Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 10 Marzo 2024

La linea lipstick

Se su Charlie non ripetiamo ogni settimana una selezione di “contiguità” tra alcuni articoli giornalistici e alcune inserzioni pubblicitarie non è perché manchino gli esempi, ma anzi proprio perché le segnalazioni rischiano di diventare ripetitive e creare persino un adattamento, un considerarle la norma anche in teoria. Ma non lo sono: in teoria il lavoro delle redazioni dei giornali e quello delle loro concessionarie pubblicitarie dovrebbero rimanere distinti, per garantire l’indipendenza e l’affidabilità del primo, e la fiducia dei lettori. Se nella pratica le cose non vanno così si deve al grande contesto sullo sfondo di tutto, ovvero la crisi di risorse economiche dei giornali e i cedimenti necessari a conservare i ricavi pubblicitari necessari perché alcuni giornali possano esistere.
Ma non rischiamo di pensare che solo perché Charlie non vuole diventare noioso queste “contiguità” non siano presenti ogni settimana, soprattutto sui grandi quotidiani destinatari della quota maggiore degli investimenti pubblicitari. Sabato sia Repubblica che il Corriere della Sera ospitavano articoli dedicati ad alcuni brand del gruppo Oniverse, responsabile di una grossa quota di questi investimenti con i suoi diversi brand: poche pagine dopo le pubblicità di Intimissimi, il Corriere della Sera dedicava un’intervista al fondatore Sandro Veronesi, e Repubblica un articolo dedicato al brand Falconeri, della stessa proprietà.
Sempre sabato Repubblica replicava un format che sta diventando sempre più abituale nelle pagine della Moda, quello di intervistare un personaggio non in ragione della sua attività e fama abituale, ma in quanto protagonista della campagna pubblicitaria di un brand, e descrivendolo prioritariamente come tale. In questo caso la cantante Dua Lipa, “testimonial di YSL Beauty e della linea lipstick LoveShine”.


domenica 10 Marzo 2024

Circospetti e rispettosi

Il Post ha raccontato il peculiare rapporto dei giornali britannici con le notizie che riguardano la famiglia reale del loro paese, che si sta manifestando in questi giorni a proposito delle condizioni di salute di Kate Middleton.

“Il Guardian, uno dei giornali britannici più autorevoli ma anche uno di quelli che storicamente si sono sempre occupati meno delle vicende della famiglia reale, in questi giorni ne ha scritto in pochissime occasioni, in tutti i casi citando i comunicati pubblicati dall’ufficio stampa di Kensington Palace. L’ultima volta è accaduto martedì, quando ha dato notizia di un’affermazione che era stata pubblicata quella mattina sul sito dell’esercito del Regno Unito ed era stata eliminata poco dopo, quando era arrivata una smentita da parte di Kensington Palace: l’esercito aveva dato per certa la partecipazione di Middleton a un evento commemorativo che si terrà a giugno, ma che non era invece stata confermata”.


domenica 10 Marzo 2024

Non ancora

Lo sciopero dei giornalisti di Condé Nast Italia (che pubblica WiredVogueVanity FairADTraveller, GQCucina Italiana), di cui avevamo detto la settimana scorsa, è stato sospeso nell’ambito del confronto con l’azienda, che prosegue finora senza nuovi sviluppi.


domenica 10 Marzo 2024

Passato presente

Il Corriere della Sera ha organizzato per mercoledì 13 marzo alle 18 a Milano un evento pubblico su “Come cambia l’informazione, dietro le quinte del Corriere”: si terrà nella tradizionale sala Buzzati alle spalle della redazione del giornale (ma i posti sono esauriti) e gli abbonati potranno seguirlo online. “Per confrontarsi su passato e presente del giornale protagonista della storia d’Italia” sono previsti gli interventi del direttore Luciano Fontana, degli ex direttori Paolo Mieli e Ferruccio de Bortoli, di Aldo Cazzullo, Massimo Gramellini, Beppe Severgnini e Milena Gabanelli.


domenica 10 Marzo 2024

Con poco rischio

Per i mezzi di informazione italiana affrontare gli eventi che avvengono in luoghi dai fusi orari molto diversi è sempre stato complicato: con tutte le innovazioni tecnologiche di questi decenni, gli umani continuano a fare le cose soprattutto di giorno, che si tratti di cose che diventano notizie, o di riferire quelle notizie. La maggior tempestività di internet ha messo ulteriormente in difficoltà il ruolo dei quotidiani e le loro scelte su cosa far trovare ai lettori la mattina quando la notte sarà già successo qualcos’altro: si escogitano formule interlocutorie, si fa più tardi che si può nel “chiudere” il giornale, si cerca di approssimare senza correre troppi rischi di sbagliare, ma l’uscita digitale la sera non aiuta. Questa settimana c’è stato il caso particolare delle primarie americane del Super Tuesday, il cui risultato era piuttosto atteso e prevedibile: e quindi la scelta di Domani è stata di mettere in prima pagina e all’interno la vittoria di Donald Trump e la fine delle ambizioni di Nikki Haley (“Il Super Tuesday conferma la candidatura di Trump e segna la fine di Nikki Haley”) già all’ora della pubblicazione intorno alle 22, quando del Super Tuesday era passata appena una metà e la gran parte degli elettori doveva ancora votare.

(c’è un grande repertorio di vecchi aneddoti, nel giornalismo musicale, sulle recensioni di importanti concerti scritte prima della fine dei concerti – per via dei tempi di chiusura dei giornali – e poi smentite dai fatti: con canzoni non eseguite o imprevisti non citati)


domenica 10 Marzo 2024

Il declino dei giornalai

Il Post ha raccontato fasti passati e attualità di una delle edicole più note di Roma, quella di piazza Colonna davanti a Palazzo Chigi, di proprietà del quotidiano Il Tempo.

“Prima della crisi, l’edicola era stato il chiosco dei giornali di riferimento della politica italiana, vista la sua posizione nel cuore della “cittadella politica” di Roma: davanti a Palazzo Chigi, a poche decine di metri da Palazzo Montecitorio, sede della Camera dei deputati, nella piazza che è un luogo di transito costante di parlamentari, ministri, leader politici, funzionari di partito e giornalisti”.


domenica 10 Marzo 2024

Nicchie

C’è stato invece uno scambio di gentilezze – ma giornalisticamente interessanti – tra Semafor (che è appunto l’ultima grossa novità tra i siti di news) e Slate (che è uno “storico” magazine digitale americano, di quelli delle prime avanguardistiche generazioni). Semafor aveva raccontato come Slate sia tornato a essere economicamente in attivo, dopo periodi faticosi in cui il prodotto giornalistico era rimasto un po’ datato. La settimana dopo Slate ha pubblicato un ritratto dell’autore di quell’articolo, che è Max Tani, il giornalista a cui Ben Smith ha trasferito il suo ruolo di “media reporter” per Semafor. Tani spiega le fatiche di dover spesso scrivere di licenziamenti e riduzioni dei costi nei giornali, e descrive una delle tendenza più attuali nelle prospettive dei giornali online, legata alla diminuzione del valore dei ricavi pubblicitari:

“Poiché quasi tutti, all’infuori del New York Times e pochi altri, non possono raggiungere la scala di pubblico richiesta dagli inserzionisti pubblicitari, la maggior parte degli editori digitali ora sono concentrati sugli occhi e sulle orecchie che sono già in grado di raggiungere e sui modi migliori per monetizzare la loro attenzione. La prossima generazione di media digitali sarà probabilmente più concentrata sulle nicchie di pubblico e sul soddisfare meglio le audience che sono già dipendenti e interessate ai loro contenuti”.


