Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 16 Luglio 2023
Ne avevamo parlato un anno fa: la vendita dello scottante tabloid statunitense settimanale National Enquirer alla fine non avverrà.
” Il National Enquirer è un famigerato tabloid scandalistico statunitense, settimanale, che nei decenni (ha 97 anni) si è guadagnato consapevolmente ogni possibile accusa di violazioni etiche: per la implausibilità di molti suoi titoli e storie (che al tempo stesso hanno ottenuto un culto divertito simile a quello che in Italia aveva la rivista Cronaca vera), per la violenza indiscreta dei suoi gossip sulle celebrità, per le scelte ricattatorie o mercantili con cui decideva cosa pubblicare o cosa no, per le falsificazioni delle notizie e le persecuzioni di molte sue “vittime”. Approcci che gli hanno al tempo stesso dato periodi di grande popolarità, e anche alcuni scoop, oltre a un patrimonio fotografico eccezionale sullo show business americano. L’ultima grana grossa ce l’aveva avuta persino con Jeff Bezos , che ci si era messo in guerra, in una storia che aveva coinvolto accuse anche contro il governo dell’Arabia Saudita. Ma prima c’era stato uno scandalo sull’acquisto da parte del giornale, senza pubblicarla, di una storia imbarazzante per l’allora presidente Trump”.
domenica 16 Luglio 2023
La Federazione degli editori di giornali ha pubblicato su alcuni quotidiani, sabato, una campagna – piuttosto spartana – per invitare a comprare i quotidiani stessi in edicola, investendo sul messaggio di una loro maggiore attendibilità.
domenica 16 Luglio 2023
In mezzo a tutti gli allarmi e i dubbi sull’uso della cosiddetta “intelligenza artificiale” nelle aziende giornalistiche (e non solo), la grande agenzia di stampa americana Associated Press si è invece accordata con OpenAI (la società che ha prodotto il software ChatGPT) per una collaborazione reciproca. AP offrirà i propri testi per arricchire il database di ChatGPT, e in cambio accederà alle tecnologie di OpenAI per il proprio lavoro. Nella presentazione dell’accordo AP ha spiegato che sul tema dell’intelligenza artificiale è meglio collaborare, proprio per comprendere e gestire tutte le implicazioni.
domenica 16 Luglio 2023
Il Corriere della Sera ha pubblicato sabato un’intervista al proprio editore Urbano Cairo, celebrativa dei suoi sette anni in quel ruolo.
“Dopo trent’anni di governo di coalizione, con azionisti molto diversi tra loro, il 15 luglio del 2016 il Corriere – quotidiano fondato nel 1876 – tornava nelle mani di un editore. Avuta la notizia della vittoria, Cairo, tra l’incredulo e il preoccupato, si spinse a piedi, a tarda ora, fin sotto le finestre della redazione e la trovò ancora al lavoro, le luci accese: quella stessa notte era in corso il tentato golpe in Turchia. «La vittoria vera sarà in azienda. Ci aspetta un lavoro pazzesco e dobbiamo essere anche molto rapidi. Ma ce la faremo», promise l’editore”.
domenica 16 Luglio 2023
Joe Pompeo, il giornalista che si occupa di media per la rivista americana Vanity Fair, ha pubblicato un ricco ritratto della direttrice del settimanale britannico Economist, Zanny Minton Beddoes. Pompeo le ha confessato di non essere un lettore così assiduo dell’ Economist e le ha chiesto delle ragioni per diventarlo: Minton Beddoes ha ripetuto i tratti per cui l’ Economist è famoso e apprezzato, la capacità di sintesi chiara, affidabile ed esauriente nel dare un quadro generale sulle notizie principali del mondo per permettere al lettore di farsi delle opinioni. Ma la stessa direttrice ammette che l’ Economist non riesce a fare abbastanza notizia, soprattutto negli Stati Uniti (in Italia ottenne attenzioni solo per le copertine scettiche su Berlusconi), pur essendo letto nelle élite politiche ed economiche di tutto il mondo: forse per il troppo equilibrio e completezza delle sue posizioni, non abbastanza partigiane, almeno secondo lei.
domenica 16 Luglio 2023
La società di rilevazione Audiweb (che ha in corso un processo di integrazione che le darà il nuovo nome di Audicom) ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a maggio. Abbiamo isolato anche questo mese quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note: il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”. Come ricordiamo spesso, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legate a singolari risultati di determinati contenuti; o a eventi che ottengono maggiori attenzioni; o a fattori esterni che li promuovono in maniere volatili, come gli algoritmi di Google o di Facebook (e questo rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente).
Rispetto agli ultimi mesi, invece, il dato singolare più visibile è che Repubblica ha un po’ aumentato il suo distacco sul Corriere (ma pesano gli “aggregati” per entrambi, vedi sotto). Mentre Fanpage ha recuperato molto del traffico che aveva perso nei due mesi passati.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia (su cui il gruppo GEDI sta per esempio intensificando un’operazione di acquisizioni), come abbiamo spiegato altre volte.
domenica 16 Luglio 2023
Il quotidiano Domani – il cui editore è Carlo De Benedetti, già editore del gruppo Espresso e piuttosto risentito rispetto agli sviluppi dei suoi ex giornali – ha pubblicato nei mesi scorsi articoli poco favorevoli alla nuova proprietà del settimanale L’Espresso (che infatti aveva risposto minacciosamente). Nel frattempo all’ Espresso ci sono stati ulteriori sviluppi societari di non chiarissima strategia, e Domani ha pubblicato sabato un articolo su alcuni favori che il più recente socio dell’ Espresso avrebbe ricevuto dall’ex direttore dell’Agenzia delle dogane arrestato il mese scorso.
domenica 16 Luglio 2023
Il Washington Post ha raccontato come un’ennesima storia di “challenge su TikTok pericolosissima per i nostri ragazzi” ripresa da molti giornali (anche in Italia) sia stata inventata, e come spesso avviene sia diventata più nota e condivisa proprio per l’amplificazione mediatica della bufala. Il Post ha tradotto l’articolo qui.
“Ma era tutto falso. Non esiste una sfida del salto dalla barca su TikTok. Prima della concitazione mediatica nessun video di salto dalla barca era diventato virale su TikTok e nessun hashtag legato al salto dalle barche era mai stato popolare su TikTok, secondo l’azienda. E nessun audio in tendenza su TikTok è mai stato collegabile al saltare dalle barche”.
domenica 16 Luglio 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di maggio 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di queste copie dà una cifra complessiva di valore un po’ grossolano, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione , e che trovate qui. A maggio gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati alterni ma con variazioni quasi tutte intorno all’1%, mentre le maggiori che si notano sono in positivo quella di Avvenire e in negativo quella della Verità .
Se guardiamo i già più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, le perdite maggiori del 9% tra i quotidiani nazionali le hanno ancora la Stampa , il Giornale e la Verità : gli altri perdono soprattutto tra il 5 e il 7%, e ad andare meglio sono invece il Fatto e Repubblica (in entrambi i casi spiegabili con l’aggiunta da cinque mesi – rispetto a un anno fa – di quote rilevantissime di abbonamenti digitali a prezzo scontatissimo o gratis: meglio guardare i dati che seguono).
