Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 9 Aprile 2023

Copertine che non lo erano

Sia la Stampa che il Giornale, invece, hanno pubblicato una falsa immagine di una copertina di Playboy francese che era stata diffusa per scherzo sui social network in relazione alla notizia di una reale copertina del giornale dedicata a Marlène Schiappa, responsabile del governo alle Pari opportunità.


domenica 9 Aprile 2023

Con divertito stupore

Un comunicato ufficiale della Presidenza della Repubblica ha smentito lunedì con i toni più netti ma più diplomatici possibile una notizia diffusa da Stampa Repubblica il giorno prima.

“Al Quirinale si registra un divertito stupore per una ricostruzione decisamente fantasiosa fatta da diversi quotidiani sugli incontri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi.
Non è vero che il Presidente Mattarella abbia parlato con Mario Draghi di PNRR, né che lo abbia incontrato ventiquattr’ore prima della colazione con il Presidente del Consiglio né tantomeno in giorni realmente precedenti. Né che vi sia stato, nello stesso arco di tempo, un analogo incontro con il Commissario Ue Paolo Gentiloni.
Sarebbe fortemente auspicabile che, sulle iniziative del Presidente della Repubblica e sul loro significato, si facesse riferimento a quanto il Quirinale, con piena trasparenza, comunica”.

La Stampa ha allora confermato la notizia, collocandola però più indietro di una decina di giorni.

“Dopo le precisazioni del Quirinale confermiamo quanto scritto, anche alla luce delle verifiche effettuate con fonti della Presidenza della Repubblica nella giornata di ieri. L’incontro tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi c’è stato il 20 marzo. Dalle interlocuzioni avvenute questa mattina si evince soltanto che il colloquio è avvenuto qualche giorno prima, il 20 marzo, ed è stato comunque precedente alla colazione tra Mattarella e la premier Giorgia Meloni”.


domenica 9 Aprile 2023

L’elefante e la formica

Il Post ha raccontato in maniera approfondita l’eccezionale condizione di concentrazione di potere mediatico – sovvenzionato dallo Stato – in Trentino-Alto Adige, di cui Charlie si era occupato spesso negli anni passati.

“Il dominio di Athesia suscita contestazioni, frequenti accuse di conflitti di interessi e ammonimenti sui pericoli per la libertà di stampa nella regione. Nelle ultime settimane se ne è parlato anche a livello nazionale e persino all’estero, dopo che a inizio marzo Athesia ha manifestato l’intenzione di fare causa a un piccolo giornale online, Salto, tra i pochi non controllati dal gruppo. Athesia chiede a Salto un risarcimento di 150mila euro per una «continua e pressante campagna diffamatoria» nei suoi confronti, citando in particolare 58 articoli pubblicati tra il 2018 e il 2022 che secondo l’azienda avrebbero oltrepassato i limiti del diritto di critica. La maggior parte sono in tedesco, firmati dal giornalista Christoph Franceschini, e riguardano vari ambiti in cui è attiva Athesia. Uno degli aspetti più raccontati ed eclatanti della vicenda è l’evidente sproporzione di forze tra i due soggetti coinvolti, che ha causato nuove accuse contro Athesia”.


domenica 9 Aprile 2023

El-ei-pi-di

La città di Los Angeles ha denunciato un giornalista accusandolo della diffusione di un database di oltre 9mila nomi e immagini di agenti della polizia cittadina che lo stesso dipartimento di polizia aveva consegnato al giornalista su sua richiesta. Molti degli agenti in questione avevano protestato e presentato denunce contro il dipartimento, dopo che il giornalista (Ben Camacho, del sito di news Knock LA) aveva condiviso i documenti con un’associazione che chiede maggiori controlli sulle attività della polizia, e dopo che l’associazione aveva pubblicato online le informazioni. Secondo le impressioni degli esperti, la denuncia contro il giornalista non ha fondamento – la legge protegge la pubblicazione di documenti ottenuti legalmente – ma è un modo per l’amministrazione di attenuare l’irritazione degli agenti coinvolti e indirizzare altrove il loro risentimento per la scelta di consegnare i documenti, che adesso la città sostiene essere avvenuta per errore. La stessa sindaca di Los Angeles Karen Bass lo ha definito “un errore vergognoso, i cui responsabili devono renderne conto”.


domenica 9 Aprile 2023

Da Domani

Il quotidiano Domani, la maggiore novità tra i quotidiani italiani in questi ultimi anni, ha annunciato la sostituzione del suo primo direttore Stefano Feltri – durato nel ruolo due anni e mezzo – con quello che finora era stato vicedirettore, anche lui dall’inizio, Emiliano Fittipaldi.
La notizia va messa in un po’ di contesto. Domani era nato dal desiderio di Carlo De Benedetti di sfogare il proprio risentimento per i mutati destini di Repubblica, quotidiano di cui era stato editore per quarant’anni, e che i suoi eredi avevano deciso di vendere, avviando una serie di cambiamenti di impostazione del giornale sotto la proprietà della famiglia Agnelli-Elkann e la direzione di Maurizio Molinari. Nelle speranze di De Benedetti si era creato uno spazio da occupare con un nuovo giornale progressista e che avrebbe potuto sottrarre temi, contenuti, autori, lettori e ruolo alla nuova Repubblica. In quest’ottica Domani aveva voluto esistere come giornale di carta e online insieme, ma presto si era visto che le risorse a disposizione (pur cospicue, con un fondo di dieci milioni destinato da De Benedetti al progetto) non riuscivano a permettere una competitività sui due fronti, a scapito del prodotto online che è ancora oggi molto poco protagonista, e limitato nelle sue opportunità da un paywall quasi totale. Il risultato di vendite in edicola e abbonati era stato discreto inizialmente, pur con qualche ingenuità nelle priorità di spesa (una costosa campagna pubblicitaria di dubbi risultati reali, per esempio), ma aveva presto rallentato, e rispetto alle cospicue perdite del 2021 non sembrano esserci stati grandi progressi (ma il bilancio del 2022 non è ancora noto).

L’editore di Domani sembrava quindi essersi demotivato negli ultimi mesi, e diminuita la sua speranza che il giornale potesse essere più protagonista della scena politica e del dibattito pubblico, e non volendo aumentare gli investimenti necessari a un rilancio del progetto (rilancio, soprattutto sul digitale, i cui risultati economici sarebbero stati tutti da verificare) e accantonate altre ipotesi (richiesta di finanziamento pubblico, ingresso di nuovi soci), aveva chiesto che le perdite fossero ridotte attraverso una riduzione dei costi, che da qualche tempo si fa sentire nella costruzione del giornale. La scarsa disponibilità del direttore Feltri a ulteriori risparmi e la convinzione dell’editore che un cambiamento fosse necessario hanno portato alla nomina di Fittipaldi, esperto giornalista di inchiesta responsabile di molto lavoro di Domani in quel campo ma senza esperienze di direzione finora, né apparentemente molto discontinuo rispetto all’idea del prodotto giornalistico.

Stefano Feltri ha risposto laconicamente e con discrezione alla decisione, evidentemente non condivisa, invitando a seguire la sua newsletter.


domenica 9 Aprile 2023

Perdite eccezionali

Il grande gruppo editoriale britannico News UK (che a sua volta appartiene a News Corp, multinazionale dei media posseduta da Rupert Murdoch) ha diffuso i suoi bilanci del 2022, da cui emergono delle cospicue perdite per il tabloid Sun – mentre il Times va bene – legate soprattutto agli accantonamenti di quasi cento milioni di sterline per le cause legali ancora in corso relative allo scandalo sulle sorveglianze telefoniche che portò alla chiusura del settimanale scandalistico News of the World, ma che coinvolse anche il Sun (che pur negando le accuse, prevede che ci possano essere accordi economici con i querelanti).


