Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 19 Febbraio 2023
Una polemica a proposito del New York Times ha mostrato la contraddizione tra due valori apparentemente apprezzabili ma che appunto possono entrare in conflitto quando si tratta di aziende giornalistiche, ovvero luoghi dove l’espressione e il confronto di opinioni è parte del “core business”. Ben duecento persone, molte delle quali collaboratrici del giornale e alcuni persino giornalisti del New York Times, hanno firmato una lettera di protesta contro i modi in cui il giornale stesso parla delle persone trans e non binarie: “trattando la diversità di genere con uno sgradevolmente familiare mix di pseudoscienza e linguaggio eufemistico e allusivo” e facendo il gioco di associazioni e persone dedicate ad accusare le persone trans di essere una minaccia. La lettera cita esplicitamente alcuni articoli e i loro autori.
Il giornale non ha risposto pubblicamente ma il direttore e la direttrice della sezione delle opinioni hanno firmato una comunicazione interna che respinge le accuse e rivendica l’accuratezza e l’impegno del giornale sui temi di genere in questione, ma che soprattutto è molto severa nei confronti dei giornalisti che si sono aggregati alle accuse contro i loro colleghi e contro il giornale. Il conflitto sui diritti e sull’impegno civile all’interno del New York Times era stato molto vivace negli anni passati, ma si era attenuato dall’insediamento del nuovo direttore Joe Kahn, che aveva manifestato da subito l’intenzione di ridimensionare le ambizioni di una classe più giovane e nuova di dipendenti di intendere il giornalismo in forme più militanti.
domenica 19 Febbraio 2023
A proposito dei dati Audiweb, è il caso di dare una piccola spiegazione sul valore dei numeri che citiamo su Charlie. Che riguardano i tre principali formati su cui si misurano i risultati quantitativi e commerciali dei progetti giornalistici vecchi e nuovi (quelli qualitativi sono un altro paio di maniche, non necessariamente in relazione). Ovvero le copie di carta dei giornali, le loro riproduzioni digitali (che in rari casi esistono in assenza di quelle di carta) e i siti web.
Questi tre formati di pubblicazione dei contenuti dei giornali vengono misurati, in Italia, così:
– ADS conta le copie di carta “diffuse” (affidandosi, con qualche strumento di verifica, alle testate stesse): distinguendo tra quelle pagate da singoli acquirenti in edicola, quelle comprate in quantità maggiori da enti o aziende, quelle distribuite gratuitamente o con grandi sconti sul prezzo.
– ADS conta anche (affidandosi, con qualche strumento di verifica, alle testate stesse) gli abbonamenti pagati che consentono l’accesso alle copie digitali: che vengono pagate – a differenza di quelle di carta – quasi tutte da abbonamenti, non da singoli acquisti. E quindi a prezzi più bassi di quello di copertina, e con garanzie molto minori di effettiva lettura o sfoglio da parte degli acquirenti, rispetto a quelle cartacee.
– Audiweb invece certifica il traffico sui siti web, che in questo caso sono utenti che non pagano niente, ma che generano indirettamente ricavi attraverso la pubblicità che vedono.
– non esiste invece nessuna certificazione terza sul numero degli abbonamenti ai siti di news: quindi alcune testate dichiarano dei propri numeri non verificabili, molte altre no.
(tra le prime la più attiva è il Corriere della Sera , che ha da poco celebrato con grande pubblicità i “500mila abbonati”, senza chiarire esattamente in quale categoria di abbonamenti ricadano: ma gli ultimi dati ADS indicano circa 110mila “vendite digitali” – di cui 40mila almeno al 30% del prezzo di copertina e le altre 70mila con sconti maggiori – e questo suggerirebbe che 390mila siano abbonamenti ai soli contenuti del sito)
Non è d’altronde semplice contare il dato degli abbonamenti digitali (anche gli americani sono alle prese col problema), che può comprendere offerte diverse tra loro, promozioni gratuite o quasi, abbonamenti in scadenza ma con rinnovo automatico oppure senza, o abbonamenti al sito compresi già nel numero contato come “abbonamenti all’edizione digitale” (già adesso ADS segnala una duplicazione nella colonna “copie digitali abbinate agli abbonamenti cartacei”: con l’anomalia che questi numeri sono molto maggiori di quelli degli abbonamenti cartacei). E se le copie cartacee sono tutto sommato un prodotto concreto e misurabile, avere garanzie sugli abbonamenti digitali effettivamente attivi e venduti crea delle complicazioni di verifica o di privacy.
domenica 19 Febbraio 2023
La società di rilevazione Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a dicembre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). A dicembre, in mezzo a dati generalmente negativi rispetto a novembre, la notizia principale è che Repubblica è di nuovo stata superata dal Corriere della Sera, dopo due mesi in cui gli era tornata davanti (ed è un dato preoccupante per le necessità di Repubblica di dirsi ancora competitiva col Corriere almeno sul web). Altri risultati gravemente negativi sono sempre nel gruppo GEDI e riguardano il “network” dei quotidiani locali e di nuovo lo Huffington Post. Mentre l’aumento maggiore di traffico riguarda il Post, che supera sia i quotidiani locali GEDI che il Mattino .
Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, aveva circa 300mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero, mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna .
(cliccando sulla tabella l’immagine si ingrandisce)
domenica 19 Febbraio 2023
Non è una novità per i lettori di Charlie che ci siano sviluppi delle tensioni e degli scontenti all’interno del gruppo GEDI e in particolare di Repubblica, la sua testata più importante: nel giro di tre anni ci sono stati un drastico benché confuso allontanamento dallo spirito e dal posizionamento “politico” del giornale, un calo drammatico delle copie vendute, un’estinzione della competizione col Corriere della Sera, e più in generale la cessione di testate storiche dell’azienda come l’ Espresso e come diversi quotidiani tra cui il Tirreno di Livorno.
Questa settimana però lo sviluppo ha raggiunto dei toni di scontro senza precedenti finora: con uno sciopero nella giornata di venerdì (per cui i quotidiani non sono usciti sabato) e una serie di comunicati molto polemici e severi, soprattutto intorno al timore che la proprietà possa voler vendere anche le testate maggiori. Ipotesi su cui non c’è nessuna notizia, ma le notizie invece su trattative per la cessione di un nuovo gruppo di quotidiani locali – prospettiva finora esclusa dall’azienda – hanno suggerito alle redazioni che non ci sia molto da fidarsi di nessuna rassicurazione.
“In Gedi manca, invece, il piano industriale che il coordinamento dei cdr chiede da tempo.
In un momento di crisi del settore, l’azienda non solo non ha fatto alcun investimento sui suoi giornali, ma anche la sbandierata volontà di puntare sull’informazione digitale si scontra con una totale assenza di programmazione e strategia: importanti investimenti fatti in un recente passato in questo settore sono stati “sconfessati” da cessioni di centri di produzione ritenuti strategici”.
GEDI, da parte sua, ha risposto con un comunicato piuttosto vago e assai fragile di argomenti, raccogliendo gli esempi di soddisfazione non esattamente tra gli asset centrali del gruppo.
