Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 23 Aprile 2023

Chiude una delle cose più grosse del giornalismo online

Un anno fa scrivemmo su Charlie che “la notizia della settimana” era stata la crisi di Buzzfeed News. La notizia di questa settimana nella storia contemporanea dell’informazione digitale è stata invece l’annuncio della chiusura di Buzzfeed News, giovedì.

” BuzzFeed esiste dal 2006 e per molto tempo è stato uno dei simboli di come l’informazione su Internet potesse essere redditizia, mischiando notizie e contenuti virali. La sezione News era stato creata invece nel 2011, con l’ambizioso obiettivo di avere «almeno uno scoop al giorno»: il fondatore era Ben Smith, che è uno dei più apprezzati esperti di media nel giornalismo statunitense e qualche mese fa ha aperto un nuovo sito di notizie, Semafor.

L’idea era che i contenuti virali di BuzzFeed, che producevano molte visualizzazioni e quindi più ricavi derivanti dalla pubblicità, potessero sostenere la sezione dedicata al giornalismo di qualità. E nel corso degli anni BuzzFeed News si è guadagnato un’ottima reputazione nel mondo dell’informazione come uno dei siti di giornalismo investigativo più apprezzati al mondo per la serietà e la profondità delle proprie inchieste, decisamente in contrasto con la leggerezza dei contenuti del sito principale. Nel 2021 la redazione aveva peraltro vinto il premio Pulitzer per un’inchiesta sui campi di detenzione della minoranza di etnia uigura nella regione cinese dello Xinjiang.

Dopo diversi anni di successo, però, il progetto ha smesso di essere sostenibile. In particolare, il traffico è molto sceso soprattutto a causa del declino di Facebook, su cui il sito aveva sempre puntato moltissimo per diffondere i propri contenuti.

Nella sua nota ai dipendenti, Peretti ha detto di aver a lungo deciso «di investire fin troppo» nella sezione News perché amava il lavoro che facevano, e ha riconosciuto di averci messo troppo tempo ad accettare che i social network non portavano più il traffico necessario a sostenere economicamente il lavoro del sito”.


domenica 23 Aprile 2023

Charlie, tenersi buoni

Un’appendice al prologo della settimana scorsa sui delicati rapporti con le fonti e come questi possano influenzare l’autonomia di giudizio dei giornalisti. Non è solo una questione di fonti “pagate” in denaro: nella gran parte dei casi la capacità di un giornale di avere informazioni esclusive e importanti è legata alla coltivazione di relazioni interessate anche da parte delle fonti. Quando da qualche provenienza si decide di dare una notizia a un particolare giornalista piuttosto che a un altro spesso è anche perché si ritiene di poterne trarre dei benefici in altre occasioni, e perché si è creata una fiducia basata su reciproci scambi. I giornalisti che vogliono raccogliere con continuità confidenze da certi ambiti (una procura, un partito, uno staff, un’azienda, un’organizzazione) sanno che per mantenere quel canale di confidenze è necessario essere disponibili a indulgenze simmetriche: fare uscire una notizia, citare un ruolo, dare spazio a una versione o a una richiesta, prendere parte quando ci sono conflitti. È una parte della professione che i più attenti sanno coltivare con maggiore autonomia e col senso del limite, ma spesso uno scoop deriva anche da questo tipo di relazioni e da quello che offrono in cambio.

Fine di questo prologo.


domenica 16 Aprile 2023

The Rome Reporter

Sarà online il prossimo venerdì la nuova edizione italiana del magazine americano The Hollywood Reporter, sotto la direzione di Concita De Gregorio, scrittrice e giornalista titolare di una rubrica fissa sul quotidiano Repubblica e di un programma televisivo sulla rete La7.


domenica 16 Aprile 2023

Noio volevàn

Il racconto giornalistico italiano ha con frequenza degli incidenti legati ad errori di traduzione da altre lingue. Questa settimana alcune testate hanno raccontato di una polemica dell’allenatore della Roma José Mourinho contro l’ex calciatore Antonio Cassano riferendo che Mourinho aveva alluso a un improbabile “bowling”, ma sembra più realistico che il termine usato da Mourinho fosse “bullying”.


domenica 16 Aprile 2023

Il solito Döpfner

Mathias Döpfner, CEO della grande multinazionale tedesca dei media Axel Springer, ha di nuovo generato attenzioni e polemiche per delle sue dichiarazioni piuttosto disdicevoli rivelate dal quotidiano tedesco Zeit (qui citate in inglese sul Guardian) che ha avuto accesso a una serie di mail e messaggi di Döpfner degli anni passati. Tra queste, una rivendicazione di essere “a favore del cambiamento climatico”, accuse contro i tedeschi dell’ex Germania Est di essere “disgustosi, o comunisti o fascisti, non saranno mai democratici” e auspici per un premio Nobel a Donald Trump, togliendolo a Barack Obama.
Come in precedenti occasioni, Döpfner si è difeso sostenendo che si trattasse di battute come è normale farne in conversazioni private o che le frasi siano state tolte da un contesto più comprensibile.


domenica 16 Aprile 2023

Violenza privata

Con comprensibili toni polemici la scrittrice e collaboratrice quotidiana del sito di news Linkiesta Guia Soncini ha raccontato della conclusione, con una sentenza di Cassazione, della sua contesa giudiziaria col discusso programma televisivo Le iene : la sentenza ha confermato la condanna per violenza privata nei confronti di un “inviato” del programma per l’aggressione ai danni di Soncini da parte di un suo “inviato” che si era difeso sostenendo il proprio “diritto di cronaca” nel molestare Soncini per conto del programma.


domenica 16 Aprile 2023

Presunzione di innocenza

I più autorevoli giornali internazionali hanno un grande rispetto della presunzione di innocenza e stanno attenti a indicare le notizie su indagini e sospetti con i termini adeguati che si riferiscano esattamente a quello che si sa per certo che sia successo, con un rigore che visto da qui è piuttosto eccezionale. Non solo non si azzardano a chiamare “il killer” una persona che sia stata arrestata con l’accusa di omicidio, o a usare formule simili familiari nell’informazione italiana in altri casi, ma usano cautele e condizionali ben rappresentate in questo esempio dall’account di Instagram di BBC News dedicato all’arresto della persona accusata di aver messo online dei documenti riservati dell’intelligence statunitense:
“Questo è il momento dell’arresto del presunto leaker dei documenti del Pentagono”.
“Era stato identificato come Jack Teixeira, 21 anni”.
“Una persona con questo nome è stata indicata come il leader di un gruppo di gaming online dove i documenti sono stati pubblicati”.


domenica 16 Aprile 2023

I quotidiani a febbraio

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di febbraio 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. A febbraio gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati nella media dei piccoli alti e bassi mensili consueti, con solo Avvenire che supera – tra le testate nazionali – una variazione del 2% (in positivo) e il Corriere della Sera che aumenta il suo distacco su Repubblica. Il mese scorso c’era stata una grossa crescita del Fatto che avevamo provato a spiegare con il lancio del nuovo paywall, ma nel frattempo quel dato è stato rettificato e quindi quella crescita era infondata.

Se guardiamo sulle stesse tabelle invece i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, Repubblica ha un considerevole aumento del 5%, ma che si spiega con l’aggiunta dal mese precedente di circa 28.000 copie alla colonna “copie digitali promozionali e omaggio”, ovvero abbonamenti all’edizione digitale regalati o relativi a un’offerta sotto a un decimo del valore di copertina. Il Fatto è l’unica altra testata con una piccola crescita. Le perdite di diverse testate maggiori sono intorno al 5%, con un più grave 14% in meno per la Stampa e per la Verità.

