Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.
domenica 26 Novembre 2023
Sono continuate – ne parlavamo su Charlie la scorsa settimana – le discussioni attorno alla pubblicazione di immagini “impressionanti” da parte del Washington Post: il giornale americano sta dedicando una serie di articoli che raccontano le conseguenze dell’uso dei fucili AR-15 negli Stati Uniti. Per farlo ha usato anche delle immagini che mostrano le conseguenze di undici recenti sparatorie.
Il Washington Post è tornato questa settimana sulla pubblicazione delle foto descrivendo la reazione dei lettori. Fred Guttenberg, il padre di una quattordicenne uccisa da un attentatore in una scuola a Parkland in Florida, ha definito le foto «inutili» e «traumatiche per coloro che sono rimasti coinvolti nella violenza delle armi da fuoco». Brett Cross, zio e tutore legale di un bambino di 10 anni ucciso l’anno scorso da un attentatore alla scuola di Uvalde, in Texas, ha scritto sui social media che le immagini erano «inquietanti e veramente scioccanti» ma «spero che siano un pugno allo stomaco» che impedisca all’opinione pubblica di «chiudere un occhio sulla realtà».
Jelani Cobb, giornalista e preside della scuola di giornalismo Columbia, ha detto: «l’intenzione è che ci sia una certa dose di shock che possa scuotere le persone e far loro cambiare idea» ma «vedere quelle immagini non ci dice molto di più rispetto a quello che già sappiamo». In occasione del 20° anniversario della strage alla scuola Columbine, gli attuali studenti hanno iniziato una campagna per invitare le persone a condividere le immagini delle persone uccise da armi da fuoco: in questo caso l’intento è suscitare una reazione emotiva che, secondo loro, potrebbe portare a un cambiamento legislativo sulla regolamentazione delle armi. Jessica Fishman, direttrice di un centro che si occupa del comportamento delle persone all’Università della Pennsylvania, ha detto che le sue ricerche non evidenziano che foto impressionanti possano far cambiare idea sulla politica delle armi in America. Però ha detto anche che dalle sue ricerche non risulta che queste foto siano troppo emotivamente pericolose per il pubblico o che generino indifferenza verso le tragedie.
domenica 26 Novembre 2023
Ci sono ancora aggiornamenti per quanto riguarda la vendita della società britannica Telegraph Media Group che pubblica, tra le altre cose, l’importante quotidiano conservatore Daily Telegraph e la rivista The Spectator. Riassumendo brevemente: il gruppo editoriale è stato rilevato dalla Bank of Scotland (banca parte di uno dei maggiori gruppi finanziari del Regno Unito, il Lloyds Banking Group), in nome del proprio credito di circa un miliardo di sterline nei confronti del gruppo. La maggioranza delle quote del Telegraph Media Group appartiene alla famiglia Barclay che non è stata in grado di risarcire il debito: da qui la decisione del Lloyds Banking Group di mettere in vendita il gruppo editoriale. Il Daily Telegraph è un giornale considerato quality press (e si differenzia in questo dai tabloid), è da sempre vicino al partito conservatore e nonostante tutto nell’ultimo periodo ha realizzato degli utili: considerando anche le prossime elezioni nel Regno Unito (che dovranno tenersi entro gennaio 2025) diversi imprenditori hanno manifestato interesse nel partecipare all’asta per l’acquisto del giornale.
In questo contesto si inserisce la novità di questi giorni: la vendita del gruppo editoriale è stata sospesa fino al 4 dicembre perché la famiglia Barclay ha accettato di rimborsare entro il primo dicembre 1,16 miliardi di sterline al Lloyds Banking Group. Il debito verrebbe estinto grazie al prestito di RedBird IMI, una joint venture (una collaborazione temporanea fra due imprese) tra il gruppo RedBird e International Media Investments (IMI). Una volta saldato il debito sarebbe RedBird IMI a diventare proprietaria delle testate attraverso lo scambio di debiti per le azioni della famiglia Barclay. A capo della collaborazione RedBird IMI c’è Jeff Zucker, ex presidente della rete televisiva americana CNN , già raccontato da Charlie in questi anni per le vicissitudini di CNN . RedBird è un fondo di investimento statunitense fondato da Gerry Cardinale, ha estesi interessi in molti settori e in particolare nello sport; lo scorso anno ha rilevato la squadra di calcio italiana del Milan, e attraverso una multinazionale americana ha delle quote nella squadra di calcio inglese del Liverpool e nella squadra di baseball americana dei Boston Red Sox. IMI è una società di Abu Dhabi controllata dallo sceicco Mansour bin Zayed al-Nahyan, che possiede la squadra di calcio inglese del Manchester City (recente vincitrice della Champions League, la competizione più importante del calcio europeo). Mansour bin Zayed al-Nahyan è anche il vice primo ministro degli Emirati Arabi Uniti. L’ annuale rapporto dell’organizzazione non governativa Reporter senza frontiere sugli Emirati Arabi Uniti offre una lettura poco incoraggiante sulla libertà d’informazione nel paese: «il governo impedisce ai media indipendenti, sia locali che stranieri, di prosperare, rintracciando e perseguitando le voci dissenzienti. I giornalisti espatriati rischiano di essere molestati, arrestati o estradati». A margine è interessante notare che lo stesso Daily Telegraph sta estesamente seguendo la vicenda.
L’affare è stato contestato da diversi politici britannici: la ministra della Cultura Lucy Frazer ha detto mercoledì di essere “intenzionata a sottoporre il caso” all’autorità di regolamentazione dei media britannica, Ofcom, per motivi di interesse pubblico. Frazer ha aggiunto che questa azione rientra nelle: «preoccupazioni che nutro sul fatto che ci possano essere considerazioni di interesse pubblico […] e che tali preoccupazioni giustifichino ulteriori indagini». RedBird IMI dovrebbe garantire al governo il mantenimento dell’indipendenza editoriale delle testate: un portavoce di RedBird IMI ha detto che se l’affare si concludesse positivamente «ci impegneremo a mantenere l’attuale team editoriale delle pubblicazioni e crediamo che l’indipendenza editoriale di queste testate sia essenziale per proteggere la loro reputazione e la loro credibilità». Jeff Zucker, che sta gestendo l’operazione, ha messo in dubbio le intenzioni delle contestazioni: «C’è una ragione per cui la gente getta fango e lancia delle frecciate: è perché vogliono possedere questi asset. E hanno le risorse mediatiche per cercare di danneggiarci». Uno dei principali giornali britannici, il progressista Guardian, ha proposto una riflessione più sfaccettata:
“C’è un sentore di nazionalismo o qualcosa di peggio in alcune delle obiezioni alla possibilità che un membro della famiglia regnante di Abu Dhabi assuma il controllo di una testata nazionale. Tuttavia, questo non dovrebbe oscurare il fatto che ci sia una reale preoccupazione per il fatto che qualsiasi stato nazionale possieda un giornale britannico, per non parlare di uno stato che ha una visione così severa dei giornalisti in patria. […]
Gli investitori globali si sono accaparrati molti beni britannici importanti. Eppure nessun’altra azienda, nemmeno le squadre di calcio, ha lo stesso potere di influenzare l’opinione pubblica come i giornali. Chiunque sostenga che nessuno legge o si preoccupa di un giornale, “carta straccia”, dovrebbe chiedersi perché così tanti uomini molto ricchi vogliono ancora possederne uno”.
domenica 26 Novembre 2023
E ancora a proposito di notizie sbagliate e scellerate che generano conseguenze gravi, molti siti di bassa qualità hanno diffuso l’informazione che la famiglia di Filippo Turetta (accusato di avere ucciso dieci giorni fa la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin) possedesse un ristorante, indicandone il nome e l’ubicazione. E causando una serie di aggressioni – online e di persona – nei confronti dei gestori, che sarebbero state inaccettabili e disumane anche se l’informazione fosse stata vera. Ma era falsa: il ristorante era stato venduto diversi anni fa. Ed è stata ripresa anche da alcune testate giornalistiche (alcune la mantengono ancora al momento in cui spediamo questa newsletter): esplicitamente, o con titoli allusivi, o che suonano come un invito ad andare a cercare i genitori in questione.
domenica 26 Novembre 2023
Un particolare sviluppo di notizie false promosse dai giornali è quello che si verifica quando le notizie false vengono smentite piuttosto presto, costringendo i giornali che le hanno pubblicate non solo a rammendi poco credibili ma offrendo loro l’opportunità di spostare l’attenzione sulle conseguenze della notizia falsa tacendone la propria responsabilità. Uno degli esempi più gravi e drammatici nella storia giornalistica italiana degli ultimi anni è quello del “panico” e della “psicosi” rispetto ai pericoli di un vaccino influenzale – termini che occuparono nel 2014 le prime pagine di tantissimi quotidiani – e che erano stati indotti dalle notizie pubblicate dagli stessi giornali.
Una cosa simile è capitata – su un caso più limitato e più passeggero – mercoledì sera. Molti giornali online hanno immediatamente raccolto e dato per certe delle vaghe ipotesi di “attentato terroristico” per un incidente capitato nello stato di New York (ipotesi poi del tutto smentite): alcuni di questi hanno poi corretto le loro versioni parlando di una “psicosi” generata dalla notizia.
(per il sito di Panorama è ancora un “attentato”, mentre spediamo questa newsletter)
domenica 26 Novembre 2023
Quando lo scorso ottobre è morto Matthew Perry, attore noto soprattutto per aver interpretato Chandler Bing nella serie televisiva americana Friends , il primo mezzo di informazione a dare la notizia è stato TMZ, un sito di news scandalistico solitamente bene informato ma noto per le sue pratiche eticamente discutibili: può essere assimilato ai tabloid britannici e statunitensi.
TMZ è l’acronimo di “ Thirty Mile Zone ”, un’espressione risalente agli anni ‘50-’60 del secolo scorso che indicava i confini dell’area delle produzioni cinematografiche di Hollywood, a Los Angeles. Il sito è stato fondato da Harvey Levin, che oggi ha 73 anni, è nato a Los Angeles e ha insegnato legge all’università a Miami e Los Angeles: negli anni da insegnante si è interessato ai principali giornali scandalistici americani. Levin ha poi lavorato come reporter televisivo occupandosi in modo aggressivo di celebrità e di casi di cronaca nera e fondando TMZ nel 2005. Il sito pubblica soprattutto pettegolezzi e articoli imbarazzanti sulle celebrità, ma a volte anche notizie rilevanti e in anteprima, approfittando anche della maggior prudenza nelle verifiche da parte delle testate maggiori: nel 2009, per esempio, fu il primo a scrivere della morte di Michael Jackson. I modi in cui TMZ ottiene le notizie è tornato al centro di dibattiti in queste settimane: le fonti parlano con il sito spesso: «perché sono eccitate o perché sono arrabbiate. Altre vogliono un compenso, che può variare da poche centinaia di dollari a cifre molto più alte. Un ex collaboratore di TMZ ricorda che non esiste un tetto massimo per i pagamenti: “hanno un capitale pazzesco per fare questo tipo di cose”».
