Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 15 Ottobre 2023

Mouvements

La scorsa domenica è uscito in Francia il primo numero del nuovo giornale domenicale La Tribune Dimanche, che è un settimanale dal formato simile a quello dei quotidiani (quello che si chiama formato berlinese, più compatto, come quello del Corriere della Sera), fatto di 48 pagine. Secondo molti commenti La Tribune Dimanche deve parte della sua nascita allo spazio creato dalla crisi del Journal du Dimanche, dove quest’estate c’era stato un lungo sciopero della redazione indetto per protestare contro la nomina di un nuovo direttore molto vicino all’estrema destra: ma i responsabili della Tribune hanno detto che si tratta invece di un progetto che era già esistente. Lo sciopero al JDD si era concluso a inizio agosto in modo fallimentare per la redazione perché il direttore era stato confermato, e molti giornalisti avevano quindi deciso di dimettersi. Nelle ultime settimane il Journal du Dimanche ha in effetti spostato la sua linea editoriale centrista e vicina al governo verso posizioni identitarie tipiche dell’estrema destra conservatrice e cattolica.
Nel frattempo tra agosto e settembre è nato il domenicale La Tribune Dimanche che proverà a trovare lettori tra chi è insoddisfatto della nuova linea editoriale del Journal du Dimanche. La Tribune Dimanche è imparentata con il quotidiano online La Tribune: quest’ultimo aveva cessato di essere un giornale cartaceo nel 2012 e un settimanale nel 2020, e adesso è un sito che si occupa di economia, mentre la Tribune Dimanche avrà un taglio più generalista e di approfondimento: tratterà di esteri, politica, affari internazionali ed ecologia. Entrambe le pubblicazioni fanno parte dello stesso gruppo editoriale rilevato quest’estate dal miliardario Rodolphe Saadé: che è tra le persone più ricche di Francia, possiede una compagnia marittima tra le più importanti al mondo che si occupa di trasporto dei container, e ha iniziato a espandere i suoi interessi con investimenti nei media (è proprietario di due giornali locali in Provenza e Corsica).
La Tribune Dimanche comincia le pubblicazioni in un mercato piuttosto affollato: il primo numero è uscito con una tiratura di circa 120 mila copie ma l’obiettivo sembra essere quello di vendere 25 mila copie per ogni uscita. Della sua redazione fanno parte anche alcuni giornalisti che si erano dimessi dal Journal du Dimanche.


domenica 15 Ottobre 2023

I quotidiani ad agosto

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di agosto 2023. Ricordiamo che la “diffusione” è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà una cifra complessiva di valore un po’ grossolano, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. Ad agosto gli andamenti rispetto al mese precedente sono stati alterni, con qualche aumento superiore al 2% (AvvenireMessaggeroVerità Libero). Se guardiamo i già più indicativi confronti con l’anno precedente, trascurando gli sportivi che hanno sempre alti e bassi, tutti i quotidiani perdono tra il 5% e il 12% delle copie. Le eccezioni questo mese sono Repubblica, che da alcuni mesi ha aggiunto al conteggio una quota cospicua di copie digitali gratuite o scontatissime, e Avvenire , che ha frequenti discontinuità di andamento legate alla sua grande dipendenza dalla propria anomala distribuzione.

Ma se invece, come facciamo ogni mese, consideriamo un altro dato che è più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” (che abbiamo descritto qui sopra e in cui entra un po’ di tutto), i risultati sono diversi: li si ottengono sottraendo da questi numeri quelli delle copie distribuite gratuitamente oppure a un prezzo scontato oltre il 70% e quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera), per avere così un risultato meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (ma questi dati comprendono sempre le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Si ottengono quindi questi numeri (tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa):

Corriere della Sera 179.894 (-6%)
Repubblica 101.585 (-14%)
Stampa 72.558 (-12%)

Resto del Carlino 57.575 (-12%)
Sole 24 Ore 55.269 (-8%)
Messaggero 51.439 (-10%)
Fatto 42.776 (-10%)
Nazione 38.374 (-12%)
Gazzettino 35.160 (-8%)
Dolomiten 28.441 (-7%)

Giornale 28.348 (-12%)
Messaggero Veneto 26.499 (-7%)

Verità 25.530 (-18%)

Altri giornali nazionali:
Libero 23.421 (+5%)
Avvenire 14.882 (-8%)
Manifesto 12.833 (-5%)
ItaliaOggi 8.879 (-16%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese continua ad andare meglio solo il Corriere della Sera, pur superando il 6% di perdite per la seconda volta quest’anno. Mentre hanno declini maggiori ancora Repubblica Verità e diverse testate raggiungono il -12%. Continua il recupero di Libero che si sta riprendendo dei lettori che aveva perso a favore della Verità durante le proprie campagne contro i novax.

Quanto ai soli abbonamenti digitali, l’ordine delle testate è questo (sono esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori).
Corriere della Sera 43.172
Repubblica 26.389
Sole 24 Ore 22.391
Fatto 19.329
Stampa 8.798
Manifesto 6.382
Gazzettino 6.061

Rimane molto esigua la quota di abbonamenti digitali non scontati per alcune testate nazionali (soprattutto quelle con un pubblico più anziano) in un tempo in cui quella è la direzione più promettente per la sostenibilità di molti giornali: 1.723 abbonamenti digitali (pagati almeno il 30%) per Avvenire , 1.380 per il Giornale, 1.361 per la Verità, 1.462 per Libero , 2.416 per la Gazzetta dello Sport (che però ne ha più di 10mila a meno del 30% del prezzo). I tre quotidiani Monrif (GiornoResto del CarlinoNazione) ne dichiarano complessivamente 2.064.

Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra i quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora dell’ Arena (-16%), del Giornale di Vicenza (-17%) e del Centro (-18%).

(AvvenireManifestoLibero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)


domenica 15 Ottobre 2023

Sunak ci va piano con Google e Facebook?

In questi anni si è molto discusso dei rapporti che Google e Meta (la società che possiede Facebook e Instagram) hanno con le organizzazioni giornalistiche. Ci sono due fronti di contesa internazionale, con dibattiti e sviluppi legislativi: uno riguarda l’uso dei contenuti dei siti di news da parte di Google sui suoi servizi e sul suo motore di ricerca; l’altro riguarda l’enorme quota di investimenti pubblicitari che Meta e Google – con la loro potenza tecnologica e oligopolistica – hanno sottratto ai giornali e alle loro concessionarie pubblicitarie. Nel primo caso Google ha spesso risolto la questione pagando (soprattutto con il progetto Showcase) diversi gruppi editoriali in tutto il mondo per evitare che avanzassero maggiori pretese. Meta sta invece disinvestendo da tempo nei rapporti con i giornali, ritenendo che i costi superino i benefici. Sulla seconda questione le aziende giornalistiche – singolarmente o associate – stanno chiedendo in molti paesi che siano imposti dei contributi per legge a compensazione dei ricavi “sottratti”.
Il confronto è diventato più animato dopo l’approvazione di una legge in Australia che costringe Google e Facebook a compensare i giornali per i link ai loro contenuti: negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito gli editori si stanno muovendo per ottenere leggi simili.
Il Daily Mail – tabloid inglese capace di grandi inaccuratezze e falsificazioni ma anche di raccogliere informazioni esclusive – ha però scritto questa settimana che il Primo ministro britannico Rishi Sunak avrebbe delle simpatie per le aziende tecnologiche che lo renderebbero indulgente rispetto alle loro richieste di rallentare l’approvazione di un progetto del governo in questo senso: può darsi che sia solo un intervento del Daily Mail per scongiurare simili resistenze, essendo il giornale parte interessata.


domenica 15 Ottobre 2023

Il giornale nel giornale

Press Gazette – il sito britannico che si occupa di giornalismo spesso citato su Charlie – ha pubblicato una lunga e interessante intervista alla direttrice della sezione Opinioni del New York Times, Kathleen Kingsbury, spiegando il suo lavoro e quello del giornale statunitense. Il New York Times è probabilmente il giornale più importante al mondo, e la sua pagina delle opinioni è gestita da una redazione separata da quella delle notizie: risponde direttamente al management del giornale, e non al direttore Joe Kahn, in modo da avere maggiore indipendenza per pubblicare commenti non necessariamente in linea con quello che viene scritto nelle altre pagine del giornale. In questi anni le scelte di accoglienza, di opinioni anche lontane dalle posizioni più progressiste del giornale, hanno generato spesso critiche verso la sezione anche all’interno della redazione.