domenica 9 Aprile 2023

Charlie, sempre fuori fuoco

Due storie molto lontane permettono di notare quanto le discussioni sull’informazione siano spesso dirottate da posizioni pregiudiziali e partigiane, a danno di analisi più esperte e importanti. La prima storia è quella di Twitter che – obbedendo secondo alcuni a un’insofferenza del suo proprietario Elon Musk – ha deciso di etichettare come “testata affiliata allo Stato” la radio pubblica statunitense NPR, come finora aveva fatto con altri mezzi di informazione su cui Twitter suggerisce di avere dei pregiudizi perché non indipendenti da regimi non democratici (per esempio Russia Today in Russia). Ma anche trascurando la differenza tra una testata pubblica autorevole in un paese democratico e una fonte di propaganda di una dittatura (nessuno degli account RAI , come quello del Tg1, è etichettato in questo modo; né quelli di BBC , né quelli di altri media americani che ricevono sovvenzioni pubbliche), il fatto è che NPR non ha nessuna relazione editoriale con le istituzioni dello Stato americano: anche prendendo in considerazione i suoi critici che la accusano di partigianeria politica, non si tratterebbe di un’affiliazione allo Stato, ma casomai a un partito o a una posizione politica. L’assurdità della scelta di Musk – che molti hanno legato ai suoi risentimenti per come la sua gestione di Twitter è stata raccontata, ma su cui lui stesso sembra avere le idee poco chiare – e di chi la sostiene si spiega solo con la faziosità capricciosa di ogni dibattito: chi si è rallegrato di questa lettera scarlatta su NPR avrebbe probabilmente protestato se un analogo trattamento fosse stato destinato a Fox News o a una testata più di destra.

La seconda storia è la notizia che il senatore Matteo Renzi dirigerà un quotidiano di proprietà privata che ha una diffusione così limitata da non essere neanche certificata e che realisticamente non supera il paio di migliaia di copie: venendo quindi letto da meno persone di tanti account di Twitter personali (Renzi raggiunge molte più persone col suo di quanto possa fare il Riformista), e circa un ventesimo dei destinatari di questa newsletter, per fare due esempi (nessuna di queste considerazioni ha a che fare con un giudizio sulla qualità del giornale, sia chiaro). Che “un politico diriga un quotidiano” è quindi un problema del tutto sproporzionato e che si è posto soltanto per via della capacità divisiva ed eccitante tuttora mantenuta da Renzi, malgrado il suo stesso scarsissimo rilievo politico in questo momento. Nel frattempo, per chi temesse davvero eccessive relazioni dei quotidiani con la politica, due dei maggiori quotidiani nazionali italiani sono persino posseduti da un deputato della maggioranza (uno dei due è diretto da un ex senatore), per non parlare delle televisioni. Anche in questo caso le polemiche hanno ignorato queste valutazioni di fatto ma sono state animate dalle rispettive simpatie e antipatie, con perdita della misura e rimozione delle priorità. Prendete uno qualunque dei molti temi rilevanti sull’attualità dell’informazione, e dei rischi relativi, di cui via via leggete su Charlie, e valutate quanti abbiano avuto più spazi e preoccupazioni nel dibattito pubblico rispetto a “Matteo Renzi dirigerà il Riformista “.

Fine di questo prologo.


domenica 2 Aprile 2023

Le migrazioni altrove

In questi mesi il Post sta estendendo il suo impegno sul “giornalismo live” di cui avevamo parlato nella scorsa newsletter: mercoledì inizia alle Gallerie d’Italia di Torino il ciclo di incontri sulle “altre migrazioni” che arricchisce di informazioni la mostra dell’artista francese JR.


domenica 2 Aprile 2023

Di famiglia

Tra le più visibili convivenze di contenuti redazionali e pubblicitari sui maggiori quotidiani questa settimana, citiamo gli spazi ottenuti nelle pagine dell’economia per i celebrati risultati di bilancio di Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti, entrambi inserzionisti frequenti nelle settimane e nei mesi passati. E i nuovi investimenti dell’azienda vinicola Aneri – che ha un’intensa relazione con molte testate – su LiberoVerità Sole 24 Ore, tra gli altri: il Sole 24 Ore aveva scritto ancora dell’azienda e del suo proprietario il mese precedente, la Verità dicembre.


domenica 2 Aprile 2023

«Non lo scriva»

Un anno fa avevamo riassunto una serie di formule del giornalismo americano in parte note qui per via di cinema o serie tv, ma estranee alle consuetudini del giornalismo italiano che non conosce simili accordi condivisi: “off the record”, “on the record”, “on background”. Lunedì questa assenza di accordi condivisi si è manifestata con un esempio puntuale e visibile in un articolo di Repubblica che riferiva di una conversazione col primario di un ospedale in cui a novembre 2021 era morto un giovane paziente in circostanze che ora stanno venendo indagate.


domenica 2 Aprile 2023

Lavorare da casa al Foglio

Il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha raccontato – all’interno di una lunga riflessione sugli sviluppi del lavoro “da casa” in questi ultimi anni – quello che sta imparando dalla condizione della sua redazione in queste settimane, che si trova a lavorare senza uno spazio fisico comune, per ragioni passeggere.

“Da un mese, il nostro giornale si trova, a Roma, senza una sede fisica in cui il giornale viene elaborato. Il Foglio sta cambiando sede, a breve avremo un nuovo ufficio, ma nell’attesa di accomodarci in un nuovo palazzo, i lavori non sono ancora finiti, ci siamo trovati a lavorare come in pandemia: tutti da casa. Nel farlo, però, abbiamo scoperto che, al contrario della primavera del 2020, eravamo involontariamente preparati. Da tre anni, ormai, le nostre riunioni mattutine, che di solito vengono convocate attorno alle 11.45, si sviluppano su Skype, anche quando siamo tutti in redazione: è più comodo, è più flessibile, è più sicuro, degli starnuti improvvisi abbiamo ancora un po’ di timore, e in fondo, in questi anni, abbiamo imparato a confrontarci bene, e anche a litigare se necessario, anche senza essere seduti tutti nella stessa stanza. Da qualche anno, poi, il nostro sistema operativo, Gmde, ci permette di lavorare da remoto facilmente: è sufficiente un computer, un collegamento internet decente e il giornale lo si può passare da qualsiasi parte del mondo. Da tre anni, infine, gran parte delle nostre comunicazioni si muove, durante il giorno, attraverso le chat su WhatsApp, dove viaggiano le informazioni, le segnalazioni, le idee, gli spunti di giornata aggiuntivi rispetto alle idee presentate la mattina in riunione.

Risultato: mentre stiamo dedicando molta energia alla sistemazione del nuovo ufficio, ci siamo accorti, ci siamo ricordati, che di un ufficio in teoria si può fare a meno e che anche i giornali, in teoria, si possono fare anche senza ufficio. Diciamo in teoria perché, mentre facciamo queste riflessioni, ci siamo anche accorti che, pur potendo fare tutto o quasi senza avere un ufficio, non avere un ufficio significa perdere qualcosa su vari versanti. Significa perdere qualcosa in creatività, perché, salvo preziose eccezioni, le idee che nascono incrociando uno sguardo in redazione consentono di unire sinapsi improvvise, che difficilmente si attivano stando da una parte all’altra del telefono e stare lontani ci ha fatto capire quanto forse sia importante anche riunirci guardandoci negli occhi. Significa perdere qualcosa in tempestività, perché essere in uno stesso luogo di lavoro consente di controllare meglio quello che accade durante il giorno e permette una migliore contaminazione del proprio lavoro con quello degli altri. Significa perdere qualcosa in progettualità, perché ci sono spunti che non possono viaggiare, non riescono a viaggiare in una chat su WhatsApp, in una telefonata rapida, in un susseguirsi di vocali, e non solo per una questione di organizzazione. Significa perdere qualcosa nella distribuzione del lavoro, perché chi gestisce un giornale via WhatsApp, da remoto, con un grafico da una parte, un redattore da un’altra parte, un collaboratore da un’altra parte, un correttore di bozze da un’altra parte e una connessione non sempre all’altezza sa quanto sia faticoso tenere insieme tutto, essere contemporaneamente efficienti, precisi, creativi, reattivi.