TMZ – che nel 2021 è stato acquistato per circa 50 milioni di dollari dal gruppo Fox Corporation di Rupert Murdoch – ha molte fonti tra la polizia e gli agenti della sicurezza e in luoghi frequentati da celebrità: aeroporti, alberghi, negozi, casinò. I compensi per le fonti possono andare da poche decine fino a migliaia di dollari: nel 2014 il tabloid New York Post scrisse che il filmato dell’ascensore in cui Solange Knowles (sorella di Beyoncé) aggrediva il cognato Jay-Z era stato acquistato da TMZ per 250.000 dollari.
Nel caso dell’ incidente in elicottero in cui morirono il giocatore di basket Kobe Bryant e sua figlia Gianna, un ufficiale delle forze dell’ordine informò TMZ prima che la moglie e madre Vanessa Bryant ne venisse a conoscenza. Proprio queste pratiche la consuetudine di pagare le fonti sono le caratteristiche del sito che più vengono criticate da altri giornalisti: in passato la Society of Professional Journalists, un’organizzazione che tutela i diritti dei giornalisti americani, ha sostenuto che questo modo di lavorare «minaccia di corrompere il giornalismo».
domenica 26 Novembre 2023
Il Post ha raccontato la storia del giornalismo “embedded” e che cosa vuol dire.
“Negli ultimi trent’anni andare embedded è stato spesso l’unico modo per i giornalisti di vedere il fronte di guerra, o comunque le battaglie in situazioni in cui l’accesso a quei territori era bloccato o implicava grossi rischi. Il giornalismo embedded è però anche una pratica che ha diversi limiti: per esempio restringe la libertà di azione dei giornalisti e può condizionare il loro racconto dei fatti, visto che presuppone che il giornalista guardi le cose che stanno succedendo insieme a una delle parti coinvolte in quella guerra”.
domenica 26 Novembre 2023
Il governo canadese ha approvato una serie di sovvenzioni per i giornali, interessante in anni di dibattiti sulle necessità e sui limiti dei contributi pubblici all’informazione. I giornali coinvolti potranno avere esenzioni fiscali equivalenti fino al 35% degli stipendi dei loro dipendenti che non superino gli 85mila dollari annui (le esenzioni esistevano già ma sono state aumentate). Ad averne diritto sono, secondo le norme, le testate “dedicate alla produzione di news originali” e “concentrate prioritariamente su argomenti di interesse generale e di attualità, compresa la copertura delle istituzioni e dei processi democratici”. Non esistendo in Canada (e in molti paesi del mondo) la qualifica ufficiale di “giornalista” come in Italia, i beneficiari sono indicati come “chi lavori almeno 26 ore settimanali e dedichi almeno il 75% del suo lavoro quotidiano a raccolta, reporting, scrittura o ricerca di notizie”.
In Canada governo e giornali maggiori si sono trovati solidali nei mesi scorsi contro la decisione di Meta di sospendere la diffusione dei contenuti giornalistici su Facebook e Instagram in reazione al progetto di una legge che obblighi le piattaforme a maggiori compensi per i giornali stessi (Google ha annunciato la stessa scelta se la legge sarà approvata).
domenica 26 Novembre 2023
Il sito britannico PressGazette – che si occupa di giornali e aziende giornalistiche – ha raccolto una serie di informazioni sul fatto che nuovi interventi sull’algoritmo di Google avrebbero ulteriormente danneggiato a ottobre e novembre la presenza dei siti di news sulle pagine di ricerca di Google e sul suo servizio di news Discover. I responsabili di alcuni giornali online italiani avevano già raccontato a Charlie i loro cali di traffico a settembre attribuendoli agli aggiornamenti di Google.
domenica 26 Novembre 2023
Malgrado il benintenzionato decalogo proposto dai propri giornalisti e giornaliste sull’autonomia dalla pubblicità, sabato Repubblica ha dedicato una pagina al nuovo negozio milanese del brand del lusso Chanel, illustrandola con un’immagine dello stesso prodotto mostrato dalla pubblicità che Chanel aveva comprato sul giornale il giorno stesso per promuovere il proprio nuovo negozio milanese.
ENI, ovvero l’azienda che è forse la maggiore contribuente tra gli inserzionisti pubblicitari dei quotidiani maggiori, questa settimana ha di nuovo comprato spazi quasi ogni giorno sul Corriere della Sera per due sue diverse campagne: ottenendo nella stessa settimana un articolo di una pagina intera su una visita americana del suo amministratore delegato, una estesa segnalazione dei propri progetti in un articolo che parlava d’altro (con foto dello stesso amministratore delegato), una ” fotonotizia ” priva di informazioni o notizie su una visita africana sempre dello stesso amministratore delegato.
Martedì, nei giorni più drammatici delle notizie sull’omicidio di Giulia Cecchettin, il Corriere della Sera ha pubblicato a pagina 5 una pagina dedicata ai “campanelli d’allarme” rispetto ai rischi di violenza contro le donne da parte dei loro partner. Dopo poche righe erano descritte la genesi dell’articolo e la provenienza del suo contenuto: “Dal 2021 D.i.Re. è partner italiana della campagna globale di sensibilizzazione, promossa da Yves Saint Laurent Beauty, proprio sul riconoscimento dei segnali dell’abuso. Il beauty brand, in sostanza, ha ideato e sviluppato il progetto «Abuse is not Love» contro la violenza nelle relazioni intime”. Lo stesso progetto aveva anche comprato una pagina pubblicitaria uscita sabato.
Repubblica ha dedicato al proprio editore e alla promozione del suo business principale – l’azienda automobilistica Stellantis – due pagine, annunciate in prima pagina, venerdì. Lo stesso giorno un articolo nello sport riprendeva la difesa delle scelte dei dirigenti della Juventus, squadra di calcio appartenente allo stesso gruppo (l’amministratore delegato è lo stesso di Repubblica; e il presidente dell’altra squadra torinese è l’editore del Corriere della Sera). In entrambi i casi gli articoli contenevano un inciso che informava sulla coincidenza di interessi.
domenica 26 Novembre 2023
i-D è una rivista britannica bimestrale di moda e di cultura giovanile e fu fondata nel 1980 da Terry Jones, che era stato direttore artistico dal 1972 al 1977 dell’edizione britannica del magazine di moda Vogue.
i-D (il nome viene da “Instant design”) nacque come una rivista amatoriale (una “fanzine”): il primo numero aveva 40 pagine, costava mezza sterlina, ogni copia era spillata con tre punti metallici e i testi erano scritti con la macchina da scrivere. Furono vendute cinquanta copie, e si racconta che gli edicolanti si fossero lamentati della spillatura perché le persone che acquistavano il numero si bucavano le dita e facevano gocciolare il sangue sulle altre riviste. Jones spiegò così la nascita di i-D: «si trattava dell’idea che si potesse fare da sé invece che farsi imporre da una rivista di moda cosa indossare. Era il periodo in cui il post-punk, la vita nei club e la scena musicale si stavano unendo. Si trattava di espressione personale fai-da-te».
i-D è diventata nel tempo una rivista conosciuta a livello internazionale per l’attenzione alla moda giovanile e allo streetwear: Terry Jones ha ceduto la pubblicazione a Vice Media (il gruppo editoriale che pubblica, tra le altre cose, Vice News e Motherboard ) nel 2012. Ma nei giorni scorsi i-D è stato acquistato dall’imprenditrice e modella Karlie Kloss, dopo che il gruppo Vice Media aveva attraversato una lunga crisi e dichiarato bancarotta. Kloss è diventata anche amministratrice delegata di i-D e l’acquisizione segue quella del 2020 quando Kloss, con altri investitori, aveva rilevato la rivista di moda americana W.
La professoressa di comunicazione Karen North, che insegna alla scuola di giornalismo della University of Southern California, ha detto al Guardian che: «stiamo assistendo all’arrivo di nuove cose – imprenditori di diverse estrazioni sociali, di diversi settori industriali, che cercano di capire se c’è un modo per, invece di iniziare con una startup, prendere qualcosa che già esiste, che ha già goduto di un certo successo, e guidarlo in una nuova direzione». Karlie Kloss è sposata con Joshua Kushner, fratello di Jared Kushner che è il marito di Ivanka Trump, figlia di Donald Trump. Kloss ha però appoggiato la democratica Hillary Clinton alle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e Joe Biden nel 2020.
domenica 26 Novembre 2023
Un articolo sul quotidiano La Verità ha riassunto e aggiornato la questione giudiziaria che riguarda la gestione dei prepensionamenti al gruppo Espresso (quello che ora si chiama GEDI): qui Charlie ne aveva scritto l’anno scorso. Ci sarebbe ora un’indagine della Corte dei conti.
domenica 26 Novembre 2023
Prosegue il ridimensionamento delle ambizioni di BuzzFeed, il sito che fu tra i progetti più sovversivi e studiati della nuova informazione online dello scorso decennio e che produsse anche un’estensione giornalistica di qualità (BuzzFeed News) capace di vincere premi Pulitzer e adesso di fatto smantellata. Lo storico sito del settore pubblicitario Adweek ha raccontato i nuovi progetti della società di BuzzFeed , che possiede anche lo HuffPost e altri siti, che sono interessanti soprattutto come lettura di tendenze più generali: secondo il management, infatti, sarebbero finiti i tempi in cui a premiare sono le grandi aggregazioni di molte testate che generano insieme grandi quote di traffico. I ricavi della pubblicità display (i banner, principalmente) sono diminuiti e anche la sua attrattività per gli inserzionisti, e ora che la profilazione degli utenti è stata limitata (vedi sopra) l’interesse si sta spostando verso l’individuazione di comunità specifiche legate a siti specifici. In questo senso, dice l’articolo, diventerà più utile investire sull’identità di ciascun sito e sulla sua autonomia commerciale piuttosto che su progetti comuni e indistinti che riguardino siti diversi, e in questo senso si vuole muovere l’azienda di BuzzFeed.
La publisher del gruppo, Dao Nguyen, lascerà dopo 11 anni e l’ha spiegata così:
«Quello che è successo nei due anni passati è che la frammentazione delle audience, le sfide del mercato pubblicitario e la stretta da parte delle piattaforme digitali, il valore del network e in particolare delle distributed-only audiences [i pubblici raggiunti solo attraverso le piattaforme come Google e Facebook, ndr] è diminuito rapidamente e si sta avvicinando zero, anzi qualcuno potrebbe sostenere che il suo valore sia in realtà negativo».
