Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 2 Luglio 2023

In un altro campionato

Non è la prima volta che qualcuno che studia i cambiamenti nei prodotti giornalistici lo ricorda, questa volta è una ricerca firmata da due docenti universitari, uno americano e una canadese: il New York Times non è un modello esemplare per capire i giornali o la società. Proprio perché è eccezionale, perché ha un potere e le risorse per mantenere degli standard di qualità e di autorevolezza inimitati, dice lo studio, non lo si può considerare – soprattutto nelle ricerche accademiche – rappresentativo di come i giornali coprano le notizie e raccontino la società, né di quale tipo di informazione i lettori statunitensi ricevano.


domenica 2 Luglio 2023

Giri

Non è ancora ufficiale, ma si parla da un paio di settimane di nuovi avvicendamenti di direttori nelle testate quotidiane del centrodestra, conseguenti all’acquisto del Giornale da parte della famiglia Angelucci, che già possedeva Libero e il Tempo di Roma. Le ultime notizie date come molto probabili sono che Alessandro Sallusti torni a dirigere il Giornale (che aveva diretto per undici anni fino a due anni fa) e lasci la direzione di Libero a Mario Sechi (che ne era stato vicedirettore prima di diventare direttore del Tempo e poi dell’agenzia di stampa di ENI, Agi), che negli scorsi mesi era stato portavoce di Giorgia Meloni.

Intanto la Stampa aveva pubblicato martedì un ritratto di Antonio Angelucci, l’editore in questione, di cui Charlie ha scritto spesso (anche perché Libero riceve i contributi pubblici).

“Angelucci è parlamentare di lungo corso ma di pochissime presenze. Un tempo simpatizzante di An, si fa eleggere prima con Berlusconi, poi nel 2023 con Salvini. I leghisti se lo vedono apparire in lista senza sapere nulla. Al compleanno per i 50 anni del leader del Carroccio, l’imprenditore appare sorridente accanto a Berlusconi. Sono i giorni in cui si sta finalizzando l’acquisto de Il Giornale. Il video è di Nicola Porro, vicedirettore del quotidiano. Il punto in comune è sempre lo stesso: Denis Verdini, grande amico di Angelucci, oggi agli arresti domiciliari, ex senatore, ex braccio destro del fondatore di FI, papà della fidanzata del segretario leghista, anche lui con un passato – non felicissimo – di editore.
Come con i giornali, Angelucci fa con i partiti: diversifica. Sta nella Lega ma non vuole grane con la premier di FdI e mette alla guida di Libero un direttore che Salvini non gradisce. L’uomo non ama sentirsi dire no”.


domenica 2 Luglio 2023

In via d’estinzione

Il National Geographic – l’edizione americana originale – sta licenziando i suoi ultimi 19 giornalisti-scrittori della redazione, mantenendo solo quelli che si occupano della confezione della rivista e affidando a collaboratori esterni la scrittura di tutti gli articoli (ricordate che negli Stati Uniti è molto più definita la differenza tra “editors” e “reporters” o “writers”, ovvero da chi decide e cura l’edizione di un giornale e chi produce gli articoli).


domenica 2 Luglio 2023

Il nuovo direttore del Manifesto

Il quotidiano Il manifesto, una delle rare testate quotidiane italiane ad avere una direttrice, non avrà più una direttrice ma un direttore. Si è dimessa dopo 13 anni Norma Rangeri, storica protagonista delle attività del giornale: “Ogni cosa nella vita ha il suo tempo e, dopo quasi 14 anni, il mio ruolo di direttrice de il manifesto è concluso. E riconosco a cuor leggero che guidare un quotidiano richiede energie più fresche. Per questo nei mesi scorsi avevo annunciato alla redazione la volontà di lasciare ad altri la responsabilità primaria del giornale”.
Il nuovo direttore è Andrea Fabozzi, che ha 52 anni ed è a sua volta al Manifesto dal 2001.


domenica 2 Luglio 2023

Scontri in Francia, anche nei giornali

La redazione del Journal du dimanche, uno dei settimanali più importanti in Francia (chiamato dai suoi lettori JDD) è in sciopero da più di una settimana per protestare contro la recente e improvvisa nomina a direttore di Geoffroy Lejeune. JDD è un giornale nazionale di attualità e politica moderato e filo-istituzionale mentre Lejeune appartiene all’ambito della destra identitaria francese: ha diretto per anni il magazine Valeurs actuelles, che secondo il quotidiano francese Le Monde ha l’obiettivo di “portare la destra ancora più a destra” e nel 2015 aveva pubblicato il romanzo Un’elezione ordinaria che immaginava e auspicava la candidatura e la vittoria alle presidenziali di Éric Zemmour, intellettuale e conduttore tv di destra che si era poi effettivamente candidato nel 2022, prendendo poco più del 7% dei voti.

Come ha raccontato in Italia un articolo sul Foglio il cambio di direzione darà inevitabilmente al settimanale una linea più conservatrice, ed è attribuito a Vincent Bolloré, miliardario francese e imprenditore nel settore dell’informazione e della televisione che ha da poco acquistato la quota maggioritaria del Gruppo Lagardère, di cui fa parte JDD.
Bolloré è noto per acquistare delle pubblicazioni e delle reti televisive e cambiare la loro linea editoriale, spostandole sempre più a destra. Questo era già successo con il magazine Paris Match e diversi canali come C8Canal+ CNews (una specie di Fox News francese) che avevano dato moltissimo spazio a Éric Zemmour prima e durante la sua campagna presidenziale fondata sull’odio razziale, abitudine per cui è stato condannato nel 2022.

La redazione del Journal du dimanche, che ha impedito con il suo sciopero la pubblicazione del settimanale lo scorso weekend per la seconda volta in 75 anni, ha ricevuto un ampio sostegno dai suoi lettori e dal mondo della politica e dei media non appartenenti all’ambiente della destra identitaria: dalla ministra per la Cultura Rima Abdul Malak, ai giornalisti dei principali quotidiani francesi, alle 400 personalità del mondo politico, economico, sociale, culturale, e sportivo che hanno firmato un appello pubblicato da Le Monde.


domenica 2 Luglio 2023

La questione canadese

Meta continua a mantenere la sua sospensione della promozione dei contenuti dei siti di news su Facebook e Instagram in Canada, come aveva deciso dopo l’approvazione di una legge che obbliga Facebook e Google a trattative per compensare le testate giornalistiche per l’uso dei loro contenuti sulle piattaforme. La questione è al centro di attenzioni e dibattiti in Canada, ed è intervenuto anche il primo ministro Trudeau. Quella di Meta non è una protesta, ma l’applicazione della tesi per cui “a queste condizioni non ci conviene dare spazio alle news, che per noi non sono così importanti, e ci costerebbero più di quanto ci danno”.

Giovedì anche Google ha adottato una simile reazione: annunciando che non vede spazio perché le norme applicative della legge – che devono essere scritte – consentano un compromesso soddisfacente (per Google) e che quindi da che la legge entrerà in vigore il motore di ricerca smetterà di mostrare risultati proveniente dai siti di news canadesi, in Canada.