Lavorare da casa, naturalmente, significa anche altro. Significa scrivere articoli più velocemente. Significa, a volte, chiudere il giornale prima del tempo. Significa riuscire a fare una cena in un orario non da dopocena. Significa, a volte, riuscire persino a vedere un figlio quando esce di scuola e non solo quando è già sotto le lenzuola. Significa conoscere bene tutte le connessioni dei bar sotto casa, necessari quando scopri il chiasso che fanno i figli quando non sono sotto le lenzuola. Significa, però, al fondo, avere la consapevolezza che i lavori che impongono creatività non potranno mai fare a meno di un ufficio e che guardarsi negli occhi e vedere la scintilla nello sguardo di un collega è infinitamente più intimo, più veloce, più efficace che individuare quella scintilla attraverso un vocale su whatsapp. Si può fare, certo, la creatività la si può governare anche da remoto, e anche noi abbiamo una nostra flessibilità, ma per quanto la banda possa essere larga la verità è che la creatività non potrà mai prescindere dalla scintilla nascosta in uno sguardo (e stare lontani ci ha fatto capire quanto forse sia importante anche riunirci guardandoci negli occhi)”.


domenica 2 Aprile 2023

Get the door

Repubblica ha iniziato a promuovere la sua nuova rivista dedicata al design e all’arredamento che sarà inaugurata con l’inizio del Salone del mobile di Milano, il 13 aprile. Si chiama door, è diretta da Emanuele Farneti (che ha 48 anni ed è stato direttore di Vogue AD in Condé Nast e ora è direttore del supplemento di Repubblica), ne sono previsti otto numeri l’anno e GEDI lo introduce come potenziale raccoglitore di pubblicità in un settore che finora il gruppo presidiava poco e che sulla pubblicità cartacea è ancora interessato a investire, come tutti quelli in cui resta importante la visualizzazione dei prodotti in una confezione grafica elegante e cool.


domenica 2 Aprile 2023

Business in crisi non per tutti

Il sindacato dei giornalisti del New York Times ha condiviso su Twitter – riferendosi alle trattative con l’azienda in cui da tempo sono chiesti aumenti per i dipendenti – che l’amministratrice delegata del New York Times Meredith Levien è stata pagata 7,6 milioni di dollari nel 2022. Mercoledì c’è stata una nuova protesta all’interno della redazione.


domenica 2 Aprile 2023

Si mette peggio a Mosca

L’arresto di un corrispondente del Wall Street Journal a Mosca, accusato di spionaggio – oltre alle preoccupazioni singolari del caso – aumenta ancora di più la pressione intorno alla libertà dei giornalisti occidentali che raccontano la Russia, e le cautele che devono avere. Ne avevamo parlato qualche settimana fa, sono cautele inevitabili, e di cui i lettori e gli spettatori devono essere consapevoli. Marco Imarisio, esperto inviato del Corriere della Sera che nell’ultimo anno è stato molto in Russia, ne ha parlato nel suo articolo sull’arresto di Gershkovich.

“È difficile spiegare cosa significa fare giornalismo nella Russia di oggi. Chiunque ci abbia provato dopo l’inizio della cosiddetta «operazione militare speciale» ha un episodio in tasca che racconta bene l’ansia e l’incertezza, che ogni tanto capita di provare. Quella volta che in una città di provincia ti hanno sequestrato il passaporto per un’ora, quella volta che un poliziotto ti ha obbligato a salire su un furgone perché avevi parlato con un manifestante. Poteva andare in un modo o nell’altro, o almeno la sensazione è sempre quella, che ci è mancato poco”.


domenica 2 Aprile 2023

Panini

Ci è capitato di citare in passato gli “abbinamenti” tra quotidiani locali e nazionali – ovvero la vendita di due giornali al prezzo di uno – soprattutto in relazione a quanto questo influisca sui dati di diffusione poi comunicati dalle testate relative: chi compra paga un solo giornale, ma quell’acquisto viene poi comunicato come due copie. Sono accordi che interessano i quotidiani locali (che possono dare un’offerta complementare o non concorrenziale ai loro lettori) ma anche i quotidiani nazionali, che possono così raggiungere nuovi lettori per cui è consueto solo l’acquisto del quotidiano locale.
Accordi simili sono stati fatti da poco in Umbria e Toscana, dove da ieri chi compra il Corriere dell’Umbria (che ha edizioni anche a Siena e Arezzo) riceve anche la Gazzetta dello Sport, e dove i quotidiani concorrenti (Nazione Messaggero) hanno avviato simili iniziative con le altre maggiori testate sportive.
Il Corriere dell’Umbria era stato venduto un anno fa dalla famiglia Angelucci (che possiede Libero Tempo, e sta acquistando il Giornale) alla società Polimedia della famiglia umbra Polidori, che deve le sue fortune all’azienda di formazione e istruzione Cepu.


domenica 2 Aprile 2023

Interessi morali e materiali

Due delicate questioni che riguardano il giornalismo italiano sono ricomparse, sovrapponendosi, sul Sole 24 Ore di questa settimana. Una è quella della propaganda del regime cinese sui media internazionali, che ha trovato alcuni mezzi di informazione italiani particolarmente vulnerabili in questi anni. L’altra è quella della debolezza delle redazioni rispetto alle richieste delle concessionarie pubblicitarie.
Domenica scorsa il Sole 24 Ore ha pubblicato quattro pagine di promozione della Cina e delle sue attività economiche con poca trasparenza nei confronti dei lettori: che si trattasse di pubblicità era indicato solo con una sommaria dizione che alludeva al nome della concessionaria pubblicitaria System (che è anche la concessionaria del Post, disclaimer) in modi poco rivelatori per i lettori. Scelta che contraddice le norme stabilite dallo stesso Ordine dei giornalisti, ma non dissimile da quelle frequenti di altri quotidiani. A far traboccare il vaso dell’indulgenza della redazione del Sole 24 Ore è stato però che questo meccanismo di poca trasparenza vada a beneficio di un regime autoritario e della sua propaganda, e il Comitato di redazione – che lo aveva già fatto lo scorso dicembre – ha protestato molto severamente.

“A un’azienda che si pretende inclusiva e sostenibile, a un’azienda che in queste ore richiama la redazione alla considerazione degli interessi “morali e materiali” del gruppo Sole 24 Ore anche nell’assunzione di incarichi esterni extragiornalistici (!), chiediamo di conoscere quali sono gli interessi morali sottesi alla (ennesima) pubblicazione delle 4 pagine del Focus China. Quelli materiali temiamo di intuirli. Purtroppo”.

La questione è stata commentata mercoledì anche sul Fogliosulla Verità su Domani.


domenica 2 Aprile 2023

GEDI lascia il Nordest

La prospettiva che il gruppo editoriale GEDI venda un’altra grossa parte dei suoi quotidiani locali, quella “del Nordest”, si sta concretizzando.
GEDI possedeva fino a qualche anno fa, quando era cambiata la sua proprietà ed era stato cambiato il nome all’azienda (era il gruppo L’Espresso), quasi venti quotidiani locali, assieme alle sue più note testate nazionali (Repubblica Stampa, oltre allo HuffPost, a Radio Deejay Radio Capital). Col nuovo corso il gruppo ha deciso di abbandonare l’interesse per i quotidiani locali: dapprima sostenendo di voler concentrare l’impegno su quelli nel Nord Italia e dismettendo gli altri; ma qualche settimana fa lo stesso disimpegno è stato confermato anche sul Piccolo di Trieste, sul Messaggero Veneto di Udine, sul Corriere delle Alpi di Belluno, sul Mattino di Padova, sulla Nuova Venezia, sulla Tribuna di Treviso. Se la loro vendita si concludesse – è stata consegnata un’offerta da parte di un gruppo di imprenditori veneti – in GEDI resterebbero ancora il Secolo XIX di Genova, la Gazzetta di Mantova, la Provincia Pavese , la Sentinella del Canavese.


domenica 2 Aprile 2023

Il periodo blu

Sia CNN che BuzzFeed News hanno raccolto informazioni da varie altre testate rispetto alle loro intenzioni nei confronti del nuovo regime di Twitter rispetto alle “spunte blu” degli account. Twitter sta avvisando i titolari degli account certificati che tra poco per mantenere quella certificazione dovranno pagare un abbonamento: la gran parte delle testate consultate ha risposto che non ha intenzione di farlo, e pazienza per la spunta blu.