Se invece, come facciamo ogni mese, consideriamo un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” (che abbiamo descritto qui sopra in cui entra un po’ di tutto), i risultati sono diversi: li si ottengono sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono sempre le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):
Corriere della Sera 175.084 (-4%)
Repubblica 99.302 (-10%)
Stampa 72.623 (-11%)
Sole 24 Ore 57.194 (-6%)
Resto del Carlino 56.572 (-11%)
Messaggero 48.838 (-7%)
Fatto 40.016 (-11%)
Nazione 36.782 (-10%)
Gazzettino 34.986 (-6%)
Dolomiten 28.406 (-6%)
Giornale 27.856 (-10%)
Messaggero Veneto 26.686 (-7%)
Verità 24.578 (-18%)
Altri giornali nazionali:
Libero 21.536 (+15%)
Avvenire 15.561 (-9%)
Manifesto 12.594 (-1%)
ItaliaOggi 9.229 (-3%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese sono andati di nuovo meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, ma anche il Messaggero. Repubblica per la prima volta scende sotto le 100mila copie pagate individualmente, e continua a perdere molto la Verità, che nella prima metà del 2022 aveva avuto la sua grande crescita e ora mostra quindi il dato peggiore, a beneficio ancora di Libero che si sta riprendendo dei lettori che aveva perso a favore della Verità durante le sue campagne contro i novax (i numeri complessivi di Libero restano gli stessi di mese in mese, ma in questo contesto di declino per tutti c’è evidentemente un recupero di una parte di lettori). Va male anche il Fatto, che sta soprattutto subendo grosse perdite di acquisti in edicola, dove vende meno di Libero e Verità e di diversi quotidiani locali: mentre va per contro meglio negli abbonamenti digitali: sui quali l’ordine delle testate è questo (sono esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori).
Corriere della Sera 43.593
Repubblica 26.112
Sole 24 Ore 23.410
Fatto 19.393
Stampa 8.984
Gazzettino 6.295
Manifesto 6.120
È abbastanza interessante quanto sia esigua la quota di abbonamenti digitali per alcune testate nazionali (soprattutto quelle con un pubblico più anziano) in un tempo in cui quella sembra essere la direzione più promettente per la sostenibilità dei giornali: 1.622 abbonamenti digitali pagati almeno il 30% per Avvenire, 1.413 per il Giornale, 1.328 per la Verità, 1.371 per Libero , 2.533 per la Gazzetta dello Sport. I tre quotidiani Monrif (Giorno, Resto del Carlino, Nazione) ne dichiarano complessivamente 2.043.
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra i quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono quelle del Tirreno (-17%), della Gazzetta di Parma (-13%) e del Centro di Pescara (-14%).
( Avvenire, Manifesto, Libero e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 16 Luglio 2023
Negli ultimi tempi l’impegno principale dei maggiori siti di news internazionali, che da alcuni anni hanno spostato le loro priorità di sostenibilità economica sugli abbonamenti digitali, è diventato quello di conservare gli abbonati: l’attività che nei gerghi di questi settori viene chiamata retention (in opposizione alla acquisition di nuovi abbonati). Fare in modo che i nuovi abbonati non cancellino l’abbonamento o non smettano di rinnovarlo è diventato particolarmente importante da quando si è molto ridimensionata la crescita di nuovi abbonamenti, col finire della pandemia. Il sito specializzato Digiday ha parlato coi responsabili di alcuni grossi siti americani che hanno spiegato come sia importante lavorare sui nuovi abbonati nei primissimi giorni e settimane, per convincerli della ricchezza dell’offerta (in molti casi si è trattato di una registrazione di impulso, magari suggerita da forti sconti o offerte gratuite temporanee): prima quindi che si affievolisca la motivazione per cui si sono abbonati e che si consolidi un’impressione che l’abbonamento non valga la spesa. E quindi in quei primi giorni e settimane bisogna comunicare efficacemente proponendo newsletter e altre offerte, informando sui benefici dell’abbonamento, coinvolgendo i nuovi abbonati nella comunità del sito: prima che diventino “dormienti” (ovvero abbonati che usano poco o nulla i contenuti del sito) e che sia poi molto più difficile raggiungerli e convincerli a restare.
domenica 16 Luglio 2023
La storia con più attenzioni e clamore nei media questa settimana è avvenuta nel Regno Unito, e ha preso talmente tante pieghe che qui ci limiteremo a una sbrigativa sintesi. Il tabloid Sun aveva raccontato venerdì scorso di avere saputo dai genitori di un adolescente inglese che il figlio era stato pagato 35mila sterline, quando era ancora minorenne, da parte di un famoso presentatore di BBC in cambio di sue fotografie “sessualmente esplicite”.
L’articolo del Sun non nominava il presentatore, per cautela rispetto alle rigide leggi britanniche sulla privacy e sulla tutela delle persone accusate di reati. Nemmeno il giovane coinvolto era stato identificato, per le stesse ragioni, e anzi non se ne conosce il genere. Ma la storia ha avuto talmente risalto che è stata la stessa moglie del presentatore a rivelare mercoledì il suo nome, riferendo del suo ricovero in una clinica per problemi di salute mentale. Intanto il giovane in questione ha smentito la versione dei suoi genitori, e la polizia ha dichiarato di non avere verificato nessuna ipotesi di reato.
E quindi le questioni di cui si discute, con pareri opposti su ciascuna, sono diverse:
– le regole sulla privacy e la paradossale discussione avvenuta in mezzo paese per cinque giorni, con curiosità morbose sulla rivelazione del nome.
– lo screditamento di BBC, già molto contestat, e che non avrebbe indagato abbastanza sulle accuse quando ne era venuta a conoscenza.
– e per contro, l’enorme risalto dato alla storia in questi giorni dalla stessa BBC, per eccesso di excusatio (o per indipendenza dei suoi giornalisti).
– la consueta sventatezza al limite del criminale del Sun, che ha sbattuto il mostro in prima pagina con informazioni non abbastanza verificate e accuse senza rilevanza penale.
“Non il miglior momento del giornalismo britannico”, ha scritto il Guardian.
domenica 16 Luglio 2023
In Canada sta proseguendo il dibattito intorno al confronto tra il governo e le piattaforme digitali – Google e Facebook, in sostanza – sull’eventuale compenso che queste dovrebbero agli editori di giornali per i ricavi che Google e Facebook ottengono grazie ai contenuti che gli stessi giornali pubblicano su Google e Facebook.
Tra gli altri interventi ce n’è stato uno di Diane Francis, direttrice del quotidiano National Post , che ha risposto molto aggressivamente alle accuse nei confronti delle posizioni “partigiane” dei giornali su questo argomento. Certo che siamo partigiani, ha scritto in sintesi Francis, ed è normale che lo siamo: un conto sono i fatti, un conto sono le opinioni, e le nostre opinioni sono che Google e Facebok stanno ammazzando i giornali e devono pagare. E il ragionamento sulla libertà delle opinioni sta in piedi, a patto che sia chiara una sua implicazione, preziosa anche per giudicare quello che leggiamo sui giornali italiani a questo proposito, o le posizioni prese dalla federazione degli editori: ed è che le opinioni dei giornali e degli editori su questo argomento non sono, appunto, obiettive né servono la comprensione dei lettori e un’informazione accurata. Sono partigiane, attente ai propri legittimi bisogni, e come dice la stessa Francis “hanno sempre riflettuto gli interessi degli editori”. Non è lì che troveremo argomenti per capire meglio come si possa affrontare la questione dei grandi ricavi delle piattaforme e delle crisi dei giornali: questione che esiste eccome, a spiegarla meglio.