Nel frattempo quello che succede in Canada è osservato anche dal resto del mondo con curiosità o con scetticismo. Da una parte gli editori di altri paesi sperano che iniziative legislative di questo genere siano applicate anche nei loro paesi per garantire un’entrata preziosa e a costo zero: di fatto si parla di imporre alle piattaforme di pagare dei contributi per una situazione già esistente, e che peraltro genera già benefici di traffico per i giornali online e – modesti – ricavi conseguenti.
Dall’altra gli osservatori più esperti segnalano come in Canada si rischi di replicare gli effetti fallimentari della legge già in vigore in Australia, che si è risolta appunto in cospicui contributi per i grandi editori con maggiore potere contrattuale e pochi benefici per i progetti giornalistici nuovi o più piccoli, e per i lettori e l’interesse pubblico. Un modo per dare altri soldi a chi ne ha di più, e a chi già domina il mercato giornalistico.


domenica 2 Luglio 2023

Charlie, un promemoria

Un prologo semplice, perché alla solidità ineluttabile degli interessi politici di spartizione che fa sì che le norme sul finanziamento pubblico ai giornali non verranno mai modificate o applicate con rigore (malgrado gli sterili annunci del governo) è giusto almeno opporre ogni tanto un promemoria sulla loro scorrettezza. Oltre a essere “adattate” da alcune testate per beneficiare di cospicui contributi pubblici senza nessuna ragione di vantaggio per la comunità, quelle norme sono una distorsione della concorrenza e del mercato. Una qualunque delle testate beneficiarie riceve dallo stato risorse economiche che le permettono di fare investimenti che altre testate no.
Prendetene una, di quelle che si presentano come cooperative o non profit pur avendo editori e proprietari di larghe disponibilità economiche, e immaginate che voglia fare un’offerta a un giornalista importante. Ora immaginate che lo stesso giornalista importante interessi a un altro giornale, che ha scelto di non darsi le condizioni formali per ricevere quei contributi. Il primo giornale può offrire a quel giornalista un compenso migliore. Il primo giornale può spendere più soldi in una campagna pubblicitaria. Il primo giornale può investire in innovazioni che per un altro giornale sono costi insostenibili. In una stessa città il primo giornale può arrivare con le sue copie in edicola, mentre per il secondo quel costo diventa insostenibile e va eliminato, e in quella città non arriverà più. Eccetera.

Fine di questo prologo.


domenica 25 Giugno 2023

Annuncio per tempo

Charlie andrà in vacanza per un mesetto buono: l’ultima newsletter sarà quella del 23 luglio, e riprenderà domenica 10 settembre.


domenica 25 Giugno 2023

Degustazioni

Lo spazio di promozione che alcuni quotidiani garantiscono alla ditta vinicola Aneri si è manifestato anche questa settimana con un articolo promozionale sul Corriere della Sera, che attinge ai medesimi contenuti di quelli pubblicati via via nei mesi e anni passati. Questa accoglienza per i prodotti Aneri si accompagna agli investimenti pubblicitari diretti dell’azienda su alcune testate, e alla contiguità del suo fondatore – inventore e finanziatore del premio “È giornalismo” – con il mondo giornalistico milanese.


domenica 25 Giugno 2023

Se le cose non funzionano come dovevano

La newsletter sul giornalismo del fondatore del giornale online ProPublica, Richard Tofel, ha dedicato una riflessione ai destini dei giornali che contano su grandi investimenti di proprietari miliardari per ricostruire una propria sostenibilità economica: associando i casi del Washington Post e del Los Angeles Times e delle loro rinnovate recenti difficoltà.
Secondo Tofel un percorso comune vede il miliardario mettere a disposizione grandi capitali per ricostruire una visione e un progetto di sostenibilità, il progetto viene messo in pratica, ma i risultati tardano ad arrivare o arrivano con precarietà, perché il settore dei media ha peculiarità e contesti suoi nei quali le consuete regole del business non sempre funzionano e le condizioni sono in evoluzione continua. E a questo punto l’editore miliardario ritiene l’esperienza fallita o insoddisfacente e invece di sostenerla con ulteriori investimenti se ne disamora, e si limita a rammendi meno interessanti o lungimiranti.
Un modello positivo, dice Tofel, è invece quello del Boston Globe in cui la proprietà è rimasta concentrata nell’investire sugli adeguamenti del prodotto, sull’innovazione, sulle nuove e vecchie opportunità.


domenica 25 Giugno 2023

Garantisti ma

(aggiornamento: gli arresti domiciliari nei confronti di Marcello Minenna sono stati revocati dal Tribunale della Libertà di Bologna il 7 luglio 2023)

Il Comitato di redazione del Sole 24 Ore ha chiesto al direttore, e ha ritenuto di pubblicare questa richiesta sul giornale, di sospendere la collaborazione di Marcello Minenna, ex direttore dell’Agenzia delle dogane. Minenna è stato arrestato giovedì con l’accusa di avere partecipato a un progetto di forniture illecite di mascherine: il CdR del Sole 24 Ore ha voluto ricordare di avere già chiesto l’interruzione del rapporto con Minenna quando venne indagato una prima volta due anni fa. La conclusione del comunicato sembra mostrare che la questione Minenna sia per il CdR un’occasione di rinnovare una polemica più estesa.

“In questione infatti non c’è un atteggiamento rispetto alle politiche della giustizia e alle singole indagini che continuiamo a interpretare come garantista, quanto piuttosto la reputazione della testata e di tutta la redazione. Tema che dovrebbe stare tanto più a cuore ad un’azienda che da tempo richiama, peraltro del tutto impropriamente, i giornalisti al rispetto degli interessi morali e materiali della società”.

La risposta del direttore del Sole 24 Ore è stata piuttosto irrituale, consegnata – invece che alla redazione – a un sito famoso per gossip, pornografia e usi ricattatori delle notizie.

“Ovviamente la rubrica verrà sospesa”.


domenica 25 Giugno 2023

A pesca di Alito

C’è stata una vivace e aggressiva polemica tra due importanti testate americane, questa settimana: il quotidiano Wall Street Journal e il giornale online ProPublica, uno dei più ammirati successi di informazione digitale di questi decenni, famoso soprattutto per il suo giornalismo investigativo. ProPublica ha lavorato a lungo a un’inchiesta su presunti favori e regali ricevuti dal giudice della Corte Suprema Samuel Alito e, come è consuetudine, ha inoltrato ad Alito una serie di domande per avere la sua versione prima di pubblicare l’inchiesta. Alito però, invece di rispondere al giornale, ha scritto un articolo molto polemico e controaccusatorio per la sezione dei commenti e delle opinioni del Wall Street Journal, contestando l’inchiesta e accusando ProPublica di una campagna denigratoria nei suoi confronti.
A questo punto la storia sono diventate due storie: quella delle accuse contro Alito ma anche quella del tema giornalisticoProPublica ha intanto pubblicato la sua inchiesta, ma il Wall Street Journal ha raddoppiato la sua difesa di Alito con un editoriale ulteriormente severo e rispondendo violentemente alle accuse di comportamento scorretto per aver ospitato le risposte di Alito prima che ProPublica le ricevesse e pubblicasse il suo articolo.
Quello che bisogna ricordare è che le pagine dei commenti e delle opinioni del Wall Street Journal (“Op-ed”) sono una sorta di giornale nel giornale, con una redazione indipendente e una posizione politicamente molto più a destra del resto del giornale: che ha accusato ProPublica e la sinistra americana di non accettare di avere perso la maggioranza nella Corte Suprema e di cercare ora di deligittimarla con mezzi criticabili.


domenica 25 Giugno 2023

Problemi che forse non lo sono

Un articolo del sito Fast Company – una rivista americana di tecnologia e imprese, assai precoce e vivace nei primi anni della new economy – ha contestato un luogo comune diffuso intorno alle inserzioni pubblicitarie sui giornali (e in passato raccolto anche da questa newsletter). L’articolo propone alle aziende di tornare a dedicare maggiori investimenti pubblicitari verso i giornali, considerandoli una parte dei propri impegni “ESG” (Environmental, social and corporate governance): e nell’argomentare sostiene che non siano fondati i timori di rischi per le aziende che associno i propri brand o prodotti a notizie e storie gravi e drammatiche, perché i lettori dei giornali sarebbero mediamente “evoluti” e attenti abbastanza da non percepirne disagi, e anzi saprebbero apprezzare la presenza di quei brand in contesti di buona informazione (una ricerca citata sostiene che i lettori diano maggiore fiducia alle inserzioni nelle pagine delle notizie più importanti piuttosto che quelle prossime alle storie più leggere).