domenica 10 Marzo 2024

Modest in its writing

Ben Smith, direttore e fondatore del sito di news Semafor, e il più importante “media reporter” americano, ha raccontato con grande approfondimento – e molte considerazioni esperte e acute – le recenti polemiche all’interno del New York Times rispetto all’inaffidabilità di alcune fonti prese in considerazione per articoli e podcast sulle stragi di Hamas del 7 ottobre scorso. Smith tra l’altro paragona il modo con cui la stessa storia (gli stupri compiuti da Hamas durante quel massacro) è stata raccontata dal New York Times e dal Wall Street Journal, apprezzando il modo con cui il secondo non ha voluto unire i puntini (confermando che gli stupri siano stati “un deliberato strumento di guerra”) e si è limitato a descrivere i fatti noti, con la consapevolezza che alcune cose non siano dimostrate e confermate, e a costo di non costruire una “narrazione”.
“If you can’t do the painstaking work of presenting an incontestable truth with absolute confidence, the alternative is humility and an openness to multiple points of view […] there’s another method of journalism, invented at the New York Times as much as anywhere else, for approaching complex allegations often involving sexual violence. It’s forensic — painstaking, pedantic, reproducible. It’s modest in its writing and not always all that fun to read”.


domenica 10 Marzo 2024

Charlie, diritti e diritti

Un giudice federale a Washington ha ordinato una sanzione di 800 dollari al giorno contro una giornalista della rete CBS che si è rifiutata di rivelare la fonte di una serie di reportage per Fox News (dove lavorava allora) che avevano poi avuto degli sviluppi di denunce per la diffusione di alcune informazioni personali su delle pratiche di immigrazione: la sanzione è per ora sospesa in attesa del ricorso ma si applicherebbe fino a che la giornalista non obbedisca alla corte e riveli il nome della sua fonte.
La questione è naturalmente delicata, perché la buona qualità di una parte del lavoro giornalistico è garantita dalla protezione della riservatezza delle fonti, ma è legittimo anche il diritto alla privacy delle persone, le cui informazioni contenute in documenti riservati non sono state protette dagli enti pubblici che le detenevano.

Ma la questione è anche interessante vista da qui perché è un’ennesima conferma di come in paesi democratici ed evoluti sul piano del diritto prevedano che possano esserci limitazioni o sanzioni al diritto di cronaca: e che questo possa entrare in conflitto con altri diritti; e che se l’etica dei giornalisti può suggerire loro delle violazioni, queste violazioni debbano comunque essere sanzionate. Senza scandalo, senza stracciamenti di vesti, senza la pretesa che qualunque rispetto di regole, diritti, privacy, sia un “bavaglio”: ma argomentando nei tribunali e vedendo evidentemente riconosciute le proprie ragioni, o rispettando sentenze avverse. Con la consapevolezza da parte dei giornalisti stessi che esistono regole a tutela di tutti, e che il diritto all’informazione non è l’unico che corre rischi.

Fine di questo prologo.


domenica 3 Marzo 2024

Altrecose

Il Post ha comunicato un nuovo progetto editoriale di carta in collaborazione con la casa editrice Iperborea, con cui già pubblica la rivista Cose spiegate bene. Si chiama “Altrecose” ed è “una casa editrice dentro la casa editrice”, che pubblicherà libri in sintonia con il lavoro giornalistico e di divulgazione del Post. Il primo titolo, Mostri di Claire Dederer, uscirà all’inizio di aprile.

“Non possiamo concludere questa prima presentazione senza ricordare ancora una volta che è grazie agli abbonati che il Post può costruire progetti come questo badando innanzitutto alla loro qualità e potendosi permettere valutazioni in cui la sostenibilità economica è importante ma non è la priorità. Le priorità sono il buon giornalismo e la conoscenza delle cose, e sono priorità condivise da una comunità complice e preziosa”.


domenica 3 Marzo 2024

Correzioni

Nel prologo della settimana scorsa abbiamo citato un articolo del sito del Corriere della Sera sugli orari del festival di Sanremo, imitato da molti altri siti di news, e abbiamo definito la sua circolazione “enorme”. Fonti diverse e affidabili ci hanno indicato che l’aggettivo fosse esagerato: pur avendo avuto una cospicua quota di visitatori quell’articolo non è stato tra i più letti di quei giorni.


domenica 3 Marzo 2024

Periodico

Dal 1980 in Francia c’è un giornale che esce solo il 29 febbraio di ogni anno bisestile, e dunque ogni quattro anni: è unico nel suo genere, si chiama La Bougie du Sapeur, che significa “La candela dello zappatore”, ed è un periodico satirico. Da mercoledì 28 febbraio il numero 12 è nelle edicole francesi. Lo ha raccontato il Post.


domenica 3 Marzo 2024

L’assoluzione di Napoletano

L’ex direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, è stato di fatto assolto definitivamente nel processo che riguardava una complessa e grossa storia di inganni sulla diffusione e sui conti del giornale, che aveva raggiunto il suo momento culminante nel 2017 con la sua autosospensione da direttore. Napoletano era stato condannato in primo grado e poi assolto in appello, e ora sono scaduti i termini perché procura e parte civile ricorressero contro l’assoluzione.

“L’accusa sosteneva che avesse contribuito a diffondere dati falsi sulle vendite e sulla diffusione del Sole 24 Ore, per veicolare un messaggio positivo sull’andamento economico del quotidiano in modo da influenzare il prezzo di vendita degli spazi pubblicitari. Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione del processo d’appello i giudici hanno invece stabilito che fosse «anche formalmente del tutto estraneo alla complessa e stratificata macchina amministrativa e alla concreta catena di comando che reggevano la gestione aziendale» e che quindi non avrebbe potuto imporre la propria volontà a «un’intera schiera di dirigenti e tecnici» nella decisione di comunicare dati falsi sulle vendite. Napoletano, che oggi dirige il Quotidiano del Sud, si era sempre dichiarato innocente”.

Nel suo articolo sulla notizia lo stesso Sole 24 Ore – con la cui redazione Napoletano ebbe grosse tensioni – ha definito una “scelta anomala della procura generale di Milano e della parte civile Consob” quella di non presentare ricorso.


domenica 3 Marzo 2024

Contro Google

Un gruppo di editori di diversi paesi europei ha fatto causa a Google chiedendo 2,1 miliardi di euro per il suo abuso di posizione nella gestione della pubblicità online.

