Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 4 Giugno 2023
Le vicende del settimanale L’Espresso dopo la cessione da parte del gruppo GEDI continuano a non sembrare molto promettenti: adesso si sono dimessi i due maggiori dirigenti dopo l’inatteso ingresso nella proprietà di un nuovo socio, che non è sembrato aggiungere utili competenze e sensibilità sugli scenari dell’informazione contemporanea e del business giornalistico.
Intanto c’è stato lunedì uno strascico di polemica tra gli avvocati del nuovo socio e il quotidiano Domani che ne aveva pubblicato un ritratto.
domenica 4 Giugno 2023
C’è stato un subbuglio nel giornalismo britannico per via dell’insufficiente subbuglio intorno alle accuse di molestie contro un noto giornalista e commentatore dell’Observer (che appartiene allo stesso gruppo editoriale del quotidiano Guardian, di cui è una sorta di edizione domenicale), Nick Cohen. Cohen si era dimesso dal giornale l’anno scorso citando ragioni di salute, ma erano circolate voci su problemi di sue relazioni con alcune colleghe. L’azienda stava facendo indagini che erano state sospese dopo le sue dimissioni. Questa settimana il New York Times ha raccontato che Cohen sarebbe stato allontanato discretamente con un accordo economico; e che lo scorso inverno la direttrice del Financial Times avrebbe accantonato l’ipotesi di pubblicare un articolo basato su nuove accuse e testimonianze contro Cohen: secondo il New York Times per via di un’omertosa consuetudine all’interno del giornalismo britannico, dove le relazioni personali sono molto più fitte che non in quello americano (la stessa cosa si potrebbe forse dire di quello italiano). Ora altre testate britanniche stanno invece accusando Guardian e Financial Times di ipocrisia sui temi delle molestie maschili, riprendendo le rivelazioni del New York Times.
domenica 4 Giugno 2023
Il quotidiano la Verità aveva ottenuto eccellenti risultati di vendita nell’ultimo anno della pandemia, adottando posizioni polemiche e critiche contro i vaccini e contro le limitazioni imposte per attenuare la diffusione del virus. Un’operazione di marketing di grande chiarezza ed efficacia (nel 2022 il giornale aveva aumentato la sua diffusione fino al 26% rispetto all’anno precedente, a fronte di perdite diverse per tutte le altre testate nazionali): si era creata una domanda minoritaria ma estesa per quel tipo di opinioni (si era addirittura definito un “movimento novax” cosiddetto) e nessuna delle testate nazionali la rappresentava. Persino i quotidiani concorrenti della Verità presso i lettori di centrodestra – Libero, il Giornale – avevano scelto posizioni opposte, con severità, e a costo di perdere una quota di lettori, e di consentire alla Verità di diventare per la prima volta il quotidiano a maggior diffusione tra quelli rivolti al pubblico di centrodestra, e di guadagnare per questo una nuova e remunerativa attrattiva presso gli inserzionisti più importanti.
Con la fine delle regole legate alla pandemia quei messaggi hanno perso interesse. La diffusione della Verità è diminuita tra l’11% e il 15% negli ultimi mesi e sta tornando verso le cifre del 2021, mentre Libero sta persino riguadagnando copie (l’unica tra le testate nazionali maggiori a crescere in copie individuali pagate) e le due cose sono probabilmente in relazione.
È quindi intuibile che la Verità stia cercando nuovi ambiti presso cui replicare lo stesso meccanismo, che oggi sembrano essere quelli intorno al “negazionismo climatico”: “un’emergenza costruita” diceva un titoletto usato questa settimana intorno a un articolo il cui titolo maggiore era “Attenti: i dati sul clima sono tutti manipolati”. La scelta è interessante ed esemplare dei risultati che si possono ottenere individuando delle nicchie robuste di identità o posizioni “contrarie” non servite dalla concorrenza (un altro esempio è quello adottato dal Fatto intorno al sostegno italiano all’Ucraina attaccata dalla Russia: il Fatto è l’unico giornale in cui si riconoscono i lettori più indulgenti con la Russia e più critici con l’Ucraina, e che incentiva queste posizioni).
Si tratta di una particolare e delimitata declinazione della vecchia consapevolezza che i giornali beneficino più dal sostenere le opposizioni piuttosto che i governi in carica: a cui si aggiunge però la preziosa condizione di individuare una domanda di “opposizione” a cui si può essere gli unici a dare risposta.
domenica 4 Giugno 2023
Riprendiamo questa questione – tornata attuale – da Charlie dello scorso febbraio:
“La contesa è quella che sta occupando pensieri e confronti in tutto il mondo da alcuni anni. Google e Facebook (in forme diverse) ottengono traffico e contenuti a partire da “snippets” – ovvero brevi anteprime – di articoli dei giornali online. I giornali chiedono di essere per questo compensati con una condivisione dei ricavi conseguenti. La richiesta ha molte fragilità per come viene formulata: una è che non si capisce perché debbano essere solo i giornali a essere compensati e non qualunque sito i cui contenuti siano aggregati su Google o promossi nelle timeline di Facebook; un’altra è che i giornali vengono già compensati attraverso il traffico che le piattaforme portano loro, e che se le piattaforme decidessero di dire loro “ok, noi possiamo farne a meno, di voi” (come sta provando a minacciare Google in Canada) per i giornali sarebbe un guaio e per le piattaforme assai poco. […] Questa sproporzione di rapporti di forza è stata però ridimensionata negli ultimi due anni dal peso maggiore che le grandi aziende giornalistiche mantengono ancora in un ambito rilevante: quello della politica e delle sue istituzioni. Che in diversi paesi del mondo hanno accolto le pressioni e il lobbying delle aziende giornalistiche e hanno minacciato le piattaforme di interventi legislativi che le costringano a pagare i giornali. In alcuni casi gli interventi ci sono stati (l’Australia per prima), in altri le minacce sono bastate a suggerire alle piattaforme di proporre degli accordi”.
Adesso è Meta ad avere deciso una censura dimostrativa in Canada presso una piccola quota di account, minacciando di bloccare i siti di news su tutta Facebook e su tutta Instagram se la legge in discussione per costringere ad accordi con i giornali online dovesse essere approvata. E una simile minaccia è stata prospettata in California.
domenica 4 Giugno 2023
Dare spazio e informazione accurata ai femminicidi e alla radicata cultura che li genera non è solo apprezzabile, da parte dei giornali: è necessario e inevitabile per dare senso al proprio ruolo di protezione delle comunità e della convivenza. Ma l’impressione nei giorni scorsi è stata spesso che della cultura che li genera si sia parlato con scarse profondità e prospettiva, privilegiando morbose e capillari raffigurazioni degli aspetti più ipotetici, singolari, macabri e personali relativi ai protagonisti delle storie: vittime e accusati e chiunque altro. In una enorme tentacolare puntata di Chi l’ha visto? nelle sue versioni peggiori, in cui “orrore” e “abisso” traboccano da ogni paragrafo. E l’esibita l’indignazione contro i femminicidi si sta rivelando in gran parte una scusa buona per legittimare le più voyeuristiche narrazioni della cronaca nera, un impegno di facciata per permettersi bassezze narrative su cui fino a ieri ci si sarebbe sentiti costretti a qualche moderazione in più.
Fine di questo prologo.
Anzi no: due commenti su questo argomento, usciti sabato sul Foglio e sulla Stampa.
domenica 28 Maggio 2023
Una nota introduttiva di un articolo pubblicato sul Messaggero di venerdì 19 segnalava che “con questo articolo, Luca Ricolfi ricomincia la sua collaborazione con Il Messaggero. A lui va il bentornato di tutta la redazione”: il sociologo e saggista Luca Ricolfi era stato frequente commentatore su Repubblica negli ultimi due anni, e torna al Messaggero con cui aveva collaborato tra il 2016 e il 2021 (prima ancora il suo rapporto era stato con il Sole 24 Ore e con la Stampa).
domenica 28 Maggio 2023
A un anno dalla sua introduzione, l’app del Financial Times che si chiama FT Edit sarebbe stata scaricata da quasi 140mila persone, a detta del suo responsabile Malcolm Moore: un numero che suggerisce un successo per l’app che era stata pensata per ottenere abbonati più giovani o comunque con disponibilità a pagare più ridotte o più incerte. Come avevamo già spiegato su Charlie allora, FT Edit offre ogni giorno una selezione di solo 8 articoli per 5 euro al mese ed è pensata per coloro che vogliono informarsi affidandosi al Financial Times – che si occupa principalmente di argomenti economici e finanziari ed è apprezzato in tutto il mondo – senza grandi investimenti di tempo e senza pagare le cospicue quote di abbonamento completo (39 euro al mese o 345 euro all’anno l’opzione meno cara). L’app è gratis per il primo mese, poi costa un euro al mese per sei mesi e poi 5 euro al mese. Nonostante non abbia voluto rivelare quanti lettori paganti abbia garantito finora l’app, Moore ha detto che “una percentuale sorprendentemente alta di lettori” continua a pagare una volta terminato il periodo di prova. L’idea di avere pochi ma selezionati articoli, secondo Moore, ha convinto coloro che “erano stanchi del ciclo infinito di notizie e di essere bombardati continuamente da informazioni di ogni tipo”.
