Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 12 Marzo 2023
Politico è il sito che si è fatto ammirare fin dalla sua nascita, nel 2007, per aver occupato uno spazio autorevole e seguito nel racconto della politica statunitense e degli ambienti di Washington, e che poco più di un anno fa è stato comprato dal grande gruppo editoriale tedesco Axel Springer, che lo ha scelto come elemento principale delle sue ambizioni di espansione sul mercato dell’informazione americana. In questo senso un anno fa era stata nominata executive editor Dafna Linzer, già a NBC News, a ProPublica, al Washington Post: ma lei – che aveva governato il grande scoop di Politico sulla sentenza della Corte suprema sull’aborto – questa settimana ha annunciato che lascerà a fine mese, per dissensi con l’ executive editor Matthew Kaminski.
domenica 12 Marzo 2023
Il sottosegretario con delega all’Editoria Alberto Barachini ha annunciato giovedì un accordo con la Guardia di Finanza per attivare maggiori controlli sulla correttezza delle erogazioni dei contributi pubblici ai giornali (quelli su cui Charlie è stato spesso critico, anche per la vulnerabilità e interpretabilità dei criteri con cui vengono assegnati). Gli interessi politici nell’assegnazione dei contributi in questione sono molto trasversali, quindi è difficile immaginare una reale revisione dello status quo.
I controlli erano stati preannunciati dal dipartimento un mese fa.
“È necessario, infatti, assicurare un meccanismo di controlli adeguato sui soggetti beneficiari, attraverso verifiche ex post e a campione, volte ad accertare che siano state soddisfatte tutte le condizioni previste dalla legge, in mancanza delle quali occorre procedere al recupero delle somme percepite. Ciò anche ai fini delle verifiche e dei monitoraggi da parte della Commissione europea in relazione alle misure sottoposte al regime di aiuti di Stato”.
domenica 12 Marzo 2023
All’interno di quella che è la maggiore priorità di sostenibilità economica dei giornali in questi anni – l’aumento della quota di lettori paganti e la conservazione di quelli esistenti – molte aziende giornalistiche stanno offrendo agli abbonati contenuti o servizi “premium” che rafforzino le loro motivazioni, anche al di fuori dei contenuti giornalistici o informativi. Un primo cerchio concentrico intorno a questi è rappresentato da contenuti editoriali meno legati alle news ma comunque abitualmente coperti dall’editoria giornalistica, come i giochi o la gastronomia, o le offerte cartacee diverse (libri, allegati). Una proposta ancora più indipendente dal core business dei giornali è rappresentata invece da servizi come quello introdotto questa settimana dal Washington Post, che ai nuovi abbonati offrirà l’accesso a Headspace, una popolare app di meditazione, mindfulness e gestione di stress e benessere.
Niente di completamente nuovo: le riviste di carta hanno spesso offerto nel secolo scorso a lettori e lettrici infradito da spiaggia o altri gadget semplicemente “utili”. Ma gli abbonamenti digitali offrono possibilità di “bundle” molto più contemporanee ed estese.
domenica 12 Marzo 2023
Gli sconti sugli abbonamenti alle edizioni digitali dei quotidiani – come abbiamo visto anche parlando di dati di diffusione – continuano a essere una pratica molto sfruttata da alcune testate italiane: è una scelta che permette di aumentare molto il numero degli abbonati, ma con la controindicazione di un ricavo molto esiguo. Le ragioni per cui chi segue questo approccio è disposto ad affrontare questo sacrificio economico sono sostanzialmente due: una è che i grandi numeri di abbonati sono comunque un capitale “vendibile” presso gli inserzionisti pubblicitari e in termini di promozione del brand; l’altra è che “agganciare” degli abbonati gratuiti o quasi è già metà dell’opera, e in prospettiva diventeranno abbonati paganti. O perché apprezzeranno l’offerta, o perché si dimenticheranno di cancellare, o perché la cancellazione gli sarà resa molto difficile con la richiesta di pratiche farraginose e ostili.
Esempi più estremi sia della misura e quantità di questi sconti che della complessità di questi ostacoli si trovano sul web e sui social network, o nelle esperienze di ognuno: il Corriere della Sera ha offerto una “promo Festa della donna valida solo fino all’8 marzo” di accesso al sito per un anno per soli 19 euro e 99, e in un’altra promozione propone anche sei mesi per sei euro . Il gruppo GEDI – che pubblica Repubblica e Stampa – continua invece a pretendere operazioni impegnative per ottenere la cancellazione degli abbonamenti.
domenica 12 Marzo 2023
Lo Hollywood Reporter è una testata americana importante e autorevole nello show business, con una storia quasi centenaria: è stata a lungo un quotidiano del settore, poi una dozzina d’anni fa è passata a una frequenza settimanale – e un sito web – con ambizioni di un pubblico più “largo” di appassionati alle notizie dello spettacolo. È pubblicato da una joint venture di società di cui fa parte il grande gruppo editoriale Penske, che possiede anche Variety e Rolling Stone, tra le altre.
Giovedì è stata annunciata l’edizione italiana del giornale, che avrà una prioritaria presenza online e un’edizione cartacea quattordicinale, e sarà diretta da Concita De Gregorio, giornalista e scrittrice di grande notorietà soprattutto per la sua presenza televisiva e la sua antica e assidua collaborazione con il quotidiano Repubblica: in passato De Gregorio era stata direttrice del quotidiano L’Unità. Il progetto – la prima edizione europea di THR (The Hollywood Reporter) – è una partnership tra l’editore americano e la società italiana Brainstore Media, sviluppata a partire dalla considerazione di un protagonismo dell’Italia nel panorama mondiale del cinema e delle produzioni video.
domenica 12 Marzo 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di gennaio. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. A gennaio gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati nella media dei piccoli alti e bassi mensili consueti. C’è una grossa eccezione data dall’inedita inversione di tendenza di Repubblica, che cresce addirittura del 16,4%: ma è una crescita che si spiega con l’aggiunta, questo mese, di ben 28.600 copie alla colonna “copie digitali promozionali e omaggio”, ovvero abbonamenti all’edizione digitale regalati o relativi a un’offerta sotto a un decimo del valore di copertina. Le altre due cose notevoli sono la crescita del 10,9% del Fatto (6mila abbonamenti digitali in più, dovuti con tutta evidenza all’introduzione di un nuovo paywall e di un nuovo formato di abbonamenti) e la perdita di copie di tutte e tre le maggiori testate legate al centrodestra (Libero, Verità e Giornale), che solitamente si sottraggono copie l’un l’altra: a gennaio hanno perso tutte e tre tra il 2,2% e il 3,1%*.
Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, superano il 10% di perdite in tanti: Stampa, Resto del carlino, Nazione , Giornale e anche la Verità (-11%), che da tempo sta diluendo i suoi grandi risultati degli anni passati. Repubblica ha una piccola crescita, spiegabile come sopra, e il Fatto ne ha una più rilevante (11,2%), spiegabile come sopra: ovviamente più solida e promettente quella del Fatto rispetto a quella di Repubblica. Anche Libero recupera un 3,8%.
Ma, come facciamo ogni mese, consideriamo invece un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 175.795 (-5%)
Repubblica 103.081 (-22%)
Stampa 76.154 (-13%)
Sole 24 Ore 59.200 (-5%)
Resto del Carlino 57.831 (-13%)
Messaggero 50.108 (-12%)
Fatto 48.048 (+0,3%)
Nazione 38.373 (-14%)
Gazzettino 35.899 (-8%)
Giornale 28.442 (-14%)
Verità 26.693 (-20%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.416 (+5%)
Avvenire 15.876 (-8%)
Manifesto 12.238 (-6%)
ItaliaOggi 9.339 (+7,5%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese diversi giornali sono andati sensibilmente peggio, come si vede. C’è poi il caso di Repubblica che questo mese – non contando le copie regalate – aggrava ulteriormente la sua perdita che supera il 22%; e quello della Verità, che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita. In questo contesto, va sempre meno peggio al Corriere della Sera e al Sole 24 Ore, mentre fanno numeri persino migliori di un anno fa Libero , ItaliaOggi e Fatto. Il primo si può dire che “recuperi” rispetto a un periodo assai debole nel 2022, il secondo ha frequenti discontinuità ed ebbe un pessimo gennaio 2022, mentre la “tenuta” del Fatto è spiegata ancora dal nuovo piano di abbonamenti, e sarà interessante vedere se proseguirà o se si attenuerà dopo il primo mese.
Tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle del Tirreno (-13%), del Piccolo (-15%) della Gazzetta di Parma (-15%) e dell’ Arena (-12%), della Nuova Sardegna (-12%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)
* (il dato percentuale del Giornale indicato nella tabella di Prima Comunicazione è errato)
domenica 12 Marzo 2023
A proposito dell’uso delle intelligenze artificiali nella produzione dei contenuti giornalistici, Wired – la testata più illustre e antica tra quelle che si sono occupate delle innovazioni tecnologiche dell’ultimo quarantennio – ha pubblicato una trasparente dichiarazione dei modi in cui intende usare e non usare le tecnologie in questione (“Non pubblichiamo articoli il cui testo sia generato da intelligenze artificiali, se non quando questa generazione sia l’argomento stesso dell’articolo”).
“Questo è Wired , quindi vogliamo essere in prima linea per quel che riguarda le nuove tecnologie, ma anche comportarci eticamente e con la dovuta circospezione. Ecco quindi alcune regole base su come stiamo usando l’offerta corrente di strumenti AI. Siamo consapevoli che ci saranno evoluzioni e col tempo potremmo quindi modificare la nostra prospettiva, e segnaleremo ogni novità in questo articolo”.
domenica 12 Marzo 2023
Che il coinvolgimento di nuovi lettori paganti (che nella transizione dalla carta al digitale sono di fatto abbonati, invece che acquirenti della singola copia) sia ormai da diversi anni la priorità dei giornali in tutto il mondo lo ripetiamo qui sotto per spiegare alcune notizie e storie, e lo abbiamo detto spesso. Lo sviluppo più recente di questa priorità invece è quello che i giornali hanno cominciato a scoprire soprattutto alla fine della pandemia, che aveva portato appunto molti nuovi abbonati a chi aveva saputo essere convincente nel proprio servizio di informazione: ed è la necessità di conservarli, gli abbonati, in tempi di bonaccia. E anche in tempi in cui gli abbonati rivalutano il rapporto tra costi e benefici dei loro investimenti. Si chiama “retention”, questo obiettivo, complementare alla “acquisition”, e ha bisogno di rassicurare gli abbonati sui costi – ma il rischio è abbassare i prezzi fino a svalutare il prodotto e perdere ricavi – oppure sui benefici: convincendoli che di quell’abbonamento non possono fare a meno, per contraddire l’impressione opposta di molti abbonati, ovvero che possano farne a meno.
Il sito del Poynter Institute ne ha scritto martedì: “un abbonato trattenuto vale più di un abbonato guadagnato”, soprattutto perché quello guadagnato – vedi sotto – spesso paga molto meno.
Fine di questo prologo.
domenica 5 Marzo 2023
Il Post ha annunciato che ospiterà cinque stage retribuiti di tre mesi per arricchire potenzialmente la sua rete di collaboratori e collaboratrici. Gli stage seguiti da periodi di inserimenti successivi e poi contratti di praticantato giornalistico sono stati il percorso attraverso cui si è costruita la gran parte della redazione del Post soprattutto nel suo primo decennio. Le istruzioni per candidarsi sono qui.
domenica 5 Marzo 2023
Alfonso Signorini, 58 anni, lascerà la direzione di Chi , la rivista di gossip, celebrities e leggerezze di Mondadori, dopo 17 anni. Mondadori lo ha incaricato di un diverso ruolo nel gruppo (resterà “direttore editoriale” di Chi ) e a dirigere Chi andrà l’attuale vicedirettore Massimo Borgnis, 62 anni.
Secondo i dati più recenti Chi ha una diffusione di quasi 80mila copie, in calo del 7,5% rispetto a un anno fa.
Anche ad Amica – mensile dell’editore RCS, quello del Corriere della Sera – ci sono stati spostamenti simili, con la direttrice Danda Santini che diventa direttrice editoriale, e la direzione passa alla condirettrice Luisa Simonetto.
domenica 5 Marzo 2023
Al Foglio c’è stato uno sgradevole incidente con la pubblicazione di una presunta battuta volgare e omofoba all’interno di un articolo nelle pagine sportive, molto contestata sui social network e anche nello stesso giornale: il direttore e l’autore – sotto pseudonimo – si sono scusati.
domenica 5 Marzo 2023
Natalia Aspesi, una delle più famose e ammirate commentatrici dell’attualità e della cultura nel giornalismo italiano, ha raccontato nella sua rubrica sul magazine di Repubblica, il Venerdì, di avere avuto un ictus. Aspesi ha 93 anni e scrive su Repubblica dalla sua fondazione.
domenica 5 Marzo 2023
Ci sono ancora indizi di difficoltà a Vice, che nacque come rivista negli anni Novanta in Canada, rivolta a un pubblico giovanile con un misto di contenuti giornalistici aggressivi e poco convenzionali e di temi di consumi e mode contemporanee. Nei decenni successivi ha avuto un enorme successo (raccontato con completezza nel libro di Jill Abramson Mercanti di verità, pubblicato in Italia da Sellerio) diventando una società digitale e di produzione video, ma con diverse traversie e alti e bassi, legati anche alle personalità dei suoi fondatori.
Avevamo scritto delle difficoltà della proprietà di Vice a trovargli un acquirente, ma intanto si è dimessa la sua amministratrice delegata, e sarà chiusa la sua edizione francese.
domenica 5 Marzo 2023
Lo scontro al New York Times intorno ai modi in cui il giornale ha affrontato le notizie che riguardano le persone trans sembra aver riattizzato un confronto più complicato che il nuovo direttore del giornale Joe Kahn pareva aver tacitato. Questa settimana non ci sono stati grandi sviluppi, ma sul sito Xtra c’è un buon articolo completo, critico del giornale ma comprensivo delle sue complicate dinamiche. Un buon riassunto è stato pubblicato anche da Vanity Fair americano.
domenica 5 Marzo 2023
Axel Springer è la grande multinazionale tedesca dell’editoria nota per diverse ragioni. Ha una lunga storia di successo editoriale e di potere in Germania, soprattutto attraverso la Bild , il suo tabloid sensazionalistico, e soprattutto con inclinazioni di destra conservatrice. È cresciuta come multinazionale in questo secolo e oggi possiede in Germania anche il quotidiano Welt, e negli Stati Uniti i siti Politico e Insider, oltre al servizio di aggregazione di news Upday che è attivo su tutti gli smartphone Samsung.
Ultimamente i suoi interessi verso il mercato americano sono cresciuti e questa settimana il Wall Street Journal ha raccontato che sono diventati espliciti, con uno spostamento di investimenti dalla Germania agli Stati Uniti: ci saranno tagli alla Bild e alla Welt, con prospettive di estinzione delle edizioni di carta. L’amministratore delegato Mathias Döpfner ha anche parlato di investimenti sui software di intelligenza artificiale per la produzione di contenuti e di spostamenti delle priorità sui siti americani del gruppo con l’intenzione di entrare in concorrenza con il New York Times e con il Wall Street Journal stesso.
domenica 5 Marzo 2023
L’ex direttore dei quotidiani Stampa e Repubblica Mario Calabresi ha pubblicato sulla sua newsletter settimanale la sentenza sulla causa che lo riguardava, promossa contro di lui dall'”Osservatorio giovani editori”. Avevamo spiegato la storia su Charlie del 27 dicembre 2020:
L’”Osservatorio Permanente Giovani-Editori” è un oggetto misterioso nel panorama del business giornalistico italiano: il mistero si deve all’apparente distanza tra la sua straordinaria visibilità – soprattutto presso alcune testate – e capacità di creare relazioni con importanti figure di potere italiane e internazionali, e la poca concretezza e chiarezza dei suoi risultati, che nelle intenzioni proclamate dovrebbero riguardare la lettura dei giornali da parte dei giovani, appunto. Il tutto sintetizzato nella figura del suo fondatore, presidente e frontman, Andrea Ceccherini e nel suo incessante lavoro di autopromozione soprattutto in occasioni fotografiche accanto a vari “potenti della terra”.
