Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 11 Giugno 2023
Scrivemmo su Charlie due anni e mezzo fa che ” Upday è il servizio che gestisce le news proposte dagli smartphone Samsung, ma a differenza di quanto avviene per esempio col servizio analogo di Apple, non è di Samsung: è una testata internazionale creata dal grande editore tedesco Axel Springer con piccole redazioni in ogni paese che curano e arricchiscono l’offerta scelta tra i vari siti di news. Upday muove quindi a sua volta grande quantità di traffico prezioso sui giornali online”.
Nel frattempo l’edizione italiana di Upday si è spostata molto verso la produzione di contenuti giornalistici propri e originali, crescendo molto in numeri di traffico e in raccolta di partnership. Questa settimana, però, l’editore ha improvvisamente e bruscamente licenziato i responsabili di diverse redazioni europee, e anche di quella italiana, compreso il direttore Giorgio Baglio, senza nessun preavviso e con la motivazione della “rimozione del ruolo” (realizzando solo in un secondo momento che secondo la legge italiana una testata giornalistica registrata ha bisogno di un direttore responsabile, per cui è stato nominato poi “ad interim” Enrico Codella).
La spiegazione di questo intervento così aggressivo e radicale di riduzione dei costi sta probabilmente nelle perdite e nei risultati insoddisfacenti del servizio che è stato introdotto di recente negli Stati Uniti, ” Samsung News “, più diretto a gestire l’aggregazione di contenuti altrui attraverso un algoritmo e all’interno di un sito e un’app propri, piuttosto che rimandando alle fonti originali. E che Axel Springer vuole estendere anche all’Europa, rimpiazzando il modello di Upday, ma con strutture molto più economiche e non giornalistiche.
domenica 11 Giugno 2023
Il Fatto ha pubblicato giovedì un articolo di ipotesi – riferite a fonti anonime e non particolarmente circostanziate – sulle intenzioni del nuovo editore del Giornale, Antonio Angelucci, che lo ha appena acquistato dalla famiglia Berlusconi e che possiede già i quotidiani Libero e Tempo .
“Obiettivo via Solferino. Rubare copie al Corriere della Sera. Far masticare amaro Urbano Cairo che, con la sua televisione, La7, dà tanti dispiaceri a Donna Giorgia. Questa la mission del Giornale targato Angelucci, che prenderà il largo da metà luglio con l’arrivo di un nuovo direttore, anzi un ennesimo ritorno, Alessandro Sallusti, che negli ultimi anni ha avuto il merito di rivitalizzare Libero, ma che in via Negri non si era lasciato benissimo. Le redazioni, però, sanno farsi concave e convesse”.
domenica 11 Giugno 2023
L’edizione italiana della testata americana di cinema e spettacolo The Hollywood Reporter, pubblicata per ora online da un mese e diretta da Concita De Gregorio, ha pubblicato un estratto da un libro che raccoglie molti interventi sulla situazione della cultura italiana. Il testo pubblicato è una conversazione della curatrice Marta Rizzo con il critico cinematografico Fabio Ferzetti, che parla anche di cose che riguardano i giornali (e delle questioni citate nel prologo di questa newsletter).
“I condizionamenti [della libertà di giudizio] sono sostanzialmente di due tipi. Ci sono quelli imposti dal luogo in cui ci si esprime e quelli che invece lo stesso critico tacitamente assegna al proprio lavoro. Entrambi possono essere subdoli. Entra in gioco lo stile comunicativo della testata o del sito, che possono influenzare non sempre per il meglio il lavoro del critico. Possono pesare, in modo opaco e inconfessato, i rapporti personali con artisti, produzioni, distribuzioni. O i rapporti istituzionali che quel giornale, quel sito, quella cattedra, intrattiene con enti esterni. Ci sono poi gli scambi non dichiarati, la tal produzione può concedere o negare interviste e anticipazioni, ad esempio.
Una volta i giornali soprattutto a grande tiratura sapevano che accordare spazio al cinema significava ricevere anche pubblicità. Ma il cinema non era certo la sola voce in materia. Viceversa siti che si occupano solo di cinema, e vivono solo o quasi solo di promozione cinematografica, preferiranno uno stile comunicativo più soft, più fintamente “oggettivo” e sostanzialmente imbrigliato nei modi. Tutto questo fa parte delle regole del gioco ma non c’è nessuna trasparenza, non ci sono regole chiare e condivise, spetta alla sensibilità del singolo adeguarsi […]
Il mondo del cinema poi è piccolo, ci si conosce o almeno ci conosceva più o meno tutti, il che porta alcuni autori, o produttori, a considerare i critici come i giornalisti “embedded” nelle zone di guerra, enfatizzando e personalizzando ogni forma di dissenso. Se il grosso della categoria adotta forme caute e mediate, ogni dubbio, riserva o distinguo, esplicito e magari pronunciato in modo appassionato – perché senza una sincera passione è difficile esercitare questo mestiere – verrà vissuto come un violento attacco personale”.
domenica 11 Giugno 2023
Nel Regno Unito l’ente di autoregolamentazione della pubblicità ha stabilito che i messaggi di alcune pubblicità di aziende energetiche che lavorano soprattutto con i combustibili fossili siano ingannevoli, di fatto “greenwashing” delle aziende stesse a partire da un loro impegno in realtà limitato.
“L’ Advertising Standards Authority , l’ente di autoregolamentazione del settore pubblicitario del Regno Unito, mercoledì 7 giugno ha deciso di vietare la pubblicazione di una campagna pubblicitaria della multinazionale britannica Shell, una delle aziende più importanti del mondo del settore petrolifero, petrolchimico e dell’energia. Le pubblicità che compongono la campagna sono state considerate ingannevoli per i consumatori, dal momento che mostrerebbero solo processi di produzione di energia tramite l’uso di fonti rinnovabili e non inquinanti, distorcendo la realtà. La maggior parte degli affari di Shell dipende ancora dai combustibili fossili”.
domenica 11 Giugno 2023
I giornalisti del Corriere della Sera hanno scioperato venerdì e sabato per chiedere una serie di cose all’editore (per due giorni il sito non è stato aggiornato, e il quotidiano di carta non è uscito sabato e domenica): ma all’eccezionalità della decisione si è sommata anche una rottura tra la redazione e i suoi rappresentanti del Comitato di redazione, che erano arrivati a un accordo con l’editore che però l’assemblea dei giornalisti non ha accettato. La maggioranza dei membri del Comitato di redazione si è quindi dimessa, facendolo decadere.
“L’assemblea dei giornalisti del Corriere della Sera ha bocciato l’ipotesi di accordo raggiunta dal Cdr dopo una trattativa con l’azienda per portare avanti le istanze della redazione e dopo la proclamazione di due giorni di sciopero. Uno sciopero che era stato deciso all’unanimità di fronte al rinnovato e reiterato peggioramento delle relazioni sindacali. Dopo mesi di confronto, infatti, l’azienda non aveva dato risposte alle nostre istanze: il rinnovo dell’accordo di smart working, il premio di risultato e l’aggiornamento professionale, messo in discussione dopo oltre vent’anni. Il tavolo si stava chiudendo con la proroga dello smart working per 12 mesi, un premio di risultato per il 2023 e una rimodulazione dell’aggiornamento professionale.
Le risposte arrivate alla fine della trattativa tra Cdr e azienda, però, non hanno convinto l’assemblea che ha deciso, nella sua sovranità, di confermare i due giorni di sciopero dalle 00.01 di venerdì alla mezzanotte di sabato. Il Cdr ha presentato a maggioranza le dimissioni e, quindi, decade.
Il Cdr”.
L’editore si è limitato a una laconica e meravigliata risposta che è sembrata voler approfittare di questa crisi nella redazione:
“Abbiamo trattato con il Comitato di Redazione (CdR) che è l’organismo delegato dall’assemblea per le relazioni sindacali.
Abbiamo trovato un accordo con il Comitato di Redazione che non è stato successivamente approvato dall’assemblea.
Ricordiamo che l’editoria è in un momento di grande trasformazione aggravato dall’aumento dei costi delle materie prime.
In un momento come questo sarebbe fondamentale lavorare uniti con l’apporto delle migliori energie della redazione.
Speriamo che i lettori capiscano la decisione assunta dall’assemblea.
L’Editore”.
domenica 11 Giugno 2023
La rivista scientifica Nature ha pubblicato una ricerca le cui conclusioni sono che una percezione tra le persone che ci sia un “declino morale” di questi tempi sia infondata: che questa percezione – di peggioramento delle doti umane di civiltà, onesta, correttezza – ci sia sempre stata, che non corrisponda ad altre più concrete impressioni delle persone interrogate, e che in particolare si debba alla sporporzionata promozione da parte dei mezzi di informazione di notizie negative e in cui le persone si comportano male.
