domenica 29 Novembre 2020
Michele Serra è tornato – nella sua rubrica di sabato su Repubblica – a contestare i contenuti cialtroni offerti da Taboola ai siti che decidono di accettarli (qui la puntata precedente). Ovvero anche la stessa Repubblica, ma non è la prima volta che Serra critica scelte del giornale con la discrezione necessaria al contesto che lo ospita.
Taboola, ricordiamo, è una di quelle piattaforme di pubblicità che distribuiscono sui siti web inserzioni “mimetizzate” con i contenuti. Di un altro servizio simile – Outbrain – fa uso anche il Post, per normali necessità di ricavi pubblicitari, mettendo meticolose attenzioni nel consentire solo banner “presentabili” tra la molta spazzatura ingannevole o morbosa che queste piattaforme tenderebbero a sbolognare in giro (a volte sfugge qualcosa, e accogliamo con gratitudine le segnalazioni dei lettori, intervenendo tempestivamente). Altri siti sono meno rigidi, e Serra ha da ridire.
«La domanda è questa: perché se un giornale, o una trasmissione televisiva, o una persona fisica, si macchia di sessismo (vedi il recente scandalo sul siparietto di Raidue, più cretino che offensivo, “come essere sexy al supermercato”), succede un casino, mentre la pubblicità online è dispensata, non so se per diritto divino o per potere di ricatto, da ogni riguardo nei confronti di Bo Derek, Claudia Pandolfi, eccetera? Secondo poi: chi è Taboola? Chi è, voglio dire, fisicamente? Una trasmissione tivù è il suo conduttore, i suoi autori, il suo editore, un giornale idem, ma come si chiama la persona fisica che mette online le rughe delle dive per prenderle per i fondelli? Di quale speciale esenzione gode?».
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