Il fondatore Jonah Peretti dice che «ci concentreremo sui singoli brand e daremo priorità agli aspetti che rendono unico ciascun brand. L’approccio brand-centrico sarà la chiave per stabilizzare il nostro business e tornare a crescere».
domenica 26 Novembre 2023
La newsletter americana The Rebooting di Brian Morrissey (lo abbiamo citato altre volte, fu il fondatore del sito di media e marketing Digiday) ha intervistato Bridget Williams, che è da sei anni la responsabile della strategia commerciale di Hearst, uno dei più grandi gruppi editoriali internazionali (in Italia pubblica le edizioni nazionali di Elle, Cosmopolitan, Esquire, Marie Claire, oltre che Gente) che negli Stati Uniti possiede molti quotidiani locali di grandi e piccole città. Williams riesce a essere abbastanza credibile nel sostenere che la sua priorità è la sostenibilità commerciale dell’azienda senza limitare l’identità e l’integrità dei contenuti giornalistici: e spiegando che l’approccio più sicuro in questo senso è quello che progetta attività economicamente proficue parallele a quelle del giornale.
«un approccio pratico verso il guadagno, che realizzi che gran parte del lavoro sulle news nella stampa locale – indagare la corruzione nelle amministrazioni pubbliche, seguire le attività scolastiche – non è economicamente sostenibile e ha bisogno di essere sovvenzionato da altro: i giochi, le recensioni dei parchi, le informazioni sugli sconti e sui saldi. Siamo consapevoli che serva ogni genere di servizi e intrattenimenti per guadagnare in molti modi diversi, ma quei guadagni li useremo per sostenere le news […]
Le vite della gente comune non sono tutte prese dall'”emergenza ai confini” e dalle battaglie culturali. Le persone vogliono sapere del nuovo parco accessibile ai cani. Il quotidiano locale è sempre stato un aggregato di informazioni semplici e familiari – io da ragazzina leggevo sul Philadelphia Inquirer Ann Landers che si dedicava con insistenza alla impegnativa questione degli uomini che lasciano la tavoletta del water sollevata – che sono sia popolari che redditizie. Questo approccio deve essere adattato ai tempi nuovi, e – sia chiaro – rimuovendo molte delle consuetudini tradizionali a cui i giornali locali si sono appoggiati per anni e che hanno finito per creare business fossilizzati e ostili alla transizione digitale».
Morrissey aggiunge una considerazione non nuova ma che ha un valore generale e non è ancora entrata tanto nel modo di pensare di chi continua ad aspettarsi soluzioni universali che “salvino” questo o quel settore messo in crisi dai cambiamenti digitali.
«Mi piace questo concetto perché è realistico. Spesso chi ci lavora si arrende di fronte alle sfide che riguardano l’informazione locale, rivolgendosi invece verso sogni di bacchette magiche o soluzioni universali tipo miliardari generosi, elargizioni pubbliche, contributi dalle piattaforme digitali e cose del genere. Io sospetto che la “soluzione” per i problemi dell’informazione locale somiglierà al modo in cui negli Stati Uniti è gestito il funzionamento della sanità: un confuso patchwork di approcci i più vari che in maniere imperfette porteranno a casa risultati parziali e faticosi».
domenica 26 Novembre 2023
Il Fatto Quotidiano ha annunciato, con un’intervista del proprio vicedirettore al designer di Valentino Pierpaolo Piccioli (nel giorno in cui a Valentino erano dedicate anche le pagine di apertura della moda su Repubblica e Corriere della Sera), la creazione di una nuova sezione fissa dedicata alla moda. Progetto motivato – a ragione – con la centralità della moda nell’economia e nella società: ma che nasce soprattutto, come per le altre testate che se ne sono sempre occupate, dalle opportunità di raccolta pubblicitaria offerte dal settore, uno dei maggiori inserzionisti sulla stampa cartacea, e da cui il Fatto è stato finora escluso.
“Da oggi ogni quindici giorni, il nostro giornale dedicherà una pagina ai Fatti di Moda. Ci occuperemo di stili di vita, di personaggi che hanno fatto grande l’abbigliamento italiano, di creatività e di cultura. Abbiamo deciso di farlo perché la moda rappresenta un settore che coinvolge più di un milione di lavoratori e perché influenza i comportamenti di intere generazioni. Il compito dei giornalisti è descrivere il mondo dalla A alla Z. Così da oggi nell’alfabeto del Fatto c’è pure la M. Ma raccontata a modo nostro”.
domenica 26 Novembre 2023
Proseguono le discussioni e le ipotesi, nel settore della pubblicità internazionale, su come affrontare le limitazioni introdotte e progettate sulla profilazione degli utenti online: limitazioni pensate per proteggere maggiormente la privacy e i dati degli utenti, ma che riducono di molto l’efficacia e il valore delle inserzioni pubblicitarie e la loro capacità di raggiungere i destinatari più appropriati. Questa settimana i responsabili commerciali del quotidiano inglese Guardian hanno presentato un proprio progetto di gestione delle inserzioni che attenui questa complicazione facendo in modo che i banner e le pubblicità – se non possono essere associati agli utenti – siano più associati agli argomenti a cui gli utenti si interessano, ovvero alle pagine che visitano. Oggi la pubblicità ” programmatic ” (quella gestita da grandi piattaforme dedicate, a cominciare da Google) compare spesso indistintamente sulle pagine più diverse di un giornale online: il Guardian promette agli inserzionisti che i banner sui prodotti tecnologici siano piuttosto concentrati attorno alle notizie di tecnologia, e così via.
domenica 26 Novembre 2023
La responsabilità sociale di cui molte aziende – soprattutto le grandi aziende – sostengono di essersi investite negli ultimi anni riguarda, nelle loro comunicazioni, un impegno sull’ambiente, sui diritti delle donne e delle minoranze, sulla tutela del lavoro, sulla sostenibilità. Ovvero i temi più presenti nelle richieste di gran parte dei loro clienti, e nel dibattito sul progresso civile.
Un altro tema molto presente nel dibattito sul progresso civile di questi anni è quello dell’informazione, sia a proposito dei suoi contenuti che delle sue forme. La cattiva informazione, le “fake news”, sono citate quotidianamente come un pericolo per la democrazia e la convivenza. E contemporaneamente sono citati quotidianamente come un pericolo per la democrazia e per la convivenza i toni violenti promossi dalle modalità dei social network, i discorsi d’odio, la propaganda divisiva e che addita per suo interesse capri espiatori, il negazionismo rispetto a verità evidenti e dimostrate.
Ma per le aziende che investono in pubblicità questi aspetti delle proprie responsabilità non sembrano in agenda: però non è più credibile l’alibi del disinteresse rispetto a quello che i loro investimenti sostengono. Attraverso la pubblicità “programmatic” su internet molte aziende grandi e piccole finanziano siti web pieni di falsificazioni o che peggiorano il discorso pubblico: ma controllare dove finiscono le inserzioni anche di questo genere è possibile, con un impegno assai relativo. E molte aziende anche importanti e di scala nazionale sostengono coi loro investimenti testate giornalistiche che propongono quotidianamente negazionismi sulle questioni scientifiche (sui vaccini, sul cambiamento climatico) e sulle questioni dei diritti (negando la violenza maschile contro le donne, sobillando la paura e l’odio per gli stranieri), che diffondono falsificazioni e discorsi d’odio in genere, peggiorando la convivenza e il funzionamento della democrazia. Tutte attività contemplate dalla libertà d’espressione – anche la menzogna è lecita, nei limiti della legge – ma che non per questo devono essere persino aiutate e incentivate da chi vuole presentarsi come consapevole e solidale con le comunità in cui opera. C i sono aziende che promuovono sui giornali obiettivi ambientali poche pagine più in là di articoli che negano i problemi ambientali, o sostengono di difendere i diritti delle donne poche pagine più in là di articoli che definiscono sopravvalutati i pericoli per le donne. La “Responsabilità sociale d’impresa” non può escludere un fattore prioritario dello sviluppo civile, quello dell’informazione delle persone e della qualità del dibattito pubblico. Meno che mai perdonare che chi se ne sente investito, di questa responsabilità, sia finanziatore e complice della trasmissione di messaggi opposti, e tale appaia pubblicamente.
Fine di questo prologo.
domenica 19 Novembre 2023
Nei primissimi invii della newsletter di domenica scorsa il link al conteggio sui “14 miliardi” che Google e Facebook “dovrebbero” ai giornali statunitensi era sbagliato, scusate. È stato rapidamente sistemato ma lo rimettiamo anche qui.
domenica 19 Novembre 2023
È uscito in libreria l’ottavo numero della rivista del Post, Cose spiegate bene – stavolta dedicato a informazioni, storie e spiegazioni intorno al Natale -, che è diventata ormai un elemento stabile della quota di ricavi accessori del Post e di promozione del proprio lavoro in ambiti fuori dal web.
domenica 19 Novembre 2023
La legge di bilancio è il documento che definisce la politica economica del governo e la spesa pubblica dei successivi tre anni; in queste settimane viene discussa in parlamento e potrebbe essere modificata prima della sua approvazione definitiva entro la fine dell’anno. Parte della legge di bilancio riguarda anche il giornalismo e il finanziamento all’informazione. Se ne sta discutendo soprattutto dopo che nella presentazione della legge di bilancio è emerso che non è più previsto il “ Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria” (era stato di 90 milioni nel 2022 e di 140 milioni nel 2023), nonostante nei mesi scorsi il sottosegretario all’editoria Barachini (la persona che nel governo si occupa del rapporto con i giornali) avesse spiegato di volerlo prorogare. Il fondo straordinario distribuiva finanziamenti in parte minore alle edicole che avevano mantenuto come attività principale la vendita dei giornali, e per la maggior parte alle aziende giornalistiche. Quest’ultime ricevevano dei contributi sulla base di tre punti: l’assunzione di giornalisti sotto i 36 anni con competenze nel digitale, gli investimenti nel digitale, il rimborso di alcuni centesimi per ogni copia venduta.
Questa settimana è tornato sul tema il quotidiano economico ItaliaOggi, che riporta il finanziamento previsto nell’attuale legge di bilancio per l’informazione nel 2024: complessivamente dovrebbero essere circa 320 milioni lordi. Si tratta di risorse messe a disposizione dalla presidenza del Consiglio che opera nel settore attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, quello guidato da Barachini. I fondi sono distribuiti in tre diversi modi. Una somma di 36,4 milioni di euro serve a finanziare la collaborazione radio e tv fra Italia e San Marino, e anche per la diffusione di notizie in italiano all’estero. Una seconda parte sono i 48,4 milioni destinati all’acquisto dei servizi delle agenzie di stampa per la pubblica amministrazione: le agenzie forniscono i propri notiziari, per esempio, ai ministeri, al governo e alle sedi delle ambasciate italiane all’estero. Una terza parte sono i 232 milioni che rientrano nel fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione. Questi 232 milioni sono a loro volta distribuiti per tre fini diversi: 60 servono come aiuto per l’ acquisto della carta per la stampa delle aziende giornalistiche che ne fanno richiesta; 55 vanno alle radio e alle televisioni locali; 111,5 sono diretti ai giornali che si dichiarano senza finalità di lucro o controllati da fondazioni o espressioni di minoranze linguistiche (una piccola parte di questi 111,5 milioni serve anche per i prepensionamenti dei giornalisti e dei poligrafici).
domenica 19 Novembre 2023
Il quotidiano inglese Guardian ha rimosso dal suo sito una vecchia lettera di Osama bin Laden (il capo di al Qaida ucciso nel 2011) nel timore di alimentare una sua circolazione e condivisione su TikTok con toni positivi: timore forse sopravvalutato.