“First, numerous studies have shown that human beings are especially likely to seek and attend to negative information about others, and mass media indulge this tendency with a disproportionate focus on people behaving badly. As such, people may encounter more negative information than positive information about the morality of ‘people in general’, and this ‘biased exposure effect’ may help explain why people believe that current morality is relatively low”.
domenica 11 Giugno 2023
La “Giornata mondiale dell’ambiente” introdotta dalle Nazioni Unite per il 5 giugno – lunedì scorso – è un buon esempio per capire come occasioni di questo genere possano essere utilizzate dai giornali per robuste raccolte pubblicitarie. I due maggiori quotidiani hanno proposto agli inserzionisti due iniziative speciali: il Corriere della Sera ha virato sul verde la propria carta (e la sua versione digitale), mentre Repubblica ha creato due eventi speciali e una “sovracopertina” dedicata. Le rispettive concessionarie hanno così potuto coinvolgere molte aziende nell’adesione alla giornata di sensibilizzazione e vendere loro pagine in cui le suddette aziende hanno usato il contesto per promuovere dei messaggi sul proprio “ambientalismo”: “uno scooter a impatto 0”, BMW; “diminuire drasticamente le nostre emissioni di gas serra”, Benetton; “rispettare l’ambiente è avere cura del futuro di tutti”, Esselunga; “dare a tutti un futuro sostenibile”, Edison; “Amo il pianeta ogni giorno”, I Provenzali; “attenzione all’ambiente”, Barilla; e molte altre ancora. Su Repubblica soltanto le pubblicità che occupavano un’intera pagina erano 24, portando il giornale a una foliazione eccezionale di ben 68 pagine; sul Corriere della Sera 26 per 64 pagine complessive. Il lunedì precedente i due quotidiani si erano limitati a 40 e 48 pagine.
Repubblica ha poi raccolto le sponsorizzazioni per i suoi due eventi romano e milanese, il cui programma è stato ricco di presenze aziendali e di “partner” (a2a, Arvedi, cdp, Coca-Cola, Edison, Fincantieri e decine di altri). Il Corriere della Sera invece ha pubblicato per diversi giorni la sua sezione sull’ambiente chiamata “Pianeta 2030”, che gli permette di offrire diversi articoli alla promozione di iniziative di una specifica azienda.
domenica 11 Giugno 2023
Telegraph Media Group, il gruppo editoriale britannico che pubblica il quotidiano Daily Telegraph, la sua versione domenicale Sunday Telegraph (e anche la rivista The Spectator), è stato rilevato dalla principale creditrice del gruppo, la Bank of Scotland, e sta per essere venduto. La decisione della banca deriva dall’impossibilità di recuperare il credito di un miliardo di sterline nei confronti dell’azienda e della famiglia Barclay (che possiede la maggioranza delle quote del gruppo): che in questi giorni sta cercando soluzioni e compromessi per non perdere la proprietà. Il Daily Telegraph, quotidiano conservatore tra quelli considerati “quality press” (per distinguerli dai più diffusi ma meno affidabili tabloid), è cresciuto molto negli ultimi anni: nel 2022 ha dichiarato utili per 30 milioni di sterline e attualmente dichiara 750mila persone abbonate, tra versione digitale e cartacea. È da sempre molto vicino al partito conservatore britannico (l’ex primo ministro conservatore Boris Johnson pubblicava ogni settimana una rubrica sul quotidiano, ed è stato direttore della rivista Spectator), per cui potrebbe essere venduto a una cifra superiore rispetto all’effettivo valore di mercato – stimato in circa 600 milioni di sterline – anche in considerazione delle elezioni generali in Regno Unito previste per il gennaio 2025 e sulle quali un media di questa importanza potrebbe avere una grande influenza.
I fratelli Barclay, gemelli (uno dei due è morto nel 2021, l’altro ha 78 anni), comprarono il gruppo editoriale per 665 milioni di sterline nel 2004: i media britannici ne sono sempre stati molto curiosi, data la dimensione delle loro ricchezze – costruite con molte attività, soprattutto nel settore immobiliare, dei centri commerciali, delle catene di negozi – e la loro scarsa inclinazione alla pubblicità (anche in questa occasione i media britannici ospitano ipotesi le più varie sulle reali condizioni finanziarie della famiglia Barclay). Il Post ne scrisse due anni fa.
“David e Frederick Barclay, cresciuti a Londra durante i bombardamenti nazisti nella Seconda guerra mondiale e successivamente sfollati nelle campagne circostanti, iniziarono a muoversi nel settore alberghiero dopo aver acquistato a basso costo delle proprietà londinesi poi convertite in hotel grazie ai proventi delle loro varie mansioni artigianali svolte in precedenza. Dal settore alberghiero entrarono poi in quello immobiliare, trovando una serie di investimenti di successo che nel 1995 permisero loro di comprare l’hotel più prestigioso di Londra, il Ritz, e nel 1993 di costruire un castello a Brecqhou, una delle isole nel Canale della Manica”.
Il sito Press Gazette ha una efficace e affascinante ricostruzione dei vari aspetti della questione Daily Telegraph.
domenica 11 Giugno 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di aprile 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva di valore un po’ grossolano, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. Ad aprile gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati tutti negativi – con l’eccezione di un dato invariato per il Fatto e di una piccola crescita ancora per Libero – con perdite tra l’1 e il 2%, e un po’ di più per il Sole 24 Ore e Avvenire.
Se guardiamo i già più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, le perdite maggiori del 10% le hanno la Stampa, il Giornale e la Verità: gli altri perdono soprattutto tra il 5 e il 7%, e ad andare meglio sono invece il Fatto e Repubblica (di entrambi però segnaliamo da quattro mesi l’aggiunta – rispetto a un anno fa – di quote rilevantissime di abbonamenti digitali a prezzo scontatissimo o gratis).
Se invece, come facciamo ogni mese, consideriamo un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra in cui entra un po’ di tutto, i risultati sono diversi: li si ottengono sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono sempre le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 177.539 (-4%)
Repubblica 100.595 (-14%)
Stampa 73.919 (-12%)
Sole 24 Ore 58.245 (-5%)
Resto del Carlino 56.876 (-12%)
Messaggero 49.110 (-5%)
Fatto 40.789 (-8%)
Nazione 37.860 (-10%)
Gazzettino 35.200 (-6%)
Dolomiten 28.956 (-8%)
Giornale 27.711 (-11%)
Messaggero Veneto 26.958 (-6%)
Verità 25.614 (-17%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.630 (+12%)
Avvenire 15.553 (-9%)
Manifesto 11.572 (-12%)
ItaliaOggi 8.419 (-11%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese sono andati di nuovo un po’ meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, ma anche il Messaggero. Repubblica torna a perdere assai di più e peggio ancora va la Verità, che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita e ora mostra quindi il dato peggiore, a beneficio ancora di Libero che si sta riprendendo dei lettori che aveva perso a favore della Verità durante le proprie campagne contro i novax.
Tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle della Gazzetta di Parma (-13%), del Giornale di Brescia (-13%), della Nuova Sardegna (-13%), del Tempo di Roma (-14%) e del Tirreno (-11%), ma quasi tutti sono intorno al -8%/-10%.
(Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 11 Giugno 2023
Il governo dello stato australiano del Victoria ha annunciato che dal primo luglio gli enti dello stato non useranno più i giornali di carta maggiori per la propria pubblicità, generando allarme, proteste e indignazione presso alcuni dei giornali che ricevevano finora i maggiori investimenti in questo senso. La ragione citata è intuitiva e condivisibile: i giornali di carta sono giudicati uno strumento troppo costoso rispetto alla capacità di raggiungere i cittadini con le comunicazioni pubbliche, se questi costi e queste capacità sono confrontati con quelli degli strumenti digitali, che il Victoria intende usare esclusivamente d’ora in poi. «Comunicheremo là dov’è il pubblico», ha detto il primo ministro, citando gli strumenti online e digitali e la televisione, che oltre ad avere pubblici molto più estesi garantiscono – nel caso dei primi – anche una maggiore permanenza e visibilità dei messaggi. Secondo un ente di ricerca che ha raccolto dei dati, i governi statali e federale australiani hanno speso nel 2022 40 milioni di dollari australiani (circa 25 milioni di euro) in pubblicità sui giornali.
I maggiori quotidiani vittime della decisione (qui avevamo spiegato il quadro dei quotidiani australiani) hanno protestato vivacemente, definendola un attacco alla loro sopravvivenza e un danno per la collettività.