“Affermazioni come quelle contenute nel comunicato pubblicato sono inutilmente allarmiste, contrarie alla verità e ingenerose rispetto ai numerosi progetti innovativi realizzati negli ultimi anni, in tutte le aree del Gruppo, che hanno sempre al centro la qualità del lavoro giornalistico e la professionalità di chi scrive per le nostre testate. Fatti concreti che hanno reso Gedi non solo leader italiano nel digitale, sui social, nei podcast e negli eventi tematici sul territorio, ma anche protagonista nel comparto della stampa tradizionale, come dimostrano i successi di Limes e del settimanale D, a cui si aggiunge il prossimo lancio di Door, per citare alcuni esempi. Gedi assicura la prosecuzione della sua strategia di sviluppo, volta a rafforzare il Gruppo attraverso iniziative ambiziose e lungimiranti”.
domenica 19 Febbraio 2023
Tra le moltissime implicazioni e prospettive create dal perfezionamento delle “intelligenze artificiali” nella scrittura dei contenuti, a cui abbiamo accennato la settimana scorsa, una è la possibilità di produrre infiniti contenuti “a partire da” testi editi protetti da diritto d’autore, ma diversi da quei testi. Aggirando così il rischio di illegalità che attualmente riguarda siti e piattaforme che replicano in parte o del tutto articoli sottratti ai siti originali. Se un altro sito pubblica tal quale un articolo di Massimo Gramellini per il Corriere della Sera , il Corriere della Sera ha gli strumenti legali per ottenerne la rimozione; ma se un altro sito pubblica un riassunto dell’articolo di Massimo Gramellini prodotto da un software, si tratta di un contenuto nuovo e diverso. Solo che ChatGPT e simili questa cosa la possono fare in quantità industriali e potenzialmente infinite, e un sito di riassunti di articoli – una sorta di rassegna stampa totale – potrebbe riempirsi continuamente di centinaia e migliaia di contenuti “originali” a quasi nessun costo.
Di questa cosa cominciano a rendersi conto alcune aziende giornalistiche, che stanno cercando di correre ai ripari: e la questione ha qualcosa in comune con il confronto che ha opposto in questi anni – e oppone tuttora – i giornali e Google sull’uso degli “snippet” dei giornali sulle pagine di Google. Dal Wall Street Journal e da CNN hanno intanto cominciato a protestare per l’utilizzo dei propri contenuti al fine di arricchire l’addestramento di ChatGPT: «Chiunque voglia usare il lavoro dei giornalisti del Wall Street Journal per addestrare l’intelligenza artificiale deve ottenerne regolare licenza da parte di Dow Jones», dicono da Dow Jones, editore del Wall Street Journal. È stata la stessa ChatGPT, interrogata, a confessare la lista delle sue fonti (anche italiane).
domenica 19 Febbraio 2023
Bisogna andarci piano con l’enfasi sulle tendenze (“the next big thing”) ma anche con il ridimensionamento delle tendenze: però c’è una sensazione di ridimensionamento delle ambizioni di successo economico dei podcast, in queste settimane. O meglio, che sia passato il periodo di eccitazione e ricerca e grandi investimenti senza che si siano materializzati grandi ritorni o idee per “monetizzare” i podcast con maggiore sistematicità: e che il mercato si stia “consolidando” e investendo più sui prodotti forti e meno sugli esperimenti a tappeto, più sui podcast a lunga durata che su quelli a breve termine. A scriverne nei giorni scorsi sono stati il Guardian, il New York Times e Semaphor (su Spotify in particolare), tra gli altri. “È finito il tempo dei soldi a caso, quello del denaro buttato lì per vedere se le cose montavano e se il pubblico si sarebbe moltiplicato rapidamente: adesso sono tutti un po’ più prudenti”, ha detto un consulente del settore al New York Times.
domenica 19 Febbraio 2023
Nei giorni scorsi è tornato a circolare tra alcuni account che si occupano di informazione un grafico pubblicato l’anno scorso dal sito Axios, che è utile per avere il quadro delle prospettive dei ricavi pubblicitari dei giornali e per capire perché lo spostare le priorità sugli abbonamenti è diventato indispensabile per tutte le aziende giornalistiche. Il grafico illustrava una delle brevi news di Axios, con il rassicurante titolo di “Negli Stati Uniti i ricavi pubblicitari digitali supereranno quelli della carta nel 2026”. Ma la formulazione era un po’ equivoca, a guardare l’illuminante grafico: la ragione del sorpasso ipotizzato è infatti il crollo dei ricavi sulla carta che scenderebbe sotto quello – stabile, praticamente fermo – dei ricavi dal digitale. La pubblicità online, insomma, non ha prospettive di compensare il declino di quella sulla carta (per molte ragioni: maggiore concorrenza di spazi e contenitori, minor valore delle inserzioni, concorrenza delle piattaforme): e per questo i giornali hanno bisogno di tornare a investire sui rapporti con i lettori molto più che su quelli con gli inserzionisti.
domenica 19 Febbraio 2023
I giornali sono luoghi di lavoro come gli altri, sotto molti aspetti, e i loro funzionamenti e risultati dipendono spesso da meccanismi molto più comuni e incontrollati di quelli che certe dietrologie a volte attribuiscono loro. Le inadeguatezze di certo lavoro giornalistico, per esempio, dipendono da inadeguatezze di preparazione delle persone o delle redazioni che lo producono, molto più che da volontà di forzare la realtà o di influenzare le opinioni dei lettori. Lo ha stabilito anche una ricerca interna di BBC sull’imparzialità del proprio servizio di informazione, che ha dedicato buona parte delle proprie attenzioni a come vengono raccontate le questioni economiche: ha molte cose interessanti, e parlando per esempio delle ingannevoli spiegazioni sul debito pubblico conclude che “alla radice non c’è una partigianeria ma una conoscenza insufficiente delle scelte e del dibattito in proposito. In poche parole, il debito pubblico è un tema controverso. Nel periodo studiato sembra che troppi giornalisti di BBC non ne sapessero abbastanza”. La ricerca prosegue spiegando che l’unica difesa da errori di questo genere è la consapevolezza da parte dei giornalisti dei propri limiti di competenza (la dote maggiore di moltissimi giornalisti è la duttilità, la capacità di dedicarsi agli argomenti più diversi, che inevitabilmente limita la specializzazione) e la resistenza all’inerzia di affidarsi solo alle proprie esistenti e sommarie conoscenze. Buoni giornalisti sono giornalisti che conoscono le proprie ignoranze e studiano continuamente, se i loro giornali gliene danno il tempo e le motivazioni.
Fine di questo prologo.
domenica 12 Febbraio 2023
Giovedì 16 febbraio il direttore del Post Luca Sofri racconta il progetto della rivista del Post “Cose spiegate bene” a Roma alla libreria Spazio Sette, insieme a Ilaria Cucchi e Gianrico Carofiglio per parlare dell’ultimo numero dedicato alla “Giustizia”.
domenica 12 Febbraio 2023
Il dilagare dell’uso dei social network ha progressivamente messo in disparte il ruolo degli spazi di commento dei lettori a margine degli articoli sui siti di news, e negli anni passati siti e giornali online ne hanno approfittato per rimuovere quel servizio, che è faticoso da gestire, costoso, rischioso in termini di responsabilità, e che appunto non è più richiesto come un tempo da parte dei lettori. La settimana scorsa molte testate dell’importante gruppo giornalistico americano Gannett hanno annunciato la rimozione degli spazi dei commenti, invitando a commentare eventualmente sui propri account sui social network o mandando delle email.
domenica 12 Febbraio 2023
Intanto che prosegue le sue estese “collaborazioni” con centinaia di siti di news e testate giornalistiche in tutto il mondo – di fatto dei contributi economici per evitare contestazioni e richieste maggiori – Google ha fatto un accordo specifico con il più importante e famoso giornale del mondo, il New York Times. Per quello che se ne sa, il giornale userà diversi strumenti di Google per le proprie esigenze di promozione, gestione, organizzazione, distribuzione, ma non sono state comunicate cifre.
domenica 12 Febbraio 2023
Sul Corriere della Sera di oggi, domenica, quasi due pagine sono occupate da un bell’articolo non retorico di Marco Imarisio sulle condizioni dei tanti senzatetto che dormono sotto i portici del centro di Torino. Ma nello spazio rimanente della doppia pagina – una colonna – è stato inserito un articolo dedicato al “megayacht” disegnato da Giorgio Armani, e il contrasto fa impressione. Di solito a queste cose si fa attenzione, nelle redazioni (Armani è un importante inserzionista, anche in questi giorni), ma se invece è stata una scelta l’effetto dà in effetti da pensare ai lettori.
domenica 12 Febbraio 2023
Il Post ha raccontato il successo di un sito di gossip e notizie su un genere di celebrities contemporanee, ovvero gli influencer e i personaggi di fama sui social network: “La Novella 2000 del Tremila” è stata di recente acquistata da Mondadori.