Ma, come facciamo ogni mese, consideriamo invece un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra: lo si ottiene sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e relativo alla scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):

Corriere della Sera 181.095 (-4%)
Repubblica 103.656 (-17%)
Stampa 75.626 (-13%)

Sole 24 Ore 59.318 (-5%)
Resto del Carlino 57.969 (-12%)
Messaggero 49.651 (-10%)
Fatto 42.185 (-9%)
Nazione 38.487 (-12%)
Gazzettino 37.263 (-4%)

Giornale 28.966 (-12%)
Verità 26.745 (-22%)

Altri giornali nazionali:
Libero 21.736 (+6%)
Avvenire 15.623 (-9%)
Manifesto 12.504 (-6%)
ItaliaOggi 9.118 (+48%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese sono andati di nuovo meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore. C’è poi il caso di Repubblica che invece abitualmente mostra cali annuali intorno al 20% e questo mese perde il 17%; e quello della Verità, che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita e ora mostra quindi il dato peggiore. Fanno numeri persino migliori di un anno fa Libero ItaliaOggi . Il primo si può dire che “recuperi” rispetto a un periodo assai debole nel 2022, il secondo ha frequenti discontinuità e andò molto male a febbraio e marzo dell’anno scorso.

Tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle della Gazzetta di Parma (-13%) e della Nuova Sardegna (-13%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.

Avvenire, Manifesto, Libero ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti)


domenica 16 Aprile 2023

Chi fa il Guardian americano

Il Guardian è uno dei più importanti quotidiani britannici, e tra le testate internazionali che hanno avuto più precoci attenzioni per i cambiamenti digitali dell’informazione: ha quindi investito molto sulla sua presenza online (introducendo la scelta del “digital first” una decina d’anni prima di alcune testate italiane, per esempio, e con maggiore coerenza). Questo spostamento di priorità su spazi diversi ha riguardato anche gli spazi geografici: approfittando della diffusione della propria lingua il Guardian è da anni diventato un giornale online “globale”, il maggiore tra quelli più autorevoli insieme al New York Times e al Wall Street Journal, entrando in competizione anche sul mercato statunitense con una gran quota di coperture giornalistiche prodotte da una struttura creata apposta che comprende 85 giornalisti. Questa settimana è stata nominata la nuova managing editor dell’edizione statunitense (la direttrice della redazione: sopra di lei c’è Betsy Reed, editor-in-chief ), Dana Canedy, 57 anni, afroamericana, che era già stata al New York Times e poi a dirigere la grande casa editrice Simon & Schuster.


domenica 16 Aprile 2023

Paginone

“Paginone centrale” è l’espressione gergale che veniva usata nelle redazioni per definire le due pagine al centro di un quotidiano, stampate sullo stesso foglio, che potevano avere un ruolo protagonista per determinati contenuti o anche una funzione resa possibile proprio dal fatto che il foglio fosse unico e senza discontinuità: una grande foto, un contenuto da estrarre (un calendario, un poster, una carta da regalo, una lista di informazioni utili). Poi a volte il termine è stato usato anche per tradurre il ” centerfold ” di Playboy o di altre riviste, che però era concepito per dispiegarsi su tre pagine.
Adesso, con la perdita di centralità e di diffusione dei quotidiani di carta, simili usi sono più rari: ed è diventata problematica anche la progettazione di ogni doppia pagina all’interno del giornale, perché per chi legge le versioni digitali (che per alcune testate si stanno avvicinando agli stessi numeri di quelle cartacee, e all’estero le hanno spesso superate) non esiste più la visualizzazione di due pagine accoppiate, su smartphone o tablet. È un limite che riguarda molto le inserzioni pubblicitarie, spesso pensate per occupare lo spazio di due pagine con un’unica immagine o un’unica comunicazione: un caso particolare si è manifestato questa settimana con una pubblicità di Netflix appositamente pensata per mettere in relazione una pagina con quella vicina, relazione che nello sfoglio digitale – una pagina per volta – perdeva molto della sua efficacia e risultava anzi un po’ spaesante.


domenica 16 Aprile 2023

Twitter e le lettere scarlatte

La scelta di Twitter di usare più estensivamente le definizioni di “testata affiliata a uno stato” o simili, applicandole anche a mezzi di informazione di paesi democratici e con relative indipendenze, continua ad avere sviluppi e generare irritazioni nelle testate in questione, che contestano la confusione tra ricevere sovvenzioni pubbliche e avere limitazioni nella propria autonomia giornalistica: ne avevamo parlato nel prologo di Charlie la settimana scorsa. Lunedì è toccato a BBC, l’azienda multimediale pubblica britannica, mentre quella americana NPR ha deciso di abbandonare Twitter (o più esattamente: di sospenderne l’uso, mantenendo gli account), insieme alla tv PBS.


domenica 16 Aprile 2023

Charlie, se ci sono di mezzo i soldi

Una complicata e ancora misteriosa storia intorno alla chiusura del programma televisivo “Non è l’arena” sulla rete La7 ha occupato molto spazio sui giornali nei giorni passati: un po’ perché ha appunto elementi misteriosi, un po’ per la notorietà del suo conduttore, un po’ perché alcune delle cose misteriose sono in relazione con una delle accuse più gravi che hanno riguardato la politica italiana degli ultimi decenni, quella intorno a delle relazioni tra un ex presidente del Consiglio e delle organizzazioni mafiose. Ma c’è un aspetto giornalistico che è uno spunto interessante per questa newsletter: un sospetto è che una fonte di rivelazioni in questo senso sia stata pagata irregolarmente dal programma per parteciparvi. In molti hanno spiegato come sia abituale che i programmi televisivi italiani paghino gli ospiti più preziosi, che siano giornalisti/opinionisti oppure persone che possono offrire racconti e rivelazioni eccezionali (l’accusa è che in questo caso ci siano stati pagamenti “in nero”). Ma la scelta di pagare le fonti, in un’attività giornalistica, non è così ovvia: in altri paesi è considerata contraria all’etica delle testate più autorevoli, mentre giornali più screditati e scandalistici ne fanno largo uso. Il rischio è quello di far perdere attendibilità e credibilità alla fonte e a ciò che racconta, dal momento che le sue rivelazioni eventuali acquisiscono un valore economico (e l’investimento indebolisce la disponibilità di chi paga a mettere in dubbio le rivelazioni raccolte). In un tribunale l’informazione che un testimone sia stato pagato per dire quello che dice lo screditerebbe molto, e questo vale anche in una testimonianza a un giornale.
Tutto questo ci porta alla sfuggente collocazione dei talk show televisivi italiani, la cui aderenza a dei criteri etici di informazione è molto intaccata dalle priorità di audience e protagonismo dei loro conduttori e autori. Se una fonte viene pagata per dire cose che faranno notizia, diventa più problematico considerarlo giornalismo.

Fine di questo prologo.


domenica 9 Aprile 2023

Dal vivo

Sabato prossimo Luca Sofri e Francesco Cosa del Post saranno di nuovo al Circolo dei Lettori di Torino per ” I giornali spiegati bene “, la rassegna stampa che affronta molti dei temi che raccontiamo anche su Charlie.


domenica 9 Aprile 2023

Lotta Comunista

“Cosa fa Lotta Comunista, oltre a distribuire i giornali”, è un articolo del Post che spiega e racconta un po’ di cose dietro a quegli eterni piazzisti di copie in cui tutti si sono imbattuti prima o poi.