domenica 2 Aprile 2023

Charlie, giornalismo o forse no

Sul magazine online dedicato ai media della Nieman Foundation è stata pubblicata una riflessione di Issac Bailey, un giornalista americano di ricco curriculum, a proposito di quanto si possa considerare “giornalismo” quello della rete televisiva Fox News. O meglio, se Fox News possa essere ancora definire un “news outlet” dopo lo svelamento di una serie di comportamenti in malafede di molti suoi giornalisti che stanno emergendo in una causa legale che ha al centro il racconto delle ultime elezioni presidenziali. Bailey ammette che la sua pretesa di escludere Fox News dal novero del “giornalismo” possa suonare partigiana, o imbarazzante per l’abituale corporativismo dei giornalisti: e spiega che la ragione per cui i giornalisti delle altre testate hanno in altre occasioni difeso l’autonomia di Fox News è che tutti sanno di poter fare sbagli e che questi sbagli possono avere gravi conseguenze. L’esempio maggiore che fa è quello delle falsificazioni avallate da molti giornali americani al tempo della decisione americana di invadere l’Iraq. Secondo Bailey, però, c’è una differenza tra gli errori anche gravi commessi per avere trascurato i maggiori standard giornalistici di verifica e rigore, e la disinformazione partigiana e in malafede consapevole di generare effetti pericolosi. E la questione di dire apertamente – da parte dei giornalisti interessati al servizio pubblico del giornalismo – che ci sono testate giornalistiche che peggiorano le convivenze e il funzionamento delle democrazie, e non farsi frenare sempre da una complicità corporativa e dal fatto che ogni giornale dà lavoro a delle persone, è già stata sollevata in passato. È vero che in ogni giornale c’è una quota – minore o maggiore – di buon giornalismo, ma questo non può essere l’alibi per tollerare il peggiore, soprattutto quando diventa preponderante.

Fine di questo prologo.


domenica 26 Marzo 2023

“Una chiara riproposizione”

Mercoledì sul sito di Repubblica è stata pubblicata una successione di notizie esemplare di una pratica assai frequente sui siti di news italiani: quella per cui capita di dare una notizia sbagliata ma invece di correggerla e comunicare il proprio errore si fa diventare l’errore una notizia attribuendolo ad altri. Repubblica ha prima pubblicato un articolo severo e indignato su un’espressione antisemita usata nel programma televisivo “Un posto al sole”, e quando si è verificato che l’espressione non era in realtà stata usata ha cancellato il primo articolo e ne ha pubblicato un secondo riferendo di una “polemica” per una parola “scambiata”.
Anche il sito del Corriere ha cancellato la propria pagina.


domenica 26 Marzo 2023

Orizzonti

Le pagine pubblicitarie in forma di articoli dedicati ad eventi, mostre, progetti sui due maggiori quotidiani italiani – di cui avevamo scritto ancora la settimana scorsa – hanno evidentemente una grossa attrattiva presso gli inserzionisti e sono diventate una fonte di ricavo preziosa per i quotidiani stessi: la possibilità di simulare una copertura giornalistica indipendente per quello che è un contenuto commissionato e pagato da un inserzionista, senza informare i lettori della vera natura di quegli articoli, ottiene interesse da parte di aziende ed enti, e martedì è capitato che sul Corriere della Sera le pagine in questione passassero dalle consuete due a tre.


domenica 26 Marzo 2023

Disdire

Abbiamo scritto spesso del meccanismo con cui molte testate internazionali mantengono una quota di abbonati digitali creando ostacoli pratici alla cancellazione degli abbonamenti stessi: è una pratica particolarmente presente in Italia (il Post permette la cancellazione in tutta facilità, ndrma diffusa in tutto il mondo, e negli Stati Uniti ci sono stati già interventi da parte della Federal Trade Commission per limitarla, sia per quanto riguarda i giornali che altri servizi. Gli interventi non hanno avuto grandi risultati e quindi la stessa FTC sta lavorando a delle regole che impongano ai siti di permettere le cancellazioni degli abbonati con le stesse procedure con cui si creano gli abbonamenti, e senza costringere a telefonate, fax, invio di documenti, o altre macchinosità.


domenica 26 Marzo 2023

Il dannato futuro dei podcast

Chora Media, la più importante società di produzione di podcast italiana, ha comunicato di avere registrato come testata giornalistica la propria sezione che comprende podcast di informazione di attualità, con il nome di Chora News. La registrazione della testata giornalistica dà tra le altre cose una maggiore protezione (sul diritto di cronaca, per esempio) rispetto a iniziative giudiziarie contro i propri contenuti. Chora “è stata creata nel 2020 da Guido Brera, Mario Gianani, Roberto Zanco e Mario Calabresi”, quest’ultimo ex direttore dei quotidiani Repubblica Stampa.


domenica 26 Marzo 2023

Scelte

Sabato il quotidiano La Verità ha ritenuto di divulgare l’informazione per cui “la direzione” del quotidiano Il Messaggero avrebbe chiesto al “caporedattore dell’online” Guglielmo Nappi di non pubblicare un articolo dedicato ai libri sulla pandemia della giornalista Angela Camuso: lei stessa ha firmato la rivelazione della sua conversazione con Nappi. Non si sa se lui fosse stato informato della scelta di renderla pubblica.


domenica 26 Marzo 2023

È cambiato tutto

Il sito Visual Capitalist ha pubblicato un illuminante grafico sulla distribuzione dei ricavi del New York Times, che mostra con immediatezza quanto siano diventati rilevanti gli abbonamenti al giornale online e ai suoi servizi negli ultimi dieci anni, e quanto lungimirante sia stato spostare su quelli le priorità. È quello che nel frattempo hanno iniziato a fare quasi tutti gli altri siti di news internazionali, non tutti con la stessa decisione e la stessa capacità di sacrificare sul breve le altre fonti di ricavo.


domenica 26 Marzo 2023

Missione compiuta

Domani è uno dei pochi quotidiani (assieme al Fatto e al Manifesto) a occuparsi con toni spesso critici della grande azienda energetica ENI (le cui complesse attività creano frequenti occasioni di possibile critica), con cui la maggior parte delle altre testate intrattiene invece relazioni molto accoglienti e dipendenti dai grandissimi investimenti pubblicitari di ENI stessa nei giornali. Domani lo ha fatto di nuovo venerdì (ma ancora oggi ) con un articolo in prima pagina del suo direttore Stefano Feltri, che si apriva esattamente spiegando l’anomala relazione dei mezzi di informazione con ENI.

“D urante la stagione delle nomine, per un giornale è meglio parlare bene di tutti: elogiare il futuro nominato può essere la premessa per un po’ di pubblicità, infierire sul probabile sconfitto può portare a tagli di inserzioni o cause legali casomai dovesse resistere.

Questo discorso vale a maggior ragione per l’Eni, società con un budget pubblicitario virtualmente illimitato e con la querela facile.
Dunque, la conferma sicura dell’ad Claudio Descalzi non ha animato grandi dibattiti. Anche se ci sarebbero molte ragioni per congedarlo dopo ben tre mandati.
Al netto delle vicende giudiziarie, delle quali non si può dire niente senza ricevere lettere dall’ufficio stampa prima e dagli avvocati dell’Eni poi, e che si sono concluse con manager assolti e magistrati sotto processo, il problema Descalzi andrebbe discusso come una questione di interesse nazionale”.

All’articolo di Feltri, che entrava poi nel merito di una serie di critiche all’operato recente di ENI, ha in effetti risposto l’indomani l’azienda, ribattendo su molti punti concreti ma tornando anche a difendere la propria scelta di “agire in sede legale”, come si dice, contro Domani.

“Quanto alle querele, i suoi lettori devono sapere che Eni non ha querelato nessun giornale in sede penale, ma ha esercitato il diritto, a tutela di tutti i suoi stakeholder, di chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e reputazionali provocati da articoli accusatori privi di ogni fondamento. Come tutti, anche Domani è tenuto al rispetto della legge”.

L’ulteriore risposta di Feltri è utile per spiegare più esattamente come mai in molti casi i giornali vengano denunciati “in sede civile” piuttosto che penale: i rischi di risarcimenti in questi casi (uniti ai costi comunque onerosi di ogni azione giudiziaria) sono quasi sempre molto più preoccupanti per giornali e giornalisti di quelli penali, e le grandi aziende che non hanno problemi di spese possono invece considerarli investimenti preziosi per la propria comunicazione.