Per molti anni quello che se ne sapeva era che il Corriere della Sera, il gruppo Monrif (che pubblica Nazione, Resto del Carlino e Giorno) e il Sole 24 Ore ne erano i principali sponsor e sostenitori, ottenendone in cambio un grosso lavoro di lobbying perché le scuole adottassero copie dei suddetti giornali da far leggere agli studenti. Poi negli ultimi anni sono successe un paio di cose: è stato rivelato lo scandalo dei dati di copie “gonfiati” del Sole 24 Ore – gonfiati per altre vie, ma le copie date alle scuole e conteggiate come vendute sono finite sotto maggiori attenzioni – ed è uscita un’ inchiesta sul Venerdì di Repubblica che ha messo in discussione i risultati accampati dall’Osservatorio con il progetto “Quotidiano in classe” e dipinto il suo fondatore come un capace venditore di fumo e raccoglitore di contributi economici da editori e fondazioni bancarie che verrebbero in cospicua parte dedicati alla prosperità dell’Osservatorio stesso e del ruolo del suo creatore e presidente.
Il presidente Ceccherini ha querelato allora l’autore dell’inchiesta Claudio Gatti insieme all’allora direttore di Repubblica Mario Calabresi e allo studioso di business dei media Pier Luca Santoro, i cui pareri erano citati nell’articolo.
La sentenza, pubblicata mercoledì, non solo ha respinto la richiesta di Ceccherini ma lo ha condannato al pagamento delle spese e di risarcimenti per 42mila euro contro i querelati:
“Tutto ciò considerato, se ne ricava che l’odierna azione non mira a contrastare la diffusione di notizie false negative, ma mira solamente a censurare un giudizio critico e negativo espresso sull’agire degli attori, un agire che proprio perché riguardante le scuole pubbliche italiane e i personaggi pubblici promotori, riveste un’ indubbia rilevanza pubblica; l’azione proposta contro i giornalisti, l’editore e il direttore di Repubblica è dunque risultata palesemente infondata e temeraria, come ripetutamente eccepito dai convenuti, ciò che determina l’applicazione dell’art. 96 comma 3 c.p.c. con condanna dei convenuti al doppio delle spese legali a titolo di indennizzo per abuso del processo, trattandosi di un’azione che poteva essere evitata usando la normale diligenza”.
La parte della sentenza che più conferma i dubbi sull’Osservatorio e sui suoi effettivi risultati è qui.
“gli attori non contestano – mediante, ad esempio, produzioni di segno contrario che pure avrebbero facilmente avuto a disposizione, visto il loro campo operativo – la caduta libera dei dati di lettura della rivista tra i giovani, che era già scarsa prima del progetto del Quotidiano in Classe e che è andata via via scemando nonostante questo progetto; si noti che non risulta che gli attori avessero chiesto nemmeno stragiudizialmente ai convenuti la rettifica dei numeri di cui all’inchiesta giornalistica contenuta nel brano.
Risultano quindi giustificati i dubbi e le perplessità mosse dal giornalista sul proseguire, nonostante questi risultati, dei finanziamenti e affidamenti da parte dei gruppi bancari e finanziari interessati e di società high tech”.
domenica 5 Marzo 2023
«Per essere chiari, le intelligenze artificiali come ChatGPT o Sydney non possono avere emozioni», ha spiegato Emily Bell, ultima di una serie di commenti simili, sul Guardian venerdì. Insieme a Bell – che è un’esperta e stimata studiosa inglese di giornalismo e innovazione – anche molti altri hanno criticato il recente affollamento di articoli suggestivi appartenenti al fortunato format giornalistico “ho-parlato-con-un’intelligenza-artificiale-e-non-avete-idea-delle-cose-sconvolgenti-che-mi-ha-detto”. «Quello che questi sistemi sono incredibilmente capaci di fare è di emulare la scrittura degli umani e di prevedere le parole “corrette” da attaccare insieme: “grandi modelli di linguaggio” che hanno archiviato miliardi di articoli e dati pubblicati su internet. Quindi possono dare risposte alle domande che ricevono».
Accanto a questo ridimensionamento della deriva “emozionale” dell’informazione recente sulle intelligenze artificiali, Bell ha posto il problema dei rischi di affidabilità per il giornalismo – e per le nostre comunità di conseguenza – in termini meno vaghi di come viene fatto spesso: «il problema è che per le intelligenze artificiali la verità non è una priorità». Il loro uso produrrà una mole enorme di contenuti che saranno più che falsi, saranno autonomi dalla realtà e dalla verità come criteri di scelta. E se queste ipotesi sui rischi sembrano vaghe e inutilmente terroristiche, pensate alla leggerezza e all’eccitazione con cui vennero accolte a suo tempo le rivoluzioni dei social network, e a quanto ci abbiamo messo a registrarne una grande quota di controindicazioni ed effetti problematici, capaci di cambiare le convivenze.
Considerare le implicazioni di disinformazione dell’uso delle intelligenze artificiali è una riflessione che non vuole aizzare irrealistici luddismi contemporanei – le cose cambieranno, inevitabilmente – ma che consiglia di pensarci un po’ prima alle cose, stavolta: e provare a essere consapevoli di alcuni aspetti prima di esserne completamente governati. Non governati dalle intelligenze artificiali, che sono software, ma dai comportamenti umani che replicano e da quelli che incentivano.
Fine di questo prologo.
domenica 26 Febbraio 2023
È stato presentato il programma dell’edizione 2023 di ” Pensavo Peccioli ” il festival sull’attualità che si svolge dal 17 al 19 marzo nella città toscana di Peccioli in collaborazione con il Post, e curato da Luca Sofri. Tra gli ospiti ci saranno Francesco Piccolo, Paolo Giordano, Annalisa Cuzzocrea, Vera Gheno, Mario Calabresi, Diego Bianchi, Paolo Nori, Chiara Valerio, Michele Serra, Massimo Mantellini, Marino Sinibaldi, Elisabeth Åsbrink, Olivier Norek, Gaia Tortora, Stefano Boeri, Giovanna Zucconi, Walter Veltroni. E per il Post: Francesco Costa, Ludovica Lugli, Giulia Siviero, Matteo Caccia, Stefano Nazzi.
domenica 26 Febbraio 2023
Le pagine sulla Moda dei quotidiani generalisti sono dedicate quasi esclusivamente alla promozione di brand o prodotti allo scopo di garantire agli stessi quotidiani una quota preziosa di investimenti pubblicitari da quei brand e da quelle aziende: è una forma di “giornalismo” più simile alle promozioni pubblicitarie che non al lavoro di informazione che viene svolto su altri ambiti dell’attualità, e che ha tolto sempre più spazio – in tempi di affanni economici dei giornali – a una ideale autonomia di giudizio e spiegazione delle testate e dei loro giornalisti. La peculiarità di quelle pagine, di quei titoli, di quegli articoli – un giornalismo a sé – è così palese che è tutto sommato ridotto anche il rischio di equivoco da parte dei lettori, che ne hanno quasi sempre consapevolezza. Ogni tanto è utile però trarne qualche esempio ancora più disinvoltamente promozionale del solito per avere presente questa anomalia piuttosto unica tra le varie sezioni di un giornale.
domenica 26 Febbraio 2023
La visita di Joe Biden a Kiev, lunedì, è stata preparata tra mille attenzioni e segretezze: tra le altre cose ha coinvolto due giornalisti, invitati e richiesti anche loro di totale discrezione sul progetto, Sabrina Siddiqui del Wall Street Journal ed Evan Vucc dell’agenzia Associated Press. Le ragioni della loro scelta sono legate a un sistema di regole e consuetudini della copertura giornalistica dei viaggi presidenziali.