Kingsbury racconta diversi aspetti del lavoro e del funzionamento della sua redazione, che è triplicata rispetto al 2017 e oggi impiega circa 150 persone. Gli articoli di opinione sono spesso tra i più discussi e commentati dai lettori, ma i dati di coinvolgimento non condizionano la scelta degli articoli di opinione, dice: pur avendo a disposizione i dati su quali editorialisti abbiano portato il maggior numero di persone ad abbonarsi, la redazione sceglie di non tenerne conto.

Secondo Kingsbury il successo della sezione delle opinioni si basa su un fattore più astratto e complesso da misurare, cioè sulla varietà di punti di vista espressa dagli editoriali. Avere i propri articoli pubblicati nella sezione è estremamente complicato: la redazione riceve ogni giorno circa mille proposte, ma nel mese di settembre sono stati pubblicati 113 articoli di opinione. Kingsbury dice che c’è: “molto interesse da parte dei legislatori e dei politici che vorrebbero scrivere per noi… [ma] il 98% delle volte la risposta è no”. Ogni articolo accolto o scelto deve rispettare tre criteri: non deve alimentare o incitare discorsi d’odio, l’autore non deve avere conflitti d’interesse, e deve essere accurato. La redazione ha circa 12 persone che si occupano di fact-checking per verificare quello che viene scritto negli articoli; è il team di fact-checking più numeroso di tutto il giornale, dovendo confrontarsi con autori che non necessariamente rispettano gli standard di accuratezza dei giornalisti del New York Times.

Nell’intervista Kingsbury parla anche delle critiche che i colleghi al giornale manifestano pubblicamente o sui social media nei confronti del quotidiano: nei mesi scorsi è stata pubblicata una nota interna diretta al personale in cui, lei e il direttore Joe Kahn, hanno scritto che: “non è accolta e non è tollerata la partecipazione di giornalisti del New York Times a proteste organizzate da gruppi di sensibilizzazione o attacchi a colleghi sui social media e in altri spazi pubblici”. A Press Gazette ha aggiunto che “se pensi che il tuo datore di lavoro stia facendo qualcosa di sbagliato, posso capire l’istinto di volerlo criticare”, ma che considerando il complicato contesto in cui i giornalisti si trovano a lavorare “c’è bisogno di contare davvero gli uni sugli altri. E minare questa fiducia è qualcosa che non si dovrebbe prendere alla leggera”.


domenica 15 Ottobre 2023

Charlie, le tre dipendenze

Le difficili condizioni di sostenibilità della gran parte dei giornali in questi anni rendono il loro lavoro e il loro ruolo vulnerabili in due modi. Il primo è semplice da descrivere: con meno soldi c’è meno qualità del “prodotto”, ovvero un’informazione peggiore, più incompleta, più sbrigativa, meno accurata.
Il secondo è più indiretto ma si impone non tanto sui singoli contenuti ma sulle priorità stesse dei giornali: ed è l’aumentata dipendenza da necessità economiche che limitano la qualità dell’informazione, e si manifesta in tre modi. Dipendenza dalla pubblicità, dipendenza dai lettori, dipendenza da interessi terzi degli editori.
I giornali in cerca di fonti di ricavo sono meno autonomi rispetto alle richieste e agli interessi della pubblicità, e questo condiziona il lavoro giornalistico: ragioni pubblicitarie traboccano nelle pagine e negli articoli senza trasparenza nei confronti dei lettori (o spettatori, o ascoltatori, o scrollatori).
I giornali in cerca di fonti di ricavo sono meno autonomi rispetto alla soddisfazione e al consenso dei propri lettori paganti (o destinatari di pubblicità), e questo condiziona il lavoro giornalistico: dire ai propri “clienti” quello che vogliono sentirsi dire, non scontentarli e non contrariarli (in tempi in cui c’è una grandissima inclinazione di tutti a scontentarsi e contrariarsi) è una necessità ineludibile per non perdere il loro contributo economico e il loro valore anche in termini pubblicitari.
Infine, i giornali per cui questa ricerca di fonti di ricavo resta insoddisfacente vedono una parte delle loro priorità e del loro senso dirottata verso interessi economici diversi dei propri editori: concedendo spazi alla promozione di questi interessi e diventandone strumento, a ulteriore rischio della propria credibilità.
Sono vulnerabilità di fatto dell’informazione di questi tempi, che riguardano in misure assai varie le varie testate, ma che è utile avere presenti per capirne le scelte e le limitazioni.

Fine di questo prologo.


domenica 8 Ottobre 2023

Dieci lezioni

Dal 6 novembre il Post offre di nuovo le ” Dieci lezioni sul giornalismo “, un ciclo di incontri online con i lettori del giornalismo su storie e temi molto affini a quello che racconta questa newsletter: l’attualità del giornalismo ma anche la sua pratica nella redazione del Post. Centinaia di persone hanno partecipato alle edizioni degli anni passati, ci si iscrive qui.


domenica 8 Ottobre 2023

Per solutori più che abili

Alcuni lettori di Charlie hanno chiesto chiarimenti su un passaggio della newsletter della settimana passata, dove si diceva che la nomina di Stefania Aloia al Secolo XIX “porta a tre il numero di direttrici tra i 30 maggiori quotidiani italiani per diffusione, contro venticinque uomini”. Non si trattava di enigmistica ma forse di una sopravvalutazione da parte nostra della conoscenza delle puntate precedenti di queste considerazioni: Agnese Pini è infatti direttrice dei quotidiani del gruppo Monrif, e quindi della Nazione, del Resto del Carlino e del Giorno. Con il Giornale di Brescia diretto da Nunzia Vallini e ora con il Secolo XIX , i quotidiani maggiori diretti da donne sono cinque.


domenica 8 Ottobre 2023

Usa l’intelligenza

Il dipartimento che si occupa di giornalismo della London School of Economics and Political Science, un’università britannica e tra le più note e prestigiose al mondo, ha pubblicato un’estesa indagine sugli usi che alcune organizzazioni giornalistiche stanno facendo delle cosiddette intelligenze artificiali (in particolare di quella “generativa”, come ChatGPT, che è in grado di generare testo, immagini o video dopo un comando). Si tratta di un report, il secondo realizzato, in cui 120 persone che lavorano nel giornalismo (giornalisti, tecnici, dirigenti) provenienti da 105 redazioni di 46 nazioni raccontano delle loro esperienze e del loro uso con l’IA (degli italiani è coinvolto il Sole 24 Ore). Nei risultati del sondaggio sono emersi alcune preoccupazioni, casi positivi e auspici: i paesi più ricchi sono quelli che possono godere dei maggiori benefici dell’IA e questo alimenta disuguaglianze; tre intervistati su quattro usano l’IA in una parte del loro lavoro giornalistico; gli intervistati esprimono preoccupazioni etiche per le linee guida e per i pregiudizi degli algoritmi; per gli intervistati è fondamentale che i giornali siano trasparenti con il pubblico e specifichino quando si utilizza l’IA, così come è importante che ci sia un approccio umano nell’uso di questa tecnologia.