domenica 28 Maggio 2023
Gli standard di pudore e indipendenza dei maggiori quotidiani italiani dalla promozione degli interessi dei propri editori – ma anche dalla promozione personale degli editori stessi – si sono molto abbassati negli ultimi anni. Da quando ne è proprietario Urbano Cairo ha iniziato subito a comparire raffigurato con grande frequenza nelle diverse sezioni del Corriere della Sera (economia e sport soprattutto, ma anche cultura e cronache italiane), ma sul Sole 24 Ore da molto tempo era già presente un giorno sì e uno no uno spazio dedicato alle dichiarazioni e alle immagini del presidente di Confindustria – proprietaria del giornale – e Repubblica si è rapidamente adeguata dopo l’acquisizione da parte della famiglia Agnelli Elkann (sulla Stampa la famiglia proprietaria e le sue aziende erano storicamente già molto presenti). Questa settimana è capitato di nuovo che su Repubblica le foto dell’editore John Elkann fossero due nello stesso giorno, nelle pagine della cultura e dello sport: e l’indomani nelle pagine dell’economia.
domenica 28 Maggio 2023
Press Gazette – sito britannico che si occupa di cose dell’informazione – ha pubblicato la propria ciclica classifica dei cinquanta siti di news in lingua inglese più visitati al mondo in aprile. La classifica utilizza le informazioni, parzialmente rielaborate da Press Gazette, fornite dalla società SimilarWeb, che raccoglie e analizza dati di traffico online. Il dato interessante è che rispetto a un anno fa solamente Fox News – tra i siti in cima alla lista – ha evitato un declino nel numero di pagine visualizzate, e lo ha aumentato del 4%. Tutti gli altri siti presi in esame (tra cui il Guardian , Yahoo! News e BBC ) hanno una diminuzione delle visite compresa tra il 7% ed il 35%. Quest’ultimo dato, il peggiore, si riferisce al New York Times, con poco meno di 570 milioni di pagine visualizzate ad aprile: un risultato in parte spiegabile dal ciclo delle notizie sulla guerra in Ucraina meno intenso di un anno fa, e che abbiamo notato anche nei giornali online italiani. Tra i siti in posizioni successive che invece hanno aumentato maggiormente le proprie visite, Press Gazette cita CBS News (+44%), Associated Press (+33%) e USA Today (+24%).
domenica 28 Maggio 2023
Le redazioni e le produzioni del Fatto – il quotidiano cartaceo – e del sito web ilfattoquotidiano.it sono sempre state più distinte e autonome di quanto avvenga abitualmente tra una testata cartacea e la sua versione web. Il sito del Fatto ha un suo direttore, Peter Gomez, e una redazione milanese assai indipendente che produce gli articoli pubblicati online: mentre il quotidiano è diretto da Marco Travaglio. Negli ultimi tempi, soprattutto in relazione a un intensificato investimento sugli abbonamenti online, le due sezioni stanno tornando a essere in maggiori relazioni e sinergie: e questa settimana è stato annunciato che Gomez diventerà condirettore del Fatto.
domenica 28 Maggio 2023
Mercoledì la “New York Times Guild”, il maggiore sindacato che rappresenta i dipendenti del New York Times, ha fatto sapere di avere concluso un accordo provvisorio con la direzione del giornale per aumenti progressivi delle retribuzioni fino al 2025, oltre che un più ampio aumento immediato per colmare i mancati guadagni degli ultimi due anni. Le prime trattative tra sindacato e direzione erano iniziate nel 2021, in conseguenza alle dichiarazioni del New York Times riguardo ai suoi grandi successi economici: molti dipendenti si erano lamentati di non beneficiare per nulla di questi successi, mentre i loro compensi perdevano valore a causa dell’inflazione, che negli Stati Uniti è stata più grave rispetto all’Unione Europea. La direzione del New York Times era stata accusata di prolungare il più possibile le trattative, intimorita da una possibile riduzione proprio di quei buoni risultati economici e dalla volatilità degli andamenti dei business giornalistici: c’erano state proteste e anche uno sciopero, e adesso sembra che si sia trovata una soluzione.
domenica 28 Maggio 2023
Un anno dopo l’acquisto dal gruppo GEDI dello storico settimanale e newsmagazine L’Espresso, il suo nuovo editore Danilo Iervolino ha deciso di cedere il 49% delle quote del giornale ad Alga srl, una società controllata da Donato Ammaturo, proprietario anche dell’azienda di vendita e distribuzione petrolifera Ludoil Energy. Iervolino manterrà il controllo dell’ Espresso con il 51% delle quote.
Iervolino ha costruito la sua ricchezza fondando l’università online Pegaso, che ha venduto nel 2021. Da allora ha acquisito la squadra di calcio della Salernitana e BFC Media, una piccola editrice che pubblicava l’edizione italiana della rivista Forbes e altre riviste principalmente dedicate alla finanza. A marzo 2022 aveva acquistato l’ Espresso dal gruppo GEDI (che per decenni si era chiamato proprio Gruppo Espresso, prima di essere acquisito dalla società Exor della famiglia Agnelli Elkann). La cessione era stata accolta piuttosto male sia nella redazione dell’ Espresso sia in quella di Repubblica (di cui l’ Espresso era ed è tutt’ora, fino a settembre, un allegato). Marco Damilano, al tempo direttore, si era dimesso appena appresa la notizia della vendita e dopo qualche mese era stato licenziato anche il nuovo direttore Lirio Abbate, sostituito da Alessandro Rossi.
Alga è una società di servizi, specializzata nella gestione aziendale, ma anche nell’organizzazione di congressi, convegni, mostre. Forse questo potrebbe indirizzare la conduzione dell’ Espresso, che a settembre affronterà il delicato passaggio dalla distribuzione in allegato con Repubblica a quella autonoma, verso il “ live journalism ”, cioè la progettazione di eventi che portano il giornalismo in contesti pubblici, come incontri o festival, sostenuti da sponsorizzazioni.
Sabato il quotidiano Domani ha pubblicato un più esteso articolo sul nuovo socio, con ulteriori informazioni e allusioni non particolarmente promettenti.
domenica 28 Maggio 2023
Dieci giorni fa il New York Times ha comunicato di voler introdurre l’opportunità di rendere più ricche, chiare e articolate le “bylines” e “datelines” all’inizio dei propri articoli: sono gli spazi che ospitano abitualmente le informazioni sull’autore (“by”), sulla data e sul luogo di produzione dell’articolo, e che sono usati con qualche variazione nei giornali di tutto il mondo. È capitato spesso che dall’interno delle redazioni ci fossero perplessità, per esempio, sulle indicazioni o meno del luogo da cui un articolo è scritto, che non necessariamente coincide con quello in cui sono avvenuti i fatti raccontati (nei giornali italiani è a volte usato “dal nostro inviato” senza indicare dove; e l’inviato non sempre è nello stesso luogo rispetto a quello di cui scrive).
Adesso il New York Times torna a voler sfruttare maggiormente quegli spazi per indicare ai propri lettori (che spesso, dice l’annuncio, non distinguono esattamente il senso di quelle informazioni) qualcosa di più su chi e come ha prodotto l’articolo: per promuovere i propri investimenti nell’avere autori competenti ed esperti, e per averli spesso “sul campo”. Potrà capitare insomma che gli articoli siano preceduti da un breve testo che dica di più di una semplice firma.
Qualunque informazione che completi e chiarisca è sempre utile: quello che forse andrebbe detto ai lettori – ma è normale che le intenzioni autopromozionali del New York Times lo trascurino – è che avere inviati che raccontino le cose là dove le cose avvengono e sono avvenute è sicuramente un’offerta preziosa e a volte unica, ma non implica per forza una qualità maggiore del risultato giornalistico e non deve diminuire il valore del lavoro di chi è in grado di raccontare e spiegare efficacemente i fatti dall’interno di una redazione o da un luogo diverso: facendo telefonate, usando con oculatezza e verifica le fonti online, documentandosi, attingendo a informazioni che provengono da luoghi e ambiti i più vari. Ci sono molti fattori che concorrono a un buon lavoro giornalistico – primo tra tutti la bravura e l’etica del giornalista – che sono estranei a da dove il giornalista si trovi. E ci sono fatti e notizie da spiegare di cui si può conoscere e capire molto di più con una buona connessione e una sapienza nel gestire e verificare le informazioni, che non trovandosi per strada in condizioni privilegiate per molti eccezionali reportage ma limitanti per altri. Sarebbe bello che alcuni articoli del New York Times fossero preceduti da una approfondita byline che dica: “Steve Jones ha scritto questo articolo sulla candidatura di Ron DeSantis dalla sua disordinata scrivania nella redazione newyorkese del giornale dove lavora quotidianamente dopo aver vissuto in Florida negli anni passati seguendo la politica locale e costruendo relazioni e contatti con lo staff del governatore”.
