto “Showcase” : ovvero uno spazio online non particolarmente significativo ma che Google ha creato come modo per gestire in proprio le richieste economiche esistenti o eventuali delle testate. Insomma per dare dei soldi agli editori senza esservi costretto e dettando le condizioni. Adesso quegli accordi potrebbero diventare uno strumento per Google (“se volete altri soldi per via del nuovo regolamento annulliamo quelli su Showcase”) ma anche per le testate (“se non volete che vi chiediamo altri soldi per via del nuovo regolamento, datecene di più per Showcase”).
Questa è la ragione per cui, per esempio, il nuovo regolamento è stato celebrato per due giorni con toni entusiasti e con grande priorità di spazio da Repubblica , e invece molto più sinteticamente dagli altri quotidiani: Repubblica è tra i pochi a non avere fatto accordi su Showcase cercando di alzare il prezzo con Google e confidando che il regolamento atteso glielo avrebbe permesso.
domenica 22 Gennaio 2023
Spesso i lettori – tutti noi – sono meravigliati dalle assenze di vigilanza o di semplici giudizi da parte dell’Ordine dei Giornalisti rispetto alla violazione quotidiana delle regole etiche che lo stesso Ordine promuove o che sono nelle sensibilità dei lettori stessi. Ci sono ragioni pratiche (l’Ordine interviene con meccanismi assai farraginosi e mezzi assai poveri), ma è anche discutibile la pretesa che l’Ordine stesso – di cui è spesso discusso il senso stesso dell’esistenza – funzioni da organo repressivo e punitivo più di quanto non sia educativo. Se le violazioni avvengono così di frequente (in quindici giorni è intervenuto su ben due casi maggiori il Garante per la Privacy) c’è qualcosa che non va nel modo in cui vengono condivisi e tramandati principi e responsabilità dell’informazione, che nella cultura redazionale italiana non hanno mai avuto un grande radicamento. Già che esiste e già che è spesso criticato comunque, è un ruolo che potrebbe assumersi l’Ordine stesso senza temere altre accuse. Ma soprattutto è un ruolo per il quale la responsabilità maggiore sta sulle spalle dei direttori, figure tuttora di grande potere nelle strutture dei giornali e nella creazione di modelli di comportamento, malgrado le invadenze degli editori. Le violazioni, i richiami del Garante, le trascuratezze etiche, le promuovono e le avallano o le disincentivano e le impediscono i direttori, più di chi firma gli articoli e viene poi perseguitato sui social network. Danno la direzione.
Fine di questo prologo.
domenica 15 Gennaio 2023
Il Post ha pubblicato alla fine dell’anno la tradizionale selezione rappresentativa delle prime pagine dei quotidiani, che riassume un po’ il 2022 e un po’ il modo con cui il giornalismo italiano lo ha raccontato.
“Il 2022 è stato soprattutto un anno di prime pagine che hanno annunciato fatti non avvenuti, “notizie che non lo sarebbero state”: la guerra atomica, il ritorno della pandemia e delle sue conseguenze, un inverno senza gas e senza riscaldamento, la “fine di un’era” per molte occasioni, ma anche prospettive fallite più puntuali (“Liz Truss la nuova lady di ferro”). Per diversi mesi senza interruzioni gli spazi maggiori sono stati dedicati alla guerra in Ucraina, comprensibilmente ma con molta stanchezza nelle titolazioni, costrette a una ripetizione circolare delle stesse ipotesi: l’Europa sull’orlo della guerra, l’Italia sull’orlo della guerra, la NATO sull’orlo della guerra, gli Stati Uniti sull’orlo della guerra; oppure spiragli sui negoziati, prove di trattativa; oppure varie giornate “finali” (attacco finale, su tutte)”.
domenica 15 Gennaio 2023
Il giornalista del Corriere della Sera Federico Fubini ha raccontato su Twitter la sostanza di una causa che ha vinto in primo grado contro il direttore della Verità Maurizio Belpietro e altri due giornalisti.
domenica 15 Gennaio 2023
Il quotidiano La Verità sta promuovendo un “crowdfunding” per aiutare economicamente un documentario sulla narrazione della pandemia in Italia (la Verità ha avuto e ha tuttora posizioni critiche sulle limitazioni per limitare i contagi, e sugli stessi vaccini, e ne ha tratto rilevanti successi di diffusione presso una quota di lettori): il giornale vuole che i lettori sostengano ” le spese di produzione di un Docu-film, che riunendo un anno di riflessioni sulle numerose implicazioni della gestione pandemica, costituisce una testimonianza storica di pensiero critico in una fase drammatica della vita del nostro Paese”. Dall’inizio di dicembre sono stati raccolti 900 euro circa.