“Negli ultimi anni in Italia sono state fondate diverse testate che si prefissano di fare informazione su Instagram e TikTok, cercando di intercettare l’attenzione della cosiddetta generazione Z, nella quale rientrano i giovani nati approssimativamente tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila, che si informa sui social molto più delle altre generazioni. Webboh, però, si distingue perché tratta quasi esclusivamente di un tema molto specifico: articoli su youtuber, tiktoker, persone che fanno streaming su Twitch e altri creatori di contenuti più o meno famosi, sia italiani che internazionali”.
domenica 12 Febbraio 2023
Con una rarissima rapidità, la procura di Lecco sta indagando da venerdì un giornalista del Giorno a proposito di un articolo pubblicato venerdì: le informazioni sono ancora incomplete, ma Daniele De Salvo – riferisce il suo giornale – è stato convocato dai carabinieri “per la notifica dell’apertura di indagini preliminari nei suoi confronti disposte a fronte della “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale””. Il Giorno spiega che gli atti in questione sarebbero quelli a cui De Salvo avrebbe attinto per riferire in un articolo i risultati dell’autopsia sul corpo di una donna trovata morta – per annegamento, riferisce l’autopsia – nella sua auto nel lago di Como.
De Salvo ha raccontato più estesamente quello che è successo e quello che ne sa sul suo profilo Facebook .
I comitati di redazione del Giorno e del quotidiano La Provincia di Como hanno protestato per quella che ritengono una limitazione del diritto di cronaca. Che non è assoluto e può a volte entrare in conflitto con altre norme e criteri che prevalgono, ma in questo caso appare per ora difficile immaginare ragioni in questo senso e che giustifichino tanto tempestivo e intimidatorio impegno da parte della procura.
domenica 12 Febbraio 2023
Quasi tre anni fa si era molto parlato – anche qui su Charlie – della aumentata popolarità delle newsletter e delle opportunità di renderle un business anche grazie a piattaforme apposite che ne facilitano la “monetizzazione”, prima tra tutte quella che si chiama Substack. Poi c’era stato qualche ridimensionamento, e l’eccitazione si era normalizzata, ma questa settimana il sito britannico dedicato all’informazione PressGazette ha raccontato che tuttora ci sono 27 autori di newsletter grazie ai quali Substack ottiene 22 milioni di dollari complessivi di ricavi in un anno, e che per cinque di loro i ricavi superano il milione di dollari annuo.
domenica 12 Febbraio 2023
Il quotidiano Domani è tornato a raccontare la peculiare e discussa figura dell’editore di Libero e del Tempo, Antonio Angelucci, di cui si dice da settimane sia prossimo ad acquistare il Giornale dalla famiglia Berlusconi e che desideri comprare anche la Verità da Maurizio Belpietro, riunendo i tre quotidiani di centrodestra e destra nati l’uno dalla costola dell’altro negli scorsi decenni.
“A sei anni dalla rottura Belpietro e Angelucci rischiano di ritrovarsi nello stesso consiglio di amministrazione un obiettivo ambizioso: creare un polo informativo conservatore e sovranista per fare concorrenza al gruppo Corriere della Sera che diventi il riferimento del nuovo partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, da Roma a Milano. L’influenza tramite la stampa può agevolare la scalata nella sanità privata, settore nel quale Angelucci domina nel centro sud con la sua holding Tosinvest e la fondazione San Raffaele che controllano residenze per anziani e cliniche. Angelucci vorrebbe imporsi anche in Lombardia, dove dominano il Gruppo San Donato e l’Humanitas, proprietà delle famiglie Rotelli e Rocca, potenti tanto quanto Angelucci. Quest’ultimo, tuttavia, può contare sul suo ruolo politico, è in parlamento con la Lega, partito della coalizione di governo e che amministra, e probabilmente lo farà ancora, la regione Lombardia, la terra promessa per chi fa business con la sanità privata”.
domenica 12 Febbraio 2023
Repubblica e Stampa hanno pubblicato questa settimana delle pagine autopromozionali comunicando di avere aderito a un programma di certificazione di “sostenibilità” della carta su cui vengono stampati i due quotidiani. I programmi di certificazione hanno valori arbitrari e “sostenibilità” è un termine sfuggente e abusato, ma un breve articolo su Repubblica ha invece spiegato bene un’ambiguità contenuta nelle pubblicità, distinguendo tra carta riciclata e carta vergine. GEDI continua a usare la seconda, che è prodotta comunque abbattendo gli alberi, ma con garanzie di rispetto di una serie di criteri.
“In base alle caratteristiche di composizione, la carta utilizzata dal Gruppo per le diverse esigenze di stampa si distingue in due macro-tipologie, la carta vergine, prodotta da fibre del legno (pasta meccanica e/o chimica), e la carta riciclata, prodotta da fibre riciclate (pasta disinchiostrata). Sia la carta vergine sia la carta riciclata possono essere certificate; lo standard di catena di custodia Pefc equipara comunque la materia prima riciclata alla materia prima vergine certificata Pefc, considerando la materia prima riciclata a tutti gli effetti come certificata. In tale contesto, e con l’obiettivo di ridurre il proprio impatto ambientale, il Gruppo Gedi da un lato favorisce l’uso di carta riciclata, dall’altro promuove un uso sostenibile delle risorse forestali acquistando carta vergine certificata. Entrambe le scelte hanno lo scopo di alleggerire la pressione che le attività umane esercitano sulle risorse forestali. L’uso di carta certificata garantisce che le foreste siano adeguatamente gestite, manutenute e rigenerate, che la loro biodiversità sia tutelata e che vengano rispettati i diritti, le tradizioni e le possibilità di sviluppo economico delle popolazioni che accanto alle foreste vivono”.
domenica 12 Febbraio 2023
Un articolo sul Guardian ha celebrato – soprattutto nel titolo – il recente successo di Architectural Digest, la storica e centenaria rivista di arredamento e architettura del grande gruppo Condé Nast (che pubblica tra gli altri anche Vanity Fair, Wired, New Yorker , Vogue), che ha anche un’edizione italiana dal 1981 che dichiara 28mila copie cartacee vendute: l’articolo del Guardian è in realtà dedicato in generale alle rinnovate attenzioni nei confronti del mercato immobiliare e delle case delle celebrities, il cui racconto è diventato di gran moda anche presso le generazioni più giovani. E così l’investimento in video online di visite di case di AD – che è sempre stata soprattutto una rivista da coffee table delle case di adulti o anziani agiati – sta pagando in termini di traffico e diffusione sui social network.
domenica 12 Febbraio 2023
Il sito DataMediaHub, che si occupa di business della comunicazione, ha spiegato i dati sugli investimenti pubblicitari sui giornali del 2022, pubblicati da poco.
” Complessivamente, rispetto al 2021 il calo è del 6,1% a valore e del 2% a spazi. Osservando la tendenza nel lungo periodo si ha maggior evidenza di quanto grave sia la crisi dei quotidiani, che pare non avere fine.
Rispetto al 2010 si assiste ad un vero e proprio crollo. A spazi – 41.7% e a valore addirittura la raccolta pubblicitaria si riduce a meno di un terzo di quella che era nel 2010 con un calo del 68%. E tornando ancora più indietro nel tempo la situazione, se possibile, appare ancora peggiore.