Alcune organizzazioni stanno già applicando in modo concreto le tecnologie nate dall’IA:
– Bloomberg ha sviluppato BloombergGPT addestrandolo sulla base di dati finanziari in modo da fornire documenti finanziari, report e approfondimenti sulle tendenze del mercato.
– Il Washington Post sta utilizzando Heliograf, uno strumento che genera brevi articoli di cronaca finanziaria o sportiva partendo da dati specifici, consentendo così ai giornalisti di concentrarsi su lavori più complessi.
– Il Times ha un sistema di gestione dei contenuti chiamato JAMES, che analizza i comportamenti dei visitatori del suo sito per fornire articoli e servizi personalizzati sulla base delle preferenze dell’utente.
– Reuters sta usando la piattaforma Lynx Insight per analizzare grandi quantità di dati e informazioni di base per sostenere reportage investigativi.
– Newtral , un sito spagnolo di fact-checking, ha curato lo sviluppo di uno strumento chiamato Claim Hunter, un’intelligenza artificiale che ascolta e trascrive l’audio di podcast, discorsi o interviste e individua le affermazioni che hanno bisogno di una verifica.


domenica 8 Ottobre 2023

Le fasi di Osho

Secondo un breve commento di Michele Masneri sul Foglio, l’autore satirico Federico Palmaroli – più noto come Osho per via della genesi del suo format che si chiama ” Le frasi di Osho ” – avrebbe già avuto sospesa la sua collaborazione con il Giornale. Le sue immagini erano state trasferite sulla prima pagina del Giornale da Libero al momento della cessione del quotidiano alla nuova proprietà e del cambio di direzione. Stando alla ricostruzione di Masneri la “romanità” dei lavori di Palmaroli non sarebbe stata apprezzata dai lettori milanesi del Giornale.


domenica 8 Ottobre 2023

“Eccezionale gravità”

L’ex presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi ha annunciato di avere ottenuto un risarcimento di 80mila euro da parte del quotidiano il Fatto e del suo direttore Marco Travaglio, che Renzi aveva querelato per diffamazione.


domenica 8 Ottobre 2023

Micromega forse ce la fa

Il 22 settembre scorso il suo direttore e fondatore Paolo Flores D’Arcais aveva annunciato che la rivista di politica e cultura Micromega avrebbe chiuso se non avesse raggiunto 5mila abbonamenti: in quel momento ne contava circa 500 e la scadenza che Flores aveva dato era per domenica 8 ottobre.

Questa settimana, mercoledì 4 ottobre, Micromega ha comunicato di aver raggiunto 5mila “impegni di abbonamento”. Significa che le persone che volevano abbonarsi alla rivista hanno compilato un “Google Form” esprimendo la propria volontà di abbonarsi, specificando il tipo di abbonamento e lasciando i propri contatti. Una volta superata la soglia delle 5mila persone che avevano compilato il modulo la redazione ha iniziato a contattare le singole persone per tradurre l’impegno in abbonamenti paganti. La condirettrice di Micromega Cinzia Sciuto ha detto a Charlie che venerdì erano stati confermati mille abbonamenti pagati.


domenica 8 Ottobre 2023

Senza Facebook

Il sito americano specializzato in marketing e media Digiday ha pubblicato alcuni dati sul continuo calo del traffico che Facebook ha portato fino a oggi ai siti di informazione. Facebook sta disinvestendo da oltre un anno sulla promozione delle notizie nel suo feed e nei rapporti con i giornali. Il problema per molti siti è che Facebook era (e spesso è) una delle principali fonti di traffico e questi cambiamenti non sono indolori. Da agosto 2022 a agosto 2023 il traffico che Facebook ha portato verso 30 selezionati siti di notizie sarebbe diminuito del 62% secondo i dati che Similarweb (una società che raccoglie e analizza dati di traffico online) ha condiviso con Digiday. Ci sono altri dati e cali notevoli per le singole testate:
The Sun: -84%
The Guardian: -79%
The Daily Mail: -77%
BuzzFeed: -72%
The New York Times: -66%


domenica 8 Ottobre 2023

Apprezzati gli interventi

Una conseguenza della scelta di alcuni giornali di dare spazio a “notizie” per ragioni che non hanno a che fare con l’informazione dei lettori ma con altri fattori, è che spesso i lettori stessi si trovano di fronte a testi assai misteriosi in cui il lavoro giornalistico è del tutto assente, proprio perché non sono rivolti a informare ma ad accontentare tipi diversi di relazioni o di interessi legati al giornale, riprendendo questo o quel comunicato stampa. Gli esempi sono frequenti, ma una sintesi molto vistosa di questo effetto era in un box pubblicato sul Corriere della Sera martedì (all’interno di una pagina dedicata a tutt’altri argomenti) in cui tutto il poco spazio era occupato da informazioni evidentemente “dovute” e senza nessun contesto o spiegazione: ai lettori non è detto cosa siano i Giganti di Mont’e Prama, né quale sia la loro “affascinante storia”, ma sono riportati estesamente i nomi di tutti i presenti a un evento anch’esso poco descritto, e i loro interventi sono indicati come “apprezzati”.


domenica 8 Ottobre 2023

Ah, Le Monde

Il Foglio di sabato ha dedicato una pagina al racconto degli ultimi sviluppi societari che riguardano Le Monde e alla storia del giornale, il quotidiano a maggiore diffusione in Francia (raccontato anche in un articolo del numero di Cose spiegate bene sui giornali e il giornalismo).

“Il mese scorso Niel ha liquidato Křetínský comprando per 50 milioni di euro l’intero pacchetto. Un anno fa aveva preso anche la quota rimasta a Pigasse. A questo punto, è l’unico azionista del quotidiano che ha al vertice una società nella quale si regolano i conti della proprietà. Il nuovo patron ha deciso di trasferire l’intera sua quota alla fondazione creata nel 2021, dal nome rassicurante: Fonds pour l’indépendance de la presse. Resta un 25 per cento in mano al Pôle d’indépendance che riunisce giornalisti, collaboratori e lettori. Con questa mossa, diventa impossibile una scalata da parte di qualcun altro, ben o mal intenzionato che sia. Nel Fondo, Niel ha fatto entrare anche il figlio Jules di appena vent’anni. Ma l’indipendenza della stampa è il cruccio del patron di Iliad, assicura il suo partner Louis Dreyfus (un cognome una garanzia) che dal 2010 ne cura gli interessi ai vertici del giornale; perché l’indipendenza è il valore per il quale si batte chi ci lavora e chi legge il Monde. Il direttore editoriale Jerome Fenoglio plaude ai recenti sviluppi e in particolare all’uscita di scena del magnate ceco con il quale non c’è mai stata nessuna vicinanza. Indipendenza va cercando ch’è sì cara, ma come la mette Fenoglio con l’intreccio familiare? Perché la compagna di Niel si chiama Delphine e di cognome fa Arnault: sì, il padre è proprio lui, Bernard il re del lusso, il quale possiede due quotidiani, Le Parisien e Les Echos. Chi stappa champagne è il presidente Macron perché Niel è suo amico da sempre e Arnault lo è diventato”.


domenica 8 Ottobre 2023

Cosa c’entra

Già dalla settimana precedente a quella passata il segretario del partito che si chiama “Azione”, Carlo Calenda, aveva attaccato il capo del maggior sindacato italiano, Maurizio Landini, a proposito di una crisi in corso in una fabbrica vicino a Bologna, a Crevalcore. Secondo Calenda Landini sarebbe indulgente nei confronti della famiglia Agnelli-Elkann proprietaria dell’azienda automobilistica Stellantis – a cui Calenda attribuisce responsabilità su quello che sta succedendo a Crevalcore e in altre crisi industriali italiane – per non alienarsi le relazioni con il quotidiano Repubblica, di proprietà degli stessi Agnelli-Elkann e tradizionalmente più vicino, tra i maggiori quotidiani, agli interessi del sindacato.
L’accusa di Calenda, al di là del caso in questione, rappresenta un’opinione non isolata su quali siano le motivazioni della proprietà di GEDI (l’azienda editoriale che possiede Repubblica Stampa , tra gli altri, e che è posseduta da Exor, il gruppo a cui appartiene anche Stellantis): in questi anni in cui Repubblica ha perso molte copie, scegliendo di rinunciare a parte della sua identità storica, dei suoi autori e dei suoi lettori, e di perdere la competizione con il Corriere della Sera, molti si sono chiesti il perché da parte della famiglia Agnelli-Elkann dell’acquisto del giornale e dell’apparente inerzia rispetto alle sue difficoltà. E la tesi di Calenda – associata al grande e inedito spazio promozionale offerto negli ultimi anni a Stellantis e a John Elkann sulle pagine di Repubblica – si allinea all’ipotesi per cui il valore del possesso di Repubblica risiederebbe per Exor nell’aver annullato il rischio di critiche e di infomazione insoddisfacente nel solo grande quotidiano tradizionalmente avverso (la Stampa era già degli Agnelli-Elkann, che avevano anche una quota del Corriere della Sera; il Sole 24 Ore è di proprietà di Confindustria).

