Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 14 Maggio 2023
Martedì 16 maggio tornerà a essere pubblicato un giornale quotidiano che si chiamerà L’Unità: il nome è quello di uno storico e popolare quotidiano creato nel 1924 e che fu “l’organo” del Partito comunista italiano e poi dei partiti che con altri nomi gli succedettero, prima di una crisi di risorse economiche che portò alla sua chiusura definitiva nel 2017. L’anno scorso la testata è stata acquistata a un’asta fallimentare da un discusso imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, che possiede già il piccolo quotidiano che si chiama Il Riformista (di recente affidato alla direzione dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi). L’Unità esce quindi di nuovo con direttore Piero Sansonetti, 72 anni, già direttore dello stesso Riformista e prima dei quotidiani che si chiamarono Liberazione e Il Dubbio, dopo essere stato giornalista della vecchia Unità.
domenica 14 Maggio 2023
Mercoledì c’è stata una piccola agitazione su alcuni social network intorno a uno strano comportamento dell’account di Twitter del Corriere della Sera . In diversi hanno sospettato che la pubblicazione evidentemente involontaria di alcuni tweet provenienti da altri account a commento di contenuti del Corriere della Sera suggerisse che quei tweet fossero costruiti dallo stesso Corriere della Sera per generare maggiore engagement, attraverso quella che si chiama “una botfarm “. Alcune spiegazioni contraddittorie date da una giornalista del Corriere della Sera non hanno aiutato a fare chiarezza e l’account di Twitter si è scusato senza dare maggiori spiegazioni, ma l’ipotesi accusatoria si è rivelata assai improbabile: più realistico è che sia stato fatto qualche errore con i software che vengono usati per gestire grandi volumi di pubblicazioni sugli account social e di risposte agli utenti. Ne ha parlato Francesco Costa in questa puntata del podcast Morning (e anche un articolo di Libero).
domenica 14 Maggio 2023
Sono stati annunciati i premiati dal premio giornalistico più famoso del mondo (destinato a progetti e opere statunitensi).
“Le categorie premiate (15 in tutto) riguardano soprattutto il giornalismo, ma ce ne sono anche per ambiti come letteratura, musica e teatro. Tra i media che hanno vinto due premi ci sono Associated Press , Washington Post , New York Times e Los Angeles Times , e quattro premi sono andati a giornali e giornalisti locali”.
domenica 14 Maggio 2023
Nelle scorse settimane Charlie ha temuto di ripetersi nel citare esempi di invadenze nel lavoro autonomo delle redazioni dei maggiori quotidiani da parte di editori e concessionarie di pubblicità: ma ogni tanto è bene dare un promemoria anche ai nuovi iscritti alla newsletter della frequenza abituale con cui avvengono queste abdicazioni. Alcuni esempi di questa settimana.
Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo celebrativo dei risultati di Unipol Salute il giorno dopo aver ospitato una pagina pubblicitaria di Unipol Salute. Venerdì Corriere della Sera e Repubblica hanno scelto di dedicare ciascuno una pagina intera all’attribuzione di una laurea – la quinta, peraltro – a Giorgio Armani (notizia che nessun’altra testata ha ritenuto di pubblicare sulla carta e con tanto spazio), essendo Corriere della Sera e Repubblica i maggiori destinatari degli investimenti pubblicitari della sua azienda (il Corriere già sabato). Una simile ma più frequente dipendenza la mantiene il Sole 24 Ore nei confronti del proprio editore, il presidente di Confindustria, alle cui dichiarazioni sono dedicati tra i due e i quattro articoli ogni settimana (questa settimana il terzo è stato per il vicepresidente), a cui è dedicata espressamente una giornalista. Repubblica ha dedicato un articolo a una borsa “Pasticcino” di Max Mara, a poche pagine di distanza dalla pagina pubblicitaria comprata da Max Mara su Repubblica . La borsa “Pasticcino” è stata raccontata anche dal Corriere della Sera nelle sue pagine “Liberi tutti”, costruite per ospitare promozioni di aziende e prodotti inserzionisti, e che sabato si aprivano con un’intervista del corrispondente da Parigi del quotidiano a Laetitia Casta a proposito della sua campagna pubblicitaria per l’azienda Calzedonia, abituale inserzionista del Corriere della Sera . Lo stesso giorno sul Corriere della Sera , insieme a una nuova foto dell’editore a illustrare stavolta i risultati del gruppo, si dava notizia di uno sciopero allo stabilimento Stellantis di Pomigliano, notizia riferita anche dal Fatto, dal Mattino , dall’ Ansa , dal Manifesto . Sui due quotidiani del gruppo GEDI, Repubblica e Stampa – della stessa proprietà di Stellantis, e molto assidui nel citare successi e progetti di Stellantis – sullo sciopero e sulle sue ragioni non c’erano informazioni.
Intanto, nelle pagine di Economia dei due maggiori quotidiani nazionali lo spazio destinato a riferire risultati positivi di aziende inserzioniste e potenziali inserzioniste (o banche creditrici) è diventato quasi sempre prevalente rispetto a quello di più tradizionale lavoro giornalistico sui temi e sulle questioni di economia.
domenica 14 Maggio 2023
Il dibattito televisivo con Donald Trump trasmesso da CNN di cui avevamo parlato la settimana scorsa – per il suo significato rispetto alle trasformazioni in corso di CNN – è diventato un guaio ancora più grosso, per CNN stessa. Moltissimi commentatori hanno criticato la scelta di costruire il programma con un pubblico molto favorevole a Trump, che gli ha permesso di elencare tra molti consensi tutto il suo tradizionale repertorio di falsificazioni, malgrado gli sforzi della giornalista che lo intervistava. Le critiche sono state anche molto condivise all’interno di CNN, e ora il “nuovo corso” è diventato molto vulnerabile.
“Il fallimento dell’intervista ha messo anche in discussione il ruolo del presidente di CNN, Chris Licht, entrato in carica un anno fa al posto di Jeff Zucker con i nuovi proprietari dell’azienda di intrattenimento Warner Bros. Discovery: Licht sta cercando di riportare la rete all’immagine passata di giornalismo distaccato e fattuale, e in questo senso l’idea di ospitare Trump è stata vista da molti come il culmine di un percorso di apertura verso una grossa fetta di pubblico Repubblicano che l’emittente aveva perso negli ultimi anni. I risultati degli ascolti e le critiche di molti commentatori online però non stanno al momento premiando queste scelte”.
domenica 14 Maggio 2023
Il quotidiano la Verità di venerdì ha scelto di mettere in prima pagina la notizia di un tentativo di stupro a Milano, sottolineando nel titolo e nell’articolo (in maniera geograficamente piuttosto generica) l’origine “africana” del presunto stupratore. Ma l’uomo è di nazionalità statunitense, come è stato precisato nell’ordinanza di convalida dell’arresto: l’errore era nato dal nome falso dato al momento dell’arresto. Alcune testate lo hanno segnalato (il sito di Leggo, per esempio, senza però correggere o rimuovere la notizia sbagliata, come pure il Fatto), altri no ( Open, Libero, Repubblica). Sulla Verità di sabato non è stata pubblicata nessuna integrazione, aggiornamento o rettifica alla notizia errata pubblicata in prima pagina venerdì.
domenica 14 Maggio 2023
Alla propria conferenza annuale che Google chiama I/O, avvenuta mercoledì, la vicepresidente Elizabeth Reid ha annunciato che l’azienda sta sperimentando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per generare delle risposte che appariranno nella parte superiore di molte pagine di ricerca. La notizia ha preoccupato coloro che lavorano nell’ambito dell’informazione o guadagnano attraverso le affiliazioni con siti di e-commerce, perché porterà inevitabilmente ad una diminuzione del traffico di utenti sui singoli siti, dato che un maggiore numero di persone otterrà ciò di cui ha bisogno direttamente dalla pagina di ricerca di Google.
Per fare un esempio pratico, una persona che oggi scrive sulla barra di ricerca “qual è la regione italiana migliore per le vacanza in camper” può trovare una risposta cliccando su uno dei primi link che Google le propone, andando a leggere il blog di qualche appassionato di viaggi in camper. Con questo nuovo strumento, chiamato “Search Generative Experience” (SGE), sulla schermata apparirà invece un riquadro arancione contenente un paragrafo di testo generato dall’intelligenza artificiale con solo tre link ad articoli di approfondimento, mentre per tutti gli altri bisognerà scorrere in giù. Questo avverrà anche con le domande che riguardano l’acquisto di prodotti, come ad esempio “qual è il miglior amplificatore per una festa in piscina?”
