domenica 9 Luglio 2023
Il sito americano Digiday, che si occupa di media e pubblicità digitali, ha descritto funzionamenti e risultati dei siti che prosperano sfruttando in maniere legittime ma di fatto truffaldine il sistema della pubblicità “programmatic”, generando grandi volumi di traffico intorno a contenuti di bassissima qualità o copiati da altri siti.
La pubblicità “programmatic” è – molto in breve – quella che viene gestita soprattutto da Google (ma anche da diverse altre piattaforme) che permette di inserire banner e promozioni su siti ospiti attraverso delle procedure automatiche e molto sofisticate di acquisto senza intermediazioni e di profilazione degli utenti: il Post l’aveva spiegata qui.
Da quando esiste, il “programmatic” ha generato un indotto di siti web che cercano di costruire grandi quote di traffico per convertirlo negli esigui ricavi di ogni banner ospitato e visualizzato: se le quote sono grandi, alla fine anche il business riesce a diventare significativo. A pagarne il prezzo – metaforicamente e letteralmente – sono rispettivamente gli utenti del web a cui capita con frequenza di finire su questi siti del tutto insoddisfacenti rispetto alle loro ricerche o interessi, e gli inserzionisti le cui pubblicità vengono dirottate verso siti e visualizzazioni che non porteranno loro nessun beneficio.
Digiday chiama i siti di questo genere MFA, made-for-advertising: se volessimo mantenerci nei paragoni col mondo non digitale, diremmo che crearne uno è come piantare un grande pannello per affissioni in mezzo al deserto; ma sul web ci sono meccanismi automatizzati e usi per cui quel pannello può essere occupato da un manifesto pubblicitario di stufe a gas senza che nessuno abbia deciso di metterlo esattamente lì, e per cui si può ottenere che molte persone passino da quel deserto e lo vedano. Nessuno sarà interessato a comprare la stufa, ma il proprietario del pannello guadagnerà comunque dei soldi per avere ospitato quella pubblicità vista da qualcuno.
Le associazioni di inserzionisti sono preoccupate di questo fenomeno – che secondo Digiday genera dispersioni di investimenti del 15% ma probabilmente superiori – ma sempre secondo l’articolo è assai improbabile che possa essere limitato. È proprio la natura stessa del “programmatic” a renderlo possibile: se rendi molto efficienti i sistemi di automazione, diventa molto efficiente anche la loro capacità di sfuggire a controlli “umani”. E anzi, ci sono segnali che anche alcuni degli stessi editori di siti più importanti provino ad adottare le stesse pratiche (cercare di ingannare i conteggi del traffico attraverso “reload automatici” delle pagine, aperture di “pagine fantasma” e altri trucchi, è una pratica che anche molti siti di news hanno adottato da molti anni e alcuni adottano tuttora).
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