Fine di questo prologo.
domenica 9 Luglio 2023
Charlie andrà in vacanza per un mesetto buono: l’ultima newsletter sarà quella del 23 luglio, e riprenderà domenica 10 settembre. Domenica prossima arriverà ancora regolarmente.
domenica 9 Luglio 2023
Una settimana fa si è tenuto a Peccioli, in Toscana, il concerto del cantautore irlandese Glen Hansard, organizzato dal Post all’interno delle iniziative per arricchire ulteriormente l’offerta per i suoi abbonati e iscritti alle newsletter. Il concerto era stato pensato come estensione della newsletter quotidiana Le Canzoni, con una serie di prelazioni e agevolazioni per la partecipazione degli abbonati: che hanno acquistato circa metà dei quasi duemila biglietti messi in vendita e venduti.
domenica 9 Luglio 2023
Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato una smentita della Presidenza della Repubblica rispetto al contenuto di un articolo che era ieri sul giornale. La contestazione è piuttosto drastica e netta, ma è esemplare per la formulazione tipica di questo tipo di smentite che arrivano da fonti istituzionali che non vogliono suonare polemiche o mettere in difficoltà la testata interlocutrice, offrendo loro un’alibi e una possibile spiegazione dell’errore che le assolva da colpe maggiori: in questo caso ipotizzando una fonte inaccurata e alludendo a un’ingenuità da parte dell’autore dell’articolo.
domenica 9 Luglio 2023
Una conferma a margine del Prologo su Charlie di due settimane fa a proposito delle “notizie” promosse dai grandi “portali” online, che quasi sempre raggiungono più persone di quelle che leggono i siti di news, e con qualità e scelte molto discutibili e rischiose.
Questo è il modo con cui alcuni siti, e tra questi quello di Microsoft, hanno scelto di attrarre i lettori su un breve e insignificante articolo che si limitava a riferire il compleanno dell’ex pilota di Formula 1 Michael Schumacher, in condizioni di salute gravissime da diversi anni.
domenica 9 Luglio 2023
Se doveste aver letto su qualche sito di news che “il National Geographic non stamperà più la storica rivista di carta”, e vi foste chiesti come mai Charlie non l’avesse indicato parlandone la settimana scorsa, è solo perché non è vero. Alcuni siti italiani hanno equivocato la notizia che il National Geographic non sarà più venduto nelle edicole americane (peraltro rare, come si sa), ma solo spedito ai molti abbonati.
domenica 9 Luglio 2023
C’è stata una piccola questione intorno a una collaboratrice del Fatto , che aveva a lungo ritenuto di firmare i suoi articoli con il nome di “Ipazia” (scelta ambiziosa, Ipazia fu una matematica dell’antichità greca considerata un simbolo della libera espressione). L’autrice ha deciso un mese fa di svelarsi come Elena Basile, ex ambasciatrice italiana in Svezia e in Belgio, ma nessuno ci aveva fatto molto caso, fino ai giorni scorsi. E poiché tra chi leggeva i suoi articoli c’era stato chi li aveva trovati eccessivamente indulgenti nei confronti dell’invasione russa in Ucraina, il conflitto tra il suo ruolo diplomatico e queste sue posizioni è stato molto criticato, per esempio sul Foglio.
“Apprezza le posizioni sulla guerra di Orbán, ce l’ha con la Nato e con i “media mainstream” che “tifano per la guerra mondiale”, è indignata per “l’impoverimento del dibattito pubblico”, adesso si sente vittima di “un nuovo fascismo” della “élite incattivita” che “si getta come un branco su chi dissente, su chi si scosta dal pensiero unico occidentale”, denuncia “la propaganda dei dem Usa” che avrebbe “cambiato antropologicamente la società”. Elena Basile, sul suo profilo Linkedin, si definisce scrittrice di narrativa e commentatrice di politica internazionale. Su quello Facebook aggiunge pure “creator digitale” (sul digitale non è stato possibile verificare, ma sul creator abbiamo diversi riscontri, soprattutto nel campo dello storytelling).
Non manca mai di aggiungere nei suoi profili pubblici “Ambasciatrice di Italia in Svezia e in Belgio”, anche se in realtà sarebbe più corretto scrivere ex: prima a Stoccolma, dal 2013 al 2017, e poi a Bruxelles, fino al 3 aprile del 2021. In effetti la carriera diplomatica di Basile è d’imbarazzo in queste ore nei corridoi della Farnesina: ieri lei stessa, sul suo profilo Twitter, tra la foto di un gattino e un selfie, ha svelato di aver scritto “molti articoli col pseudonimo Ipazia” su un giornale perfettamente in linea con le sue idee: il Fatto quotidiano. Il punto è che per un diplomatico è vietato commentare notizie d’attualità, politica estera e geopolitica per una ragione facilmente intuibile: la professione dell’ambasciatore è, o dovrebbe essere, super partes, e c’è una linea sottile tra politica e diplomazia ben chiara a chiunque abbia superato l’esame di stato. E dunque Ipazia, cioè Basile, avrebbe dovuto chiedere un permesso al ministero degli Esteri per vergare articolesse, un permesso mai giunto a destinazione, a quanto risulta al Foglio. Ma c’è di più: perché Elena Basile non scriveva soltanto con il nom de plume di Ipazia su un quotidiano, i suoi commenti erano pure sui suoi social network personali. Per esempio, il 16 giugno del 2022, scriveva di sperare che “gli invasati fanatici odierni si documentino e non temano la verità” a commento di un articolo di Sallusti del 2015 dal titolo “In Ucraina un golpe chiamato Obama”. Sempre un anno fa commentava la frase di Papa Francesco (“l’abbaiare della Nato ha facilitato l’aggressione di Putin all’Ucraina”) con la fine analisi: “Verità o menzogna? Gridiamolo in coro insieme al Papa: VERITÀ. Questa è libertà di espressione””.
Basile ha risposto sul Fatto sabato.