La decisione del governo del Victoria è la prima in un’istituzione di questa importanza a proposito di una questione che è attuale in tutto il mondo: il costo in denaro pubblico di comunicazioni che ormai in moltissimi casi potrebbero essere più efficaci e capillari attraverso il web e i social network, e spendendo meno; ma sottraendo ai giornali già in crisi di risorse una preziosa fonte di ricavo accessoria, che di fatto è spesso una sorta di indiretto contributo pubblico. Ne avevamo scritto su Charlie tre anni fa.
domenica 11 Giugno 2023
CNN ha licenziato il suo presidente Chris Licht. Notizia al tempo stesso molto eclatante – CNN è una delle più importanti aziende giornalistiche americane e mondiali – e non più molto sorprendente, dopo le vicissitudini degli ultimi mesi: molte analisi di questi giorni dicono che l’articolo dell’ Atlantic ha estinto gli ultimi dubbi del management di Warner Bros. Discovery, la società che possiede CNN. Licht era arrivato solo tredici mesi fa per ricostruire CNN dopo il periodo di battagliera identità antitrumpiana, aveva predicato e praticato un nuovo corso di ritorno alle origini e maggiore equidistanza, con le notizie protagoniste rispetto all’impegno partigiano, ma i risultati di audience erano rimasti deludenti e una serie di incertezze, resistenze, scelte criticate era culminata nel fallimento pubblico della gestione dell’intervista con Donald Trump del mese scorso. Che aveva messo in discussione tutto il progetto e il ruolo stesso di Licht.
domenica 11 Giugno 2023
Tra le cose che possono influenzare l’indipendenza del lavoro giornalistico ce n’è una che non ha a che fare con compromessi e scambi più direttamente commerciali – come quelle di cui capitano spesso esempi qui su Charlie – ma con gli stessi interessi editoriali di testate e giornalisti, con le loro opportunità di fare un lavoro di informazione migliore e completo. È la questione dell’accesso. Per ottenere informazioni, per ottenerle prima degli altri, chi lavora ai giornali costruisce delle relazioni proficue e con vari livelli di intensità: può succedere per avere informazioni sulle inchieste giudiziarie; può succedere per assistere alle sfilate di moda o avere anteprime in quel settore; può succedere per ottenere interviste “esclusive” di personaggi dello spettacolo; può succedere per essere i primi destinatari di dichiarazioni o annunci da parte di politici o responsabili del governo; eccetera. In tutti questi casi, la libertà critica e l’indipendenza di giudizio subiscono delle limitazioni, che a volte vengono richieste esplicitamente e altre volte sono implicite, una sorta di rispettosa e leale autocensura. Cosa fareste se aveste un programma di interviste televisive e vi offrissero un’esclusiva con Bruce Springsteen per promuovere il suo nuovo disco, o con Martin Scorsese per promuovere il suo nuovo film, e riteneste deboli e criticabili l’uno o l’altro? Qualunque sia la vostra risposta, quello che sappiamo è che se non occultaste pubblicamente il vostro giudizio critico difficilmente otterreste d’ora in poi la fiducia degli uffici stampa di ospiti altrettanto importanti. E succede anche su scale molto più ridotte: i politici che vanno ospiti nei programmi televisivi ci vanno spesso a fronte di garanzie – esplicite o implicite – sul trattamento che riceveranno, su quello di cui si parlerà o non si parlerà. La citazione estesissima e superflua dei nomi e delle cariche di pubblici ministeri o ufficiali dei carabinieri all’interno degli articoli di cronaca è una sorta di compenso – ma solo quella più trasparente – nei confronti di chi ha fornito informazioni utili per quegli articoli. Non si mantiene una possibilità di scrivere di moda senza trattenere molti giudizi, non si resta competitivi con le altre agenzie di stampa trascurando le richieste di copertura delle dichiarazioni di questo o quel politico.
Molto lavoro dei giornali si basa su queste inevitabili ma scivolose consuetudini, e sul mantenere equilibri accettabili o meno tra avere accessi privilegiati e precoci alle notizie, ed essere liberi di trattarle con indipendenza. E vale anche per grandi cose: imputati in processi importanti che vogliano presentare la propria versione scelgono a chi proporre un’intervista e ottengono domande concilianti e rispettose, anche da giornali che li avevano sbattuti come mostri in prima pagina; governi che vogliano trovare spazio acritico alla propria propaganda possono farlo semplicemente offrendo “esclusive” e anteprime a una testata piuttosto che a un’altra, in cambio di una confezione indulgente di quelle “esclusive”, anteprime, interviste, dichiarazioni. Non è per servilismo o simpatia che una testata le accoglie, confeziona e titola favorevolmente: è per battere la concorrenza.
Fine di questo prologo.
domenica 4 Giugno 2023
Sabato prossimo il Post terrà a Verbania un’edizione delle sue giornate di incontri pubblici chiamate Talk, grazie all’invito e alla collaborazione del Comune di Verbania e del Circolo dei Lettori di Torino.
domenica 4 Giugno 2023
Con una discreta frequenza la rubrica quotidiana di Michele Serra su Repubblica ospita critiche alle scelte dei giornali che spesso sembrano riguardare la stessa Repubblica. Mercoledì Serra è stato esplicito nel prendere in giro una sezione del sito del giornale.
“Faccio i più affettuosi auguri al nuovo tag REALI, che si aggiunge ai tantissimi contenuti offerti dal sito di Repubblica. Conto di essere assente giustificato qualora mancassi, da lettore nonché da anziano collaboratore, a ogni singolo appuntamento della festosa rassegna di matrimoni e fidanzamenti di principi regnanti dell’intero pianeta, con ricca descrizione dei cerimoniali, dei vestiti, dei menù, delle acconciature, degli strascichi, degli anelli, dei diademi, delle corone; e della appassionante trama di parentele tra royal families di ogni latitudine; e come erano vestiti la cugina Wilma, il cognato Cirillo, lo zio Hohenzollern”.
domenica 4 Giugno 2023
Una sentenza su una denuncia per diffamazione è stata molto raccontata in Australia, sia perché a uscirne soddisfatti sono stati alcuni giornali importanti che hanno voluto sottolinearlo, sia perché la storia era piuttosto ricca e particolare.
“Il processo è durato poco meno di un anno, è stato seguitissimo dai giornali australiani e avrà conseguenze molto pesanti per Roberts-Smith, che secondo l’edizione australiana del Guardian dovrà probabilmente pagare un risarcimento milionario ai tre giornali coinvolti – il Sydney Morning Herald , The Age, e il Canberra Times – e riconsegnare la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare in Australia, che aveva ottenuto proprio per alcune operazioni militari condotte in Afghanistan. Le motivazioni della sentenza non sono ancora state diffuse, e il giudice non ha ancora stabilito la cifra esatta che Roberts-Smith sarà tenuto a pagare ai giornali”.
domenica 4 Giugno 2023
A-Hed è una storica rubrica del Wall Street Journal che racconta singolari e curiose storie con implicazioni relative a piccole economie, in un punto a metà tra le storie uniche o quasi e i “fenomeni” più estesi. Mercoledì è riuscita a trovare alcune persone che tuttora ritagliano articoli di giornale, e li mandano per posta a parenti o conoscenti per condividerli.
domenica 4 Giugno 2023
Immagini dell’editore di Repubblica e Stampa – amministratore delegato della società Exor – sono state pubblicate mercoledì su Stampa e Repubblica, venerdì su Stampa e Repubblica. Giovedì su Repubblica è stato invece il turno del presidente, di Exor.
domenica 4 Giugno 2023
Lunedì dovrebbe esserci uno sciopero di dimensioni eccezionali dei dipendenti di una delle aziende giornalistiche più importanti degli Stati Uniti, Gannett: che pubblica decine di quotidiani in tutto il paese, compresa la testata nazionale a grande diffusione USA Today. I giornalisti in sciopero (saranno probabilmente più di mille) chiedono le dimissioni dell’amministratore delegato accusato di scarsa visione sul futuro dell’azienda e dei suoi prodotti di informazione, e di dare priorità solo alle riduzione dei costi. Gannett aveva licenziato 400 persone l’anno scorso e annunciato circa altri 200 licenziamenti a dicembre.
domenica 4 Giugno 2023
Mercoledì il Fatto ha pubblicato una smentita di una notizia molto circolata e discussa sui giornali lo scorso febbraio (con una particolare e neutrale scelta di indicare come lo stesso Fatto fosse stato uno dei giornali che l’avevano diffusa traendola da un articolo originale della Stampa): l’impressione, in assenza di scuse ai lettori o delle allusioni più esplicite al proprio errore che si usano di norma con le “correzioni”, è stata che la comunicazione – a tre mesi di distanza – potesse avere a che fare con le minacce di querele da parte del protagonista della falsa notizia.
domenica 4 Giugno 2023
L’ Atlantic – illustre mensile statunitense che oggi ha spostato le sue priorità sul web, ed è di proprietà di Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs – ha pubblicato una lunga ricostruzione delle difficoltà di CNN e del suo nuovo amministratore delegato che intendeva ricostruirne l’identità ma che sta incontrando complicazioni: la più vistosa delle quali, l’intervista televisiva con Donald Trump.
domenica 4 Giugno 2023
Venerdì il Post ha cercato così, nel suo piccolo, di arginare una notizia che stava dilagando su molti siti italiani e internazionali.