“Il fatto di denunciare i giornali in sede civile è soltanto indicativo che l’obiettivo è condizionare la stampa e non segnalare un reato.
Difficile poi immaginare come notizie vere, ancorché presentate in modo sgradito, o opinioni non apprezzate possano condizionare le prospettive economiche di un colosso come Eni che solo marginalmente dipende dal mercato retail (scappano gli utenti di gas e luce?).
Quindi, Domani non è per niente «libero di commentare come crede le vicende di un’azienda». Ma è libero di commentare molte aziende, che al massimo replicano, dialogano, interagiscono. L’Eni non è tra queste.
Dunque, non mi azzardo a dire più nulla sulle vicende giudiziarie: ogni accenno al merito comporta esporre me e il giornale ad altre azioni legali. Eni può dire: missione compiuta”.


domenica 26 Marzo 2023

Per addetti ai lavori

Il sito YouTrend ha pubblicato una ricerca a proposito delle fonti di informazione più frequentate dai parlamentari italiani (l’aveva già fatta in passato). Il campione è abbastanza esiguo (41 parlamentari) ma è presentato come “rappresentativo”. Quello che suggerisce la ricerca è soprattutto che alcune testate a diffusione minore di altre abbiano invece grandi attenzioni tra deputati e senatori: Foglio Huffington Post in particolare.


domenica 26 Marzo 2023

I siti di news a gennaio

La società di rilevazione Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a gennaio. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente).
Detto questo, per la maggior parte dei siti gennaio mostra delle crescite rispetto a un mese fa ma dei cali rispetto a un anno fa: nelle prime posizioni Repubblica ha di nuovo superato il Corriere, e c’è stato un inedito grosso calo di Fanpage.

Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, aveva circa 300mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica IoDonna.
(cliccando sulla tabella l’immagine si ingrandisce)


domenica 26 Marzo 2023

Gli editori avanzano pretese sulle “intelligenze artificiali”

Il Wall Street Journal ha riferito che la questione del copyright tra gli editori di giornali americani e i servizi che producono contenuti grazie alle “intelligenze artificiali” (ne parlammo un mese fa ) sta arrivando al pettine. Le aziende giornalistiche sostengono che se software come ChatGPT creano testi a partire dall’elaborazione degli archivi di articoli dei giornali, quei software dovrebbero pagare il diritto d’autore: è una richiesta non dissimile da quella avanzata da tempo dai giornali presso Google e Facebook, ma stavolta gli editori si sono fatti trovare pronti, scottati da quell’esperienza. Il Wall Street Journal spiega che non c’è solo un tema di contenuti usati per addestrare i software in questione ma anche di come i contenuti e i link vengono offerti ai lettori.


domenica 26 Marzo 2023

“Un gracile segno positivo”

L’azienda del Sole 24 Ore ha comunicato di avere chiuso il 2022 in utile, per la prima volta dopo quattoridici anni. Il “risultato netto è positivo per 0,5 milioni”, una cifra esigua ma molto significativa se paragonata alla perdita di ancora 21 milioni dell’anno precedente. Il miglioramento si deve soprattutto ad attività diverse da quelle del giornale (ma naturalmente la testata contribuisce in maniera indiretta ai risultati del brand e alla promozione delle altre attività), spiega il comunicato, ma c’è comunque un aumento dei ricavi pubblicitari.

“In particolare, nel 2022 i ricavi pubblicitari sono in crescita di 2,6 milioni di euro (+2,9% rispetto al precedente esercizio) e sono pari a 90,8 milioni di euro; i ricavi editoriali diminuiscono di 2,3 milioni di euro (-2,3% da 100,9 milioni di euro del 2021 a 98,6 milioni di euro del 2022) principalmente per la contrazione dei ricavi generati dalla vendita dei prodotti cartacei; gli altri ricavi registrano una crescita di 7,7 milioni di euro (+53,4% da 14,4 milioni di euro del 2021 a 22,1 milioni di euro del 2022), principalmente grazie ai maggiori ricavi dell’area Cultura e dei prodotti più innovativi dell’area Servizi Professionali e Formazione”.

L’amministratrice delegata ha celebrato estesamente i risultati, spingendo il Comitato di redazione a ricordare – in un comunicato pubblicato sul giornale sabato – che i risultati stessi si devono anche a una cospicura riduzione di costi e persone e ad auspicare che questa non prosegua.

“E tuttavia non possiamo non ricordare che il passaggio a un gracile segno positivo è stato ottenuto anche grazie ad anni di taglio del costo del lavoro, compresi il 2022 e il 2023, in tutte le sue forme, strutturali, con i prepensionamenti, e temporanee (queste ultime in realtà ormai in corso da molto tempo), con la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Misure che hanno investito tutto il personale del gruppo.
Della comunicazione della nuova amministratrice delegata vogliamo sottolineare l’avvenuto “cambio di passo” e ci auguriamo che sia finalmente conclusa la stagione dei tagli per tornare a un confronto sindacale vero, concentrato su investimenti e prospettive di crescita per il business caratteristico, l’informazione”.


domenica 26 Marzo 2023

Le cose si fanno tristi

Il sito NiemanLab ha pubblicato un’interessante riflessione intorno a una ricerca scientifica compiuta da un gruppo di studiosi dei media di diverse università internazionali. La ricerca ha attinto a una mole enorme di articoli del sito Upworthy (un sito americano di news che ebbe per qualche anno una grandissima popolarità pubblicando news confezionate in modo da evocare reazioni emotive volte – nella tesi dei suoi creatori – a “rendere il mondo migliore”), la cui natura e ricchezza li ha resi un ottimo bacino per l’indagine: indagine volta a capire quanto l’uso di termini “negativi” o “positivi” influenzi la possibilità che i lettori clicchino su un determinato titolo per leggere l’articolo (esempi di parole negative: “preoccupante”, “colpisce”, “ira”; positive: “avvantaggia”, “bello”, “preferito”). Il risultato più evidente è che i termini “negativi” aumentano del 2,3% questa possibilità rispetto a quelli “positivi”. Questa scoperta non è una novità, scrive Joshua Benton su NiemanLab: già la psicologia evolutiva aveva spiegato che gli umani sono più preoccupati di essere informati dei pericoli che delle opportunità o buone prospettive, per ragioni di sopravvivenza. Ma averla concretizzata in dati relativi alle news online è comunque una declinazione utile e rivelatrice del concetto: sottolineando che la differenza percentuale è comunque piuttosto limitata.

In più, la ricerca articola le parole nei titoli in quattro categorie di emozioni evocate più definite: rabbia, paura, gioia, tristezza. E stando ai dati raccolti, è la tristezza a rendere più probabile il click su un titolo, anche se in percentuali sotto l’1% e non così significative. Forse il dato più convincente è quello più generale di tutti, per cui un sito come Upworthy – famoso per i suoi titoli lunghi composti da due frasi – ottiene un “click through” medio (quanti clic per ogni visualizzazione di un titolo) di appena l’1,39%.

– Luca Sofri: Paura e zizzania


domenica 26 Marzo 2023

Charlie, dal vivo

Da diversi anni molti giornali in tutto il mondo sperimentano fonti di ricavo “terze” accanto a quelle principali legate alla pubblicità o ai lettori paganti: tra quelle che si sono dimostrate più preziose e più frequentate ci sono quella delle iniziative di formazione (corsi, master, workshop, lezioni varie), quella di pubblicazioni accessorie (libri, riviste, allegati) e quella degli “eventi” cosiddetti. Questi ultimi possono essere festival più ricchi e con frequenze maggiori o singoli incontri pubblici, e dipendere per le loro sostenibilità e profitti da sponsor o dal pubblico pagante. Ma sono anche diventati un canale di conservazione del rapporto con i propri lettori e abbonati, e soprattutto un formato proprio di diffusione e condivisione di informazioni e di giornalismo: come gli articoli di testo, come i podcast, come i video e come ogni occasione che permetta di raccontare la realtà. Lo predica esplicitamente il sito di news Semafor, spiegando che il “live journalism” ha dignità di giornalismo come altri modi più tradizionali in cui il giornalismo viene praticato. Destinare persone, tempo e risorse a consentire che le persone ascoltino dai giornalisti le cose che hanno da raccontare su un palco o dietro una cattedra (o intorno a un falò, se si vuole) fa parte delle stesse priorità di impegnarsi a pubblicare un articolo. “Consideriamo gli eventi come equivalenti al giornalismo scritto o per immagini che pratichiamo, non come un accessorio”, ha detto Ben Smith di Semafor.