“Trovo divertente che chiunque si discosti dal vangelo dei democratici Usa sia tacciato di spionaggio o di collusione col nemico: la Russia. Sarebbe molto facile ribaltare l’accusa e chiedere quanti politici, diplomatici e soprattutto giornalisti sono costretti a tradire la propria coscienza e ripudiare la verità per mantenere ruoli di prestigio e di influenza, o anche solo il posto di lavoro. Non scambiatemi, per favore, per una moralista! Sono stata nell’establishment, un’ambasciatrice lo è automaticamente. Ho scoperto che tanti politici, giornalisti, imprenditori, diplomatici con cui ero in amicizia mi esprimevano idee non dissimili dalle mie, ma solo “in bilaterale”. Quanti avrebbero voluto la fine della tortura di Assange! Capivo bene che in pubblico non avrebbero ripetuto le stesse idee. Anch’io, senza mai mentire, ho peccato di omissioni. È comprensibile non esporsi anche solo per quieto vivere. Non è giustificabile invece che nelle democrazie europee i cittadini siano forzati all’autocensura”.
domenica 9 Luglio 2023
Tra le più vistose sovrapposizioni di contenuti pubblicitari e redazionali di questa settimana: la campagna contro l’abbandono degli animali sostenuta dall’azienda Tod’s (il cui proprietario è tuttora azionista di minoranza del Corriere della Sera) ha comprato una pagina pubblicitaria su Repubblica e Corriere della Sera, sabato, in entrambi i casi ottenendo anche un articolo dedicato alla campagna stessa venerdì.
(capita a volte che articoli promozionali di questo genere non siano firmati – non lo è quello su Repubblica – proprio perché i giornalisti preferiscono non assumersene la titolarità).
E la campagna della città di Venezia per attrarre medici in città, che ha ottenuto a sua volta la promozione di un articolo sul Corriere della Sera il giorno dopo avere acquistato una pagina pubblicitaria.
domenica 9 Luglio 2023
C’è stato un vistoso incidente a Repubblica, martedì, quando il giornale ha pubblicato un’immagine di Giorgia Meloni con una didascalia che sembrava suggerire che la presidente del Consiglio si stesse godendo una vacanza parzialmente a spese pubbliche: la foto illustrava poi una pagina occupata da un articolo critico sui voli di stato della stessa Meloni.
Come però hanno notato in molti da subito, la foto era di tre anni prima ed era stata fatta in un altro luogo, e l’impressione è stata inevitabilmente che a Repubblica abbiano voluto aggiungere un’immagine suggestiva e ingannevole alle critiche dell’articolo. Questione interessante ed esemplare: ogni giorno i quotidiani fanno scelte sulle immagini in questo senso, in particolare quelli di destra scegliendo di raffigurare avversari politici o personaggi criticati con le foto peggio riuscite, per non dire dei fotomontaggi usati quotidianamente dal Fatto. In questo caso però si trattava di una vera falsificazione, e gli stessi quotidiani più vicini a Meloni ci sono “andati a nozze” l’indomani, persino sulle prime pagine.
Repubblica si è sbrigativamente scusata, e ha rimpiazzato successivamente l’immagine nelle proprie edizioni digitali con una priva di didascalia.
domenica 9 Luglio 2023
In più di un’occasione, negli anni passati, la Federal Trade Commission americana aveva accolto le lamentele degli utenti e invitato con crescente insistenza i giornali online (e altri servizi online in abbonamento) a facilitare le pratiche di cancellazione degli abbonamenti. Negli Stati Uniti, come in Italia e in altri paesi, gli editori costruiscono delle pratiche per facilitare al massimo la registrazione e il pagamento e al contempo per ostacolare le disdette o anche semplicemente gli annullamenti dei rinnovi automatici: “click to subscribe, call to cancel”, dicono gli americani, per indicare appunto la sproporzione di impegno e difficoltà tra l’una e l’altra cosa.
Giovedì il Wall Street Journal ha descritto le opposizioni da parte di un ente che rappresenta editori e inserzionisti, secondo il quale facilitare le pratiche di cancellazione porterebbe a spaesamenti ed errori da parte degli abbonati, che sarebbero troppo abituati al sistema presente per saperne gestire efficamente uno diverso. Le obiezioni della “News/Media Alliance” sostengono che ci potrebbero essere cancellazioni accidentali col rischio di perdere servizi essenziali e preziosi.
domenica 9 Luglio 2023
Ancora questa settimana i due quotidiani a maggiore diffusione, abituati a ospitare inserzioni pubblicitarie da aziende ricche e importanti accanto a quelle di brand meno noti ma comunque capaci di “campagne” vere e proprie e creatività di qualche cura, hanno invece pubblicato molte pubblicità passeggere e sbrigative, di parzialissima attrattiva e limitato interesse per i lettori, a volte persino locali. Solitamente questo avviene quando le concessionarie pubblicitarie dei giornali – in periodi più magri – decidono di offrire agli inserzionisti prezzi più bassi, permettendo anche ad aziende più piccole e meno ricche di accedere a quegli investimenti di comunicazione. Il Corriere della Sera, martedì, tra le pagine nazionali della Cultura e quelle degli Spettacoli ha per esempio pubblicato un sobrio avviso di una farmacia di Milano.
domenica 9 Luglio 2023
Avevamo fatto altri esempi in passato, dell’autonomia che almeno apparentemente il Washington Post riesce a mostrare nei confronti del proprio editore Jeff Bezos e della sua azienda principale, Amazon. Questa settimana il giornale ha accusato Amazon di essere responsabile – trascurandone le necessità – della rovina del popolare sito di recensioni di libri Goodreads.
domenica 9 Luglio 2023
Le comunicazioni dell’azienda maggiore dell’editore di Repubblica questa settimana hanno occupato per tre giorni consecutivi un’intera pagina del giornale. A Stellantis – la società automobilistica la cui quota maggiore appartiene a Exor, così come il gruppo editoriale Gedi – è stato dedicato lo spazio sia martedì che mercoledì e giovedì (sabato poi un breve articolo ha annunciato rispettosamente altre notizie su Stellantis).
domenica 9 Luglio 2023
E le accuse a Santanchè hanno lateralmente permesso al quotidiano Domani di fare un ufficiale coming out sulla comunicazione del proprio nome: come Charlie aveva indicato alcuni mesi fa, è ” Domani “, non “il Domani “.
domenica 9 Luglio 2023
In mezzo all’estesa copertura giornalistica di questa settimana sulle accuse nei confronti della ministra Santanchè c’è stato anche un articolo del Fatto a proposito della gestione della pubblicità sui giornali di cui la società Visibilia di Santanchè era editrice.
Secondo il Fatto la rivista di informatica PC Professionale ha ospitato una serie di articoli “pubbliredazionali” non indicati come tali da diverse grandi aziende, che si spiegherebbero solo con relazioni di Santanchè e come contributi indiretti alle sue attività da parte delle aziende in questione. L’articolo si limita a esporre gli articoli promozionali – senza dati ulteriori sui loro pagamenti – e supposizioni sulla loro incongruità senza maggiori fonti a sostegno della tesi (quelli che sono riprodotti sono in effetti di argomento tecnologico), ma c’è un’intuitiva sproporzione tra la visibilità e rilevanza della rivista e il numero di inserzioni di quella natura.
domenica 9 Luglio 2023
La ” questione canadese ” non si sblocca. Adesso il governo canadese ha pensato di opporre a Meta la minaccia di ritirare la propria pubblicità su Facebook e Instagram, in ritorsione per la scelta di Meta di non promuovere più i contenuti dei siti di news. Ma si stanno aggiungendo al boicottaggio anche alcune aziende giornalistiche.