Fine di questo prologo.
domenica 21 Maggio 2023
Il 3 luglio ricomincia anche il workshop del Post di una settimana per giovani aspiranti giornalisti, sempre a Peccioli e per il quinto anno. Mentre all’offerta di podcast del Post si aggiunge da lunedì 29 maggio un podcast quotidiano di Marino Sinibaldi, autore di grandi esperienze sull’editoria, sulla cultura e sull’uso dell’audio e dei microfoni. Con l’obiettivo di dare ai podcast una sostenibilità legata al coinvolgimento di nuovi abbonati al Post e alla conservazione di quelli esistenti, anche in questo caso.
domenica 21 Maggio 2023
Il Post sta dedicando sempre più impegno al “live journalism”, ovvero alla progettazione di eventi che portino il suo lavoro di informazione e divulgazione in contesti pubblici e non solo online o cartacei, ma anche a occasioni di consolidamento del proprio rapporto con gli abbonati e arricchimento dell’offerta a loro dedicata. Il 10 giugno si svolgerà a Verbania una nuova edizione di Talk, la giornata di incontri del Post che ha ormai la sua sede principale a Faenza (dove quest’anno si estenderà a un intero weekend, a settembre) ma che sta costruendo relazioni con diverse altre città. Invece il primo luglio, a Peccioli in Toscana, ci sarà un primo esperimento di evento dedicato non solo agli abbonati ma specificamente ai destinatari di una newsletter: Le Canzoni, curata da Luca Sofri, peraltro direttore del Post. Il concerto di Glen Hansard, vincitore di un premio Oscar, sarà comunque aperto a tutti, come ogni evento del Post.
domenica 21 Maggio 2023
Il settimanale Internazionale ha creato una nuova pubblicazione, questa volta – a differenza delle molte cose che fa nell’ambito “riviste” – più nel campo dei “libri” e in collaborazione con un editore di libri, Rizzoli (azienda di proprietà del gruppo Mondadori dal 2015): la collana si chiama “paroleChiave” ed esce con un primo titolo – Guerre – il 30 maggio, a 18 euro. Qui ci sono le prime pagine.
domenica 21 Maggio 2023
Il fondo con sede a Hong Kong che possiede la celebre rivista Forbes , Integrate Whale Media Investment, è in trattativa per cederla al miliardario statunitense Austin Russell. Russell ha ventotto anni ed è amministratore delegato e fondatore di Luminar Technologies, una società che produce software e sistemi di sicurezza per auto a guida autonoma.
IWMI è stata in trattativa più volte per cedere Forbes. Lo scorso anno aveva tentato di farla quotare in borsa tramite una SPAC (Special Purpose Acquisition Company), un tipo di società creata apposta per fondersi con l’azienda principale e garantirne la quotazione in borsa. La società con cui Forbes avrebbe dovuto fondersi era in parte finanziata da un fondo vicino al governo cinese: la Commissione per gli investimenti esteri negli Stati Uniti aveva espresso delle preoccupazioni al riguardo, e l’operazione non si era conclusa. Lo scorso dicembre un gruppo di investitori che comprendeva il Sun Group, la società di distribuzione media più importante in India, si era offerto di comprare Forbes : in quel caso l’accordo ricevette molte critiche a causa dei rapporti del vicepresidente del gruppo con la Russia e con Putin e neanche questa vendita si concluse.
Secondo quanto sostiene il sito di news americano Axios, però, l’acquisto di Forbes da parte di Russell nasconderebbe il tentativo di reintrodurre il Sun Group nelle trattative senza farlo figurare direttamente. Il Sun Group fornirebbe infatti fondi a Russell per una cifra compresa tra i 200 e i 300 milioni di dollari, a fronte dei 656 milioni di dollari necessari a concludere l’acquisizione.
domenica 21 Maggio 2023
Un articolo sul sito dell’ International News Media Association (INMA) ha notato come diversi editori europei stiano ricorrendo con maggiore frequenza alla vendita di “ bundle ” composti da abbonamenti a varie testate o prodotti editoriali (ad esempio, podcast e video, ma anche corsi e servizi diversi e non giornalistici). In Svezia, per esempio, il gruppo editoriale Bonnier permette di abbonarsi a due siti di news nazionali e a quarantatré locali ad un prezzo fortemente scontato. In un’offerta assai meno diversificata, GEDI – editore di Repubblica e Stampa , tra gli altri – propone un abbonamento unico alle riviste Limes , National Geographic e Le Scienze (senza includere, dunque, un quotidiano nazionale generalista). Tra i casi citati la gran parte aggrega offerte all’interno di società dello stesso gruppo, ma alcuni riguardano anche accordi con società terze.
domenica 21 Maggio 2023
Il disegnatore e fumettista Zerocalcare, protagonista del più grande successo editoriale degli scorsi anni, ha una personale contesa con le titolazioni dei giornali e con le parole che gli vengono attribuite, per cui ciclicamente spiega a chi lo segue sui social network di non avere detto questa o quella frase (di solito frasi effettivamente piuttosto improbabili per chi conosce le sue attenzioni con le parole). Sabato lo ha fatto di nuovo a proposito di un articolo di Repubblica.
domenica 21 Maggio 2023
In Francia, sono tre i quotidiani nazionali più importanti e a maggior diffusione: Le Monde, Le Figaro e Libération. Le Monde – che è uno dei grandi giornali di maggior qualità al mondo, con una eccezionale attenzione agli esteri e alla cultura – ha una posizione e dei lettori progressisti ed è il quotidiano più autorevole e più letto del paese (coincidenza assai rara nel mondo). Fu fondato alla fine del 1944, poco dopo la liberazione dall’occupazione tedesca di Parigi e di gran parte della Francia. Nel 2022 ha venduto più di 450.000 copie (cartacee e online) al giorno. Ha un suo sito dal 1995, una versione online in inglese dal 2022 ed è il quotidiano francese più venduto all’estero. Oggi è di proprietà di Le Monde Group, il cui socio principale è il fondatore dell’azienda Iliad, Xavier Niel, insieme tra altri a Daniel Kretinsky, imprenditore ceco di grandi interessi nei giornali europei. Un quarto della società editoriale è del “Polo dell’Indipendenza di Le Monde”, costituito da diverse associazioni sindacali di giornalisti e dipendenti del gruppo. Il direttore viene eletto democraticamente dalla redazione. Le Monde ha anche la particolarità di essere uno dei pochi “quotidiani della sera” rimasti, venendo distribuito nelle grandi città il pomeriggio con la data del giorno dopo, e nel resto del paese la mattina seguente.
Il suo concorrente di centrodestra è Le Figaro , fondato nel 1826 come un settimanale satirico e che deve il suo nome alla commedia teatrale “Le nozze di Figaro” del drammaturgo settecentesco Beaumarchais. Nel 2022 ha venduto in media 350.000 copie al giorno (cartacee e online) ed è di proprietà della famiglia Dassault, che possiede varie aziende fra cui la più importate è la Dassault Aviation che costruisce jet privati e aerei militari.
Il terzo quotidiano generalista per importanza è Libération (ma chiamato spesso solo Libé dai suoi giornalisti, lettori ed estimatori) fondato da un gruppo che comprendeva lo scrittore Jean-Paul Sartre nel 1973 e divenuto rapidamente un grande caso di successo e creatività come rappresentante della sinistra francese. Oggi rimane più a sinistra di Le Monde, ma più moderato rispetto ai suoi primi anni, dopo periodi di crisi e vicissitudini societarie: fu comprato prima dal banchiere Édouard de Rothschild e poi dall’imprenditore francese Patrick Drahi, attuale proprietario del giornale attraverso il Gruppo Altice, di cui è fondatore e presidente. Dal 2021, il giornale è di proprietà della società Presse Indépendante SAS, sempre legata al Gruppo Altice. Anche a Libération è la redazione a eleggere il proprio direttore. Nel 2022 ha venduto poco meno di 100mila copie al giorno, la metà del quotidiano sportivo L’Équipe , che è il vero terzo giornale francese per diffusione ed è posseduto dal Gruppo Amaury. Dopo questi c’è il quotidiano economico e finanziario Les Échos (di impostazione liberista) posseduto dal grande gruppo internazionale del lusso LVMH: quello che possiede aziende come Louis Vuitton, Dior, Bulgari, Fendi, Loro Piana e Tiffany & Co. Due mesi fa il direttore di Les Échos, Nicolas Barré, è stato rimosso dalla carica dieci anni dopo la sua nomina. Secondo diverse letture la decisione sarebbe stata presa dal fondatore e amministratore delegato di LVMH Bernard Arnault, forse perché Les Échos aveva pubblicato di recente un articolo sulle indagini fiscali al gruppo LVMH.
LVMH possiede anche Le Parisien , quotidiano regionale dell’Île-de-France, la regione di Parigi, che ha anche una versione nazionale chiamata Aujourd’hui en France. Insieme, l’anno scorso hanno venduto circa 250mila copie al giorno e si posizionano politicamente al centro. La Francia ha molti altri quotidiani regionali, fra cui Ouest-France, che copre la Bretagna, la Bassa Normandia e i Paesi della Loira.