Joe Biden, come qualsiasi presidente degli Stati Uniti, è costantemente seguito nei momenti pubblici da un gruppetto di giornalisti (tra i 4 e gli 8 circa) definito “press pool”, che ha poi il compito di mettere in comune e a disposizione immagini e informazioni a beneficio di tutti i mezzi di informazione che per motivi pratici non possono essere sempre al seguito del presidente.
I giornalisti che fanno parte del pool ruotano, sia per quanto riguarda le testate che le singole persone: anche perché è un lavoro che impegna moltissimo tempo. Il presidente viene seguito ogni giorno da quando dichiara di essere in attività la mattina a quando si ritira per la notte. Insomma, testate e corrispondenti fanno a turno. Per esempio, chi fa parte del pool durante un viaggio in Europa come quello della settimana scorsa viaggia sull’aereo presidenziale, mentre chi deve dare il cambio viaggia su un aereo di linea. Chi fa parte del pool ha spesso informazioni logistiche dettagliate e non comunicate pubblicamente, che come da accordi non vengono divulgate, e che servono per motivi organizzativi.
Ma non è stato questo il caso del viaggio a Kiev che è stato tenuto segreto anche al pool fino alle 5 di mattina del lunedì, quando il gruppo del pool ha ricevuto il cosiddetto “pool report”, ovvero una nota stampa che indicava il cambio di piani. I due giornalisti selezionati per seguire Biden erano i primi due nella lista del pool, e sono stati scelti in base alla rotazione, seguendo quindi lo schema dei turni e non altre considerazioni o vie preferenziali.
domenica 26 Febbraio 2023
Charlie cerca di non dare per scontato niente, anche perché i suoi iscritti continuano ad aumentare (grazie). E quindi alcune cose che i lettori più antichi conoscono bene è sempre utile ricordarle, per capire meccanismi e dinamiche importanti nelle scelte dei giornali. Il grande spazio celebrativo dato ai risultati della società automobilistica Stellantis dalle pagine di Economia dei quotidiani Repubblica e Stampa , per esempio, si spiega col fatto che Stellantis e GEDI – il gruppo editoriale che possiede Repubblica e Stampa – appartengono alla stessa proprietà, la società Exor della famiglia Agnelli-Elkann.
Simmetricamente, è difficile non associare l’unico articolo invece dubbioso sulla bontà di quei risultati di Stellantis al fatto che sia stato pubblicato da Domani , il quotidiano nato espressamente per reazione dell’ex editore di Repubblica – Carlo De Benedetti – alla vendita del giornale al gruppo GEDI, e predicando di voler fare concorrenza a Repubblica .
Carlo De Benedetti è invece protagonista del titolo poco benevolente di un articolo sul Fatto – giornale che è stato in polemica con Repubblica sia col passato che col presente editore – scritto da Selvaggia Lucarelli, che ha da poco smesso di collaborare con Domani , il giornale di De Benedetti, ed è tornata appunto a scrivere sul Fatto.
domenica 26 Febbraio 2023
Diverse testate internazionali hanno pubblicato questa settimana delle inchieste sulle pratiche assai poco limpide e sui clienti di un network di società dedicate a “ripulire” il web da articoli indesiderati relativi a quei clienti. In Italia ne ha scritto il sito IrpiMedia.
” c’è un lavorio sotterraneo sugli url – le sequenze di lettere e numeri che identificano univocamente una pagina web – di cui nemmeno gli autori degli articoli o le testate si accorgono. È teso a “screditare” agli occhi di Google le notizie contestate, quindi farle scendere nella classifica dei risultati forniti dai motori di ricerca. Il lavoro è legale, per quanto a volte discutibile: chi cura l’immagine pubblica di aziende e volti noti può trovarsi a cercare di giustificare scelte ingiustificabili o cercare di cancellare indelebili macchie del passato. A svolgerlo al mondo ci sono circa duemila agenzie di “web reputation”.
Solo che alcune, come quella dell’avatar Raùl Soto, adottano tecniche fraudolente per arrivare al loro obiettivo. Negli ultimi anni, l’azienda per cui “lavora” Soto non solo si è specializzata nel manipolare l’indicizzazione dei siti web, ma ha anche cercato in silenzio di acquisire una fetta del mondo dell’informazione. Ha anche gestito clienti “in subappalto”, senza che questi ultimi ne fossero al corrente”.
domenica 26 Febbraio 2023
Sono ancora incerti anche i destini del Giornale , il quotidiano di proprietà di Mondadori e della famiglia Berlusconi sulla cui vendita alla proprietà del quotidiano Libero sono in corso trattative da diverse settimane (a un certo punto date per concluse dallo stesso vicedirettore del Giornale ). Un articolo del Foglio venerdì ha raccontato che Silvio Berlusconi avrebbe rafforzato i suoi dubbi sull’operazione, e che un’eventualità potrebbe essere il suo rimanere nella società con una quota.
” A spingere per la conclusione della trattativa sono i manager del gruppo Mondadori e la famiglia Berlusconi. A chiedere un’ulteriore riflessione al Cav. è il partito convinto che l’acquisto degli Angelucci non sia altro che “un regalo, una dote da consegnare alla premier, un segno dell’uscita di scena di Berlusconi dalla politica”. L’operazione è stata chiamata “Fox Meloni News” e prevede la costruzione, da parte degli Angelucci, di un polo editoriale composto da Giornale, Libero e non si esclude anche la Verità.
La vendita del Giornale si dava per finalizzata dopo le elezioni regionali in Lombardia. Oggi un ripensamento che contrappone i fratelli Berlusconi. Il Cav. avrebbe alzato il telefono e chiesto al management del quotidiano di interrompere la cessione: “Il Giornale è mio”. E’ anche del fratello Paolo Berlusconi. L’altro Berlusconi vuole la vendita. Pure Pier Silvio e Marina Berlusconi sono favorevoli alla cessione. Il padre ha un legame affettivo con il quotidiano ed è rimasto ferito dagli attacchi ricevuti in queste settimane. Le frasi del presidente Zelensky hanno dato forza a quanti nel partito gli ricordano: “Le reti Mediaset non fanno opinione, i quotidiani sì”. A corroborare questa linea di pensiero è la presenza oramai quasi fissa della premier a Rete 4, rete che ha scelto per le sue interviste e che in FI definiscono “Meloni 4”. Per non far saltare la trattativa sia i manager del gruppo Angelucci sia quelli del Giornale ragionano su una soluzione che nel mondo dell’editoria viene definita “una farsa e pure a perdere”. Si lavora a una cessione 70/30. Il 70 per cento agli Angelucci e il 30 per cento alla famiglia Berlusconi. Presidente della nuova società potrebbe essere il fratello Paolo che conserverebbe un ruolo. Serve a dimostrare che Berlusconi non si è sfilato dal Giornale”.
domenica 26 Febbraio 2023
Questa settimana non ci sono stati nuovi aggravamenti dei confronti all’interno del gruppo GEDI e dei suoi quotidiani, e il solo sviluppo pubblico è stato un comunicato dei comitati di redazione del Piccolo di Trieste e del Messaggero Veneto di Udine, due dei quotidiani del gruppo di cui si era ipotizzata la vendita nelle settimane scorse, e che hanno chiesto aiuto al presidente della loro regione. Il presidente Fedriga ha confermato l’interessamento all’acquisto di tutti e sei i quotidiani in discussione da parte di “una cordata di imprenditori veneti” guidata dal finanziere Enrico Marchi.