“Per mostrare la pubblicità sui loro siti, gli editori utilizzano una o più piattaforme che fanno da intermediarie. Queste si occupano di gestire tecnicamente e commercialmente la pubblicità sui loro siti insieme ad altri soggetti. Un annuncio sul sito di un editore viene pagato da chi ha deciso di farsi pubblicità, ma l’editore riceve solo una parte del denaro perché la piattaforma trattiene per sé una percentuale per il servizio offerto. Con le piattaforme più grandi come Google e Meta è pressoché impossibile contrattare quella percentuale e molte altre politiche commerciali adottate per gestire gli annunci pubblicitari.
Le piattaforme si difendono sostenendo di poter offrire in questo modo l’accesso a molti più inserzionisti, favorendo quindi una maggiore disponibilità di annunci da mostrare sui siti.
Con la loro causa, gli editori europei sostengono di avere avuto un danno provocato da un «mercato poco competitivo, che è il risultato diretto della cattiva condotta di Google». Dicono inoltre che se Google non avesse una posizione dominante, gli editori «avrebbero ottenuto ricavi significativamente più alti dalla pubblicità e avrebbero pagato commissioni più basse» per i servizi di gestione degli annunci pubblicitari. I maggiori ricavi sarebbero potuti servire per fare nuovi investimenti «tesi a rinforzare il panorama editoriale europeo»”.


domenica 3 Marzo 2024

Cerno al Tempo

Il quotidiano romano Il Tempo ha un nuovo direttore, Tommaso Cerno, 49 anni. Cerno ha avuto negli anni passati vari momenti di visibilità pubblica, prima diventando direttore del settimanale L’Espresso, poi brevemente condirettore di Repubblica e poi venendo candidato al Senato dal PD – per proposta del suo allora segretario Matteo Renzi – e diventando senatore dal 2018 al 2022. Ma il suo percorso politico è stato sempre piuttosto instabile: da giovane si era candidato alle elezioni della sua città, Udine, per Alleanza Nazionale, il partito poi divenuto Fratelli d’Italia, al Senato aveva lasciato il gruppo del PD e poi ci era tornato, e adesso è stato scelto per dirigere il minore del gruppo dei quotidiani vicini alla destra di governo (gli altri sono Libero Giornale) posseduto dal senatore leghista Antonio Angelucci. Da un anno e mezzo Cerno era direttore di un suo piccolo e nuovo quotidiano, L’Identità.
Il Tempo è un quotidiano locale romano che compie nel 2024 ottant’anni e che ebbe nel Novecento ruoli e importanze nazionali soprattutto per la sua copertura e le sue relazioni con la politica (la sua sede è tuttora di fronte a Palazzo Chigi): fino agli anni Novanta vendeva ancora circa centomila copie, ma ebbe poi un declino che gli fece perdere la competizione locale con il Messaggero e oggi comunica una diffusione complessiva di circa 7mila copie: erano 8mila un anno fa.


domenica 3 Marzo 2024

Comunicazione integrata

Intanto la società SAE, creata a suo tempo per acquistare da GEDI i quotidiani locali Tirreno Nuova FerraraGazzetta di Reggio Gazzetta di Modena (e poi anche la Nuova Sardegna), ha annunciato un investimento importante su un progetto collaterale ma “integrato”: l’acquisto dell’azienda di comunicazione milanese Different (nata nel 2020 dalla fusione di altre agenzie), per “realizzare un grande polo indipendente della comunicazione integrata a capitale italiano”. Polo che quindi si immagina inteso come integratore della comunicazione giornalistica dei quotidiani in questione e di quella pubblicitaria di Different.


domenica 3 Marzo 2024

In Abruzzo, prima delle elezioni

Il Centro è il più diffuso quotidiano abruzzese (seguito dal Messaggero) e ha sede a Pescara. Esiste dal 1986 e oggi ha una diffusione di poco più di settemila copie, in calo assai più sensibile della media dei quotidiani: tra il 14% e il 17% in meno anno su anno. Per quasi tutta la sua storia è stato di proprietà del gruppo Espresso, ma è poi stato tra i primi quotidiani locali a essere ceduto all’inizio della grande campagna di dismissioni degli ultimi anni. Fu comprato da un gruppo di imprenditori locali guidati da Alberto Leonardis, che poi ne uscì e creò una nuova società con cui ha successivamente acquistato altri quotidiani locali da GEDI (il nuovo nome del gruppo Espresso), e da Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità privata in Abruzzo e proprietario della tv locale Rete8.
Il primo direttore del nuovo corso si era dimesso dopo appena un anno, (ed era stato poi eletto senatore con il M5S). Lo aveva rimpiazzato Piero Anchino, che adesso è stato sfiduciato dalla redazione ed è oggetto di una vivace protesta da parte dei giornalisti, con uno sciopero martedì scorso e un comunicato che allude a varie ragioni di insoddisfazione verso la proprietà.

“Sono tante e tali le criticità e le problematiche, segnalate sempre in maniera costruttiva e con spirito di collaborazione, che urgono risposte in tempi brevi, indispensabili per far sì che il Centro ed ilCentro.it restino leader in Abruzzo. I giornalisti da tempo fanno sfoggio di professionalità anche di fronte a disposizioni a dir poco discutibili che arrivano dalla direzione, con cui si è ormai spezzato il rapporto di fiducia. Nel tempo il rapporto redazione-direttore si è logorato, la frattura è diventata insanabile e irrecuperabile a tal punto da compromettere irrimediabilmente anche i principi della compatibilità ambientale. Il documento di sfiducia al direttore è stato votato all’unanimità il primo febbraio scorso”.


domenica 3 Marzo 2024

Il percorso inverso delle notizie

Ci sono nuove agitazioni al New York Times nella categoria “i panni sporchi si lavano in famiglia”: negli anni scorsi diversi confronti e polemiche interne al giornale avevano fatto molto notizia e attirato attenzioni, ma la nuova direzione sembra avere imposto con maggior successo una linea di maggiore discrezione nel dare pubblicità ai conflitti interni . Un mese fa però il sito The Intercept aveva raccontato di una puntata del seguitissimo podcast del New York Times che si chiama “The Daily” che non sarebbe stata pubblicata per dubbi sulla credibilità di alcune fonti, a proposito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre: come molti altri quotidiani e siti di news internazionali il New York Times sta ricevendo da mesi critiche e pressioni sulla sua copertura di quello che è successo in Israele e a Gaza.
Adesso un articolo di Vanity Fair sostiene che la diffusione pubblica delle discussioni su quel podcast abbia molto irritato la direzione del giornale, che starebbe conducendo conversazioni e indagini interne per capire chi l’abbia raccontata a The Intercept.


domenica 3 Marzo 2024

Algido nell’eloquio

Un lungo articolo del Foglio ha raccontato domenica Enrico Marchi, l’imprenditore veneto che guida il gruppo che ha acquistato dall’editore GEDI sei quotidiani locali del Nordest.


domenica 3 Marzo 2024

Demoliremo

Su Charlie raccontiamo spesso le evidenti ingerenze di alcuni inserzionisti nei contenuti giornalistici di alcuni quotidiani, e in particolare di quelli che sono più essenziali – con i loro grossi investimenti pubblicitari – alla sopravvivenza economica dei giornali stessi. Uno dei più presenti e preziosi è l’azienda ENI, che ottiene quindi grandi indulgenze e frequenti spazi per le sue comunicazioni da alcune testate. ENI sovvenziona indirettamente il sistema dell’informazione italiana da sempre (il suo fondatore Enrico Mattei creò il quotidiano il Giorno , e l’azienda ha una sua influente agenzia di stampa, AGI) e questa settimana il giornalista del quotidiano Domani Ferdinando Cotugno – spesso critico delle iniziative di greenwashing di ENI – ha raccontato su Twitter di come le indulgenze suddette si siano manifestate in un programma Rai.