Un progetto importante e molto seguito e apprezzato in questi decenni di cambiamenti digitali è quello di Mediapart, testata online indipendente e di sinistra creata nel 2008 da Edwy Plenel, ex direttore di Le Monde. Mediapart è famosa per le sue inchieste sulla politica francese come quella recente sui presunti finanziamenti russi al partito di Marine Le Pen o quella che nel 2012 accusò l’allora Ministro delle Finanze Jérome Cahuzac di frode fiscale e riciclaggio attraverso conti non dichiarati in Svizzera e Singapore. La testata si sostiene solo grazie ai suoi abbonati – oltre 200.000 dal 2021 – che sono gli unici a poterne leggere gli articoli, tutti dietro paywall.
domenica 21 Maggio 2023
In una nota per i lettori, la direttrice del Wall Street Journal Emma Tucker ha annunciato che il giornale smetterà di premettere le sigle Mr., Ms., Mx. e Mrs. quando indica i nomi propri delle persone nei propri articoli: un’antica abitudine di molto giornalismo americano che molte testate hanno già abbandonato. La decisione comunicata da Tucker vuole rendere la scrittura più scorrevole e familiare e assecondare una tendenza generale nel mondo dell’informazione, che ormai considera questi titoli di cortesia come anacronistici ed eccessivamente formali. Invece titoli professionali come Gen., Sen. e Dr. continueranno in alcuni casi a essere utilizzati. Questo cambiamento lascia il New York Times e BBC News fra le poche organizzazioni maggiori di rilievo a usarli. La decisione segue quella presa tre settimane fa di smettere di citare le denominazioni aziendali, sempre per rendere il linguaggio meno farraginoso.
Il Washington Post l’ha commentata ricordando storie e complicazioni legate alla consuetudine (come la leggenda sul fatto che il New York Times abbia una volta chiamato “mr. Loaf” il cantante che usava come nome d’arte Meat Loaf).
domenica 21 Maggio 2023
Sul Corriere della Sera di questa settimana è stato molto visibile un esempio della spiacevole circostanza per cui a volte le inserzioni pubblicitarie si trovano in rischiose dissintonie con i contenuti giornalistici, col rischio di generare fastidio presso i lettori per quella che viene percepita come una mancanza di sensibilità e attenzione, e che danneggia sia le testate coinvolte che gli inserzionisti. In questo caso l’associazione è stata tra le immagini drammatiche delle alluvioni romagnole e quella di una pubblicità del brand Calzedonia (pubblicità, tra l’altro, che era proprio quella a cui il Corriere aveva dedicato un articolo di una pagina affidandolo al proprio corrispondente da Parigi).
domenica 21 Maggio 2023
Il New York Times ha introdotto una nuova app per i propri abbonati, che ha chiamato New York Times Audio e finora è disponibile solo per i sistemi iOS di Apple, che ospiterà numerosi podcast inediti – tra cui The Headlines, un programma di notizie mattutino complementare a The Daily, il principale e più seguito podcast di news del quotidiano. Di fatto si tratta di una “piattaforma di podcast” all’interno del New York Times , a cui accedere attraverso l’abbonamento al giornale. L’app – rimasta in versione beta per un anno e mezzo prima di essere resa pubblica – può essere considerata uno strumento di “retention”, ovvero un modo per conservare gli abbonati esistenti, secondo il Nieman Journalism Lab. Podcast e newsletter sono infatti gli strumenti considerati più efficaci nel formare fedeltà continuative coi lettori, per via della loro capacità di creare routine e abitudini regolari. Un’altra opportunità per la nuova app è quella di raccogliere maggiori investimenti pubblicitari per un’offerta solo dedicata ai podcast: ma una fonte riportata da Vanity Fair ha espresso dubbi su queste prospettive, ricordando come numerosi spazi pubblicitari dei podcast del New York Times non siano stati riempiti negli ultimi mesi.
domenica 21 Maggio 2023
Nell’ultimo anno la possibilità di guadagnare con i podcast ha fatto progressi grazie al maggior numero di pubblicità e sponsorizzazioni in questo settore, ma la sostenibilità economica complessiva del formato è ancora molto incerta e oggetto di molte attenzioni e interessi: e la stessa pubblicità non ha ancora la garanzia di grandi numeri, né sistemi di automazione delle inserzioni paragonabili a quelli che gestiscono gli spazi delle pagine web.
Secondo un articolo del giornale online americano Semafor, ultimamente gli spazi pubblicitari all’interno di famosi podcast statunitensi sono rimasti invenduti, mentre gli inserzionisti hanno aumentato gli investimenti nei podcast meno noti, indipendenti e con un target specifico. Da qualche mese The Daily, il podcast più ascoltato del New York Times con 4 milioni di download giornalieri, va in onda senza inserzioni estese, sostituite da promozioni di contenuti del giornale, quello che si chiama “invenduto”.
Recentemente, anche alcuni podcast di punta di iHeartMedia, la più grande emittente radiofonica degli Stati Uniti che da anni compra e produce podcast, contengono meno pubblicità. Mentre queste aziende continuano a dedicarsi a grandi accordi con singoli inserzionisti, con risultati non sempre soddisfacenti, podcast più piccoli e indipendenti guadagnano grazie a forme di “pubblicità programmatic ”, che è gestita dalle piattaforme di streaming e che automaticamente propone ai singoli ascoltatori l’annuncio più adatto a loro grazie all’analisi dei loro ascolti e navigazione. Anche gli inserzionisti che preferiscono fare accordi direttamente con gli autori starebbero scegliendo sempre di più podcast meno noti ma con una comunità più forte e interessata ad un preciso argomento, dove la pubblicità costa meno ed è spesso più efficace.
Dopo il primo periodo di grande eccitazione e investimenti indiscriminati in questo settore, di cui avevamo scritto sul Post nel 2019, Spotify e le altre grandi piattaforme di streaming hanno cominciato a ridurre il loro budget per i podcast, privilegiando il formato del talk show e altri prodotti di lunga durata.
domenica 21 Maggio 2023
Come era già stato anticipato nelle scorse settimane, la società che possiede il giornale Vice ha avviato la procedura di fallimento:
“La richiesta di fallimento non fermerà l’attività della società e della rivista, che quindi continuerà a essere pubblicata. Oltre a Vice la società comprende un’agenzia pubblicitaria, Virtue, lo studio cinematografico Pulse Films e il sito Refinery29.
Due creditori di Vice, i fondi di investimento Fortress Investment Group e Soros Fund Management, sono i più accreditati a diventarne i nuovi proprietari: hanno presentato un’offerta da 225 milioni di dollari (circa 207 milioni di euro) che sarebbe coperta interamente dai prestiti che avevano già fatto a Vice, e dopo l’accordo si farebbero carico del passivo di bilancio della società per poi cercare un nuovo compratore”.
domenica 21 Maggio 2023
Il sito del magazine Interview ha pubblicato un’affascinante conversazione della propria “senior editor” Taylore Sacarabelli (la caporedattrice, in sostanza) con Robin Givhan, una delle più stimate giornaliste e critiche di moda internazionali, vincitrice di un premio Pulitzer, al Washington Post da 25 anni con una breve pausa. La conversazione è dedicata alla limitata possibilità contemporanea di fare un giornalismo di moda capace di essere “critico” (nel senso della “critica” culturale), per un inevitabile – Givhan non lo condanna, ne prende atto – stato di dipendenze dei giornali maggiori dai ricavi pubblicitari della moda e dei giornalisti di moda dalla promozione dei brand e degli stilisti. Queste sono alcune delle considerazioni di Givhan e Scarabelli:
“Un’enorme parte del problema è che chi scrive di moda è parte dell’ecosistema della moda”.
“le uniche volte che ho potuto essere sincera e onesta sono quando ho scritto per pubblicazioni indipendenti molto piccole che non hanno inserzionisti. Da editor di una rivista di moda, non posso più dire le cose che potevo dire prima. Ma anche in giornali come il New York Times vedo che le persone sembrano autocensurarsi”.
“Di questi tempi sembra che sempre più gente sia interessata alla moda, nel senso di moda come intrattenimento, moda come sport o altro. Ma forse c’è meno spazio per la critica della moda come quella per cui tu sei diventata nota, ovvero parlare di moda rispetto a un contesto più ampio, nelle sue relazioni più generali con la politica o con la cultura”.
“Come ci si crea una voce all’interno di un sistema che è governato dagli inserzionisti?
Sinceramente, non so se si possa. Credo che se vieni assunta per scrivere per un giornale la cui filosofia è celebrare il business della moda, è per fare quello che tu firmi il contratto”.
“Non si può diventare un critico interno del sistema della moda”.