“«Ogni compagno può proporre un articolo, che poi viene vagliato e discusso prima di essere pubblicato», dice Gian Giacomo Cavicchioli, professore di storia e filosofia in un liceo. L’ultimo numero si occupa dell’anniversario della guerra in Ucraina e sostiene che «l’imperialismo non può garantire la stabilità della spartizione e dell’ordine tra le potenze, come già accadde alla vigilia della Prima e della Seconda guerra mondiale». Per arrivare a questa tesi si utilizzano i Quaderni sull’imperialismo di Lenin, filtrati da uno scritto del fondatore di Lotta Comunista, Arrigo Cervetto. All’interno ci sono articoli con titoli tipo «Lenin e la tattica dei comunisti inglesi» o «’98 di sangue di Bava Beccaris», in riferimento al celebre episodio milanese del 1898, quando una rivolta contro l’aumento del prezzo del pane fu repressa violentemente dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, che ordinò di sparare sulla folla anche con i cannoni (morirono 81 civili)”.


domenica 9 Aprile 2023

Piccole cose spiegabili

Non tutte le aziende che nominano un amministratore delegato ottengono che ne venga data notizia nelle pagine dell’economia dei maggiori quotidiani, nemmeno se sono di grandi dimensioni. Ma nella attuale gestione delle pagine suddette – in gran parte appaltate alle priorità delle concessionarie pubblicitarie – può avvenire con maggiore facilità se le aziende in questione hanno acquistato diverse pagine pubblicitarie nelle settimane precedenti, come è capitato con Mundys, il nuovo nome della società Atlantia.


domenica 9 Aprile 2023

Un evento storico ogni anno

La newsletter Mediastorm ha spiegato uno dei tanti “ritorni ciclici” sui mezzi di informazione italiani della stessa notizia, in questo caso quella del “sorpasso” di vendite tra i dischi in vinile e i cd.

“È molto probabile che chi ha letto questa notizia abbia avuto un senso di deja-vu. E in effetti, più o meno nello stesso identico modo, la notizia è apparsa in questi anni diverse altre volte su giornali, siti web, blog e post sui social. Riporto giusto, tra i molti, qualche titolo delle principali testate italiane, e la data di pubblicazione:
“Il revival del vinile (che supera il cd). Il sorpasso negli Usa per la prima volta dal 1986” (24 ottobre 2019, Corriere della Sera) — “Musica il vinile supera il CD dopo 30 anni” (22 aprile 2021, Sole 24 Ore) — “Effetto Taylor Swift, il vinile supera il CD. Record da fine anni Ottanta” (28 dicembre 2022, Ansa) — “In Usa vendite vinile battono cd, è la prima volta dal 1987” (10 marzo 2023, Ansa).

Può far sorridere che qualcosa definito “storico” accada quasi ogni anno e, oltretutto, “per la prima volta da circa 30 anni”, eppure va detto che tutti questi titoli sono, sostanzialmente, corretti. Come è possibile? Molto dipende da che metrica viene presa in considerazione (che è un concetto che ho sottolineato più volte anche in questa newsletter). Ad esempio il parametro può essere il valore totale delle vendite (il vinile oggi ha un costo nettamente superiore al cd), oppure il numero di “unità” vendute o quelle stampate, oppure il mercato o l’area geografica alla quale ci si riferisce (Stati Uniti, Italia, mercato globale); o ancora, la finestra di tempo presa in considerazione (i primi sei mesi o l’intero anno) e anche la combinazione di più di una di queste metriche (la prima settimana di vendite di un singolo album nel caso di Taylor Swift). Non c’è dubbio — da qualsiasi punto di vista lo si guardi — che il sorpasso del vinile sul cd sia davvero “storico”, ma ormai è un processo consolidato, enfatizzarlo ad ogni nuovo dato come una novità assoluta, finisce per svilire e banalizzare un “evento” che va comunque sempre contestualizzato (no, non è la rivincita dell’analogico sul digitale ma su un singolo formato “fisico”, il digitale vale comunque sui ricavi totali circa l’82% anche in Italia, nel 2022)”.


domenica 9 Aprile 2023

Chi la spunta

Dopo che alcuni articoli americani avevano raccolto le intenzioni delle maggiori testate giornalistiche a proposito delle “spunte blu” di Twitter, Twitter ha cancellato quella del New York Times, che era tra i giornali che avevano detto di non avere intenzione di pagare per mantenerla (ma altri account del New York Times ce l’hanno ancora). Finora Twitter ha invece mantenuto molte altre “certificazioni” di account personali o di giornali.


domenica 9 Aprile 2023

Copertine che non lo erano

Sia la Stampa che il Giornale, invece, hanno pubblicato una falsa immagine di una copertina di Playboy francese che era stata diffusa per scherzo sui social network in relazione alla notizia di una reale copertina del giornale dedicata a Marlène Schiappa, responsabile del governo alle Pari opportunità.


domenica 9 Aprile 2023

Con divertito stupore

Un comunicato ufficiale della Presidenza della Repubblica ha smentito lunedì con i toni più netti ma più diplomatici possibile una notizia diffusa da Stampa Repubblica il giorno prima.

“Al Quirinale si registra un divertito stupore per una ricostruzione decisamente fantasiosa fatta da diversi quotidiani sugli incontri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi.
Non è vero che il Presidente Mattarella abbia parlato con Mario Draghi di PNRR, né che lo abbia incontrato ventiquattr’ore prima della colazione con il Presidente del Consiglio né tantomeno in giorni realmente precedenti. Né che vi sia stato, nello stesso arco di tempo, un analogo incontro con il Commissario Ue Paolo Gentiloni.
Sarebbe fortemente auspicabile che, sulle iniziative del Presidente della Repubblica e sul loro significato, si facesse riferimento a quanto il Quirinale, con piena trasparenza, comunica”.

La Stampa ha allora confermato la notizia, collocandola però più indietro di una decina di giorni.

“Dopo le precisazioni del Quirinale confermiamo quanto scritto, anche alla luce delle verifiche effettuate con fonti della Presidenza della Repubblica nella giornata di ieri. L’incontro tra il Capo dello Stato Sergio Mattarella e l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi c’è stato il 20 marzo. Dalle interlocuzioni avvenute questa mattina si evince soltanto che il colloquio è avvenuto qualche giorno prima, il 20 marzo, ed è stato comunque precedente alla colazione tra Mattarella e la premier Giorgia Meloni”.


domenica 9 Aprile 2023

L’elefante e la formica

Il Post ha raccontato in maniera approfondita l’eccezionale condizione di concentrazione di potere mediatico – sovvenzionato dallo Stato – in Trentino-Alto Adige, di cui Charlie si era occupato spesso negli anni passati.

“Il dominio di Athesia suscita contestazioni, frequenti accuse di conflitti di interessi e ammonimenti sui pericoli per la libertà di stampa nella regione. Nelle ultime settimane se ne è parlato anche a livello nazionale e persino all’estero, dopo che a inizio marzo Athesia ha manifestato l’intenzione di fare causa a un piccolo giornale online, Salto, tra i pochi non controllati dal gruppo. Athesia chiede a Salto un risarcimento di 150mila euro per una «continua e pressante campagna diffamatoria» nei suoi confronti, citando in particolare 58 articoli pubblicati tra il 2018 e il 2022 che secondo l’azienda avrebbero oltrepassato i limiti del diritto di critica. La maggior parte sono in tedesco, firmati dal giornalista Christoph Franceschini, e riguardano vari ambiti in cui è attiva Athesia. Uno degli aspetti più raccontati ed eclatanti della vicenda è l’evidente sproporzione di forze tra i due soggetti coinvolti, che ha causato nuove accuse contro Athesia”.