domenica 25 Giugno 2023

They’re hiring

In Italia è una cosa molto rara (a Charlie risulta in tempi recenti solo l’eccezione del Postanche per diversi ruoli, e di CityNews) che le testate assumano giornalisti attraverso annunci pubblici. Invece nelle aziende giornalistiche anglofone capita con maggiore consuetudine: questo mese l’ Economist ha pubblicato una ricerca per una persona da dedicare alla copertura dell’economia britannica (anche senza esperienza giornalistica), il sito britannico specializzato sui media PressGazette cerca un reporter, BBC un giornalista video, per fare alcuni esempi.


domenica 25 Giugno 2023

Friends and family

La sempre più frequente disposizione dei quotidiani del gruppo GEDI a dare spazio alla famiglia proprietaria della società ha generato su Repubblica di mercoledì la compresenza a poche pagine di distanza di una fotografia dell’editore, John Elkann, e della recensione di un libro del padre dell’editore, Alain Elkann (appena quattro mesi dopo la precedente).


domenica 25 Giugno 2023

Le traversie di Vice

Il gruppo Vice Media, che pubblica la testata Vicesembra essere intenzionato ad accettare un’offerta d’acquisto di 350 milioni di dollari da parte del fondo Fortress per uscire dallo stato di fallimento. Fortress è uno dei creditori di Vice, e si ipotizza che possa voler poi vendere alcuni degli asset di Vice (che per esempio su video e documentari continua ad avere buoni risultati commerciali).


domenica 25 Giugno 2023

Gannett contro Google

Gannett Corporation, una grande azienda giornalistica statunitense, ha fatto causa a Google per monopolio illegale e pratiche commerciali ingannevoli nel mercato pubblicitario digitale. Oggi Google governa una quota enorme degli spazi pubblicitari online, di cui gestisce sia l’acquisto che la vendita, assumendo quindi un ruolo di intermediario tra editori e inserzionisti.
Gannett è editore di oltre 500 media digitali e giornali cartacei e digitali, tra cui USA Today, uno dei pochi grandi quotidiani nazionali statunitensi. Secondo Gannett negli ultimi dieci anni Google avrebbe danneggiato il mercato, rafforzando un sistema anticoncorrenziale a svantaggio degli editori che sono sempre più costretti ad adeguarsi ai valori e ai bassi ricavi offerti da Google, senza che un mercato libero possa generare possibilità di maggiori ricavi per gli editori.
Non è la prima volta che Google viene accusato con argomentazioni molto simili: nel 2020 un gruppo di procuratori generali guidati da quello del Texas fece causa a Google per pratiche anticoncorrenziali. E a gennaio 2023 il ministero della Giustizia statunitense ha accusato Google per il controllo monopolistico di più parti del mercato.
Finora la risposta del vicepresidente di Google Dan Taylor è stata abbastanza generica: ha sostenuto che si tratti di “affermazioni sbagliate”. Aggiungendo poi che Google offre una varietà di strumenti per monetizzare le visualizzazioni online a vantaggio degli editori che trattengono la “stragrande maggioranza” delle entrate.


domenica 25 Giugno 2023

La Bild e le intelligenze artificiali

La direzione del quotidiano tedesco Bild, che è il giornale più venduto in Europa ed è celebre per il suo sensazionalismo aggressivo e spesso retrogrado paragonabile a quello dei più famosi tabloid inglesi, ha annunciato tramite una mail diretta ai dipendenti che in futuro parte del lavoro della redazione verrà sostituito dall’impiego di software che sfruttano l’intelligenza artificiale. La mail fa riferimento ad alcune mansioni ora affidate alle persone e sostiene che queste “in futuro non esisteranno più come esistono oggi”, ma non ha annunciato licenziamenti direttamente collegati a questa motivazione. Lo scorso marzo, però, aveva presentato un piano molto ampio con l’ambizione di aumentare i profitti di 100 milioni di euro nei successivi tre anni, anche riducendo i costi: i tagli comprendono la chiusura di 6 delle 18 redazioni locali della Bild e il licenziamento di circa 200 dipendenti.

La Bild è pubblicata da Axel Springer, una grande multinazionale tedesca dell’editoria che da qualche anno sta cercando di imporsi nel mercato dei media degli Stati Uniti: negli scorsi anni aveva comprato i due siti di news Politico Insider. Mathias Döpfner, il discusso CEO di Axel Springer, aveva annunciato a febbraio che in futuro il gruppo editoriale avrebbe pubblicato esclusivamente in digitale, e aveva poi aggiunto che i software di intelligenza artificiale come ChatGPT avrebbero contribuito a rendere il giornalismo indipendente – nel senso di ” libero da interessi e influenze ” – migliore rispetto a quanto sia mai stato, fino addirittura a sostituirlo. Axel Springer in Germania pubblica anche un altro importante quotidiano, la Welt: è probabile che anche lì verranno prese misure di contenimento dei costi simili a quelle della Bild.


domenica 25 Giugno 2023

I siti di news ad aprile

La società di rilevazione Audiweb (che ha in corso un processo di integrazione che le darà il nuovo nome di Audicom) ha pubblicato i dati di traffico sui siti web ad aprile. Abbiamo isolato anche questo mese quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legate a singolari risultati di determinati contenuti; o a eventi che ottengono maggiori attenzioni; o a fattori esterni che li promuovono in maniere volatili, come gli algoritmi di Google o di Facebook (e questo rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente).
Rispetto agli ultimi mesi, invece, il dato singolare più visibile è che Repubblica Corriere si sono di nuovo scambiati la prima posizione (ma pesano gli “aggregati” per entrambi, vedi sotto). Poi c’è di nuovo un calo più considerevole di Fanpage, che potrebbe risentire del diminuito traffico distribuito da Facebook, ma è presto per dirlo con certezza.

Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia (su cui il gruppo GEDI sta intensificando un’operazione di acquisizioni): il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha 272mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, contati nel totale del Messaggero; nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi (131mila), Amica (70mila) e IoDonna (134mila); Repubblica ottiene ben 245mila utenti dal sito Alfemminile, 153mila da MyMovies e 79mila da FormulaPassion; il Secolo XIX aggiunge i suoi 66mila utenti a quelli della Stampa. Mentre sotto la dizione “Quotidiani Gedi News Network” sono sommati i siti dei quotidiani locali del gruppo GEDI (primi nel traffico sono Mattino di Padova con 83mila e Messaggero Veneto di Udine con 49mila utenti); e anche Quotidiano Nazionale aggrega i suoi tre quotidiani locali Resto del Carlino (286mila), Nazione (279mila) e Giorno (190mila) ma anche il traffico di altri siti la cui pubblicità è venduta dalla stessa concessionaria (e che quindi beneficia della promozione di numeri totali di traffico più elevati da mostrare agli inserzionisti) come quello della Gazzetta del Sud.


domenica 25 Giugno 2023

Che succede in Canada

Dando seguito alle minacce di cui avevamo detto tre settimane fa, Meta ha comunicato che limiterà la promozione dei siti di news su Facebook e Instagram in Canada:

“Meta, la società che possiede Instagram e Facebook, ha annunciato che bloccherà l’accesso ai link che contengono articoli giornalistici sulle due piattaforme in Canada, in risposta all’approvazione di una legge che obbliga le grandi aziende tecnologiche a pagare le testate per poter pubblicare i loro contenuti. La legge, chiamata Online News Act, è stata approvata dal Senato giovedì ed entrerà in vigore tra circa sei mesi: Meta ha fatto sapere che smetterà progressivamente di pubblicare contenuti di testate ed emittenti giornalistiche su Instagram e Facebook in Canada entro quella data”.

