domenica 19 Febbraio 2023
Tra le moltissime implicazioni e prospettive create dal perfezionamento delle “intelligenze artificiali” nella scrittura dei contenuti, a cui abbiamo accennato la settimana scorsa, una è la possibilità di produrre infiniti contenuti “a partire da” testi editi protetti da diritto d’autore, ma diversi da quei testi. Aggirando così il rischio di illegalità che attualmente riguarda siti e piattaforme che replicano in parte o del tutto articoli sottratti ai siti originali. Se un altro sito pubblica tal quale un articolo di Massimo Gramellini per il Corriere della Sera , il Corriere della Sera ha gli strumenti legali per ottenerne la rimozione; ma se un altro sito pubblica un riassunto dell’articolo di Massimo Gramellini prodotto da un software, si tratta di un contenuto nuovo e diverso. Solo che ChatGPT e simili questa cosa la possono fare in quantità industriali e potenzialmente infinite, e un sito di riassunti di articoli – una sorta di rassegna stampa totale – potrebbe riempirsi continuamente di centinaia e migliaia di contenuti “originali” a quasi nessun costo.
Di questa cosa cominciano a rendersi conto alcune aziende giornalistiche, che stanno cercando di correre ai ripari: e la questione ha qualcosa in comune con il confronto che ha opposto in questi anni – e oppone tuttora – i giornali e Google sull’uso degli “snippet” dei giornali sulle pagine di Google. Dal Wall Street Journal e da CNN hanno intanto cominciato a protestare per l’utilizzo dei propri contenuti al fine di arricchire l’addestramento di ChatGPT: «Chiunque voglia usare il lavoro dei giornalisti del Wall Street Journal per addestrare l’intelligenza artificiale deve ottenerne regolare licenza da parte di Dow Jones», dicono da Dow Jones, editore del Wall Street Journal. È stata la stessa ChatGPT, interrogata, a confessare la lista delle sue fonti (anche italiane).
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