domenica 9 Aprile 2023

El-ei-pi-di

La città di Los Angeles ha denunciato un giornalista accusandolo della diffusione di un database di oltre 9mila nomi e immagini di agenti della polizia cittadina che lo stesso dipartimento di polizia aveva consegnato al giornalista su sua richiesta. Molti degli agenti in questione avevano protestato e presentato denunce contro il dipartimento, dopo che il giornalista (Ben Camacho, del sito di news Knock LA) aveva condiviso i documenti con un’associazione che chiede maggiori controlli sulle attività della polizia, e dopo che l’associazione aveva pubblicato online le informazioni. Secondo le impressioni degli esperti, la denuncia contro il giornalista non ha fondamento – la legge protegge la pubblicazione di documenti ottenuti legalmente – ma è un modo per l’amministrazione di attenuare l’irritazione degli agenti coinvolti e indirizzare altrove il loro risentimento per la scelta di consegnare i documenti, che adesso la città sostiene essere avvenuta per errore. La stessa sindaca di Los Angeles Karen Bass lo ha definito “un errore vergognoso, i cui responsabili devono renderne conto”.


domenica 9 Aprile 2023

Da Domani

Il quotidiano Domani, la maggiore novità tra i quotidiani italiani in questi ultimi anni, ha annunciato la sostituzione del suo primo direttore Stefano Feltri – durato nel ruolo due anni e mezzo – con quello che finora era stato vicedirettore, anche lui dall’inizio, Emiliano Fittipaldi.
La notizia va messa in un po’ di contesto. Domani era nato dal desiderio di Carlo De Benedetti di sfogare il proprio risentimento per i mutati destini di Repubblica, quotidiano di cui era stato editore per quarant’anni, e che i suoi eredi avevano deciso di vendere, avviando una serie di cambiamenti di impostazione del giornale sotto la proprietà della famiglia Agnelli-Elkann e la direzione di Maurizio Molinari. Nelle speranze di De Benedetti si era creato uno spazio da occupare con un nuovo giornale progressista e che avrebbe potuto sottrarre temi, contenuti, autori, lettori e ruolo alla nuova Repubblica. In quest’ottica Domani aveva voluto esistere come giornale di carta e online insieme, ma presto si era visto che le risorse a disposizione (pur cospicue, con un fondo di dieci milioni destinato da De Benedetti al progetto) non riuscivano a permettere una competitività sui due fronti, a scapito del prodotto online che è ancora oggi molto poco protagonista, e limitato nelle sue opportunità da un paywall quasi totale. Il risultato di vendite in edicola e abbonati era stato discreto inizialmente, pur con qualche ingenuità nelle priorità di spesa (una costosa campagna pubblicitaria di dubbi risultati reali, per esempio), ma aveva presto rallentato, e rispetto alle cospicue perdite del 2021 non sembrano esserci stati grandi progressi (ma il bilancio del 2022 non è ancora noto).

L’editore di Domani sembrava quindi essersi demotivato negli ultimi mesi, e diminuita la sua speranza che il giornale potesse essere più protagonista della scena politica e del dibattito pubblico, e non volendo aumentare gli investimenti necessari a un rilancio del progetto (rilancio, soprattutto sul digitale, i cui risultati economici sarebbero stati tutti da verificare) e accantonate altre ipotesi (richiesta di finanziamento pubblico, ingresso di nuovi soci), aveva chiesto che le perdite fossero ridotte attraverso una riduzione dei costi, che da qualche tempo si fa sentire nella costruzione del giornale. La scarsa disponibilità del direttore Feltri a ulteriori risparmi e la convinzione dell’editore che un cambiamento fosse necessario hanno portato alla nomina di Fittipaldi, esperto giornalista di inchiesta responsabile di molto lavoro di Domani in quel campo ma senza esperienze di direzione finora, né apparentemente molto discontinuo rispetto all’idea del prodotto giornalistico.

Stefano Feltri ha risposto laconicamente e con discrezione alla decisione, evidentemente non condivisa, invitando a seguire la sua newsletter.


domenica 9 Aprile 2023

Perdite eccezionali

Il grande gruppo editoriale britannico News UK (che a sua volta appartiene a News Corp, multinazionale dei media posseduta da Rupert Murdoch) ha diffuso i suoi bilanci del 2022, da cui emergono delle cospicue perdite per il tabloid Sun – mentre il Times va bene – legate soprattutto agli accantonamenti di quasi cento milioni di sterline per le cause legali ancora in corso relative allo scandalo sulle sorveglianze telefoniche che portò alla chiusura del settimanale scandalistico News of the World, ma che coinvolse anche il Sun (che pur negando le accuse, prevede che ci possano essere accordi economici con i querelanti).


domenica 9 Aprile 2023

Charlie, sempre fuori fuoco

Due storie molto lontane permettono di notare quanto le discussioni sull’informazione siano spesso dirottate da posizioni pregiudiziali e partigiane, a danno di analisi più esperte e importanti. La prima storia è quella di Twitter che – obbedendo secondo alcuni a un’insofferenza del suo proprietario Elon Musk – ha deciso di etichettare come “testata affiliata allo Stato” la radio pubblica statunitense NPR, come finora aveva fatto con altri mezzi di informazione su cui Twitter suggerisce di avere dei pregiudizi perché non indipendenti da regimi non democratici (per esempio Russia Today in Russia). Ma anche trascurando la differenza tra una testata pubblica autorevole in un paese democratico e una fonte di propaganda di una dittatura (nessuno degli account RAI , come quello del Tg1, è etichettato in questo modo; né quelli di BBC , né quelli di altri media americani che ricevono sovvenzioni pubbliche), il fatto è che NPR non ha nessuna relazione editoriale con le istituzioni dello Stato americano: anche prendendo in considerazione i suoi critici che la accusano di partigianeria politica, non si tratterebbe di un’affiliazione allo Stato, ma casomai a un partito o a una posizione politica. L’assurdità della scelta di Musk – che molti hanno legato ai suoi risentimenti per come la sua gestione di Twitter è stata raccontata, ma su cui lui stesso sembra avere le idee poco chiare – e di chi la sostiene si spiega solo con la faziosità capricciosa di ogni dibattito: chi si è rallegrato di questa lettera scarlatta su NPR avrebbe probabilmente protestato se un analogo trattamento fosse stato destinato a Fox News o a una testata più di destra.

La seconda storia è la notizia che il senatore Matteo Renzi dirigerà un quotidiano di proprietà privata che ha una diffusione così limitata da non essere neanche certificata e che realisticamente non supera il paio di migliaia di copie: venendo quindi letto da meno persone di tanti account di Twitter personali (Renzi raggiunge molte più persone col suo di quanto possa fare il Riformista), e circa un ventesimo dei destinatari di questa newsletter, per fare due esempi (nessuna di queste considerazioni ha a che fare con un giudizio sulla qualità del giornale, sia chiaro). Che “un politico diriga un quotidiano” è quindi un problema del tutto sproporzionato e che si è posto soltanto per via della capacità divisiva ed eccitante tuttora mantenuta da Renzi, malgrado il suo stesso scarsissimo rilievo politico in questo momento. Nel frattempo, per chi temesse davvero eccessive relazioni dei quotidiani con la politica, due dei maggiori quotidiani nazionali italiani sono persino posseduti da un deputato della maggioranza (uno dei due è diretto da un ex senatore), per non parlare delle televisioni. Anche in questo caso le polemiche hanno ignorato queste valutazioni di fatto ma sono state animate dalle rispettive simpatie e antipatie, con perdita della misura e rimozione delle priorità. Prendete uno qualunque dei molti temi rilevanti sull’attualità dell’informazione, e dei rischi relativi, di cui via via leggete su Charlie, e valutate quanti abbiano avuto più spazi e preoccupazioni nel dibattito pubblico rispetto a “Matteo Renzi dirigerà il Riformista “.