” Tra giovedì e venerdì alcuni giornali e siti hanno dato la notizia di un drone statunitense controllato da una intelligenza artificiale (AI) che in “una simulazione” avrebbe ucciso il proprio operatore, in modo da svolgere più efficacemente e senza impedimenti il compito che le era stato assegnato.
La storia non sembrava però avere basi molto solide: l’Aeronautica militare degli Stati Uniti aveva negato che fosse stata condotta una simulazione di questo tipo e da varie analisi e ricostruzioni era emerso il sospetto che la notizia avesse avuto origine dal racconto di uno “scenario”, cioè di una rappresentazione ipotetica e teorica di che cosa potrebbe accadere se si impiegassero le AI per distruggere obiettivi con i droni, e non di una simulazione in cui si testa direttamente il sistema (comunque virtualmente). Dopo alcune ore e ulteriori richieste di chiarimenti, si è infine avuta la conferma che si trattava di un “esercizio mentale”. La notizia era stata riportata con qualche errore e approssimazione, forse anche a causa della grande attenzione di questo periodo verso le AI e le preoccupazioni sulle loro capacità”.
domenica 4 Giugno 2023
Cory Doctorow fu uno dei più precoci esperti e studiosi delle innovazioni digitali, tra gli anni Novanta dello scorso secolo e il primo decennio di questo, quando erano ancora in pochi a essere capaci di analisi competenti su quello che stava succedendo: e uno dei più seguiti nelle vivaci comunità dei blogger di allora. Da allora ha continuato a seguire gli sviluppi delle culture digitali e delle innovazioni tecnologiche e lil mese scorso ha iniziato a pubblicare una serie di riflessioni e proposte per affrontare quella che sostiene essere una questione di vita o di morte per il giornalismo, ovvero la sproporzione di forze tra gli interessi dell’informazione e quelli delle grandi società tecnologiche (Apple, Meta, Amazon, Google, Microsoft). Le quattro proposte che sta articolando nei suoi successivi interventi sono:
– ridurre le dimensioni e il potere delle strutture di gestione della pubblicità dentro queste grandi società.
– ridurre l’invasività delle piattaforme nel raccogliere informazioni e proteggere maggiormente la privacy degli utenti.
– liberalizzare la concorrenza tra gli app store e la condizione duopolistica di Apple e Google.
– limitare l’arbitrio degli intermediari nell’influenzare i contenuti che gli utenti vedono online.
domenica 4 Giugno 2023
Le vicende del settimanale L’Espresso dopo la cessione da parte del gruppo GEDI continuano a non sembrare molto promettenti: adesso si sono dimessi i due maggiori dirigenti dopo l’inatteso ingresso nella proprietà di un nuovo socio, che non è sembrato aggiungere utili competenze e sensibilità sugli scenari dell’informazione contemporanea e del business giornalistico.
Intanto c’è stato lunedì uno strascico di polemica tra gli avvocati del nuovo socio e il quotidiano Domani che ne aveva pubblicato un ritratto.
domenica 4 Giugno 2023
C’è stato un subbuglio nel giornalismo britannico per via dell’insufficiente subbuglio intorno alle accuse di molestie contro un noto giornalista e commentatore dell’Observer (che appartiene allo stesso gruppo editoriale del quotidiano Guardian, di cui è una sorta di edizione domenicale), Nick Cohen. Cohen si era dimesso dal giornale l’anno scorso citando ragioni di salute, ma erano circolate voci su problemi di sue relazioni con alcune colleghe. L’azienda stava facendo indagini che erano state sospese dopo le sue dimissioni. Questa settimana il New York Times ha raccontato che Cohen sarebbe stato allontanato discretamente con un accordo economico; e che lo scorso inverno la direttrice del Financial Times avrebbe accantonato l’ipotesi di pubblicare un articolo basato su nuove accuse e testimonianze contro Cohen: secondo il New York Times per via di un’omertosa consuetudine all’interno del giornalismo britannico, dove le relazioni personali sono molto più fitte che non in quello americano (la stessa cosa si potrebbe forse dire di quello italiano). Ora altre testate britanniche stanno invece accusando Guardian e Financial Times di ipocrisia sui temi delle molestie maschili, riprendendo le rivelazioni del New York Times.
domenica 4 Giugno 2023
Il quotidiano la Verità aveva ottenuto eccellenti risultati di vendita nell’ultimo anno della pandemia, adottando posizioni polemiche e critiche contro i vaccini e contro le limitazioni imposte per attenuare la diffusione del virus. Un’operazione di marketing di grande chiarezza ed efficacia (nel 2022 il giornale aveva aumentato la sua diffusione fino al 26% rispetto all’anno precedente, a fronte di perdite diverse per tutte le altre testate nazionali): si era creata una domanda minoritaria ma estesa per quel tipo di opinioni (si era addirittura definito un “movimento novax” cosiddetto) e nessuna delle testate nazionali la rappresentava. Persino i quotidiani concorrenti della Verità presso i lettori di centrodestra – Libero, il Giornale – avevano scelto posizioni opposte, con severità, e a costo di perdere una quota di lettori, e di consentire alla Verità di diventare per la prima volta il quotidiano a maggior diffusione tra quelli rivolti al pubblico di centrodestra, e di guadagnare per questo una nuova e remunerativa attrattiva presso gli inserzionisti più importanti.
Con la fine delle regole legate alla pandemia quei messaggi hanno perso interesse. La diffusione della Verità è diminuita tra l’11% e il 15% negli ultimi mesi e sta tornando verso le cifre del 2021, mentre Libero sta persino riguadagnando copie (l’unica tra le testate nazionali maggiori a crescere in copie individuali pagate) e le due cose sono probabilmente in relazione.
È quindi intuibile che la Verità stia cercando nuovi ambiti presso cui replicare lo stesso meccanismo, che oggi sembrano essere quelli intorno al “negazionismo climatico”: “un’emergenza costruita” diceva un titoletto usato questa settimana intorno a un articolo il cui titolo maggiore era “Attenti: i dati sul clima sono tutti manipolati”. La scelta è interessante ed esemplare dei risultati che si possono ottenere individuando delle nicchie robuste di identità o posizioni “contrarie” non servite dalla concorrenza (un altro esempio è quello adottato dal Fatto intorno al sostegno italiano all’Ucraina attaccata dalla Russia: il Fatto è l’unico giornale in cui si riconoscono i lettori più indulgenti con la Russia e più critici con l’Ucraina, e che incentiva queste posizioni).
Si tratta di una particolare e delimitata declinazione della vecchia consapevolezza che i giornali beneficino più dal sostenere le opposizioni piuttosto che i governi in carica: a cui si aggiunge però la preziosa condizione di individuare una domanda di “opposizione” a cui si può essere gli unici a dare risposta.
domenica 4 Giugno 2023
Riprendiamo questa questione – tornata attuale – da Charlie dello scorso febbraio:
“La contesa è quella che sta occupando pensieri e confronti in tutto il mondo da alcuni anni. Google e Facebook (in forme diverse) ottengono traffico e contenuti a partire da “snippets” – ovvero brevi anteprime – di articoli dei giornali online. I giornali chiedono di essere per questo compensati con una condivisione dei ricavi conseguenti. La richiesta ha molte fragilità per come viene formulata: una è che non si capisce perché debbano essere solo i giornali a essere compensati e non qualunque sito i cui contenuti siano aggregati su Google o promossi nelle timeline di Facebook; un’altra è che i giornali vengono già compensati attraverso il traffico che le piattaforme portano loro, e che se le piattaforme decidessero di dire loro “ok, noi possiamo farne a meno, di voi” (come sta provando a minacciare Google in Canada) per i giornali sarebbe un guaio e per le piattaforme assai poco. […] Questa sproporzione di rapporti di forza è stata però ridimensionata negli ultimi due anni dal peso maggiore che le grandi aziende giornalistiche mantengono ancora in un ambito rilevante: quello della politica e delle sue istituzioni. Che in diversi paesi del mondo hanno accolto le pressioni e il lobbying delle aziende giornalistiche e hanno minacciato le piattaforme di interventi legislativi che le costringano a pagare i giornali. In alcuni casi gli interventi ci sono stati (l’Australia per prima), in altri le minacce sono bastate a suggerire alle piattaforme di proporre degli accordi”.