“Come spesso avviene con i social network però bisogna prendere questi fenomeni con le pinze. Anzitutto è piuttosto complicato capire davvero quanto i video che parlano di “Letter to America” si siano diffusi e quanto siano stati visti dagli utenti di TikTok e di altri social. Venerdì pomeriggio l’hashtag #lettertoamerica, usato da molti dei video che parlano della lettera, aveva accumulato 13 milioni di visualizzazioni: sono moltissime, ma sono relativamente poche per un social network come TikTok, in cui i video più visti hanno miliardi di visualizzazioni”.
domenica 19 Novembre 2023
Fox News è il canale tv più visto negli Stati Uniti, ha un orientamento conservatore ed è molto seguito e influente nel Partito Repubblicano: la sua informazione partigiana e aggressiva è considerata un fattore decisivo nel consenso raccolto da Donald Trump prima e dopo la sua elezione a presidente degli Stati Uniti. Per stessa ammissione di Rupert Murdoch, fondatore e proprietario della rete, Fox News ha diffuso e amplificato le false teorie del complotto secondo cui Trump avrebbe perso le elezioni statunitensi nel 2020 a causa di brogli elettorali: per questa copertura sono state intentate cause legali contro la rete da alcuni soggetti che se ne sono ritenuti danneggiati, come quella dell’azienda informatica Dominion Voting Systems – responsabile della gestione di parte dei conteggi elettorali a cui Fox News ha pagato 787,5 milioni di dollari.
Fox News ha avuto un ruolo rilevante anche nel racconto dell’attacco al Congresso a Washington, alimentato da quelle false narrazioni, il 6 gennaio 2021: e adesso, in aggiunta alle altre accuse in questo senso, la rete televisiva è stata citata in giudizio da un suo ex giornalista, Jason Donner, reporter dal Campidoglio dove ha sede il Congresso. Donner sostiene di essere stato licenziato per aver contestato il modo con cui Fox News raccontò quegli eventi: la rete stava parlando dell’assalto al Congresso come un evento “pacifico” mentre Donner si nascondeva dagli assalitori e sentiva notizie di spari fuori dall’aula della Camera. Il giornalista chiamò la redazione dicendo: “Non voglio più sentire queste stronzate in onda perché ci farete ammazzare tutti”. Donner aveva anche contestato le teorie cospirazioniste diffuse dall’allora conduttore di punta, Tucker Carlson, dal quale nel frattempo la rete si è separata. Donner è stato licenziato il 28 settembre 2022 e per i suoi legali è uno dei giornalisti licenziati perché schierati contro l’amplificazione di notizie false.
domenica 19 Novembre 2023
Una sottoquestione puntuale, nelle più estese questioni che riguardano la trasparenza coi lettori sulla riconoscibilità dei contenuti pubblicitari, riguarda le denominazioni da assegnare agli articoli promozionali che somigliano in tutto e per tutto agli articoli giornalistici. Nel Novecento veniva spesso usata la dizione “pubbliredazionale”, già non chiarissima e familiare nel suo significato, per chi leggeva. In questi ultimi decenni si sono ricercate – in Italia e nel resto del mondo – espressioni che chiarissero ai lettori la natura degli articoli pubblicitari senza scontentare troppo gli inserzionisti, che all’equivoco invece tengono molto: poter suggerire che una pubblicità è invece una scelta autonoma della redazione dà a quel contenuto una maggiore autorevolezza (ingannevole).
In diversi casi la questione è oggi del tutto elusa: il più visibile sui quotidiani maggiori è quello delle doppie pagine (in genere nell’ultima parte del giornale) che promuovono a pagamento eventi, mostre, festival, progetti, in una forma grafica del tutto simile a quella delle altre pagine curate dalla redazione (quelle che su Repubblica si chiamano “Le guide”, e sul Corriere della Sera “Eventi”, per esempio). Casi in cui nessuna indicazione è presente sulla peculiare genesi degli articoli.
Altre volte invece le indicazioni ci sono, ma con diversi gradi di chiarezza: la Stampa usa la formula “Speciale…” seguita da un argomento di volta in volta, il Post da anni indica gli articoli di questo genere come ” articoli sponsorizzati “.
Dopo che avevamo raccontato il “decalogo” proposto dalla redazione di Repubblica, un giornalista e lettore di Charlie ha scritto per segnalare di essere poco convinto anche della chiarezza della formula “In collaborazione con” – che a noi sembra già più coerente di altre – e per suggerire idee più esatte:
“Dato che “pubblicità redazionale”, che è pure un’espressione con una sua dignità e necessita di un riconosciuto lavoro giornalistico, non si usa più, non sarebbe il caso di immaginare altre forme e formule più aderenti al reale?”
domenica 19 Novembre 2023
Associated Press è una delle più importanti e illustri agenzie di stampa mondiali: nacque nel 1846 a New York come una cooperativa di quotidiani: oggi ha circa 250 redazioni da 100 nazioni. AP è particolarmente nota anche per il suo enorme archivio di foto e video, per le proprie attente regole di scrittura codificate nell’ Associated Press Stylebook e per aver vinto 58 premi Pulitzer (di cui 35 per il suo fotogiornalismo). Negli ultimi giorni Associated Press ha aperto sul proprio sito la possibilità di ricevere donazioni da parte dei lettori: si può donare solo una tantum e con carta di credito. Le donazioni, si legge, aiuteranno “Associated Press a proseguire la sua missione di promozione del giornalismo basato sui fatti”. È una novità che segue il recente rinnovo della sua homepage, e che si adegua al modello di ricerca di contributi da parte dei lettori online che si è radicato da alcuni anni nelle priorità commerciali delle maggiori testate: e che si sta estendendo anche alle agenzie, ora che attraverso internet dirigono il loro lavoro anche al grande pubblico e non solo alle redazioni come era un tempo.
domenica 19 Novembre 2023
Il Fatto Quotidiano ha visto calare di quasi il 40% i propri visitatori nell’arco di dodici mesi: da 2 milioni a 1,2 milioni. Il condirettore Peter Gomez, che si occupa maggiormente del sito del giornale, ha detto a Charlie che le cause sono da attribuire «soprattutto a Facebook e Google. Il traffico di Facebook è scomparso , e noi avevamo una base forte. E poi anche i continui aggiornamenti dell’algoritmo di Google, e Discover che è instabile, possono far variare molto le letture di un pezzo a volte inspiegabilmente. Una parte del calo rispetto a settembre 2022 è dovuta anche alle notizie sulla campagna elettorale e alle elezioni, gli articoli con paywall, stando ai dati che abbiamo, influiscono invece in maniera minima».
Fanpage, sito generalista di news, è in leggera risalita rispetto al mese di agosto, ma ancora in calo rispetto all’anno passato: a settembre 2022 erano 2,3 milioni, a agosto poco meno di un milione mentre a settembre 2023 erano 1,1 milioni. Il direttore Francesco Cancellato ha fatto una panoramica delle variazioni dei visitatori: «Il nostro è un giornale generalista, che vive di notizie e di eventi che calamitano l’attenzione delle persone e trainano il traffico. È un giornale che ha visto negli anni diminuire il peso della sua fanbase , e che non ha una legacy come i grandi giornali di carta. Per questo siamo più soggetti di altri a swing di traffico, tanto più se variano gli algoritmi social o seo, che per noi rappresentano la quasi totalità dell’audience. Per questo dobbiamo essere bravi a cambiare velocemente e ad adattarci ai mutamenti del contesto. Cosa che stiamo facendo molto bene, ad esempio, con i contenuti nativi su platform come Instagram e TikTok. Dove i dati mostrano, al contrario, una forte crescita anche durante i mesi estivi. Segno, questo, dell’attitudine a cambiare e a seguire i movimenti e i cambiamenti della nostra utenza. Più concretamente, nell’estate del 2022 ci sono stati topic che hanno trainato il traffico del giornale, come ad esempio la campagna elettorale, mentre quest’anno sono emersi argomenti su cui andiamo maggiormente in difficoltà. Detto questo, i dati di settembre ci vedono in crescita dell’11% sul mese precedente e quelli di ottobre – lo anticipiamo – fanno segnare una crescita ancora più marcata».
Avvenire ha raddoppiato in un mese gli utenti che hanno visitato il sito (a agosto erano 38 mila a settembre 79 mila). Il direttore Marco Girardo ha spiegato a Charlie i motivi della crescita: «sono direttore da maggio e parte del mio compito è anche quello di guidare la transizione digitale del giornale, che era molto concentrato sulla carta. Nell’arco di tre anni non ci dovrà più essere una divisione tra redazione di carta o web. Abbiamo cominciato a fare delle sperimentazioni: cerchiamo di realizzare articoli più mirati per i nostri lettori, siamo più attenti alla SEO [il posizionamento nei risultati delle ricerche su Google, ndr] , abbiamo inserito piccole novità come le produzioni video. Una sperimentazione grossa poi l’abbiamo fatta quest’estate con la Giornata Mondiale della Gioventù , in cui abbiamo abbinato newsletter, podcast e video e contenuti mirati, esclusivi per il web».
In crescita sono anche i visitatori unici al sito di Sorrisi e Canzoni, passati da 102 mila nel settembre 2022 ai 139 mila di agosto 2023 fino ai 202 mila di settembre 2023. L’amministratore delegato dell’area digitale di Mondadori, Andrea Santagata, dice a Charlie che «non sono cambiati il nostro processo produttivo e la linea editoriale in questo periodo. È però aumentato l’interesse per alcuni contenuti: su quello che avviene in televisione, sui personaggi televisivi e i cantanti, sulla guida tv per scoprire i programmi in onda, sulla copertura delle serie tv, specialmente quelle nazionali come Un posto al sole o Terra amara . Non abbiamo una strategia particolare in ottica SEO , e non usiamo i social per generare traffico ma per creare community: il nostro mix di traffico è fatto da chi viene direttamente sul sito, referral, Google e social».
In crescita è anche il sito di economia e politica Affaritaliani: nell’arco di un mese i visitatori sono aumentati del 74,5%, da 83 mila a agosto fino ai 146 mila di settembre. Il condirettore Marco Scotti dice che negli ultimi mesi: «abbiamo cercato di concentrarci quanto più possibile sull’economia, sulla finanza, sui temi di particolare rilievo per Affaritaliani e di discostarci da temi più leggeri. Non ci sono grandi differenze su come lavoriamo lato social e sul SEO, la crescita secondo me è più una questione di temi. Si torna da un mese di agosto che è stato un po’ più sonnacchioso del solito, invece c’è stato un settembre spumeggiante perché sono iniziati poi tutti i grandi temi economici: Mediobanca, la lunga maratona alla presidenza di Confindustria che stiamo seguendo con grande attenzione, TIM, la legge di bilancio, o argomenti politici di vario tipo come la tenuta della maggioranza, il premierato di cui si è iniziato a parlare a settembre».