domenica 26 Febbraio 2023
Il Post ha raccontato più estesamente venerdì il conflitto all’interno del New York Times che Charlie aveva riassunto domenica scorsa. Una lettera firmata da diversi giornalisti e collaboratori del giornale aveva messo in discussione e criticato i modi con cui il giornale stesso si era occupato in passato delle persone trans. Si sono intanto succedute una serie di risposte e di controrisposte che hanno coinvolto la direzione del giornale, altri giornalisti e dipendenti, il sindacato: la sostanza della polemica si è spostata soprattutto sulla difficile convivenza tra la libera e preziosa critica delle scelte del New York Times e la lealtà e correttezza nei confronti del proprio giornale e dei propri colleghi. Da una parte un’idea che “i panni sporchi si lavino in famiglia” e dall’altra il timore che in famiglia i rapporti di potere non consentano di lavarli adeguatamente: in mezzo il sindacato, che dovrebbe tutelare le condizioni di lavoro ma non intervenire a limitare il libero dibattito, e in questo caso le due cose hanno rischiato di sovrapporsi.
domenica 26 Febbraio 2023
Il settimanale Internazionale ha pubblicato il suo numero 1500, e il direttore si è trattenuto un momento a celebrare la scadenza, con legittima soddisfazione per un prodotto giornalistico piuttosto unico e prezioso per qualità e servizio pubblico, in Italia. E a ricordare di quanto lavoro c’è e di quanto ne sono corresponsabili le persone che pagano per goderne, soprattutto quelle che lo fanno con fedeltà.
“Sono mille e cinquecento settimane che un gruppo di persone, all’inizio quattro e oggi quarantatré, legge centinaia di articoli usciti sui giornali di tutto il mondo alla ricerca di quelli più interessanti e sorprendenti […] alla fine succede quello per cui tutto questo esiste e va avanti, e cioè che un certo numero di persone, poche all’inizio e diventate tantissime nel corso delle mille e cinquecento settimane, decide di prendere una copia di Internazionale, sfogliarla, leggerla tutta o in parte, e ripetere lo stesso gesto la settimana successiva; a questi lettori e a queste lettrici, dunque, è il momento di dire: grazie”.
domenica 26 Febbraio 2023
È una specie di déjà vu: in Canada, dove è in discussione una legge per ottenere che i giornali siano compensati dalle grandi piattaforme digitali, modellata su quella approvata a suo tempo in Australia, le piattaforme stanno mettendo in pratica esperimenti di ritorsioni o ricatti (tutti legittimi). Questa volta è Google che ha voluto mostrare alle aziende giornalistiche di avere ancora il coltello dalla parte del manico, almeno una parte del manico: e ha rimosso “sperimentalmente” una gran quota di siti di news dai suoi motori di ricerca e dai suoi servizi di aggregazione di news.
La contesa è quella che sta occupando pensieri e confronti in tutto il mondo da alcuni anni. Google e Facebook (in forme diverse) ottengono traffico e contenuti a partire da “snippets” – ovvero brevi anteprime – di articoli dei giornali online. I giornali chiedono di essere per questo compensati con una condivisione dei ricavi conseguenti. La richiesta ha molte fragilità per come viene formulata: una è che non si capisce perché debbano essere solo i giornali a essere compensati e non qualunque sito i cui contenuti siano aggregati su Google o promossi nelle timeline di Facebook; un’altra è che i giornali vengono già compensati attraverso il traffico che le piattaforme portano loro, e che se le piattaforme decidessero di dire loro “ok, noi possiamo farne a meno, di voi” (come sta provando a minacciare Google in Canada) per i giornali sarebbe un guaio e per le piattaforme assai poco.
Ma è vero che quando qualcuno guadagna molto e qualcun altro è in difficoltà una redistribuzione sarebbe corretta ed equa, soprattutto se quel qualcun altro svolge un prezioso lavoro di servizio pubblico (ora ci arriviamo).
Questa sproporzione di rapporti di forza è stata però ridimensionata negli ultimi due anni dal peso maggiore che le grandi aziende giornalistiche mantengono ancora in un ambito rilevante: quello della politica e delle sue istituzioni. Che in diversi paesi del mondo hanno accolto le pressioni e il lobbying delle aziende giornalistiche e hanno minacciato le piattaforme di interventi legislativi che le costringano a pagare i giornali. In alcuni casi gli interventi ci sono stati (l’Australia per prima), in altri le minacce sono bastate a suggerire alle piattaforme di proporre degli accordi.
Il fatto è che queste leggi o queste minacce hanno avuto come beneficiarie soprattutto le grandi aziende giornalistiche con maggiore potere di pressione, e non necessariamente hanno prodotto maggiore pluralismo, maggiore innovazione, maggiore qualità. E quindi anche dove si è ottenuta questa redistribuzione, non si tratta sempre di una vera redistribuzione a beneficio del servizio pubblico ma piuttosto di una maggiore spartizione tra grandi aziende.
In questo scenario, si è alzato adesso di nuovo il livello dello scontro in Canada.
domenica 26 Febbraio 2023
Leggendo alcune corrispondenze da Mosca e ancora di più ascoltando gli inviati dei telegiornali riferire le notizie sulla guerra dalla Russia si può avere l’impressione di una maggiore indulgenza nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina o di un eccessivo e acritico distacco nel riferire le comunicazioni e le posizioni del regime di Vladimir Putin. È un’impressione obiettivamente fondata, spessissimo queste comunicazioni e posizioni non sono accompagnate dallo scetticismo, dalle verifiche e dalle contestualizzazioni che meriterebbero. La responsabilità però è raramente dei giornalisti, quanto di una situazione di controllo e pressione per chi lavora con l’informazione in Russia, che riguarda anche corrispondenti e inviati stranieri e che si trasforma nei fatti in un ricatto. Ed è un’antica questione, quella relativa al valore giornalistico di racconti di questo genere: può riguardare regimi autoritari ma anche regolamentazioni militari imposte da paesi democratici in stato di guerra (per esempio con i giornalisti “embedded” al fronte). Ma è con i primi che il dilemma è più difficile da superare: quando l’informazione che una testata dà è sottoposta a censure tali da diventare disinformazione, ha ancora senso? Ma, per contro, ci si può arrendere? E abbandonare la comprensione delle cose sul posto, malgrado questa comprensione rischi di non arrivare a chi ascolta o legge? È un prologo coi dubbi, stavolta.
Fine di questo prologo.
domenica 19 Febbraio 2023
Il Post ha pubblicato il nuovo numero (il quinto) della sua rivista monografica Cose spiegate bene, le cui edizioni finora hanno venduto in libreria tra le 15mila e le 25mila copie. “La Terra è rotonda” sarà nelle librerie tra dieci giorni, ma gli abbonati del Post possono già acquistarlo e riceverlo a casa, una modalità che dal primo numero ha generato in ciascuna occasione la prevendita di alcune migliaia di copie. La prima presentazione sarà sabato prossimo alle 10 durante la fiera fiorentina di Testo, con Francesco Costa ed Emanuele Menietti.
domenica 19 Febbraio 2023
Umberto Brindani, 64 anni, tornerà a dirigere Gente (di cui era stato brevemente direttore già nel 2004) dopo le dimissioni della direttrice Rossella Rasulo. Brindani è stato direttore anche di Chi e di Sorrisi e Canzoni , in Mondadori dove prima aveva fatto il vicedirettore di Panorama: ma più a lungo aveva diretto Oggi per dodici anni fino a un anno fa quando Oggi era stato affidato a Carlo Verdelli. Ora Brindani torna a Gente , storico rivale di Oggi, e in vantaggio nei numeri di diffusione del giornale.
domenica 19 Febbraio 2023
Vediamo ogni tanto anche i dati di diffusione dei settimanali italiani, la cui centralità nella produzione di informazione è minore rispetto ai quotidiani, ma che come settore dell’industria editoriale hanno tuttora una rilevanza, seppure ridimensionata dalle crisi di ricavi di questi decenni. Anche in questo caso i dati ADS hanno molte variabili e distinguo, quindi per dare loro qualche omogeneità useremo quelli relativi alle “copie vendute individuali” dei settimanali venduti autonomamente, separandoli da quelli offerti allegati ai quotidiani. Sono i numeri di dicembre, tra parentesi la differenza rispetto a un anno prima.