domenica 9 Luglio 2023
Da alcuni anni tanti quotidiani in tutto il mondo hanno dedicato i maggiori sforzi di promozione dei propri abbonamenti a messaggi per cui il proprio lavoro servirebbe a difendere la democrazia, combattere il “potere”, proteggere le libertà, e altre rivendicazioni di questo tenore. Che sono a volte in buona fede e a volte fondate (il Washington Post introdusse sotto la sua testata, con l’elezione di Donald Trump, lo slogan “Democracy dies in darkness”), ma sono soprattutto uno dei più diffusi ed efficaci strumenti di marketing dei giornali. Anche in Italia comunicazioni del genere sono frequenti (il Giornale, al contrario, si dice sotto la testata “contro il coro”, una sorta di rivendicazione minoritaria e involontariamente antidemocratica) e questa settimana ne ha fatto un uso molto puntuale e battagliero, legato all’attualità, il Fatto.
domenica 9 Luglio 2023
Il sito americano Digiday, che si occupa di media e pubblicità digitali, ha descritto funzionamenti e risultati dei siti che prosperano sfruttando in maniere legittime ma di fatto truffaldine il sistema della pubblicità “programmatic”, generando grandi volumi di traffico intorno a contenuti di bassissima qualità o copiati da altri siti.
La pubblicità “programmatic” è – molto in breve – quella che viene gestita soprattutto da Google (ma anche da diverse altre piattaforme) che permette di inserire banner e promozioni su siti ospiti attraverso delle procedure automatiche e molto sofisticate di acquisto senza intermediazioni e di profilazione degli utenti: il Post l’aveva spiegata qui.
Da quando esiste, il “programmatic” ha generato un indotto di siti web che cercano di costruire grandi quote di traffico per convertirlo negli esigui ricavi di ogni banner ospitato e visualizzato: se le quote sono grandi, alla fine anche il business riesce a diventare significativo. A pagarne il prezzo – metaforicamente e letteralmente – sono rispettivamente gli utenti del web a cui capita con frequenza di finire su questi siti del tutto insoddisfacenti rispetto alle loro ricerche o interessi, e gli inserzionisti le cui pubblicità vengono dirottate verso siti e visualizzazioni che non porteranno loro nessun beneficio.
Digiday chiama i siti di questo genere MFA, made-for-advertising: se volessimo mantenerci nei paragoni col mondo non digitale, diremmo che crearne uno è come piantare un grande pannello per affissioni in mezzo al deserto; ma sul web ci sono meccanismi automatizzati e usi per cui quel pannello può essere occupato da un manifesto pubblicitario di stufe a gas senza che nessuno abbia deciso di metterlo esattamente lì, e per cui si può ottenere che molte persone passino da quel deserto e lo vedano. Nessuno sarà interessato a comprare la stufa, ma il proprietario del pannello guadagnerà comunque dei soldi per avere ospitato quella pubblicità vista da qualcuno.
Le associazioni di inserzionisti sono preoccupate di questo fenomeno – che secondo Digiday genera dispersioni di investimenti del 15% ma probabilmente superiori – ma sempre secondo l’articolo è assai improbabile che possa essere limitato. È proprio la natura stessa del “programmatic” a renderlo possibile: se rendi molto efficienti i sistemi di automazione, diventa molto efficiente anche la loro capacità di sfuggire a controlli “umani”. E anzi, ci sono segnali che anche alcuni degli stessi editori di siti più importanti provino ad adottare le stesse pratiche (cercare di ingannare i conteggi del traffico attraverso “reload automatici” delle pagine, aperture di “pagine fantasma” e altri trucchi, è una pratica che anche molti siti di news hanno adottato da molti anni e alcuni adottano tuttora).
domenica 9 Luglio 2023
A volte, leggendo le interviste sui giornali, bisogna ricordarsi che quello che leggiamo è una trascrizione operata da un intermediario di quello che è stato detto. Quindi non è del tutto certo che all’ultima domanda di un’intervista uscita martedì sul Sole 24 Ore – domanda su una questione articolata e concretissima come quella del confronto tra giornali e piattaforme digitali sul diritto d’autore – il sottosegretario all’editoria Barachini abbia risposto con queste sfuggenti parole: «Servirà uno scatto di responsabilità, anche da parte loro senza dubbio. Se vorranno essere valutati in termini reputazionali dovranno adeguarsi alle regole tradizionali. Alla fine altrimenti rischiano di essere messi in difficoltà in futuro da chi verrà dopo di loro. Con le loro stesse armi».
Fine di questo prologo.
domenica 2 Luglio 2023
Charlie andrà in vacanza per un mesetto buono: l’ultima newsletter sarà quella del 23 luglio, e riprenderà domenica 10 settembre. Domenica prossima arriverà ancora regolarmente.
domenica 2 Luglio 2023
La celebre agenzia di stampa statunitense Associated Press ha aggiornato la sua homepage per diventare più simile a un giornale online, con l’intenzione di aumentare il traffico di utenti e fare in modo che il pubblico si trattenga più a lungo sul sito ed entrare nel mercato delle notizie dirette al pubblico e non solo distribuite a clienti professionali. Anche Reuters, l’altra agenzia di stampa più conosciuta insieme ad AP, due anni fa aveva sperimentato forme di ricavo alternative, cercando di espandersi nel settore del giornalismo online “più puro” e fare concorrenza alle altre testate: aveva introdotto un paywall, che però alla fine era stato rimosso perché infrangeva gli accordi tra Reuters e uno dei giornali a cui forniva le informazioni. Adesso anche la direzione di Associated Press punta a offrire un servizio di news più simile ai giornali tradizionali, opportunità offerta alle agenzie di stampa da quando internet ha reso molto più accessibile ed economica la distribuzione di contenuti giornalistici per chi già li produce, come le agenzie stesse. L’obiettivo di AP è di rendersi più appetibile per gli inserzionisti pubblicitari sviluppando maggiori quantità di visite online: le sue entrate in questo momento sono costituite per la maggior parte dalla vendita di notizie ad altre testate giornalistiche in tutto il mondo (circa l’80% dei ricavi) e le pubblicità sul sito costituiscono solo una parte più piccola dei ricavi (il 5%). Il resto delle entrate di Associated Press deriva dallo sviluppo di software per le redazioni dei giornali e da altri servizi forniti alle imprese. L’obiettivo della direzione è di raddoppiare i ricavi dalle inserzioni pubblicitarie nei prossimi due anni e diversificare il proprio business. La homepage del sito è stata modificata in modo da evidenziare i contenuti video e altri articoli non di stretta attualità. È stata anche introdotta la possibilità di coprire alcune notizie utilizzando i ” liveblog “, un altro di quegli strumenti utili a generare traffico e che allo stesso tempo, secondo la direzione, permetterebbe ad Associated Press di non allontanarsi troppo dal suo essere un’agenzia di stampa: la sua stringatezza nel riportare le notizie dovrebbe rimanere invariata (rendendo di fatto AP simile ad altri giornali che adottano lo stesso approccio, come il sito di news americano Axios, celebre per le notizie riportate in maniera quasi telegrafica).