Anche per la Gazzetta di Parma il mese di settembre è stato positivo, con 119 mila visitatori unici, e in crescita rispetto allo scorso mese (97 mila) e all’anno passato (73 mila a settembre 2022). Il caporedattore Aldo Tagliaferro aggiunge che: «Il dato di settembre 2022 mi sembra abbastanza fortuito. Tendenzialmente gli utenti possono variare ma bene o male ruotiamo intorno ai 90-100 mila di media: può starci un mese molto scarso a 70 mila e un mese molto ricco a 120 mila, questo sì. Facciamo una media di 10 milioni di pagine viste ogni mese; abbiamo avuto l’anno migliore nel 2020, un po’ come tutti, per il lockdown quando abbiamo fatto 142 milioni di pagine viste in un anno. Sono numeri alti contando che noi lavoriamo fondamentalmente per una provincia e nemmeno enorme. Abbiamo un modello di giornalismo molto locale, ma cerchiamo di informare anche su quello che accade nel panorama nazionale e internazionale. Sul web da noi vanno molto forte le notizie di cronaca e le soft news: abbiamo una rubrica che potrei definire storica, Indiscreto , che affronta temi leggeri con l’occhio del gossip ed è molto letta. A livello locale da noi funzionano anche le notizie sul meteo, alluvioni, frane, code in strada, necrologi, calcio, mentre sono molto poco lette le notizie sulla politica. Le singole notizie che hanno performato meglio sono quelle che hanno avuto il beneficio di Google Discover, perché entrano in un circolo che ti dà dei numeri che non potresti avere a Parma: le prime dieci notizie più lette di quest’anno hanno tutte come prima fonte di accesso Google Discover. Ma le notizie sono trainate da Google a volte in modo inspiegabile, non c’è un motivo e non dipende dal titolo o dall’attacco del pezzo. La notizia più letta di quest’anno è del 4 agosto e ha quasi un milione di visualizzazioni, e ha questo titolo: Trova un portafogli con dentro 400 euro e lo restituisce ai carabinieri dopo averlo svuotato dei soldi: “Mi servivano per comprare medicinali”. Denunciata ».
domenica 19 Novembre 2023
La società di rilevazione Audiweb (che ha in corso un processo di integrazione che le darà il nuovo nome di Audicom) ha pubblicato i dati di traffico sui siti web a settembre. Abbiamo isolato anche questo mese quelli relativi ai siti di news generalisti e alle testate più note (il dato sono gli “utenti unici nel giorno medio”). Come ricordiamo sempre, bisogna tenere presente che i dati di traffico dei siti web sono soggetti a variabili anche molto influenti di mese in mese, legate a singolari risultati di determinati contenuti; o a eventi che ottengono maggiori attenzioni; o a fattori esterni che li promuovono in maniere volatili, come gli algoritmi di Google o di Facebook (e questo rende non del tutto significativi nemmeno i confronti sull’anno precedente).
Questo mese abbiamo chiesto quindi ai responsabili di alcuni dei siti di news che hanno avuto le maggiori variazioni di traffico di darci le loro interpretazioni di questi dati, nel box successivo a questo.
In cima alla classifica, per il sesto mese di seguito Repubblica rimane poco più avanti del Corriere della Sera (ma pesano gli “aggregati” per entrambi, vedi sotto). Mentre continuano a essere molto variabili i dati di Fanpage.
Per alcune delle testate nelle prime posizioni ricordiamo che bisogna considerare che i numeri possono includere anche quelli di vere e proprie “sottotestate” con una loro autonomia (su cui il gruppo GEDI sta per esempio intensificando un’operazione di acquisizioni: il secondo apporto più importante ai numeri presentati come di Repubblica è il sito Ticonsiglio.com), come abbiamo spiegato altre volte.
domenica 19 Novembre 2023
L’amministratore delegato del grande gruppo giornalistico internazionale News Corp, Robert Thomson, ha detto di essere in una discussione in “fase avanzata” con le società che hanno interessi nell’Intelligenza Artificiale (AI) generativa: cioè software che imitano il lavoro umano e sono in grado di produrre testi, immagini, video. Thomson ha spiegato che gli accordi con le società “porteranno entrate significative in cambio dell’utilizzo dei nostri ineguagliabili set di contenuti”. News Corp è di proprietà dell’imprenditore australiano Rupert Murdoch, che ha lasciato la presidenza del conglomerato a suo figlio Lachlan.
L’AI generativa crea testi attingendo da vari database, e per la produzione dei testi vengono utilizzati anche gli articoli dagli archivi dei giornali: inizialmente venivano sfruttati senza il consenso dei giornali che rapidamente ne hanno rivendicato il diritto d’autore avanzando proposte di compensi a favore degli editori o negando l’accesso ai propri database. Alcuni giornali, come il Wall Street Journal di News Corp, hanno definito l’AI generativa una “ minaccia esistenziale ” per il settore proponendo un’alleanza tra influenti aziende giornalistiche dell’informazione. Adesso però gli accordi economici potrebbero permettere una maggiore disponibilità.
domenica 19 Novembre 2023
Il Post ha descritto il contesto e le prospettive della costituzione della società NEM che ha acquistato sei quotidiani locali in Veneto e Friuli Venezia Giulia dal gruppo GEDI.
“La società NEM che ha acquistato i giornali da GEDI è nata recentemente, e la figura più rilevante che ha coordinato le operazioni dei soci è Enrico Marchi, imprenditore con diffusi interessi in vari settori commerciali ed economici. Marchi è di origine trevigiane ed è nato nel 1956: una volta ha detto che da giovane gli sarebbe piaciuto diventare pilota o giornalista. Si è laureato in economia aziendale alla Bocconi di Milano e ha fondato nel 1980 Finanziaria Internazionale: oggi è una holding che opera nei servizi finanziari (come Banca Finint), nelle infrastrutture (come Save) e nell’ esternalizzazione delle attività aziendali (come Finint Bpo).
Come spiega il Corriere della Sera il gruppo Banca Finint «amministra circa 10 miliardi di attivi e occupa oltre 550 persone, più 200 consulenti finanziari»; Save invece amministra uno dei più importanti sistemi aeroportuali italiani, controllando gli aeroporti di Venezia, Treviso, Verona e Brescia e ha quote anche nella società di gestione dell’aeroporto di Bruxelles South Charleroi”.
domenica 19 Novembre 2023
Nel dibattito antico – ma diventato più intenso in questi anni – sulle scelte da fare con la pubblicazione di immagini “impressionanti” per diverse ragioni, la direttrice del Washington Post Sally Buzbee ha spiegato ai lettori la scelta del giornale di mostrare delle foto particolarmente macabre all’interno di un’inchiesta sulla violenza da armi da fuoco negli Stati Uniti.
” For this project, we established one ground rule at the start of our reporting: If we sought to publish any pictures of identifiable bodies, we would seek permission from the families of the victims. Some families indicated they would be open to granting permission, but ultimately we decided that the potential harm to victims’ families outweighed any potential journalistic value of showing recognizable bodies. We ultimately included nine photos from the Uvalde files showing scenes inside the classrooms taken shortly after bodies were removed. In addition, we show sealed body bags in the school hallway.
The only photograph in this story showing bodies is one taken immediately after the 2017 shooting at the Route 91 Harvest festival in Las Vegas. We felt the scene captured in this photo — a field strewn with the dead and wounded beneath the Las Vegas skyline — illustrates why witnesses often liken AR-15 shootings to American war zones. The perspective of the photograph, in which the victims are seen from a distance, makes it unlikely that individuals could be identified”.
domenica 19 Novembre 2023
Ben Smith, fondatore e direttore del sito Semafor e già “media reporter” del New York Times , ha rivelato su Twitter che uno dei più visibili e noti “columnist” (ovvero autori di rubriche fisse o commenti frequenti, “columns”) del New York Times – Farhad Manjoo – lascerà il giornale. Manjoo stesso ha confermato rispondendogli con quella che può sembrare una battuta: “È vero: ho finito le idee per la rubrica”.
Ma che sia il caso di Manjoo o no, è vero che l’assiduità delle rubriche di alcuni autori sui giornali nasconde una difficoltà di cui potrebbero parlare a lungo con competenza e fatica molti di quegli autori: alcuni dei quali pubblicano persino un articolo al giorno, altri uno a settimana. E naturalmente c’è chi lo fa con maggiore brillantezza e chi con minore riuscita; o c’è chi sa inventarsi una cosa interessante da dire una volta su tot, e le altre si arrabatta. Ma in tutti questi casi è quasi sempre inevitabile che l’obbligo di frequenza prima o poi prevalga sulla cosa singolare da dire e da scrivere: e quindi, quando li leggiamo, mettiamoci con solidarietà nei loro panni. A volte stiamo leggendo un commento di qualcuno che ha passato il pomeriggio precedente a chiedersi come riempire quello spazio, senza alternative a doverlo riempire per forza (può valere persino per questo, di spazio!).
Fine di questo prologo.
domenica 12 Novembre 2023
“Un giorno d’autunno di vent’anni fa Kevin Klose ricevette una telefonata da un uomo di nome Dick Starmann. Klose, che allora era presidente di NPR [la grande rete radiofonica non profit statunitense di origine pubblica, ndt] , sapeva che Starmann era un consigliere della vedova di Ray Kroc, l’uomo che aveva fatto di McDonald’s un fenomeno globale del fast food. Ma non aveva idea di cosa lo aspettasse.
«È seduto?», gli chiese Starmann»”.
Comincia così l’articolo con cui il Washington Post ha ricordato questa settimana un momento memorabile ed eccezionale della storia di NPR , quello in cui a Klose fu comunicato che nel suo testamento Joan Kroc, morta tre settimane prima, aveva lasciato a NPR 230 milioni di dollari, trasformando radicalmente le fino ad allora faticose prospettive della società, che era stata creata con una legge del Congresso degli Stati Uniti nel 1970. La gran parte di quella cifra è da allora affidata a un fondo che genera interessi e dividendi preziosi per i bilanci annuali di NPR. Con qualche controindicazione, aggiunge l’articolo del Washington Post : la notorietà di quel finanziamento filantropico (che è tuttora segnalato durante le trasmissioni di NPR ) ha un effetto di dissuasione nei confronti di altri donatori e sostenitori che credono che la radio non abbia più bisogno di niente (quel contributo non è sufficiente a coprire tutti i costi, assai cresciuti nel tempo). Il giorno in cui fu annunciata pubblicamente la donazione i dipendenti di NPR festeggiarono pranzando a Big Mac. Più tardi si sarebbe saputo che Joan Kroc – che aveva fatto donazioni filantropiche anche più grandi di quella – aveva pensato di lasciare un contributo anche alla tv pubblica PBS, ma quando i suoi collaboratori avevano telefonato agli uffici per valutare il progetto erano stati tenuti in attesa da una registrazione e lei si era spazientita.