Fine di questo prologo.


domenica 2 Aprile 2023

Le migrazioni altrove

In questi mesi il Post sta estendendo il suo impegno sul “giornalismo live” di cui avevamo parlato nella scorsa newsletter: mercoledì inizia alle Gallerie d’Italia di Torino il ciclo di incontri sulle “altre migrazioni” che arricchisce di informazioni la mostra dell’artista francese JR.


domenica 2 Aprile 2023

Di famiglia

Tra le più visibili convivenze di contenuti redazionali e pubblicitari sui maggiori quotidiani questa settimana, citiamo gli spazi ottenuti nelle pagine dell’economia per i celebrati risultati di bilancio di Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti, entrambi inserzionisti frequenti nelle settimane e nei mesi passati. E i nuovi investimenti dell’azienda vinicola Aneri – che ha un’intensa relazione con molte testate – su LiberoVerità Sole 24 Ore, tra gli altri: il Sole 24 Ore aveva scritto ancora dell’azienda e del suo proprietario il mese precedente, la Verità dicembre.


domenica 2 Aprile 2023

«Non lo scriva»

Un anno fa avevamo riassunto una serie di formule del giornalismo americano in parte note qui per via di cinema o serie tv, ma estranee alle consuetudini del giornalismo italiano che non conosce simili accordi condivisi: “off the record”, “on the record”, “on background”. Lunedì questa assenza di accordi condivisi si è manifestata con un esempio puntuale e visibile in un articolo di Repubblica che riferiva di una conversazione col primario di un ospedale in cui a novembre 2021 era morto un giovane paziente in circostanze che ora stanno venendo indagate.


domenica 2 Aprile 2023

Lavorare da casa al Foglio

Il direttore del Foglio Claudio Cerasa ha raccontato – all’interno di una lunga riflessione sugli sviluppi del lavoro “da casa” in questi ultimi anni – quello che sta imparando dalla condizione della sua redazione in queste settimane, che si trova a lavorare senza uno spazio fisico comune, per ragioni passeggere.

“Da un mese, il nostro giornale si trova, a Roma, senza una sede fisica in cui il giornale viene elaborato. Il Foglio sta cambiando sede, a breve avremo un nuovo ufficio, ma nell’attesa di accomodarci in un nuovo palazzo, i lavori non sono ancora finiti, ci siamo trovati a lavorare come in pandemia: tutti da casa. Nel farlo, però, abbiamo scoperto che, al contrario della primavera del 2020, eravamo involontariamente preparati. Da tre anni, ormai, le nostre riunioni mattutine, che di solito vengono convocate attorno alle 11.45, si sviluppano su Skype, anche quando siamo tutti in redazione: è più comodo, è più flessibile, è più sicuro, degli starnuti improvvisi abbiamo ancora un po’ di timore, e in fondo, in questi anni, abbiamo imparato a confrontarci bene, e anche a litigare se necessario, anche senza essere seduti tutti nella stessa stanza. Da qualche anno, poi, il nostro sistema operativo, Gmde, ci permette di lavorare da remoto facilmente: è sufficiente un computer, un collegamento internet decente e il giornale lo si può passare da qualsiasi parte del mondo. Da tre anni, infine, gran parte delle nostre comunicazioni si muove, durante il giorno, attraverso le chat su WhatsApp, dove viaggiano le informazioni, le segnalazioni, le idee, gli spunti di giornata aggiuntivi rispetto alle idee presentate la mattina in riunione.

Risultato: mentre stiamo dedicando molta energia alla sistemazione del nuovo ufficio, ci siamo accorti, ci siamo ricordati, che di un ufficio in teoria si può fare a meno e che anche i giornali, in teoria, si possono fare anche senza ufficio. Diciamo in teoria perché, mentre facciamo queste riflessioni, ci siamo anche accorti che, pur potendo fare tutto o quasi senza avere un ufficio, non avere un ufficio significa perdere qualcosa su vari versanti. Significa perdere qualcosa in creatività, perché, salvo preziose eccezioni, le idee che nascono incrociando uno sguardo in redazione consentono di unire sinapsi improvvise, che difficilmente si attivano stando da una parte all’altra del telefono e stare lontani ci ha fatto capire quanto forse sia importante anche riunirci guardandoci negli occhi. Significa perdere qualcosa in tempestività, perché essere in uno stesso luogo di lavoro consente di controllare meglio quello che accade durante il giorno e permette una migliore contaminazione del proprio lavoro con quello degli altri. Significa perdere qualcosa in progettualità, perché ci sono spunti che non possono viaggiare, non riescono a viaggiare in una chat su WhatsApp, in una telefonata rapida, in un susseguirsi di vocali, e non solo per una questione di organizzazione. Significa perdere qualcosa nella distribuzione del lavoro, perché chi gestisce un giornale via WhatsApp, da remoto, con un grafico da una parte, un redattore da un’altra parte, un collaboratore da un’altra parte, un correttore di bozze da un’altra parte e una connessione non sempre all’altezza sa quanto sia faticoso tenere insieme tutto, essere contemporaneamente efficienti, precisi, creativi, reattivi.

Lavorare da casa, naturalmente, significa anche altro. Significa scrivere articoli più velocemente. Significa, a volte, chiudere il giornale prima del tempo. Significa riuscire a fare una cena in un orario non da dopocena. Significa, a volte, riuscire persino a vedere un figlio quando esce di scuola e non solo quando è già sotto le lenzuola. Significa conoscere bene tutte le connessioni dei bar sotto casa, necessari quando scopri il chiasso che fanno i figli quando non sono sotto le lenzuola. Significa, però, al fondo, avere la consapevolezza che i lavori che impongono creatività non potranno mai fare a meno di un ufficio e che guardarsi negli occhi e vedere la scintilla nello sguardo di un collega è infinitamente più intimo, più veloce, più efficace che individuare quella scintilla attraverso un vocale su whatsapp. Si può fare, certo, la creatività la si può governare anche da remoto, e anche noi abbiamo una nostra flessibilità, ma per quanto la banda possa essere larga la verità è che la creatività non potrà mai prescindere dalla scintilla nascosta in uno sguardo (e stare lontani ci ha fatto capire quanto forse sia importante anche riunirci guardandoci negli occhi)”.


domenica 2 Aprile 2023

Get the door

Repubblica ha iniziato a promuovere la sua nuova rivista dedicata al design e all’arredamento che sarà inaugurata con l’inizio del Salone del mobile di Milano, il 13 aprile. Si chiama door, è diretta da Emanuele Farneti (che ha 48 anni ed è stato direttore di Vogue AD in Condé Nast e ora è direttore del supplemento di Repubblica), ne sono previsti otto numeri l’anno e GEDI lo introduce come potenziale raccoglitore di pubblicità in un settore che finora il gruppo presidiava poco e che sulla pubblicità cartacea è ancora interessato a investire, come tutti quelli in cui resta importante la visualizzazione dei prodotti in una confezione grafica elegante e cool.


domenica 2 Aprile 2023

Business in crisi non per tutti

Il sindacato dei giornalisti del New York Times ha condiviso su Twitter – riferendosi alle trattative con l’azienda in cui da tempo sono chiesti aumenti per i dipendenti – che l’amministratrice delegata del New York Times Meredith Levien è stata pagata 7,6 milioni di dollari nel 2022. Mercoledì c’è stata una nuova protesta all’interno della redazione.


domenica 2 Aprile 2023

Si mette peggio a Mosca

L’arresto di un corrispondente del Wall Street Journal a Mosca, accusato di spionaggio – oltre alle preoccupazioni singolari del caso – aumenta ancora di più la pressione intorno alla libertà dei giornalisti occidentali che raccontano la Russia, e le cautele che devono avere. Ne avevamo parlato qualche settimana fa, sono cautele inevitabili, e di cui i lettori e gli spettatori devono essere consapevoli. Marco Imarisio, esperto inviato del Corriere della Sera che nell’ultimo anno è stato molto in Russia, ne ha parlato nel suo articolo sull’arresto di Gershkovich.