domenica 15 Gennaio 2023
Il sito Professione Reporter ha riferito di un progetto della direzione del Corriere della Sera per allineare le proprie priorità sul digitale a quelle di Repubblica , ancora considerato “il nostro principale concorrente” malgrado la crisi di diffusione in termini di copie: sul piano del traffico sul sito web Repubblica è infatti tornata da poco a essere in vantaggio sul Corriere . Tra le novità proposte dal direttore Fontana alcune erano già state annunciate in passato (forse non con grandi risultati quindi) e altre suonano necessarie ma piuttosto tardive:
” Sarà potenziata l’attività video, di cronaca, di inchiesta e di approfondimento, sia sul sito, sia nei formati utili per i social network. Saranno programmati prodotti e attività dedicati agli abbonati. Verrà costituito un nucleo redazionale dedicato alle attività Seo (posizionamento nelle ricerche Google), social e Analytics (i contatti di ciascun pezzo), con un responsabile dentro il desk di Corriere.it […] Per fare questo, cambia l’organizzazione del lavoro. Strategico diventa il turno che parte alle 7 del mattino: dovrà essere coperto da almeno il 40 per cento dei giornalisti, nelle diverse redazioni. Alle 7 ci si dovrà presentare con una completa offerta di idee”.
domenica 15 Gennaio 2023
Il quotidiano britannico Independent ha scelto un nuovo direttore, si chiama Geordie Greig ed era stato direttore del Daily Mail fino a due anni fa. L’ Independent è un quotidiano inglese creato 36 anni fa e che ha smesso di uscire “di carta” nel 2016, trasformandosi in un giornale esclusivamente online. Malgrado alcune oscillazioni si è sempre distinto per posizioni tra il progressista e il liberale, con discreti successi in qualche fase di competizione col Guardian in passato, e per un grande spazio dato agli articoli di opinione e alle prese di posizione. Ha avuto alti e bassi di sostenibilità economica negli scorsi decenni ma qualche mese fa ha annunciato un severo programma di licenziamenti: la sua quota maggiore – dal 2010 – è di uno dei più famosi cosiddetti “oligarchi” russi con grossi interessi nel Regno Unito, Alexander Lebedev (formalmente di suo figlio Evgeny).
domenica 15 Gennaio 2023
La riforma Cartabia, tornata a essere molto discussa in questi giorni per un diverso suo aspetto, ha anche introdotto una novità sull’applicazione del “diritto all’oblio”, di cui abbiamo scritto su Charlie altre volte, e che ha complicazioni di attuazione assai maggiori dell’apparente sensatezza del principio. Il Post ha provato a spiegare quel che se ne capisce.
“La persona assolta o per cui è stato deciso dal giudice per le indagini preliminari il non luogo a procedere (quando non ci sono i presupposti per chiedere il rinvio a giudizio e quindi un processo) può chiedere alla cancelleria del giudice presso il quale si è svolto il procedimento sia la preclusione all’indicizzazione, sia l’ottenimento della deindicizzazione” .
domenica 15 Gennaio 2023
Il Comitato di redazione dei quotidiani veneti del gruppo GEDI ( Tribuna di Treviso, Nuova Venezia , Mattino di Padova, Corriere delle Alpi ) si è piuttosto irritato per un uso giudicato eccessivamente frivolo degli account sui social network delle testate in questione. In particolare è stato criticato un post su Facebook che riprendendo un contenuto “leggero” di una radio dello stesso gruppo cercava di creare engagement in modi piuttosto lontani dai ruoli di informazione primari: “Nelle ultime ore sono comparsi post nelle pagine facebook dei nostri giornali di assoluto dubbio gusto. Post traslati sulle nostre pagine dai profili di altri settori del gruppo, e probabilmente calibrati proprio per una utenza diversa da quella dei nostri quotidiani che ogni giorno cercano di caratterizzarsi per qualità e tempestività dell’informazione.
Senza chiamare in causa il tenore dei commenti che ne son seguiti, il Cdr ritiene che queste scelte, chiaramente votate ad acchiappare clic, siano più dannose che fortunate ed evidenzia non debba essere questa la strada per cercare nuovi contatti. Si rischia, al contrario, l’effetto “fuga”. Per tanto il Cdr chiede che simili contenuti non vengano più pubblicati.