Il National Post, il secondo quotidiano canadese per diffusione, ha citato una fonte di Google per sostenere che anche Google avrebbe fatto la stessa cosa, ma che il governo federale avrebbe proposto dei colloqui per trovare una soluzione, ottenendo da Google un rinvio della decisione.


domenica 25 Giugno 2023

Charlie, l’informazione alternativa

La selezione dei siti di news di cui ogni mese mostriamo i dati di traffico (e anche oggi) è tratta dai dati diffusi da Audicom, la società da poco nata dalla fusione tra Audiweb e Audipress, che comprendono anche quelli di molti altri siti non definibili “di informazione” o in cui questa funzione è limitata e sommata ad altre. In quella classifica più ampia i maggiori siti di news sono superati o raggiunti nei loro numeri da alcuni siti di servizi vari (“portali”, si sarebbero chiamati venticinque anni fa) che offrono agli utenti dei suddetti servizi anche una quota di “notizie” (tra i più visitati ci sono Libero, Virgilio, Tiscali). Che si può immaginare raggiungano quindi con le proprie “notizie” molte più persone rispetto alle testate giornalistiche che siamo abituati a pensare siano responsabili della maggior parte del lavoro da cui si informano gli italiani. Invece no, a essere complessivamente più letti sono siti che hanno tra i loro titoli i seguenti: “Il video da paura della NASA. Ecco cosa sta succedendo alla Terra”, “Elodie testimonial “proibita”, fan impazziti”, “Massimo Giletti e Sofia Goggia: amore bollente in costume”, “Gira le slot per trovare la fiamma nascosta e sbancare! Tenta la fortuna e gioca”, “Diletta Leotta scintillante con il bikini rosa nude”, “Naviga nelle emozionanti slot machines attraverso le acque tempestose e vinci”, “La nuova spaventosa profezia di Elon Musk sull’Italia: cosa succederà”, “Cacciato dalla palestra perché fissava in maniera insistente una donna. Poi l’incredibile verità”. Accanto a questi, decine di altri titoli ingannevoli, pettegolezzi, allusioni morbose, strano-ma-vero di dubbio fondamento non riportati da nessun sito di news attendibile.
Guardiamo tutti i limiti e le approssimazioni del lavoro prodotto dai “giornali”, ma nel frattempo la cultura, l’informazione e gli interessi (e pure la ludopatia) del paese si costruiscono altrove.

Fine di questo prologo.


domenica 18 Giugno 2023

Affollati

Sabato scorso si è tenuta a Verbania una nuova edizione di Talk, la giornata di incontri pubblici che il Post porta in diverse città italiane in accordo con amministrazioni e sponsor locali, e che ormai coinvolge in ogni occasione oltre mille visitatori costringendoci a chiudere molto rapidamente anche le prenotazioni degli abbonati, e richiede quindi pianificazioni e spazi più impegnativi di un tempo, ma ci saranno ancora appuntamenti quest’anno.


domenica 18 Giugno 2023

“Casi di studio”

Tabloid, il magazine dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, ha raccontato dell’investimento del Post nella formazione di giovani potenziali redattori e collaboratori attraverso uno stage in corso in questi mesi. Qui, a pagina 58.


domenica 18 Giugno 2023

I conti del Fatto

Il quotidiano il Riformista ha pubblicato una scettica e sommaria – sommaria per propria ammissione – analisi dei conti di SEIF, la società che pubblica il quotidiano il Fatto : secondo l’articolo i conti non sarebbero buoni e sarebbero presentati in una luce ingannevole attraverso valutazioni tutte da dimostrare. Una sarcastica conclusione dell’articolo tradisce – senza che questo renda meno credibile la ricostruzione – il risentimento del Riformista nei confronti del Fatto (e viceversa), che deriva da posizioni aggressivamente distanti dei due giornali soprattutto sul tema della Giustizia.


domenica 18 Giugno 2023

«È più corto nei titoli»

La scelta dei quotidiani di attribuire ai protagonisti della cronaca dei nomignoli (a volte inventati, come per la bambina Madeleine McCann che nessuno chiamava “Maddie”), in modo da occupare meno spazio soprattutto nelle titolazioni , è stata condivisa e resa pubblica da Francesco Merlo, che risponde alle lettere su Repubblica .

” Caro Merlo, ancora colpito dal caso di Liliana Resinovich anche perché la vittima era vicina di casa di mia cugina, non capisco perché si continui a chiamarla Lilly, con la y e talvolta con la i, e mai con il nome intero. Le indagini languono, ma lei che conosce il giornalismo, sa chiarire perché?
Manlio Suban – Trieste
È più corto nei titoli. È un errore fatto dal primo arrivato e poi: così fan tutti. Suona affettuosamente confidenziale. E la y è un uozzamerica da cretino cognitivo”.


domenica 18 Giugno 2023

Johnson e il Daily Mail

L’ex primo ministro britannico Boris Johnson, che si è da poco dimesso dal parlamento in seguito alle accuse di avere mentito sulla violazione delle regole imposte durante la pandemia, ha una nuova rubrica settimanale sullo screditato ma diffusissimo tabloid Daily Mail, che aveva continuato a sostenerlo anche nelle ultime settimane. Venerdì l’ha inaugurata parlando del proprio peso e delle diete.


domenica 18 Giugno 2023

Corsie preferenziali

Su Charlie riferiamo spesso di come molti spazi redazionali sui quotidiani maggiori siano offerti alla promozione di comunicazioni, prodotti, iniziative di inserzionisti o potenziali inserzionisti, e in particolare nelle pagine dell’Economia (oggi una pagina del Corriere della Sera celebra – definendo “del passato” i presentissimi guai della proprietà – il nuovo traghetto Moby, protagonista di diverse inserzioni a pagamento nei giorni scorsi). Ma un altro protagonista di quelle cessioni di autonomia da parte delle redazioni sono le banche, non solo in quanto anch’esse acquirenti di pubblicità sui giornali, ma anche come creditrici delle aziende editoriali e interlocutori preziosi di molte relazioni finanziarie. Questo spiega la quota preponderante di comunicazioni delle banche pubblicate nelle pagine dell’Economia anche quando si tratta di informazioni a unico uso interno, difficilmente chiare o utili ai lettori, senza che i giornali in questione ritengano di dover dare maggior chiarezza. Tra le tante, è il caso questa settimana di una segnalazione incomprensibile per molti lettori sul quotidiano Libero, e illustrata da un’immagine fornita evidentemente da un ufficio stampa con opportuni ritocchi.
(FABI, lo spieghiamo qui, è la Federazione Autonoma Bancari Italiani: domenica anche Repubblica ha dato spazio a un suo comunicato senza spiegare di cosa si tratti, al contrario del Corriere della Sera che un pensiero ai lettori lo ha dedicato)


domenica 18 Giugno 2023

Ritorno al futuro

La morte di Silvio Berlusconi ha evidenziato – con due esempi dalla stampa statunitense – il lavoro d’anticipo che le grandi testate svolgono nel preparare i necrologi (i “coccodrilli”) dei personaggi famosi. Quello del New York Times è stato scritto da due giornalisti, una dei quali non lavora più al New York Times da sei anni. L’altro autore, invece, ha scritto a suo tempo – quando lavorava là – anche quello del Washington Post .


domenica 18 Giugno 2023

Liberi tutti

Le pagine dei quotidiani dedicate alla moda e al “lusso” (viaggi, alberghi, gioielli, orologi, design) sono sempre una zona anomala dei giornali, in cui la promozione di brand e prodotti non segnalata come tale è però piuttosto trasparente: i lettori hanno una discreta percezione del fatto che non si tratti tanto di giornalismo quanto di pubblicità e che non ci sia una scelta autonoma della redazione nel proporre questo o quell’articolo. La scelta è invece legata al coltivare buone relazioni con gli inserzionisti pubblicitari o direttamente a offrire un contenuto che è stato concordato dentro un accordo pubblicitario: gli standard giornalistici e i limiti all’invadenza della pubblicità si abbassano molto, e per esempio il Corriere della Sera ha scelto con trasparenza di chiamare il suo inserto di questo genere “Liberi tutti”.