“Infine, arriva il comunicato preventivo di Eni, il giorno della messa in onda, che sostanzialmente dice: avremmo volentieri partecipato, ma il dibattito è inaccettabile, le accuse sono pregiudiziali, non serve parlarne, tanto le “demoliremo” (bel wording) in altre sedi. E infatti Petrolio non ha parlato della causa di Greenpeace e Recommon. Alla fine, ogni pezzo della puntata che poteva mettere in difficoltà Eni è stato smantellato. Il paradosso è che chi ha visto Petrolio ne esce con la consapevolezza delle responsabilità di Exxon ma non può avere accesso a quelle, altrettanto provate, di Eni”.


domenica 3 Marzo 2024

Deeply read

C’è da alcuni anni un frequente dibattito sulla necessità di misurare meglio la qualità delle visite e delle letture su internet, senza limitarsi ai clic che spesso non hanno a che fare con la qualità dei contenuti né con il loro gradimento (e quindi neanche con il loro valore di promozione degli spazi pubblicitari). Ne abbiamo parlato ancora la settimana scorsa, di come per molte testate rimangano il criterio principale di valutazione dei risultati, anche per la difficoltà di costruirne di diversi: che però sarebbero molto più utili per aiutare i modelli di business basati sugli abbonamenti e sulla soddisfazione e coinvolgimento dei lettori piuttosto che quelli legati alle visualizzazioni della pubblicità.
Adesso ci prova il Guardian, che ha introdotto una classifica dei suoi articoli non “più letti” ma “letti in modo più approfondito”: rendendo pubblica una misurazione che confronta il tempo passato su un articolo con la sua lunghezza.


domenica 3 Marzo 2024

“Sciopero a oltranza” in Condé Nast Italia

Condé Nast è uno dei più importanti gruppi editoriali del mondo: ha più di un secolo e pubblica molte testate americane illustri (New YorkerVogueVanity FairWired, tra le molte altre) ed edizioni nazionali in tanti paesi dove ha delle filiali molto robuste. Negli ultimi anni di difficoltà economiche l’autonomia dei vari paesi si è ridotta: i dipendenti sono diminuiti, i ruoli sono stati accentrati, il controllo è stato affidato spesso alla “casa madre”.
In Italia Condé Nast ha sempre avuto – da sessant’anni – una grossa struttura con sede a Milano, che si è a sua volta assottigliata e che pubblica le edizioni italiane di VogueVanity FairGQWiredADTraveller, e la Cucina italiana. Le redazioni hanno avuto grosse riduzioni di organico e le testate hanno perso molta autonomia rispetto alle direzioni internazionali: adesso hanno deciso uno sciopero a oltranza da lunedì 4 per protestare contro ulteriori riduzioni.

“L’azienda ha comunicato nuovi esuberi , senza che sia stato dichiarato alcuno stato di crisi e senza che sia stato condiviso alcun piano industriale e/o editoriale, inquadrando piuttosto i tagli all’interno di un’operazione di efficientamento richiesta dagli Stati Uniti. Dove stiamo andando?
Dal 2021 è in atto una vasta riorganizzazione internazionale che è costata un altissimo numero di uscite tra giornalisti e grafici editoriali. Ad oggi in Condé Nast i giornalisti sono solo 44 distribuiti su 6 testate mentre il corpo dei grafici editoriali è stato ridotto costantemente e pesantemente. L’azienda richiede qualità e autorevolezza dei contenuti, e dice di supportare il «grande giornalismo», ma nel contempo pensa di poter fare a meno di altri professionisti .

CdR ed RSU ricordano i pesanti carichi lavorativi e si teme ancora una volta che gli “esuberi” anticipati come soppressione di specifici ruoli vengano poi nei fatti rimpiazzati da figure esterne con altro tipo di contratto, come è ormai prassi consolidata del Gruppo.
I giornalisti, riuniti in Assemblea (alla presenza anche di una rappresentanza solidale dell’RSU), difendono la loro professionalità e non accettano ulteriori tagli che impoveriscano e mettano a repentaglio la qualità del lavoro editoriale.
Dopo aver votato, i giornalisti proclamano lo stato di agitazione immediato e uno sciopero a oltranza a partire da lunedì 4 marzo, qualora l’azienda non torni sui propri passi ritirando la dichiarazione di esuberi e non faccia chiarezza sui piani per il futuro di Condé Nast Italia”.


domenica 3 Marzo 2024

Paris Match va a LVMH, forse davvero

Lo storico settimanale di attualità e celebrità francese Paris Match potrebbe essere comprato dal grande gruppo multinazionale della moda e del lusso LVMH: progetto di cui si parla da anni e pareva accantonato, e invece ora sembra quasi deciso (per circa 100 milioni di euro, secondo Le Point), in conseguenza di variazioni e agitazioni societarie tra grandi gruppi francesi. In questi anni Paris Match è stato di fatto controllato da Vincent Bolloré (attraverso l’ingresso nella società Lagardère News), il ricco imprenditore proprietario del gruppo Vivendi, con frequenti proteste da parte della redazione per le ingerenze sul proprio lavoro. Le sovrapposizioni di interessi economici e informazione giornalistica sono state molto discusse in Francia nell’ultimo decennio, in conseguenza di diversi cambi di proprietà delle maggiori testate, sempre più spesso governate da imprenditori miliardari e  grandi gruppi non editoriali. LVMH possiede già la società che pubblica i quotidiani Le Parisien Les Echos. Vivendi aveva già venduto l’anno scorso il settimanale “femminile” Gala al gruppo del quotidiano Le Figaro proprio per potere acquisire il gruppo Lagardère News secondo le leggi antitrust europee.
Malgrado abbia ancora una diffusione di 450mila copie, Paris Match ha chiuso in leggera perdita il 2023.


domenica 3 Marzo 2024

Contributi diretti

Il dipartimento per l’informazione e l’editoria del governo italiano ha pubblicato l’elenco dei giornali a cui è stato confermato per l’anno 2022 il diritto al “contributo pubblico diretto”, cioè il finanziamento pubblico che la legge prevede per i giornali che si dichiarino pubblicati da cooperative di giornalisti o da società senza fini di lucro, o che siano espressione di minoranze linguistiche. Maggiori spiegazioni sono nell’articolo del Post.

Queste sono le prime quindici testate per contributo totale assegnato:

Dolomiten 6.176.996,03 euro
Famiglia cristiana 6.000.000 euro
Avvenire 5.755.037,42 euro
Italia oggi 4.062.533,95 euro
Libero quotidiano 3.378.217,01 euro
Il manifesto 3.277.900,39 euro
Corriere Romagna 2.218.356,97 euro
Cronacaqui.it (Torino Cronaca) 2.207.300,07 euro
Il Foglio 2.079.514,37 euro
Primorski dnevnik 1.666.668,08 euro
Il Cittadino 1.424.098,80 euro
Quotidiano di Sicilia 1.330.270,90 euro
Cronache di (Libra editrice) 1.259.956,77 euro
Die Neue Südtiroler Tageszeitung 1.086.996,14 euro
Secolo d’Italia 1.034.341,35 euro


domenica 3 Marzo 2024

Deprecated news

Meta ha annunciato un ulteriore disinvestimento nella promozione delle news su Facebook negli Stati Uniti e in Australia. La sezione Facebook News sarà “deprecated”, come era già stato fatto in Germania, Francia e Regno Unito.