Ne ha scritto con maggiori commenti Andrea Batilla, studioso ed esperto di moda, sul suo account Instagram.
domenica 21 Maggio 2023
La società di rilevazione Audiweb (che ha in corso un processo di integrazione che le ha dato il nuovo nome di Audicom, e che racconteremo meglio) ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a marzo. Abbiamo isolato anche questo mese quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legati a singolari risultati di determinati contenuti, a eventi che ottengono maggiori attenzioni o a fattori esterni che promuovono in maniere volatili, come gli algoritmi di Google o di Facebook (e questo rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). I diffusi cali dei maggiori siti di news rispetto a un anno fa hanno probabilmente a che fare, per esempio, con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina dalla fine di febbraio 2022 e la grossa attenzione all’informazione relativa.
Rispetto agli ultimi mesi, invece, il dato singolare più visibile è che i numeri del Corriere sono tornati a superare quelli di Repubblica (aggregati compresi per entrambi, vedi sotto). Poi c’è un calo più considerevole degli altri per Ansa , e una crescita del dato che riguarda i vari quotidiani locali del gruppo GEDI.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia (su cui il gruppo GEDI sta intensificando un’operazione di acquisizioni): il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha 272mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, contati nel totale del Messaggero; nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi (131mila), Amica (70mila) e IoDonna (134mila); Repubblica ottiene ben 245mila utenti dal sito Alfemminile, 153mila da MyMovies e 79mila da FormulaPassion; il Secolo XIX aggiunge i suoi 66mila utenti a quelli della Stampa . Mentre sotto la dizione “Quotidiani Gedi News Network” sono sommati i siti dei quotidiani locali del gruppo GEDI (primi nel traffico sono Mattino di Padova con 83mila e Messaggero Veneto di Udine con 49mila utenti); e anche Quotidiano Nazionale aggrega i suoi tre quotidiani locali Resto del Carlino (286mila), Nazione (279mila) e Giorno (190mila) ma anche il traffico di altri siti la cui pubblicità è venduta dalla stessa concessionaria (e che quindi beneficia dalla promozione di numeri totali di traffico più elevati da mostrare agli inserzionisti) come quello della Gazzetta del Sud.
domenica 21 Maggio 2023
Lo scorso marzo il Guardian, uno dei più importanti quotidiani britannici divenuto tra i maggiori siti di news globali, ha introdotto una forma di paywall per utilizzare la sua app: agli utenti che attualmente non pagano per avere completo accesso all’app viene richiesto di sostenere il quotidiano con un contributo economico dopo che hanno letto un determinato numero di articoli: un pagamento mensile di 10 sterline o più.
L’introduzione del paywall si limiterà all’app, mentre il sito internet del giornale continuerà ad essere disponibile per tutti gratuitamente. L’obiettivo del giornale è trovare nuove forme di finanziamento a supporto dei suoi progetti, oltre all’attuale modello di entrate attraverso contributi volontari dei lettori: dal 2015 il Guardian utilizza un sistema di abbonamenti in cui gli abbonati sostengono il giornale, attraverso diverse formule, senza esservi costretti e senza che gli articoli siano preclusi agli altri lettori. Scelta che resta più unica che rara tra le maggiori testate internazionali (tra le altre, è quella del Post , ndr), che negli ultimi anni hanno tutte introdotto limitazioni estese alla fruizione dei contenuti per chi non ne paghi l’accesso con qualche forma di abbonamento o “subscription”.
Questo approccio del Guardian, apparentemente apprezzabile e generoso nei confronti degli utenti, è stato criticato nei giorni scorsi in un articolo sul sito PressGazette (che si occupa delle stesse cose di questa newsletter) dal direttore di un sito di news culturali e satiriche che sostiene che in questo modo verrebbero danneggiati i siti di news alternativi che faticano a far crescere il numero dei propri abbonati fino a che esiste un’opportunità gratuita come quella del Guardian.
domenica 21 Maggio 2023
Visto da qui, da un paese in cui si è ancora parlato in questi ultimi anni di “digital first” come innovazione e obiettivo futuro, è interessante considerare quanto sia avanzato questo approccio presso altre testate internazionali. Lo spostamento delle priorità sull’edizione online del New York Times – e sugli abbonamenti digitali – è particolarmente visibile valutando i diversi tempi di pubblicazione degli articoli sul sito e sul giornale di carta: sul secondo vengono frequentemente impaginati e pubblicati articoli che erano usciti tali e quali online il giorno prima e a volte anche due o tre giorni prima (sulle testate italiane maggiori gli articoli che escono sul quotidiano di carta sono ancora praticamente tutti inediti, tutt’al più preceduti da versioni ridotte e sbrigative sul sito).
Prendiamo come esempio l’edizione cartacea (e la sua copia digitale) del New York Times uscita nelle rivendite americane mercoledì 17 maggio. Tra gli articoli presenti nel taglio alto della prima pagina, solo uno riguardava una notizia pubblicata online lo stesso giorno, e rimasta in primo piano anche sulla homepage online. Mentre il resto degli articoli erano tutti usciti sul sito il giorno prima, cioè martedì 16 (la guerra in Sudan o la questione del tetto al debito negli Stati Uniti, per citarne alcuni). Lo stesso discorso vale per le successive venti pagine del quotidiano, riguardanti notizie internazionali e locali: la maggioranza degli articoli erano usciti online il giorno prima, in un caso anche sei giorni prima.
La scelta di riportare sul giornale di carta notizie “selezionate”, spesso di uno o più giorni prima, dimostra come il cartaceo sia passato dall’essere il giornale (nel senso della rappresentazione fisica del lavoro della testata) a uno dei formati di informazione offerti dalla testata, che però sviluppa e produce nuovi contenuti principalmente sul sito e sulla propria app.
domenica 21 Maggio 2023
Abbiamo scritto spesso delle impressioni di scarsa visione e competenza che ha ripetutamente generato il gruppo di imprenditori che ha negli anni passati acquistato diversi quotidiani locali che erano stati del gruppo Espresso e poi GEDI: il Tirreno di Livorno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, la Nuova Ferrara, la Nuova Sardegna di Sassari. Soprattutto al Tirreno (ma non solo), quello con la storia e la diffusione maggiori, queste impressioni sono da tempo condivise anche dalla redazione, e adesso le cose stanno peggiorando ulteriormente. Il Comitato di redazione ha pubblicato lunedì un comunicato molto severo annunciando reazioni alle prospettive di tagli ulteriori (tra cui anche quello del progetto fiorentino che era stato appena creato tra molti scetticismi e sensazioni di sventatezza).
L’assemblea dei redattori del Tirreno, riunitasi la mattina del 17 maggio 2023, è stata informata dal Cdr della volontà da parte dell’azienda di rivedere gli accordi sottoscritti in sede ministeriale appena tre mesi fa (la firma risale al 26 gennaio) tra il Gruppo Sae e i rappresentanti dei giornalisti, della durata concordata di 18 mesi.
Si tratta dell’ennesima richiesta di modifica da parte dell’azienda di impegni formali presi in tavoli istituzionali.
Nello specifico, sulla scorta della sommaria illustrazione dei conti trimestrali e della proiezione a fine esercizio è stata messa sul tavolo dall’azienda la necessità di innalzamento della percentuale di cassa integrazione passando dall’attuale 18% al 25% per i prossimi dodici mesi. Una decisione che se adottata porterebbe un peggioramento ulteriore del livello salariale, dei carichi di lavoro e avrebbe ricadute devastanti sull’organizzazione delle redazioni e sulla qualità del giornale.
L’assemblea all’unanimità respinge la richiesta dell’azienda, evidenziando una serie di criticità, che oltre a quanto detto, mettono in luce l’inaffidabilità della controparte.
L’assemblea ha proclamato all’unanimità lo stato di agitazione, che prevede il blocco immediato dell’inserto Toscana Economia, affidando al Cdr un pacchetto di cinque giorni di sciopero.
Nello stesso comunicato si informa del voto di sfiducia nei confronti del direttore nominato un anno e mezzo fa e vissuto più come uno strumento delle intenzioni della proprietà – con cui ha antiche relazioni – che degli interessi del quotidiano.
Per questo l’assemblea ha deciso di mettere al voto la fiducia al direttore. L’esito del voto su un totale di 47 giornalisti che hanno preso parte alla votazione: 40 hanno votato la sfiducia al direttore, 5 schede bianche e 2 contrari.