Adesso è Meta ad avere deciso una censura dimostrativa in Canada presso una piccola quota di account, minacciando di bloccare i siti di news su tutta Facebook e su tutta Instagram se la legge in discussione per costringere ad accordi con i giornali online dovesse essere approvata. E una simile minaccia è stata prospettata in California.
domenica 4 Giugno 2023
Dare spazio e informazione accurata ai femminicidi e alla radicata cultura che li genera non è solo apprezzabile, da parte dei giornali: è necessario e inevitabile per dare senso al proprio ruolo di protezione delle comunità e della convivenza. Ma l’impressione nei giorni scorsi è stata spesso che della cultura che li genera si sia parlato con scarse profondità e prospettiva, privilegiando morbose e capillari raffigurazioni degli aspetti più ipotetici, singolari, macabri e personali relativi ai protagonisti delle storie: vittime e accusati e chiunque altro. In una enorme tentacolare puntata di Chi l’ha visto? nelle sue versioni peggiori, in cui “orrore” e “abisso” traboccano da ogni paragrafo. E l’esibita l’indignazione contro i femminicidi si sta rivelando in gran parte una scusa buona per legittimare le più voyeuristiche narrazioni della cronaca nera, un impegno di facciata per permettersi bassezze narrative su cui fino a ieri ci si sarebbe sentiti costretti a qualche moderazione in più.
Fine di questo prologo.
Anzi no: due commenti su questo argomento, usciti sabato sul Foglio e sulla Stampa.
domenica 28 Maggio 2023
Una nota introduttiva di un articolo pubblicato sul Messaggero di venerdì 19 segnalava che “con questo articolo, Luca Ricolfi ricomincia la sua collaborazione con Il Messaggero. A lui va il bentornato di tutta la redazione”: il sociologo e saggista Luca Ricolfi era stato frequente commentatore su Repubblica negli ultimi due anni, e torna al Messaggero con cui aveva collaborato tra il 2016 e il 2021 (prima ancora il suo rapporto era stato con il Sole 24 Ore e con la Stampa).
domenica 28 Maggio 2023
A un anno dalla sua introduzione, l’app del Financial Times che si chiama FT Edit sarebbe stata scaricata da quasi 140mila persone, a detta del suo responsabile Malcolm Moore: un numero che suggerisce un successo per l’app che era stata pensata per ottenere abbonati più giovani o comunque con disponibilità a pagare più ridotte o più incerte. Come avevamo già spiegato su Charlie allora, FT Edit offre ogni giorno una selezione di solo 8 articoli per 5 euro al mese ed è pensata per coloro che vogliono informarsi affidandosi al Financial Times – che si occupa principalmente di argomenti economici e finanziari ed è apprezzato in tutto il mondo – senza grandi investimenti di tempo e senza pagare le cospicue quote di abbonamento completo (39 euro al mese o 345 euro all’anno l’opzione meno cara). L’app è gratis per il primo mese, poi costa un euro al mese per sei mesi e poi 5 euro al mese. Nonostante non abbia voluto rivelare quanti lettori paganti abbia garantito finora l’app, Moore ha detto che “una percentuale sorprendentemente alta di lettori” continua a pagare una volta terminato il periodo di prova. L’idea di avere pochi ma selezionati articoli, secondo Moore, ha convinto coloro che “erano stanchi del ciclo infinito di notizie e di essere bombardati continuamente da informazioni di ogni tipo”.
domenica 28 Maggio 2023
Gli standard di pudore e indipendenza dei maggiori quotidiani italiani dalla promozione degli interessi dei propri editori – ma anche dalla promozione personale degli editori stessi – si sono molto abbassati negli ultimi anni. Da quando ne è proprietario Urbano Cairo ha iniziato subito a comparire raffigurato con grande frequenza nelle diverse sezioni del Corriere della Sera (economia e sport soprattutto, ma anche cultura e cronache italiane), ma sul Sole 24 Ore da molto tempo era già presente un giorno sì e uno no uno spazio dedicato alle dichiarazioni e alle immagini del presidente di Confindustria – proprietaria del giornale – e Repubblica si è rapidamente adeguata dopo l’acquisizione da parte della famiglia Agnelli Elkann (sulla Stampa la famiglia proprietaria e le sue aziende erano storicamente già molto presenti). Questa settimana è capitato di nuovo che su Repubblica le foto dell’editore John Elkann fossero due nello stesso giorno, nelle pagine della cultura e dello sport: e l’indomani nelle pagine dell’economia.
domenica 28 Maggio 2023
Press Gazette – sito britannico che si occupa di cose dell’informazione – ha pubblicato la propria ciclica classifica dei cinquanta siti di news in lingua inglese più visitati al mondo in aprile. La classifica utilizza le informazioni, parzialmente rielaborate da Press Gazette, fornite dalla società SimilarWeb, che raccoglie e analizza dati di traffico online. Il dato interessante è che rispetto a un anno fa solamente Fox News – tra i siti in cima alla lista – ha evitato un declino nel numero di pagine visualizzate, e lo ha aumentato del 4%. Tutti gli altri siti presi in esame (tra cui il Guardian , Yahoo! News e BBC ) hanno una diminuzione delle visite compresa tra il 7% ed il 35%. Quest’ultimo dato, il peggiore, si riferisce al New York Times, con poco meno di 570 milioni di pagine visualizzate ad aprile: un risultato in parte spiegabile dal ciclo delle notizie sulla guerra in Ucraina meno intenso di un anno fa, e che abbiamo notato anche nei giornali online italiani. Tra i siti in posizioni successive che invece hanno aumentato maggiormente le proprie visite, Press Gazette cita CBS News (+44%), Associated Press (+33%) e USA Today (+24%).
domenica 28 Maggio 2023
Le redazioni e le produzioni del Fatto – il quotidiano cartaceo – e del sito web ilfattoquotidiano.it sono sempre state più distinte e autonome di quanto avvenga abitualmente tra una testata cartacea e la sua versione web. Il sito del Fatto ha un suo direttore, Peter Gomez, e una redazione milanese assai indipendente che produce gli articoli pubblicati online: mentre il quotidiano è diretto da Marco Travaglio. Negli ultimi tempi, soprattutto in relazione a un intensificato investimento sugli abbonamenti online, le due sezioni stanno tornando a essere in maggiori relazioni e sinergie: e questa settimana è stato annunciato che Gomez diventerà condirettore del Fatto.
domenica 28 Maggio 2023
Mercoledì la “New York Times Guild”, il maggiore sindacato che rappresenta i dipendenti del New York Times, ha fatto sapere di avere concluso un accordo provvisorio con la direzione del giornale per aumenti progressivi delle retribuzioni fino al 2025, oltre che un più ampio aumento immediato per colmare i mancati guadagni degli ultimi due anni. Le prime trattative tra sindacato e direzione erano iniziate nel 2021, in conseguenza alle dichiarazioni del New York Times riguardo ai suoi grandi successi economici: molti dipendenti si erano lamentati di non beneficiare per nulla di questi successi, mentre i loro compensi perdevano valore a causa dell’inflazione, che negli Stati Uniti è stata più grave rispetto all’Unione Europea. La direzione del New York Times era stata accusata di prolungare il più possibile le trattative, intimorita da una possibile riduzione proprio di quei buoni risultati economici e dalla volatilità degli andamenti dei business giornalistici: c’erano state proteste e anche uno sciopero, e adesso sembra che si sia trovata una soluzione.
domenica 28 Maggio 2023
Un anno dopo l’acquisto dal gruppo GEDI dello storico settimanale e newsmagazine L’Espresso, il suo nuovo editore Danilo Iervolino ha deciso di cedere il 49% delle quote del giornale ad Alga srl, una società controllata da Donato Ammaturo, proprietario anche dell’azienda di vendita e distribuzione petrolifera Ludoil Energy. Iervolino manterrà il controllo dell’ Espresso con il 51% delle quote.