Di fronte alle accuse di Calenda, martedì Repubblica ha pubblicato un breve e polemico comunicato (Calenda ha ulteriormente risposto).


domenica 8 Ottobre 2023

Le notizie false tengono duro

Il New York Times ha pubblicato un approfondimento sull’impatto che il lavoro di fact-checking – cresciuto molto parallelamente al dibattito sulla diffusione delle “fake news” – ha avuto in questi anni nel riuscire a fare chiarezza e diffondere informazioni verificate tra lettori e lettrici. Il lavoro dei fact-checker (letteralmente “verificatori di fatti” o delle fonti) si occupa di accertare la veridicità di avvenimenti, discorsi, notizie diffuse dai media: negli ultimi anni viene spesso descritto come un lavoro autonomo, anche se diverse competenze dovrebbero rientrare nel normale metodo giornalistico.
L’articolo del New York Times parla di come sia difficile riuscire a raggiungere con informazioni verificate alcune fasce della popolazione: molte persone infatti continuano a credere a versioni false di una notizia nonostante gli articoli di correzione prodotti da molte testate. Secondo alcuni sondaggi e ricerche, per esempio, dopo le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 tre americani su dieci hanno creduto alla tesi che la vittoria di Biden fosse stata il risultato di brogli. Ancora nel 2023, sebbene i fact-checker abbiano più volte verificato e smentito questa tesi, tre americani su dieci continuano a crederci. Il lavoro di “debunking” delle notizie false è reso più complicato anche da un ambiente ostile: in molti casi chi contesta e smonta le falsificazioni riceve molestie online e, in alcune nazioni, una parte di propaganda politica – soprattutto a destra – tende a reprimere questo tipo di giornalismo. Un’altra difficoltà che si sta presentando in questi mesi è la sostenibilità economica: molti finanziamenti per i progetti che cercano di contrastare la disinformazione arrivano da aziende tecnologiche, ma in questo momento di crisi del settore tecnologico e di conseguenti tagli alla filantropia, molte aziende potrebbero decidere di ridurre il budget destinato a questo impegno.

Nonostante tutto, spiega però l’articolo, durante le elezioni di metà mandato del 2022 negli Stati Uniti la disinformazione sembra essere stata meno dannosa del previsto, probabilmente anche grazie agli sforzi di alfabetizzazione di alcuni media in questo senso. La studiosa di disinformazione e verifica dei fatti Claire Wardle ha aggiunto, alla fine dell’articolo del New York Times, che: «Tendiamo a essere ossessionati dalle peggiori cospirazioni e da chi si è radicalizzato. In realtà, la maggior parte delle persone è abbastanza brava a riconoscere [e distinguere] tutto questo». Ma “la maggior parte” non è un dato molto definito e rassicurante.


domenica 8 Ottobre 2023

I giornalisti che fanno pubblicità

Il quotidiano Domani ha pubblicato un articolo sulla difesa di uno spot dell’Esselunga da parte di Matteo Salvini, attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e leader della Lega. Lo spot in questione è stato molto discusso, si intitola “La Pesca” e ha come protagonisti una bambina e i suoi genitori separati o divorziati. Salvini ha pubblicato un post in cui fa la spesa in un supermercato della catena: questo, secondo Domani, lo renderebbe tra l’altro colpevole di fare pubblicità illecita, dal momento che Salvini è ancora un giornalista iscritto all’albo come professionista.

Tralasciando il caso specifico (è un po’ forzato definire “pubblicità” quel post, che si esclude sia stato retribuito), è utile capire come è regolata e limitata la partecipazione retribuita a pubblicità da parte dei giornalisti. Nel “ Testo unico dei doveri dei giornalisti ” (testo che comprende le regole deontologiche che i giornalisti sono tenuti a seguire) all’Articolo 10 si parla dei “Doveri in tema di pubblicità e sondaggi”:

Il giornalista:

a) assicura ai cittadini il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario attraverso chiare indicazioni;

b) non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie. Sono consentite, a titolo gratuito e previa comunicazione scritta all’Ordine di appartenenza, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali.

Negli anni ci sono stati diversi casi controversi. Uno ha riguardato Gad Lerner e Vittorio Feltri ed è forse tra i più noti: nel 2003 furono fotografati insieme per fare pubblicità a un marchio di abbigliamento, mentre nel 2006 girarono degli spot per una marca di biscotti mentre prendevano un tè insieme. Entrambi giustificarono la loro scelta dicendo di aver devoluto in beneficenza i compensi ricevuti: criterio che però – a meno di non forzare molto quel “volte a fini” –  non è previsto come discriminante nelle regole deontologiche, alla cui base c’è il rischio di perdita di indipendenza e di credibilità del giornalista, piuttosto che quello del suo arricchimento personale.


domenica 8 Ottobre 2023

Come va il Wall Street Journal

Il New York Times ha pubblicato giovedì un articolo assai dettagliato che ricostruisce i cambiamenti e i movimenti dei giornalisti all’interno del Wall Street Journal (di fatto il suo maggiore concorrente, se ne ha uno, tra i quotidiani internazionali). Il Wall Street Journal è un prestigioso e illustre giornale americano che si occupa prevalentemente di finanza e economia: nel 2007 è stato acquistato dalla società News Corp del discusso miliardario Rupert Murdoch e dal febbraio di quest’anno è diretto da Emma Tucker. La sua nomina a direttrice è stata ritenuta insolita: Tucker ha 56 anni, è cresciuta a Londra, nel 2007 è entrata in News Corp, nel 2020 era diventata direttrice del Sunday Times (l’edizione domenicale del quotidiano londinese Times) e da oltre 15 anni non si occupava dei temi economici che sono prioritari al Wall Street Journal: da quando nel 2007 aveva lasciato il Financial Times.

Tucker è diventata direttrice del Wall Street Journal in anni piuttosto complicati: il giornale deve fare i conti con il calo delle vendite del cartaceo e con un minore traffico dai social media. Inoltre, sebbene il quotidiano sia stato uno dei primi a inserire il paywall online già negli anni Novanta, l’azienda è stata lenta nell’adattare la propria redazione al digitale anche se da qui arrivava la maggior parte degli abbonati: oggi ha circa 4 milioni di abbonamenti totali di cui circa 3,4 milioni solo digitali.

Questo contesto probabilmente spiega meglio la nomina a direttrice di Tucker: durante la sua direzione del Sunday Times ha posto maggiori attenzioni al digitale e ha assunto nuovi giovani giornalisti. L’obiettivo di Tucker è riuscire a incrementare gli abbonamenti online e ampliare la comunità di lettrici e lettori che di solito si informano attraverso il Wall Street Journal: il giornale adesso ha una base di abbonamenti prevalentemente maschile e anziana, circa il 75% dei lettori si dichiara di genere maschile e l’età media è di 59 anni. Per raggiungere lettori diversi alcune scelte sono già state fatte: quindici giornalisti più esperti hanno lasciato il giornale negli ultimi mesi; i titoli e le foto sono più vivaci; alcune formalità abbreviazioni sono state eliminate per rendere la lettura più scorrevole.


domenica 8 Ottobre 2023

È già finita la Stampa di Massimo Giannini

Giovedì scorso un comunicato di GEDI, l’azienda che pubblica tra gli altri i quotidiani nazionali Repubblica Stampa, ha confermato che la vicedirettrice di Repubblica Stefania Aloia andrà a dirigere il quotidiano genovese Secolo XIX (sempre di GEDI), aggiungendo che Massimo Giannini lascerà invece la direzione della Stampa per tornare a scrivere su Repubblica , mentre il nuovo direttore della Stampa sarà Andrea Malaguti, finora vicedirettore. Dalle parole del comunicato si capisce un’intenzione di GEDI di riportare il quotidiano più verso il rapporto con Torino e il Piemonte che verso le ambizioni nazionali degli scorsi anni.

“Malaguti assume l’incarico con il compito di imprimere ulteriore slancio al processo di innovazione in atto, ponendo particolare cura nel rafforzare il legame unico tra la Stampa e i lettori del suo territorio, nel rispetto della migliore tradizione editoriale del giornale”.


domenica 8 Ottobre 2023

Charlie, vedere i fatti

Un breve prologo in una giornata in cui le notizie sono straordinariamente più rilevanti del modo in cui vengono date: e in cui si sta ponendo di nuovo la questione di quali immagini mostrare, dove fermarsi e dove trovare l’equilibrio tra informazione e rispetto. Due cose sono da ricordare, rimandando a quello che il Post aveva scritto di recente: che il rispetto si deve soprattutto alle persone protagoniste, coinvolte, vittime dirette delle notizie e delle immagini che le raccontano; e che non è vero quasi mai che “quelle immagini non aggiungono niente”. Aggiungono sempre qualcosa alla comprensione e alla conoscenza delle cose; ma possono togliere e ferire in altri modi, e quello che va ponderato è un equilibrio, ricordando sempre che il ruolo principale del giornalismo è informare.