Questo strumento (che ha questo o questo aspetto) è al momento accessibile solo negli Stati Uniti per alcuni giornalisti, esperti del settore, e utenti che si sono iscritti ad una lunga lista d’attesa, ma già sono state individuate dei problemi relativi non solo alla già citata diminuzione di traffico ma anche a possibili errori (dato che l’intelligenza artificiale aggrega le notizie provenienti da un gran numero di siti con dei limiti rispetto alla verifica della loro affidabilità) e il suo utilizzo per temi sensibili, dibattuti o di attualità. Sebbene i rappresentanti di Google abbiano specificato che l’SGE è disattivata per argomenti come la salute, l’economia e alcune specifiche domande divisive come ad esempio se Joe Biden sia un buon presidente, è comunque l’algoritmo di Google a decidere se la potenziale risposta generata dall’intelligenza artificiale sia più utile dei risultati standard, creando dubbi relativi alla possibile arbitrarietà di queste decisioni.
domenica 14 Maggio 2023
RCS – l’azienda la cui maggioranza è di proprietà di Urbano Cairo e che pubblica il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport , Oggi e altre testate – ha diffuso i risultati del primo trimestre del 2023. Mostrano un ” EBITDA ” positivo, anche se in calo rispetto allo stesso periodo del 2022, come anche i ricavi. Le ragioni attribuite al calo – stante un lieve miglioramento dei ricavi pubblicitari – sono una flessione nei ricavi della vendita delle copie cartacee e delle “opere collaterali”, ovvero le tante e varie pubblicazioni editoriali associate alle testate maggiori. I ricavi digitali valgono un quarto dei ricavi complessivi, ma dalla pubblicità sul digitale RCS ottiene il 45% dei ricavi pubblicitari totali.
Sugli abbonamenti digitali (che non hanno certificazioni e verifiche terze, quindi ogni dato che circola è diffuso dalle aziende interessate) il comunicato spiega che “A fine marzo la customer base totale attiva per il Corriere della Sera (digital edition, membership e m-site) è risultata pari a 526 mila abbonamenti”.
“Peraltro, nel corso del primo trimestre 2023 i costi di energia e gas, dopo la forte volatilità e gli incrementi registrati nel 2022, sono progressivamente tornati a valori sostanzialmente in linea con quelli di fine estate 2021 ed anche il costo della carta è, al momento, in riduzione rispetto ai valori del 2022 con effetti che impatteranno positivamente il conto economico a partire principalmente dal secondo semestre 2023, in considerazione anche dei tempi di rotazione delle scorte esistenti”.
domenica 14 Maggio 2023
Nella sua newsletter Appunti l’ex direttore del quotidiano Domani Stefano Feltri ha sviluppato una riflessione sui limiti del giornalismo sulla politica in Italia, riprendendo una conversazione pubblica che si era svolta durante un evento del Post a Torino.
” La politica sui giornali ci sembra “spiegata male” perché non è spiegata ai lettori, ma ai protagonisti.
A loro risulta tutto chiarissimo, il problema è che un articolo non può essere al contempo chiaro per il lettore normale ed efficace per quello interno al sistema che sa decodificare messaggi cifrati, allusioni, misurare i rapporti di forza all’interno di un partito sulla base della sequenza e della lunghezza delle citazioni.
La politica sui giornali è, prima di tutto, la prosecuzione della politica con altri mezzi, e soltanto in modo molto residuale informazione. In parte questo vale anche per la televisione […]
Diciamo che partiti e governo hanno capito come sfruttare alcune fragilità del sistema media per piegarlo alle proprie esigenze, a scapito di quelle dei lettori.
Perché, almeno in Italia, l’informazione politica è soprattutto politica, e solo in maniera marginale informazione”.
domenica 14 Maggio 2023
Sally Buzbee, “executive editor” del Washington Post, ha annunciato la nomina di Matea Gold come nuova “managing director” del quotidiano, in sostituzione di Steven Ginsberg (che è andato all’ Athletic, il grande sito di news sportive acquistato dal New York Times). Gold ha 48 anni e aveva iniziato a lavorare per il Washington Post nel 2013 (dopo diciassette anni trascorsi al Los Angeles Times , occupandosi del coordinamento di numerose inchieste di successo tra cui quelle che hanno vinto due Premi Pulitzer nel 2023. La promozione di Gold, che affiancherà altri tre “managing editor” sotto la direzione di Buzbee e coordinerà il lavoro di tre dipartimenti del giornale (National/Politics, Metro, e Sports), fa sì che la maggior parte della dirigenza del Washington Post sia composta da donne.
domenica 14 Maggio 2023
Venerdì il giornalista Pasquale Quaranta ha annunciato di essere diventato il primo Diversity Editor del quotidiano La Stampa, e il primo in questo ruolo nei quotidiani italiani.
In termini generali, il ruolo del Diversity Editor è di favorire un’equa e inclusiva rappresentazione della diversità attraverso, per esempio, l’utilizzo di un linguaggio sensibile e rispettoso. La scelta della Stampa si ispira a un modello già proposto da altre testate internazionali, come il Washington Post , nel sostenere un giornalismo più inclusivo e consapevole nel riferire le notizie. Come spiegato da Quaranta, “per raccontare le differenze c’è bisogno di un vocabolario adeguato”. Il suo compito si rivolgerà alla redazione, ma anche al pubblico della Stampa , e promuoverà corsi di formazione giornalistica, eventi e iniziative sui temi della diversità e dell’inclusione, e la stesura di linee guida per evitare pregiudizi o inesattezze linguistiche.
“Ci concentreremo su quelle differenze tra le persone – come il genere, l’identità di genere, l’orientamento sessuale, la disabilità, l’etnia, l’età, solo per citarne alcune – che sono ancora oggi oggetto di pregiudizi e discriminazioni. Ci occuperemo di persone Lgbtqia+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali) e di corpi non conformi, di persone con disabilità, di migranti, di terza età e nuove generazioni, di intersezionalità e della rappresentazione di queste realtà nei media.
Come Diversity Editor, avrò il compito di sensibilizzare la redazione e il pubblico creando contenuti inclusivi e rappresentativi che riflettano l’ampia gamma di punti di vista ed esperienze in modo accurato e rispettoso. Questa rubrica promuoverà corsi di formazione giornalistica, eventi e iniziative sui temi della diversità e dell’inclusione, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti, associazioni ed espert* del settore, e stilerà linee guida per evitare errori e pregiudizi”.
Anche nel titolare l’articolo di Quaranta sulla novità la Stampa ha scelto di adottare un asterisco “inclusivo” nella parola “tutt*” (ma poi nella didascalia della foto ha mantenuto il termine “giornalisti” per indicare un gruppo di persone che lavorano al giornale).
domenica 14 Maggio 2023
A febbraio su Charlie avevamo scritto di un accordo firmato tra il New York Times e Google sulla pubblicazione dei contenuti online. Questa settimana il Wall Street Journal ha reso nota la cifra dell’ intesa: secondo l’articolo il New York Times riceverà circa 100 milioni di dollari da Google nei prossimi tre anni, per consentire a quest’ultimo di utilizzare i contenuti del quotidiano statunitense su alcune delle sue piattaforme. L’accordo prevede anche la sperimentazione congiunta di nuovi prodotti pubblicitari e strumenti per la vendita di abbonamenti, e la partecipazione del New York Times a Google News Showcase – il sistema con cui Google compensa gli editori per l’uso dei loro contenuti. Tra gli editori che avevano già fatto degli accordi con Google su Showcase ci sono il gruppo editoriale statunitense News Corp, il sindacato francese APIG, e molte testate italiane. Dei problemi tra Google e i contributi ai giornali abbiamo scritto spesso. Già tre anni fa raccontammo di come gli editori dei giornali si lamentassero di non ricevere da Google – e più recentemente anche da Facebook – alcun compenso per l’uso e la vendita dei loro contenuti. Qui un breve riassunto.