Fine di questo prologo.


domenica 19 Marzo 2023

Con le pinze

A proposito di segnalazioni dei lettori, completiamo senz’altro con un elemento di contesto quello che avevamo riferito la settimana scorsa citando un commento critico del giornalista Giovanni Valentini nei confronti delle vicende della Gazzetta del Mezzogiorno, pubblicato sul Fatto. Valentini, che ha iniziato a lavorare proprio alla Gazzetta del Mezzogiorno, era stato tra i contattati per dirigere la nuova edizione del giornale (circolano versioni diverse sul mancato accordo), in mezzo a complicate vicende di interessi vari e coinvolgimenti familiari.


domenica 19 Marzo 2023

È un bell’editore

Diversi lettori di Charlie (anzi approfittiamo per ringraziare dei frequenti messaggi, sia di complimenti che di segnalazioni utili) hanno raccolto con divertimento la questione della frequente pubblicazione su alcuni quotidiani di immagini o testi celebrativi dei propri editori, delle loro proprietà, delle loro famiglie, con derive qualche volta un po’ nordcoreane: e ci mandano spesso i loro ritrovamenti. Proviamo a farci una riflessione sopra, con un po’ più di complessità: i giornali sono imprese commerciali ed è comprensibile e persino legittimo che – con trasparenza verso i lettori – segnalino e promuovano attività e interessi legati alle aziende da cui dipendono e grazie ai cui eventuali ricavi vengono potenzialmente sostenute anche le attività dei giornali stessi. Le cose diventano scivolose quando questi interessi non sono segnalati ai lettori, che quindi vengono indotti a pensare cose inesatte o ricevono informazioni parziali e non obiettive senza ricevere gli strumenti per conoscerne la parzialità e la non obiettività.
C’è un’altra complessità da considerare: capita infatti che avvenimenti o notizie che coinvolgono gli interessi delle aziende giornalistiche o i desideri dei loro editori siano effettivamente considerabili “una notizia”, che gli stessi giornali riferirebbero anche se non li riguardasse. In quei casi, però (salvo priorità non opinabili: come per esempio le vicende critiche recenti della Juventus, di proprietà degli editori di Repubblica Stampa ), proprio perché le notizie li riguardano (e non sono ineludibili), potrebbe essere più elegante e rispettoso dei lettori che gli interessati si astenessero, invece di investirci di più. Due esempi di questa settimana sono stati un nuovo documentario agiografico sulla famiglia Agnelli celebrato con foto di famiglia dell’editore bambino da Repubblica, e le ben due citazioni in due adiacenti articoli del Corriere della Sera del proprio editore Urbano Cairo, con foto.

A partire da questa ultima considerazione si può anche riflettere sul dubbio che riguarda la contemporanea pubblicazione di pagine di inserzionisti e di articoli a proposito dello stesso evento che viene promosso in quelle pagine a pagamento: in alcuni casi si può sostenere che si tratti di fatto di una notizia, ma si può anche suggerire che sia opportuno scegliere se accogliere l’inserzione oppure dare spazio alla notizia, proprio perché la credibilità dell’articolo viene inevitabilmente limitata dal rapporto commerciale relativo alla pubblicità. Un esempio di questa settimana è la nuova denominazione della società Atlantia: pubblicità articoli.
Naturalmente queste – a differenza di quelle che riguardano il compiacimento personale degli editori – sono considerazioni difficili da fare in autonomia in condizioni di difficoltà economica quali quelle presenti, per i giornali.


domenica 19 Marzo 2023

In due staffe

Il Fatto di sabato ha pubblicato un articolo secondo il quale Mario Sechi, da poco passato da dirigere l’agenzia di stampa AGI (di proprietà della società ENI) al ruolo di capo ufficio stampa della presidente del Consiglio, continuerebbe comunque a indirizzare le scelte di AGI, soprattutto per quanto riguarda le notizie relative appunto al governo. Secondo l’articolo del Fatto le richieste di Sechi avrebbero portato a correzioni nei testi prodotti da AGI.

“Oggi che lavora per “l’istituzione”, e nella fattispecie per Giorgia Meloni, Sechi alza il telefono per parlare con la sua erede Lofano con immutata frequenza e altrettanta disinvoltura. I suoi consigli sono sempre ascoltati. Dai corridoi di Palazzo Chigi si racconta la scena di un Sechi molto infastidito, la scorsa settimana, per la foto dell’incontro tra Meloni e Benjamin Netanyahu pubblicata sul sito della sua ex agenzia. Una foto “sbagliata”, il monito del capo ufficio stampa della premier: dopo il suo intervento è stata cambiata in tempi rapidi.

Ancora più clamorosa l’impennata di Sechi per un titolo a suo giudizio irricevibile, qualche giorno fa, che avrebbe “equiparato” Meloni ed Elly Schlein. Eccolo qui, nel lancio riepilogativo delle ore 19 del 15 marzo: “SALARIO MINIMO: DUELLO MELONI- SCHLEIN ALLA CAMERA. La premier al question time: ‘Farlo per legge non è la soluzione, ma puntiamo a salari più alti e pensioni dignitose adeguate al lavoro svolto’. La segretaria dem: risposta debole siete incapaci, insensibili e approssimativi”.

Per Sechi, dicono, l’idea del “duello” tra pari era inconcepibile e l’avrebbe comunicato perentoriamente a un ex collega dell’Agi. Dopo un confronto – e di fronte al rifiuto di intervenire per cambiare il testo – avrebbe quindi telefonato a Lofano. Nel nuovo riepilogativo delle 21, il titolo è finalmente cambiato: “QUESTION TIME: MELONI A SCHLEIN, ‘PUNTIAMO A SALARI PIU’ ALTI E PENSIONI DIGNITOSE’. La premier: ‘Il salario minimo per legge non è la soluzione’. La segretaria dem: risposte deboli”. Non più “duello”, ma una formula più autorevole e rispettosa della “istituzione””.


domenica 19 Marzo 2023

Fake news e acque minerali

L’edizione nazionale della Stampa ha raccontato venerdì il contenzioso giudiziario fra due aziende di acque minerali, innescato dalla pubblicazione di un finto articolo giornalistico su un finto sito di notizie di settore.
Le aziende protagoniste di questa che viene definita “una battaglia tutta cuneese” sono Fonti di Vinadio – leader del mercato: Acqua Sant’Anna è il suo marchio più famoso – e Acqua Eva, ben più piccola ma in ascesa. Il contenzioso nasce da una denuncia dei dirigenti di Acqua Eva e ha portato al rinvio a giudizio del presidente e amministratore delegato di Fonti di Vinadio, insieme col direttore commerciale dell’azienda e un ex dipendente. I tre sono accusati di diffamazione e turbativa del commercio.

La storia gira attorno alla pubblicazione di un articolo non firmato sul sito www.mercatoalimentare.net, nel 2018. L’articolo era intitolato “Acqua Eva è un brand di proprietà di Lidl?”. Sottotitolo: “È la domanda che si stanno ponendo i buyer della grande distribuzione organizzata da alcune settimane”. Il testo conteneva quelle che la procura ha considerato notizie «false e infondate» su Acqua Eva, descritta erroneamente come controllata dalla società di supermercati Lidl. I dirigenti di Acqua Eva sostengono che quell’articolo abbia causato l’interruzione del contratto dell’azienda con i supermercati Coop – «a nessun supermercato piace l’idea di mettere sugli scaffali un’acqua di proprietà di una catena concorrente» – e compromesso trattative e affari con altri gruppi per almeno dieci milioni di euro («La vostra linea di condotta non appare sufficientemente trasparente», aveva comunicato una società di investimenti ad Acqua Eva ritirando il proprio interesse a un’espansione internazionale del marchio).