Secondo alcuni, con questa decisione Associated Press correrebbe il rischio di fare concorrenza ai giornali con cui collabora e tramite i quali percepisce la quota più grande dei suoi guadagni, rischiando di sabotare il proprio core business .
domenica 2 Luglio 2023
Il quotidiano Wall Street Journal ha raccontato che i maggiori editori statunitensi stanno discutendo l’eventualità di formare “una coalizione” in considerazione di quella che definisce una “minaccia esistenziale” per il loro settore: cioè l’impatto dell’ intelligenza artificiale (AI) nel mercato dell’informazione.
L’ipotesi di alleanza coinvolgerebbe grosse società giornalistiche come New York Times, News Corp (che possiede il Wall Street Journal e il Times di Londra), IAC , Vox Media, Condé Nast e Axel Springer (editore di Politico, Bild e Insider). Secondo il Wall Street Journal al momento si tratta solo di conversazioni, perché non è comune che aziende di questo settore, e quindi concorrenti, decidano di collaborare: ma le implicazioni che i programmi di AI stanno evocando nella produzione di contenuti preoccupano molti editori. I sistemi di AI – come ChatGPT – “apprendono” rielaborando grandi quantità di dati che usano a modello. Gli editori contestano questo sistema perché quando si tratta di contenuti originali – come un articolo – AI trae vantaggio da un lavoro protetto da diritto d’autore senza fornire compenso economico o riportare la fonte. Ma più in generale, secondo gli editori, i sistemi di AI rischiano anche di sovvertire il sistema dell’informazione come è concepito finora, introducendo per esempio nuovi pericoli di inaccuratezza e falsificazione delle notizie.
domenica 2 Luglio 2023
Ormai è abbastanza una rarità che un accessorio dei siti di news che era stato proclamato come peculiare ed indispensabile per le nuove abitudini di convivenza online – lo spazio dei commenti agli articoli da parte dei lettori – sia offerto dalle maggiori testate digitali. Pur essendo un servizio ancora amato da una quota di lettori e commentatori, il suo valore in termini di arricchimento del contenuto è stato molto ridimensionato dall’esperienza, che in molti casi è anzi stata di un impoverimento quando non di un imbarbarimento. Con un impegno significativo di risorse e lavoro per la gestione e moderazione dei commenti non sempre a fronte di un beneficio che lo legittimi (il Post consente tuttora la possibilità di commentare gli articoli all’interno della propria offerta per gli abbonati). In più l’opportunità di commentare e discutere si è molto spostata sui social network da diversi anni. Quindi negli anni passati tante testate online hanno rimosso la possibilità di commentare (o reso molto marginale lo spazio dei commenti) e il tema – che fu oggetto di ampi dibattiti – non è più discusso. Questa settimana altri due siti di quotidiani americani, il Denver Post e il Boston Herald, hanno annunciato la chiusura dei commenti.
domenica 2 Luglio 2023
La pubblicità arriva sui quotidiani di carta attraverso un percorso che nella maggior parte dei casi ha una serie di intermediari tra l’inserzionista e il giornale, i maggiori dei quali si chiamano “centri media” e ” concessionarie di pubblicità”: ma su questo percorso e successione di trattative e relazioni si innestano altre variabili e interessi e contesti. Ma grossomodo possiamo dire che gli inserzionisti e i centri media che li rappresentano guardano intanto i numeri di diffusione delle testate e i costi degli spazi, per decidere dove investire. Il risultato è che i quotidiani a maggiore diffusione si prendono una quota molto ampia del mercato: Corriere della Sera, Repubblica, Sole 24 Ore, hanno da soli molte più pubblicità di inserzionisti “importanti” (ovvero che spendono molto) delle decine di quotidiani che li seguono nelle classifiche di diffusione. I quali invece ospitano più frequentemente inserzionisti con minori disponibilità di spesa, che magari non hanno nemmeno vere e proprie “campagne”, curate, strutturate, pianificate, ma una generica ricerca di visibilità del proprio marchio che si concretizza in pubblicità un po’ sbrigative e di bassa qualità, volte a trasmettere informazioni minime e concrete, e che sono evidentemente costate molto poco, spesso “fatte in casa” dalle aziende senza coinvolgere professionisti o agenzie creative (non è detto che non possano avere una loro efficacia, soprattutto per determinati messaggi o determinati pubblici).
A volte capita però che anche i quotidiani maggiori scelgano di ospitare inserzioni più “cheap” di aziende meno note, o piccole, o addirittura di esercizi commerciali cittadini che finiscono nelle pagine nazionali: succede di solito quando la concessionaria del giornale decide di abbassare molto i prezzi per riempire spazi invenduti (era capitato molto nei mesi del lockdown, quando le grandi aziende avevano disinvestito dalla pubblicità), ma può avere occasionali ragioni diverse. Negli ultimi tempi capita più spesso, soprattutto su alcune testate che cercano di rimpinguare i faticosi bilanci dei ricavi pubblicitari. Per esempio su Repubblica martedì scorso c’era una serie di inserzioni di scarsa cura grafica e comunicativa, con messaggi di non grande familiarità per i lettori del giornale. In cui il caso più visibile era la pagina con uno slogan in inglese che usava l’inesistente termine “competance”.
domenica 2 Luglio 2023
Non è la prima volta che qualcuno che studia i cambiamenti nei prodotti giornalistici lo ricorda, questa volta è una ricerca firmata da due docenti universitari, uno americano e una canadese: il New York Times non è un modello esemplare per capire i giornali o la società. Proprio perché è eccezionale, perché ha un potere e le risorse per mantenere degli standard di qualità e di autorevolezza inimitati, dice lo studio, non lo si può considerare – soprattutto nelle ricerche accademiche – rappresentativo di come i giornali coprano le notizie e raccontino la società, né di quale tipo di informazione i lettori statunitensi ricevano.
domenica 2 Luglio 2023
Non è ancora ufficiale, ma si parla da un paio di settimane di nuovi avvicendamenti di direttori nelle testate quotidiane del centrodestra, conseguenti all’acquisto del Giornale da parte della famiglia Angelucci, che già possedeva Libero e il Tempo di Roma. Le ultime notizie date come molto probabili sono che Alessandro Sallusti torni a dirigere il Giornale (che aveva diretto per undici anni fino a due anni fa) e lasci la direzione di Libero a Mario Sechi (che ne era stato vicedirettore prima di diventare direttore del Tempo e poi dell’agenzia di stampa di ENI, Agi), che negli scorsi mesi era stato portavoce di Giorgia Meloni.
Intanto la Stampa aveva pubblicato martedì un ritratto di Antonio Angelucci, l’editore in questione, di cui Charlie ha scritto spesso (anche perché Libero riceve i contributi pubblici).
“Angelucci è parlamentare di lungo corso ma di pochissime presenze. Un tempo simpatizzante di An, si fa eleggere prima con Berlusconi, poi nel 2023 con Salvini. I leghisti se lo vedono apparire in lista senza sapere nulla. Al compleanno per i 50 anni del leader del Carroccio, l’imprenditore appare sorridente accanto a Berlusconi. Sono i giorni in cui si sta finalizzando l’acquisto de Il Giornale. Il video è di Nicola Porro, vicedirettore del quotidiano. Il punto in comune è sempre lo stesso: Denis Verdini, grande amico di Angelucci, oggi agli arresti domiciliari, ex senatore, ex braccio destro del fondatore di FI, papà della fidanzata del segretario leghista, anche lui con un passato – non felicissimo – di editore.