“È difficile spiegare cosa significa fare giornalismo nella Russia di oggi. Chiunque ci abbia provato dopo l’inizio della cosiddetta «operazione militare speciale» ha un episodio in tasca che racconta bene l’ansia e l’incertezza, che ogni tanto capita di provare. Quella volta che in una città di provincia ti hanno sequestrato il passaporto per un’ora, quella volta che un poliziotto ti ha obbligato a salire su un furgone perché avevi parlato con un manifestante. Poteva andare in un modo o nell’altro, o almeno la sensazione è sempre quella, che ci è mancato poco”.


domenica 2 Aprile 2023

Panini

Ci è capitato di citare in passato gli “abbinamenti” tra quotidiani locali e nazionali – ovvero la vendita di due giornali al prezzo di uno – soprattutto in relazione a quanto questo influisca sui dati di diffusione poi comunicati dalle testate relative: chi compra paga un solo giornale, ma quell’acquisto viene poi comunicato come due copie. Sono accordi che interessano i quotidiani locali (che possono dare un’offerta complementare o non concorrenziale ai loro lettori) ma anche i quotidiani nazionali, che possono così raggiungere nuovi lettori per cui è consueto solo l’acquisto del quotidiano locale.
Accordi simili sono stati fatti da poco in Umbria e Toscana, dove da ieri chi compra il Corriere dell’Umbria (che ha edizioni anche a Siena e Arezzo) riceve anche la Gazzetta dello Sport, e dove i quotidiani concorrenti (Nazione Messaggero) hanno avviato simili iniziative con le altre maggiori testate sportive.
Il Corriere dell’Umbria era stato venduto un anno fa dalla famiglia Angelucci (che possiede Libero Tempo, e sta acquistando il Giornale) alla società Polimedia della famiglia umbra Polidori, che deve le sue fortune all’azienda di formazione e istruzione Cepu.


domenica 2 Aprile 2023

Interessi morali e materiali

Due delicate questioni che riguardano il giornalismo italiano sono ricomparse, sovrapponendosi, sul Sole 24 Ore di questa settimana. Una è quella della propaganda del regime cinese sui media internazionali, che ha trovato alcuni mezzi di informazione italiani particolarmente vulnerabili in questi anni. L’altra è quella della debolezza delle redazioni rispetto alle richieste delle concessionarie pubblicitarie.
Domenica scorsa il Sole 24 Ore ha pubblicato quattro pagine di promozione della Cina e delle sue attività economiche con poca trasparenza nei confronti dei lettori: che si trattasse di pubblicità era indicato solo con una sommaria dizione che alludeva al nome della concessionaria pubblicitaria System (che è anche la concessionaria del Post, disclaimer) in modi poco rivelatori per i lettori. Scelta che contraddice le norme stabilite dallo stesso Ordine dei giornalisti, ma non dissimile da quelle frequenti di altri quotidiani. A far traboccare il vaso dell’indulgenza della redazione del Sole 24 Ore è stato però che questo meccanismo di poca trasparenza vada a beneficio di un regime autoritario e della sua propaganda, e il Comitato di redazione – che lo aveva già fatto lo scorso dicembre – ha protestato molto severamente.

“A un’azienda che si pretende inclusiva e sostenibile, a un’azienda che in queste ore richiama la redazione alla considerazione degli interessi “morali e materiali” del gruppo Sole 24 Ore anche nell’assunzione di incarichi esterni extragiornalistici (!), chiediamo di conoscere quali sono gli interessi morali sottesi alla (ennesima) pubblicazione delle 4 pagine del Focus China. Quelli materiali temiamo di intuirli. Purtroppo”.

La questione è stata commentata mercoledì anche sul Fogliosulla Verità su Domani.


domenica 2 Aprile 2023

GEDI lascia il Nordest

La prospettiva che il gruppo editoriale GEDI venda un’altra grossa parte dei suoi quotidiani locali, quella “del Nordest”, si sta concretizzando.
GEDI possedeva fino a qualche anno fa, quando era cambiata la sua proprietà ed era stato cambiato il nome all’azienda (era il gruppo L’Espresso), quasi venti quotidiani locali, assieme alle sue più note testate nazionali (Repubblica Stampa, oltre allo HuffPost, a Radio Deejay Radio Capital). Col nuovo corso il gruppo ha deciso di abbandonare l’interesse per i quotidiani locali: dapprima sostenendo di voler concentrare l’impegno su quelli nel Nord Italia e dismettendo gli altri; ma qualche settimana fa lo stesso disimpegno è stato confermato anche sul Piccolo di Trieste, sul Messaggero Veneto di Udine, sul Corriere delle Alpi di Belluno, sul Mattino di Padova, sulla Nuova Venezia, sulla Tribuna di Treviso. Se la loro vendita si concludesse – è stata consegnata un’offerta da parte di un gruppo di imprenditori veneti – in GEDI resterebbero ancora il Secolo XIX di Genova, la Gazzetta di Mantova, la Provincia Pavese , la Sentinella del Canavese.


domenica 2 Aprile 2023

Il periodo blu

Sia CNN che BuzzFeed News hanno raccolto informazioni da varie altre testate rispetto alle loro intenzioni nei confronti del nuovo regime di Twitter rispetto alle “spunte blu” degli account. Twitter sta avvisando i titolari degli account certificati che tra poco per mantenere quella certificazione dovranno pagare un abbonamento: la gran parte delle testate consultate ha risposto che non ha intenzione di farlo, e pazienza per la spunta blu.


domenica 2 Aprile 2023

Charlie, giornalismo o forse no

Sul magazine online dedicato ai media della Nieman Foundation è stata pubblicata una riflessione di Issac Bailey, un giornalista americano di ricco curriculum, a proposito di quanto si possa considerare “giornalismo” quello della rete televisiva Fox News. O meglio, se Fox News possa essere ancora definire un “news outlet” dopo lo svelamento di una serie di comportamenti in malafede di molti suoi giornalisti che stanno emergendo in una causa legale che ha al centro il racconto delle ultime elezioni presidenziali. Bailey ammette che la sua pretesa di escludere Fox News dal novero del “giornalismo” possa suonare partigiana, o imbarazzante per l’abituale corporativismo dei giornalisti: e spiega che la ragione per cui i giornalisti delle altre testate hanno in altre occasioni difeso l’autonomia di Fox News è che tutti sanno di poter fare sbagli e che questi sbagli possono avere gravi conseguenze. L’esempio maggiore che fa è quello delle falsificazioni avallate da molti giornali americani al tempo della decisione americana di invadere l’Iraq. Secondo Bailey, però, c’è una differenza tra gli errori anche gravi commessi per avere trascurato i maggiori standard giornalistici di verifica e rigore, e la disinformazione partigiana e in malafede consapevole di generare effetti pericolosi. E la questione di dire apertamente – da parte dei giornalisti interessati al servizio pubblico del giornalismo – che ci sono testate giornalistiche che peggiorano le convivenze e il funzionamento delle democrazie, e non farsi frenare sempre da una complicità corporativa e dal fatto che ogni giornale dà lavoro a delle persone, è già stata sollevata in passato. È vero che in ogni giornale c’è una quota – minore o maggiore – di buon giornalismo, ma questo non può essere l’alibi per tollerare il peggiore, soprattutto quando diventa preponderante.