domenica 14 Maggio 2023
Durante un incontro al Professional Publisher Association Festival, organizzato a Londra il 25 aprile, alcuni dirigenti dei gruppi editoriali Condé Nast e William Reed (il secondo si occupa soprattutto di pubblicazioni specializzate sul mondo alimentare) hanno presentato esempi di come le loro redazioni usino software basati su “intelligenze artificiali” (AI) per aumentare la produttività e semplificare alcuni compiti, suggerendo che l’AI possa essere usata per migliorare i titoli, per suggerire argomenti su cui scrivere, per correggere le bozze, per riassumere gli articoli e testare la loro chiarezza; inoltre l’AI può correggere automaticamente il codice informatico, o trascrivere le interviste, come riporta un articolo promozionale sul sito britannico Press Gazette, sponsorizzato da un’azienda che vende un software per trascrivere automaticamente i file audio. Il sito americano NiemanLab racconta anche di una piccolissima redazione statunitense che ha scelto di affidarsi a GPT-4, una versione più avanzata di GPT-3.5, il modello usato da ChatGPT, per automatizzare la composizione e l’invio di una newsletter mattutina, a cui date le ridotte risorse non poteva dedicare un redattore umano, con i risultati altalenanti tipici delle operazioni fatte con strumenti ancora nelle fasi iniziali del loro sviluppo. Questi strumenti non sono in questi casi usati per generare contenuti da pubblicare direttamente, e quindi sono meno toccati dalle discussioni emerse negli ultimi mesi riguardanti questioni etiche come il diritto d’autore e l’accuratezza dei contenuti pubblicati. Ma c’è tutta una parte “strumentale” dell’utilizzo di questi software che può essere molto rilevante e promettente per il lavoro delle aziende giornalistiche. Al riguardo hanno fatto scelte opposte tra loro le redazioni di BuzzFeed e di Wired, la prima pubblicando vari articoli generati totalmente da modelli linguistici, la seconda stabilendo delle linee guida interne piuttosto restrittive sulle sperimentazioni.
domenica 14 Maggio 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di marzo 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. A marzo gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati quasi tutti negativi, in quote contenute e con dei cali più sensibili solo per il Corriere della Sera e il Giornale , tra le testate nazionali generaliste.
Se guardiamo sulle stesse tabelle i più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, a discostarsi dal calo medio annuale dell’8-10%, che teniamo come riferimento, è di nuovo Repubblica ancora per via – da tre mesi a questa parte – dell’aggiunta di oltre 30mila copie alla colonna “copie digitali promozionali e omaggio”, ovvero abbonamenti all’edizione digitale regalati o relativi a un’offerta sotto a un decimo del valore di copertina. Il Fatto è l’unica altra testata con una piccola crescita, ma a sua volta l’aumento si deve a 7mila copie in più nella colonna relativa agli abbonamenti digitali con sconti oltre il 70%.
Se invece, come facciamo ogni mese, consideriamo un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” che abbiamo descritto qui sopra, i risultati sono diversi: li si ottengono sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono ancora le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 177.317 (-6%)
Repubblica 102.073 (-12%)
Stampa 74.136 (-13%)
Sole 24 Ore 59.011 (-5%)
Resto del Carlino 56.934 (-12%)
Messaggero 49.039 (-7%)
Fatto 41.285 (-9%)
Nazione 38.028 (-11%)
Gazzettino 35.678 (-6%)
Giornale 28.065 (-13%)
Verità 26.480 (-18%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.370 (+7%)
Avvenire 15.488 (-10%)
Manifesto 12.464 (-10%)
ItaliaOggi 8.898 (+8%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese sono andati di nuovo un po’ meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore . C’è poi il caso di Repubblica che invece nei mesi passati aveva mostrato cali annuali intorno al 20% e questo mese perde “solo” il 12%, e quello della Verità , che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita e ora mostra quindi il dato peggiore, a beneficio probabilmente di Libero che si sta riprendendo dei lettori che aveva perso a favore della Verità durante le proprie campagne contro i novax. Fa numeri migliori di un anno fa anche ItaliaOggi che era andata molto male a febbraio e marzo dell’anno scorso.
Tra gli altri quotidiani locali le perdite maggiori sono quelle della Gazzetta di Parma (-13%), del Giornale di Brescia (-13%) e del Piccolo (-12%), ma quasi tutti sono intorno al -10%.
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 14 Maggio 2023
Il 12 settembre di ventidue anni fa il Wall Street Journal dedicò tutta la prima pagina – come i giornali di tutto il mondo – all’attentato al World Trade Center di New York: con una scelta che però non fecero i giornali di tutto il mondo, ovvero quella di non indicare nessun numero dei morti nella strage, perché quel numero era in quel momento “unclear”. Scelta di ammirevole rigore e cautela, vista da qui e abituati a leggere i più vari e approssimativi conteggi di morti immediatamente dopo ogni catastrofe o incidente o attentato, salvo correzioni successive (lo stesso numero enorme dei morti dell’11 settembre subì molti ridimensionamenti).
C’è una famosa scena della serie tv The Newsroom che immagina come sia accaduto che l’agenzia Associated Press abbia evitato di fare il precipitoso errore fatto da quasi tutte le testate americane dopo l’attentato contro la deputata Gabrielle Giffords, aspettando le conferme o smentite necessarie.
Tre anni fa al Post ci accorgemmo dell’apprezzamento che aveva ricevuto un messaggio pubblicato sui social network per spiegare come mai il Post non aveva dato ancora nessuna informazione sulle decisioni del governo sulle province coinvolte dal primo lockdown: piuttosto che dire cose confuse e a rischio di essere smentite (lo furono), meglio non dire niente, scrivemmo. E molti lettori apprezzarono, invece di lamentarsi della mancanza.
Il mese scorso un piccolo giornale dell’Oregon ha similmente spiegato ai suoi lettori che a proposito di una sparatoria con un morto preferiva aspettare notizie chiare prima di scriverne: “We want to provide the community with accurate information and we will take the time and care needed over rushing out information”. Questa settimana il suo direttore è tornato a raccontare più estesamente le ragioni di quella decisione:
” Instantly, I realized we had a big job ahead of us.
By then, Facebook and other social media channels were alive with chatter about the episode.
There was speculation. There were supposed accounts of what happened.
What wasn’t available was verified information.
We began getting readers questioning why we weren’t reporting on the murder.
There was a judgment to make.
The Enterprise could have reported the bare fact that had been confirmed – that an officer had been killed.
We didn’t have confirmation of when.
We had no information on the victim.
We had no information about happened.
Putting out a basic report would have stirred more questions and created more anxiety for the people of Nyssa.
Instead, I made another choice: We’d alert the community that we were aware of major news, that we were developing information, that we wouldn’t report anything that wasn’t verified or from authoritative sources, such as law enforcement”.
Non si tratta di “slow journalism”, un nobile tipo di informazione praticato da alcuni progetti giornalistici ma insufficiente a dare risposta alle attese delle persone sull’attualità: è giornalismo vero, che scrive le cose che sa e ammette quelle che non sa, piuttosto che sbagliare o inventare.
Fine di questo prologo.
domenica 7 Maggio 2023
Il Post ha pubblicato la sua annuale sintesi per lettori e abbonati su come sono andati i conti l’anno scorso.
” La sintesi è che sono cresciuti i ricavi e sono cresciuti i costi, perché grazie ai primi – determinati ormai in grande maggioranza dagli abbonati – abbiamo potuto appunto fare investimenti nuovi: sia per nuovi progetti e per coinvolgere più persone (nella redazione, nella tecnologia, nella gestione degli abbonamenti e dei progetti collaterali), sia per continuare a mettere in ordine e rendere più efficienti (e adeguatamente retribuite) attività che da molti anni erano condotte con buona volontà e meno professionalmente”.
domenica 7 Maggio 2023
Il Mail on Sunday, l’edizione domenicale del tabloid britannico Daily Mail, ovvero del quotidiano a maggiore diffusione del Regno Unito, ha incentivato l’uscita di decine di giornalisti anche con ruoli importanti nella sua redazione. Tutto all’interno di un processo di riduzione dei costi iniziato nel 2021 da Lord Rothermere, discendente del fondatore del giornale, il primo Visconte di Rothermere.
Le uscite dei giornalisti sono avvenute in seguito a una rinnovata sinergia fra l’edizione domenicale e quella quotidiana, dopo un lungo periodo in cui, come già notato anche su Charlie, le due pubblicazioni, pur condividendo editore e in gran parte lettori, erano state molto autonome l’una dall’altra. Simili riduzioni del personale hanno riguardato il quotidiano gratuito Metro, sempre della stessa proprietà.
domenica 7 Maggio 2023
Quartz, un sito americano di news di proprietà del gruppo G/O Media, lo scorso aprile aveva deciso di rimuovere il blocco dei suoi contenuti per i non abbonati al sito, che in quel momento erano 25mila. La scelta era stata presa per aumentare il traffico e generare di conseguenza più introiti pubblicitari. Una decisione presa di recente anche da Time Magazine per il suo sito web, e di cui avevamo parlato su Charlie.