Iervolino ha costruito la sua ricchezza fondando l’università online Pegaso, che ha venduto nel 2021. Da allora ha acquisito la squadra di calcio della Salernitana e BFC Media, una piccola editrice che pubblicava l’edizione italiana della rivista Forbes e altre riviste principalmente dedicate alla finanza. A marzo 2022 aveva acquistato l’ Espresso dal gruppo GEDI (che per decenni si era chiamato proprio Gruppo Espresso, prima di essere acquisito dalla società Exor della famiglia Agnelli Elkann). La cessione era stata accolta piuttosto male sia nella redazione dell’ Espresso sia in quella di Repubblica (di cui l’ Espresso era ed è tutt’ora, fino a settembre, un allegato). Marco Damilano, al tempo direttore, si era dimesso appena appresa la notizia della vendita e dopo qualche mese era stato licenziato anche il nuovo direttore Lirio Abbate, sostituito da Alessandro Rossi.
Alga è una società di servizi, specializzata nella gestione aziendale, ma anche nell’organizzazione di congressi, convegni, mostre. Forse questo potrebbe indirizzare la conduzione dell’ Espresso, che a settembre affronterà il delicato passaggio dalla distribuzione in allegato con Repubblica a quella autonoma, verso il “ live journalism ”, cioè la progettazione di eventi che portano il giornalismo in contesti pubblici, come incontri o festival, sostenuti da sponsorizzazioni.
Sabato il quotidiano Domani ha pubblicato un più esteso articolo sul nuovo socio, con ulteriori informazioni e allusioni non particolarmente promettenti.
domenica 28 Maggio 2023
Dieci giorni fa il New York Times ha comunicato di voler introdurre l’opportunità di rendere più ricche, chiare e articolate le “bylines” e “datelines” all’inizio dei propri articoli: sono gli spazi che ospitano abitualmente le informazioni sull’autore (“by”), sulla data e sul luogo di produzione dell’articolo, e che sono usati con qualche variazione nei giornali di tutto il mondo. È capitato spesso che dall’interno delle redazioni ci fossero perplessità, per esempio, sulle indicazioni o meno del luogo da cui un articolo è scritto, che non necessariamente coincide con quello in cui sono avvenuti i fatti raccontati (nei giornali italiani è a volte usato “dal nostro inviato” senza indicare dove; e l’inviato non sempre è nello stesso luogo rispetto a quello di cui scrive).
Adesso il New York Times torna a voler sfruttare maggiormente quegli spazi per indicare ai propri lettori (che spesso, dice l’annuncio, non distinguono esattamente il senso di quelle informazioni) qualcosa di più su chi e come ha prodotto l’articolo: per promuovere i propri investimenti nell’avere autori competenti ed esperti, e per averli spesso “sul campo”. Potrà capitare insomma che gli articoli siano preceduti da un breve testo che dica di più di una semplice firma.
Qualunque informazione che completi e chiarisca è sempre utile: quello che forse andrebbe detto ai lettori – ma è normale che le intenzioni autopromozionali del New York Times lo trascurino – è che avere inviati che raccontino le cose là dove le cose avvengono e sono avvenute è sicuramente un’offerta preziosa e a volte unica, ma non implica per forza una qualità maggiore del risultato giornalistico e non deve diminuire il valore del lavoro di chi è in grado di raccontare e spiegare efficacemente i fatti dall’interno di una redazione o da un luogo diverso: facendo telefonate, usando con oculatezza e verifica le fonti online, documentandosi, attingendo a informazioni che provengono da luoghi e ambiti i più vari. Ci sono molti fattori che concorrono a un buon lavoro giornalistico – primo tra tutti la bravura e l’etica del giornalista – che sono estranei a da dove il giornalista si trovi. E ci sono fatti e notizie da spiegare di cui si può conoscere e capire molto di più con una buona connessione e una sapienza nel gestire e verificare le informazioni, che non trovandosi per strada in condizioni privilegiate per molti eccezionali reportage ma limitanti per altri. Sarebbe bello che alcuni articoli del New York Times fossero preceduti da una approfondita byline che dica: “Steve Jones ha scritto questo articolo sulla candidatura di Ron DeSantis dalla sua disordinata scrivania nella redazione newyorkese del giornale dove lavora quotidianamente dopo aver vissuto in Florida negli anni passati seguendo la politica locale e costruendo relazioni e contatti con lo staff del governatore”.
Fine di questo prologo.
domenica 21 Maggio 2023
Il 3 luglio ricomincia anche il workshop del Post di una settimana per giovani aspiranti giornalisti, sempre a Peccioli e per il quinto anno. Mentre all’offerta di podcast del Post si aggiunge da lunedì 29 maggio un podcast quotidiano di Marino Sinibaldi, autore di grandi esperienze sull’editoria, sulla cultura e sull’uso dell’audio e dei microfoni. Con l’obiettivo di dare ai podcast una sostenibilità legata al coinvolgimento di nuovi abbonati al Post e alla conservazione di quelli esistenti, anche in questo caso.
domenica 21 Maggio 2023
Il Post sta dedicando sempre più impegno al “live journalism”, ovvero alla progettazione di eventi che portino il suo lavoro di informazione e divulgazione in contesti pubblici e non solo online o cartacei, ma anche a occasioni di consolidamento del proprio rapporto con gli abbonati e arricchimento dell’offerta a loro dedicata. Il 10 giugno si svolgerà a Verbania una nuova edizione di Talk, la giornata di incontri del Post che ha ormai la sua sede principale a Faenza (dove quest’anno si estenderà a un intero weekend, a settembre) ma che sta costruendo relazioni con diverse altre città. Invece il primo luglio, a Peccioli in Toscana, ci sarà un primo esperimento di evento dedicato non solo agli abbonati ma specificamente ai destinatari di una newsletter: Le Canzoni, curata da Luca Sofri, peraltro direttore del Post. Il concerto di Glen Hansard, vincitore di un premio Oscar, sarà comunque aperto a tutti, come ogni evento del Post.
domenica 21 Maggio 2023
Il settimanale Internazionale ha creato una nuova pubblicazione, questa volta – a differenza delle molte cose che fa nell’ambito “riviste” – più nel campo dei “libri” e in collaborazione con un editore di libri, Rizzoli (azienda di proprietà del gruppo Mondadori dal 2015): la collana si chiama “paroleChiave” ed esce con un primo titolo – Guerre – il 30 maggio, a 18 euro. Qui ci sono le prime pagine.
domenica 21 Maggio 2023
Il fondo con sede a Hong Kong che possiede la celebre rivista Forbes , Integrate Whale Media Investment, è in trattativa per cederla al miliardario statunitense Austin Russell. Russell ha ventotto anni ed è amministratore delegato e fondatore di Luminar Technologies, una società che produce software e sistemi di sicurezza per auto a guida autonoma.
IWMI è stata in trattativa più volte per cedere Forbes. Lo scorso anno aveva tentato di farla quotare in borsa tramite una SPAC (Special Purpose Acquisition Company), un tipo di società creata apposta per fondersi con l’azienda principale e garantirne la quotazione in borsa. La società con cui Forbes avrebbe dovuto fondersi era in parte finanziata da un fondo vicino al governo cinese: la Commissione per gli investimenti esteri negli Stati Uniti aveva espresso delle preoccupazioni al riguardo, e l’operazione non si era conclusa. Lo scorso dicembre un gruppo di investitori che comprendeva il Sun Group, la società di distribuzione media più importante in India, si era offerto di comprare Forbes : in quel caso l’accordo ricevette molte critiche a causa dei rapporti del vicepresidente del gruppo con la Russia e con Putin e neanche questa vendita si concluse.