Raccontata di nuovo oggi, la storia di Kroc e NPR probabilmente genera sogni e invidie in molte aziende giornalistiche.
domenica 12 Novembre 2023
Nella sua newsletter Appunti Stefano Feltri, ex direttore del quotidiano Domani , ha esposto quella che secondo lui è la maggiore differenza tra il lavoro dei giornali oggi e quello pre digitale: di fatto, lo spostamento verso un lavoro di “aggregazione” di contenuti disponibili rispetto alla produzione di contenuti diversi e originali per ciascun giornale (e “la fine degli scoop”), e la sensazione trasmessa (ma anche ricevuta) ai lettori giovani che le informazioni siano le stesse per tutti, indipendenti dalle singole testate.
“Finiti i soldi per pagare lunghe inchieste, reportage, sedi di corrispondenza all’estero o trasferte nell’immediatezza di grandi eventi, anche le redazioni dei giornali si dedicano per gran parte della giornata a leggere e ordinare contenuti già prodotti da qualcun altro. Che vengono riassunti, commentati, copiati, spiegati, ma sempre con uno sforzo di secondo livello.
Talvolta questo processo viene mascherato – con grande dispendio di energie – nel tentativo di convincere il lettore che le informazioni sono di prima mano: alcuni grandi giornali mantengono corrispondenti che nella stragrande maggioranza degli articoli riassumono e citano la stampa locale, o mandano inviati anche in situazioni difficili – tipo Gaza – per poi chiedere loro di scrivere pezzi brevi con dentro le informazioni principali della giornata, lette sulle agenzie.
Quello che conta è che il pezzo venga “datato” nel modo giusto, cioè che certifichi la presenza sul posto del giornalista”.
domenica 12 Novembre 2023
Leggendo un articolo su alcuni siti italiani di news può accadere che improvvisamente la pagina si ricarichi in automatico (“refresh”). Questo, in genere, può avvenire per due motivi. Il primo è che ricaricare la pagina permette di aggiornare le informazioni e mostrare quelle più recenti, nel caso in cui questi aggiornamenti siano frequenti; un esempio è il formato dei liveblog su eventi di cronaca, durante le giornate di elezioni e di spoglio dei voti o durante le gare sportive. C’è poi un altro motivo meno nobile e discusso da oltre un decennio: ricaricare periodicamente un articolo, pur non avendo aggiornamenti rilevanti, mostra agli utenti nuova pubblicità, nuovi banner che vengono registrati come visualizzati all’interno di una stessa visita, soprattutto da desktop. È una pratica che spesso peggiora l’esperienza di chi legge e disorienta la lettura, perché si viene interrotti e si può perdere il filo, oppure se si sta guardando un video si può essere costretti a ricominciare. Il caricamento automatico è utilizzato ancora da diversi siti italiani di news e tra i più visitati Charlie ha cercato di calcolare in modo empirico i tempi di refresh della homepage durante lo scroll da desktop: 2 minuti e 30 secondi per quello del Giornale, 3 minuti per Quotidiano Nazionale, intorno ai 5 minuti Corriere, Repubblica, Messaggero, Tgcom24, Sole 24 Ore, Stampa. Il tempo di refresh delle singole pagine e degli articoli può variare a seconda della strategia del sito (tra articoli gratuiti o per abbonati paganti).
domenica 12 Novembre 2023
Un anno fa avevamo spiegato come funzionano alcune particolari comunicazioni promozionali di aziende che capita di vedere sulle pagine dei quotidiani:
“Nei giorni scorsi sono comparse con frequenza su alcuni grandi quotidiani diverse pagine pubblicitarie dell’azienda di pasta abruzzese De Cecco, dedicate a celebrare l’inserimento dell’azienda stessa in una lista dei “migliori datori di lavoro in Italia”: con grande visibilità del titolare dell’azienda Filippo Antonio De Cecco. Il tipo di inserzione permette di descrivere il lavoro di comunicazione collaborativo e “circolare” che coinvolge aziende, media e società esterne che offrono certificazioni a pagamento piuttosto generiche.
A dare a De Cecco il voto di 100 su 100 come “best employer” è in questo caso l’”Istituto Tedesco di Qualità e Finanza”, che è una società del grande gruppo editoriale tedesco Burda (pubblica molte testate importanti in diversi posti del mondo), che crea classifiche di “qualità” dedicate a centinaia di aziende e basate su ricerche di mercato descritte con linguaggi piuttosto oscuri sul sito; e poi vende alle aziende la possibilità di dichiararsi “certificate” rispetto a quella qualità, anche attraverso un trionfale bollo azzurro su cui di recente compare pure la partnership – a ulteriore garanzia di affidabilità – con la sezione “Affari e Finanza” del quotidiano Repubblica (questo anche quando le inserzioni sono ospitate da quotidiani dversi), la quale a sua volta promuove l’iniziativa.
Le aziende beneficiate dalle “certificazioni” dell’ITQF sono migliaia, e poi possono dichiararlo pubblicamente “a fronte del pagamento di una licenza temporanea”, come è indicato in piccolo e non con grande chiarezza nelle stesse pagine pubblicitarie ( nel caso di quella esposta da De Cecco “i 400 Migliori Datori di lavoro d’Italia possono ottenere il sigillo di qualità “TOP JOB – Best Employers 2022/23” e sfruttarlo su tutti i canali di comunicazione”; in altri casi arrivano a 750). È quindi nell’interesse di ITQF che le aziende ben figurino nelle proprie indagini, per poter vendere quei risultati alle aziende stesse, alle quali interessa usare nelle comunicazioni quella “certificazione” comprando pagine sui giornali (o spot in tv), ai quali interessa quindi che quelle certificazioni siano descritte come credibili”.
Sabato e domenica due diverse aziende – Despar e Lidl – hanno comprato due pagine pubblicitarie sul Corriere della Sera per comunicare che un altro ente di questo genere aveva assegnato a ciascuna un simile “bollino” (il cui uso viene venduto a un prezzo tra i 5mila e i 12.500 euro) per le categorie “Insegna dell’anno, supermercati” e “Insegna dell’anno, supermercati convenienti”. La stessa società che assegna le “vittorie” scrive sul suo sito: “L’elezione non è una ricerca in senso stretto. Non lo è perché le insegne (fisiche o web)non vengono valutate da un campione rappresentativo della popolazione, come avviene nelle indagini di mercato”.
Complessivamente i “vincitori” del titolo “Insegna dell’anno” (che hanno seguito le indicazioni e quindi convinto un numero maggiore di loro clienti a votarli) che pagando per l’utilizzo possono pubblicare simili comunicazioni sono 43.
domenica 12 Novembre 2023
Una scelta autoassolutoria di alcuni giornali italiani rispetto alla diffusione di notizie false è spesso quella di attribuire genericamente “al web” la responsabilità di quella diffusione, anche quando il “web” sono i siti delle maggiori testate giornalistiche tradizionali. Ce n’è stato un nuovo esempio questa settimana quando una notizia falsa per cui l’azienda Dior avrebbe rimpiazzato una propria modella di padre palestinese con una israeliana dopo l’inizio della guerra e per ragioni “politiche” è stata diffusa con titolazioni tra l’allusivo e l’esplicito da alcune testate giornalistiche, e smentita da altre ma raccontata come “circolata sul web”.
domenica 12 Novembre 2023
La proprietà editrice ha chiuso il sito americano Jezebel che, come scrive il Post , ” era stato fondato nel 2007 come alternativa femminista alle riviste femminili tradizionali. Negli anni aveva contribuito a mettere al centro del dibattito pubblico temi relativi alle discriminazioni di genere, che prima erano perlopiù limitati ad ambienti specializzati”.
La creatrice di Jezebel, Anna Holmes, ne aveva scritto sul settimanale New Yorker solo pochi giorni prima (a partire dal libro Traffic di Ben Smith, fondatore e direttore del sito di news Semafor).
domenica 12 Novembre 2023
I “supplementi” settimanali o mensili dei quotidiani – di fatto delle riviste – hanno avuto un periodo di grande prosperità nei due decenni a cavallo del cambio di secolo: si erano rivelati grandi contenitori di investimenti pubblicitari (la maggiore qualità percepita, la maggiore durevolezza, li rendevano attraenti) oltre che un’occasione per aumentare il prezzo del quotidiano nei giorni in cui il supplemento gli era allegato. Solo per citare i due quotidiani maggiori, parliamo per esempio di Sette e del Venerdì (nati entrambi nel 1987) o di IoDonna e di D : che divennero dei prodotti giornalistici seguiti e considerati quanto i quotidiani originari, con larghissime diffusioni, prima di essere travolti dalla crisi dei periodici degli ultimi vent’anni (oggi ciascuna di queste quattro testate dichiara diffusioni tra le 150mila e le 250mila copie: a fine anni Novanta erano tra le 600 e le 800mila). La scelta era stata fatta anche da altri quotidiani, ma in diversi casi quei supplementi sono stati poi persino chiusi: quelli esistenti però sono ancora dei discreti strumenti di vendita di pubblicità.
Era stata quindi interessante e particolare la scelta del Fatto di produrre una rivista allegata mensile nel 2017, Millennium: che però come raccoglitore di pubblicità sta facendo fatica. Dopo avere ridotto il formato prima dell’estate consentendo una riduzione dei costi della carta, il numero uscito questa settimana aveva venduto appena tre pagine di inserzioni su 132.
domenica 12 Novembre 2023
A questo proposito, sabato il Corriere della Sera (dove pure la redazione ha, meno vigorosamente, protestato in questi anni) ha pubblicato un articolo sul ruolo della cantante e attrice Jennifer Lopez nella campagna pubblicitaria del brand Intimissimi, campagna che aveva comprato diversi spazi sullo stesso Corriere della Sera nei giorni precedenti e nel successivo. Mercoledì invece il giornale aveva celebrato nell’apertura delle pagine dell’Economia i risultati della banca Banco Bpm, che ha acquistato pagine pubblicitarie per tutta la settimana.
(un accostamento di grande sintonia sempre mercoledì è forse invece stato casuale?)
domenica 12 Novembre 2023
I giornalisti e le giornaliste di Repubblica hanno votato un documento teoricamente piuttosto rivoluzionario e coraggioso relativo all’ingerenza delle esigenze della pubblicità nel lavoro giornalistico della redazione. È infatti una lista di dieci “impegni” molto rigorosi nel contesto della cessione di spazi e potere che i maggiori giornali italiani hanno vissuto in questi anni, e che Charlie spesso racconta. Tanto che (da qui il “teoricamente” di cui sopra) appare non realistico che quel potere da parte della concessionaria di pubblicità e delle necessità commerciali dell’azienda venga inibito da questo documento (sarà interessante verificarlo, già nelle prossime settimane: ancora giovedì due pagine promozionali di un evento avrebbero violato i punti 1, 3 e 4 del documento): che resta però una presa di responsabilità piuttosto unica tra le redazioni dei quotidiani maggiori, e una descrizione di fatto di casi e di dinamiche che i giornalisti e le giornaliste del quotidiano hanno scelto di contestare, e di non condividere, almeno a parole. Il documento ha avuto 177 voti favorevoli, 3 contrari e 24 astenuti.