Quartz però non ha finora registrato un aumento del traffico. Secondo alcune stime è sceso da una media di 3 milioni di visitatori mensili nel 2022 a 1,3 milioni nei primi tre mesi del 2023. Secondo altre stime, da 8,5 milioni nel mese di aprile 2022 a 4,4 milioni nell’aprile del 2023. La differenza tra le due stime è spiegata dal metodo diverso utilizzato per misurare le visite. Fare una correlazione tra la scelta di eliminare il paywall e il calo del traffico è complicato. Esistono altri fattori che avrebbero potuto contribuire al calo delle visite di Quartz, gli stessi che si ritiene abbiano portato alla chiusura di BuzzFeed News e alle difficoltà di Vice e che riguardano il modo differente con cui alcune piattaforme, soprattutto Facebook, diffondono i contenuti dei siti di news. Quartz non ha reso pubblico il numero di abbonati attuale.
domenica 7 Maggio 2023
Il fondatore del celebre sito di politica statunitense Politico, Robert Allbritton, ha stanziato 20 milioni di dollari per la creazione dell’Allbritton Journalism Institute, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Washington che formerà giovani giornalisti.
Allbritton, che aveva iniziato la sua carriera come banchiere a fianco del padre Joe Allbritton prima di fondare Politico nel 2007, ha dichiarato di aver avuto questa idea mentre concludeva la vendita del sito al gruppo editoriale tedesco Axel Springer, avvenuta nel 2021 per oltre un miliardo di dollari.
L’Istituto, che al momento sembra finanziato completamente dal suo fondatore ma sul suo sito si dichiara aperto a sponsorizzazioni, aiuterà aspiranti professionisti ad inserirsi in un settore che secondo Allbritton ha smesso di formare i giovani e che è ormai inaccessibile a chi non possa permettersi una costosa scuola di giornalismo o uno stage non retribuito.
I borsisti, che potranno essere sia neolaureati sia persone che desiderano cambiare carriera, avranno per 18 mesi un’assicurazione sanitaria, giorni di ferie retribuiti e uno stipendio annuale di 60mila dollari per imparare il mestiere da oltre 20 giornalisti professionisti e pubblicare su una rivista dell’Istituto, il cui nome non è stato ancora annunciato.
domenica 7 Maggio 2023
La direttrice del Wall Street Journal, Emma Tucker, ha comunicato alla sua redazione che non dovrà più utilizzare le abbreviazioni che indicano le varie categorie formali in cui sono registrate le aziende (Inc., Co., Corp., PLC, Ltd. e simili) ogni volta che vengono citate negli articoli del giornale. «Abbiamo deciso che il loro valore è minore del clutter che spesso creano» (“clutter” vuol dire confusione o disordine, ma con più concretezza: ammassi di cose che creano impiccio) ha scritto Tucker nella mail inviata lunedì, facendo notare come l’articolo del 16 marzo sul salvataggio della First Republic Bank includesse cinque denominazioni aziendali in un solo paragrafo, che appesantivano inutilmente la lettura.
Il Wall Street Journal era l’unico fra i principali quotidiani americani ad utilizzare le denominazioni aziendali, data la sua maggiore attenzione ai temi economici e societari. Anche il settimanale Barron’s, nato come testata satellite del WSJ, ha smesso da tempo di utilizzarle, salvo alcune eccezioni.
domenica 7 Maggio 2023
È iniziato martedì scorso il progetto del Post di formazione di giovani giornalisti e investimento sul proprio futuro che per tre mesi coinvolgerà in un lavoro collettivo a fianco della redazione sei stagisti ventenni. Lo ha sintetizzato il direttore Luca Sofri in una conversazione pubblicata sul sito dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.
” Ma se l’obiettivo è «stare aderenti alla contemporaneità» per dirla con il suo direttore, cioè ambire a parlare a chi oggi ha 20 anni, occorre anticipare il ricambio generazionale. «Ci siamo chiesti che cosa dovrà essere questo giornale tra 5 e 10 anni e abbiamo deciso di inserire in redazione forze ancora più giovani». Questa è la prima questione interessante: come oggi una testata nazionale può o deve gestire il successo (il Post è un caso editoriale per i motivi che abbiamo provato a spiegare qui) e impostare il futuro.
I sei stagisti hanno un’età tra i 20 e i 26 anni e saranno retribuiti con lo stipendio di un redattore di primo ingresso. «Dedicheremo il tempo a raccontar loro le cose che abbiamo imparato in questi 13 anni. In secondo luogo, più banalmente, suggeriremo loro delle cose da studiare, sia in termini di contenuti che di fonti e di modi interessanti di fare informazione. In terzo luogo, li coinvolgeremo nel lavoro quotidiano di confezione del giornale». La gran parte degli attuali giornalisti del Post è stata assunta dopo uno stage. «Ma erano training più operativi. Spesso avevano seguito le nostre Lezioni di giornalismo e venivano immessi direttamente nella produzione di contenuti. Adesso vogliamo prenderci e spendere un filo di tempo in più, e mettere in piedi un workshop, teoria e pratica insieme»”.
domenica 7 Maggio 2023
Reach, il più grande gruppo editoriale del Regno Unito, che possiede alcuni tabloid britannici tra cui Daily Mirror, Daily Express e Daily Star, sostiene che le sue perdite nei ricavi dalle pubblicità online siano riconducibili alle recenti modifiche dell’algoritmo di Facebook che hanno ridotto la priorità data alla diffusione di news e contenuti giornalistici. Dallo scorso anno Facebook aveva iniziato a cambiare il modo in cui vengono mostrate le notizie sulla piattaforma, penalizzando i contenuti provenienti dai mezzi di informazione. Un problema di cui aveva sofferto anche BuzzFeed, il giornale online che per primo aveva deciso di sfruttare il traffico dei contenuti che diventano virali più facilmente, come le gallery fotografiche.
Il gruppo Reach possiede molti altri quotidiani locali, tra cui il Birmingham Mail, il Liverpool Echo e il Manchester Evening News. Dall’inizio di quest’anno i ricavi di Reach per il settore cartaceo sono saliti del 2%, grazie alla vendita della pubblicità e all’aumento di prezzo dei giornali. L’amministratore delegato di Reach, Jim Mullen, in una dichiarazione ha parlato di “strenght of print”. L’incremento non è sufficiente però ad arginare le perdite derivanti dal traffico online, il 15% nel 2023. La perdita complessiva è del 6%. Reach a Marzo aveva annunciato il licenziamento di 420 dipendenti, parte di un piano di tagli dei costi da 30 milioni di sterline.
domenica 7 Maggio 2023
Ciclicamente vengono diffuse “classifiche sulla libertà di stampa” nei vari paesi del mondo, spesso poi citate superficialmente o equivocate: i criteri che usano, per esempio, si riferiscono in gran parte a intimidazioni da parte di organizzazioni criminali, e poco c’entrano con la libertà delle redazioni nel trattare gli argomenti generali di attualità e politica. Qualche anno fa il Post aveva provato a spiegarle e a limitare questi equivoci.
domenica 7 Maggio 2023
La rete televisiva americana CNN ha compiuto un nuovo passaggio nella sua scelta di nuovo corso rispetto al suo ruolo nell’informazione sulla politica americana, distanziandosi ulteriormente dalle posizioni antitrumpiane e schierate degli anni passati e decidendo di ospitare nientemeno che lo stesso Donald Trump in un town hall, un evento di confronto con gli elettori con la conduzione di una giornalista della rete. Questo cambiamento di identità era cominciato un anno fa, quando il precedente presidente Jeff Zucker era stato sostituito da Chris Licht, che assieme ai nuovi proprietari di Warner Bros. Discovery sta cercando di riportare la rete all’immagine passata di giornalismo distaccato e fattuale (senza per ora grandi risultati di pubblico). Ma oltre al calo nei rating, più accentuato che quelli delle reti concorrenti, si è attirata adesso nuove critiche da più parti, collegate al dibattito attorno al preteso pericolo per la democrazia rappresentato da Trump e al ruolo del giornalismo nell’offrirgli più possibilità di trasmettere i suoi messaggi. È da notare anche che la formula del town hall implica che il candidato risponda direttamente al pubblico di elettori ed elettrici in studio, e offre forse meno possibilità alla giornalista di CNN di incalzare l’ex presidente sugli aspetti più problematici della sua campagna. Decidere di ospitare proprio lui, in una delle prime trasmissioni importanti della campagna per le elezioni del 2024, è un segnale molto forte di una ricerca di nuovo pubblico verso destra: da parte di una rete che aveva ottenuto negli anni della presidenza Trump estesi consensi fra un’altra parte di pubblico per l’aggressività con cui aveva criticato il presidente e la deriva presa dal suo partito (ricambiata con grandi attacchi e insulti dallo stesso Trump: che infatti ha ricevuto a sua volta una minore dose di critiche per avere accettato l’invito).