Dalle indagini è risultato che il sito www.mercatoalimentare.net fosse registrato a nome di un’anziana signora morta nel 2011, nonna dell’ex dipendente di Fonti di Vinadio che è stato rinviato a giudizio. Secondo la Stampa, l’uomo avrebbe raccontato ai magistrati di aver registrato il sito a nome della nonna e di aver scritto l’articolo sotto dettatura del direttore commerciale di Fonti di Vinadio e dietro «forti pressioni» dell’azienda. L’uomo, che qualche tempo dopo si era licenziato, ha detto di aver lavorato in un clima «intimidatorio e di omertà». Fonti di Vinadio si è limitata a dire che «i processi si celebrano nelle aule giudiziarie e non sui giornali» e che l’azienda si difenderà «nelle sedi opportune e competenti con documenti alla mano».

Pochi giorni prima dell’articolo di venerdì sulla Stampa, l’amministratore delegato di Acqua Eva era stato intervistato nell’edizione locale di Cuneo, raccontando che Fonti di Vinadio aveva provato per due volte ad acquistare la sua azienda prima della pubblicazione del finto articolo. Per una notevole coincidenza, la pubblicità di Acqua Eva campeggiava sulla prima pagina sopra il titolo della sua intervista.


domenica 19 Marzo 2023

Sempre meno

Una nuova cospicua quota di licenziamenti è stata minacciata in una grande azienda giornalista britannica. Il gruppo Reach, che pubblica i tabloid quotidiani Daily Mirror Daily Express insieme a molte altre testate locali e che aveva da poco praticato altri tagli, ha comunicato a 420 dipendenti la possibilità che i loro ruoli siano eliminati, proponendo una serie di incentivi all’uscita volontaria. Reach ha 4mila dipendenti nel Regno Unito e in Irlanda.

 


domenica 19 Marzo 2023

Una guida

Una cosa che alcuni lettori di Charlie hanno chiesto, anche dopo che la pratica è stata citata anche all’interno del podcast Morning: le doppie pagine pubblicate sui due maggiori quotidiani (qualche volta anche sulla Stampa, ma con denominazioni un po’ meno ingannevoli) in promozione di eventi, mostre, progetti, attività aziendali, sono effettivamente pagine pubblicitarie prodotte dalle redazioni (di solito con autori appositi) e concordate con gli inserzionisti. L’assenza di qualunque indicazione su questa natura (Corriere Repubblica le chiamano rispettivamente “Eventi” e “Le Guide”) è una violazione delle norme stabilite dall’Ordine dei giornalisti: non l’unica, anzi, ma forse la più palese. La ragione dell’inosservanza è tutta economica: gli inserzionisti hanno interesse a che i propri messaggi non vengano percepiti dai lettori come pubblicitari e pagati ma condivisi dal giornale e dalla redazione, e investono per quello negli spazi suddetti e nella credibilità aggiunta (le pagine in questione vengono vendute di frequente, infatti).

” Primo dovere è di rendere sempre riconoscibile l’emittente del messaggio. Il lettore o spettatore dovrà essere sempre in grado di riconoscere quali notizie, servizi od altre attività redazionali sono responsabilità della redazione o di singoli firmatari e quali invece sono direttamente o liberamente espresse da altri.
Nel caso di messaggi pubblicitari, dovrà essere riconoscibile al lettore, spettatore o ascoltatore, l’identità dell’emittente in favore del quale viene trasmesso il messaggio, che può essere identificato come impresa o ente o anche come singola marca o prodotto o servizio purché chiaramente identificabile o riconoscibile”.


domenica 19 Marzo 2023

Kindle chiude con gli abbonamenti ai giornali

Amazon ha smesso di vendere abbonamenti ai giornali via Kindle, il proprio software-device-piattaforma che ormai quindici anni fa fu uno dei primi progetti rilevanti di distribuzione di abbonamenti digitali ai giornali stessi.


domenica 19 Marzo 2023

La vendita del Giornale è infine avviata

All’interno di un comunicato sui risultati del 2022 del gruppo, l’editore Mondadori ha annunciato ufficialmente giovedì la cessione della quota che possedeva del Giornale a una società di Paolo Berlusconi, che si aggiunge a quella già posseduta dalla stessa società. Negli accordi e nei progetti Berlusconi cederà poi la maggioranza delle quote alla famiglia Angelucci, che già possiede Libero Tempo. Della vendita si parla da tempo, e ci sono state accelerazioni e rallentamenti legati ai dubbi di Silvio Berlusconi, fratello di Paolo, rispetto a cedere un asset storico della famiglia nel sistema dei media. Secondo le ultime notizie la famiglia manterrebbe una quota di minoranza del Giornale .

“In data odierna Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. ha firmato il contratto relativo alla cessione a P.B.F. S.r.l. della partecipazione, pari al 18,45% del capitale sociale, detenuta in Società Europea di Edizioni (SEE S.p.A.), editore del quotidiano Il Giornale.
Il corrispettivo provvisorio della transazione è stato definito in 3,7 milioni di euro e prevede un meccanismo di aggiustamento basato sulla posizione finanziaria netta e sul capitale circolante netto di SEE alla data del closing, contrattualmente prevista entro il 30 giugno 2023. Gli effetti contabili di tale cessione verranno definiti e comunicati al perfezionamento dell’operazione.
Tale cessione è coerente con la strategia di focalizzazione sul settore dei libri e sulla dismissione di attività e di partecipazioni non strategiche”.


domenica 19 Marzo 2023

Da far vendere a vendere

Business of Fashion, il più completo e autorevole sito internazionale di informazione sulla moda, ha raccontato venerdì una ulteriore pratica di commistione tra i contenuti giornalistici sulla moda e gli interessi commerciali dei giornali dedicati. Sempre più siti stanno investendo sulle affiliazioni con siti di e-commerce o siti di brand che vendono i propri prodotti, una novità digitale già presente da alcuni anni su diversi siti di news ( compreso il Post), ma nel caso delle testate di moda – spiega Business of Fashion – partecipare a questi sistemi di affiliazione garantisce ai brand e alle aziende maggiore copertura anche negli altri spazi del giornale: un prodotto che, se venduto tramite i link presenti sul sito, genera una quota di ricavi anche per il sito stesso, viene più facilmente promosso dalla testata.

“«Di questi tempi le redazioni hanno impegni assai più estesi», dice Kelsey Ogletree, giornalista e fondatrice di Pitchcraft, una piattaforma che mette in relazione uffici stampa e piccole aziende con giornalisti e redattori: «Di un prodotto non considerano solo se meriti una copertura giornalistica, ma anche quale sia il potenziale di ricavo per la loro testata»”.


domenica 19 Marzo 2023

Charlie, le cose vere

A metà mandato della presidenza Trump i più seri giornali americani aprirono un dibattito su come comportarsi nei confronti delle dichiarazioni del presidente dal contenuto falso: da una parte le cose che dice un presidente degli Stati Uniti costituiscono una notizia ed è opportuno che le persone ne vengano informate, dall’altra l’effetto collaterale era la diffusione di notizie false e la creazione di errate convinzioni nella testa dei lettori. Qualcuno obiettò alle preoccupazioni spiegando che sarebbe bastato un buon lavoro giornalistico di confutazione delle falsità, ma non era così semplice, gli risposero: sia perché non è consuetudine riferire qualunque virgolettato applicandoci un circostanziato lavoro di fact checking, e sarebbe stato strano farlo solo per il presidente, sia perché comunque questo non si può fare nelle titolazioni, che spesso sono la sola cosa che le persone leggono.
Ciò nonostante, l’eccezionale quota di falsità diffuse da Trump e i rischi conseguenti convinsero le testate americane preoccupate a impegnarsi in questo senso, e a cercare di inserire notazioni anche molto sintetiche sulla falsità delle informazioni false.

È una lezione che andrebbe imparata anche da noi, e le occasioni per pensarci sono frequenti: la più recente è quella con cui il Corriere della Sera (e altre testate, con minore rilievo) ha sintetizzato e riferito in prima pagina il contenuto di un’ipotesi attribuita agli “apparati di sicurezza” sui numeri potenziali di immigrati in prossimo arrivo in Italia. Già l’articolazione dell’ipotesi era assai più sfuggente e fragile di come è poi stata trasformata in un titolo: ma se anche fosse stato vero che in qualunque documento autorevole fosse stata contenuta la frase virgolettata «Migranti, 685mila dalla Libia», sarebbe stato un buon servizio di informazione – invece è diventato un servizio di strumentalizzazione politica e allarme infondato – aggiungere poche brevi parole sul contesto e sull’implausibilità del dato come veniva citato.