La sfiducia nei confronti di un direttore da parte della redazione non ha conseguenze pratiche (e l’editore che decide) ma è sempre un pessimo segnale delle relazioni presenti e future tra redazione e direttore. Nel frattempo, la Gazzetta di Reggio ha scioperato lunedì scorso, per timori e considerazioni simili.
domenica 21 Maggio 2023
Non è così naturale e ovvio, perché qualità e mercato non si muovono in sintonia, e non sempre le cose fatte bene vincono e non sempre quelle fatte male perdono: ma è vero che certe cose fatte molto molto bene trovano attenzioni e sostenibilità, di solito. Un buon giornalismo è apprezzato, ed è apprezzato un giornalismo che produce buoni risultati reali, ed è apprezzato un buon giornalismo che – fuori dalla retorica – tiene a bada i poteri eccessivi e i loro abusi (se sa farlo anche con i propri e con il proprio potere eccessivo). Lo ha spiegato durante un convegno britannico Katharine Viner, direttrice del Guardian, celebrando i buoni risultati del suo giornale nel 2022. Viner ha anche aggiunto esplicitamente e senza ritrosie che “più veniamo attaccati e più i lettori ci sostengono”: fenomeno comprensibile e risaputo in tutti i giornali, ma che pone delle questioni delicate. Lo sfruttamento di questa generosa o identitaria partecipazione dei lettori, infatti, finisce spesso per creare un conflitto di interessi non particolarmente diverso da quello che riguarda giornalismo e interessi pubblicitari. Per un giornale spingere sul vittimismo e sulle minacce ricevute – legali o illegali – diventa anche un fattore di promozione e raccolta di contributi, una questione che interessa il marketing più che il giornalismo. E se per alcune testate più deboli la divulgazione degli attacchi ricevuti è un modo necessario di proteggere se stessi e i propri giornalisti, in altri la stessa scelta dà l’impressione di tenere in considerazione differenti opportunità di comunicazione: che esistono, come dice Viner, e lo sfuggente discrimine forse sta nel dare spazio alle reazioni che il lavoro di una testata riceve con “ci sono novità su questa notizia” oppure con “ci hanno attaccato!”.
Fine di questo prologo.
domenica 14 Maggio 2023
Il 10 giugno, rispondendo a nuove richieste di portare il proprio evento Talk anche in altre città e dopo la soddisfacente e affollata esperienza della giornata torinese di una settimana fa, il Post sarà a Verbania con una serie di incontri dei propri giornalisti e collaboratori.
domenica 14 Maggio 2023
Questa settimana Morning, il popolare podcast del Post condotto da Francesco Costa, sarà aperto e gratuito per tutti e non solo per gli abbonati del Post: in occasione dei due anni e quasi 500 puntate dalla sua nascita. Periodo durante il quale Morning è diventato la maggiore attrazione verso l’abbonamento all’interno dell’offerta di contenuti e servizi dedicati appunto agli abbonati.
domenica 14 Maggio 2023
Martedì 16 maggio tornerà a essere pubblicato un giornale quotidiano che si chiamerà L’Unità: il nome è quello di uno storico e popolare quotidiano creato nel 1924 e che fu “l’organo” del Partito comunista italiano e poi dei partiti che con altri nomi gli succedettero, prima di una crisi di risorse economiche che portò alla sua chiusura definitiva nel 2017. L’anno scorso la testata è stata acquistata a un’asta fallimentare da un discusso imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, che possiede già il piccolo quotidiano che si chiama Il Riformista (di recente affidato alla direzione dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi). L’Unità esce quindi di nuovo con direttore Piero Sansonetti, 72 anni, già direttore dello stesso Riformista e prima dei quotidiani che si chiamarono Liberazione e Il Dubbio, dopo essere stato giornalista della vecchia Unità.
domenica 14 Maggio 2023
Mercoledì c’è stata una piccola agitazione su alcuni social network intorno a uno strano comportamento dell’account di Twitter del Corriere della Sera . In diversi hanno sospettato che la pubblicazione evidentemente involontaria di alcuni tweet provenienti da altri account a commento di contenuti del Corriere della Sera suggerisse che quei tweet fossero costruiti dallo stesso Corriere della Sera per generare maggiore engagement, attraverso quella che si chiama “una botfarm “. Alcune spiegazioni contraddittorie date da una giornalista del Corriere della Sera non hanno aiutato a fare chiarezza e l’account di Twitter si è scusato senza dare maggiori spiegazioni, ma l’ipotesi accusatoria si è rivelata assai improbabile: più realistico è che sia stato fatto qualche errore con i software che vengono usati per gestire grandi volumi di pubblicazioni sugli account social e di risposte agli utenti. Ne ha parlato Francesco Costa in questa puntata del podcast Morning (e anche un articolo di Libero).
domenica 14 Maggio 2023
Sono stati annunciati i premiati dal premio giornalistico più famoso del mondo (destinato a progetti e opere statunitensi).
“Le categorie premiate (15 in tutto) riguardano soprattutto il giornalismo, ma ce ne sono anche per ambiti come letteratura, musica e teatro. Tra i media che hanno vinto due premi ci sono Associated Press , Washington Post , New York Times e Los Angeles Times , e quattro premi sono andati a giornali e giornalisti locali”.
domenica 14 Maggio 2023
Nelle scorse settimane Charlie ha temuto di ripetersi nel citare esempi di invadenze nel lavoro autonomo delle redazioni dei maggiori quotidiani da parte di editori e concessionarie di pubblicità: ma ogni tanto è bene dare un promemoria anche ai nuovi iscritti alla newsletter della frequenza abituale con cui avvengono queste abdicazioni. Alcuni esempi di questa settimana.
Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo celebrativo dei risultati di Unipol Salute il giorno dopo aver ospitato una pagina pubblicitaria di Unipol Salute. Venerdì Corriere della Sera e Repubblica hanno scelto di dedicare ciascuno una pagina intera all’attribuzione di una laurea – la quinta, peraltro – a Giorgio Armani (notizia che nessun’altra testata ha ritenuto di pubblicare sulla carta e con tanto spazio), essendo Corriere della Sera e Repubblica i maggiori destinatari degli investimenti pubblicitari della sua azienda (il Corriere già sabato). Una simile ma più frequente dipendenza la mantiene il Sole 24 Ore nei confronti del proprio editore, il presidente di Confindustria, alle cui dichiarazioni sono dedicati tra i due e i quattro articoli ogni settimana (questa settimana il terzo è stato per il vicepresidente), a cui è dedicata espressamente una giornalista. Repubblica ha dedicato un articolo a una borsa “Pasticcino” di Max Mara, a poche pagine di distanza dalla pagina pubblicitaria comprata da Max Mara su Repubblica . La borsa “Pasticcino” è stata raccontata anche dal Corriere della Sera nelle sue pagine “Liberi tutti”, costruite per ospitare promozioni di aziende e prodotti inserzionisti, e che sabato si aprivano con un’intervista del corrispondente da Parigi del quotidiano a Laetitia Casta a proposito della sua campagna pubblicitaria per l’azienda Calzedonia, abituale inserzionista del Corriere della Sera . Lo stesso giorno sul Corriere della Sera , insieme a una nuova foto dell’editore a illustrare stavolta i risultati del gruppo, si dava notizia di uno sciopero allo stabilimento Stellantis di Pomigliano, notizia riferita anche dal Fatto, dal Mattino , dall’ Ansa , dal Manifesto . Sui due quotidiani del gruppo GEDI, Repubblica e Stampa – della stessa proprietà di Stellantis, e molto assidui nel citare successi e progetti di Stellantis – sullo sciopero e sulle sue ragioni non c’erano informazioni.
Intanto, nelle pagine di Economia dei due maggiori quotidiani nazionali lo spazio destinato a riferire risultati positivi di aziende inserzioniste e potenziali inserzioniste (o banche creditrici) è diventato quasi sempre prevalente rispetto a quello di più tradizionale lavoro giornalistico sui temi e sulle questioni di economia.
domenica 14 Maggio 2023
Il dibattito televisivo con Donald Trump trasmesso da CNN di cui avevamo parlato la settimana scorsa – per il suo significato rispetto alle trasformazioni in corso di CNN – è diventato un guaio ancora più grosso, per CNN stessa. Moltissimi commentatori hanno criticato la scelta di costruire il programma con un pubblico molto favorevole a Trump, che gli ha permesso di elencare tra molti consensi tutto il suo tradizionale repertorio di falsificazioni, malgrado gli sforzi della giornalista che lo intervistava. Le critiche sono state anche molto condivise all’interno di CNN, e ora il “nuovo corso” è diventato molto vulnerabile.
“Il fallimento dell’intervista ha messo anche in discussione il ruolo del presidente di CNN, Chris Licht, entrato in carica un anno fa al posto di Jeff Zucker con i nuovi proprietari dell’azienda di intrattenimento Warner Bros. Discovery: Licht sta cercando di riportare la rete all’immagine passata di giornalismo distaccato e fattuale, e in questo senso l’idea di ospitare Trump è stata vista da molti come il culmine di un percorso di apertura verso una grossa fetta di pubblico Repubblicano che l’emittente aveva perso negli ultimi anni. I risultati degli ascolti e le critiche di molti commentatori online però non stanno al momento premiando queste scelte”.
domenica 14 Maggio 2023
Il quotidiano la Verità di venerdì ha scelto di mettere in prima pagina la notizia di un tentativo di stupro a Milano, sottolineando nel titolo e nell’articolo (in maniera geograficamente piuttosto generica) l’origine “africana” del presunto stupratore. Ma l’uomo è di nazionalità statunitense, come è stato precisato nell’ordinanza di convalida dell’arresto: l’errore era nato dal nome falso dato al momento dell’arresto. Alcune testate lo hanno segnalato (il sito di Leggo, per esempio, senza però correggere o rimuovere la notizia sbagliata, come pure il Fatto), altri no ( Open, Libero, Repubblica). Sulla Verità di sabato non è stata pubblicata nessuna integrazione, aggiornamento o rettifica alla notizia errata pubblicata in prima pagina venerdì.
domenica 14 Maggio 2023
Alla propria conferenza annuale che Google chiama I/O, avvenuta mercoledì, la vicepresidente Elizabeth Reid ha annunciato che l’azienda sta sperimentando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per generare delle risposte che appariranno nella parte superiore di molte pagine di ricerca. La notizia ha preoccupato coloro che lavorano nell’ambito dell’informazione o guadagnano attraverso le affiliazioni con siti di e-commerce, perché porterà inevitabilmente ad una diminuzione del traffico di utenti sui singoli siti, dato che un maggiore numero di persone otterrà ciò di cui ha bisogno direttamente dalla pagina di ricerca di Google.