Fine di questo prologo.


domenica 1 Ottobre 2023

Giornali a Carpi

La rassegna stampa pubblica del Post, I giornali spiegati bene, domenica prossima sarà a Carpi, al Festival del Racconto, con Luca Sofri e Francesco Costa.


domenica 1 Ottobre 2023

Per fare il Post

Il Post ha iniziato a pubblicare una serie di podcast sul funzionamento della propria redazione, in cui Matteo Caccia intervista le persone sul proprio lavoro: le prime puntate ospitano il direttore Luca Sofri, la vicedirettrice Elena Zacchetti, Alice Nicolin e Giulia Balducci che curano i social network e i commenti, Stefano Nazzi del podcast “Indagini”.


domenica 1 Ottobre 2023

Separazioni

Le recenti rotazioni di proprietà e direzioni nei quotidiani italiani di destra hanno portato questa settimana a ben due uscite poco serene di due autori assai rappresentativi in quei quotidiani. Il Giornale, appena acquistato dalla famiglia Angelucci e di nuovo sotto la direzione di Alessandro Sallusti, ha licenziato il suo storico disegnatore Alfio Krancic, che ha pubblicato sabato la sua ultima vignetta. Invece da Libero se n’è andato Filippo Facci, contro la decisione della nuova direzione di Mario Sechi di rimuovere dalla prima pagina la sua rubrica quotidiana.


domenica 1 Ottobre 2023

Micromega nei guai

La rivista Micromega ha annunciato il concreto rischio di chiusura, con un articolo del suo fondatore e direttore Paolo Flores D’Arcais. Micromega è una rivista filosofico-politica di sinistra fondata nel 1986, nota e familiare per la misura ponderosa e pensosa dei suoi articoli. Fino al 2020 faceva parte del gruppo GEDI (editore di Repubblica Stampa tra gli altri) quando lo stesso gruppo ne aveva deciso la dismissione. Flores d’Arcais aveva costituito una nuova società per far ripartire le pubblicazioni nel marzo del 2021. Ma era rimasta in perdita: al momento ha circa 500 abbonamenti ma per riuscire a trovare una sostenibilità economica e sopravvivere ne ha bisogno di 5 mila entro il prossimo 8 ottobre; si tratta di un traguardo grande e ambizioso ma forse non impensabile. Se non sarà raggiunto « Micromega muore», ha scritto Flores d’Arcais.


domenica 1 Ottobre 2023

Un podcast di direttori

Gli ex direttori dei due quotidiani Guardian Financial Times , Alan Rusbridger e Lionel Barber, hanno pubblicato il primo episodio di un podcast settimanale, Media Confidential, che parlerà di giornalismo, media e giornali. Rusbridger ha diretto il Guardian dal 1995 al 2015 e molti esperti concordano che il suo lavoro abbia portato il giornale a crescere e attraversare un periodo unico di cambiamento, facendogli raggiungere una rilevanza mondiale senza precedenti. Barber ha diretto il Financial Times dal 2005 al 2020 e ne ha gestito la transizione digitale contribuendo alla sua affermazione e alla sua salute economica in tempi difficili per molte altre testate. Il podcast è prodotto dalla rivista Prospect, diretta oggi da Rusbridger, e nella prima puntata i due parlano di Rupert Murdoch e della sua decisione di cedere il controllo di Fox Corporation e del conglomerato di testate giornalistiche News Corp al figlio maggiore, Lachlan.


domenica 1 Ottobre 2023

Offerte

Prima che se ne iniziasse a discutere per il suo contenuto e le attenzioni generate sui social network, lo spot di Esselunga sulla “pesca” era stato promosso con pagine pubblicitarie che lo annunciavano sui maggiori quotidiani. Il Corriere della Sera, uno di questi, ha quindi offerto a Esselunga e allo spot anche un breve articolo nelle pagine dell’Economia.


domenica 1 Ottobre 2023

Archeologia

Embedded – una apprezzata newsletter che parla di cose interessanti e notevoli di internet – aveva parlato la settimana scorsa di Kelsey Russell, una ventitreenne che su TikTok legge gli articoli dei giornali di carta e li commenta per un pubblico giovane e profano dei giornali stessi. Lunedì ne ha scritto anche il sito americano di news Slate , intervistando Russell, che studia alla Columbia University a New York. I suoi video in media totalizzano decine di migliaia di visualizzazioni (alcuni superano le centinaia di migliaia): sono insoliti e diversi dai tanti che si possono trovare sulla piattaforma, non hanno un montaggio o delle musiche particolari e durano anche sei o sette minuti. Per il suo 23° compleanno aveva chiesto ai genitori un abbonamento al New York Times, che ora è il giornale che più spesso legge su TikTok, e proprio il New York Times l’ha invitata a visitare i suoi uffici. Il candore con cui Russell condivide la sua stessa ignoranza e guida i suoi coetanei in un territorio a loro così estraneo come quello dei giornali sta generando molta curiosità nelle aziende giornalistiche stesse, da anni piuttosto disperate di poter coinvolgere i lettori più giovani. A Slate Russell ha raccontato di stare preparando un podcast.


domenica 1 Ottobre 2023

Le attese sul Daily Telegraph

Il sito britannico PressGazette, che si occupa di giornali e giornalismo, ha pubblicato una pagina che terrà aggiornata con le informazioni sull’asta per acquistare il Daily Telegraph, uno dei più importanti quotidiani del paese, messo in vendita qualche mese fa dai suoi creditori. Le sue prospettive restano varie e finora misteriose, con diversi offerenti di cui si è parlato (da sabato è entrato nelle ipotesi anche il grande editore tedesco Axel Springer), e PressGazette vuole mettere un po’ ordine.


domenica 1 Ottobre 2023

Minori

Con una segnalazione interna all’Ordine dei Giornalisti il Comitato di Pari Opportunità, che fa parte dell’Ordine stesso, ha pubblicato un comunicato a proposito delle immagini trasmesse dal telegiornale di martedì sera su La7 : nei documenti giudiziari mostrati dal video si leggevano, senza che fossero stati oscurati, i nomi delle bambine di 10 e 12 anni vittime di uno stupro a Caivano e dei minori arrestati e accusati di quello stupro. La stessa segnalazione è stata fatta dall’associazione GiULIA, che si occupa di temi di genere nel giornalismo, che scrive delle possibili violazioni deontologiche giornalistiche. Quella edizione del telegiornale non è più disponibile né sul sito né sul canale di YouTube della , mentre è ancora online la versione podcast (che quindi è un audio e non mostra le immagini con i nomi).

Negli anni l’Ordine dei Giornalisti si è dotato di diverse carte, iniziative e regole deontologiche in relazione ai minori, non sempre rispettate. Dal 1990 esiste la “Carta di Treviso”: tra i doveri dei giornalisti indica quello del rispetto della privacy e dell’anonimato dei minori e anche che «in tutte le azioni riguardanti i minori deve costituire oggetto di primaria considerazione “il maggiore interesse del bambino” e che perciò tutti gli altri interessi devono essere a questo sacrificati» e «al bambino coinvolto come autore, vittima o teste – in fatti di cronaca, la cui diffusione possa influenzare negativamente la sua crescita, deve essere garantito l’assoluto anonimato». Per quanto riguarda bambine e ragazze minori nei casi di femminicidio, violenza, molestie e discriminazione di genere c’è anche l’articolo 5-bis del “Testo unico dei doveri del giornalista” dove si invitano i giornalisti a usare attenzione nel linguaggio, attenersi «all’essenzialità della notizia e alla continenza», descrivere l’accaduto con rispetto e senza sminuire la gravità dei fatti.


domenica 1 Ottobre 2023

Spiegare bene, spiegare tutto

Il sito del Reuters Institute for Journalism ha anche intervistato il giornalista di BBC che avevamo citato tre settimane fa per i suoi tweet sui processi di verifica di BBC sulle notizie delle morti di persone famose. Nell’intervista parla ancora del suo lavoro e di altro.