In tutti i giorni di questa settimana, in occasione delle sfilate maschili e della fiera fiorentina di “Pitti”, questi meccanismi sono stati particolarmente visibili: i brand scelti per essere raccontati sono stati quasi sempre quelli che hanno comprato le pagine pubblicitarie sulla stessa edizione del giornale (in questo il più disinvolto è il Giornale, che associa con corrispondenze esatte articoli e pubblicità nelle stesse pagine), e le immagini sono a volte le stesse, quelle fornite dalle aziende di moda. Oggi, sia su Repubblica che sul Corriere della Sera ci sono grandi celebrazioni delle collezioni di Dolce e Gabbana, che solo ieri avevano comprato l’ultima pagina di entrambi i quotidiani, quella più costosa.


domenica 18 Giugno 2023

Niente soldi dall’azzardo

Dal 15 giugno il quotidiano britannico Guardian ha deciso di rifiutare tutte le forme di pubblicità relative al gioco d’azzardo – nel Regno Unito un settore molto presente e importante – su tutti i media cartacei e online che fanno parte del gruppo editoriale, tra cui GuardianObserver Guardian Weekly . L’amministratrice delegata del Guardian Media Group, Anna Bateson, ha spiegato che la società ritiene poco etico ricavare soldi da pubblicità – specialmente quelle online, vista la recente e rapida crescita delle scommesse online – che possono avvicinare le persone a dipendenze, difficoltà finanziarie e problemi di salute mentale, e che preferisce fare affidamento su altre entrate come i contributi diretti da parte dei propri lettori. L’unica pubblicità esclusa dal divieto è quella della lotteria che secondo un portavoce del Guardian potrebbe avere dei benefici sociali, per esempio attraverso la raccolta di fondi per buone cause. Una decisione simile era stata presa nel 2020 quando la società aveva deciso di interrompere le pubblicità delle compagnie di combustibili fossili.
il Post non ha mai accettato inserzioni che promuovano il gioco d’azzardo, ndr)


domenica 18 Giugno 2023

La prevalenza del villaggio

Capita con grande frequenza sui giornali italiani di vedere usato il termine “villaggio” per indicare luoghi del mondo in cui sono avvenuti fatti degni di segnalazione e cronaca. Con l’anomalia per cui – a pensarci – nessun insediamento italiano contemporaneo viene mai chiamato “villaggio” (a meno che non sia un “villaggio turistico”, o altre particolari tipologie). Quello che trasmette l’espressione “villaggio” è infatti una comunità molto piccola, probabilmente rurale o marittima, con limitati elementi di modernità architettonica. Ma spesso i giornali parlano di “villaggio” per descrivere anche insediamenti che in Italia chiameremmo “cittadina” o “paese” o persino “città”, con migliaia di abitanti, condomini e costruzioni multipiano e i funzionamenti di una comunità moderna: la ragione è quasi sempre una sbrigativa traduzione da “village” – che invece è usato in inglese con molta maggiore versatilità – quando le fonti della notizia sono appunto in inglese.


domenica 18 Giugno 2023

Complicazioni CNN

Dopo meno di una settimana dalle burrascose dimissioni del proprio CEO, l’emittente televisiva statunitense CNN — posseduta dal gruppo Warner Bros. Discovery — ha ricevuto nuove accuse, che coinvolgono di nuovo i personaggi della polemica di un anno fa: l’ex responsabile del marketing del canale, Allison Gollust, e l’ex governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo. Gollust, che in precedenza aveva lavorato come direttrice delle comunicazioni di Cuomo, è stata accusata in un articolo del sito Semafor di avere chiesto a Cuomo di contattare Ann Sarnoff — che dirige la divisione di Warner responsabile delle produzioni cinematografiche — nel settembre 2020 per discutere l’interesse di Warner nella riapertura dei cinema a New York, allora chiusi per la pandemia da coronavirus. Cuomo chiamò Sarnoff, e poche settimane dopo i cinema riaprirono. La vicenda di per sé sarebbe già inopportuna, indebolendo l’imparzialità di CNN nel coprire le notizie di molestie riguardanti Cuomo. Risulta tuttavia particolarmente inopportuna poiché il fratello di Andrew Cuomo, Chris Cuomo, è stato a lungo un importante giornalista di CNN, prima di essere licenziato a dicembre 2021 per aver consigliato il fratello sulla strategia comunicativa da adottare per difendersi dalle accuse. La vicinanza tra la CNN e Cuomo è da anni considerata problematica — la rivista Rolling Stone pubblicò una lunga inchiesta sull’argomento — e si è tornata ad aggiungere ai più recenti guai della rete televisiva.


domenica 18 Giugno 2023

La nave

Praticamente tutti i maggiori quotidiani italiani hanno pubblicato sabato scorso una notizia in termini che sono stati drasticamente ridimensionati nei giorni successivi, e che dimostra una certa precipitazione e mancanza di verifiche nella procedura di raccolta delle informazioni. La storia, che era anche su diverse prime pagine, era quella del “dirottamento” o “sequestro” di una nave al largo dell’isola di Ischia da parte di un gruppo di migranti armati che si erano nascosti a bordo; e della efficiente e ammirevole impresa militare di un gruppo di militari della Brigata San Marco inviati a riprendere il “controllo” della nave. Nei fatti, si è dimostrato rapidamente che la storia era un’altra, che non c’erano stati né dirottamento né sequestro e che i migranti erano con tutta probabilità inoffensivi. Il Post l’ha raccontata qui, ma alcuni degli stessi giornali che avevano aderito alla prima narrazione l’hanno rapidamente capovolta (solo il Fatto si era distinto per l’uso di alcune scettiche virgolette e i dubbi sull’arresto dei “dirottatori”).