Per fare un esempio pratico, una persona che oggi scrive sulla barra di ricerca “qual è la regione italiana migliore per le vacanza in camper” può trovare una risposta cliccando su uno dei primi link che Google le propone, andando a leggere il blog di qualche appassionato di viaggi in camper. Con questo nuovo strumento, chiamato “Search Generative Experience” (SGE), sulla schermata apparirà invece un riquadro arancione contenente un paragrafo di testo generato dall’intelligenza artificiale con solo tre link ad articoli di approfondimento, mentre per tutti gli altri bisognerà scorrere in giù. Questo avverrà anche con le domande che riguardano l’acquisto di prodotti, come ad esempio “qual è il miglior amplificatore per una festa in piscina?”
Questo strumento (che ha questo o questo aspetto) è al momento accessibile solo negli Stati Uniti per alcuni giornalisti, esperti del settore, e utenti che si sono iscritti ad una lunga lista d’attesa, ma già sono state individuate dei problemi relativi non solo alla già citata diminuzione di traffico ma anche a possibili errori (dato che l’intelligenza artificiale aggrega le notizie provenienti da un gran numero di siti con dei limiti rispetto alla verifica della loro affidabilità) e il suo utilizzo per temi sensibili, dibattuti o di attualità. Sebbene i rappresentanti di Google abbiano specificato che l’SGE è disattivata per argomenti come la salute, l’economia e alcune specifiche domande divisive come ad esempio se Joe Biden sia un buon presidente, è comunque l’algoritmo di Google a decidere se la potenziale risposta generata dall’intelligenza artificiale sia più utile dei risultati standard, creando dubbi relativi alla possibile arbitrarietà di queste decisioni.
domenica 14 Maggio 2023
RCS – l’azienda la cui maggioranza è di proprietà di Urbano Cairo e che pubblica il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport , Oggi e altre testate – ha diffuso i risultati del primo trimestre del 2023. Mostrano un ” EBITDA ” positivo, anche se in calo rispetto allo stesso periodo del 2022, come anche i ricavi. Le ragioni attribuite al calo – stante un lieve miglioramento dei ricavi pubblicitari – sono una flessione nei ricavi della vendita delle copie cartacee e delle “opere collaterali”, ovvero le tante e varie pubblicazioni editoriali associate alle testate maggiori. I ricavi digitali valgono un quarto dei ricavi complessivi, ma dalla pubblicità sul digitale RCS ottiene il 45% dei ricavi pubblicitari totali.
Sugli abbonamenti digitali (che non hanno certificazioni e verifiche terze, quindi ogni dato che circola è diffuso dalle aziende interessate) il comunicato spiega che “A fine marzo la customer base totale attiva per il Corriere della Sera (digital edition, membership e m-site) è risultata pari a 526 mila abbonamenti”.
“Peraltro, nel corso del primo trimestre 2023 i costi di energia e gas, dopo la forte volatilità e gli incrementi registrati nel 2022, sono progressivamente tornati a valori sostanzialmente in linea con quelli di fine estate 2021 ed anche il costo della carta è, al momento, in riduzione rispetto ai valori del 2022 con effetti che impatteranno positivamente il conto economico a partire principalmente dal secondo semestre 2023, in considerazione anche dei tempi di rotazione delle scorte esistenti”.
domenica 14 Maggio 2023
Nella sua newsletter Appunti l’ex direttore del quotidiano Domani Stefano Feltri ha sviluppato una riflessione sui limiti del giornalismo sulla politica in Italia, riprendendo una conversazione pubblica che si era svolta durante un evento del Post a Torino.
” La politica sui giornali ci sembra “spiegata male” perché non è spiegata ai lettori, ma ai protagonisti.
A loro risulta tutto chiarissimo, il problema è che un articolo non può essere al contempo chiaro per il lettore normale ed efficace per quello interno al sistema che sa decodificare messaggi cifrati, allusioni, misurare i rapporti di forza all’interno di un partito sulla base della sequenza e della lunghezza delle citazioni.
La politica sui giornali è, prima di tutto, la prosecuzione della politica con altri mezzi, e soltanto in modo molto residuale informazione. In parte questo vale anche per la televisione […]
Diciamo che partiti e governo hanno capito come sfruttare alcune fragilità del sistema media per piegarlo alle proprie esigenze, a scapito di quelle dei lettori.
Perché, almeno in Italia, l’informazione politica è soprattutto politica, e solo in maniera marginale informazione”.
domenica 14 Maggio 2023
Sally Buzbee, “executive editor” del Washington Post, ha annunciato la nomina di Matea Gold come nuova “managing director” del quotidiano, in sostituzione di Steven Ginsberg (che è andato all’ Athletic, il grande sito di news sportive acquistato dal New York Times). Gold ha 48 anni e aveva iniziato a lavorare per il Washington Post nel 2013 (dopo diciassette anni trascorsi al Los Angeles Times , occupandosi del coordinamento di numerose inchieste di successo tra cui quelle che hanno vinto due Premi Pulitzer nel 2023. La promozione di Gold, che affiancherà altri tre “managing editor” sotto la direzione di Buzbee e coordinerà il lavoro di tre dipartimenti del giornale (National/Politics, Metro, e Sports), fa sì che la maggior parte della dirigenza del Washington Post sia composta da donne.
domenica 14 Maggio 2023
Venerdì il giornalista Pasquale Quaranta ha annunciato di essere diventato il primo Diversity Editor del quotidiano La Stampa, e il primo in questo ruolo nei quotidiani italiani.
In termini generali, il ruolo del Diversity Editor è di favorire un’equa e inclusiva rappresentazione della diversità attraverso, per esempio, l’utilizzo di un linguaggio sensibile e rispettoso. La scelta della Stampa si ispira a un modello già proposto da altre testate internazionali, come il Washington Post , nel sostenere un giornalismo più inclusivo e consapevole nel riferire le notizie. Come spiegato da Quaranta, “per raccontare le differenze c’è bisogno di un vocabolario adeguato”. Il suo compito si rivolgerà alla redazione, ma anche al pubblico della Stampa , e promuoverà corsi di formazione giornalistica, eventi e iniziative sui temi della diversità e dell’inclusione, e la stesura di linee guida per evitare pregiudizi o inesattezze linguistiche.
“Ci concentreremo su quelle differenze tra le persone – come il genere, l’identità di genere, l’orientamento sessuale, la disabilità, l’etnia, l’età, solo per citarne alcune – che sono ancora oggi oggetto di pregiudizi e discriminazioni. Ci occuperemo di persone Lgbtqia+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali) e di corpi non conformi, di persone con disabilità, di migranti, di terza età e nuove generazioni, di intersezionalità e della rappresentazione di queste realtà nei media.
Come Diversity Editor, avrò il compito di sensibilizzare la redazione e il pubblico creando contenuti inclusivi e rappresentativi che riflettano l’ampia gamma di punti di vista ed esperienze in modo accurato e rispettoso. Questa rubrica promuoverà corsi di formazione giornalistica, eventi e iniziative sui temi della diversità e dell’inclusione, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti, associazioni ed espert* del settore, e stilerà linee guida per evitare errori e pregiudizi”.