“Spiegare come lavoriamo sarà una delle cose decisive del prossimo paio d’anni. Il pubblico vuole capire come vengono prese le decisioni all’interno delle redazioni, come le cose vengono controllate e verificate e come usiamo le fonti”.


domenica 1 Ottobre 2023

Preagitazioni in GEDI

Un comunicato del Comitato di redazione della Stampacitato dal sito Professione Reporter, ha protestato contro il fatto che siano circolate voci di un nuovo esteso piano di prepensionamenti all’interno dell’azienda GEDI, che pubblica Stampa Repubblica, tra le altre cose. A Repubblica più di cinquanta persone avevano lasciato l’azienda con i prepensionamenti solo due anni fa.

“poco fa sono uscite indiscrezioni che riguardano il nostro giornale e Repubblica, comprese alcune abbastanza dettagliate su una delicata questione come i prepensionamenti. Non abbiamo alcuna notizia né eravamo stati convocati da direzione e azienda. Dopo le nuove nomine di Corradi e Begal, questa è la seconda volta in pochi giorni che noi tutti, assieme a voi, veniamo a conoscenza di possibili e importanti cambiamenti per via indiretta. Informazioni che in pochi nel management conoscono e che puntualmente bypassano la redazione e i suoi rappresentanti, che avrebbero diritto di essere considerati come interlocutori principali. Lo consideriamo un fatto molto grave, nella forma e nella sostanza, diventato ahimè una costante delle relazioni fra noi e la controparte”.

(Corradi e Begal sono i due dirigenti appena nominati amministratori delegati rispettivamente di GEDI News Network e GEDI Digital)


domenica 1 Ottobre 2023

Books 2

C’è un secondo libro molto commentato nel mondo dei media americani che è uscito martedì scorso, ed è quello dedicato al New York Times scritto da un giornalista dello stesso New York Times, Adam Nagourney, che ha raccontato di essersi preso un anno dal lavoro per scriverlo e di non essersi confrontato col giornale sul suo contenuto. Stanno iniziando a uscire recensioni presentazioni, anche sul New York Times.


domenica 1 Ottobre 2023

Books 1

Martin Baron è un giornalista con una lunga carriera in posizioni dirigenziali in due dei più illustri giornali statunitensi: è stato direttore del Boston Globe dal 2001 al 2012, anche durante l’inchiesta sugli abusi sessuali di alcuni preti dell’arcidiocesi di Boston da cui è tratto il film Il caso Spotlight, e questo gli ha dato una notorietà internazionale anche fuori dagli ambiti giornalistici; e poi del Washington Post dal 2013 al 2021, in anni di crescita e di molti successi, accompagnati anche dagli investimenti di Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del quotidiano dal 2013.
Questa settimana il magazine americano Atlantic ha pubblicato una prima anticipazione del nuovo libro di Baron dedicato alla sua esperienza in quella fase speciale della storia del Washington PostCollision of Power, che uscirà il 3 ottobre: si parla della gestione della redazione, del rapporto con Bezos, della copertura della presidenza Trump, del rapporto con le fonti e degli standard giornalistici del giornale. Nell’estratto uscito sull’ Atlantic ci sono alcuni passaggi proprio sull’autonomia nei confronti degli altri interessi di Bezos: «C’erano molte cose su Bezos e Amazon che il Post doveva coprire e indagare con forza […]. Eravamo determinati ad adempiere ai nostri obblighi giornalistici in totale indipendenza e lo abbiamo fatto senza alcuna restrizione». Fra le altre cose Baron parla della nascita dello slogan “Democracy dies in darkness”, scelto nel febbraio 2017 per essere pubblicato sotto il nome della testata:

«Bezos, fondatore e ora presidente esecutivo di Amazon, aveva acquistato il Washington Post nel 2013. All’inizio del 2015, aveva espresso il desiderio di trovare una frase che potesse racchiudere lo scopo del giornale: una frase che trasmettesse un’idea, non un prodotto; che si adattasse bene a una maglietta; che facesse un’affermazione unicamente nostra, dato il nostro patrimonio e la nostra base nella capitale della nazione; e che fosse allo stesso tempo aspirazionale e dirompente. “Non un giornale a cui abbonarsi”, come ha detto Bezos, ma piuttosto “un’idea a cui appartenere”».


domenica 1 Ottobre 2023

Come convincerli

Il Reuters Institute for Journalism ha pubblicato una ricerca sulla relazione delle persone con gli abbonamenti ai servizi di news in venti paesi, con approfondimenti e dati più sostanziati che riguardano Stati Uniti, Germania e Regno Unito. Le conclusioni maggiori sono sintetizzate così:

– il maggiore costo della vita è fortemente legato ad alti numeri di cancellazioni che stanno stabilizzando la quota di abbonamenti ai siti di news.
– le offerte di abbonamenti a prezzi scontati sono efficaci nell’attrarre nuovi abbonati, ma molti di questi faticano a vedere un valore per rinnovare poi e pagare il prezzo pieno.
– gli abbonati più duraturi tendono a essere maschi, più vecchi, più ricchi, e più scolarizzati, con un forte interesse nell’attualità e nella politica. Gli abbonati più giovani tendono a pagare meno e più facilmente prediligono le donazioni singole.
– gli abbonati ai siti di news sono attratti da una combinazione di contenuti di alta qualità, curati e unici, da un’identificazione col brand, da un desiderio di sostenere il giornalismo di qualità e da una “user experience” più apprezzata.
– circa la metà dei non abbonati dice che non c’è niente che la convincerebbe a pagare per le news online, mentre altri potrebbero essere attratti da un prezzo più basso, da contenuti più rilevanti o da siti e app meno disordinati (senza pubblicità).
– per alcune persone il valore degli abbonamenti è condizionato in parte dalla quota e qualità di contenuti gratuiti disponibili sul mercato, ma anche dal prezzo e dal valore di piattaforme di intrattenimento dedicate a programmi tv, sport e musica.


domenica 1 Ottobre 2023

Le donne di Genova

Non è ancora stato comunicato pubblicamente dall’azienda, ma diverse fonti hanno anticipato che Stefania Aloia sarà la prossima direttrice del Secolo XIX di Genova. Il Secolo XIX (si dice “secolo decimonòno”) è diffuso in tutta la Liguria: avendo dichiarato 24.510 copie a luglio è il nono quotidiano locale per diffusione (perdendo il 9% da un anno prima). Dopo essere stato acquisito dalla Stampa nel 2014, d al 2017 è di proprietà del gruppo GEDI, lo stesso dei quotidiani nazionali Repubblica Stampa, che negli ultimi anni ha ceduto quasi tutto il suo patrimonio di quotidiani locali.
Aloia ha 54 anni e fino a oggi era vicedirettrice di Repubblica , dove lavora dal 2008. La sua nomina porta a tre il numero di direttrici tra i 30 maggiori quotidiani italiani per diffusione, contro venticinque uomini.


domenica 1 Ottobre 2023

Charlie, strane relazioni

Un articolo del mensile americano Atlantic ha rinfacciato al giornalismo di quel paese di essere troppo docile nelle interviste ai politici, portando a buon esempio gli approcci britannici e in particolare un caso in cui un tentativo incalzante di intervista ha costretto l’ex primo ministro Boris Johnson a nascondersi in una cella frigorifera.

La questione è complicata, e investe antiche riflessioni sul rapporto tra intervistatori e intervistati (chiamiamo così anche i protagonisti di conversazioni usate a fini giornalistici, non necessariamente pubblicate o trasmesse come interviste): la professione giornalista è particolare nel creare una delicatissima contraddizione tra rapporto umano e rapporto professionale tra due persone, in cui si sovrappongono rapporti di civiltà e interazione personale a interessi terzi non rivelati, da parte di entrambe le parti. E in cui il risultato di quella relazione professionale, per essere considerato un buon risultato, pretenderebbe di poter “scontentare il cliente”.

C’è poi il rischio di confondere l’aggressività, o l’inganno, col buon giornalismo: libertà di giudizio e capacità di contraddizione – ciò che spesso manca anche da noi – sono una cosa diversa dalle esibizioni egocentriche o demagogiche a favore di lettori o spettatori. E restando da noi, c’è pure qualcosa di vero nel luogo comune per cui “tutti sono cognati di tutti”, e che ci sia una disabitudine risentita all’eventualità che i giornalisti scontentino qualcuno con cui hanno anche semplicemente avuto una conversazione (è emerso anche in una piccola storia recente relativa al Post). “Non si fa”, e gli uffici stampa e portavoce sono capaci di indignazioni e ritorsioni.

