domenica 26 Settembre 2021
Sul sito del Poynter Institute – un’istituzione americana che si occupa di etica e giornalismo da 46 anni – è stato pubblicato un articolo che prova ad affrontare con una proposta ardita la questione del conflitto e della distinzione tra gli articoli sui “fatti” e quelli di “opinione”: questione sentita particolarmente negli Stati Uniti, dove il loro rapporto ha una storia e delle regole più articolate che da noi, e dove in questi anni ci sono stati casi delicati e discussi legati all’equivoco per cui i lettori spesso non percepiscono la differenza tra le posizioni di un giornale e quelle dei suoi autori nelle pagine dei commenti, e non percepiscono la differenza “tra fatti e opinioni” (avviene anche al Post che a volte i limitati contributi di autori esterni in spazi dedicati vengano criticati come se fossero opinioni del Post, ndr).
L’articolo di Michael Bugeja su Poynter propone una soluzione drastica che approfitti del recente successo del formato delle newsletter: ovvero l’abolizione degli articoli di commento e opinione dalle pagine (di carta o web) dei giornali, per destinarli a delle newsletter a cui i lettori scelgano di abbonarsi. È naturale, dice Bugeja, che la proposta trovi contrari gli autori e i giornali (che dagli articoli di opinione ottengono molte attenzioni, e spesso maggiori se gli articoli sono particolarmente faziosi e partigiani): ma il suo punto è proprio limitare l’influenza sui lettori di articoli in cui gli standard di accuratezza e obiettività sono molto più bassi, e che sono incentivati dall’attuale sistema di comunicazione a essere divisivi e polemici. Per compensare le perdite di ricavi, le newsletter dovrebbero essere a pagamento. E non sarebbe necessariamente una “deportazione”: le newsletter ottengono oggi spesso maggiori attenzioni e fedeltà dei giornali che le producono.
Non succederà mai, certo: ma la proposta descrive un problema.
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