“Come azienda dobbiamo dedicare il nostro tempo e le nostre risorse alle cose che le persone ci dicono di voler vedere di più, compresi brevi video. La quota di persone che usano Facebook News in Australia e negli Stati Uniti è diminuita di più dell’80% lo scorso anno. Sappiamo che gli utenti non vengono su Facebook per le news e per i contenuti politici: vengono per collegarsi ad altre persone e scoprire nuove opportunità, passioni e interessi. Come già dicemmo nel 2023, le news costituiscono meno del 3% di quello che le persone in tutto il mondo vedono nel loro feed di Facebook, e sono una piccola parte dell’esperienza per la grande maggioranza di loro”.


domenica 3 Marzo 2024

Charlie, molto più informati

Il New York Times ha pubblicato un ritratto di uno dei più precoci esperti di cambiamento digitale del giornalismo al mondo: Roger Fidler lavorò già negli anni Ottanta a progetti di lettura dei giornali su supporti digitali e apparecchi precursori dei tablet, facendo esperimenti e studi per conto della grande azienda giornalistica Knight Ridder (che pubblicava 32 quotidiani negli Stati Uniti e che ora non esiste più). La storia è affascinante, ed è affascinante la sua sintesi di come la visione di Fidler e la lungimiranza della sua azienda non seppero prevedere un elemento rivoluzionario che rese insufficienti le loro visione e lungimiranza: internet.
Ma l’autore dell’articolo David Streitfeld dice anche una cosa interessante e rassicurante, da ricordare a chi di noi pensi che le cose siano peggiorate, mentre sono 
cambiate , e in quel cambiamento c’è di tutto.

“In molti posti non c’è più o è raro un giornalismo locale affidabile. Ma c’è invece una varietà di notizie estere, nazionali e culturali accessibili online assai più estesa di quella che le generazioni precedenti potevano trovare stampata su carta. Pur con tutta la celebrazione dei vecchi tempi, se vivevi in una città con un quotidiano mediocre – e ce n’erano – l’accesso al giornalismo di qualità era difficile.
«Fondamentalmente ci si è aperto il mondo. C’è tantissimo buon giornalismo in giro», dice David Mindich, professore di giornalismo alla Temple University: «se vent’anni fa mi aveste detto “arriverà una generazione che ascolterà lunghi contenuti audio”, avrei risposto “la soglia di attenzione sta diminuendo, non credo sia possibile”. E invece è successo».

Certo, qualcuno può pensare fosse meglio quando sapevamo meno cose. E qualcuno invece no.

Fine di questo prologo.


domenica 25 Febbraio 2024

Cremona

La rassegna stampa del Post “I giornali spiegati bene”, con Luca Sofri e Francesco Costa, sarà a Cremona domenica prossima 3 marzo.


domenica 25 Febbraio 2024

Pazienze

Charlie è una newsletter destinata a chi è interessato a capire le scelte dei giornali e gli accadimenti che li riguardano, scelte e accadimenti da cui poi dipendono la nostra conoscenza della realtà e le opinioni che ce ne facciamo. Quindi, pur avendo una considerevole e lusinghiera quota di iscritti tra gli “addetti ai lavori”, la gran parte dei lettori di Charlie è interessata ad avere queste informazioni “spiegate bene”, a costo di ricevere informazioni che magari alcuni hanno già letto in precedenti edizioni della newsletter ma che cerchiamo di non dare per scontate. Grazie quindi della pazienza per alcune ripetizioni, ma grazie anche della pazienza per alcune informazioni invece eventualmente incomplete. Facciamo del nostro meglio.


domenica 25 Febbraio 2024

A large and dynamic beat

Abbiamo parlato in passato dell’inesistenza di fatto nelle redazioni italiane di ruoli giornalistici dedicati specificamente al racconto dei media e del giornalismo stesso, a differenza di quanto avviene nei giornali americani: è utile in questo senso leggere la profondità e articolazione dell’annuncio con cui Bloomberg News cerca un “media reporter” per la propria sede di New York.
(” beat ” è il termine con cui in inglese si definiscono i settori più specializzati del lavoro giornalistico).


domenica 25 Febbraio 2024

Una storia di presunta diffamazione

Lunedì scorso il quotidiano online Il Fatto Alimentare – che avevamo già citato su Charlie e che non ha legami con il Fatto Quotidiano – ha pubblicato un articolo in cui spiega che l’azienda San Benedetto, che produce acqua e bibite, ha intentato contro il giornale una causa civile di 1,5 milioni. Il Fatto Alimentare si occupa di temi intorno al cibo e ha un fatturato annuo di circa 150 mila euro. I motivi della causa sono i due articoli che il Fatto Alimentare ha pubblicato nell’ agosto e nell’ ottobre 2022: entrambi parlano di una campagna pubblicitaria dell’azienda San Benedetto che aveva come protagonista Elisabetta Canalis.

Semplificando: nel primo articolo di agosto il giornale raccontava di come la campagna pubblicitaria fosse stata criticata da Aestetica Sovietica, una pagina Instagram con 145 mila follower, perché da quanto mostrato in due spot poteva sembrare che la Canalis invitasse a saltare la colazione: è un messaggio che, secondo la critica, poteva creare problemi in persone che hanno disturbi alimentari. Altri giornali in quei giorni, oltre al Fatto Alimentare , avevano riportato il post della pagina Instagram e la richiesta che intervenissero le istituzioni come l’ Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e lo IAP ( Istituto di autodisciplina pubblicitaria , un’associazione che si occupa di autoregolamentare la comunicazione commerciale): OpenCorriere del Venetoil Mattinoil Fatto QuotidianoAffari ItalianiRepubblicaToday.

Il 4 ottobre 2022 il Fatto Alimentare aveva pubblicato un articolo intitolato “Elisabetta Canalis: stop allo spot dell’acqua minerale San Benedetto censurato dallo Iap” e scritto che, citando fonti proprie, il «Comitato di Controllo dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria ha segnalato le criticità dello spot» e che San Benedetto «ha sottoscritto l’impegno a “elaborare una nuova comunicazione che possa superare gli aspetti critici rilevati”». La pubblicità in questione in effetti sembra essere cambiata: lo spot originale di 30 secondi non pare essere più presente sui canali ufficiali di San Benedetto, e la pubblicità è stata accorciata di 15 secondi, eliminando le parti criticate. Una breve nota di San Benedetto del 5 ottobre 2022 ha smentito però che le pubblicità siano state «oggetto di censura o sospensione a seguito di decisione del Giurì della Pubblicità». Il Fatto Alimentare ha poi rettificato l’articolo cambiando il titolo, togliendo le parole “censurato dallo Iap”, mantenendo inalterato il testo ma aggiungendo la nota dell’azienda.

Qualche mese dopo la pubblicazione del secondo articolo, San Benedetto ha querelato il Fatto Alimentare chiedendo la rimozione dei due articoli: il giudice ha bocciato questa prima richiesta e anche il ricorso dell’azienda. Sempre sul finire del 2023 San Benedetto ha avviato una causa civile contro il giornale chiedendo, tra le altre cose, un risarcimento di 1,5 milioni per diffamazione. Il Fatto Alimentare , oltre a difendersi, ha anche chiesto al giudice di essere risarcito per 150 mila euro, cioè il 10% di quanto richiesto da San Benedetto, perché secondo gli avvocati che difendono il giornale si tratterebbe di una lite temeraria , cioè una causa che non ha l’obiettivo di vincere ma di intimidire la persona accusata scoraggiandola dal fare il suo lavoro, togliendogli tempo, energia e soldi.

Charlie ha contattato l’ufficio stampa di San Benedetto oltre a Roberto La Pira, direttore del Fatto Alimentare e autore degli articoli contestati, per conoscere meglio la situazione e le richieste del processo. L’ufficio stampa di San Benedetto ha risposto che: «in merito alla causa civile per danni da diffamazione avviata contro il Fatto Alimentare , il Gruppo San Benedetto non rilascia nessuna documentazione o dichiarazione nell’attesa che l’azione giudiziaria concluda il suo iter».