Ma se leggiamo le interviste sui quotidiani – per esempio -, e soprattutto quelle ai politici, non danno quasi mai l’idea che l’intervistato esca scontento dalla loro lettura: che non dev’essere un criterio di valore, ma se appunto non succede quasi mai qualcosa non funziona come dovrebbe.

Fine di questo prologo.


domenica 24 Settembre 2023

Ferrara

Il prossimo weekend si tiene a Ferrara uno dei più importanti festival di giornalismo italiani, quello del settimanale Internazionale . Tra i tanti ospiti del programma il più familiare ai lettori di Charlie è Ben Smith, fondatore del sito Semafor e uno dei più importanti “giornalisti che si occupano di giornali” negli Stati Uniti.


domenica 24 Settembre 2023

Informarsi inclusivi

Alla vigilia della quinta edizione dell’evento romagnolo organizzato dal Post che si sta tenendo questo weekend, “Talk”, il sito Ravennaedintorni ha intervistato il direttore del Post su diversi aspetti delle attività del giornale.

Se un lettore avesse Il Post come unica voce nella sua dieta mediatica, sarebbe un lettore sufficientemente informato? Avete l’ambizione di dare quel tipo di informazione?
«Non è quello che abbiamo in mente. Nessuno oggi può dare un’informazione completa, qualunque cosa si intenda per completa. L’offerta di informazione di qualità da tutti i posti del mondo è talmente ricca che non si può immaginare di essere gli unici. Non direi mai a qualcuno leggi solo Il Post».


domenica 24 Settembre 2023

Kretinsky si muove

Daniel Kretinsky è un miliardario di 48 anni di origine ceca che ha ampi e estesi interessi nei media europei: possiede diverse testate in Repubblica Ceca, in Francia aveva una quota della società che pubblica Le Monde, ma sabato si è saputo delle sua vendita all’imprenditore Xavier Niel, che andrà ad aggiungerla a quella del fondo da lui creato che già possedeva una grossa quota dell’azienda. Kretinsky ha partecipazioni anche in altri giornali francesi e lo scorso anno ha prestato 14 milioni all’altro quotidiano francese Libération. Le maggiori ricchezze di Kretinsky derivano dal business dell’energia. Il Financial Times ha scritto giovedì che Kretinsky dovrebbe partecipare anche all’asta per l’acquisizione del gruppo editoriale Telegraph Media Group del Regno Unito, la società che pubblica il Daily Telegraph, il Sunday Telegraph (la versione domenicale del Daily Telegraph) e la rivista The Spectator. L’asta si terrà nelle prossime settimane e non è ancora chiara la strategia di Kretinsky, che forse potrebbe allearsi con altre offerte così da ritrovarsi con una quota di minoranza del gruppo editoriale.


domenica 24 Settembre 2023

Petizioni

Nel campo delle iniziative collaterali introdotte dai giornali per conservare una relazione con i propri lettori anche al di fuori delle proprie attività giornalistiche, il Fatto ha presentato un proprio sito di petizioni (che tra l’altro probabilmente permetterà di raccogliere registrazioni e recapiti degli iscritti, utilizzabili per estendere la propria comunità di destinatari di comunicazioni e promozioni).


domenica 24 Settembre 2023

Una correzione 60 anni dopo

Nella sua rubrica quotidiana “Correzioni e ampliamenti” il Wall Street Journal ha rettificato un articolo che aveva pubblicato il 29 agosto 1963. L’articolo riguardava la Marcia su Washington del movimento per i diritti civili e citava erroneamente alcune parti del discorso di John Lewis, attivista e politico che ebbe poi una lunga e autorevole carriera parlamentare negli Stati Uniti e che allora era presidente dello Student Nonviolent Coordinating Committee. L’articolo conteneva degli errori perché, spiega oggi il Wall Street Journal , era probabilmente basato su una prima bozza del discorso invece che sul discorso effettivamente pronunciato da Lewis il 28 agosto 1963.
Marc Lacey, managing editor del New York Timesha aggiunto su LinkedIn che “non è mai troppo tardi per correggersi”. Il Wall Street Journal è uno quotidiani unanimemente riconosciuto tra i più rigorosi e importanti al mondo. L’attenzione alla revisione e correzione di articoli anche vecchi di diversi anni è molto poco diffusa tra le testate giornalistiche.


domenica 24 Settembre 2023

Headlines

Nella sezione che spiega scelte e funzionamenti del New York Times, chiamata Times Insider, la digital editor Sarah Bahr ha scritto della sua esperienza di tre mesi con il reparto che si occupa di preparare i titoli, gli articoli e le fotografie da pubblicare invece sul giornale di carta. Bahr spiega alcuni funzionamenti che possono essere utili a capire come lavora una sezione del New York Times, come ad esempio la scrittura del titolo che deve occupare uno spazio preciso (i titoli, come sanno i lettori di Charlie, non sono quasi mai scritti dai giornalisti e in Italia hanno consuetudini problemi specifici, come approfondito, fra le altre cose, nell’ ultimo numero di “Cose spiegate bene” del Post).

“Una delle parti più difficili del lavoro è la creazione dei titoli. Online, un titolo ha limiti di spazio meno stringenti. Ma un titolo per la stampa deve rientrare in uno spazio definito e ristretto; anche una sola lettera in più può richiedere una riscrittura completa. Ci sono alcuni trucchi: Per esempio, ci sono molti modi di dire “Supreme Court” per adattarsi a spazi di lunghezza variabile (per esempio, “justices”, “top court”). […] Ogni riga di un titolo dovrebbe essere in grado di stare in piedi da sola come un singolo pensiero, il che significa che ogni riga diversa da quella finale dovrebbe generalmente terminare con un nome o un verbo d’azione. […] I titoli devono riempire esattamente lo spazio a disposizione”.


domenica 24 Settembre 2023

Dagli sconti al prezzo intero

La newsletter Mediastorm ha pubblicato una sintesi dei dati di diffusione dei quotidiani (quelli che riferiamo mensilmente su Charlie) su una scala di sei mesi, con alcune valutazioni più generali.

Una frazione rispetto al volume delle copie vendute nelle edicole, certo, ma quello delle copie digitali è un dato importante perché è un indicatore degli abbonamenti digitali visto che molto raramente vengono vendute singolarmente. Un dato, quello degli abbonamenti digitali (o delle cosiddette “membership”), che gli editori in Italia non comunicano se non in modo discontinuo e in maniera molto generica, non specificandone la tipologia (se a prezzo intero o relativi a offerte speciali e periodi di prova).
È un elemento importante perché se la flessione delle vendita di copie cartacee è strutturale c’è da capire in che misura il digitale (soprattutto attraverso la subscription economy) argina la perdita di risorse del canale edicola. In mancanza di dati più dettagliati, sembra proprio che in Italia siamo ancora nella fase nella quale ci si preoccupa principalmente di fare “massa critica”.
Il punto è — vale la pena ripetere — che prima o poi, una parte della “massa critica” bisogna pur convertirla in abbonamenti con margini di guadagno più alti, anche perché i quotidiani italiani:
– non possono giocare, più di tanto, su scale di grandezza nelle quali margini di guadagno bassi hanno un effetto comunque positivo, da “coda lunga” (ad oggi nemmeno il New York Times può farlo più di tanto, per dire);
– facendo così diminuisce ulteriormente, se non definitivamente, il valore percepito dai lettori dei contenuti su digitale, complicando terribilmente (eufemismo) la fase di conversione agli abbonamenti digitali a margine di guadagno più alto.


domenica 24 Settembre 2023

Inserzionisti anomali

Martin Ødegaard è un calciatore norvegese, capitano della squadra londinese dell’Arsenal in cui gioca da due anni. Nei giorni scorsi ha firmato un nuovo contratto e ha comprato due diverse pagine pubblicitarie su un giornale di Islington (il quartiere di Londra dove si trova lo stadio dell’Arsenal) e della sua città norvegese, Drammen, per dire che si trova a casa nel primo e che non si dimentica della sua prima casa nel secondo.