Fine di questo prologo.


domenica 26 Marzo 2023

“Una chiara riproposizione”

Mercoledì sul sito di Repubblica è stata pubblicata una successione di notizie esemplare di una pratica assai frequente sui siti di news italiani: quella per cui capita di dare una notizia sbagliata ma invece di correggerla e comunicare il proprio errore si fa diventare l’errore una notizia attribuendolo ad altri. Repubblica ha prima pubblicato un articolo severo e indignato su un’espressione antisemita usata nel programma televisivo “Un posto al sole”, e quando si è verificato che l’espressione non era in realtà stata usata ha cancellato il primo articolo e ne ha pubblicato un secondo riferendo di una “polemica” per una parola “scambiata”.
Anche il sito del Corriere ha cancellato la propria pagina.


domenica 26 Marzo 2023

Orizzonti

Le pagine pubblicitarie in forma di articoli dedicati ad eventi, mostre, progetti sui due maggiori quotidiani italiani – di cui avevamo scritto ancora la settimana scorsa – hanno evidentemente una grossa attrattiva presso gli inserzionisti e sono diventate una fonte di ricavo preziosa per i quotidiani stessi: la possibilità di simulare una copertura giornalistica indipendente per quello che è un contenuto commissionato e pagato da un inserzionista, senza informare i lettori della vera natura di quegli articoli, ottiene interesse da parte di aziende ed enti, e martedì è capitato che sul Corriere della Sera le pagine in questione passassero dalle consuete due a tre.


domenica 26 Marzo 2023

Disdire

Abbiamo scritto spesso del meccanismo con cui molte testate internazionali mantengono una quota di abbonati digitali creando ostacoli pratici alla cancellazione degli abbonamenti stessi: è una pratica particolarmente presente in Italia (il Post permette la cancellazione in tutta facilità, ndrma diffusa in tutto il mondo, e negli Stati Uniti ci sono stati già interventi da parte della Federal Trade Commission per limitarla, sia per quanto riguarda i giornali che altri servizi. Gli interventi non hanno avuto grandi risultati e quindi la stessa FTC sta lavorando a delle regole che impongano ai siti di permettere le cancellazioni degli abbonati con le stesse procedure con cui si creano gli abbonamenti, e senza costringere a telefonate, fax, invio di documenti, o altre macchinosità.


domenica 26 Marzo 2023

Il dannato futuro dei podcast

Chora Media, la più importante società di produzione di podcast italiana, ha comunicato di avere registrato come testata giornalistica la propria sezione che comprende podcast di informazione di attualità, con il nome di Chora News. La registrazione della testata giornalistica dà tra le altre cose una maggiore protezione (sul diritto di cronaca, per esempio) rispetto a iniziative giudiziarie contro i propri contenuti. Chora “è stata creata nel 2020 da Guido Brera, Mario Gianani, Roberto Zanco e Mario Calabresi”, quest’ultimo ex direttore dei quotidiani Repubblica Stampa.


domenica 26 Marzo 2023

Scelte

Sabato il quotidiano La Verità ha ritenuto di divulgare l’informazione per cui “la direzione” del quotidiano Il Messaggero avrebbe chiesto al “caporedattore dell’online” Guglielmo Nappi di non pubblicare un articolo dedicato ai libri sulla pandemia della giornalista Angela Camuso: lei stessa ha firmato la rivelazione della sua conversazione con Nappi. Non si sa se lui fosse stato informato della scelta di renderla pubblica.


domenica 26 Marzo 2023

È cambiato tutto

Il sito Visual Capitalist ha pubblicato un illuminante grafico sulla distribuzione dei ricavi del New York Times, che mostra con immediatezza quanto siano diventati rilevanti gli abbonamenti al giornale online e ai suoi servizi negli ultimi dieci anni, e quanto lungimirante sia stato spostare su quelli le priorità. È quello che nel frattempo hanno iniziato a fare quasi tutti gli altri siti di news internazionali, non tutti con la stessa decisione e la stessa capacità di sacrificare sul breve le altre fonti di ricavo.


domenica 26 Marzo 2023

Missione compiuta

Domani è uno dei pochi quotidiani (assieme al Fatto e al Manifesto) a occuparsi con toni spesso critici della grande azienda energetica ENI (le cui complesse attività creano frequenti occasioni di possibile critica), con cui la maggior parte delle altre testate intrattiene invece relazioni molto accoglienti e dipendenti dai grandissimi investimenti pubblicitari di ENI stessa nei giornali. Domani lo ha fatto di nuovo venerdì (ma ancora oggi ) con un articolo in prima pagina del suo direttore Stefano Feltri, che si apriva esattamente spiegando l’anomala relazione dei mezzi di informazione con ENI.

“D urante la stagione delle nomine, per un giornale è meglio parlare bene di tutti: elogiare il futuro nominato può essere la premessa per un po’ di pubblicità, infierire sul probabile sconfitto può portare a tagli di inserzioni o cause legali casomai dovesse resistere.

Questo discorso vale a maggior ragione per l’Eni, società con un budget pubblicitario virtualmente illimitato e con la querela facile.
Dunque, la conferma sicura dell’ad Claudio Descalzi non ha animato grandi dibattiti. Anche se ci sarebbero molte ragioni per congedarlo dopo ben tre mandati.
Al netto delle vicende giudiziarie, delle quali non si può dire niente senza ricevere lettere dall’ufficio stampa prima e dagli avvocati dell’Eni poi, e che si sono concluse con manager assolti e magistrati sotto processo, il problema Descalzi andrebbe discusso come una questione di interesse nazionale”.

All’articolo di Feltri, che entrava poi nel merito di una serie di critiche all’operato recente di ENI, ha in effetti risposto l’indomani l’azienda, ribattendo su molti punti concreti ma tornando anche a difendere la propria scelta di “agire in sede legale”, come si dice, contro Domani.

“Quanto alle querele, i suoi lettori devono sapere che Eni non ha querelato nessun giornale in sede penale, ma ha esercitato il diritto, a tutela di tutti i suoi stakeholder, di chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e reputazionali provocati da articoli accusatori privi di ogni fondamento. Come tutti, anche Domani è tenuto al rispetto della legge”.

L’ulteriore risposta di Feltri è utile per spiegare più esattamente come mai in molti casi i giornali vengano denunciati “in sede civile” piuttosto che penale: i rischi di risarcimenti in questi casi (uniti ai costi comunque onerosi di ogni azione giudiziaria) sono quasi sempre molto più preoccupanti per giornali e giornalisti di quelli penali, e le grandi aziende che non hanno problemi di spese possono invece considerarli investimenti preziosi per la propria comunicazione.

“Il fatto di denunciare i giornali in sede civile è soltanto indicativo che l’obiettivo è condizionare la stampa e non segnalare un reato.
Difficile poi immaginare come notizie vere, ancorché presentate in modo sgradito, o opinioni non apprezzate possano condizionare le prospettive economiche di un colosso come Eni che solo marginalmente dipende dal mercato retail (scappano gli utenti di gas e luce?).
Quindi, Domani non è per niente «libero di commentare come crede le vicende di un’azienda». Ma è libero di commentare molte aziende, che al massimo replicano, dialogano, interagiscono. L’Eni non è tra queste.
Dunque, non mi azzardo a dire più nulla sulle vicende giudiziarie: ogni accenno al merito comporta esporre me e il giornale ad altre azioni legali. Eni può dire: missione compiuta”.


domenica 26 Marzo 2023

Per addetti ai lavori

Il sito YouTrend ha pubblicato una ricerca a proposito delle fonti di informazione più frequentate dai parlamentari italiani (l’aveva già fatta in passato). Il campione è abbastanza esiguo (41 parlamentari) ma è presentato come “rappresentativo”. Quello che suggerisce la ricerca è soprattutto che alcune testate a diffusione minore di altre abbiano invece grandi attenzioni tra deputati e senatori: Foglio Huffington Post in particolare.


domenica 26 Marzo 2023

I siti di news a gennaio

La società di rilevazione Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a gennaio. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente).
Detto questo, per la maggior parte dei siti gennaio mostra delle crescite rispetto a un mese fa ma dei cali rispetto a un anno fa: nelle prime posizioni Repubblica ha di nuovo superato il Corriere, e c’è stato un inedito grosso calo di Fanpage.