domenica 7 Maggio 2023
Il mese scorso la storia di un reporter del McCurtain Gazette-News (un piccolo giornale dell’Oklahoma), Bruce Willingham, ha ottenuto l’attenzione dei media nazionali statunitensi. Al termine di una riunione dei funzionari della contea di McCurtain, dopo che ai cittadini era stato detto di abbandonare la sessione, Willingham aveva lasciato un registratore vocale attivo nella sala sperando di ottenere prove che i funzionari stessero tenendo riunioni operative segrete. Nell’audio recuperato si sente un commissario della contea proporre di uccidere giornalisti locali, e lamentarsi che i neri non possano più essere linciati. In seguito alla sua pubblicazione ci sono state proteste pubbliche e alcuni funzionari che avevano partecipato alla conversazione si sono dimessi. La storia ha generato anche un dibattito laterale sulla correttezza e la liceità del comportamento del reporter. Un giornalista del sito di una non profit dell’Alabama, Tom Arenberg si è chiesto in quali altre circostanze la raccolta di notizie potrebbe rientrare in questa zona etica grigia e sul suo blog ha proposto una serie di scenari ipotetici, chiedendo a giornalisti reali o potenziali come si comporterebbero di fronte a scelte simili, e indicando tra parentesi il suo, di parere.
(il contesto è quello del giornalismo americano, che ha rigori e regole condivise molto più di quanto accade da noi, rispetto alla correttezza con le fonti, con i coinvolti e con i lettori)
“Vedi due giornalisti accanto al tuo tavolo al ristorante. Stanno parlando ad alta voce e puoi sentire tutto quello che dicono su un argomento rilevante in cui sono coinvolti. Riferisci quello che dicono? (Io dico di sì, ma solo dopo aver dato a ciascuno la possibilità di elaborare, chiarire o fare marcia indietro il giorno dopo)”.
“Uno scenario simile ma questa volta riguarda camere d’albergo adiacenti. (Le tratterei come informazioni non registrate e le sfrutterei per ottenere conferme registrate dai giornalisti o da altri)”.
“Un giornalista sta tenendo un discorso a un incontro pubblicizzato come aperto al pubblico ma non ai media. Ti togli il tuo badge da giornalista, partecipi e riferisci? (Io sì, senza problemi)”.
“E se l’evento è destinato a soli membri di un club, ma sai che se ti intrufolerai nessuno ti noterà? Lo faresti, per raccontare? (Per me questo è un no”.
“Hai bisogno di un’intervista con una figura centrale in una grande controversia, ma l’amministrazione (segretaria, addetto alle relazioni con i media) sta mettendo dei blocchi. Dichiareresti di essere qualcuno diverso da un giornalista solo per superare i controlli? (Anche questo per me è un no)”.
Stai facendo un’intervista al protagonista di una notizia nel suo ufficio. Sulla sua scrivania c’è una lettera che riesci a leggere e puoi capire che riguarda una storia importante di cui ti stai occupando. Continui a leggere per vedere se sono notizie di cui dovresti ricevere conferma in seguito? (Io consiglierei di non leggerla)”.
“Prevedi un’intervista difficile con una persona chiave in una storia importante, in uno stato che non impone di rivelare che la stai registrando. Dubiti che la persona ti darà il permesso, ma vuoi che il pubblico la ascolti direttamente. Registri segretamente l’intervista? (Io lo farei ma non la renderei pubblica a meno che l’intervistato non contesti pubblicamente la mia accuratezza)”.
“In risposta ad una richiesta di dati pubblici, ottieni un documento parzialmente censurato. Ma la parte censurata è censurata male e puoi vedere cosa c’è nascosto o avere una tecnologia per svelarla. Pubblichi l’informazione nascosta? (Sì, in un batter d’occhio)”.
domenica 7 Maggio 2023
ADS è l’ente che certifica i dati di diffusione delle testate quotidiane e periodiche italiane, e di cui Charlie riferisce ogni mese i report mensili. Sono dei report definiti “stime”, che vengono successivamente riviste e assestate, con variazioni raramente significative: ma proprio per queste verifiche, i dati “certificati” su scala annuale arrivano a una certa distanza, e il mese scorso sono stati diffusi quelli del 2021. I più antichi in archivio sono quelli del 2013, e le voci singole di cui parliamo abitualmente nei report mensili non sono esattamente paragonabili, quindi ci siamo limitati a mettere a confronto i totali della diffusione (che includono anche omaggi, copie promozionali, copie digitali superscontate) per dare un’idea comunque della scala del declino soltanto negli ultimi dieci anni.
(le note a margine più rilevanti da considerare sono: il Sole 24 Ore ha ridotto molto il numero delle copie omaggio, che invece è cresciuto molto per Avvenire, e questo spiega in parte il suo risultato che si discosta dalla tendenza generale; anche gli omaggi di Italia Oggi sono stati 9mila nel 2021 contro meno di 2mila nel 2013)
domenica 7 Maggio 2023
Ciclicamente si torna a parlare di micropagamenti e giornali, cioè della possibilità di pagare per acquistare non un abbonamento mensile o annuale, ma una singola copia digitale di un giornale o un singolo articolo. Questa settimana c’è stato un tweet di Elon Musk, che ha scritto che in futuro gli editori potranno far pagare agli utenti i singoli articoli “con un solo click” definendo il sistema “a major win-win for both media orgs & the public”. L’idea non è nuova, come hanno fatto notare in molti, e il fatto che non ci siano state finora iniziative veramente di successo in questo senso non depone a favore dell’iniziativa. Questa settimana ne ha parlato in Italia Riccardo Luna su Repubblica, con una certa fiducia, soprattutto rispetto alla possibilità di allargare la percentuale pagante dei lettori di notizie online.
Dal lato degli editori ci sono diversi dubbi. Si è già parlato in Charlie della maggiore affidabilità degli abbonamenti rispetto al micropagamento, soprattutto a lungo termine. D’altro canto questa formula può avere senso in situazioni di subscription fatigue, una stagnazione del numero di abbonati: in cui allora i micropagamenti potrebbero essere un’occasione di attenuare le perdite. Un interessante, e critico, articolo di NiemanLab riporta uno studio dell’anno scorso che mostra come solo l’1% dei lettori, trovandosi davanti un paywall, decida di pagare per avere la notizia piuttosto che cercarla su altre fonti gratuite. Un altro dubbio riguarda la fiducia degli editori in un soggetto, come Musk, che si è mostrato ripetutamente ostile ai giornalisti e alla stampa, e un altro ancora l’effettivo ricavo estraibile da un sistema dagli elevati costi di gestione come quello delle microtransazioni.
domenica 7 Maggio 2023
Secondo “persone a conoscenza delle operazioni” intervistate dal New York Times, Vice presenterà una richiesta di fallimento nelle prossime settimane dopo che più di cinque aziende interessate alla sua acquisizione si sono tirate indietro.
In caso di accoglimento della richiesta, Vice continuerà a operare normalmente e la società sarà messa all’asta entro 45 giorni. Il suo creditore principale, Fortress Investment Group, che sarebbe il primo a essere pagato in caso di vendita, è considerato il suo acquirente più probabile. Gli investitori, come Disney, rischiano di non ottenere invece alcun ritorno.
Vice, nato come rivista in Canada negli anni Novanta per un pubblico giovanile, è diventato celebre per i suoi contenuti giornalistici aggressivi e poco convenzionali e i temi di consumi e mode contemporanee. Il suo successo e la sua trasformazione in società digitale e di produzione video, così come i suoi alti e bassi, sono raccontati nel libro di Jill Abramson Mercanti di verità, pubblicato in Italia da Sellerio.
Delle recenti difficoltà di Vice avevamo scritto quando il sito della rete televisiva americana CNBC aveva rivelato che i tentativi di trovare un acquirente per la rivista erano falliti per l’ennesima volta, portando il prezzo richiesto a un miliardo di dollari (nel 2017 era stata valutata 5,7 miliardi). Intanto è stata annunciata la chiusura della sua edizione francese e la sua amministratrice delegata e il suo responsabile globale per le notizie e l’intrattenimento si sono dimessi.