Roberto La Pira ha detto che «confermo l’idea di proseguire nell’iter processuale convinto di ottenere dal giudice il riconoscimento della lite temeraria. Il collegio di difesa del giornale vede anche la presenza dell’avvocato Andrea Di Pietro dell’associazione Ossigeno per l’informazione che segue le cause di diffamazione di molti giornalisti».


domenica 25 Febbraio 2024

Senza notizie

Anche in Italia a diverse persone è capitato di accorgersi degli esperimenti che Google sta facendo di rimozione delle sezioni “Notizie” dai risultati delle ricerche. La questione ha ovviamente generato ulteriori allarmi nelle aziende giornalistiche, già assai danneggiate dal disinvestimento delle grandi piattaforme digitali sui contenuti di news. Un portavoce di Google ha detto che gli esperimenti sarebbero finiti e non sarebbe in programma di rimuovere quei risultati.


domenica 25 Febbraio 2024

Assange

Il Post ha riassunto la storia delle accuse contro Julian Assange e delle sentenze in ballo che lo riguardano.

“Wikileaks divenne nota in tutto il mondo a partire dal 2010, quando pubblicò Collateral Murder, un video segreto dell’esercito americano mai visto prima di allora che mostrava un attacco con elicottero compiuto dagli Stati Uniti nel 2007 a Baghdad, durante la guerra in Iraq. Nel video si vede come l’elicottero apra il fuoco contro due giornalisti iracheni di Reuters, scambiati per guerriglieri, e poi di nuovo contro un gruppo di civili disarmati che era accorso a soccorrerli. Il video colpì particolarmente l’opinione pubblica, sia per la sua crudezza (è girato dal punto di vista dell’elicottero) sia per il compiacimento con cui i soldati statunitensi commentano l’uccisione degli obiettivi, come se si fosse trattato di un videogioco.
Collateral Murder fu accolto con estremo favore da un’opinione pubblica mondiale già molto contraria alla guerra americana in Iraq, e trasformò Assange e Wikileaks in celebrità internazionali”.


domenica 25 Febbraio 2024

Michiko Kakutani

Questa settimana è uscito negli Stati Uniti un nuovo libro di Michiko Kakutani, sparita dalla scena giornalistica dopo essere stata – sul New York Times – la più temuta e leggendaria critica letteraria del mondo all’inizio di questo secolo, con notorietà che arrivarono anche da noi. Slate la racconta e si chiede chi gliel’abbia fatto fare di cambiare vita, stroncando il libro.


domenica 25 Febbraio 2024

Consigli per

Il sito Professione Reporter ha riassunto e aggiornato la questione degli accordi del quotidiano sassarese Nuova Sardegna con alcune amministrazioni comunali per promuovere le loro attività, accordi accusati di mancanza di trasparenza nei confronti dei lettori, oltre che di conflitto di interessi.

“il Direttore Giacomo Bedeschi ha assicurato che per i prossimi inserti sarà trovata una soluzione per avvisare i lettori. Una dicitura come “Comunicazioni istituzionali””.


domenica 25 Febbraio 2024

Elkann in tutte le pagine

La presenza della famiglia Elkann sui quotidiani italiani è diventata piuttosto convulsa nelle passate settimane. Al consueto conflitto di interessi sulle pagine di Repubblica Stampa generato dal fatto che l’editore delle due testate è anche proprietario dell’azienda Stellantis, le cui attività fanno spesso notizia e vengono segnalate di continuo, si sono aggiunte prima la polemica dell’azienda con il governo, raccontata su tutti i giornali, e poi la storia delle liti familiari su questioni di eredità.

Su quest’ultima i quotidiani del gruppo GEDI (l’azienda editoriale della famiglia) hanno sostenuto di più la tesi degli eredi e proprietari, mentre i quotidiani più spesso polemici con Repubblica (il Fatto su tutti) hanno molto infierito sulle ipotesi di illeciti e sulle beghe di famiglia. Che però hanno avuto molto spazio, seppur con toni più trattenuti, anche sul Corriere della Sera , quotidiano rivale ma di una rivalità di solito pubblicamente rispettosa. E che ebbe l’azienda degli Elkann (allora FCA) come maggiore azionista fino a otto anni fa. Tanto che, stando a un sarcastico articolo del Foglio sabato, lo stesso John Elkann sarebbe andato a protestare dal direttore del Corriere stesso.


domenica 25 Febbraio 2024

Con Api si vola

La federazione degli editori italiani ha annunciato un accordo per mettere dei distributori automatici di quotidiani cartacei nelle stazioni di servizio Api.


domenica 25 Febbraio 2024

Soldi pubblici ai giornali americani

La possibilità di finanziamenti pubblici al settore dei giornali è molto discussa persino negli Stati Uniti, paese culturalmente non abituato a considerare sussidi pubblici all’impresa privata.
George Will, anziano e illustre giornalista e commentatore del Washington Post, ha criticato ogni ipotesi del genere sostenendo che limiterebbe l’indipendenza dei giornali sovvenzionati.

Invece in Canada sta per concludersi un programma nazionale di sovvenzioni ai giornali che ha distribuito circa 35 milioni di euro in cinque anni per l’assunzione di giornalisti dedicati all’informazione nelle comunità locali meno servite dai mezzi di informazione.


domenica 25 Febbraio 2024

Scopri di più

Il Corriere della Sera ha offerto agli inserzionisti un formato pubblicitario nuovo e attraente sulla versione digitale del giornale: la pagina finale con una pubblicità di Gucci, sempre venerdì, aveva un link a una sezione promozionale esterna (per diverse ore quel link ha portato però a una sezione promozionale di Dolce e Gabbana, poi rimpiazzata con quella giusta). L’indomani l’esperimento è stato ripetuto appunto con Dolce e Gabbana, arricchendolo di un più visibile ed esplicito richiamo al link da cliccare.

Lo sfruttamento delle opportunità di tablet e smartphone per le versioni digitali dei giornali è un antico tema: sono stati fatti molti esperimenti di inserire link e contenuti accessori ma non hanno quasi mai raccolto l’interesse dei lettori, che preferiscono usare anche le versioni digitali alla vecchia maniera, limitandosi a sfogliare le pagine in sequenza. Lo stesso Corriere aveva introdotto delle invenzioni in passato, poi accantonate: ora riprova con la pubblicità.


domenica 25 Febbraio 2024

Attenzioni

Sono di nuovo giorni di sfilate, a Milano, e quindi le pagine dei due maggiori quotidiani sono felicemente affollate di pubblicità di brand della moda, con frequenti coincidenze tra pubblicità pagate e articoli, soprattutto sul maggiore quotidiano milanese. Per esempio, venerdì: un articolo su un nuovo progetto del brand Max Mara poche pagine dopo una pubblicità del brand Max Mara (e dallo spazio pubblicitario comprato ogni giorno si possono intuire quali sfilate avranno maggiore copertura l’indomani).

Nel frattempo continua una relazione promozionale particolare tra il Corriere della Sera e la Fondazione Guido Carli, che ottiene sempre un articolo sui suoi eventi dopo averli promossi con una mezza pagina a pagamento.


domenica 25 Febbraio 2024

Less paper

La diffusione dei 25 maggiori quotidiani americani diminuisce del 14% anno su anno, dicono i dati mostrati dal sito britannico PressGazette. Lo stesso New York Times, celebrato in questi anni come un grande successo per l’investimento su nuove prospettive e progetti digitali, perde il 13% delle copie cartacee (lo suggerivano gli stessi bilanci pubblicitari del New York Times).


domenica 25 Febbraio 2024

Bando ai bandi

La questione dei finanziamenti pubblici ai giornali generati dalle norme sulla pubblicazione di bandi e comunicazioni si è chiusa: il rinnovo di quelle norme non è stato accettato dal governo, malgrado le insistenze degli editori. Il Post ha raccontato le puntate precedenti e cosa può succedere ora.