Vista la differenza di ben 16 punti percentuali tra il calo a valore e quello a spazi appare evidente come nel tempo le concessionarie di pubblicità abbiano cercato di mantenere gli inserzionisti facendo leva su listini abbondantemente scontati, senza riuscirci. Appare altrettanto evidente come i tanti milioni di euro erogati dallo Stato in credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari non sia servito a nulla. O forse, nella migliore delle ipotesi, ha rallentato il calo negli ultimi anni prolungando l’agonia e nient’altro”.
domenica 12 Febbraio 2023
Alle molte notizie di tagli e licenziamenti nei maggiori gruppi editoriali internazionali degli scorsi mesi si è aggiunta anche quella di ben 1250 licenziamenti progettati da News Corp, il potente gruppo di media di proprietà di Rupert Murdoch, che possiede tra gli altri il Wall Street Journal, il Times di Londra, il New York Post e la casa editrice HarperCollins.
domenica 12 Febbraio 2023
Intanto ci sono assestamenti nel piccolo gruppo editoriale che ha acquistato alcuni dei quotidiani che erano di GEDI negli anni scorsi, che si chiama SAE. Finora la società di imprenditori appositamente costituita non ha mostrato visioni e progetti molto chiari per le testate acquisite, e adesso ha annunciato un accorpamento sotto la stessa direzione dei tre quotidiani emiliani ( Gazzetta di Reggio , Gazzetta di Modena e Nuova Ferrara ) e del Tirreno di Livorno, affidandole tutte a Luciano Tancredi che già dirigeva il Tirreno. Giacomo Bedeschi si sposterà dalla direzione dei tre emiliani a quella della Nuova Sardegna, a Sassari, sostituendo Antonio Di Rosa che era lì dalla precedente gestione.
domenica 12 Febbraio 2023
Le agitazioni di questa settimana al gruppo GEDI (che pubblica Repubblica , Stampa , Huffington Post , diverse testate locali del Nord, possiede anche Radio Deejay e Radio Capital ed è di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann) hanno riguardato la voce circolata – senza nessuna conferma da parte di nessun interessato – a proposito di un’intenzione di vendere altri quotidiani locali. La notizia sarebbe una notizia, perché finora GEDI aveva sostenuto di voler conservare la proprietà delle testate in questione, dopo essersi liberata negli anni passati dei quotidiani locali fuori da quell’area geografica (il Tirreno di Livorno, la Nuova Sardegna di Sassari, tre quotidiani emiliani). Alcuni siti hanno riferito di un’irritazione dei giornalisti GEDI che è stata manifestata con una richiesta di chiarimenti “alla luce delle ripetute e circostanziate ricostruzioni giornalistiche relative a progetti di vendita dei quotidiani del Nordest a cordate di imprenditori e della Gazzetta di Mantova al gruppo Athesis, articoli che fanno seguito a quelli dei mesi scorsi in merito al futuro di Repubblica”. Un comunicato dei Comitati di redazione GEDI ha annunciato riunioni e confronti per la settimana prossima.
Tra i quotidiani di GEDI ci sono il Piccolo di Trieste, la Gazzetta di Mantova, la Tribuna di Treviso.
domenica 12 Febbraio 2023
Abbiamo scritto una volta delle incertezze sugli articoli determinativi da usare o non usare quando si parla delle testate internazionali ( Time , il Times , Le Monde , eccetera) ma anche di quelle nazionali ( Repubblica o La Repubblica ?): e di recente circola un nuovo dubbio su un nuovo quotidiano. Domani o “il” Domani ? La risposta è abbastanza semplice, per chi segue il giornale: a differenza di Repubblica , Fatto e Foglio , la testata di Domani come compare sul giornale non ha nessun articolo determinativo davanti, e ogni volta che il giornale cita il proprio nome lo fa senza articolo (“direttore di Domani “, si dice di Stefano Feltri). Eppure, capita che altri giornali o personaggi pubblici lo chiamino “il Domani ” o usino le relative preposizioni articolate (“del Domani “, “sul Domani “…): lunedì, poi, un articolo di Repubblica ha scelto una terza creativa strada, di chiamarlo Ildomani , adottando così la cacofonica formula del “de” davanti a un articolo.
domenica 12 Febbraio 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di dicembre. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui . A dicembre gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati meno negativi rispetto al consueto, almeno per alcune testate: ma anche a dicembre del 2021 c’erano state piccole inusuali crescite per alcuni dei quotidiani maggiori. Repubblica ha avuto una piccola crescita, e ancora più piccola il Sole 24 Ore e la Stampa ; il Corriere della Sera ha ripetuto i numeri del mese precedente, pressoché identici. Le altre testate hanno avuto variazioni poco significative intorno l’un per cento, con l’eccezione di Avvenire che è calato dell’8,1% e del Messaggero che ha perso il 3%.
Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, diverse testate sono intorno al 10% di declino, che è un po’ lo standard di perdita annua per una buona parte dei quotidiani. Poi c’è il Corriere della Sera che conserva numeri simili ma soprattutto – come nei mesi passati – grazie alle 10mila copie che sono state aggiunte alla colonna “copie digitali vendute a un prezzo inferiore al 30% di quello effettivo”: ovvero abbonamenti digitali in offerte scontatissime, e vediamo sotto come il dato sia diverso se si esclude questa quota. La stessa ragione spiega i risultati positivi del Fatto (7mila copie scontatissime in più rispetto all’anno scorso) e attenua il declino della Verità (2mila), ma non basta invece per Repubblica (6mila) e Stampa (2mila) che malgrado questo perdono entrambe più dell’11% delle copie rispetto a un anno fa.
Infatti, come facciamo ogni mese, consideriamo quindi un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e pagare il giornale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa ):
Corriere della Sera 176.610 (-5%)
Repubblica 109.368 (-20%)
Stampa 78.004 (-12%)
Resto del Carlino 59.808 (-10%)
Sole 24 Ore 59.935 (-9%)
Messaggero 49.962 (-12%)
Fatto 42.192 (-11%)
Nazione 39.021 (-12%)
Gazzettino 36.258 (-9%)
Giornale 29.273 (-12%)
Verità 27.537 (-10%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.920 (+7%)
Avvenire 15.862 (-5%)
Manifesto 12.193 (-5%)
ItaliaOggi 9.127 (-6%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Si conferma quindi un calo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento): e le singole testate possono misurare i loro fallimenti o le attenuazioni dei loro fallimenti su questa media (“successi”, in questo settore non ce ne sono, come sappiamo). Le due eccezioni maggiori – ed è realistico che siano almeno in parte in relazione – sono le perdite più contenute del Corriere della Sera e quelle più gravi di Repubblica , andamento che dura da diversi mesi. Mentre tra le testate più piccole si nota ancora un recupero notevole di Libero (che un anno fa scontava una forte concorrenza della Verità e forse ora sta recuperando nella stessa competizione). Il dato più preoccupante per Repubblica è che rispetto a un anno fa ha perso novemila abbonati all’edizione digitale (di quelli che pagavano almeno il 30% del prezzo di copertina): solo alcuni sono probabilmente passati a un’offerta ancora più scontata, ma ne rimangono sempre alcune migliaia che sono sparite. Anche il Fatto – che ha invece aumentato complessivamente i suoi abbonati digitali – ne ha persi però 4mila verso offerte più scontate.