La parte interessante per chi osserva le scelte dei giornali è la facilità con cui una ricostruzione è stata ripresa senza verifiche da praticamente tutte le testate quando la sua dubitabile fonte era stata un annuncio del ministro della Difesa durante un conviviale raduno di politici e giornalisti nella masseria pugliese del giornalista televisivo Bruno Vespa.


domenica 18 Giugno 2023

La buona informazione per pochi

Il New York Times ha pubblicato un commento dell’ex direttrice dello Huffington Post, Lydia Polgreen, sulla questione dell’accesso all’informazione accurata e affidabile, che ciclicamente torna a essere discussa senza grandi prospettive. Anzi, la prospettiva resta, come spiega Polgreen, quella per cui l’adozione di paywall da parte della quasi totalità delle testate giornalistiche di maggior qualità spinga la maggioranza delle persone a informarsi presso siti squalificati e che offrono ingannevoli o false rappresentazioni della realtà.


domenica 18 Giugno 2023

Il rapportone di Oxford

L’annuale ” Digital news report ” del Reuters Institute di Oxford è stato pubblicato e contiene molti dati interessanti sul consumo di news in tutto il mondo, tenendo presente naturalmente le approssimazioni che ci possono essere in un’analisi che vuole riferirsi all’intera popolazione mondiale o alle intere popolazioni nazionali. Quest’anno, poi, il rapporto è stato in particolare contestato dalla giornalista filippina Maria Ressa, vincitrice del premio Nobel, che l’anno scorso si era dimessa dalla commissione che lo produce accusandolo di utilizzare criteri poco aderenti all’effettiva qualità delle testate citate. La scelta delle testate da sottoporre alle risposte del campione è infatti dell’istituto, da una parte, e dall’altra il risultato è manipolabile e utilizzabile per propaganda da regimi che limitano la libertà di informazione (il giornale di Ressa è risultato molto poco credibile): le liste che infatti indicano la “credibilità” delle testate hanno come criterio le risposte dei lettori e delle persone, che non sono particolarmente obiettive né abituate a confronti tra più testate, e che vengono a loro volta influenzate dall’informazione che ricevono.
Qui c’è la sottosezione che riguarda l’Italia, con un articolato riassunto dello scenario, a prescindere dalla credibilità dalle classifiche di credibilità (che è presa con le molle dallo stesso rapporto: “Only the below brands were included in the survey. It should not be treated as a list of the most or least trusted brands as it is not exhaustive”).


domenica 18 Giugno 2023

Insider torna, zoppicando

Si è concluso uno sciopero di ben tredici giorni della redazione di Insider, giornale online statunitense che fino al 2021 si chiamava Business Insider (e di cui esisteva anche una versione italiana edita da GEDI e chiusa nel 2021). Insider era nato nel 2007 come sito di news di tecnologia, economia e finanza ma era poi diventato più generalista: nel 2022 aveva vinto un premio Pulitzer con un reportage sul genocidio degli uiguri in Cina. Gli scioperanti chiedevano una paga maggiore e migliori condizioni di lavoro dopo che lo scorso aprile Barbara Peng, presidente del dell’azienda, aveva annunciato riduzioni del personale per 60 posti, il 10% del totale, giustificando la scelta con il momento difficile per il mercato dell’informazione digitale (BuzzFeed News è stato chiuso in quel periodo e un mese dopo Vice ha dichiarato bancarotta ). Il sindacato era riuscito a ridurre i licenziamenti, che alla fine erano stati 38. I giornalisti lamentano un’eccessiva pressione sui risultati economici del loro lavoro: nel 2021 la dirigenza del giornale aveva provato ad adottare un sistema per valutare il lavoro dei giornalisti in base a quanto traffico riuscivano a generare i loro articoli, rinunciando subito dopo a causa delle critiche ricevute. Ora, dopo lo sciopero, i dipendenti hanno ottenuto aumenti nelle retribuzioni e sono tornati a lavorare.

Intanto è stata molto commentata la storia per cui, in occasione della fine dello sciopero, il direttore di Insider Nicholas Carlson (che durante lo sciopero era stato sorpreso a Brooklyn, New York mentre staccava alcuni manifesti di protesta affissi dai dipendenti con sopra stampata la sua faccia e la scritta “Chi ha visto questo milionario?”) ha diffuso un messaggio per i dipendenti per annunciare i nuovi obiettivi del giornale: ha definito Insider un Wall Street Journal di nuova generazione, che si occuperà di nuovo principalmente di economia e tecnologia ma sarà capace di seguire anche altri argomenti con la stessa professionalità.


domenica 18 Giugno 2023

Greenwashing

Le pubblicità sui giornali che promuovono iniziative ambientaliste o di sostenibilità da parte delle aziende – di cui avevamo parlato la settimana scorsa – sono diventate così palesemente vaghe e insignificanti (quando non ingannevoli), che l’organizzazione Greenpeace ha a sua volta comprato degli spazi pubblicitari per denunciarle.


domenica 18 Giugno 2023

The Athletic tira un freno

The Athletic, popolare sito di approfondimento sportivo statunitense fondato nel 2016 e acquistato l’anno scorso dal New York Times, ha annunciato lunedì che licenzierà venti dipendenti (il 4% della sua redazione) e che altri venti saranno assegnati a nuovi incarichi.
La redazione di The Athletic è composta da circa 500 giornalisti. Negli ultimi anni è diventato uno dei siti di sport in lingua inglese più apprezzati anche a livello internazionale, costruendo una comunità di abbonati paganti che era stato il capitale più attraente per l’acquisto da parte del New York Times.
Tuttavia, a metà del 2023 The Athletic è ancora in perdita e per questo il suo editore David Perpich e il suo direttore esecutivo Steven Ginsberg hanno annunciato “una significativa riorganizzazione” della redazione che comprende i licenziamenti di questa settimana. Finora ogni squadra di ogni campionato principale degli Stati Uniti e della Premier League inglese aveva un giornalista dedicato, ma questo tipo di copertura, che ha portato al sito più di un milione di abbonati, si è rivelata nel tempo comunque troppo costosa. Questo porterà a una nuova limitazione dell’informazione locale, poiché indubbiamente saranno le squadre minori a essere accorpate sotto uno stesso reporter. Perpich e Ginsberg hanno assicurato che l’investimento complessivo nella redazione crescerà e che continueranno ad esserci più di cento giornalisti che si occupano di squadre specifiche, ma il sito si concentrerà sempre di più su storie che si rivolgono a un pubblico più ampio.


domenica 18 Giugno 2023

Io lo conoscevo bene

Nel frattempo, a proposito della morte di Silvio Berlusconi, il Corriere della Sera ha pubblicato per tre giorni spazi dedicati al proprio editore Urbano Cairo.


domenica 18 Giugno 2023

«Stabilire la mia sede»

Gli ultimi anni del Corriere della Sera sono stati superficialmente soddisfacenti, rispetto alle difficoltà visibili di molte altre testate quotidiane italiane: i cali di diffusione ci sono ma sono inferiori alla media, gli abbonamenti digitali crescono (pur con l’aiuto di massicce campagne di sconti e quasi gratuità), la storica competizione con Repubblica è stravinta, salvo che sul web (benché per problemi del concorrente più che per successi propri), i conti sono in perdite del tutto tollerabili per questi tempi. Questo elenco di buoni risultati, però, non sembra coinvolgere visioni o sviluppi sensibili sul “prodotto”, sul giornale e sul suo adeguamento ai tempi e a difficoltà che riguardano l’editoria giornalistica. E questi limiti di progetto sembrano emergere nelle ultime settimane attraverso un contrasto sindacale inedito e piuttosto polemico tra la redazione e l’editore: la settimana scorsa c’erano stati due giorni di sciopero, questo sabato uno scambio assai vivace sul giornale stesso.

Nell’impietoso comunicato dell’assemblea dei giornalisti – che definisce “irrispettose e irrisorie” le risposte precedenti dell’editore – si citano, tra molte altre, alcune questioni familiari ai lettori di Charlie:

“I mezzi tecnologici che ci sono forniti sono spesso inadeguati. Il nuovo sistema editoriale che sta per essere introdotto presenta gravi bug operativi. I software messi a disposizione della redazione sono lenti e obsoleti (tra l’altro negati ai collaboratori ex art.2). Mancano figure tecniche per lo sviluppo digitale e si riducono anche quelle tradizionali necessarie al funzionamento della «macchina Corriere». Tutti segnali che rendono difficile affrontare le sfide legate alla trasformazione digitale.
Da troppo tempo, inoltre, la linea rossa che deve separare informazione e marketing è sempre più sfumata, fino ad arrivare a commistioni che fanno male all’immagine e alla tradizione di autonomia del Corriere”.