Sorrisi e Canzoni 344.733 (-9,0%) Mondadori
DiPiù 289.249 (-9,2%) Cairo
TeleSette 255.438 (-7,8%) Universo
Famiglia Cristiana 178.383 (-6,2%) San Paolo
Nuovo 142.060 (-1,2%) Cairo
Gente 141.662 (-11,8%) Hearst
DiPiù TV 139.550 (-9.9%) Cairo
Oggi 133.724 (-10,0%) RCS
Intimità 104.559 (-8,8%) DBInformation
Guida TV 94.550 (-10,8%) Mondadori
Diva e Donna 91.642 (-9,8%) Cairo
Chi 79.413 (-7,5%) Mondadori
Grazia 78.868 (+4,7%) Reworld
Vanity Fair 64.161 (+2,3%) Condé Nast
Donna Moderna 60.130 (-27,7%) Stile Italia
L’osservazione generale più impressionante riguarda la grande diffusione – ancora a dicembre 2022 – dei settimanali dedicati del tutto o prevalentemente a informare sui programmi televisivi e sui loro orari. Per tutti, poi, i declini medi somigliano a quelli dei quotidiani, del 9% annuo (con eccezioni, spesso temporanee e legate a promozioni stagionali). Tra i settimanali allegati ai quotidiani, invece, i risultati maggiori li hanno quelli del Corriere della Sera ( IoDonna e Sette ) rispetto a quelli di Repubblica ( Venerdì, D ed Espresso, tuttora allegato) anche in conseguenza del distacco di vendite tra le due testate maggiori.
domenica 19 Febbraio 2023
Lo spostamento di quote sempre maggiori di lettori dei quotidiani verso le edizioni digitali piuttosto che cartacee (nel caso del Sole 24 Ore e del Fatto sono più le copie digitali in abbonamento che quelle cartacee vendute in edicola) ha come conseguenza anche il progressivo anticipo delle abitudini di lettura: i quotidiani nelle versioni digitali sono disponibili non più alle prime ore della mattina come una volta (o nel cuore della notte, a certi semafori o edicole notturne, nelle città maggiori), ma di fatto la sera prima: sia perché si eliminano i tempi di stampa e distribuzione, sia perché per ragioni di risparmio sul lavoro le aziende stanno anticipando i tempi di chiusura, delegando ai siti web l’aggiornamento più attuale sulle notizie.
Per fare alcuni esempi, il Foglio e Domani sono leggibili già alle 22,30, il Fatto e il Sole 24 Ore vanno online alla mezzanotte esatta, il Corriere della Sera pochi minuti dopo, Repubblica ultimamente entro mezzanotte e mezza, la Stampa poco più tardi.
domenica 19 Febbraio 2023
Molta parte delle sezioni di Economia di diversi quotidiani italiani è in questi anni sempre più appaltata agli uffici stampa delle aziende inserzioniste o comunque in relazioni commerciali importanti per i quotidiani stessi, in conseguenza della sempre maggiore dipendenza delle economie dei quotidiani in questione dai declinanti ricavi pubblicitari: e della difficoltà di questi giornali a spostare radicalmente le proprie priorità di sostenibilità verso le forme di pagamento da parte dei lettori, piuttosto. Tra questi, l’esempio più frequente e palese è probabilmente quello del Corriere della Sera , che molto spesso ha pagine intere della sezione completamente dedicate a ospitare questo genere di comunicazioni.
(sul fronte degli inserzionisti serviti con una contemporanea promozione giornalistica, questa settimana è stata la quasi onnipresente campagna di Poste sull’energia a beneficiare di articoli dedicati dai toni identici)
domenica 19 Febbraio 2023
Una polemica a proposito del New York Times ha mostrato la contraddizione tra due valori apparentemente apprezzabili ma che appunto possono entrare in conflitto quando si tratta di aziende giornalistiche, ovvero luoghi dove l’espressione e il confronto di opinioni è parte del “core business”. Ben duecento persone, molte delle quali collaboratrici del giornale e alcuni persino giornalisti del New York Times, hanno firmato una lettera di protesta contro i modi in cui il giornale stesso parla delle persone trans e non binarie: “trattando la diversità di genere con uno sgradevolmente familiare mix di pseudoscienza e linguaggio eufemistico e allusivo” e facendo il gioco di associazioni e persone dedicate ad accusare le persone trans di essere una minaccia. La lettera cita esplicitamente alcuni articoli e i loro autori.
Il giornale non ha risposto pubblicamente ma il direttore e la direttrice della sezione delle opinioni hanno firmato una comunicazione interna che respinge le accuse e rivendica l’accuratezza e l’impegno del giornale sui temi di genere in questione, ma che soprattutto è molto severa nei confronti dei giornalisti che si sono aggregati alle accuse contro i loro colleghi e contro il giornale. Il conflitto sui diritti e sull’impegno civile all’interno del New York Times era stato molto vivace negli anni passati, ma si era attenuato dall’insediamento del nuovo direttore Joe Kahn, che aveva manifestato da subito l’intenzione di ridimensionare le ambizioni di una classe più giovane e nuova di dipendenti di intendere il giornalismo in forme più militanti.
domenica 19 Febbraio 2023
A proposito dei dati Audiweb, è il caso di dare una piccola spiegazione sul valore dei numeri che citiamo su Charlie. Che riguardano i tre principali formati su cui si misurano i risultati quantitativi e commerciali dei progetti giornalistici vecchi e nuovi (quelli qualitativi sono un altro paio di maniche, non necessariamente in relazione). Ovvero le copie di carta dei giornali, le loro riproduzioni digitali (che in rari casi esistono in assenza di quelle di carta) e i siti web.
Questi tre formati di pubblicazione dei contenuti dei giornali vengono misurati, in Italia, così:
– ADS conta le copie di carta “diffuse” (affidandosi, con qualche strumento di verifica, alle testate stesse): distinguendo tra quelle pagate da singoli acquirenti in edicola, quelle comprate in quantità maggiori da enti o aziende, quelle distribuite gratuitamente o con grandi sconti sul prezzo.
– ADS conta anche (affidandosi, con qualche strumento di verifica, alle testate stesse) gli abbonamenti pagati che consentono l’accesso alle copie digitali: che vengono pagate – a differenza di quelle di carta – quasi tutte da abbonamenti, non da singoli acquisti. E quindi a prezzi più bassi di quello di copertina, e con garanzie molto minori di effettiva lettura o sfoglio da parte degli acquirenti, rispetto a quelle cartacee.
– Audiweb invece certifica il traffico sui siti web, che in questo caso sono utenti che non pagano niente, ma che generano indirettamente ricavi attraverso la pubblicità che vedono.
– non esiste invece nessuna certificazione terza sul numero degli abbonamenti ai siti di news: quindi alcune testate dichiarano dei propri numeri non verificabili, molte altre no.