Tra i quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle del Mattino di Napoli ( -12%), del Tirreno ( -13%) , del Piccolo (-14%) e dell’ Arena (-16%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
domenica 12 Febbraio 2023
Il National Enquirer è un famigerato tabloid scandalistico statunitense, settimanale, che nei decenni (ha 97 anni) si è guadagnato consapevolmente ogni possibile accusa di violazioni etiche: per la implausibilità di molti suoi titoli e storie (che al tempo stesso hanno ottenuto un culto divertito simile a quello che in Italia aveva la rivista Cronaca vera ), per la violenza indiscreta dei suoi gossip sulle celebrità, per le scelte ricattatorie o mercantili con cui decideva cosa pubblicare o cosa no, per le falsificazioni delle notizie e le persecuzioni di molte sue “vittime”. Approcci che gli hanno al tempo stesso dato periodi di grande popolarità, e anche alcuni scoop, oltre a un patrimonio fotografico eccezionale sullo show business americano. L’ultima grana grossa ce l’aveva avuta persino con Jeff Bezos , che ci si era messo in guerra, in una storia che aveva coinvolto accuse anche contro il governo dell’Arabia Saudita. Ma prima c’era stato uno scandalo sull’acquisto da parte del giornale, senza pubblicarla, di una storia imbarazzante per l’allora presidente Trump.
Questa settimana si è saputo che infine il National Enquirer sarà venduto , come da qualche anno aveva chiesto il fondo azionista del gruppo editoriale che possiede la rivista, preoccupato dei rischi e del danno di immagine. Lo comprerà, per poco meno di cento milioni di dollari, una partnership industriale con più pelo sullo stomaco, interessata comunque a un prodotto che è in attivo.
domenica 12 Febbraio 2023
Il sito della rivista specializzata Prima Comunicazione ha pubblicato un programma di revisione del lavoro diffuso mercoledì dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana con l’intento di spostare priorità maggiori sulle attività online: annunciando un obiettivo di crescita – in traffico e in abbonati – del 20% nel 2023 (nel traffico sul sito il Corriere è tornato a essere superato da Repubblica da un paio di mesi). Dopo avere elencato molti punti di sviluppo generici (potenziamento dei video, delle edizioni locali, dell’economia, di “format nuovi”, delle “sezioni del giornale”, del lavoro SEO e social) il documento di Fontana torna su una richiesta molto concreta e poco digitale che da molti anni ricompare e che riguarda il cambiamento di abitudini e orari ancora assai radicati nel lavoro delle redazioni tradizionali: iniziare a lavorare più presto la mattina.
“Il turno che copre dalle 7 la prima parte della giornata, strategico per la quantità e qualità del nostro lavoro digitale, dovrà essere rafforzato con la presenza di una quota del 40% dei giornalisti presenti nelle diverse redazioni. Con i capidesk si metterà a punto, sezione per sezione, la nuova organizzazione, nel rispetto dell’orario di lavoro previsto dal contratto e dagli accordi aziendali […] È molto rilevante presentarsi alle 7 con un’offerta che sia pronta e completa. Ciò comporta la programmazione e preparazione di tutto quello che è possibile già dalla sera prima e l’anticipo alle 6 del mattino di una presenza del desk web, oltre all’attività di caricamento in home che può essere svolta dal collega che copre il super notturno. Dobbiamo recuperare nei tempi di caricamento lo svantaggio che tuttora abbiamo rispetto al nostro principale concorrente”.
Fontana fa poi alcune proposte molto pratiche ma interessanti per mostrare in dettaglio il lavoro di una grande redazione, tra cui soprattutto la riduzione del numero delle pagine del quotidiano (apparentemente con un riequilibrio che favorisca le sezioni più capaci di accogliere inserzioni pubblicitarie) e l’anticipo durante la giornata della preparazione e della “chiusura” delle sue parti che usciranno l’indomani (e dalla mezzanotte in digitale).
“Per favorire la presenza al mattino e alleggerire il flusso e la quantità del lavoro sulla carta si propongono le seguenti azioni:
1) continuerà l’azione di contenimento delle foliazioni sia nel giornale centrale che nei dorsi e nei prodotti settimanali;
2) va reso più semplice e ordinato il flusso del lavoro sulla carta. L’ufficio centrale assieme alle redazioni farà caricare una quota importante delle pagine (circa il 50 per cento) prima dell’ora di pranzo utilizzando i book grafici. Naturalmente è necessario un cambio d’orario sia nelle presenze della tipografia che, in parte, della redazione grafica;
3) la riunione del pomeriggio viene anticipata alle 15 e la chiusura redazionale alle 22, salvo per le pagine dedicate a eventi sportivi o politici serali;
4) le pagine di cultura, spettacoli, parte dell’Economia e altre del resto dello sfoglio, decise dopo riunione del mattino, chiuderanno tra le 20 e le 21;
5) dopo la riunione delle 17,30, o in un altro momento da definire con i responsabili del web e dei diversi canali, si terrà un punto per preparare e programmare la serata e il mattino successivo;
6) l’ufficio centrale dovrà verificare che le pagine vengano cambiate solo nei casi di effettiva necessità legata a notizie rilevanti. Le ribattute notturne saranno limitate solo a cambiamenti davvero importanti, mentre tutti gli aggiornamenti saranno destinati al web;
7) va stabilito un coordinamento stretto carta-web in modo che non ci siano sovrapposizioni e doppioni nel lavoro sullo stesso argomento”.
domenica 12 Febbraio 2023
Se c’è una volta in cui la sovreccitazione enfatica dei mezzi di informazione ha sotto qualche sostanza è questa, quella intorno ai progressi delle “intelligenze artificiali” nelle compilazioni di testi, progressi resi spettacolarmente visibili dal software ChatGPT . Abituati come siamo al sentir gridare al lupo a proposito degli NFT, del metaverso, di Clubhouse, e di molte altre “next big things” estinte o ancora tutte da affermarsi, potremmo entrare in modalità scettica anche su questo. Ma invece stavolta qualcosa sta succedendo, e lo vede chiunque abbia cominciato a fare o osservare esperimenti: sono esperimenti ancora incompleti, ma il bicchiere è mezzo pieno. E non eravamo ancora pronti a riflettere su tutte le implicazioni e a prevedere tutti gli scenari, come ci è spesso già capitato in questi decenni (coi social network, soprattutto). Opportunità e disastri sono dietro l’angolo, e non è detto che immaginarli prima scongiuri i secondi: siamo padroni dei nostri destini fino a un certo punto, da qualche tempo. Ma è sicuramente il momento di immaginare con fantasia le prime, le opportunità, anche per chi ci tiene a una buona informazione, e non solo al risparmio dei costi: le intelligenze artificiali in aiuto della qualità dei contenuti e non solo della loro quantità. Come hanno dimostrato altri settori in passato, l’abbassamento dei costi di produzione e dei costi per gli utenti attraverso un abbassamento della qualità hanno grandi successi e generano crisi e ridimensionamenti, ma creano anche spazio e opportunità per le offerte competitive di maggiore qualità.
Fine di questo prologo.
domenica 5 Febbraio 2023
Da domani lunedì comincia a collaborare col Post Michele Serra, giornalista tra i più noti in Italia e che pubblica ogni giorno la sua trentennale rubrica “L’Amaca” su Repubblica , oltre a collaborare con la trasmissione televisiva “Che tempo che fa”. Serra sarà sul Post l’autore della newsletter settimanale “Ok Boomer!”.
“So che i lettori del Post , nella media, sono più giovani di una ventina d’anni (tanti) rispetto all’attempato pubblico che legge i vecchi quotidiani di carta. Ovvero il grosso del mio pubblico, del quale posso dire: siamo cresciuti assieme. È esattamente per questo che sono molto contento di essere qui: è molto probabile che io debba scombinare certe abitudini e disinnescare certe pigrizie”.
domenica 5 Febbraio 2023
Nelle ultime settimane si sta discutendo molto, nelle redazioni e tra chi si occupa di giornali, delle possibili ricadute sul giornalismo positive o negative dei progressi delle intelligenze artificiali, in particolare dopo le attenzioni sul software che si chiama ChatGPT . Tra i vari timori, i principali riguardano le inesattezze che questi software non riescono a evitare , e la necessità di revisioni attente.