Le giornaliste e i giornalisti di “Repubblica”, per tramite del Comitato di redazione, da tempo denunciano alla direzione e all’azienda numerosi episodi nei quali sulle nostre varie piattaforme sono comparsi redazionali mascherati da articoli, quando non veri e propri articoli nei quali sono indicati elenchi di prodotti in vendita, con relativi prezzi e link ai portali di acquisto generalisti o direttamente ai siti delle aziende.
Sono stati segnalati anche diversi solleciti arrivati via mail o attraverso richieste dei capistruttura dalla concessionaria di pubblicità per avere articoli dedicati a inserzionisti pubblicitari o sponsor di eventi.
Abbiamo a più riprese chiesto che gli articoli dedicati a inserzionisti, sponsor o prodotti fossero chiaramente resi riconoscibili e distinguibili dalle notizie con la parola “redazionale” o “articolo sponsorizzato”, ma restano confusioni e commistioni.
Per questo chiediamo alla direzione di garantire il rispetto della deontologia professionale, norme menzionate anche nel Contratto nazionale di lavoro giornalistico che vincola tutte e tutti nel nostro operato quotidiano (articolo 44: “i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici (….) I direttori sono garanti della correttezza e della qualità dell’informazione anche per quanto attiene il rapporto tra testo e pubblicità”).
Altresì vogliamo sottoscrivere una carta che ribadisca queste chiare e semplici regole, affinché: non vengano dimenticate e forniscano un altro strumento di difesa della professionalità di ognuna o ognuno di noi, assunti o collaboratori di “Repubblica”, di fronte a possibili pressioni di varia natura; venga preservata la qualità giornalistica e l’indipendenza di “Repubblica”, unica e sola missione sin dalla fondazione del quotidiano e garanzia di tutela e salvaguardia dello stesso.
Informazione e pubblicità: la carta delle giornaliste e dei giornalisti di “Repubblica”
Nel proprio lavoro quotidiano le giornaliste e i giornalisti di “Repubblica” si impegnano:
1) A tenere distinta l’informazione dalla pubblicità in tutte le piattaforme:
giornale, allegati, sito, social network, podcast, eventi. Esiste un dovere
deontologico previsto dal contratto nazionale ed esiste anche un patto di trasparenza con i lettori per cui è severamente vietato mescolare le notizie con la pubblicità, anche quando essa ha la forma di redazionale;
2) A non prestarsi a scrivere e/o firmare nessun articolo o intervista o altro contenuto giornalistico che sia richiesto dalla concessionaria di pubblicità direttamente o per interposta persona;
3) A rifiutarsi di camuffare redazionali sotto forma di articoli, interviste, commenti e qualsiasi altro intervento giornalistico sia su carta sia online sia in eventi pubblici;
4) A prestare attenzione affinché vengano evitati eventuali episodi esposti nei punti 1, 2, e 3, impegno di cui si fa carico il Comitato di redazione nella sua interezza, quindi compresi i fiduciari dei settori;
5) A rifiutare regalie, viaggi gratuiti non legati ad eventi di cui si debba
necessariamente scrivere per motivi giornalistici e qualsiasi altra forma di retribuzione occulta da parte di enti privati o pubblici. E, in caso di viaggi legati ad eventi di rilevanza giornalistica non pagati dal giornale, dichiarare chiaramente di chi si è ospiti;
6) A non rispondere a nessuna mail o richiesta che venga dalla concessionaria di pubblicità, a meno che si tratti di rapporti per l’operatività dell’attività editoriale;
7) A non inserire in nessun articolo link diretti a portali per l’acquisto, aziende produttrici, privati fornitori di servizi;
8) A fare in modo che su carta, online, nei podcast, nei video e in qualsiasi altra forma di produzione di contenuti, sia sempre e solo la redazione con i suoi responsabili a stabilire scelta, gerarchia e organizzazione dei contenuti stessi, senza alcuna eccezione;
9) A rispettare il diritto di informazione dei lettori anche quando i soggetti di cui si avverta la necessità di scrivere abbiano deciso di non fare pubblicità sulle pagine di “Repubblica”;
10) A ribadire che i sistemi editoriali sono di uso esclusivo delle giornaliste e dei giornalisti, ai quali spetterà l’eventuale pubblicazione dei contenuti in essi generati.
domenica 12 Novembre 2023
C’è stata una questione intorno a una vignetta satirica sul Washington Post , all’interno delle polemiche e delle difficoltà che molte testate stanno avendo da un mese sul racconto della guerra tra Israele e Hamas: il giornale ha deciso di rimuovere dal proprio sito la vignetta (che era stata pubblicata anche sull’edizione di carta del quotidiano), che voleva sottolineare l’ipocrisia di Hamas nell’accusare Israele di colpire i civili, dopo avere ricevuto molte critiche perché il disegno complessivo suggeriva “stereotipi razzisti” nei confronti di tutto il popolo palestinese.
(in Italia la vignetta è stata pubblicata polemicamente sabato dal Foglio e da Libero, e dal Corriere della Sera domenica: nessuno dei tre giornali aveva fatto lo stesso né avanzato simili critiche nel caso di una vignetta censurata tre settimane prima dal Guardian con speculari accuse di antisemitismo per come il disegnatore aveva ritratto Benjamin Netanyahu)
domenica 12 Novembre 2023
Il Post ha raccontato l’autore delle uniche cronache da dentro Gaza sui giornali italiani, Sami al Ajrami.
“Ajrami è un giornalista freelance con molta esperienza, avendo iniziato a fare il corrispondente da Gaza nel 2004. Ha cinquant’anni ed è nato nel campo profughi di Jabalia, pochi chilometri a nord di Gaza: è il campo che è stato bombardato martedì e mercoledì dall’esercito israeliano. Ajrami ha raccontato su Repubblica di avere lì ancora parte della famiglia (sopravvissuta ai bombardamenti)”.
domenica 12 Novembre 2023
È stata di nuovo una settimana di sostanziose riduzioni dell’organico in alcune grosse aziende giornalistiche internazionali. Vice, la testata multimediale che un decennio fa era ancora un caso – per quanto discusso – di nuove pratiche di reportage e di informazione rivolte soprattutto ai giovani, chiuderà alcuni dei suoi programmi video e licenzierà alcune decine di persone. L’azienda era stata comprata da tre fondi di investimento quest’anno, dopo aver presentato una richiesta di fallimento.
Invece Reach, il grande gruppo editoriale britannico che pubblica alcuni dei maggiori tabloid del paese – Daily Mirror, Daily Express , Daily Star – licenzierà 450 persone, ovvero un decimo dei suoi dipendenti. Le difficoltà dei giornali che hanno fatto decidere per i licenziamenti sono state attribuite in particolare alla perdita di traffico generato da Facebook, dopo la decisione di Meta – l’azienda che possiede Facebook e Instagram – di ridurre la promozione dei contenuti giornalistici. Il piano di Reach sta venendo molto contestato nelle redazioni.
domenica 12 Novembre 2023
Un gruppo di studiosi universitari statunitensi ha pubblicato uno studio che quantificherebbe il presunto debito che Google e Facebook avrebbero con i giornali americani per via dei guadagni delle due piattaforme che si debbono al loro uso dei contenuti dei giornali. L’obiettivo dello studio, spiegano, non è tanto definire delle cifre esatte – tra i 10 e i 12 miliardi di dollari annui per Google, 1,9 miliardi di dollari per Facebook – ma definire dei parametri in base a cui fare questi calcoli anche in altri mercati mondiali. La conclusione collaterale è che tutto il settore giornalistico è molto danneggiato dalla sua incapacità di trattare in maniera compatta – come è avvenuto nei mesi scorsi in quello dello spettacolo -, lasciando che siano solo le aziende maggiori a concludere accordi segreti con Google e Facebook di maggior valore, e che le piattaforme governino le trattative.
domenica 12 Novembre 2023
Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di settembre 2023. Se, come facciamo ogni mese, selezioniamo e aggreghiamo tra le varie voci il dato più significativo e più paragonabile rispetto alla generica “diffusione” totale, i risultati sono quelli che seguono: che non tengono conto delle copie distribuite gratuitamente, di quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e di quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte). Più sotto citiamo poi i dati della diffusione totale, quella in cui entra tutto.
Corriere della Sera 175.248 (-7%)
Repubblica 101.395 (-13%)
Stampa 71.209 (-13%)
Sole 24 Ore 54.895 (-9%)
Resto del Carlino 54.794 (-12%)
Messaggero 48.102 (-10%)
Fatto 41.582 (-9%)
Nazione 36.832 (-10%)
Gazzettino 35.109 (-7%)
Giornale 29.243 (-7%)
Dolomiten 29.241 (-7%)
Messaggero Veneto 25.740 (-8%)
Verità 24.484 (-16%)
Altri giornali nazionali:
Libero 20.858 (-4%)
Avvenire 14.811 (-11%)
Manifesto 12.509 (-9%)
ItaliaOggi 7.727 (-16%)
(il Foglio e Domani non sono certificati da ADS).
Rispetto al calo grossomodo medio del 10% anno su anno delle copie effettivamente “vendute”, cartacee e digitali (queste ultime in abbonamento), a cui siamo abituati, questo mese continua ad andare meglio il Corriere della Sera , che però per la prima volta dal gennaio 2021 porta il suo declino di copie oltre il 7%, perdendo la condizione che aveva mantenuto da diversi mesi: le sue perdite a settembre si avvicinano a quelle di altre testate. Continuano invece ad avere cali superiori alla media Repubblica e Stampa . Ci sono poi due inversioni di posizioni: per pochissime copie il Resto del Carlino è sceso dietro il Sole 24 Ore, e Dolomiten è sceso dietro al Giornale . Il Giornale ha infatti un dato interessante: una perdita meno grave di quella dei mesi passati, mentre Libero ha interrotto il suo periodo di crescita e recupero che durava da diversi mesi. Tutto suggerirebbe quindi che i direttori del Giornale, Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri (insediati l’8 settembre e provenienti da Libero) si siano portati dietro una quota di lettori (rispetto ad agosto il Giornale ha dichiarato 895 copie in più, il dato migliore di tutti; Libero ne ha perse 2.563 quando ad agosto ne aveva invece guadagnate 775).
Quanto ai soli abbonamenti alle edizioni digitali, l’ordine delle testate è questo (sono esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 51mila, il Sole 24 Ore più di 33mila).