(tra le prime la più attiva è il Corriere della Sera , che ha da poco celebrato con grande pubblicità i “500mila abbonati”, senza chiarire esattamente in quale categoria di abbonamenti ricadano: ma gli ultimi dati ADS indicano circa 110mila “vendite digitali” – di cui 40mila almeno al 30% del prezzo di copertina e le altre 70mila con sconti maggiori – e questo suggerirebbe che 390mila siano abbonamenti ai soli contenuti del sito)
Non è d’altronde semplice contare il dato degli abbonamenti digitali (anche gli americani sono alle prese col problema), che può comprendere offerte diverse tra loro, promozioni gratuite o quasi, abbonamenti in scadenza ma con rinnovo automatico oppure senza, o abbonamenti al sito compresi già nel numero contato come “abbonamenti all’edizione digitale” (già adesso ADS segnala una duplicazione nella colonna “copie digitali abbinate agli abbonamenti cartacei”: con l’anomalia che questi numeri sono molto maggiori di quelli degli abbonamenti cartacei). E se le copie cartacee sono tutto sommato un prodotto concreto e misurabile, avere garanzie sugli abbonamenti digitali effettivamente attivi e venduti crea delle complicazioni di verifica o di privacy.
domenica 19 Febbraio 2023
La società di rilevazione Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a dicembre. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). A dicembre, in mezzo a dati generalmente negativi rispetto a novembre, la notizia principale è che Repubblica è di nuovo stata superata dal Corriere della Sera, dopo due mesi in cui gli era tornata davanti (ed è un dato preoccupante per le necessità di Repubblica di dirsi ancora competitiva col Corriere almeno sul web). Altri risultati gravemente negativi sono sempre nel gruppo GEDI e riguardano il “network” dei quotidiani locali e di nuovo lo Huffington Post. Mentre l’aumento maggiore di traffico riguarda il Post, che supera sia i quotidiani locali GEDI che il Mattino .
Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, aveva circa 300mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero, mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica e IoDonna .
(cliccando sulla tabella l’immagine si ingrandisce)
domenica 19 Febbraio 2023
Non è una novità per i lettori di Charlie che ci siano sviluppi delle tensioni e degli scontenti all’interno del gruppo GEDI e in particolare di Repubblica, la sua testata più importante: nel giro di tre anni ci sono stati un drastico benché confuso allontanamento dallo spirito e dal posizionamento “politico” del giornale, un calo drammatico delle copie vendute, un’estinzione della competizione col Corriere della Sera, e più in generale la cessione di testate storiche dell’azienda come l’ Espresso e come diversi quotidiani tra cui il Tirreno di Livorno.
Questa settimana però lo sviluppo ha raggiunto dei toni di scontro senza precedenti finora: con uno sciopero nella giornata di venerdì (per cui i quotidiani non sono usciti sabato) e una serie di comunicati molto polemici e severi, soprattutto intorno al timore che la proprietà possa voler vendere anche le testate maggiori. Ipotesi su cui non c’è nessuna notizia, ma le notizie invece su trattative per la cessione di un nuovo gruppo di quotidiani locali – prospettiva finora esclusa dall’azienda – hanno suggerito alle redazioni che non ci sia molto da fidarsi di nessuna rassicurazione.
“In Gedi manca, invece, il piano industriale che il coordinamento dei cdr chiede da tempo.
In un momento di crisi del settore, l’azienda non solo non ha fatto alcun investimento sui suoi giornali, ma anche la sbandierata volontà di puntare sull’informazione digitale si scontra con una totale assenza di programmazione e strategia: importanti investimenti fatti in un recente passato in questo settore sono stati “sconfessati” da cessioni di centri di produzione ritenuti strategici”.
GEDI, da parte sua, ha risposto con un comunicato piuttosto vago e assai fragile di argomenti, raccogliendo gli esempi di soddisfazione non esattamente tra gli asset centrali del gruppo.
“Affermazioni come quelle contenute nel comunicato pubblicato sono inutilmente allarmiste, contrarie alla verità e ingenerose rispetto ai numerosi progetti innovativi realizzati negli ultimi anni, in tutte le aree del Gruppo, che hanno sempre al centro la qualità del lavoro giornalistico e la professionalità di chi scrive per le nostre testate. Fatti concreti che hanno reso Gedi non solo leader italiano nel digitale, sui social, nei podcast e negli eventi tematici sul territorio, ma anche protagonista nel comparto della stampa tradizionale, come dimostrano i successi di Limes e del settimanale D, a cui si aggiunge il prossimo lancio di Door, per citare alcuni esempi. Gedi assicura la prosecuzione della sua strategia di sviluppo, volta a rafforzare il Gruppo attraverso iniziative ambiziose e lungimiranti”.
domenica 19 Febbraio 2023
Tra le moltissime implicazioni e prospettive create dal perfezionamento delle “intelligenze artificiali” nella scrittura dei contenuti, a cui abbiamo accennato la settimana scorsa, una è la possibilità di produrre infiniti contenuti “a partire da” testi editi protetti da diritto d’autore, ma diversi da quei testi. Aggirando così il rischio di illegalità che attualmente riguarda siti e piattaforme che replicano in parte o del tutto articoli sottratti ai siti originali. Se un altro sito pubblica tal quale un articolo di Massimo Gramellini per il Corriere della Sera , il Corriere della Sera ha gli strumenti legali per ottenerne la rimozione; ma se un altro sito pubblica un riassunto dell’articolo di Massimo Gramellini prodotto da un software, si tratta di un contenuto nuovo e diverso. Solo che ChatGPT e simili questa cosa la possono fare in quantità industriali e potenzialmente infinite, e un sito di riassunti di articoli – una sorta di rassegna stampa totale – potrebbe riempirsi continuamente di centinaia e migliaia di contenuti “originali” a quasi nessun costo.
Di questa cosa cominciano a rendersi conto alcune aziende giornalistiche, che stanno cercando di correre ai ripari: e la questione ha qualcosa in comune con il confronto che ha opposto in questi anni – e oppone tuttora – i giornali e Google sull’uso degli “snippet” dei giornali sulle pagine di Google. Dal Wall Street Journal e da CNN hanno intanto cominciato a protestare per l’utilizzo dei propri contenuti al fine di arricchire l’addestramento di ChatGPT: «Chiunque voglia usare il lavoro dei giornalisti del Wall Street Journal per addestrare l’intelligenza artificiale deve ottenerne regolare licenza da parte di Dow Jones», dicono da Dow Jones, editore del Wall Street Journal. È stata la stessa ChatGPT, interrogata, a confessare la lista delle sue fonti (anche italiane).
domenica 19 Febbraio 2023
Bisogna andarci piano con l’enfasi sulle tendenze (“the next big thing”) ma anche con il ridimensionamento delle tendenze: però c’è una sensazione di ridimensionamento delle ambizioni di successo economico dei podcast, in queste settimane. O meglio, che sia passato il periodo di eccitazione e ricerca e grandi investimenti senza che si siano materializzati grandi ritorni o idee per “monetizzare” i podcast con maggiore sistematicità: e che il mercato si stia “consolidando” e investendo più sui prodotti forti e meno sugli esperimenti a tappeto, più sui podcast a lunga durata che su quelli a breve termine. A scriverne nei giorni scorsi sono stati il Guardian, il New York Times e Semaphor (su Spotify in particolare), tra gli altri. “È finito il tempo dei soldi a caso, quello del denaro buttato lì per vedere se le cose montavano e se il pubblico si sarebbe moltiplicato rapidamente: adesso sono tutti un po’ più prudenti”, ha detto un consulente del settore al New York Times.
domenica 19 Febbraio 2023
Nei giorni scorsi è tornato a circolare tra alcuni account che si occupano di informazione un grafico pubblicato l’anno scorso dal sito Axios, che è utile per avere il quadro delle prospettive dei ricavi pubblicitari dei giornali e per capire perché lo spostare le priorità sugli abbonamenti è diventato indispensabile per tutte le aziende giornalistiche. Il grafico illustrava una delle brevi news di Axios, con il rassicurante titolo di “Negli Stati Uniti i ricavi pubblicitari digitali supereranno quelli della carta nel 2026”. Ma la formulazione era un po’ equivoca, a guardare l’illuminante grafico: la ragione del sorpasso ipotizzato è infatti il crollo dei ricavi sulla carta che scenderebbe sotto quello – stabile, praticamente fermo – dei ricavi dal digitale. La pubblicità online, insomma, non ha prospettive di compensare il declino di quella sulla carta (per molte ragioni: maggiore concorrenza di spazi e contenitori, minor valore delle inserzioni, concorrenza delle piattaforme): e per questo i giornali hanno bisogno di tornare a investire sui rapporti con i lettori molto più che su quelli con gli inserzionisti.