Come con i giornali, Angelucci fa con i partiti: diversifica. Sta nella Lega ma non vuole grane con la premier di FdI e mette alla guida di Libero un direttore che Salvini non gradisce. L’uomo non ama sentirsi dire no”.
domenica 2 Luglio 2023
Il National Geographic – l’edizione americana originale – sta licenziando i suoi ultimi 19 giornalisti-scrittori della redazione, mantenendo solo quelli che si occupano della confezione della rivista e affidando a collaboratori esterni la scrittura di tutti gli articoli (ricordate che negli Stati Uniti è molto più definita la differenza tra “editors” e “reporters” o “writers”, ovvero da chi decide e cura l’edizione di un giornale e chi produce gli articoli).
domenica 2 Luglio 2023
Il quotidiano Il manifesto, una delle rare testate quotidiane italiane ad avere una direttrice, non avrà più una direttrice ma un direttore. Si è dimessa dopo 13 anni Norma Rangeri, storica protagonista delle attività del giornale: “Ogni cosa nella vita ha il suo tempo e, dopo quasi 14 anni, il mio ruolo di direttrice de il manifesto è concluso. E riconosco a cuor leggero che guidare un quotidiano richiede energie più fresche. Per questo nei mesi scorsi avevo annunciato alla redazione la volontà di lasciare ad altri la responsabilità primaria del giornale”.
Il nuovo direttore è Andrea Fabozzi, che ha 52 anni ed è a sua volta al Manifesto dal 2001.
domenica 2 Luglio 2023
La redazione del Journal du dimanche, uno dei settimanali più importanti in Francia (chiamato dai suoi lettori JDD) è in sciopero da più di una settimana per protestare contro la recente e improvvisa nomina a direttore di Geoffroy Lejeune. JDD è un giornale nazionale di attualità e politica moderato e filo-istituzionale mentre Lejeune appartiene all’ambito della destra identitaria francese: ha diretto per anni il magazine Valeurs actuelles, che secondo il quotidiano francese Le Monde ha l’obiettivo di “portare la destra ancora più a destra” e nel 2015 aveva pubblicato il romanzo Un’elezione ordinaria che immaginava e auspicava la candidatura e la vittoria alle presidenziali di Éric Zemmour, intellettuale e conduttore tv di destra che si era poi effettivamente candidato nel 2022, prendendo poco più del 7% dei voti.
Come ha raccontato in Italia un articolo sul Foglio il cambio di direzione darà inevitabilmente al settimanale una linea più conservatrice, ed è attribuito a Vincent Bolloré, miliardario francese e imprenditore nel settore dell’informazione e della televisione che ha da poco acquistato la quota maggioritaria del Gruppo Lagardère, di cui fa parte JDD.
Bolloré è noto per acquistare delle pubblicazioni e delle reti televisive e cambiare la loro linea editoriale, spostandole sempre più a destra. Questo era già successo con il magazine Paris Match e diversi canali come C8, Canal+ e CNews (una specie di Fox News francese) che avevano dato moltissimo spazio a Éric Zemmour prima e durante la sua campagna presidenziale fondata sull’odio razziale, abitudine per cui è stato condannato nel 2022.
La redazione del Journal du dimanche, che ha impedito con il suo sciopero la pubblicazione del settimanale lo scorso weekend per la seconda volta in 75 anni, ha ricevuto un ampio sostegno dai suoi lettori e dal mondo della politica e dei media non appartenenti all’ambiente della destra identitaria: dalla ministra per la Cultura Rima Abdul Malak, ai giornalisti dei principali quotidiani francesi, alle 400 personalità del mondo politico, economico, sociale, culturale, e sportivo che hanno firmato un appello pubblicato da Le Monde.
domenica 2 Luglio 2023
Meta continua a mantenere la sua sospensione della promozione dei contenuti dei siti di news su Facebook e Instagram in Canada, come aveva deciso dopo l’approvazione di una legge che obbliga Facebook e Google a trattative per compensare le testate giornalistiche per l’uso dei loro contenuti sulle piattaforme. La questione è al centro di attenzioni e dibattiti in Canada, ed è intervenuto anche il primo ministro Trudeau. Quella di Meta non è una protesta, ma l’applicazione della tesi per cui “a queste condizioni non ci conviene dare spazio alle news, che per noi non sono così importanti, e ci costerebbero più di quanto ci danno”.
Giovedì anche Google ha adottato una simile reazione: annunciando che non vede spazio perché le norme applicative della legge – che devono essere scritte – consentano un compromesso soddisfacente (per Google) e che quindi da che la legge entrerà in vigore il motore di ricerca smetterà di mostrare risultati proveniente dai siti di news canadesi, in Canada.
Nel frattempo quello che succede in Canada è osservato anche dal resto del mondo con curiosità o con scetticismo. Da una parte gli editori di altri paesi sperano che iniziative legislative di questo genere siano applicate anche nei loro paesi per garantire un’entrata preziosa e a costo zero: di fatto si parla di imporre alle piattaforme di pagare dei contributi per una situazione già esistente, e che peraltro genera già benefici di traffico per i giornali online e – modesti – ricavi conseguenti.
Dall’altra gli osservatori più esperti segnalano come in Canada si rischi di replicare gli effetti fallimentari della legge già in vigore in Australia, che si è risolta appunto in cospicui contributi per i grandi editori con maggiore potere contrattuale e pochi benefici per i progetti giornalistici nuovi o più piccoli, e per i lettori e l’interesse pubblico. Un modo per dare altri soldi a chi ne ha di più, e a chi già domina il mercato giornalistico.
domenica 2 Luglio 2023
Un prologo semplice, perché alla solidità ineluttabile degli interessi politici di spartizione che fa sì che le norme sul finanziamento pubblico ai giornali non verranno mai modificate o applicate con rigore (malgrado gli sterili annunci del governo) è giusto almeno opporre ogni tanto un promemoria sulla loro scorrettezza. Oltre a essere “adattate” da alcune testate per beneficiare di cospicui contributi pubblici senza nessuna ragione di vantaggio per la comunità, quelle norme sono una distorsione della concorrenza e del mercato. Una qualunque delle testate beneficiarie riceve dallo stato risorse economiche che le permettono di fare investimenti che altre testate no.
Prendetene una, di quelle che si presentano come cooperative o non profit pur avendo editori e proprietari di larghe disponibilità economiche, e immaginate che voglia fare un’offerta a un giornalista importante. Ora immaginate che lo stesso giornalista importante interessi a un altro giornale, che ha scelto di non darsi le condizioni formali per ricevere quei contributi. Il primo giornale può offrire a quel giornalista un compenso migliore. Il primo giornale può spendere più soldi in una campagna pubblicitaria. Il primo giornale può investire in innovazioni che per un altro giornale sono costi insostenibili. In una stessa città il primo giornale può arrivare con le sue copie in edicola, mentre per il secondo quel costo diventa insostenibile e va eliminato, e in quella città non arriverà più. Eccetera.