Ma un esempio già molto attuale e semplice di questi rischi è quello che capita con frequenza quando le suddette revisioni non vengono applicate nei confronti di una tecnologia di scrittura già usata da parte dei giornali: ovvero i traduttori online come Google translate. Questa settimana sono state Repubblica e Stampa a inciamparci, pubblicando testi che parlavano di “Antony Sbatti” riferiti al segretario di stato americano Antony Blinken, plausibilmente ripresi da articoli in inglese come questo del Guardian.
domenica 5 Febbraio 2023
Proprio per il valore economico delle attività dei giornali italiani nel vendere libri allegati e promossi dai giornali stessi, di cui abbiamo parlato sopra, i progetti di questo genere sono sempre di più. Il Corriere della Sera – spingendo più avanti la fedeltà al suo recente slogan “La libertà delle idee” – sta ora promuovendo una collana sull’astrologia affidata a diversi autori astrologi, con il claim “cosa ci insegna dell’uomo questa disciplina millenaria”.
domenica 5 Febbraio 2023
Nel nuovo libro di Enrico Franceschini , un’autobiografia della sua carriera giornalistica come corrispondente di Repubblica dagli Stati Uniti, dalla Russia, da Israele e dal Regno Unito, c’è a un certo punto un passaggio dedicato al suo collega Bernardo Valli (ammirato come maestro dalla categoria dei corrispondenti e degli inviati, e da molti lettori) utile a segnalare per contrasto la pigra abitudine tramandata da gran parte della cultura giornalistica italiana che “all’articolo serva una chiusa”: ovvero una frase finale e teatrale di qualche genere che segua la descrizione dei fatti e delle notizie, o le considerazioni necessarie a spiegarli (tra i tanti esempi quotidiani, uno e due sui due maggiori quotidiani di ieri).
domenica 5 Febbraio 2023
C’è stato un “vivace” scambio di tweet tra Stefano Cappellini, caporedattore a Repubblica , e Selvaggia Lucarelli, collaboratrice di vari progetti giornalistici e radiotelevisivi, che nei mesi passati scriveva soprattutto sul quotidiano Domani . Cappellini ha annunciato con qualche sarcasmo il ritorno al Fatto di Lucarelli, Lucarelli ha rilanciato.
La scrittrice Rhiannon Cosslett, commentatrice sul Guardian , ha pubblicato una riflessione personale sul suo rapporto con il possesso di libri raccontando come se ne sia emancipata, e anche dalla relazione identitaria coi libri stessi, e come spesso preferisca regalare i libri che ha già letto a luoghi e istituzioni dove qualcun altro possa beneficiarne, o praticare del bookcrossing . Il Giornale ha pubblicato l’articolo indignato di un suo collaboratore, Francesco Giubilei, che attribuiva al pezzo di Cosslett l’intenzione di “colpire i libri”, “eliminare i libri” e “prendere di mira le biblioteche private”. Cosslett si è chiesta su Twitter se al Giornale non abbiano un traduttore capace di comprendere l’inglese.
domenica 5 Febbraio 2023
Un articolo del Reuters Institute dell’Università di Oxford ha raccontato i risultati del sito di informazione italiano Linkiesta , che dopo undici anni di vita ha rimesso in ordine i conti e aveva chiuso già il 2021 con un piccolo attivo che conta di migliorare nel 2022: soprattutto grazie a una serie di progetti collaterali al sito, pubblicazioni di carta ed eventi. Il direttore Christian Rocca dice di volere ora espandere l’investimento sul ” Club “, un progetto di membership che ha finora raccolto un migliaio di iscrizioni; e che il posizionamento politico credibilmente “antipopulista” è un prezioso asset del giornale.
domenica 5 Febbraio 2023
Secondo una ricerca compiuta dal sito specializzato PressGazette , sulla base dei dati di una società britannica che si occupa di SEO (ovvero del posizionamento delle pagine web sui motori di ricerca), Google avrebbe significativamente diminuito la priorità dei siti di news sulle proprie pagine di risultati di ricerche. In sostanza, quando cercate qualcosa su Google è diventato più raro che i primi risultati che trovate siano pagine di giornali online: almeno nel Regno Unito, ma la ricerca confermerebbe un’impressione generale. Tra l’inizio del 2022 e l’inizio del 2023, per esempio, la visibilità delle pagine dell’ Economist sarebbe calata del 50% e quella del Guardian del 36% (il Guardian resta di gran lunga la testata online con maggiore visibilità nelle ricerche su Google).
Ci sono anche – in quote minori – siti di news che hanno guadagnato in visibilità, ma secondo l’articolo di PressGazette si deve al loro investimento su contenuti meno legati alle news e più ad altre ricerche compiute dagli utenti su Google.
domenica 5 Febbraio 2023
L’AGCOM ha pubblicato un riassunto – che ha voluto definire “focus”, malgrado l’agenzia sia per definizione “garante per le comunicazioni” – degli andamenti negli ultimi anni dei bilanci di un centinaio di imprese nelle categorie industriali di sua competenza (“nei settori delle comunicazioni elettroniche, dei servizi di corrispondenza e consegna pacchi, del settore televisivo e dell’editoria quotidiana e periodica”): e tra queste c’è anche appunto l’editoria di periodici e quotidiani. Tra i dati più vistosi (tutti poco promettenti e indicativi di un declino) c’è che “nel periodo considerato, gli addetti delle principali imprese del settore si sono ridotti complessivamente di quasi 2.400 unità (-16,5%), passando da un totale di circa 14.500 addetti nel 2017 a poco più 12.000 nel 2021. Nel 2021, la flessione su base annua, pari a circa 260 unità, è attribuibile principalmente alle riorganizzazioni aziendali poste in essere dai gruppi GEDI, Arnoldo Mondadori, Hearst Magazine e Monrif”.
Quello qui sotto è invece l’andamento delle due maggiori categorie di ricavo, che generano il 70% del totale (interessante che la terza, quella dell’editoria libraria, rappresenti ben il 13,7% dei proventi per gli editori di giornali).
domenica 5 Febbraio 2023
Gawker è stato uno dei progetti editoriali online di maggior originalità e seguito nel vivace periodo all’inizio del millennio in cui molte nuove cose venivano create approfittando delle nuove opportunità digitali. Faceva un lavoro di informazione indirizzato soprattutto verso la cultura pop e tecnologica e i cambiamenti contemporanei, prendendosi cospicue libertà etiche nel racconto delle celebrities e violando una ricca quota di rigori giornalistici. La sua ulteriore notorietà è legata alla vicenda che portò alla sua chiusura di fatto, dopo una condanna a risarcimenti economici enormi verso il wrestler Hulk Hogan. La testata era stata ricomprata e rilanciata nel 2021 da un nuovo editore, con insoddisfacenti risultati, e ora chiuderà di nuovo.
domenica 5 Febbraio 2023
Da quando il gruppo GEDI è stato acquistato dalla società della famiglia Agnelli-Elkann e a dirigere Repubblica è stato nominato Maurizio Molinari, il quotidiano è in una condizione di permanente disappunto di una parte della redazione rispetto alle scelte compiute sui contenuti e a quelle annunciate sui progetti: si mescolano nostalgie per tempi migliori e identità più battagliere e riconoscibili, e resistenze a cambiamenti necessari ma che la direzione finora non ha mostrato di avere individuato con grande chiarezza e competenza. Quindi il giornale procede un po’ improvvisando le sue scelte e quando la direzione annuncia progetti di maggiori ambizioni riceve critiche e diffidenze senza avere la forza di concretizzarli (il giornale va particolarmente male in numero di copie, ma resta competitivo nel traffico sul web), con continui passi avanti, indietro e di lato.