domenica 19 Febbraio 2023
I giornali sono luoghi di lavoro come gli altri, sotto molti aspetti, e i loro funzionamenti e risultati dipendono spesso da meccanismi molto più comuni e incontrollati di quelli che certe dietrologie a volte attribuiscono loro. Le inadeguatezze di certo lavoro giornalistico, per esempio, dipendono da inadeguatezze di preparazione delle persone o delle redazioni che lo producono, molto più che da volontà di forzare la realtà o di influenzare le opinioni dei lettori. Lo ha stabilito anche una ricerca interna di BBC sull’imparzialità del proprio servizio di informazione, che ha dedicato buona parte delle proprie attenzioni a come vengono raccontate le questioni economiche: ha molte cose interessanti, e parlando per esempio delle ingannevoli spiegazioni sul debito pubblico conclude che “alla radice non c’è una partigianeria ma una conoscenza insufficiente delle scelte e del dibattito in proposito. In poche parole, il debito pubblico è un tema controverso. Nel periodo studiato sembra che troppi giornalisti di BBC non ne sapessero abbastanza”. La ricerca prosegue spiegando che l’unica difesa da errori di questo genere è la consapevolezza da parte dei giornalisti dei propri limiti di competenza (la dote maggiore di moltissimi giornalisti è la duttilità, la capacità di dedicarsi agli argomenti più diversi, che inevitabilmente limita la specializzazione) e la resistenza all’inerzia di affidarsi solo alle proprie esistenti e sommarie conoscenze. Buoni giornalisti sono giornalisti che conoscono le proprie ignoranze e studiano continuamente, se i loro giornali gliene danno il tempo e le motivazioni.
Fine di questo prologo.
domenica 12 Febbraio 2023
Giovedì 16 febbraio il direttore del Post Luca Sofri racconta il progetto della rivista del Post “Cose spiegate bene” a Roma alla libreria Spazio Sette, insieme a Ilaria Cucchi e Gianrico Carofiglio per parlare dell’ultimo numero dedicato alla “Giustizia”.
domenica 12 Febbraio 2023
Il dilagare dell’uso dei social network ha progressivamente messo in disparte il ruolo degli spazi di commento dei lettori a margine degli articoli sui siti di news, e negli anni passati siti e giornali online ne hanno approfittato per rimuovere quel servizio, che è faticoso da gestire, costoso, rischioso in termini di responsabilità, e che appunto non è più richiesto come un tempo da parte dei lettori. La settimana scorsa molte testate dell’importante gruppo giornalistico americano Gannett hanno annunciato la rimozione degli spazi dei commenti, invitando a commentare eventualmente sui propri account sui social network o mandando delle email.
domenica 12 Febbraio 2023
Intanto che prosegue le sue estese “collaborazioni” con centinaia di siti di news e testate giornalistiche in tutto il mondo – di fatto dei contributi economici per evitare contestazioni e richieste maggiori – Google ha fatto un accordo specifico con il più importante e famoso giornale del mondo, il New York Times. Per quello che se ne sa, il giornale userà diversi strumenti di Google per le proprie esigenze di promozione, gestione, organizzazione, distribuzione, ma non sono state comunicate cifre.
domenica 12 Febbraio 2023
Sul Corriere della Sera di oggi, domenica, quasi due pagine sono occupate da un bell’articolo non retorico di Marco Imarisio sulle condizioni dei tanti senzatetto che dormono sotto i portici del centro di Torino. Ma nello spazio rimanente della doppia pagina – una colonna – è stato inserito un articolo dedicato al “megayacht” disegnato da Giorgio Armani, e il contrasto fa impressione. Di solito a queste cose si fa attenzione, nelle redazioni (Armani è un importante inserzionista, anche in questi giorni), ma se invece è stata una scelta l’effetto dà in effetti da pensare ai lettori.
domenica 12 Febbraio 2023
Il Post ha raccontato il successo di un sito di gossip e notizie su un genere di celebrities contemporanee, ovvero gli influencer e i personaggi di fama sui social network: “La Novella 2000 del Tremila” è stata di recente acquistata da Mondadori.
“Negli ultimi anni in Italia sono state fondate diverse testate che si prefissano di fare informazione su Instagram e TikTok, cercando di intercettare l’attenzione della cosiddetta generazione Z, nella quale rientrano i giovani nati approssimativamente tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila, che si informa sui social molto più delle altre generazioni. Webboh, però, si distingue perché tratta quasi esclusivamente di un tema molto specifico: articoli su youtuber, tiktoker, persone che fanno streaming su Twitch e altri creatori di contenuti più o meno famosi, sia italiani che internazionali”.
domenica 12 Febbraio 2023
Con una rarissima rapidità, la procura di Lecco sta indagando da venerdì un giornalista del Giorno a proposito di un articolo pubblicato venerdì: le informazioni sono ancora incomplete, ma Daniele De Salvo – riferisce il suo giornale – è stato convocato dai carabinieri “per la notifica dell’apertura di indagini preliminari nei suoi confronti disposte a fronte della “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale””. Il Giorno spiega che gli atti in questione sarebbero quelli a cui De Salvo avrebbe attinto per riferire in un articolo i risultati dell’autopsia sul corpo di una donna trovata morta – per annegamento, riferisce l’autopsia – nella sua auto nel lago di Como.
De Salvo ha raccontato più estesamente quello che è successo e quello che ne sa sul suo profilo Facebook .
I comitati di redazione del Giorno e del quotidiano La Provincia di Como hanno protestato per quella che ritengono una limitazione del diritto di cronaca. Che non è assoluto e può a volte entrare in conflitto con altre norme e criteri che prevalgono, ma in questo caso appare per ora difficile immaginare ragioni in questo senso e che giustifichino tanto tempestivo e intimidatorio impegno da parte della procura.
domenica 12 Febbraio 2023
Quasi tre anni fa si era molto parlato – anche qui su Charlie – della aumentata popolarità delle newsletter e delle opportunità di renderle un business anche grazie a piattaforme apposite che ne facilitano la “monetizzazione”, prima tra tutte quella che si chiama Substack. Poi c’era stato qualche ridimensionamento, e l’eccitazione si era normalizzata, ma questa settimana il sito britannico dedicato all’informazione PressGazette ha raccontato che tuttora ci sono 27 autori di newsletter grazie ai quali Substack ottiene 22 milioni di dollari complessivi di ricavi in un anno, e che per cinque di loro i ricavi superano il milione di dollari annuo.
domenica 12 Febbraio 2023
Il quotidiano Domani è tornato a raccontare la peculiare e discussa figura dell’editore di Libero e del Tempo, Antonio Angelucci, di cui si dice da settimane sia prossimo ad acquistare il Giornale dalla famiglia Berlusconi e che desideri comprare anche la Verità da Maurizio Belpietro, riunendo i tre quotidiani di centrodestra e destra nati l’uno dalla costola dell’altro negli scorsi decenni.
“A sei anni dalla rottura Belpietro e Angelucci rischiano di ritrovarsi nello stesso consiglio di amministrazione un obiettivo ambizioso: creare un polo informativo conservatore e sovranista per fare concorrenza al gruppo Corriere della Sera che diventi il riferimento del nuovo partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, da Roma a Milano. L’influenza tramite la stampa può agevolare la scalata nella sanità privata, settore nel quale Angelucci domina nel centro sud con la sua holding Tosinvest e la fondazione San Raffaele che controllano residenze per anziani e cliniche. Angelucci vorrebbe imporsi anche in Lombardia, dove dominano il Gruppo San Donato e l’Humanitas, proprietà delle famiglie Rotelli e Rocca, potenti tanto quanto Angelucci. Quest’ultimo, tuttavia, può contare sul suo ruolo politico, è in parlamento con la Lega, partito della coalizione di governo e che amministra, e probabilmente lo farà ancora, la regione Lombardia, la terra promessa per chi fa business con la sanità privata”.