Si ribadisce la necessità che l’attività dei social network delle testate sia affidata a professionisti nella valorizzazione delle notizie prodotte dalle redazioni. Cosa peraltro già chiesta all’azienda oltre un anno fa e mai avvenuta nonostante le promesse”.
domenica 15 Gennaio 2023
Il sito francese Mediapart (un progetto giornalistico online creato quindici anni fa da un gruppo di esperti giornalisti provenienti dalla carta stampata, e diventato molto importante e seguito) ha pubblicato un’inchiesta sui contributi pubblici ai giornali in Francia. Interessante per la simile – ma con differenze – condizione dell’Italia, dove una cospicua quota di contributi pubblici viene assegnata ogni anno in gran parte con un criterio di spartizione tra protettorati politici e senza sensibili attenzioni alla qualità delle testate sovvenzionate.
La notizia è che il governo francese ha deciso di destinare 30 milioni di euro in più ai giornali, e soprattutto a quelli cartacei: secondo Mediapart andando ad aiutare in gran parte “i miliardari che possiedono i giornali beneficiati” (anche in Italia, come per esempio nel caso di Libero o di Avvenire , a ricevere le sovvenzioni maggiori sono testate di proprietà di editori con grandi disponibilità di denaro): stando ai dati del 2021, “quattro miliardari, che non hanno nessun bisogno di essere aiutati dallo stato, si dividono soltanto tra loro 37,7 milioni di euro dei 92,8 di aiuti diretti distribuiti”. Mediapart propone che i contributi non siano diretti (soldi dati agli editori) ma indiretti, ovvero creando le condizioni perché i costi siano minori o i ricavi incentivati, per tutti.
L’altra obiezione dell’articolo è che gli aiuti – in una lettura del tutto anacronistica – privilegino i giornali cartacei e i loro costi di produzione aumentati quando secondo i dati di Mediapart i quotidiani venderebbero in edicola circa 150mila copie (contro il milione e 335mila del 1990), rendendo del tutto sproporzionato l’investimento su un settore che ormai costituisce una frazione assai ridotta dell’informazione del paese (anche i parziali successi di alcune grandi testate tradizionali in questi anni sono stati tutti digitali). E creando una distorsione di concorrenza a sfavore dell’innovazione proposta dai progetti online.
“Immaginate che nel diciannovesimo secolo, nel pieno della rivoluzione dei trasporti, Napoleone III abbia cercato di frenare l’espansione della ferrovia investendo cospicuamente nella diligenza”.
domenica 15 Gennaio 2023
E in questo caso esemplari di un giornalismo che non è più abituato a dedicare del tempo non solo a impegnative investigazioni e verifiche sul campo, ma anche a controlli telefonici od online piuttosto sbrigativi. Il Foglio ha raccontato martedì come una notizia che aveva avuto spazio e attenzioni su diversi quotidiani e siti il giorno prima – l’aumento del prezzo del diesel fino a 2 euro e mezzo – fosse infondata e ignota agli stessi benzinai.
“Nessuno – né i giornali che hanno amplificato la notizia, né i ministri che l’hanno presa sul serio, né i rappresentanti dell’opposizione che ne hanno fatto argomento di polemica contro il governo – si è preso la briga di verificarla. Eppure sarebbe stato semplice: sul sito del ministero delle Imprese (lo stesso dove alberga Mister Prezzi) vengono quotidianamente raccolti e pubblicati i prezzi dei carburanti in tutti gli impianti della Penisola . Chi ha scarsa dimestichezza con internet, poteva andare a verificare nella stazione di rifornimento più vicina. A ogni modo la risposta è la stessa: i prezzi che i consumatori pagano sono ben lontani dai 2,5 euro (lunedì nella maggior parte degli impianti, anche autostradali, si girava intorno agli 1,8-1,9 euro)”.
Un altro elemento della storia utile a capire meccanismi pigri nelle redazioni è quello che il Foglio aggiunge sulla fonte della notizia:
“Come spesso accade, i primi a parlarne sono stati quei burloni del Codacons , che hanno citato alcuni casi (nessuno dei quali, peraltro, arrivava a 2,5 euro). Si tratta di casi estremi, caratterizzati o da alti costi di logistica (le isole) o da elevati costi gestionali (gli impianti autostradali che devono versare le royalty ai concessionari dell’infrastruttura). E in ogni caso non si parla mai di self service, ormai la modalità prevalente, ma di servito. Ma il problema, in fondo, non è il Codacons che usa ogni occasione per ottenere un po’ di visibilità. Il problema sono i giornali che danno spazio e credibilità al Codacons, senza sforzarsi di verificare le notizie”.