Secondo quanto sostiene il sito di news americano Axios, però, l’acquisto di Forbes da parte di Russell nasconderebbe il tentativo di reintrodurre il Sun Group nelle trattative senza farlo figurare direttamente. Il Sun Group fornirebbe infatti fondi a Russell per una cifra compresa tra i 200 e i 300 milioni di dollari, a fronte dei 656 milioni di dollari necessari a concludere l’acquisizione.
domenica 21 Maggio 2023
Un articolo sul sito dell’ International News Media Association (INMA) ha notato come diversi editori europei stiano ricorrendo con maggiore frequenza alla vendita di “ bundle ” composti da abbonamenti a varie testate o prodotti editoriali (ad esempio, podcast e video, ma anche corsi e servizi diversi e non giornalistici). In Svezia, per esempio, il gruppo editoriale Bonnier permette di abbonarsi a due siti di news nazionali e a quarantatré locali ad un prezzo fortemente scontato. In un’offerta assai meno diversificata, GEDI – editore di Repubblica e Stampa , tra gli altri – propone un abbonamento unico alle riviste Limes , National Geographic e Le Scienze (senza includere, dunque, un quotidiano nazionale generalista). Tra i casi citati la gran parte aggrega offerte all’interno di società dello stesso gruppo, ma alcuni riguardano anche accordi con società terze.
domenica 21 Maggio 2023
Il disegnatore e fumettista Zerocalcare, protagonista del più grande successo editoriale degli scorsi anni, ha una personale contesa con le titolazioni dei giornali e con le parole che gli vengono attribuite, per cui ciclicamente spiega a chi lo segue sui social network di non avere detto questa o quella frase (di solito frasi effettivamente piuttosto improbabili per chi conosce le sue attenzioni con le parole). Sabato lo ha fatto di nuovo a proposito di un articolo di Repubblica.
domenica 21 Maggio 2023
In Francia, sono tre i quotidiani nazionali più importanti e a maggior diffusione: Le Monde, Le Figaro e Libération. Le Monde – che è uno dei grandi giornali di maggior qualità al mondo, con una eccezionale attenzione agli esteri e alla cultura – ha una posizione e dei lettori progressisti ed è il quotidiano più autorevole e più letto del paese (coincidenza assai rara nel mondo). Fu fondato alla fine del 1944, poco dopo la liberazione dall’occupazione tedesca di Parigi e di gran parte della Francia. Nel 2022 ha venduto più di 450.000 copie (cartacee e online) al giorno. Ha un suo sito dal 1995, una versione online in inglese dal 2022 ed è il quotidiano francese più venduto all’estero. Oggi è di proprietà di Le Monde Group, il cui socio principale è il fondatore dell’azienda Iliad, Xavier Niel, insieme tra altri a Daniel Kretinsky, imprenditore ceco di grandi interessi nei giornali europei. Un quarto della società editoriale è del “Polo dell’Indipendenza di Le Monde”, costituito da diverse associazioni sindacali di giornalisti e dipendenti del gruppo. Il direttore viene eletto democraticamente dalla redazione. Le Monde ha anche la particolarità di essere uno dei pochi “quotidiani della sera” rimasti, venendo distribuito nelle grandi città il pomeriggio con la data del giorno dopo, e nel resto del paese la mattina seguente.
Il suo concorrente di centrodestra è Le Figaro , fondato nel 1826 come un settimanale satirico e che deve il suo nome alla commedia teatrale “Le nozze di Figaro” del drammaturgo settecentesco Beaumarchais. Nel 2022 ha venduto in media 350.000 copie al giorno (cartacee e online) ed è di proprietà della famiglia Dassault, che possiede varie aziende fra cui la più importate è la Dassault Aviation che costruisce jet privati e aerei militari.
Il terzo quotidiano generalista per importanza è Libération (ma chiamato spesso solo Libé dai suoi giornalisti, lettori ed estimatori) fondato da un gruppo che comprendeva lo scrittore Jean-Paul Sartre nel 1973 e divenuto rapidamente un grande caso di successo e creatività come rappresentante della sinistra francese. Oggi rimane più a sinistra di Le Monde, ma più moderato rispetto ai suoi primi anni, dopo periodi di crisi e vicissitudini societarie: fu comprato prima dal banchiere Édouard de Rothschild e poi dall’imprenditore francese Patrick Drahi, attuale proprietario del giornale attraverso il Gruppo Altice, di cui è fondatore e presidente. Dal 2021, il giornale è di proprietà della società Presse Indépendante SAS, sempre legata al Gruppo Altice. Anche a Libération è la redazione a eleggere il proprio direttore. Nel 2022 ha venduto poco meno di 100mila copie al giorno, la metà del quotidiano sportivo L’Équipe , che è il vero terzo giornale francese per diffusione ed è posseduto dal Gruppo Amaury. Dopo questi c’è il quotidiano economico e finanziario Les Échos (di impostazione liberista) posseduto dal grande gruppo internazionale del lusso LVMH: quello che possiede aziende come Louis Vuitton, Dior, Bulgari, Fendi, Loro Piana e Tiffany & Co. Due mesi fa il direttore di Les Échos, Nicolas Barré, è stato rimosso dalla carica dieci anni dopo la sua nomina. Secondo diverse letture la decisione sarebbe stata presa dal fondatore e amministratore delegato di LVMH Bernard Arnault, forse perché Les Échos aveva pubblicato di recente un articolo sulle indagini fiscali al gruppo LVMH.
LVMH possiede anche Le Parisien , quotidiano regionale dell’Île-de-France, la regione di Parigi, che ha anche una versione nazionale chiamata Aujourd’hui en France. Insieme, l’anno scorso hanno venduto circa 250mila copie al giorno e si posizionano politicamente al centro. La Francia ha molti altri quotidiani regionali, fra cui Ouest-France, che copre la Bretagna, la Bassa Normandia e i Paesi della Loira.
Un progetto importante e molto seguito e apprezzato in questi decenni di cambiamenti digitali è quello di Mediapart, testata online indipendente e di sinistra creata nel 2008 da Edwy Plenel, ex direttore di Le Monde. Mediapart è famosa per le sue inchieste sulla politica francese come quella recente sui presunti finanziamenti russi al partito di Marine Le Pen o quella che nel 2012 accusò l’allora Ministro delle Finanze Jérome Cahuzac di frode fiscale e riciclaggio attraverso conti non dichiarati in Svizzera e Singapore. La testata si sostiene solo grazie ai suoi abbonati – oltre 200.000 dal 2021 – che sono gli unici a poterne leggere gli articoli, tutti dietro paywall.
domenica 21 Maggio 2023
In una nota per i lettori, la direttrice del Wall Street Journal Emma Tucker ha annunciato che il giornale smetterà di premettere le sigle Mr., Ms., Mx. e Mrs. quando indica i nomi propri delle persone nei propri articoli: un’antica abitudine di molto giornalismo americano che molte testate hanno già abbandonato. La decisione comunicata da Tucker vuole rendere la scrittura più scorrevole e familiare e assecondare una tendenza generale nel mondo dell’informazione, che ormai considera questi titoli di cortesia come anacronistici ed eccessivamente formali. Invece titoli professionali come Gen., Sen. e Dr. continueranno in alcuni casi a essere utilizzati. Questo cambiamento lascia il New York Times e BBC News fra le poche organizzazioni maggiori di rilievo a usarli. La decisione segue quella presa tre settimane fa di smettere di citare le denominazioni aziendali, sempre per rendere il linguaggio meno farraginoso.
Il Washington Post l’ha commentata ricordando storie e complicazioni legate alla consuetudine (come la leggenda sul fatto che il New York Times abbia una volta chiamato “mr. Loaf” il cantante che usava come nome d’arte Meat Loaf).
domenica 21 Maggio 2023
Sul Corriere della Sera di questa settimana è stato molto visibile un esempio della spiacevole circostanza per cui a volte le inserzioni pubblicitarie si trovano in rischiose dissintonie con i contenuti giornalistici, col rischio di generare fastidio presso i lettori per quella che viene percepita come una mancanza di sensibilità e attenzione, e che danneggia sia le testate coinvolte che gli inserzionisti. In questo caso l’associazione è stata tra le immagini drammatiche delle alluvioni romagnole e quella di una pubblicità del brand Calzedonia (pubblicità, tra l’altro, che era proprio quella a cui il Corriere aveva dedicato un articolo di una pagina affidandolo al proprio corrispondente da Parigi).
domenica 21 Maggio 2023
Il New York Times ha introdotto una nuova app per i propri abbonati, che ha chiamato New York Times Audio e finora è disponibile solo per i sistemi iOS di Apple, che ospiterà numerosi podcast inediti – tra cui The Headlines, un programma di notizie mattutino complementare a The Daily, il principale e più seguito podcast di news del quotidiano. Di fatto si tratta di una “piattaforma di podcast” all’interno del New York Times , a cui accedere attraverso l’abbonamento al giornale. L’app – rimasta in versione beta per un anno e mezzo prima di essere resa pubblica – può essere considerata uno strumento di “retention”, ovvero un modo per conservare gli abbonati esistenti, secondo il Nieman Journalism Lab. Podcast e newsletter sono infatti gli strumenti considerati più efficaci nel formare fedeltà continuative coi lettori, per via della loro capacità di creare routine e abitudini regolari. Un’altra opportunità per la nuova app è quella di raccogliere maggiori investimenti pubblicitari per un’offerta solo dedicata ai podcast: ma una fonte riportata da Vanity Fair ha espresso dubbi su queste prospettive, ricordando come numerosi spazi pubblicitari dei podcast del New York Times non siano stati riempiti negli ultimi mesi.
domenica 21 Maggio 2023
Nell’ultimo anno la possibilità di guadagnare con i podcast ha fatto progressi grazie al maggior numero di pubblicità e sponsorizzazioni in questo settore, ma la sostenibilità economica complessiva del formato è ancora molto incerta e oggetto di molte attenzioni e interessi: e la stessa pubblicità non ha ancora la garanzia di grandi numeri, né sistemi di automazione delle inserzioni paragonabili a quelli che gestiscono gli spazi delle pagine web.