Giovedì il quotidiano ha pubblicato un comunicato del Comitato di redazione uscito da una riunione della sera prima che aveva nuovamente risposto con grande scetticismo e preoccupazione a nuovi indirizzi proposti dall’azienda in un suo piano. Il sito Professione Reporter (che cita tra le lamentele dell’assemblea anche ” una perdita di indipendenza del giornale, anche rispetto agli interessi diretti e indiretti dell’editore”) riferisce che “la Direzione ha sospeso il piano per un mese [per] aprire una trattativa con il Cdr”.
” L’assemblea ritiene irricevibile un piano generico, lacunoso, mancante delle garanzie relative ai sempre più necessari e improrogabili investimenti a supporto. Un piano, seppur avviato in via sperimentale, con organici inadeguati per imprimere un cambiamento di rotta.
L’assemblea giudica negativamente il voler abbandonare la filosofia di “quotidiano omnibus”, accompagnato da una trasposizione massiccia di contenuti già pubblicati online: significa lasciare ulteriore campo libero al principale concorrente che già oggi, a differenza nostra, registra invece una sostanziale tenuta anche in edicola”.
domenica 5 Febbraio 2023
Per la prima volta nella storia , con l’ingresso nel ruolo di Emma Tucker al Wall Street Journal , da questa settimana tutte e tre le più famose testate economiche del mondo sono dirette da donne: Roula Khalaf al Financial Times e Zanny Minton Beddoes all’ Economist.
domenica 5 Febbraio 2023
Il Dipartimento per l’informazione e per l’editoria del governo ha pubblicato la lista dei contributi pubblici assegnati ai giornali per l’anno 2021: i contributi vengono assegnati in due quote successive ogni anno, e questa è la seconda, che completa il 2021. Il Post spiega di più , Charlie ne ha scritto spesso (l’approvazione delle richieste dipende molto da un accordo implicito tra varie parti politiche per sostenere ognuna questa o quella richiesta), questo è l’elenco delle cifre maggiori.
Dolomiten 6.176.996,03 euro
Famiglia cristiana 6.000.593,06 euro
Avvenire 5.573.240,29 euro
Italia oggi 4.062.533,95 euro
Gazzetta del Sud 4.001.187,87 euro
Libero quotidiano 3.895.331,17 euro
Il quotidiano del Sud 3.696.160,87 euro
Il manifesto 3.318.981,09 euro
Corriere Romagna 2.218.356,97 euro
Cronacaqui.it 2.207.300,07 euro
Il Foglio 1.866.457,98 euro
Primorski dnevnik 1.735.062,72 euro
Il Cittadino 1.424.098,80 euro
Cronache di (Libra editrice) 1.259.956,77 euro
Quotidiano di Sicilia 1.277.423,67 euro
domenica 5 Febbraio 2023
I destini e le prospettive dei quotidiani locali in Italia sono una questione difficile e delicata nel sistema dell’informazione italiana, che ha meno visibilità – per sua natura, locale – delle crisi delle testate nazionali. Ma i quotidiani locali sono tanti e hanno numeri di lettori che diminuiscono ma che restano significativi: tra le prime dieci testate per diffusione quattro sono cittadine, di grandi città; i quotidiani di Cagliari e Udine insieme vendono più del Fatto ; il quotidiano di Bergamo vende più del Giornale e quello di Parma più di Libero .
Ma le fatiche nel ripensarsi e ritrovare un ruolo dei giornali hanno declinazioni particolari per i locali, che hanno bacini di riferimento più limitati e non possono approfittare più di tanto delle opportunità create da internet per raggiungere grandi quote di nuovi lettori: e faticano a essere competitivi sul racconto della contemporaneità, sia perché i loro lettori hanno esigenze minori in questo senso, sia perché le loro redazioni faticano di più a rinnovarsi.
Tra le direzioni che in teoria possono offrire delle opportunità e delle speranze di cui si è più parlato in questi anni c’è quella di arricchire e reinventare il ruolo di servizio delle testate locali: non solo sull’informazione ma anche su altri impegni che le esaltino come riferimento utile o persino indispensabile. Ci sono città in cui questo viene già fatto con sforzo e risultati e altre in cui si è più indietro (servono comunque investimenti, per fare cose nuove e farne di più): non aiuta una cultura non aggiornatissima della maggioranza degli editori vecchi o nuovi .
Un esempio utile viene da una ricerca americana: il panorama dell’informazione “locale” americana è molto diverso dal nostro, lo abbiamo detto spesso, ma in questo caso non sono così importanti le differenze. Come spiega questa sintesi, a fare una differenza sono “un gruppo di WhatsApp che dà informazioni sui servizi cittadini agli immigrati”, “uno studio sulle linee degli autobus”, “un memoriale online sulle vittime del covid della città”, “un coinvolgimento dei cittadini nel discutere le riunioni dell’amministrazione cittadina”, a creare delle opportunità per progetti di “informazione civica”, che facciano funzionare meglio le comunità. Anche, dicevamo, uscendo dal campo più tradizionale dell’informazione, organizzando eventi, offrendo servizi, facendosi mediatori di processi, dando strumenti di cui categorie e comunità abbiano bisogno o vogliano sfruttare. È complicato, richiede sperimentazioni e spese, e teste nuove: ma oltre alle pressioni del mercato, diventare più utili sulle scale piccole potrebbe essere un bello stimolo, in questi tempi faticosi sulle scale grandi.
Fine di questo prologo.
domenica 29 Gennaio 2023
Il quotidiano Domani esiste da due anni e mezzo. Nacque da un desiderio dell’editore Carlo De Benedetti di occupare una parte dello spazio giornalistico lasciato libero secondo la sua opinione dal cambiamento di Repubblica , dopo che Repubblica (e il gruppo editoriale GEDI) era stata acquistata dalle società della famiglia Agnelli: a venderla erano stati i figli di De Benedetti, a cui lui stesso aveva consegnato tutto il gruppo di cui era stato a lungo editore, con acerrime polemiche familiari.
Dopo due anni e mezzo la sostenibilità economica e i risultati dell’impresa non sono chiari (dal punto di vista editoriale il giornale ha occupato uno spazio e produce contenuti rilevanti e competitivi), anche perché i numeri di Domani non sono certificati, né sulla carta né sul web. Ma da tempo l’impressione è che il giornale fatichi ad avere un valido ruolo sul web e sui social network (i suoi contenuti sono tutti a pagamento) e non riesca a raccogliere pubblicità in quote soddisfacenti. In tutta la settimana passata le pagine pubblicitarie vendute sul giornale sono state appena due.
domenica 29 Gennaio 2023
Diversi giornali americani hanno raccontato e discusso, nelle settimane passate, il licenziamento di una docente di storia dell’arte di una piccola università privata del Minnesota in seguito al suo avere mostrato durante una lezione un ritratto di Maometto risalente al XIV secolo, e ritenuto offensivo da alcuni studenti e studiosi musulmani convinti che la loro religione condanni ogni raffigurazione di Maometto.