Fine di questo prologo.


domenica 12 Marzo 2023

I giornali spiegati ammodìno

La tradizionale rassegna stampa del Post, in cui vengono esposti meccanismi e sviluppi della vita dei quotidiani, questa settimana avrà due appuntamenti all’interno del festival Pensavo Peccioli, in Toscana: sabato con Francesco Costa e Luca Sofri, titolari, e domenica con Sofri e Michele Serra, autore sul Post della newsletter Ok Boomer!.


domenica 12 Marzo 2023

Cose ancora in classifica

La rivista/libro Cose spiegate bene del Post sta diventando sempre di più da esperimento collaterale a formato autonomo remunerativo per la sostenibilità del giornale: il quinto numero, ” La Terra è rotonda “, uscito da dieci giorni, è entrato come i precedenti nella classifica dei libri più venduti della “saggistica”, al quinto posto (che non conteggia le migliaia di copie vendute in anteprima agli abbonati del Post: offerta che a sua volta contribuisce alla quota di servizi “premium” destinati agli abbonati).
Questa settimana, dopo altri casi simili, l’editore Mondadori ha tra l’altro annunciato un proprio progetto con la stessa ispirazione.


domenica 12 Marzo 2023

Una cosa che non c’era

Tabloid, la rivista dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, ha pubblicato una lunga intervista col direttore del Post sulle ragioni della sensibile crescita del giornale online e della sua raggiunta sostenibilità.

“Ci dicono che siamo innovativi, in realtà abbiamo fatto delle cose vecchie, cioè abbiamo spiegato le cose bene. Non è una cosa così straordinaria, anzi è molto antica. Il punto è che questa cosa non c’era in giro. Abbiamo dato risposta – e anche un po’ creato e alimentato – a una domanda che non aveva risposta”.


domenica 12 Marzo 2023

Palazzi del Mezzogiorno

Il Fatto ha raccontato in un paio di occasioni le vicende immobiliari e giudiziarie che riguardano i passaggi di proprietà della Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano con sede a Bari che ha passato anni burrascosi . Sabato ne ha scritto Giovanni Valentini, con toni indignati.

“Nel panorama desolato della stampa nazionale, il caso della Gazzetta del Mezzogiorno, quotidiano di Bari con 135 anni di storia alle spalle, assume il valore emblematico di un paradigma edil-editoriale che rischia di suscitare uno scandalo architettonico e urbanistico. La vicenda conferma una volta di più, per chi finge ancora di non saperlo, che gli “editori impuri” non comprano i giornali per fare informazione, bensì per fare affari su altri tavoli: edilizia, sanità, concessioni statali, autorizzazioni regionali o comunali. E lo fanno anche a costo di sfidare le leggi urbanistiche, come appunto nel caso della Gazzetta, assistititi magari da uno stuolo di avvocati con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra”.


domenica 12 Marzo 2023

Ricavi, utili, fatturato

Le pagine dell’economia dei più grandi quotidiani – quelli che beneficiano della maggior quota degli investimenti pubblicitari di grandi aziende – sono governate da logiche che spesso hanno a che fare col mantenimento di buone relazioni con le aziende in questione o con altri interessi legati alle proprietà del gruppo editoriale. Ogni tanto, per ricordare questi fattori che in tempi di difficoltà economiche limitano l’autonomia giornalistica dei quotidiani, su Charlie facciamo degli esempi: spesso quelli più vistosi provengono dal Corriere della Sera, ma venerdì ci sono state due interessanti pagine di Repubblica in successione. La prima è dedicata a promuovere le comunicazioni dell’azienda automobilistica della stessa proprietà che possiede il giornale (per il secondo giorno consecutivo) e a incentivare gli inserzionisti pubblicitari a investire sui giornali di carta; la seconda soltanto a comunicazioni sui successi di grosse aziende.


domenica 12 Marzo 2023

Stracci

Questa settimana è riaffiorata la più teatrale delle storie umane e imprenditoriali dell’editoria giornalistica italiana degli ultimi anni, quella che si è sviluppata intorno alla cessione del maggiore gruppo del settore – GEDI – dal suo storico editore (la famiglia De Benedetti) alla più famosa e storica famiglia di industriali italiani (gli Agnelli-Elkann). Le puntate precedenti sono raccontate qui, ma la sintesi per capire i commenti dei giorni scorsi è questa: Carlo De Benedetti ha accumulato un risentimento e una delusione che esplicita con frequenza per la cessione da parte dei suoi figli del giornale “di famiglia” – Repubblica – a una proprietà con tutt’altre inclinazioni rispetto a quel giornale, e per questi risentimento e delusione ha persino creato un quotidiano nuovo, Domani.
Adesso De Benedetti ha pubblicato un suo libro con la casa editrice Solferino (che è del Corriere della Sera) e per la sua promozione sta dando interviste (soprattutto al Corriere della Sera) e andando in televisione (soprattutto a La7, che è dello stesso gruppo dell’editore Solferino e del Corriere della Sera), e nell’occasione ha di nuovo detto cose sprezzanti e drastiche sul suo ex giornale Repubblica e sui suoi nuovi proprietari. E sabato Francesco Merlo, il giornalista che risponde alle lettere su Repubblica, ha voluto ribattere ricordando quello che di De Benedetti gli disse Eugenio Scalfari, fondatore del giornale.

“Ho ricevuto diverse lettere su Carlo De Benedetti e ho scelto la sua anche perché rievoca una mia intervista a Eugenio Scalfari che, sullo stesso argomento, fu un momento di rara allegria. Cominciava così: “Caro Eugenio, sei rimbambito?”. E lui: “Sono arrivato a un’età, tra i novanta e i cento, che non è più quella dei vecchi né dei molto vecchi, ma quella dei vegliardi. Spesso sono rimbambiti, ma talvolta sono ancora più lucidi degli altri perché vedono di più e meglio. A volte sono bambini, altre volte sono saggi e tra le cose che vedono meglio ci sono i rancori e le acidità. I vegliardi sanno riconoscerli e, se è il caso, anche aggirarli”. Non ho mai fatto rileggere a nessuno il testo di un’intervista ed Eugenio non me lo chiese. Fu pubblicata il 18 gennaio 2018. Finiva così: “De Benedetti parla di matrimonio monogamico. Spiega che quello con Repubblica è indissolubile, dice che ama ancora Repubblica e che l’amerà per sempre”. E Scalfari: “La ama, ma vuole liberarsene. La ama come quegli ex che provano a sfregiare la donna che hanno amato male e che non amano più””.


domenica 12 Marzo 2023

Quasi?

Dopo diversi mesi di avantindré c’è stata una nuova accelerazione nella vendita del Giornale alla famiglia Angelucci, che già possiede i quotidiani LiberoTempo Corriere dell’Umbria. Ne hanno scritto diversi giornali come una decisione ormai presa, noi ne riparliamo a cose fatte quanto si sapranno i dettagli con maggiore chiarezza.


domenica 12 Marzo 2023

Frottola

Aldo Cazzullo, uno dei più noti giornalisti italiani, ha risposto a un lettore nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera a proposito della supposta “egemonia della sinistra nei giornali italiani”.

“Il Giornale appartiene alla famiglia Berlusconi, il cui capostipite Silvio è lo storico leader del centrodestra italiano; ora pare lo stia vendendo alla famiglia Angelucci, il cui capostipite Antonio è stato per tre volte parlamentare di Forza Italia e ora è parlamentare della Lega, già controlla Libero Il Tempo ed è in trattativa per acquisire La Verità. Il Sole24Ore è di Confindustria. Stampa Repubblica sono degli eredi della famiglia Agnelli. L’Espresso, un tempo testata di battaglia della sinistra, è del presidente della Salernitana. Il Fatto Quotidiano , giornale critico verso il governo, lo è almeno altrettanto con il Partito Democratico. E si potrebbe continuare. Guardi signor Luglio che la storia dell’egemonia della sinistra sull’informazione è una frottola colossale”.