domenica 15 Gennaio 2023
Due settimane fa è sembrato che si stesse concludendo la vendita del Giornale , il quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi che è stato – secondo solo alle sue televisioni – l’organo di informazione del percorso politico di suo fratello Silvio per oltre quarant’anni. Il Giornale era stato fondato dal giornalista Indro Montanelli nel 1974, e la sua maggioranza era stata acquisita dalla famiglia Berlusconi nel 1979. Come avevamo anticipato nei mesi scorsi, la trattativa per vendere è nata soprattutto per il desiderio del secondo azionista (l’editore Mondadori, a sua volta di proprietà della famiglia Berlusconi) di cedere le imprese giornalistiche e concentrarsi di nuovo sui libri, e raccogliendo l’interesse della potenziale nuova proprietà: ovvero la famiglia Angelucci, già proprietaria di Libero e del Tempo, e il cui maggiore responsabile è anche lui parlamentare del centrodestra.
Ma non ci sono state conferme ufficiali sulla conclusione, e quindi è probabile che la decisione sia stata anticipata troppo frettolosamente (dallo stesso vicedirettore del Giornale).
domenica 15 Gennaio 2023
ENI è probabilmente il maggiore inserzionista pubblicitario sui quotidiani e sui mezzi di informazione, con campagne ininterrotte durante tutto l’anno e investimenti diversi (ENI possiede anche una propria agenzia di stampa, AGI). Questo la rende una delle aziende verso cui c’è più indulgenza e accoglienza presso i maggiori quotidiani, soprattutto nelle pagine economiche che ospitano con frequenza le comunicazioni promozionali di ENI in forma di articoli. Questa settimana la sovrapposizione è stata più palese sul Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore , che hanno accompagnato alla pubblicazione di una campagna di ENI per la vendita di proprie obbligazioni (uscita su molti quotidiani) anche due articoli dedicati alla stessa iniziativa. Il Sole 24 Ore ha ulteriormente replicato l’accoppiata sabato.
domenica 15 Gennaio 2023
Maurizio Belpietro, la cui società aveva acquistato diverse testate da Mondadori negli ultimi anni, ha comunicato che ne chiuderà due, e altre non sembrano avere promettenti futuri: sono quelle nella società Stile Italia Edizioni, Tustyle , Confidenze , Cucina Moderna , Sale&Pepe e Starbene.
domenica 15 Gennaio 2023
Il quotidiano Domani ha pubblicato sabato una recensione a un volume celebrativo dedicato al settimanale Panorama e pubblicato dalla Fondazione Mondadori ( Panorama è stato venduto qualche anno fa dal suo storico editore Mondadori al gruppo editoriale della Verità , il quotidiano, guidato da Maurizio Belpietro). L’articolo dell’ex giornalista di Panorama Daniele Martini cita una istruttiva serie di regole di scrittura del Panorama novecentesco, assai anomala nel panorama della scrittura giornalistica italiana.
” Sto scrivendo «io» con fatica, contravvenendo a una delle regole ferree del Panorama di allora e cioè che non si doveva mai scrivere in prima persona. Una regola stampata insieme ad altre in un manualetto che ancora conservo con grande affetto in un cassetto della mia scrivania, una sorta di messalino con le regole che i giornalisti avrebbero dovuto rispettare per ottenere uno stile asciutto e uniforme, lo stile Panorama, in grado di rendere il giornale un prodotto informativo unico e riconoscibile.
La filosofia alla base di quella specie di baedeker della scrittura era semplice: noi giornalisti non dobbiamo scrivere per noi stessi o per qualcuno in particolare, secondo i nostri personali gusti, per soddisfare la nostra vanità o per fare sfoggio di erudizione, ma dobbiamo scrivere per il lettore, mettendoci sempre dalla sua parte, in qualche modo al suo servizio. Cercando di capire le sue esigenze, dando per scontato nulla, spiegando in maniera semplice anche ciò che a noi sembra ovvio, ma che può non essere tale per chi ha in mano il giornale e vuole capire bene ed essere informato in maniera puntuale.