Anche nel titolare l’articolo di Quaranta sulla novità la Stampa ha scelto di adottare un asterisco “inclusivo” nella parola “tutt*” (ma poi nella didascalia della foto ha mantenuto il termine “giornalisti” per indicare un gruppo di persone che lavorano al giornale).
domenica 14 Maggio 2023
A febbraio su Charlie avevamo scritto di un accordo firmato tra il New York Times e Google sulla pubblicazione dei contenuti online. Questa settimana il Wall Street Journal ha reso nota la cifra dell’ intesa: secondo l’articolo il New York Times riceverà circa 100 milioni di dollari da Google nei prossimi tre anni, per consentire a quest’ultimo di utilizzare i contenuti del quotidiano statunitense su alcune delle sue piattaforme. L’accordo prevede anche la sperimentazione congiunta di nuovi prodotti pubblicitari e strumenti per la vendita di abbonamenti, e la partecipazione del New York Times a Google News Showcase – il sistema con cui Google compensa gli editori per l’uso dei loro contenuti. Tra gli editori che avevano già fatto degli accordi con Google su Showcase ci sono il gruppo editoriale statunitense News Corp, il sindacato francese APIG, e molte testate italiane. Dei problemi tra Google e i contributi ai giornali abbiamo scritto spesso. Già tre anni fa raccontammo di come gli editori dei giornali si lamentassero di non ricevere da Google – e più recentemente anche da Facebook – alcun compenso per l’uso e la vendita dei loro contenuti. Qui un breve riassunto.
domenica 14 Maggio 2023
Durante un incontro al Professional Publisher Association Festival, organizzato a Londra il 25 aprile, alcuni dirigenti dei gruppi editoriali Condé Nast e William Reed (il secondo si occupa soprattutto di pubblicazioni specializzate sul mondo alimentare) hanno presentato esempi di come le loro redazioni usino software basati su “intelligenze artificiali” (AI) per aumentare la produttività e semplificare alcuni compiti, suggerendo che l’AI possa essere usata per migliorare i titoli, per suggerire argomenti su cui scrivere, per correggere le bozze, per riassumere gli articoli e testare la loro chiarezza; inoltre l’AI può correggere automaticamente il codice informatico, o trascrivere le interviste, come riporta un articolo promozionale sul sito britannico Press Gazette, sponsorizzato da un’azienda che vende un software per trascrivere automaticamente i file audio. Il sito americano NiemanLab racconta anche di una piccolissima redazione statunitense che ha scelto di affidarsi a GPT-4, una versione più avanzata di GPT-3.5, il modello usato da ChatGPT, per automatizzare la composizione e l’invio di una newsletter mattutina, a cui date le ridotte risorse non poteva dedicare un redattore umano, con i risultati altalenanti tipici delle operazioni fatte con strumenti ancora nelle fasi iniziali del loro sviluppo. Questi strumenti non sono in questi casi usati per generare contenuti da pubblicare direttamente, e quindi sono meno toccati dalle discussioni emerse negli ultimi mesi riguardanti questioni etiche come il diritto d’autore e l’accuratezza dei contenuti pubblicati. Ma c’è tutta una parte “strumentale” dell’utilizzo di questi software che può essere molto rilevante e promettente per il lavoro delle aziende giornalistiche. Al riguardo hanno fatto scelte opposte tra loro le redazioni di BuzzFeed e di Wired, la prima pubblicando vari articoli generati totalmente da modelli linguistici, la seconda stabilendo delle linee guida interne piuttosto restrittive sulle sperimentazioni.
domenica 14 Maggio 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di marzo 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. A marzo gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati quasi tutti negativi, in quote contenute e con dei cali più sensibili solo per il Corriere della Sera e il Giornale , tra le testate nazionali generaliste.
Se guardiamo sulle stesse tabelle i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, a discostarsi dal calo medio annuale dell’8-10%, che teniamo come riferimento, è di nuovo Repubblica ancora per via – da tre mesi a questa parte – dell’aggiunta di oltre 30mila copie alla colonna “copie digitali promozionali e omaggio”, ovvero abbonamenti all’edizione digitale regalati o relativi a un’offerta sotto a un decimo del valore di copertina. Il Fatto è l’unica altra testata con una piccola crescita, ma a sua volta l’aumento si deve a 7mila copie in più nella colonna relativa agli abbonamenti digitali con sconti oltre il 70%.
Se invece, come facciamo ogni mese, consideriamo un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra, i risultati sono diversi: li si ottengono sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 177.317 (-6%)
Repubblica 102.073 (-12%)
Stampa 74.136 (-13%)
Sole 24 Ore 59.011 (-5%)
Resto del Carlino 56.934 (-12%)
Messaggero 49.039 (-7%)
Fatto 41.285 (-9%)
Nazione 38.028 (-11%)
Gazzettino 35.678 (-6%)
Giornale 28.065 (-13%)
Verità 26.480 (-18%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.370 (+7%)
Avvenire 15.488 (-10%)
Manifesto 12.464 (-10%)
ItaliaOggi 8.898 (+8%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese sono andati di nuovo un po’ meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore . C’è poi il caso di Repubblica che invece nei mesi passati aveva mostrato cali annuali intorno al 20% e questo mese perde “solo” il 12%, e quello della Verità , che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita e ora mostra quindi il dato peggiore, a beneficio probabilmente di Libero che si sta riprendendo dei lettori che aveva perso a favore della Verità durante le proprie campagne contro i novax. Fa numeri migliori di un anno fa anche ItaliaOggi che era andata molto male a febbraio e marzo dell’anno scorso.
Tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle della Gazzetta di Parma (-13%), del Giornale di Brescia (-13%) e del Piccolo (-12%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 14 Maggio 2023
Il 12 settembre di ventidue anni fa il Wall Street Journal dedicò tutta la prima pagina – come i giornali di tutto il mondo – all’attentato al World Trade Center di New York: con una scelta che però non fecero i giornali di tutto il mondo, ovvero quella di non indicare nessun numero dei morti nella strage, perché quel numero era in quel momento “unclear”. Scelta di ammirevole rigore e cautela, vista da qui e abituati a leggere i più vari e approssimativi conteggi di morti immediatamente dopo ogni catastrofe o incidente o attentato, salvo correzioni successive (lo stesso numero enorme dei morti dell’11 settembre subì molti ridimensionamenti).
C’è una famosa scena della serie tv The Newsroom che immagina come sia accaduto che l’agenzia Associated Press abbia evitato di fare il precipitoso errore fatto da quasi tutte le testate americane dopo l’attentato contro la deputata Gabrielle Giffords, aspettando le conferme o smentite necessarie.
Tre anni fa al Post ci accorgemmo dell’apprezzamento che aveva ricevuto un messaggio pubblicato sui social network per spiegare come mai il Post non aveva dato ancora nessuna informazione sulle decisioni del governo sulle province coinvolte dal primo lockdown: piuttosto che dire cose confuse e a rischio di essere smentite (lo furono), meglio non dire niente, scrivemmo. E molti lettori apprezzarono, invece di lamentarsi della mancanza.
Il mese scorso un piccolo giornale dell’Oregon ha similmente spiegato ai suoi lettori che a proposito di una sparatoria con un morto preferiva aspettare notizie chiare prima di scriverne: “We want to provide the community with accurate information and we will take the time and care needed over rushing out information”. Questa settimana il suo direttore è tornato a raccontare più estesamente le ragioni di quella decisione:
” Instantly, I realized we had a big job ahead of us.
By then, Facebook and other social media channels were alive with chatter about the episode.
There was speculation. There were supposed accounts of what happened.
What wasn’t available was verified information.
We began getting readers questioning why we weren’t reporting on the murder.
There was a judgment to make.
The Enterprise could have reported the bare fact that had been confirmed – that an officer had been killed.
We didn’t have confirmation of when.
We had no information on the victim.
We had no information about happened.
Putting out a basic report would have stirred more questions and created more anxiety for the people of Nyssa.
Instead, I made another choice: We’d alert the community that we were aware of major news, that we were developing information, that we wouldn’t report anything that wasn’t verified or from authoritative sources, such as law enforcement”.
Non si tratta di “slow journalism”, un nobile tipo di informazione praticato da alcuni progetti giornalistici ma insufficiente a dare risposta alle attese delle persone sull’attualità: è giornalismo vero, che scrive le cose che sa e ammette quelle che non sa, piuttosto che sbagliare o inventare.
Fine di questo prologo.
domenica 7 Maggio 2023
Il Post ha pubblicato la sua annuale sintesi per lettori e abbonati su come sono andati i conti l’anno scorso.
” La sintesi è che sono cresciuti i ricavi e sono cresciuti i costi, perché grazie ai primi – determinati ormai in grande maggioranza dagli abbonati – abbiamo potuto appunto fare investimenti nuovi: sia per nuovi progetti e per coinvolgere più persone (nella redazione, nella tecnologia, nella gestione degli abbonamenti e dei progetti collaterali), sia per continuare a mettere in ordine e rendere più efficienti (e adeguatamente retribuite) attività che da molti anni erano condotte con buona volontà e meno professionalmente”.
domenica 7 Maggio 2023
Il Mail on Sunday, l’edizione domenicale del tabloid britannico Daily Mail, ovvero del quotidiano a maggiore diffusione del Regno Unito, ha incentivato l’uscita di decine di giornalisti anche con ruoli importanti nella sua redazione. Tutto all’interno di un processo di riduzione dei costi iniziato nel 2021 da Lord Rothermere, discendente del fondatore del giornale, il primo Visconte di Rothermere.
Le uscite dei giornalisti sono avvenute in seguito a una rinnovata sinergia fra l’edizione domenicale e quella quotidiana, dopo un lungo periodo in cui, come già notato anche su Charlie, le due pubblicazioni, pur condividendo editore e in gran parte lettori, erano state molto autonome l’una dall’altra. Simili riduzioni del personale hanno riguardato il quotidiano gratuito Metro, sempre della stessa proprietà.