La risposta di Urbano Cairo, che possiede la maggioranza di RCS, azienda editrice del Corriere della Sera , non è più diplomatica, e presenta come una concessione la stessa pubblicazione del comunicato, cita dati sulle retribuzioni dei giornalisti (“una redazione nella quale la media delle retribuzioni è pari a 90 mila euro lordi”), e a sua volta conferma un elemento spesso citato su Charlie, rendendo trasparenti gli approcci seguiti nella costruzione del capitale di abbonati online:

“raggiungendo circa 530.000 abbonamenti digitali, per i quali si è privilegiata, con azioni e investimenti promozionali, l’acquisizione e la fidelizzazione dei lettori rispetto alla crescita dei margini”.

E conclude rispondendo a una questione apparentemente più piccola, ma significativa, anche per il ricorso finale alla prima persona singolare.

“La sede storica di via Solferino è stata riacquistata in virtù di una decisione da me fortemente voluta, anche per il valore simbolico che la sede ha da più di un secolo per il nostro giornale. Abbiamo deciso di ristrutturare la parte non vincolata del palazzo di via Solferino creando due ingressi con accesso separato dagli uffici della direzione giornalistica. In questi spazi, come da tradizione del passato, ho deciso di stabilire la mia sede”.


domenica 18 Giugno 2023

Cambia il capo al Washington Post

Ad agosto Fred Ryan lascerà il Washington Post, di cui era “publisher e chief executive”, ovvero il capo dell’azienda, scelto da Jeff Bezos quando aveva acquistato il giornale nel 2014 (prima Ryan era stato tra i fondatori del sito Politico, e capo dello staff del presidente Reagan: ora andrà a lavorare alla Reagan Foundation). Il suo ruolo aveva avuto una controversa visibilità quando alla fine dell’anno scorso aveva annunciato una serie di riduzioni di personale al giornale ed era stato contestato dalla redazione. Il suo successore non è stato ancora scelto.

A margine, è interessante notare – abituati ai toni elusivi e autocelebrativi di simili comunicazioni da noi – l’indipendenza e obiettività con cui lo stesso Washington Post ha dato la notizia che riguarda l’azienda, riferendo delle difficoltà del giornale e persino segnalando i migliori risultati della concorrenza.

“His departure comes at a time when economic head winds have buffeted the entire media industry — including The Post, which slowed its recent expansion with a rare round of layoffs earlier this year — after tension among top executives and the exits of several top Post leaders and journalists for jobs with competitors […] He is departing at a tumultuous time for the media industry, when declining advertising revenue and audience numbers have prompted waves of layoffs and closures at other news organizations. Some competitors, however, have continued to grow digital subscribers — the New York Times announced in May that it had added 190,000 new subscribers in the previous quarter. During the same period, the Wall Street Journal added 132,000”.


domenica 18 Giugno 2023

L’intelligenza naturale si fa pagare da quella artificiale

Secondo un articolo del Financial Times di venerdì sarebbero in corso incontri e progetti di accordi tra le maggiori aziende giornalistiche mondiali e le società che attingono ai database di articoli di queste ultime per “istruire” i software di intelligenza artificiale. La questione era stata posta già nelle prime settimane di quest’anno dopo la presentazione del software che si chiama ChatGPT: la cui capacità di imitare la scrittura umana si deve alle grandissime quantità di scrittura umana che è capace di elaborare in tempi rapidissimi. Queste “imitazioni” sono possibili però solo usando come riferimento testi esistenti, e si era rivelato presto che gran parte di questi testi proviene dagli archivi delle testate giornalistiche, che vi avevano visto uno sfruttamento del proprio lavoro in una inedita violazione del diritto d’autore.
A quanto racconta il Financial Times le discussioni sarebbero in una fase ancora preliminare e riguarderebbero soprattutto la quantificazione e misurazione dei compensi attribuiti agli editori: bisognerà capire se a beneficiare degli accordi saranno anche in questo caso soprattutto le più grandi aziende giornalistiche internazionali o anche produttori di testi utilizzati che abbiano minore potere contrattuale.


domenica 18 Giugno 2023

Charlie, potrebbe diventare un quotidiano

L’uso dei condizionali e delle ipotesi, per non dire delle attribuzioni dei condizionali e delle ipotesi a qualcun altro, permette di introdurre sui giornali e sui siti di news e nei telegiornali praticamente qualunque tipo di scenario. “Potrebbe” è la declinazione verbale di cui avere maggiori diffidenze, quella che avvicina alla realtà qualunque evenienza, attirando l’attenzione o la preoccupazione dei lettori. Aderendo al significato del termine, Beppe Grillo potrebbe diventare presidente della Repubblica, Putin potrebbe fuggire in Cina, Francesco De Gregori potrebbe partecipare al prossimo Festival di Sanremo e Urbano Cairo potrebbe comprare l’Inter. Mettere ciascuna di queste frasi in un titolo ce le farebbe credere probabili e non sarebbe tecnicamente scorretto, come non lo sono molti altri improbabili “potrebbe” che leggiamo ogni giorno nell’ipotetico racconto delle cose.

Fine di questo prologo.


domenica 11 Giugno 2023

Sbrigativi

Il Manifesto ha pubblicato sabato – all’interno del suo inserto culturale Alias – una interessante riflessione del grafico Andrea Mattone sulla povertà creativa e grafica di alcuni nuovi o rinnovati piccoli quotidiani.

“Credo che la risposta sia questa: so cosa e come scrivere sul mio giornale ma non so come mettere la notizia in pagina e forse poco m’importa. C’è una scissione che prima non c’era tra contenuto e contenente. L’apparato di titoli, articoli e tutto il corredo necessario che serviva all’informazione è come se fosse superfluo. L’architettura è crollata. Insomma si è tornati indietro, quando le pagine dei quotidiani erano montate in tipografia e l’unica cosa importante era far entrare più notizie possibili e chiudere in tempo. A parte pochi esempi, dalla nascita dei giornali — circa metà del 1600 – fino agli anni ’70 le cose sono andate così. Il cambiamento è avvenuto grazie alla tecnologia e all’influsso di una nuova generazione di grafici che hanno convinto editori e direttori che il quotidiano non era solo un raccoglitore di notizie ma un media esso stesso, e come tale andava trattato. Ora che la tecnologia è gigante e che la grafica è considerata una vera professione sono i nuovi direttori che considerano la fattura del loro giornale come un abbellimento, convinti forse del fatto che basta la loro parola per entusiasmare i lettori”.


domenica 11 Giugno 2023

Verità alternative

La scrittrice Silvana De Mari, una delle autrici più presenti sul quotidiano la Verità, che ospita di frequente le sue opinioni antiscientifiche, discriminatorie, omofobe e screditate, è stata radiata dall’Ordine dei medici. Lo ha annunciato lei stessa sulla prima pagina della Verità.


domenica 11 Giugno 2023

Chi è quel signore vestito di bianco accanto a John Elkann?

Nell’ambito della campagna sulla Giornata dell’ambiente di cui abbiamo detto, la dirigenza – cinque uomini – del quotidiano Repubblica ha ottenuto di partecipare a un’udienza in Vaticano con il capo della chiesa cattolica Papa Francesco, e l’indomani – martedì – il giornale ha scelto di dedicare all’incontro l’apertura della prima pagina e due pagine all’interno, con molte foto dell’editore John Elkann, del direttore Maurizio Molinari, e del Papa stesso.
Poi, lo riferisce ancora il sito Professione Reporter, i giornalisti della Stampa – che appartiene allo stesso gruppo editoriale di proprietà della famiglia Elkann e che condivide con Repubblica la sezione sull’ambiente – si sono seccati che nessuno dei loro rappresentanti sia stato coinvolto nell’incontro. E lo hanno ritenuto un ulteriore sintomo di una disattenzione nei confronti del loro lavoro da parte della proprietà.