Non è il lettore che deve far fatica a leggere, sei tu giornalista che devi far fatica per accertare i fatti e poi per spiegarli in maniera chiara: questa era la filosofia di Panorama. Non c’era niente di pedagogico o di paternalista, si trattava però di un nuovo modo di fare informazione in Italia che ignorava schemi consolidati e almeno nelle intenzioni si rifaceva allo stile dei quotidiani e dei grandi periodici americani, a cominciare da Life che fu il modello del Panorama della prima ora”.
domenica 15 Gennaio 2023
È uscito il primo numero del settimanale L’Espresso “rinnovato”, in conseguenza dell’acquisizione della testata – un anno fa – da parte dell’imprenditore Danilo Iervolino. L’Espresso era stato venduto dal gruppo GEDI (di cui un tempo fu una proprietà così importante da dare il suo nome all’azienda, Gruppo Espresso, prima delle trasformazioni degli ultimi anni) per insoddisfazione dei suoi risultati economici, con polemiche e con le dimissioni del suo direttore Marco Damilano. Un mese fa la nuova proprietà ha licenziato il successore di Damilano, Lirio Abbate, e lo ha sostituito con Alessandro Rossi , generando ulteriori preoccupazioni nella redazione che aveva scioperato facendo saltare un’uscita del giornale, e la rinuncia alla loro collaborazione da parte di alcuni degli autori più noti del giornale, come Michele Serra, Makkox e Michela Murgia. Da oggi è iniziato il nuovo corso del giornale, non nel migliore dei contesti, quindi: il sito Professione Reporter ha elencato una serie di invece entusiaste dichiarazioni della proprietà e della direzione nella conferenza stampa di presentazione.
domenica 15 Gennaio 2023
C’è una studiata pratica linguistica nella scrittura delle cosiddette “marchette” che è interessante segnalare e riconoscere, per capire la sempre maggiore frequenza di queste necessità nei giornali (la volgarità del termine è sdoganata da tempo: è diventato una sorta di termine tecnico per definire gli articoli pubblicati a beneficio di un inserzionista o di un’azienda o ente con cui coltivare buoni rapporti). Mostra la scelta di dedicare il modo con cui viene comunicata una notizia non tanto o non solo al fatto in questione, ma alla generosa intenzione di chi ha generato il fatto, ed è l’espressione “ha voluto”. In questo caso a “ha donato” è preferito “ha voluto donare”, ad enfatizzare il disinteressato desiderio del donatore, un frequente inserzionista pubblicitario.
domenica 15 Gennaio 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di novembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui . Questo mese la sola sensibile eccezione ai continui inesorabili cali rispetto al mese precedente è quella di una piccola crescita del Sole 24 Ore , della Nazione e del Resto del Carlino (sportivi a parte, che trascuriamo perché soggetti a troppe variabili occasionali). Le perdite questo mese non sono molto alte percentualmente, ma le maggiori sono del Fatto e della Verità .
Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, a cavarsela meglio sono il Corriere della Sera e proprio il Fatto e ancora la Verità . Nel caso del primo, il risultato di 6mila copie in più è ampiamente spiegato dalle 11mila che sono state aggiunte alla colonna “copie digitali vendute a un prezzo inferiore al 30% di quello effettivo”: ovvero abbonamenti digitali in offerte scontatissime, che rispetto a un anno fa sono aumentati di ben 11mila unità (quasi 4mila in più poi sono “acquistate da terzi”, ovvero in quantità non singole da aziende, istituzioni e altro) . La stessa cosa vale per il Fatto , che ne guadagna mille nel totale ma quelle digitali quasi regalate sono 5mila in più, e per la Verità (+900 circa, ma +3mila digitali superscontate). La stessa operazione è stata fatta da altri quotidiani: Repubblica e Stampa hanno aggiunto 6mila e 2mila copie digitali superscontate, ma non è bastato a invertire la tendenza al calo, ancora oltre il 10% per entrambe rispetto all’anno prima. Di nuovo, per il terzo mese nel 2022, il Sole 24 Ore supera Repubblica nella classifica, ma contando su una grande quantità di copie “acquistate da terzi”.
Come facciamo ogni mese, consideriamo quindi un altro dato che è più indicativo rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie gratuite o scontate oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):
Corriere della Sera 176.186 (-4%)
Repubblica 106.446 (-21%)
Stampa 77.399 (-13%)
Resto del Carlino 59.662 (-10%)
Sole 24 Ore 60.043 (-11%)
Messaggero 50.997 (-10%)
Fatto 43.246 (-9%)
Nazione 39.317 (-12%)
Gazzettino 36.220 (-9%)
Giornale 29.387 (-12%)
Verità 28.073 (-8%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.547 (+7%)
Avvenire 16.298 (-5%)
Manifesto 12.615 (-1%)
ItaliaOggi 10.475 (+2%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Si conferma quindi un calo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento): e le singole testate possono misurare i loro fallimenti o le attenuazioni dei loro fallimenti su questa media (“successi”, in questo settore non ce ne sono, come sappiamo). Repubblica supera di nuovo il proprio record negativo precedente in questo dato, la Verità continua a ridimensionare i suoi successi dell’anno precedente, e Libero recupera: forse a danno della Verità , che gli aveva sottratto molti lettori, ma non possiamo saperlo. Il dato più preoccupante per Repubblica è che rispetto a un anno fa ha perso diecimila abbonati all’edizione digitale (di quelli che pagavano almeno il 30% del prezzo di copertina): alcuni potrebbero essere passati a un’offerta ancora più scontata, ma ne rimangono sempre alcune migliaia che sono sparite.
Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono ancora quelle dell’ Unione Sarda (-12%), del Piccolo (-14%) e dell’ Arena (-13%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 15 Gennaio 2023
La grande società di media, editoria digitale ed entertainment che si chiama IAC (posseduta da Barry Diller, uno dei più ricchi e noti imprenditori ed editori americani, che ha 80 anni) sta cercando di vendere Daily Beast , che fu uno dei primi e più vivaci giornali online americani, poi portato molto su toni e scelte aggressivi “da tabloid” compresi alcuni scoop rilevanti su politica o celebrities. Il New York Times sottolinea che non sono tempi ottimi per una vendita, perché in questi mesi gli investimenti sulle aziende di informazione si sono molto ritirati di fronte a un futuro poco promettente anche in termini di innovazione nei modelli di business.
domenica 15 Gennaio 2023
Un po’ di aggiornamenti sulle cose uscite o successe mentre Charlie era via.
Hanno aumentato il prezzo delle copie in edicola Le Monde , il Fatto e il Giornale di Brescia .
L’editore del giornale online Open , Enrico Mentana, ha presentato il nuovo direttore Franco Bechis.
Selvaggia Lucarelli, collaboratrice di diverse testate, ha raccontato su Twitter un esemplare caso di allarmismo complottista poi ridimensionato su Repubblica .
È interessante anche il racconto su Twitter del giornalista freelance Lorenzo D’Agostino perché spiega una cosa sempre molto taciuta nelle dinamiche dei giornali: ovvero che avere buone fonti e informazioni importanti nelle istituzioni di sicurezza e giustizia (polizia, carabinieri, servizi segreti, procure, esercito) è possibile quasi sempre a patto di cedere alle suddette istituzioni una quota di autonomia, e dedicare loro indulgenze e promozioni quando richieste.
Un incidente fotografico piuttosto spettacolare sul sito di Repubblica è molto circolato sui social network. Come anche l’insistente promozione sullo stesso giornale della stessa notizia su una giovane imprenditrice.
Il fondatore del sito di news Fanpage – uno dei maggiori successi imprenditoriali nel settore dell’informazione online italiana – ha pubblicato un consuntivo soddisfatto e un richiamo all’importanza del lavoro in presenza.
domenica 15 Gennaio 2023
Il ruolo di “watchdog” dei poteri, come lo chiamano gli americani, attribuito al giornalismo è un terreno di discussione complicato e con molte sfumature, e invece spesso è affidato a semplificazioni e slogan retorici: come confermano le espressioni ancora più teatrali usate in Italia, “sentinella della democrazia”, “cane da guardia del potere”, eccetera. Spostare il messaggio sulla buona informazione da “fattore fondamentale del buon funzionamento delle democrazie” a formule come queste che presuppongono priorità repressive o aggressive, che trasmettono come obiettivo principale l’individuazione del male e la sua persecuzione, sono approcci sicuramente molto attuali e purtroppo tipici di diversi ambiti, ma poco costruttivi: come qualunque strategia che privilegi la repressione rispetto all’educazione. Il giornalismo è soprattutto educazione, per definizione.
Ma la repressione, piano B dell’educazione, ha purtroppo sempre le sue necessità, benché subordinate: e anche sorvegliare i poteri – compreso il proprio, che spesso viene dimenticato – è in effetti un utile ruolo del giornalismo. Ruolo che però non è indebolito solo dalle pretese viltà che spesso vengono attribuite ai giornali, ma anche dalle stesse sfiducia e aggressività nei loro confronti: ci sono estese e fondate critiche puntuali e quotidiane da fare a quello che pubblica e diffonde l’informazione italiana, potenzialmente utili, ma svalutare genericamente l’informazione e il giornalismo, come fanno in molti spesso con superficiale ingenuità o strumentale interesse, significa contribuire a rendere insignificante quel ruolo e i suoi risultati quando arrivano.
La cosa che colpisce del giornalismo d’inchiesta italiano non è l’assenza di svelamenti di pratiche deplorevoli e pericolose, ma quanto questi svelamenti non abbiano conseguenze costruttive, non portino cambiamenti in quelle pratiche: tutto passa, tutto è accettabile, anche quando sta davanti agli occhi, tutto è partigiano. Manca autorevolezza, certo, ma anche disponibilità a riconoscerla quando c’è: non c’entrano solo i giornali, in questo.