Per alcune delle testate nelle prime posizioni bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, aveva circa 300mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, una quota dei quali è contata nel totale del Messaggero , mentre nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi, Amica IoDonna.
(cliccando sulla tabella l’immagine si ingrandisce)


domenica 26 Marzo 2023

Gli editori avanzano pretese sulle “intelligenze artificiali”

Il Wall Street Journal ha riferito che la questione del copyright tra gli editori di giornali americani e i servizi che producono contenuti grazie alle “intelligenze artificiali” (ne parlammo un mese fa ) sta arrivando al pettine. Le aziende giornalistiche sostengono che se software come ChatGPT creano testi a partire dall’elaborazione degli archivi di articoli dei giornali, quei software dovrebbero pagare il diritto d’autore: è una richiesta non dissimile da quella avanzata da tempo dai giornali presso Google e Facebook, ma stavolta gli editori si sono fatti trovare pronti, scottati da quell’esperienza. Il Wall Street Journal spiega che non c’è solo un tema di contenuti usati per addestrare i software in questione ma anche di come i contenuti e i link vengono offerti ai lettori.


domenica 26 Marzo 2023

“Un gracile segno positivo”

L’azienda del Sole 24 Ore ha comunicato di avere chiuso il 2022 in utile, per la prima volta dopo quattoridici anni. Il “risultato netto è positivo per 0,5 milioni”, una cifra esigua ma molto significativa se paragonata alla perdita di ancora 21 milioni dell’anno precedente. Il miglioramento si deve soprattutto ad attività diverse da quelle del giornale (ma naturalmente la testata contribuisce in maniera indiretta ai risultati del brand e alla promozione delle altre attività), spiega il comunicato, ma c’è comunque un aumento dei ricavi pubblicitari.

“In particolare, nel 2022 i ricavi pubblicitari sono in crescita di 2,6 milioni di euro (+2,9% rispetto al precedente esercizio) e sono pari a 90,8 milioni di euro; i ricavi editoriali diminuiscono di 2,3 milioni di euro (-2,3% da 100,9 milioni di euro del 2021 a 98,6 milioni di euro del 2022) principalmente per la contrazione dei ricavi generati dalla vendita dei prodotti cartacei; gli altri ricavi registrano una crescita di 7,7 milioni di euro (+53,4% da 14,4 milioni di euro del 2021 a 22,1 milioni di euro del 2022), principalmente grazie ai maggiori ricavi dell’area Cultura e dei prodotti più innovativi dell’area Servizi Professionali e Formazione”.

L’amministratrice delegata ha celebrato estesamente i risultati, spingendo il Comitato di redazione a ricordare – in un comunicato pubblicato sul giornale sabato – che i risultati stessi si devono anche a una cospicura riduzione di costi e persone e ad auspicare che questa non prosegua.

“E tuttavia non possiamo non ricordare che il passaggio a un gracile segno positivo è stato ottenuto anche grazie ad anni di taglio del costo del lavoro, compresi il 2022 e il 2023, in tutte le sue forme, strutturali, con i prepensionamenti, e temporanee (queste ultime in realtà ormai in corso da molto tempo), con la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Misure che hanno investito tutto il personale del gruppo.
Della comunicazione della nuova amministratrice delegata vogliamo sottolineare l’avvenuto “cambio di passo” e ci auguriamo che sia finalmente conclusa la stagione dei tagli per tornare a un confronto sindacale vero, concentrato su investimenti e prospettive di crescita per il business caratteristico, l’informazione”.


domenica 26 Marzo 2023

Le cose si fanno tristi

Il sito NiemanLab ha pubblicato un’interessante riflessione intorno a una ricerca scientifica compiuta da un gruppo di studiosi dei media di diverse università internazionali. La ricerca ha attinto a una mole enorme di articoli del sito Upworthy (un sito americano di news che ebbe per qualche anno una grandissima popolarità pubblicando news confezionate in modo da evocare reazioni emotive volte – nella tesi dei suoi creatori – a “rendere il mondo migliore”), la cui natura e ricchezza li ha resi un ottimo bacino per l’indagine: indagine volta a capire quanto l’uso di termini “negativi” o “positivi” influenzi la possibilità che i lettori clicchino su un determinato titolo per leggere l’articolo (esempi di parole negative: “preoccupante”, “colpisce”, “ira”; positive: “avvantaggia”, “bello”, “preferito”). Il risultato più evidente è che i termini “negativi” aumentano del 2,3% questa possibilità rispetto a quelli “positivi”. Questa scoperta non è una novità, scrive Joshua Benton su NiemanLab: già la psicologia evolutiva aveva spiegato che gli umani sono più preoccupati di essere informati dei pericoli che delle opportunità o buone prospettive, per ragioni di sopravvivenza. Ma averla concretizzata in dati relativi alle news online è comunque una declinazione utile e rivelatrice del concetto: sottolineando che la differenza percentuale è comunque piuttosto limitata.

In più, la ricerca articola le parole nei titoli in quattro categorie di emozioni evocate più definite: rabbia, paura, gioia, tristezza. E stando ai dati raccolti, è la tristezza a rendere più probabile il click su un titolo, anche se in percentuali sotto l’1% e non così significative. Forse il dato più convincente è quello più generale di tutti, per cui un sito come Upworthy – famoso per i suoi titoli lunghi composti da due frasi – ottiene un “click through” medio (quanti clic per ogni visualizzazione di un titolo) di appena l’1,39%.

– Luca Sofri: Paura e zizzania


domenica 26 Marzo 2023

Charlie, dal vivo

Da diversi anni molti giornali in tutto il mondo sperimentano fonti di ricavo “terze” accanto a quelle principali legate alla pubblicità o ai lettori paganti: tra quelle che si sono dimostrate più preziose e più frequentate ci sono quella delle iniziative di formazione (corsi, master, workshop, lezioni varie), quella di pubblicazioni accessorie (libri, riviste, allegati) e quella degli “eventi” cosiddetti. Questi ultimi possono essere festival più ricchi e con frequenze maggiori o singoli incontri pubblici, e dipendere per le loro sostenibilità e profitti da sponsor o dal pubblico pagante. Ma sono anche diventati un canale di conservazione del rapporto con i propri lettori e abbonati, e soprattutto un formato proprio di diffusione e condivisione di informazioni e di giornalismo: come gli articoli di testo, come i podcast, come i video e come ogni occasione che permetta di raccontare la realtà. Lo predica esplicitamente il sito di news Semafor, spiegando che il “live journalism” ha dignità di giornalismo come altri modi più tradizionali in cui il giornalismo viene praticato. Destinare persone, tempo e risorse a consentire che le persone ascoltino dai giornalisti le cose che hanno da raccontare su un palco o dietro una cattedra (o intorno a un falò, se si vuole) fa parte delle stesse priorità di impegnarsi a pubblicare un articolo. “Consideriamo gli eventi come equivalenti al giornalismo scritto o per immagini che pratichiamo, non come un accessorio”, ha detto Ben Smith di Semafor.

Fine di questo prologo.


domenica 19 Marzo 2023

Con le pinze

A proposito di segnalazioni dei lettori, completiamo senz’altro con un elemento di contesto quello che avevamo riferito la settimana scorsa citando un commento critico del giornalista Giovanni Valentini nei confronti delle vicende della Gazzetta del Mezzogiorno, pubblicato sul Fatto. Valentini, che ha iniziato a lavorare proprio alla Gazzetta del Mezzogiorno, era stato tra i contattati per dirigere la nuova edizione del giornale (circolano versioni diverse sul mancato accordo), in mezzo a complicate vicende di interessi vari e coinvolgimenti familiari.