Insieme alla chiusura di BuzzFeed News e alla riduzione di 180 dipendenti nel resto dell’azienda, di cui avevamo parlato ad aprile, la probabile dichiarazione di fallimento di Vice è letta in questi giorni come una sorta di “fine di un’era” per una quota di giovani media digitali di grande successo internazionali.
domenica 7 Maggio 2023
Mercoledì TikTok ha annunciato di voler offrire una nuova opzione pubblicitaria sulla sua app. Si chiamerà Pulse Premiere, e sarà un’estensione del sistema pubblicitario già esistente Pulse, che permetterà agli inserzionisti di posizionare annunci associati ai contenuti prodotti dalle maggiori testate giornalistiche come BuzzFeed e NBC, con i ricavi condivisi a metà tra TikTok e le testate stesse.
Se in precedenza Pulse si era concentrato su creator e influencer indipendenti, secondo l’andamento di like, tempo di visualizzazione e commenti, il nuovo prodotto sarà piuttosto dedicato agli account di editori selezionati che avranno la possibilità di generare entrate direttamente dalla piattaforma. La scelta dovrebbe rendere gli inserzionisti e le testate più interessate alle sorti di TikTok in un momento in cui si discute molto del possibile divieto del servizio negli Stati Uniti – dove ha più di 150 milioni di utenti registrati – per questioni legate alla privacy dei dati degli utenti. E potrebbe essere un incentivo a definire meglio la presenza e il ruolo delle aziende giornalistiche su TikTok, finora usato da alcune di queste in esperimenti senza una visione esatta. Per quanto TikTok rappresenti una piccola quota del mercato degli annunci digitali se confrontata con Meta Platforms Inc. e Google di Alphabet, quest’anno dovrebbe detenere il 2,5% del mercato pubblicitario digitale statunitense e aumentare i ricavi del 36%, secondo una previsione della società di ricerche di mercato Insider Intelligence citata dal Wall Street Journal.
domenica 7 Maggio 2023
È stata ospitata anche su alcuni quotidiani italiani una campagna pubblicitaria dell’Unesco per il “World press freedom day” dedicata alla difesa della libertà d’espressione e del giornalismo, che – con un design e una creatività non molto elaborate – ha voluto mostrare l’effetto inquietante e poco rassicurante di un’informazione che dica solo che “va tutto bene”. La campagna è naturalmente benintenzionata, ma il suo effetto non è particolarmente convincente in Italia, dove i lettori dei quotidiani sono invece abituati a leggere ogni giorno, di fatto, che “va tutto male”, ed è a questi eccessi che forse vorrebbero sfuggire.
Fine di questo prologo.
domenica 30 Aprile 2023
Il prossimo sabato il Post ha organizzato alle OGR di Torino una giornata sui podcast, con gli autori che raccontano il loro lavoro e ospiti a discutere di cosa sta succedendo ai podcast, tra lo spazio di informazione stabilmente occupato e le sostenibilità economiche ottenute o ancora cercate. I posti sono andati esauriti in poche ore, malgrado lo spazio abbia una capienza di mille persone.
domenica 30 Aprile 2023
Un anno e mezzo fa ci fu una imbarazzante e drammatica vicenda alla Bild, il popolarissimo e criticatissimo quotidiano tedesco del grande editore Axel Springer: che si era conclusa con il licenziamento del direttore Julian Reichelt, accusato di comportamenti inappropriati e molestie con le dipendenti e colleghe. Adesso si è saputo di una causa civile di Axel Springer contro Reichelt, che avrebbe offerto informazioni riservate sull’azienda e su alcune persone che ci lavorano a un gruppo editoriale concorrente violando gli accordi di riservatezza con il suo ex editore. Che aveva fatto di nuovo notizia in modi sgradevoli due settimane fa per la diffusione di una serie di messaggi del suo ormai famigerato capo Mathias Döpfner.
domenica 30 Aprile 2023
Il sito di news Semafor ha riassunto questa settimana un’ipotesi di tendenza nuova, da prendere con molte cautele, relativa alle fortune e sfortune dell’informazione digitale. L’ipotesi, in grande sintesi, è questa: che stia finendo il periodo della prevalenza dei social network come strumenti di accesso alle news e che gli utenti stiano tornando a frequentare le home page dei siti di informazione, con un aumento del traffico sui siti stessi e un ritorno di rilevanza dei ricavi pubblicitari, mentre si sarebbe esaurita la spinta propulsiva degli abbonamenti, che molti grandi siti faticano a far crescere ancora. Sono citati alcuni possibili sintomi (vedi anche il prologo di questa newsletter) ma è poco per considerarla una tendenza: però teniamo d’occhio, le cose cambiano continuamente, da una trentina d’anni.
domenica 30 Aprile 2023
Si è infine formalizzata la vendita del Giornale alla famiglia Angelucci, già proprietaria dei quotidiani Libero e Tempo: se ne parlava da tempo, ed era stata decisa infine qualche settimana fa.
domenica 30 Aprile 2023
Su Charlie abbiamo parlato altre volte delle difficoltà imposte da molti giornali online agli abbonati che vogliano cancellare i propri abbonamenti. È una questione su cui si leggono spesso lamentele sui social network da parte di utenti italiani, ma di cui si discute anche negli Stati Uniti, dove l’introduzione di regole che costringano a maggiori semplicità non ha ancora sconfitto queste pratiche. Il sito del Lenfest Institute (una non profit americana dedicata al giornalismo, che possiede il quotidiano Philadelphia Inquirer) ha pubblicato un accurato report sulle operazioni necessarie per cancellare 22 abbonamenti a testate online statunitensi. Il suo autore, Charles Jun, ha spiegato che per due terzi di queste le cancellazioni sono state piuttosto semplici, fino a un caso in cui sono stati sufficienti tre clic (sul Post ne bastano due, ndr) , ma che per i rimanenti invece gli ostacoli sono stati fastidiosi. Anche le insistenze per fargli cambiare idea – a forza di offerte di sconti – sono a volte state eccessive e invece demotivanti. Jun spiega che per i più avveduti giornali online l’ambizione non deve essere di trattenere artificiosamente chi voglia cancellare ma di capire le ragioni per cui cancella, e ridurre quindi il “churn”, come è chiamata la quota di abbonati persi rispetto al totale. E che una parte sensibile dei “nuovi” abbonati – come sappiamo anche al Post – è costituita da persone che si erano già abbonate in passato e che scelgono di rifarlo dopo un periodo di sospensione: per queste persone l’esperienza passata con la facilità o meno di cancellare è un fattore rilevante nella scelta.
domenica 30 Aprile 2023
Il ferimento di un giornalista di Repubblica in Ucraina e la morte del suo collega ucraino che lo accompagnava come fixer hanno generato le accuse del “Centro di comunicazione strategica” del governo ucraino di non avere obbedito alle regole e alle richieste imposte ai giornalisti per ragioni di sicurezza. Repubblica ha pubblicato il comunicato ucraino e una propria interlocutoria risposta.
domenica 30 Aprile 2023
Sono tempi difficili per le due testate digitali che più avevano minacciato di sovvertire e dominare il sistema dell’informazione anglofona nello scorso decennio: della crisi di Buzzfeed abbiamo detto spesso, con l’apice della chiusura della sezione Buzzfeed News comunicata dieci giorni fa. Anche di Vice e del tentativo di venderlo abbiamo detto, adesso CNN ha anticipato le intenzioni di nuovi tagli e riduzioni delle operazioni motivati con lo stato di difficoltà.
(Buzzfeed e Vice erano stati i protagonisti, assieme a New York Times e Washington Post, del racconto della sfida del giornalismo americano nel libro di Jill Abramson Mercanti di verità).
domenica 30 Aprile 2023
La società di rilevazione Audiweb ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a febbraio. Abbiamo isolato quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legati a singolari risultati di determinati contenuti o a eventi che ottengono maggiori attenzioni (il che rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente). I l dato di Sorrisi e Canzoni a febbraio, per esempio, è evidentemente in relazione con il festival di Sanremo.