Fine di questo prologo.
domenica 25 Giugno 2023
Charlie andrà in vacanza per un mesetto buono: l’ultima newsletter sarà quella del 23 luglio, e riprenderà domenica 10 settembre.
domenica 25 Giugno 2023
Lo spazio di promozione che alcuni quotidiani garantiscono alla ditta vinicola Aneri si è manifestato anche questa settimana con un articolo promozionale sul Corriere della Sera, che attinge ai medesimi contenuti di quelli pubblicati via via nei mesi e anni passati. Questa accoglienza per i prodotti Aneri si accompagna agli investimenti pubblicitari diretti dell’azienda su alcune testate, e alla contiguità del suo fondatore – inventore e finanziatore del premio “È giornalismo” – con il mondo giornalistico milanese.
domenica 25 Giugno 2023
La newsletter sul giornalismo del fondatore del giornale online ProPublica, Richard Tofel, ha dedicato una riflessione ai destini dei giornali che contano su grandi investimenti di proprietari miliardari per ricostruire una propria sostenibilità economica: associando i casi del Washington Post e del Los Angeles Times e delle loro rinnovate recenti difficoltà.
Secondo Tofel un percorso comune vede il miliardario mettere a disposizione grandi capitali per ricostruire una visione e un progetto di sostenibilità, il progetto viene messo in pratica, ma i risultati tardano ad arrivare o arrivano con precarietà, perché il settore dei media ha peculiarità e contesti suoi nei quali le consuete regole del business non sempre funzionano e le condizioni sono in evoluzione continua. E a questo punto l’editore miliardario ritiene l’esperienza fallita o insoddisfacente e invece di sostenerla con ulteriori investimenti se ne disamora, e si limita a rammendi meno interessanti o lungimiranti.
Un modello positivo, dice Tofel, è invece quello del Boston Globe in cui la proprietà è rimasta concentrata nell’investire sugli adeguamenti del prodotto, sull’innovazione, sulle nuove e vecchie opportunità.
domenica 25 Giugno 2023
(aggiornamento: gli arresti domiciliari nei confronti di Marcello Minenna sono stati revocati dal Tribunale della Libertà di Bologna il 7 luglio 2023)
Il Comitato di redazione del Sole 24 Ore ha chiesto al direttore, e ha ritenuto di pubblicare questa richiesta sul giornale, di sospendere la collaborazione di Marcello Minenna, ex direttore dell’Agenzia delle dogane. Minenna è stato arrestato giovedì con l’accusa di avere partecipato a un progetto di forniture illecite di mascherine: il CdR del Sole 24 Ore ha voluto ricordare di avere già chiesto l’interruzione del rapporto con Minenna quando venne indagato una prima volta due anni fa. La conclusione del comunicato sembra mostrare che la questione Minenna sia per il CdR un’occasione di rinnovare una polemica più estesa.
“In questione infatti non c’è un atteggiamento rispetto alle politiche della giustizia e alle singole indagini che continuiamo a interpretare come garantista, quanto piuttosto la reputazione della testata e di tutta la redazione. Tema che dovrebbe stare tanto più a cuore ad un’azienda che da tempo richiama, peraltro del tutto impropriamente, i giornalisti al rispetto degli interessi morali e materiali della società”.
La risposta del direttore del Sole 24 Ore è stata piuttosto irrituale, consegnata – invece che alla redazione – a un sito famoso per gossip, pornografia e usi ricattatori delle notizie.
“Ovviamente la rubrica verrà sospesa”.
domenica 25 Giugno 2023
C’è stata una vivace e aggressiva polemica tra due importanti testate americane, questa settimana: il quotidiano Wall Street Journal e il giornale online ProPublica, uno dei più ammirati successi di informazione digitale di questi decenni, famoso soprattutto per il suo giornalismo investigativo. ProPublica ha lavorato a lungo a un’inchiesta su presunti favori e regali ricevuti dal giudice della Corte Suprema Samuel Alito e, come è consuetudine, ha inoltrato ad Alito una serie di domande per avere la sua versione prima di pubblicare l’inchiesta. Alito però, invece di rispondere al giornale, ha scritto un articolo molto polemico e controaccusatorio per la sezione dei commenti e delle opinioni del Wall Street Journal, contestando l’inchiesta e accusando ProPublica di una campagna denigratoria nei suoi confronti.
A questo punto la storia sono diventate due storie: quella delle accuse contro Alito ma anche quella del tema giornalistico. ProPublica ha intanto pubblicato la sua inchiesta, ma il Wall Street Journal ha raddoppiato la sua difesa di Alito con un editoriale ulteriormente severo e rispondendo violentemente alle accuse di comportamento scorretto per aver ospitato le risposte di Alito prima che ProPublica le ricevesse e pubblicasse il suo articolo.
Quello che bisogna ricordare è che le pagine dei commenti e delle opinioni del Wall Street Journal (“Op-ed”) sono una sorta di giornale nel giornale, con una redazione indipendente e una posizione politicamente molto più a destra del resto del giornale: che ha accusato ProPublica e la sinistra americana di non accettare di avere perso la maggioranza nella Corte Suprema e di cercare ora di deligittimarla con mezzi criticabili.
domenica 25 Giugno 2023
Un articolo del sito Fast Company – una rivista americana di tecnologia e imprese, assai precoce e vivace nei primi anni della new economy – ha contestato un luogo comune diffuso intorno alle inserzioni pubblicitarie sui giornali (e in passato raccolto anche da questa newsletter). L’articolo propone alle aziende di tornare a dedicare maggiori investimenti pubblicitari verso i giornali, considerandoli una parte dei propri impegni “ESG” (Environmental, social and corporate governance): e nell’argomentare sostiene che non siano fondati i timori di rischi per le aziende che associno i propri brand o prodotti a notizie e storie gravi e drammatiche, perché i lettori dei giornali sarebbero mediamente “evoluti” e attenti abbastanza da non percepirne disagi, e anzi saprebbero apprezzare la presenza di quei brand in contesti di buona informazione (una ricerca citata sostiene che i lettori diano maggiore fiducia alle inserzioni nelle pagine delle notizie più importanti piuttosto che quelle prossime alle storie più leggere).
domenica 25 Giugno 2023
In Italia è una cosa molto rara (a Charlie risulta in tempi recenti solo l’eccezione del Post, anche per diversi ruoli, e di CityNews) che le testate assumano giornalisti attraverso annunci pubblici. Invece nelle aziende giornalistiche anglofone capita con maggiore consuetudine: questo mese l’ Economist ha pubblicato una ricerca per una persona da dedicare alla copertura dell’economia britannica (anche senza esperienza giornalistica), il sito britannico specializzato sui media PressGazette cerca un reporter, BBC un giornalista video, per fare alcuni esempi.
domenica 25 Giugno 2023
La sempre più frequente disposizione dei quotidiani del gruppo GEDI a dare spazio alla famiglia proprietaria della società ha generato su Repubblica di mercoledì la compresenza a poche pagine di distanza di una fotografia dell’editore, John Elkann, e della recensione di un libro del padre dell’editore, Alain Elkann (appena quattro mesi dopo la precedente).