“Una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i 180 giornalisti del nostro quotidiano. Si tratta solo dell’ultimo sgarbo – in ordine di tempo – nei confronti del nostro giornale. A partire da questo episodio mediatico per arrivare alle questioni sindacali, non possiamo non notare come l’atteggiamento nei confronti delle testate del gruppo sia ogni volta differente, con una chiara penalizzazione nei nostri confronti. Lo scarto emerge nelle trattative come negli atteggiamenti più concreti […]
Come spesso ripete il direttore de La Stampa, valutazione che condividiamo, la nostra testata non è junior partner di nessuno. Premi di produttività, ticket restaurant, indennità, pianta organica, welfare, sostituzione ferie, adeguamento dei gradi ai ruoli ricoperti: ci sembra ormai giunto il momento di aprire un confronto su un contratto di gruppo che valorizzi il lavoro di tutti i giornalisti delle testate Gedi, applichi gli stessi criteri meritocratici, offra le stesse opportunità di crescita professionale e non consenta più all’azienda di giocare su più tavoli con mazzi di carte differenti. Chiediamo in conclusione lo stesso rispetto e la medesima serietà che tributiamo quotidianamente ai nostri lettori e al nostro editore 
”.

Maurizio Molinari, direttore di Repubblica , ha risposto spiegando che – in quanto direttore editoriale di tutte le testate del gruppo GEDI – la sua presenza in Vaticano era in rappresentanza anche dei giornalisti della Stampa: ma non ha convinto il Comitato di redazione.


domenica 11 Giugno 2023

Dalla Cina

Il sito Professione Reporter, dedicato a raccontare vicende e questioni dei quotidiani italiani, ha descritto le ipotesi (piuttosto concrete e condivise) che spiegherebbero le “dimissioni” del vicedirettore del Messaggero Osvaldo De Paolini, e che sono legate a una sempre maggiore dipendenza di parte del giornalismo italiano da aziende e poteri cinesi. Charlie ne ha scritto in diverse occasioni negli anni passati.

“La versione che viene fatta filtrare attribuisce la causa della fine del rapporto proprio al pezzo anti Cina. Ci sarebbero state proteste ufficiali del gigante asiatico (il Gruppo Caltagirone ha interessi sul territorio) e di conseguenza sarebbe stato offerto in cambio lo scalpo di De Paolini. Su questo racconto pesano alcuni dubbi: un pezzo del genere deve essere stato letto dal direttore e -secondo le ultime regole in vigore al giornale- anche dall’Editore. Quindi, se nessuno si fosse reso conto del peso dell’articolo, le responsabilità andrebbero almeno condivise”.


domenica 11 Giugno 2023

Via anche Mantova

Ci sono sempre aggiornamenti sulle cessioni da parte del gruppo GEDI dei suoi quotidiani locali: erano tanti, e GEDI sembra volerli cedere tutti, quindi ne abbiamo parlato in più occasioni negli anni scorsi ma ancora ne parleremo. Adesso la Gazzetta di Mantova interessa al gruppo Athesis (che possiede L’Arena, il Giornale di Vicenza Bresciaoggi) ed esiste una trattativa ufficiale.
Non ci sono aggiornamenti, intanto, sul progetto di acquisizione del complesso di testate venete e friulane – sempre del gruppo GEDI – da parte di un gruppo di imprenditori veneti. Tra i quali – e questo sta creando qualche problema – ci sono anche industriali vicentini coinvolti nel gruppo Athesis concorrente.


domenica 11 Giugno 2023

Bene per i lettori, ma

Continuano le evidenti difficoltà di raccolta pubblicitaria del quotidiano Domani, che negli ultimi cinque giorni per due volte non ha avuto di fatto nessuna inserzione a pagamento, e in totale soltanto due pagine pubblicitarie intere e cinque inserzioni minori.


domenica 11 Giugno 2023

Harry contro i tabloid, e non solo

Il principe Harry del Regno Unito ha testimoniato nel processo nato dalla denuncia sua e di altre celebrità britanniche contro MGN (Mirror Group Newspapers), la società che pubblica il Daily Mirror, uno dei più diffusi tabloid inglesi, oltre ai settimanali Sunday Mirror The Sunday People. MGN è a sua volta parte del gruppo Reach, che possiede moltissime testate e proprietà nel settore dei media. La causa riguarda l’illegalità dei metodi con cui il giornale avrebbe ottenuto informazioni private sulla vita del principe, figlio minore di re Carlo III. Il Daily Mirror, secondo le accuse del principe, avrebbe intercettato le conversazioni e i messaggi sul suo telefono. Le intercettazioni, rese possibili da una falla nella sicurezza delle segreterie telefoniche, sarebbero iniziate nel 1996, quando Harry aveva dodici anni, e sarebbero continuate fino al 2009. Il gruppo editoriale del Daily Mirror si è difeso sostenendo che le informazioni raccolte deriverebbero invece da fonti legali, fra cui articoli di altre pubblicazioni. Inoltre, le pratiche di acquisizione di informazioni avrebbero riguardato solo i redattori, senza che i dirigenti ne fossero a conoscenza. Questa posizione è fortemente messa in dubbio dal principe Harry e dai suoi avvocati.

Le accuse di questo genere non sono una novità nel giornalismo britannico: già nel 2011 News of the World , un giornale del gruppo News Corp, di proprietà del noto miliardario Rupert Murdoch, dovette chiudere in seguito a una serie di scandali, iniziati nel 2005, intorno al fatto che i suoi giornalisti ascoltassero abusivamente le segreterie telefoniche di personaggi famosi o coinvolti in storie di cronaca. Nel 2021 il New York Times ha rivelato che il Sun, il quotidiano più letto nel Regno Unito, sempre di proprietà di Murdoch, aveva pagato un investigatore privato per ottenere informazioni personali e riservate su Meghan Markle, moglie del principe Harry.

Dopo lo scandalo di News of the World e la Leveson Inquiry, un’inchiesta pubblica condotta sulla cultura, l’etica e le pratiche della stampa inglese, è stato appurato l’uso di intercettazioni illegali da parte di numerose testate scandalistiche. L’inchiesta non ha però previsto il risarcimento delle vittime di queste pratiche, che quindi per ottenerlo devono fare causa individualmente ai vari giornali coinvolti. Il principe Harry, che sta portando avanti una grossa battaglia personale contro la cultura giornalistica britannica, è coinvolto in molte di queste cause.

A fine marzo si era tenuta un’udienza preliminare in un caso contro il tabloid Daily Mail e la sua società editrice Associated Newspapers, sempre per la raccolta di informazioni illegali. Ad accusarli sono ancora il principe Harry e altre sette celebrità britanniche, fra cui il cantante Elton John. Il giudice non ha ancora deciso se il caso potrà andare a processo o meno.

In questi mesi Harry, assieme all’attore Hugh Grant, ha fatto accuse analoghe anche contro News Group Newspapers, la società che pubblica il Sun e, ai tempi dei fatti contestati, anche News of the World. Nei giorni scorsi i giornali britannici – sia quelli coinvolti nel processo che gli altri – hanno dato molta attenzione alle testimonianze del principe Harry e alle sue denunce contro tutto il sistema dell’informazione del suo paese, che Harry ha criticato più in generale per le troppe relazioni con la politica e con il governo.