Fine di questo prologo.
domenica 18 Dicembre 2022
Charlie si prende una vacanza, e grazie a tutti, che siete tanti, e grazie di essere sia tanti giornalisti e addetti ai lavori, che tanti lettori e utenti dell’informazione che ci tengono a capire meglio come le funzionano le cose che riguardano tutti. Vi rimandiamo al Post per le notizie più importanti intorno ai giornali e al giornalismo, e alla prossima newsletter che arriverà domenica 15 gennaio. Buon Natale.
domenica 18 Dicembre 2022
La giornalista freelance Charlotte Matteini ha pubblicato su Twitter una ricostruzione scettica e critica su una notizia che aveva avuto molte attenzioni su quotidiani e siti di news di questa settimana, quella della ragazza licenziata dal suo lavoro a Gardaland per dei video sul sito OnlyFans.
domenica 18 Dicembre 2022
La settimana scorsa ci era sfuggita la risposta dell’ Espresso , su Twitter, alle accuse mosse dalla giornalista del Foglio Giulia Pompili: ce ne scusiamo, e rimediamo.
domenica 18 Dicembre 2022
“Pazzo per Repubblica” è il nome di un blog che ha poi spostato la gran parte delle sue attività su Twitter, che racconta cose intorno al quotidiano Repubblica con un misto di devozione e spirito critico, aggregando altri lettori affezionati (o delusi) e avendo costruito nel tempo anche un rapporto di complicità con alcuni giornalisti. La settimana scorsa il vicedirettore Francesco Bei gli ha chiesto di smettere di pubblicare su Twitter alcuni contenuti integrali del giornale (una vignetta, in quell’occasione).
La questione della circolazione sui social network o altrove in rete di contenuti dei giornali che altrimenti sarebbero disponibili solo agli abbonati o comunque a pagamento è fonte di confuse polemiche da tempo. Alcuni giornalisti ne sono profondamente irritati, attribuendole un ruolo probabilmente sopravvalutato nel tenere lontani i potenziali lettori dal pagare i giornali o i loro abbonamenti. Altri loro colleghi partecipano disinvoltamente a questa circolazione, offrendo i loro articoli ad altri siti o pubblicandoli loro stessi (i paywall dei giornali limitano molto la visibilità personale dei giornalisti e quella dei loro articoli).
E in queste suscettibilità “Pazzo per Repubblica” si è detto disposto a obbedire alla richiesta, ma ha fatto notare come essa non sia estesa a giornalisti stessi di Repubblica ( compreso l’ex direttore Ezio Mauro), che evidentemente ritengono che non siano manciate di singoli articoli sui social network a trattenere le persone dal pagare per i giornali.
domenica 18 Dicembre 2022
L’ottovolante di scelte umorali del nuovo proprietario di Twitter, Elon Musk, ha coinvolto più sostanziosamente il sistema dell’informazione negli ultimi giorni, quando Musk ha deciso di sospendere gli account di alcuni giornalisti che avevano scritto su di lui cose che non aveva apprezzato. Gli account sono stati riattivati il giorno dopo, in seguito a una delle improvvisate consultazioni di Musk sullo stesso Twitter.
domenica 18 Dicembre 2022
A proposito delle querele per diffamazione nei confronti dei giornali e dei giornalisti, il Foglio ha pubblicato un breve articolo – che ammette per primo l’opportunità di maggiori approfondimenti – citando una ricerca sulla “quantificazione del danno alla reputazione” compiuta su 620 sentenze del Tribunale civile di Roma emesse tra il 2015 e il 2020.
“in quasi i due terzi dei casi (405 su 628) le richieste di risarcimento sono respinte […] le richieste di risarcimento di politici e imprenditori non sono accolte sovente (solo nel 31 e nel 34 per cento dei casi); lo sono, invece, quelle dei sindacalisti (il 60 per cento dei 5 casi esaminati) e dei magistrati (il 71 per cento dei 73 casi), per i quali la media è inversa rispetto a quella generale, pur se le liquidazioni dei danni accordate ai magistrati si mantengono nella media. Il quinto aspetto riguarda i soggetti condannati a risarcire i danni: dopo il gruppo editoriale che pubblica l’Espresso e Repubblica, vi è quello che pubblica Il Giornale, seguito a poca distanza dalla Rcs (Corriere della Sera). L’ultimo aspetto di rilievo riguarda i criteri utilizzati dai giudici, tra i quali spiccano la gravità del fatto addebitato, la diffusione del mezzo e la qualità della persona offesa.”.
domenica 18 Dicembre 2022
Il sito Professione Reporter ha raccontato nuovi sviluppi nell’accidentato percorso di trasformazione di Repubblica di questi tre anni, seguito all’acquisizione del gruppo editoriale da parte della famiglia Agnelli-Elkann e alla nomina del direttore Maurizio Molinari. In una riunione giovedì scorso i vicedirettori Francesco Bei e Carlo Bonini hanno presentato alcuni nuovi progetti.