“La quantità di micro-riforme sul tema testimonia come la pubblicità legale sia stata nel tempo un luogo di confronto tra bisogni e necessità del mondo editoriale, in crescente carenza di ricavi, e maggioranze parlamentari che hanno usato questo strumento come forma indiretta di contribuzione al mondo dell’informazione. Concedere o meno la pubblicità legale ai giornali è stato nei fatti uno strumento di scambio tra politica e informazione, o almeno la parte di essa costituita dai quotidiani nazionali e locali. Le stesse comunicazioni delle scorse settimane da parte di giornali ed editori hanno spesso insistito esplicitamente non solo sulla funzione originaria delle norme in questione ma proprio sulla necessità di mantenere quei contributi pubblici nei confronti delle aziende giornalistiche”.


domenica 25 Febbraio 2024

E per soprammercato

Peggio ancora va a Vice, dove sono stati annunciati ulteriori licenziamenti e la fine delle attività sul sito.

“La prossima settimana Vice Media, la società che pubblica la rivista Vice, licenzierà centinaia dei suoi 900 dipendenti, tra cui tutti quelli che si occupano della divisione editoriale: il sito Vice.com, che è stato da sempre l’attività centrale e più riconoscibile dell’azienda, smetterà di essere aggiornato. La decisione è stata comunicata ai dipendenti da Bruce Dixon, l’amministratore delegato di Vice Media, in una lettera che diversi giornali statunitensi hanno potuto leggere, e di cui hanno pubblicato alcune parti. Non è ancora chiaro quanti dipendenti di preciso saranno licenziati”.

Vice era una rivista fondata negli anni Novanta in Canada, rivolta a un pubblico giovanile con un misto di contenuti giornalistici aggressivi e poco convenzionali e di temi di consumi e mode contemporanee. Nei decenni successivi ha avuto un enorme successo diventando una società digitale e di produzione video, ma con diverse traversie ed alti e bassi, legati anche alle personalità dei suoi fondatori.


domenica 25 Febbraio 2024

Ancora peggio a BuzzFeed

BuzzFeed è stato il sito che a un certo punto – quindici anni fa – è sembrato rappresentare di più il travolgente successo dei nuovi e sovversivi prodotti di informazione online: prima con un approccio scientifico e vincente alla diffusione di contenuti “virali” e poi con la creazione di una sezione più tradizionalmente e autorevolmente giornalistica, BuzzFeed News. Nel bel libro di Jill Abramson – ex direttrice del New York Times – che spesso citiamo su Charlie, BuzzFeed Vice sono raccontati come i due nuovi avversari che erano sembrati demolire grandi testati storiche come il New York Times e il Washington Post.
Poi le cose si sono rovesciate di nuovo, e tutta quella famiglia di “giovani turchi” digitali – Vice Buzzfeed Huffington Post (oggi HuffPost) – è entrata in una grossa e diffusa crisiBuzzfeed News è stato chiuso un anno fa.
Mercoledì BuzzFeed ha annunciato il licenziamento di 160 persone e la vendita del sito Complex, che permetterà all’azienda di pagare una parte dei suoi creditori.

Intanto nel Regno Unito la società del quotidiano Independent starebbe trattando per prendere in gestione le edizioni britanniche di Buzzfeed e dello HuffPost (acquisito da Buzzfeed nel 2020), secondo un articolo del Financial Times. Le edizioni non statunitensi dello HuffPost sono state quasi tutte cedute o chiuse negli anni passati (quella italiana è stata completamente rilevata dal gruppo GEDI): quella britannica ha rivelato particolari difficoltà di recente. Il Financial Times non può fare a meno di notare anche qui l’inversione di tendenza:“The multiyear strategic partnership is a symbolic moment for the sector, with the almost 40-year-old British media group taking charge of the local operations of a start-up once seen as the future of the industry and known for its combination of easily shared listicles and candy-coloured emojis”.


domenica 25 Febbraio 2024

Ancora Sulzberger

Tra le altre cose interessanti nella stessa lunga intervista all’editore Sulzberger, queste due. Una sui rischi per i giornali della dipendenza dai lettori, e dalla tentazione di accontentarli nelle loro opinioni: rischi che rendono pericoloso rivolgersi a “un segmento” di persone simili.

“Penso sia molto pericoloso, per una testata generalista e indipendente, inseguire uno specifico segmento di pubblico. È un ordine di idee che porta a distorcere il racconto dei fatti, soprattutto in questa fase molto polarizzata. Conquistare un gruppo spesso significa obbedire alle narrazioni scelte da quel gruppo, e per un giornale indipendente è la cosa più dannosa che ci sia”.

L’altra, sulla inconsistenza di certe frasi fatte, e sull’impressione che in particolare le notizie su Israele e su Gaza generino attacchi e critiche partigiane e speculari nei confronti delle testate che invece le raccontano in maniera accurata e indipendente. E sulla differenza tra un giornalismo “attivista” e un giornalismo che fa del buon giornalismo il proprio attivismo.

“Non credo al vecchio modo di dire per cui “se fai arrabbiare entrambe le parti vuol dire che stai facendo la cosa giusta”. È troppo semplicistico e superficiale. Ma credo che in un conflitto come questo qualunque copertura che sia indipendente e corretta finirà inevitabilmente per fare arrabbiare entrambe le parti, e dobbiamo cercare di farcene influenzare il meno possibile, e invece lavorare ogni giorno per raccontare la storia con la maggiore completezza e accuratezza possibili.
Qualcuno a volte sostiene che il giornalismo indipendente sia meno benintenzionato perché non adotta una buona causa facendo di tutto per promuoverla. Ma io credo non ci sia niente di più benintenzionato per la nostra professione che dare al pubblico le informazioni che servono per risolvere i problemi.
Non credo nessuno ritenga che questo conflitto si risolverà da solo senza qualche sviluppo verso la comprensione reciproca, e non credo che questo sia possibile senza che ci siano organizzazioni giornalistiche che cercano di aiutare tutti a comprendersi reciprocamente. È quello che cerchiamo di fare”.


domenica 25 Febbraio 2024

Nel contesto

La segnalazione della settimana scorsa sui dati insoddisfacenti del Guardian (e sulle prospettive di licenziamenti) è stata interpretata e commentata da alcuni lettori di Charlie come un annuncio di guai e di crisi del Guardian stesso, che in questi anni aveva dato l’impressione di essere tra le grandi testate internazionali più fortunate dal punto di vista della sostenibilità economica.
Impressioni che ci suggeriscono una spiegazione: abbiamo tutti imparato la continua volatilità di andamenti, risultati, tendenze, nel business dell’informazione. Cambia tutto continuamente, e i cambiamenti di oggi potranno essere ribaltati già dopodomani: le cose vanno giudicate un po’ più da lontano. Il Guardian è un giornale di straordinario successo, protagonista dell’informazione mondiale e con milioni di lettori. Quanto siano da tenere nella giusta misura notizie come questa lo ha ben spiegato l’editore del New York Times in una bella intervista col Reuters Institute, a proposito delle difficoltà dell’ultimo anno del Washington Post:

“Credo che la gente a volte sopravvaluti le avversità correnti del Washington Post. Se dieci anni fa avessi detto a quel giornale che avrebbero avuto una redazione con centinaia di giornalisti in più e forse due milioni di abbonati in più, ci avrebbero messo la firma, anche a costo di qualche passaggio doloroso lungo il cammino.
Quindi penso che il 
Washington Post , che continua a fare un lavoro eccezionale, sia una storia di successo assieme al Wall Street Journal e al New York Times. Nessuno di noi ha mai avuto tanti abbonati”.


domenica 25 Febbraio 2024

Charlie, like it’s 2014

Per i maggiori siti di news italiani siamo di nuovo nel 2014, quando con un po’ di ritardo si stavano scoprendo i meccanismi del SEO – un po’ inafferrabili e un po’ afferrabili – o la potenza delle condivisioni sui social network. La condizione è particolare perché, come Charlie ha raccontato spesso, il mondo dei media online sta andando da un’altra parte: sta spostando le priorità verso approcci e contenuti che incentivino l’apprezzamento e la fiducia dei lettori e li portino a credere nel valore e nella qualità (a volte equivocandoli, ma comunque a crederci) di questo o quel giornale e a disporsi a pagare per ottenere o sostenere quel valore. Togliendo invece risorse e impegni dall’affannosa ricerca di ricavi pubblicitari in declino, dalla costruzione di enormi quantità di pagine viste qualsivoglia, dalla “ricerca dei clic” a scapito del valore percepito del giornale.

Invece queste ultime cose sono di nuovo, più che mai, le ambizioni maggiori delle testate online più importanti, in particolare quelle dei giornali tradizionali. Che non riescono ad affrontare quella transizione con una visione sul lungo periodo e restano quotidianamente dipendenti dai ricavi pubblicitari.
Solo che oggi, più che mai, quelle grandi quantità di traffico necessarie ad attenuare la perdita di quei ricavi non sono controllabili e governabili dai siti stessi: dipendono in gran parte da dinamiche di condivisione o promozione legate ad algoritmi e piattaforme. Se Google Discover dà visibilità a un articolo, sposta centinaia di migliaia di visualizzazioni. Un articolo sul sito del 
Corriere della Sera opportunamente titolato che all’inizio di quella settimana ipotizzava – con grande vaghezza – l’orario a cui sarebbe stato annunciato il vincitore di Sanremo ha avuto una circolazione enorme ed è stato imitato nei giorni successivi praticamente da tutti (in molti casi tradendo del tutto le promesse del titolo).

E, come spieghiamo ogni volta che mostriamo i dati di traffico, a fare la differenza nelle classifiche relative sono spesso variabili incontrollabili o scelte che non hanno a che fare con una stabile competitività giornalistica di una testata. E da variabili incontrollabili o fattori non di qualità giornalistica dipendono quindi gli investimenti pubblicitari ancora così prioritari per la maggior parte dei siti di news. Dovrebbe essere un’ulteriore ragione per cominciare a darsene altre, di priorità: ma è anche vero che tutto è così in cambiamento continuo per cui ogni apparenza può ingannare. Sarà interessante rileggere queste considerazioni tra un anno.

Fine di questo prologo.


domenica 18 Febbraio 2024

“Rage-bait”

All’interno di un articolo sul sito americano NiemanLab , a proposito del quotidiano del Mississippi citato nel prologo di questa newsletter, un giornalista intervistato usa un’espressione per definire una tendenza assai diffusa anche nei mezzi di informazione italiani (senza che da noi possieda un nome): quella di pubblicare articoli o titoli con l’obiettivo di aizzare indignazione e rabbia tra i lettori, e ottenere un conseguente coinvolgimento e interesse nel giornale che adotta queste pratiche. “Rage-bait” – esca per la rabbia – è una declinazione dell’espressione “click bait” (che ormai è comunemente usata anche qui per indicare gli articoli e i titoli costruiti per ottenere dei clic).


domenica 18 Febbraio 2024

Cioè

Giulia Siviero ha raccontato sul Post la storia e l’epica di un periodico per ragazze di grande successo negli anni Ottanta e Novanta, tuttora esistente, Cioè .

“Il giornalino, con il suo formato tascabile, parlava in modo scanzonato, confidenziale e con lo stesso linguaggio usato dalle adolescenti di musica, cinema, moda, televisione e cronaca rosa. E lo faceva quando non era così semplice seguire vita e imprese dei personaggi famosi in tempo reale e quando era obbligatorio attendere il nuovo numero in edicola per scoprire se Leonardo DiCaprio si fosse fidanzato. Ma parlava anche di sentimenti, amore e sessualità a un pubblico quasi interamente femminile che andava dai quindici ai diciott’anni circa. Divenne ben presto, dice Iafrate, una specie «di amico e confidente» e divenne, soprattutto per la sua funzione pedagogica sul sesso, un giornale «trasgressivo»: parlava in modo strutturato di cose di cui nessuno parlava, dando risposte a domande che né a scuola né a casa le ragazze osavano fare”.


domenica 18 Febbraio 2024

Si è dimesso Matteo Renzi

Il quotidiano Il Riformista fu creato nel 2002 sotto la direzione di Antonio Polito (oggi collaboratore del Corriere della Sera) con l’idea di rappresentare un pensiero e una corrente omonima intorno alla sinistra e al partito che allora si chiamava Democratici di Sinistra e che poi sarebbe diventato Partito Democratico: fu allora considerato il progetto di una sorta di Foglio di sinistra, un piccolo quotidiano di opinione e idee, ostile ai radicalismi di sinistra e di destra. Che prevalsero, assieme alle difficoltà economiche del giornale, che chiuse dieci anni dopo.
Nel 2019 la testata fu riaperta dopo essere stata acquistata da un discusso imprenditore con precedenti interessi nei giornali, Alfredo Romeo: con un’ispirazione più concentrata sul garantismo giudiziario e la contestazione delle pratiche di una parte della magistratura (e del giornalismo più indulgente con la magistratura), ispirazione spesso accusata di coincidere con gli interessi dell’editore, oggetto in passato di indagini giudiziarie.
La scorsa primavera la direzione del Riformista era stata affidata all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, che questa settimana l’ha lasciata ad Alessandro Barbano, ex direttore del Mattino (da cui fu allontanato piuttosto bruscamente) e finora condirettore del Corriere dello Sport, e a sua volta di antiche opinioni garantiste.


domenica 18 Febbraio 2024

Editor ed editor

La settimana scorsa abbiamo chiamato Celeste Marcus “direttrice” del giornale americano Liberties, e qualcuno ci ha correttamente indicato che Liberties ha un direttore che si chiama Leon Wieseltier. Approfittiamo per ricordare la diversa attribuzione di ruoli e denominazioni nelle redazioni e nelle aziende giornalistiche statunitensi: nelle quali non esiste un titolo semplice e universale di “direttore” (o “direttrice”) ma una varia e complessa gerarchia di “editor”, ovvero di giornalisti che hanno responsabilità maggiori nella confezione e nell’indirizzo dei giornali. Sono “editor” i capiredattori e i capiservizio e i responsabili delle sezioni o anche dei redattori con ruoli di revisione degli articoli; ma anche i principali dirigenti e capi sono “editor”, con titoli diversi scelti da ciascuna azienda: editor-in-chief, executive editor, managing editor, senior editor, associate editor, o altre volte semplicemente editor. Celeste Marcus è “managing editor” di Liberties, termine che di solito indica chi governa e guida il lavoro della redazione (spesso in Italia lo fa un vicedirettore – deputy editor – che è un titolo meno frequente nei giornali americani). “Director” è invece un termine destinato a ruoli più aziendali, e non giornalistici.