domenica 4 Febbraio 2024
Nei paesi occidentali con cui l’Italia spesso si confronta è frequente che le norme e le leggi relative alla stampa creino dei conflitti tra tribunali e giornali: è molto più frequente che in Italia perché in diversi paesi è molto più regolato che da noi quello che sia lecito e non lecito fare da parte dei giornali, e che quindi un giornale avanzi delle richieste presso i tribunali oppure che un tribunale imponga dei comportamenti a un giornale. Sono modelli che andrebbero conosciuti e studiati di più da noi, dove questo non avviene mai perché le scelte sono molto meno regolate e quasi sempre affidate solo all’etica supposta di chi dirige i giornali stessi.
Due casi esemplari recenti riguardano il Regno Unito e gli Stati Uniti. Nel primo una giudice ha autorizzato la pubblicazione dei nomi dei responsabili dell’omicidio di Brianna Ghey, una ragazza transgender di sedici anni, malgrado i suoi assassini abbiano anche loro ancora sedici anni, e la legge britannica preveda che in questi casi i nomi dei coinvolti non possano essere pubblicati fino alla maggiore età (la legge prevede tutele e rispetto dei diritti dei giudicati colpevoli, considerati cittadini come gli altri, piuttosto impensabili da noi). La giudice ha ritenuto che rispetto al percorso di recupero e reinserimento dei condannati (a 20 e 22 anni), e alla loro salute in carcere, sia più nociva la rivelazione dei loro nomi tra due anni che non adesso. Altre considerazioni riguardano l’eccezionalità del crimine, compiuto con una violenza e un odio che hanno generato grandi attenzioni e indignazioni, e che merita secondo alcuni una conoscenza e una comprensione completa da parte del pubblico: e la giudice ha ritenuto che questo sia un raro caso in cui la legge prevede possibili eccezioni alla norma generale. Un tribunale ha insomma deciso che possa sussistere la condizione eccezionale in cui l’interesse pubblico a essere informati prevalga sui diritti degli imputati (ma solo una volta che sono stati condannati).
Un confronto legale altrettanto impensabile in Italia sta avvenendo in Oregon, dove al maggiore quotidiano dello stato è stato ordinato da un giudice di non pubblicare e di distruggere dei documenti giudiziari consegnati per errore alla redazione da un’avvocata all’interno di un dossier su un’inchiesta per discriminazione che riguarda l’azienda Nike. Il giornale si è rifiutato e ha fatto ricorso, ed è in corso una contesa giudiziaria, tutta intorno a un sistema di regole, di diritti e di doveri, e di violazioni eventualmente perseguibili. Senza che nessuno, in questi casi, definisca “bavagli” i limiti condivisi e stabiliti nei confronti del diritto di informazione: affrontando le questioni nei tribunali e mettendo in conto sentenze che vietino e limitino pubblicazioni, o che puniscano le eventuali violazioni.
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