L’aspetto interessante della storia per questa newsletter – interessante e preoccupante per altri versi – è stato raccontato in un articolo del giornale online New Lines (che aveva rivelato la storia tra i primi): ed è la decisione di quasi tutte le testate giornalistiche che ne hanno scritto di non mostrare il ritratto protagonista della notizia e della polemica (il New York Times l’ha pubblicato solo sul sito, e con le stesse avvertenze usate per le foto macabre o violente). Decisione pavida, secondo l’articolo di New Lines , che censura parte della notizia e discende dallo stesso pensiero che ha orientato l’università nel licenziare l’insegnante.
domenica 29 Gennaio 2023
Secondo il sito di media e pubblicità Prima Comunicazione il sottosegretario Barachini (che è quello che nel governo di occupa di giornali ed editoria) avrebbe detto che “anche l’editoria digitale deve avere il diritto di accesso al finanziamento pubblico”: che è una strana dichiarazione, dal momento che l’accesso al finanziamento pubblico per i giornali online esiste già e si è convenuto da anni che le norme vadano interpretate a comprenderci anche le testate digitali. Ulteriormente discutibile e contraddittoria è un’altra affermazione attribuita a Barachini, ovvero che perché i giornali online ottengano questo contributo “è necessario che sia garantita qualità, un alto valore informativo, un alto contributo culturale e pluralistico. Ed è anche importante che sia in grado di restare sul mercato, altrimenti si tratterebbe di un finanziamento destinato ad alimentare un mondo che non riesce camminare con le proprie gambe”: né l’una né l’altra cosa (qualità e alto valore informativo; sostenibilità economica) sono infatti al momento richieste alle diverse testate non digitali a cui vengono concessi i finanziamenti pubblici.
domenica 29 Gennaio 2023
Il groviglio di interessi e priorità che limita l’autonomia dei maggiori quotidiani dal loro maggiore inserzionista pubblicitario – ENI – questa settimana si è manifestato quotidianamente in molte forme: mentre ENI pagava per avere per due o tre giorni le sue pubblicità ospitate in pagine intere su Corriere della Sera , Stampa , Repubblica , Giornale , Verità , Sole 24 Ore , Foglio , articoli dedicati ai presunti successi e ai risultati di ENI – e sulle stesse iniziative promosse nelle pubblicità – venivano pubblicati su Corriere della Sera , Giornale , Repubblica . Ancora stamattina il Corriere dà evidenza a un nuovo accordo nordafricano di ENI con toni promozionali e senza dare nessuno spazio ai dubbi o alle critiche espressi per esempio nell’analogo articolo del Manifesto .
Su Domani , che ha pubblicato articoli più complessi o critici sulle attività di ENI, ENI stessa non ha comprato nessuna pagina di pubblicità.
Sul Fatto , che ha pubblicato articoli critici sulle attività di ENI, ENI stessa non ha comprato nessuna pagina di pubblicità.
Sul Manifesto , che sabato ha pubblicato un articolo molto critico sulle attività di ENI, ENI stessa aveva comprato quattro pagine di pubblicità.
domenica 29 Gennaio 2023
Il grande gruppo editoriale americano che si chiama Dotdash Meredith ha annunciato il licenziamento del 7% dei suoi dipendenti, ovvero ben 274 persone. Dotdash Meredith si è formata da una fusione nel 2021 ed è a sua volta all’interno della grande corporation IAC posseduta dal miliardario Barry Diller: pubblica molti periodici e siti di news, il più importante dei quali è People , e un anno fa aveva deciso di chiudere l’edizione di carta di Entertainment Weekly .
domenica 29 Gennaio 2023
Michele Serra, uno dei più importanti giornalisti e commentatori italiani, ha dato un’intervista al Foglio (Serra scrive quotidianamente su Repubblica ) a proposito delle discussioni sull’uso delle intercettazioni telefoniche nella quale ha elencato una serie di severissime critiche nei confronti di alcuni aspetti del giornalismo nazionale.
“Noi giornalisti siamo una categoria che confonde spesso la libertà di stampa con l’impunità di casta […] Ovvio che se si scopre che un politico che prende voti come paladino della famiglia tradizionale, e poi nella sua vita privata frequenta i bordelli, o anima orge gay, un interesse pubblico c’è, ed è pure evidente: si tratta di smascherare un ipocrita che inquina il discorso pubblico. Ma in molti altri casi il diritto/dovere di informare c’entra come i cavoli a merenda. Si tratta solo di raggranellare qualche lettore in più, incrementare il voyeurismo di massa, accanirsi contro un avversario politico per il puro piacere di farlo. Con un’aggravante: che la lagna corporativa contro ‘il bavaglio’ approfitta comodamente di una causa nobile e nevralgica, che è la libertà di stampa, la libertà di espressione. Ci sono cronisti di mafia che rischiano la vita, e ci sono giornalisti rovinati economicamente da cause civili micidiali. Parlare solo di intercettazioni è così determinante, o piuttosto è fuorviante? Mi faccio anche un’altra domanda: che cosa attenta di più alla libertà di stampa, eventuali limiti alla pubblicazione di documenti giudiziari, oppure il gigantesco mutamento degli assetti editoriali e del modo di produzione delle ‘notizie’? Molte ‘notizie’ vengono confezionate non più per scelta redazionale ma sulla base di selezioni algoritmiche e pubblicitarie. La decisione di pubblicare qualcosa, e non qualcos’altro, è pesantemente influenzata (eufemismo) dalla dipendenza delle imprese editoriali da vari service esterni alle redazioni. Giudicate voi quanto si è parlato di intercettazioni, nelle ultime settimane, e quanto di questa stravolgente metamorfosi strutturale dell’informazione”.
domenica 29 Gennaio 2023
Una notizia di tre giorni fa riguardava semplicemente un giornale che aveva cominciato a usare TikTok, uno di molti: ma trattandosi del New York Times , ovvero del giornale guardato come un modello di successi e illuminazioni, se ne è parlato abbastanza. Anche il New York Times ha cominciato a usare TikTok , diventando protagonista del dibattito e degli esperimenti su come usarlo da parte dei giornali , con quali priorità e con quali mediazioni e ibridazioni rispetto agli approcci tradizionali del giornalismo.
domenica 29 Gennaio 2023
Il Corriere della Sera è il quotidiano che più si sta impegnando in questi anni nel far diventare i contenuti giornalistici uno strumento di raccolta pubblicitaria, e per darsi una sostenibilità economica ancora molto legata alla pubblicità: da una parte con “contaminazioni” dell’autonomia del giornale dalla pubblicità stessa ( occasionalmente criticate dalla redazione) e dall’altra con investimenti creativi in progetti per mettere il brand e il suo capitale di autorevolezza al servizio di questa raccolta. L’attività principale del suo editore Urbano Cairo, alla quale deve le sue fortune, è peraltro la raccolta pubblicitaria: e su questo ha sia un’inclinazione che una capacità riconosciute.
Un esempio di questo indirizzo è il progetto la cui seconda edizione è comunicata in queste settimane sulle pagine del giornale per la creazione di un “Premio bilancio di sostenibilità” organizzato dal Corriere della Sera , che (sul modello di simili certificazioni esistenti) permetterà di offrire alle aziende interessate un contenuto e un riconoscimento promozionali aumentando e arricchendo al contempo i contatti e le relazioni con le aziende stesse.
domenica 29 Gennaio 2023
Le discussioni pubbliche intorno all’opportunità di diffondere immagini o informazioni di interesse pubblico o giornalistico, ma sulle quali ci sono implicazioni di rispetto della privacy o delle sensibilità personali, si sono molto intensificate in questi anni in cui i lettori hanno lo spazio e la visibilità per esprimere le proprie critiche e reazioni a questo proposito. I giornali hanno spiegato le loro scelte in più di un’occasione ( qui e qui il Post , qui la Stampa ), ricordando che quasi mai succede che una foto “non aggiunga niente” alla comprensione della realtà e dei fatti avvenuti, ma che il tema è soppesare quel valore informativo rispetto appunto ad altri criteri.
Lunedì scorso il Los Angeles Times ha messo in prima pagina una foto in cui si vede l’attentatore della strage di Monterey Park , morto. Ci sono state critiche, e il sito del Poynter Institute per il giornalismo ha spiegato le buone ragioni della scelta.