“Due gli obiettivi generali. Il primo, far decollare gli abbonati digitali con “un traffico di qualità” e non un traffico qualsiasi, come finora. Il secondo, offrire sulla carta qualità e radicalità di scelte, per motivare all’acquisto. I vicedirettori -riferisce il Cdr- hanno dichiarato la fine del quotidiano “Omnibus”: Repubblica di carta “non avrà più l’ambizione di informare su tutto come è stato il giornale di Scalfari ed Ezio Mauro”. Hanno parlato di un ritorno alle origini del ‘76, quando Scalfari voleva proprio un quotidiano di grandi scelte, senza Sport, Spettacoli, Cronaca. Che non incontrò grande favore e fu quindi pian piano modificato.
[…] Il giornale di carta si farà così: per il 70-80 per cento con i contenuti già pubblicati sul web, per il 20 per cento con commenti o esclusive. Come campagne su temi sociali, per onorare “la funzione civile del giornalismo”.
L’obiettivo di diffusione del giornale di carta non è maestoso: “Perdere non più della media del mercato” (quindi il 9-10 per cento). Ma -nota il Cdr- purtroppo per ora Repubblica perde molto più di tutti gli altri, meno 17 per cento il dato di ottobre.
[…] Bei e Bonini hanno comunicato di aver chiesto al Direttore Molinari di chiudere l’esperienza delle firme in condominio con la Stampa, che appartiene pure a Gedi. Nell’ottica di rafforzare l’identità de la Repubblica “.
Professione Reporter riferisce anche di un forte contrasto tra il vicedirettore Bonini e il comitato di redazione intorno alla competizione di Repubblica con il Corriere della Sera.
domenica 18 Dicembre 2022
È ripartito il progetto di fusione tra Audipress e Audiweb, i due enti che misurano – in funzione soprattutto del mercato pubblicitario – i numeri di lettori dei giornali e dei siti web. È una questione importante e delicata che avevamo raccontato l’anno scorso e che poi si era arenata.
domenica 18 Dicembre 2022
Una delle notizie di questa settimana nel mondo dell’informazione americana è un’ennesima notizia di licenziamenti: però riguarda il Washington Post , testata tra le più importanti e soprattutto una testata che fino a pochi mesi fa proclamava ottimi risultati. Negli ultimi tempi il giornale aveva chiuso diverse sezioni e aveva già annunciato l’eliminazione di “posizioni” all’interno del giornale: il Washington Post è di proprietà di Jeff Bezos, il creatore di Amazon. L’ultimo annuncio di tagli è stato molto preoccupante e irritante per la redazione (i grandi giornali americani riferiscono delle scelte dei propri editori non attraverso comunicati della redazione, come da noi, ma attraverso comuni articoli dedicati, come se scrivessero di altri): il rappresentante dell’editore Fred Ryan ha convocato una riunione interna in cui ha spiegato con intenzione rassicurante che la riduzione sarà inferiore al 10% del totale dei dipendenti (più di duecento persone, quindi) e ha lasciato la sala rifiutando sprezzantemente di rispondere alle domande dei dipendenti, che sono molto seccati .
Un aspetto interessante della questione è che l’azienda sostiene che procederà a nuove assunzioni per investire in attività e settori più adeguati al cambiamento delle abitudini dei lettori e alle prospettive del giornalismo, e che il numero totale dei dipendenti non diminuirà nell’anno che viene. Ovvero che saranno licenziati giornalisti e dipendenti dedicati a sezioni e attività ritenute anacronistiche o in perdita e ne saranno assunti di nuovi per funzioni più contemporanee e promettenti, a giudizio dell’azienda. Cosa possibile in un sistema come quello americano, nel quale anche nei giornali c’è una grande libertà di licenziamento (in questi mesi ha riguardato anche giornalisti di fama) e piuttosto che cercare di riconvertire i dipendenti assunti, si eliminano quelli ritenuti inadeguati a funzioni nuove e se ne assumono di altri con diverse attitudini o competenze.