domenica 24 Settembre 2023

Appare molle

Proprio per la grandissima rarità di commenti che si mostrino obiettivi e anche critici, sui giornali, a proposito delle scelte dei brand di moda, ai loro andamenti, alle loro sfilate o collezioni, vale la pena di segnalare i casi in cui questo invece avviene. Pur con molte attenuanti e incoraggiamenti, il giornalista di moda Angelo Flaccavento ha di fatto stroncato sabato sul Sole 24 Ore la sfilata del nuovo designer di Gucci (celebrata invece come di consueto sugli altri quotidiani).


domenica 24 Settembre 2023

Prossimità

È stata una settimana di sfilate, a Milano: e sui tre-quattro quotidiani maggiori è stata quindi una settimana di grandi sovrapposizioni tra pagine pubblicitarie comprate da brand di moda e articoli o interviste dedicati a quegli stessi brand, in una consuetudine che assegna al giornalismo di moda una maggiore libertà di subordinarsi alla raccolta pubblicitaria. Lo sanno tutti, anche i lettori, quindi non ha grandi conseguenze di perdita di credibilità: tutt’al più limita la possibilità di trovare su quei quotidiani un lavoro giornalistico più libero e indipendente sui brand di moda (ma vedi sotto per un’eccezione).
Ma succede anche in altri settori e con altri inserzionisti, e per esempio questa settimana Il Corriere della Sera ha offerto un articolo giovedì a una campagna sostenuta dal sapone Dove che aveva acquistato due pagine di pubblicità martedì.
Diversi quotidiani hanno ospitato poi questa settimana una nuova puntata della campagna di Meta di promozione generica del suo “metaverso”, che negli ultimi mesi è stato descritto spesso come un progetto in difficoltà: Repubblica l’aveva fatta precedere da un’intervista con Nick Clegg, “presidente degli Affari globali” di Meta intitolata «Nick Clegg, l’ambasciatore di Meta per la scuola: “Ho visto le classi del futuro: saranno nel metaverso”».


domenica 24 Settembre 2023

Pagare per non far pagare

I siti di news che si sono dedicati a chiedere dei contributi economici ai propri lettori senza introdurre dei paywall e mantenendo i propri contenuti aperti e gratuiti sono una minoranza, ma interessante all’interno del dibattito sul servizio pubblico del giornalismo e sulla sua accessibilità. Il caso internazionale più importante è probabilmente quello britannico del Guardian (in Italia ci ha investito il Post, e con minore priorità alcuni altri siti per cui però quei ricavi finora restano minoritari, come Open Linkiesta) e in questi casi diventa fondamentale la capacità di comunicazione verso i lettori di motivazioni o incentivi per sostenere il giornale senza esservi obbligati dal paywall. Il sito di NPR – il grande network di istituzione e servizio pubblici di radio statunitensi – ha adottato un messaggio che è stato commentato dal magazine online Nieman Lab per la sua scelta di rivendicare apertamente l’assenza di paywall come un merito da ricompensare (il Post aveva usato messaggi simili sin dalle sue prime campagne di abbonamento).

Ti aspettavi un paywall? Non è il nostro stile.
Siamo in missione per creare un pubblico più informato. Perché succeda, bisogna che tu faccia qualcosa di eccezionale: contribuire. I tuoi dollari saranno trasformati in notizie, video e altro ancora. E tutto questo giornalismo affidabile sarà disponibile gratis per tutti. Puoi darci una mano?


domenica 24 Settembre 2023

La fine dello sport al New York Times

All’inizio della scorsa settimana la sezione sportiva del New York Times è stata infine dismessa, come era stato annunciato già da tempo. Il piano del giornale è quello di delegare questo lavoro all’ Athletic, il sito sportivo che il New York Times aveva acquistato all’inizio del 2022 per 550 milioni di dollari. La chiusura della sezione sportiva dovrebbe riguardare circa 35 persone, molti giornalisti saranno ricollocati in altri dipartimenti del giornale mentre alcuni lavoreranno per l’ Athletic: non sono previsti licenziamenti.

Però la chiusura della sezione sportiva del New York Times è avvenuta tra molte critiche da parte del sindacato dei giornalisti e dei dipendenti, come ha scritto il giornalista che si occupa di sport e media Ben Strauss sul Washington Post. Le accuse maggiori sono arrivate da NewsGuild, un importante sindacato dei giornalisti negli Stati Uniti, che ha presentato un reclamo e ha protestato perché la direzione del giornale ha sostituito lavoro sindacalizzato (diversi giornalisti della sezione sportiva facevano parte del sindacato) con lavoro non sindacalizzato: la redazione dell’ Athletic, composta da circa 400 giornalisti e redattori, non è sindacalizzata. Il New York Times ha dichiarato di stare stipulando un contratto con l’ Athletic, questo perché il sito sportivo non fa parte della redazione del quotidiano; così gli accordi verranno presi nello stesso modo con cui vengono presi con un servizio giornalistico  esterno come l’agenzia Associated Press . I dipendenti del New York Times hanno anche posto domande alla direzione del giornale per quanto riguarda gli standard editoriali e i modelli di business del sito sportivo: l’ Athletic è uno dei siti di sport in lingua inglese più apprezzati a livello internazionale ma al momento è ancora in perdita.

Malgrado la nuova natura della produzione sportiva conserverà quindi dei contenuti giornalistici sul New York Times, la fine delle pagine dello sport è stata anche commentata e criticata come la fine di una grande tradizione.


domenica 24 Settembre 2023

Tutti in coro

La dipendenza delle pagine della Cultura e degli Spettacoli dei maggiori quotidiani dai tempi della promozione di prodotti editoriali e dalle offerte degli uffici stampa è stata questa settimana più visibile che mai martedì: RepubblicaCorriere della Sera Stampa hanno dato tutti e tre lo spazio maggiore della Cultura alla biografia di Inge Feltrinelli pubblicata da Feltrinelli e lo spazio maggiore degli Spettacoli all’uscita del disco di Ligabue. Su quest’ultimo lo stesso giorno ha aperto anche il Fatto.


domenica 24 Settembre 2023

Cosa mostrare e cosa no

In una partita del campionato di football americano NFL tra Cleveland Browns e Pittsburgh Steelers il running back di Cleveland Nick Chubb si è gravemente infortunato al ginocchio. La partita era trasmessa dall’emittente ABC che ha deciso di non mostrare replay e immagini dell’infortunio, particolarmente violento. Sul sito del Poynter Institute – un istituto dedicato allo studio e alla promozione del giornalismo – il media reporter Tom Jones si è domandato cosa abbia senso mostrare e cosa no: è una discussione senza una risposta definitiva e ha diverse sfumature che riguardano la sensibilità delle persone, il contesto, le inserzioni pubblicitarie, l’attenzione per le persone coinvolte e i loro familiari (il Post ne aveva scritto qui).

“ Mi sono sempre chiesto se le reti debbano mandare in onda filmati di infortuni così gravi. Parliamo continuamente dei pericoli del football, ma non si potrebbe obiettare che, non mostrandone le conseguenze, stiamo sterilizzando il gioco e i suoi rischi? Le reti non hanno bisogno di essere leggere. Possono mostrare [il replay] una volta sola, insieme a un avvertimento: “Attenzione, stiamo per mostrarvi un replay che alcuni potrebbero trovare troppo impressionante”. Ora, un’obiezione potrebbe essere che se qualcuno vuole davvero vedere l’infortunio può trovarlo su Internet. Ma questo costringe gli spettatori a cercarlo. E un cinico potrebbe suggerire che le reti, che sono in affari con la NFL, non vogliono mostrare la brutalità del gioco perché questo è, beh, negativo per gli affari. […] Anche il giocatore infortunato e i suoi cari che guardano a casa dovrebbero essere rispettati. Ma non credo che dovremmo tornare automaticamente a non mostrare i replay in nome della protezione dello spettatore. Non sono sicuro che proteggere il pubblico faccia davvero il suo interesse. Forse dovremmo tutti vedere quanto può essere violento questo gioco. Forse dobbiamo vederlo Non credo che dovremmo essere pronti a lodare le reti quando non mostrano i replay – anche quando i replay sono difficili da guardare. Anzi, il punto è proprio questo. Il fatto che sia più difficile da guardare potrebbe essere un motivo in più per vederlo ”.