Detto questo, anche questo mese la maggior parte dei siti mostra delle crescite rispetto a un mese fa ma dei declini rispetto a un anno fa: nelle prime posizioni Repubblica mantiene il suo recuperato piccolo ma simbolico vantaggio sul Corriere, e Fanpage ha recuperato sul grosso calo del mese passato.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia: il sito di divulgazione tecnologica di Salvatore Aranzulla, per esempio, ha 272mila visitatori unici nelle ultime rilevazioni, contati nel totale del Messaggero; nei numeri del Corriere della Sera sono incluse quote di utenti che non necessariamente hanno visitato il sito del Corriere della Sera ma possono riferirsi ai soli siti di testate dello stesso editore come Oggi (108mila), Amica (47mila) e IoDonna (140mila); Repubblica ottiene ben 243mila utenti dal sito AlFemminile e 157mila da MyMovies; il Secolo XIX aggiunge i suoi 56mila utenti a quelli della Stampa. Mentre sotto la dizione “Quotidiani Gedi News Network” sono sommati i siti dei quotidiani locali del gruppo Gedi (primi nel traffico sono Mattino di Padova e Messaggero Veneto di Udine, con circa 45mila utenti); e anche Quotidiano Nazionale aggrega i tre quotidiani locali Resto del Carlino (293mila), Nazione (261mila) e Giorno (260mila).
domenica 30 Aprile 2023
Il presidente della rete televisiva e digitale britannica pubblica BBC si è invece dovuto dimettere dopo le rivelazioni sull’aver taciuto un suo conflitto di interessi.
“Venerdì mattina il presidente della BBC, Richard Sharp, si è dimesso dopo la pubblicazione di un rapporto che lo accusava di non aver dichiarato un conflitto di interessi con l’ex primo ministro britannico Boris Johnson, violando così il codice di gestione delle nomine pubbliche in vigore nel Regno Unito. BBC è la televisione pubblica britannica, e la nomina del suo presidente deve seguire le regole nazionali previste per le aziende statali. Sharp resterà in carica fino a giugno, quando sarà nominato un suo successore.
Secondo il rapporto, all’inizio del 2021 Sharp avrebbe aiutato Johnson, all’epoca primo ministro, a ottenere un prestito di 800mila sterline (oltre 900mila euro): poco tempo dopo, a febbraio del 2021, Sharp venne nominato presidente della BBC su raccomandazione del governo guidato da Johnson. Sharp non ha smentito il contenuto del rapporto e ha ammesso la violazione, giudicandola però «non rilevante» e precisando di averla commessa involontariamente. Ha detto di aver dato le dimissioni per «dare priorità agli interessi della BBC» e non «distrarre il buon lavoro dell’azienda»”.
domenica 30 Aprile 2023
La direttrice del settimanale scandalistico tedesco Aktuelle è stata licenziata in seguito alla pubblicazione della falsa intervista a Michael Schumacher di cui avevamo scritto domenica scorsa. L’editore si è scusato con la famiglia, che aveva minacciato di denunciare il giornale. Anne Hoffmann era alla Aktuelle dal 2009.
domenica 30 Aprile 2023
È stata una settimana di uscite clamorose di giornalisti famosi da alcune testate statunitensi, che in quel paese hanno avuto grandi attenzioni. La principale è stata quella di Tucker Carlson da Fox News, su cui ci sono stati misteri e curiosità man mano che si capiva almeno che non era stata una scelta condivisa come era stato detto ufficialmente. Carlson è stato in questi anni il più agguerrito sostenitore delle falsificazioni più deplorate del trumpismo e della destra americana.
CNN invece ha licenziato Don Lemon, giornalista e conduttore di diversi programmi, dopo nove anni. Come sia andata qui è ancora meno chiaro, con la rete che ha diffuso un comunicato diplomatico, salvo rispondere polemicamente quando Lemon ha twittato di essere stato allontanato brutalmente: il più noto argomento di controversia recente era stato un commento in onda di Lemon sulla perdita di capacità delle donne dopo una certa età (e si era parlato di altri suoi atteggiamenti misogini), ma più in generale il protagonismo polemico non sembra fosse apprezzato dal nuovo corso “moderato” di CNN.
Infine Nate Silver, famoso analista di dati divenuto molto popolare e molto discusso negli ultimi quindici anni, ha annunciato che i tagli al suo team escludono un rinnovo del contratto che aveva con la rete ABC. In Italia ne ha scritto il Foglio:
“I lettori all’inizio lo conoscevano solo come “poblano”. Analista di dati sul baseball durante il giorno, lo scrittore misterioso ha iniziato a immergersi nella politica in un post del blog Daily Kos pieno di dati pubblicato alle 2:10 di notte, il primo novembre 2007, intitolato “HRC Electability in Purple States”. “La Clinton è molto polarizzante. In effetti, è polarizzante come George W. Bush”, ha scritto “poblano”. “Pensate al grado di odio che provate per Shrub. Questo è ciò che molti elettori di ogni tonalità di viola e rosso provano per Hillary Clinton”. Ben presto ha avuto un pubblico fedele e ha fondato FiveThirtyEight – che prende il nome dal numero di voti nel collegio elettorale – nel marzo del 2008. A maggio ha rivelato la sua identità. “Non è molto professionale continuare a riferirsi a sé stessi come a un peperoncino”, ha scritto Nate Silver in un articolo intitolato: “No, non sono Chuck Todd”, riferendosi al conduttore e redattore politico della Nbc. Ora, 15 anni e molte iterazioni dopo, Silver sembra essere in procinto di lasciare Abc News e FiveThirtyEight, che dirige fin dalla sua fondazione. “Il mio contratto scadrà presto e mi aspetto di andare via”, ha twittato martedì. La notizia sul fatto che Silver stia pensando di lasciare FiveThirtyEight è stata data per la prima volta dall’Hollywood Reporter”.
domenica 30 Aprile 2023
Difficile che sia un’inversione di tendenza, ma le sue ragioni sono interessanti: la nuova CEO di Time Jessica Sibley ha detto in un’intervista al sito di news americano Axios (tradotta sabato da Repubblica) che Time rimuoverà il proprio paywall e renderà accessibili a tutti i propri contenuti online. È un’anomalia, dopo quasi una decina d’anni in cui praticamente tutti i principali giornali online hanno spostato le loro attenzioni – alcuni con successo, altri sperando di ottenerlo – sugli abbonamenti e sui contenuti a pagamento: e quella è tuttora la direzione promettente per quasi tutti, lontana da eventuali delusioni o ripensamenti. Ma Time – che da tempo non è più la testata del magazine più autorevole e ammirato del mondo e che da tre anni esce di carta ogni due settimane – ha deciso diversamente sulla base di due considerazioni collegate, e la seconda è la più interessante: la prima è di avere probabilmente più opportunità degli altri di raccolta pubblicitaria e di partnership – il brand resta forte e si è molto spostato sulle produzioni video e sugli eventi sponsorizzati – se può garantire agli inserzionisti di raggiungere un pubblico maggiore, cosa che il paywall impedisce. La seconda è che il paywall limita appunto molto la diffusione e la visibilità di una testata non più sostenuta dal successo del settimanale, e quindi anche il ricambio dei propri lettori e la presenza nella condivisione e nella discussione online. E questo è un limite che i paywall stanno mostrando ai giornali che lo hanno adottato e il cui brand non è consolidato o forte abbastanza da attrarre nuovi abbonati da solo o con la quantità dei propri contenuti. Un piccolo esempio da noi è quello del giovane quotidiano Domani, che fatica a farsi conoscere maggiormente in rete da nuovi potenziali abbonati perché tutti i suoi contenuti sono a pagamento solo per abbonati, in un circolo vizioso che si può interrompere solo con una presenza sui social network più vivace e arricchita da contenuti accessibili. Ma la questione vale per molte testate, i cui articoli spesso più capaci di circolare e dare qualità al sito non sono leggibili per la gran parte degli utenti online che quindi non vengono in contatto con quella qualità e non si convincono a pagare (da qui gli abbonamenti superscontati o i periodi di prova): mentre restano gratuiti quelli magari più facilmente “virali” che però raramente costituiscono una motivazione all’abbonamento. Time – ” the pre-eminent newsweekly when newsweeklies were still a thing” – ha pensato a un “rollback”: tornare a esserci nel mondo online, e quindi nel mondo, per ricominciare ad attrarre inserzionisti e magari lettori paganti. A costo di sacrificare gli ambìti ricavi degli abbonamenti, grazie alla disponibilità economica della sua più recente proprietà. Non se lo possono permettere tutti, ma la questione di allargare il proprio spazio di visibilità online c’è per tutti.