Secondo un articolo del giornale online americano Semafor, ultimamente gli spazi pubblicitari all’interno di famosi podcast statunitensi sono rimasti invenduti, mentre gli inserzionisti hanno aumentato gli investimenti nei podcast meno noti, indipendenti e con un target specifico. Da qualche mese The Daily, il podcast più ascoltato del New York Times con 4 milioni di download giornalieri, va in onda senza inserzioni estese, sostituite da promozioni di contenuti del giornale, quello che si chiama “invenduto”.
Recentemente, anche alcuni podcast di punta di iHeartMedia, la più grande emittente radiofonica degli Stati Uniti che da anni compra e produce podcast, contengono meno pubblicità. Mentre queste aziende continuano a dedicarsi a grandi accordi con singoli inserzionisti, con risultati non sempre soddisfacenti, podcast più piccoli e indipendenti guadagnano grazie a forme di “pubblicità programmatic ”, che è gestita dalle piattaforme di streaming e che automaticamente propone ai singoli ascoltatori l’annuncio più adatto a loro grazie all’analisi dei loro ascolti e navigazione. Anche gli inserzionisti che preferiscono fare accordi direttamente con gli autori starebbero scegliendo sempre di più podcast meno noti ma con una comunità più forte e interessata ad un preciso argomento, dove la pubblicità costa meno ed è spesso più efficace.
Dopo il primo periodo di grande eccitazione e investimenti indiscriminati in questo settore, di cui avevamo scritto sul Post nel 2019, Spotify e le altre grandi piattaforme di streaming hanno cominciato a ridurre il loro budget per i podcast, privilegiando il formato del talk show e altri prodotti di lunga durata.
domenica 21 Maggio 2023
Come era già stato anticipato nelle scorse settimane, la società che possiede il giornale Vice ha avviato la procedura di fallimento:
“La richiesta di fallimento non fermerà l’attività della società e della rivista, che quindi continuerà a essere pubblicata. Oltre a Vice la società comprende un’agenzia pubblicitaria, Virtue, lo studio cinematografico Pulse Films e il sito Refinery29.
Due creditori di Vice, i fondi di investimento Fortress Investment Group e Soros Fund Management, sono i più accreditati a diventarne i nuovi proprietari: hanno presentato un’offerta da 225 milioni di dollari (circa 207 milioni di euro) che sarebbe coperta interamente dai prestiti che avevano già fatto a Vice, e dopo l’accordo si farebbero carico del passivo di bilancio della società per poi cercare un nuovo compratore”.
domenica 21 Maggio 2023
Il sito del magazine Interview ha pubblicato un’affascinante conversazione della propria “senior editor” Taylore Sacarabelli (la caporedattrice, in sostanza) con Robin Givhan, una delle più stimate giornaliste e critiche di moda internazionali, vincitrice di un premio Pulitzer, al Washington Post da 25 anni con una breve pausa. La conversazione è dedicata alla limitata possibilità contemporanea di fare un giornalismo di moda capace di essere “critico” (nel senso della “critica” culturale), per un inevitabile – Givhan non lo condanna, ne prende atto – stato di dipendenze dei giornali maggiori dai ricavi pubblicitari della moda e dei giornalisti di moda dalla promozione dei brand e degli stilisti. Queste sono alcune delle considerazioni di Givhan e Scarabelli:
“Un’enorme parte del problema è che chi scrive di moda è parte dell’ecosistema della moda”.
“le uniche volte che ho potuto essere sincera e onesta sono quando ho scritto per pubblicazioni indipendenti molto piccole che non hanno inserzionisti. Da editor di una rivista di moda, non posso più dire le cose che potevo dire prima. Ma anche in giornali come il New York Times vedo che le persone sembrano autocensurarsi”.
“Di questi tempi sembra che sempre più gente sia interessata alla moda, nel senso di moda come intrattenimento, moda come sport o altro. Ma forse c’è meno spazio per la critica della moda come quella per cui tu sei diventata nota, ovvero parlare di moda rispetto a un contesto più ampio, nelle sue relazioni più generali con la politica o con la cultura”.
“Come ci si crea una voce all’interno di un sistema che è governato dagli inserzionisti?
Sinceramente, non so se si possa. Credo che se vieni assunta per scrivere per un giornale la cui filosofia è celebrare il business della moda, è per fare quello che tu firmi il contratto”.
“Non si può diventare un critico interno del sistema della moda”.
Ne ha scritto con maggiori commenti Andrea Batilla, studioso ed esperto di moda, sul suo account Instagram.
domenica 21 Maggio 2023
La società di rilevazione Audiweb (che ha in corso un processo di integrazione che le ha dato il nuovo nome di Audicom, e che racconteremo meglio) ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a marzo. Abbiamo isolato anche questo mese quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legati a singolari risultati di determinati contenuti, a eventi che ottengono maggiori attenzioni o a fattori esterni che promuovono in maniere volatili, come gli algoritmi di Google o di Facebook (e questo rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). I diffusi cali dei maggiori siti di news rispetto a un anno fa hanno probabilmente a che fare, per esempio, con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina dalla fine di febbraio 2022 e la grossa attenzione all’informazione relativa.
Rispetto agli ultimi mesi, invece, il dato singolare più visibile è che i numeri del Corriere sono tornati a superare quelli di Repubblica (aggregati compresi per entrambi, vedi sotto). Poi c’è un calo più considerevole degli altri per Ansa , e una crescita del dato che riguarda i vari quotidiani locali del gruppo GEDI.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia (su cui il gruppo GEDI sta intensificando un’operazione di acquisizioni): il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha 272mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, contati nel totale del Messaggero; nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi (131mila), Amica (70mila) e IoDonna (134mila); Repubblica ottiene ben 245mila utenti dal sito Alfemminile, 153mila da MyMovies e 79mila da FormulaPassion; il Secolo XIX aggiunge i suoi 66mila utenti a quelli della Stampa . Mentre sotto la dizione “Quotidiani Gedi News Network” sono sommati i siti dei quotidiani locali del gruppo GEDI (primi nel traffico sono Mattino di Padova con 83mila e Messaggero Veneto di Udine con 49mila utenti); e anche Quotidiano Nazionale aggrega i suoi tre quotidiani locali Resto del Carlino (286mila), Nazione (279mila) e Giorno (190mila) ma anche il traffico di altri siti la cui pubblicità è venduta dalla stessa concessionaria (e che quindi beneficia dalla promozione di numeri totali di traffico più elevati da mostrare agli inserzionisti) come quello della Gazzetta del Sud.
domenica 21 Maggio 2023
Lo scorso marzo il Guardian, uno dei più importanti quotidiani britannici divenuto tra i maggiori siti di news globali, ha introdotto una forma di paywall per utilizzare la sua app: agli utenti che attualmente non pagano per avere completo accesso all’app viene richiesto di sostenere il quotidiano con un contributo economico dopo che hanno letto un determinato numero di articoli: un pagamento mensile di 10 sterline o più.
L’introduzione del paywall si limiterà all’app, mentre il sito internet del giornale continuerà ad essere disponibile per tutti gratuitamente. L’obiettivo del giornale è trovare nuove forme di finanziamento a supporto dei suoi progetti, oltre all’attuale modello di entrate attraverso contributi volontari dei lettori: dal 2015 il Guardian utilizza un sistema di abbonamenti in cui gli abbonati sostengono il giornale, attraverso diverse formule, senza esservi costretti e senza che gli articoli siano preclusi agli altri lettori. Scelta che resta più unica che rara tra le maggiori testate internazionali (tra le altre, è quella del Post , ndr), che negli ultimi anni hanno tutte introdotto limitazioni estese alla fruizione dei contenuti per chi non ne paghi l’accesso con qualche forma di abbonamento o “subscription”.
Questo approccio del Guardian, apparentemente apprezzabile e generoso nei confronti degli utenti, è stato criticato nei giorni scorsi in un articolo sul sito PressGazette (che si occupa delle stesse cose di questa newsletter) dal direttore di un sito di news culturali e satiriche che sostiene che in questo modo verrebbero danneggiati i siti di news alternativi che faticano a far crescere il numero dei propri abbonati fino a che esiste un’opportunità gratuita come quella del Guardian.