Corriere della Sera 42.989
Repubblica 25.913
Sole 24 Ore 22.487
Fatto 19.709
Stampa 8.894
Manifesto 6.205
Gazzettino 5.991
Rispetto al mese precedente gli abbonamenti digitali del Corriere a prezzo non scontatissimo sono quasi 200 meno, quelli di Repubblica quasi 500 meno. Nei giorni scorsi il Corriere ha annunciato 556mila abbonamenti attivi: si deve quindi assumere che 460mila di questi siano abbonati al sito web, tolti i 94mila complessivi all’edizione digitale e i 2-3mila all’edizione cartacea o comprati in pacchetti “multipli”.
Rimane molto esigua la quota di abbonamenti non scontatissimi alle edizioni digitali per alcune testate nazionali (soprattutto quelle con un pubblico più anziano) in un tempo in cui quella è la direzione più promettente per la sostenibilità di molti giornali: 1.740 abbonamenti digitali (pagati almeno il 30%) per Avvenire , 1.415 per il Giornale, 1.334 per la Verità , 1.470 per Libero, 2.369 per la Gazzetta dello Sport (che però ne ha più di 10mila a meno del 30% del prezzo). I tre quotidiani Monrif ( Giorno, Resto del Carlino , Nazione ) ne dichiarano complessivamente 2.049.
Tornando alle vendite individuali complessive – carta e digitale – tra i quotidiani locali le perdite maggiori rispetto a un anno fa sono ancora dell’ Arena (-16%) e del Giornale di Vicenza (-18%), entrambi del gruppo Athesis, e del Tirreno (-18%).
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.
Il totale di questi numeri di diversa natura dà una cifra complessiva di valore un po’ grossolano, che è quella usata nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il giornale specializzato Prima Comunicazione, e che trovate qui. Un esempio delle differenze con i dati che abbiamo raccontato qui sopra è il risultato positivo di Repubblica , che cresce dell’11,8% rispetto all’anno scorso grazie all’aggiunta di una grande quota di copie promozionali e omaggio da gennaio di quest’anno (erano 1.123 a settembre 2022, ora sono 32.751).
( Avvenire, Manifesto, Libero, Dolomiten e ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, che costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)
domenica 12 Novembre 2023
Continuando a confermare un periodo di successi, il New York Times ha annunciato di avere superato i dieci milioni di abbonati (9,4 milioni ai suoi prodotti digitali e 670mila al giornale di carta: questi ultimi diminuiti di 70mila in un anno). I risultati sono ancora esplicitamente attribuiti alla riuscita del progetto del giornale di proporsi come più di un giornale: ha scritto nella sua newsletter Brian Morrissey, già fondatore del sito di media e pubblicità Digiday, che l’impressione è che i successi e le prospettive del New York Times si affidino più a trovare un nuovo gioco come Wordle che a creare nuove redazioni giornalistiche all’estero.
domenica 12 Novembre 2023
La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) è nata nel 1950: ne fanno parte molte aziende giornalistiche italiane (comprese le più grandi e influenti, con maggior potere) e si occupa di tutelare gli interessi dei propri associati. Il suo presidente Andrea Riffeser Monti – editore del gruppo Monrif che pubblica Resto del Carlino, Nazione e Giorno – è al suo terzo mandato ed è in carica dal 2018. La FIEG si occupa tra le altre cose anche di rappresentare gli editori con il sindacato unico dei giornalisti e con il governo: in quest’ultimo caso soprattutto sui finanziamenti pubblici e sulle agevolazioni per l’acquisto della carta. Nelle ultime settimane il Consiglio dei ministri ha presentato il disegno di legge di bilancio (cioè il documento che indica come verranno spesi i soldi pubblici nei prossimi tre anni): e tra i cambiamenti c’è la cancellazione del “Fondo straordinario a sostegno dell’innovazione nell’editoria”, che era stato di 90 milioni nel 2022 e di 140 milioni nel 2023. Il sottosegretario all’editoria Barachini (la persona che nel governo si occupa dei rapporti coi giornali) ha spiegato che il fondo è da considerarsi esaurito perché: «varato a sostegno dell’editoria nella fase emergenziale del Covid»: lo stato dovrebbe comunque garantire almeno 90 milioni che andrebbero a far parte del nuovo “Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria”, sostituendo il “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione”. La FIEG se ne è lamentata, dicendo che la riduzione dei fondi rischia: «di vanificare gli importanti interventi esistenti per sostenere il passaggio al digitale», chiedendo di lasciare inalterato «il livello di sostegno al settore per il tempo necessario a garantire la difficile transizione digitale e continuare a garantire l’elevato standard di qualità dell’informazione professionale, la salvaguardia dei livelli occupazionali e delle retribuzioni e rafforzare il presidio contro il proliferare delle false informazioni». In questo contesto bisogna considerare che la transizione al digitale dei giornali è iniziata oltre 25 anni fa.
C’è però anche un’altra parte della storia, raccontata una settimana fa con molto approfondimento (e polemica) in un articolo sul Corriere Romagna , quotidiano che è pubblicato da una cooperativa. Ed è che la FIEG, come dicevamo, rappresenta soprattutto gli interessi degli editori dei grandi giornali, e le sue richieste e le nuove scelte del governo stanno danneggiando in questi anni molte cooperative e non profit che verrebbero escluse dal grosso dei contributi. L’articolo elenca i molti modi in cui i maggiori quotidiani (dal Corriere della Sera, al Sole 24 Ore, al Fatto) accedono a compensi pubblici e cita le rimostranze delle testate più piccole e senza editori potenti, poco note al grosso dei lettori che della questione ricevono informazione solo attraverso i quotidiani più importanti.
“In pochi anni il nostro Paese è passato dal furore paranoico di cancellare ogni tipo di sostegno ai piccoli e medio-grandi giornali no profit (cooperative di giornalisti ed enti morali) al furore opposto di erogare ingenti risorse pubbliche, senza alcun controllo sul loro utilizzo, a quelli che un tempo la politica mainstream chiamava enfaticamente “giornaloni”, ovvero quotidiani e periodici della famiglia Agnelli-Elkann, della Rcs e di Urbano Cairo, della famiglia Caltagirone o di Confindustria, solo per citare qualche nome”.
domenica 12 Novembre 2023
È una storia con molti aspetti propri e unici, quella dei fotografi che sono stati guidati ad assistere alle stragi di Hamas del 7 ottobre in Israele, di cui non tutto è chiaro e noto e su cui alcune accuse si sono rivelate infondate. Ma si inserisce dentro le delicatissime e decennali – forse secolari – riflessioni sui conflitti tra le priorità del lavoro giornalistico e le valutazioni etiche più generali di correttezza e umanità. Accade più frequentemente che l’uso da parte di giornalisti di pratiche ingannevoli per ottenere informazioni sia considerato esecrabile, ma la difesa degli esecrati si basa spesso sui risultati e sulle informazioni pubbliche ottenute con quei metodi (risultati e informazioni che spesso sono apprezzati dagli stessi esecranti): ed è vero che per pretendere comportamenti sempre corretti dal giornalismo dobbiamo essere disposti a sacrificare una quota di notizie che rimarrebbero ignote. Negli Stati Uniti è tornato attuale quest’anno un dibattito sulla legittimità e sulla punibilità del giornalismo ” undercover “, ovvero quello che non si dichiara come tale, fingendosi altro, compreso quello delle telecamere e dei microfoni nascosti, per esempio. Ma cosa penseremmo se sapessimo che alcune delle immagini o dei reportage più importanti nel documentare gli eventi più violenti e drammatici dell’ultimo secolo sono stati resi possibili solo dall’astenersi dei loro autori da ogni tentativo di intervento in difesa delle vittime? Penseremmo male di loro, forse, ma preferiremmo non averne mai saputo niente? Non c’è una risposta buona per ogni caso (e per certi casi forse non c’è una risposta buona), ed è solo una delle sfuggenti questioni che riguardano una materia sfuggente come il racconto della realtà.
Fine di questo prologo.
domenica 5 Novembre 2023
Il nuovo numero di Cose spiegate bene, la rivista del Post, è acquistabile da giovedì in anteprima da parte degli abbonati del Post: una formula, quella della prevendita due settimane prima dell’uscita in libreria, che ha funzionato molto bene sin dal primo numero, permettendo di raggiungere la sostenibilità economica del progetto ancora prima della sua uscita pubblica, appunto. E confermando così l’efficacia della costruzione di un rapporto di fiducia con gli abbonati che garantisce un pubblico interessato per molti progetti collaterali del giornale.
domenica 5 Novembre 2023
Il settimanale Internazionale ha ricordato con un editoriale del suo direttore il trentesimo anniversario della sua prima uscita.
“Quando Internazionale arrivò in edicola era il 6 novembre del 1993, un sabato. In questi trent’anni tante cose sono successe e il mondo è cambiato. Poco alla volta, Internazionale è diventato il punto di riferimento per un gran numero di persone che ogni settimana si ritrovano intorno al giornale, con un senso di appartenenza a una collettività cresciuta nel corso degli anni. Questo, forse, è il risultato più importante e più prezioso raggiunto finora: la condivisione dell’idea che quello che succede nel mondo ci riguarda da vicino, perché i destini di tutti noi sono incrociati e legati”.
domenica 5 Novembre 2023
I maggiori quotidiani italiani si sono mossi con molta cautela questa settimana intorno al rafforzamento delle accuse contro la banca Intesa Sanpaolo a proposito del progetto di creazione di un nuovo brand bancario chiamato Isybank. Le modalità del trasferimento dei conti erano state contestate da molti utenti, e giovedì l’autorità antritrust ha avviato un’istruttoria a proposito.
Intesa Sanpaolo è un frequente inserzionista dei maggiori quotidiani oltre che un creditore di diverse aziende che li possiedono, e le sue comunicazioni sono sistematicamente trattate con molta accoglienza nelle pagine economiche. La notizia sull’antitrust – a differenza di come vengono trattati abitualmente molti procedimenti simili – è stata riferita dando esteso spazio alla difesa della banca: che già il giorno dopo ha ottenuto nuovi articoli di celebrazione dei suoi risultati. Il Corriere della Sera ha pubblicato a margine della notizia anche una guida all’uso di Isybank.
(intorno a una simile questione, e in aggiornamento del prologo di Charlie della settimana scorsa: gli stessi quotidiani principali hanno ospitato questa settimana diverse pagine pubblicitarie comprate da ENI)
domenica 5 Novembre 2023
Secondo una ricerca del sito britannico che si occupa di media e di giornalismo PressGazette il sito del quotidiano Daily Mail – il sito si chiama MailOnline – pubblicherebbe in media circa 1500 pagine web al giorno, un numero straordinariamente maggiore di quelli di altre testate giornalistiche dello stesso paese. Quello del Daily Mail è diventato uno dei siti di news più seguiti del mondo da molti anni, da quando il tabloid intuì le possibilità di raggiungere un pubblico anglofono straordinariamente più grande di quello solo britannico, con il proprio giornalismo spesso sensazionalistico, pettegolo e inaccurato. Parte dei suoi risultati di traffico si devono, come mostrano i dati, anche alla grandissima quantità di articoli pubblicati.