Fine di questo prologo.
domenica 23 Aprile 2023
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha accusato sabato la Stampa di avere manipolato un suo “intervento pubblico” definendolo un’intervista e attribuendogli virgolettati inventati. La Stampa ha risposto che “quella uscita oggi sul quotidiano è l’esatta e fedele trascrizione dell’intervista tra Guido Crosetto e il vicedirettore della Stampa Federico Monga, avvenuta nel corso di un evento pubblico nella sede della Confindustria di Cuneo, di fronte a centinaia di persone”. La spiegazione del giornale è fondata, ma si appoggia su un’ambiguità relativa al termine “intervista”: è vero che un incontro pubblico con domande e risposte può essere chiamato “intervista”, ma è una cosa diversa da quello che i lettori immaginano sia stata invece una conversazione dedicata alla pubblicazione e con l’intervistato consapevole di quella destinazione. La risposta della Stampa non si occupa invece dell’accusa sulla correttezza del virgolettato nel titolo dell’intervista: questione quotidiana nella titolazione dei giornali, in cui i virgolettati sono abitualmente inventati allo scopo di rendere più “efficaci” delle risposte che non lo sono abbastanza.
Sempre su interviste e virgolettati, c’è stato un vivace dibattito sull’account di Facebook dello scrittore e giornalista Piergiorgio Paterlini a proposito della frequente richiesta di alcuni intervistati di rivedere il contenuto delle interviste. Alcuni giornalisti la ritengono un’ingerenza nella propria autonomia e responsabilità, altri considerano che sia normale che l’intervistato possa voler verificare che il suo pensiero – di cui è titolare – sia riportato accuratamente. La complicazione rispetto a queste due posizioni è data dal timore che l’intervistato possa voler censurare delle cose rilevanti effettivamente dette, in un secondo momento.
domenica 23 Aprile 2023
L’organizzazione ambientalista Greenpeace e l’istituto di ricerca Osservatorio di Pavia svolgono ciclicamente un’indagine sulla copertura della crisi climatica da parte dei maggiori mezzi di informazione italiani. Secondo la ricerca sarebbe palese che il contributo economico di alcuni grossi inserzionisti nel settore dei combustibili fossili condizionerebbe la libertà del lavoro giornalistico in questi ambiti.
” Come potrete leggere nella pagine seguenti, mentre il clima fatica a farsi largo sui media italiani, altrettanto non avviene per le pubblicità delle aziende inquinanti, che sui giornali analizzati costituiscono una presenza quasi quotidiana, e spesso non sono altro che greenwashing. In tal modo l’industria dei combustibili fossili esercita una pericolosa influenza sul racconto giornalistico, un racconto in cui le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono raramente indicate tra i principali responsabili del riscaldamento del pianeta. Ne risulta così una cronaca (parziale e distratta) di un delitto senza colpevoli, che impedisce alle persone di percepire la gravità del problema e ritarda le soluzioni di cui avremmo urgente bisogno. Questo studio indica che liberare i media italiani dai condizionamenti dell’industria dei combustibili fossili è una necessità democratica ed esistenziale, perché soltanto un’informazione indipendente, corretta e veritiera potrà farci vedere la crisi climatica per ciò che è: un’emergenza che richiede azioni immediate per proteggere le persone e il pianeta”.
domenica 23 Aprile 2023
Dal 5 maggio il nuovo direttore del quotidiano Avvenire sarà Marco Girardo, oggi capo dell’Economia del giornale, che sostituirà Marco Tarquinio che lascia dopo 14 anni. Avvenire è il quotidiano della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, e dichiara una diffusione di 98mila copie di cui però più di 80mila sono omaggi, copie promozionali o digitali abbinate agli abbonamenti cartacei, o acquistate dalla rete delle organizzazioni ecclesiastiche.
domenica 23 Aprile 2023
Negli ambienti giornalistici statunitensi c’è stato un delicato dibattito intorno al rapporto dei media con la persona accusata di avere pubblicato online dei documenti riservati del Pentagono di cui si è molto parlato nelle ultime due settimane. La discussione, che è traboccata anche in partigianerie politiche (i media e gli opinionisti di destra hanno accusato le testate maggiori e più progressiste di tenere un doppio standard), è nata dall’incertezza su come definire e come comportarsi – da parte dei giornali – con la persona accusata: è da considerare una fonte di rivelazioni da proteggere e difendere in nome della libertà di informazione (come in altri casi famosi della storia americana più e meno recente), o un caso diverso? Le differenze ci sono, e palesi: non sembra che il giovane Jack Teixeira avesse tra le sue intenzioni quella di mettere al corrente il pubblico di informazioni importanti, e non si è rivolto ai giornali per essere aiutato in questo. Ma alcuni commentatori di destra hanno accusato i giornali che hanno persino contribuito – col loro lavoro – alla sua identificazione e al suo arresto. C’è una approfondita riflessione di Jon Allsop sulla Columbia Journalism Review.
domenica 23 Aprile 2023
Si sta tenendo a Perugia in questi giorni il Festival Internazionale del Giornalismo, che da anni è l’evento italiano sul giornalismo più ricco di ospiti internazionali e più attento ai cambiamenti nell’informazione (ma va citato anche il festival di Internazionale a Ferrara, più dedicato ai contenuti). Da qualche anno il festival ha ancora maggiori attenzioni su quello che succede nel resto del mondo, dando l’impressione di un maggior disinteresse sul meno aggiornato e creativo panorama delle aziende giornalistiche italiane. Mercoledì scorso se ne è lamentato in prima pagina il direttore del Fatto, sostenendo che il suo giornale sia stato boicottato per le proprie posizioni “pacifiste” sulla guerra in Ucraina. La fondatrice del festival Arianna Ciccone (che il mese scorso aveva attaccato una discussa vignetta sul Fatto contro la giornalista Francesca Mannocchi) si è limitata a rispondere con un post su Facebook a proposito dell’abuso dell’espressione “pacifisti”.
domenica 23 Aprile 2023
Die Aktuelle è un settimanale femminile/scandalistico tedesco tuttora con una diffusione cospicua, che nel suo ultimo numero ha messo in copertina “la prima intervista” con Michael Schumacher, famoso pilota di Formula 1 che dieci anni fa ebbe un gravissimo incidente di sci e da allora la sua famiglia che lo cura non ha voluto che i media se ne occupassero. L’intervista della Aktuelle era un falso, costruito con un software di “intelligenza artificiale”, come si capiva all’interno del giornale. La famiglia Schumacher ha comunicato che sta pensando di denunciare il settimanale.
domenica 23 Aprile 2023
Il gruppo editoriale GEDI (che possiede Repubblica, Stampa, HuffPost, Radio Deejay e Radio Capital, e alcune testate locali del nord Italia) ha dichiarato – all’interno del report annuale della società che lo controlla, Exor – per la prima volta un utile dal 2016: due milioni di euro, nel 2022, a fronte di una perdita che era stata di 50 milioni nel 2021. I ricavi sono calati del 6%, ma una riduzione di costi e di persone unita a dieci milioni relativi alla vendita del settimanale L’Espresso e della Nuova Sardegna hanno portato al risultato positivo. ” I ricavi circolanti dai prodotti tradizionali e dagli abbonamenti digitali sono stati pari a 202 milioni di euro (in calo di circa il 5% in termini comparativi), mentre i ricavi pubblicitari si sono attestati a 255 milioni di euro (in calo di circa il 2%). Nel 2022 è proseguito il trend positivo degli abbonamenti digitali, cresciuti del 26% rispetto all’anno precedente”, dice la comunicazione, non specificando se quest’ultimo aumento sia in termini di ricavi o di numero di abbonamenti.
Tra le proprietà di Exor, GEDI è la dodicesima per valore complessivo (le maggiori sono Stellantis, Ferrari, CNH Industrial, Juventus e Iveco; Exor possiede anche il settimanale britannico Economist).
domenica 23 Aprile 2023
Fox News, il grande network televisivo americano di proprietà di Rupert Murdoch che è ritenuto la più potente macchina di propaganda e informazione a favore della politica conservatrice statunitense, ha deciso di arrendersi alla causa che le era stata fatta dalla società Dominion e di pagare un risarcimento per quanto sostenuto nei suoi programmi di informazione sulle elezioni presidenziali del 2020. Fox News pagherà a Dominion 787 milioni di dollari per la falsità delle accuse contro la società che aveva gestito il voto elettronico.
“Dominion Voting Systems, che produce hardware e software per il voto elettronico, aveva chiesto 1,6 miliardi di dollari di danni di risarcimento a Fox News sostenendo che la rete americana l’avesse accusata ripetutamente, e ingiustamente, di avere preso parte a una frode elettorale per favorire Joe Biden nelle elezioni presidenziali del 2020, danneggiando il candidato Repubblicano e presidente uscente Donald Trump. Fox News in questi anni ha appoggiato con forza il partito Repubblicano e le sue frange più estreme, nonché l’ex presidente Trump, con pratiche giornalistiche molto aggressive e spesso poco aderenti al racconto della realtà”.