domenica 5 Giugno 2022
Gli sviluppi degli ultimi tre anni che hanno portato in alcuni paesi occidentali nuove leggi che obbligano Google e Facebook a compensare i siti di news per la citazione dei loro contenuti, o gli accordi presi autonomamente da Google e Facebook per scongiurare le leggi, sono stati guardati da subito con timore dai più esperti studiosi delle trasformazioni nell’informazione: la sensazione è stata ed è che a beneficiarne siano state soprattutto le aziende giornalistiche capaci di un potere di influenza maggiore nei confronti della politica e dei poteri economici. Questo timore è stato esplicitato chiaramente questa settimana da un’associazione che riunisce un gran numero di testate piccole, locali, indipendenti o digitali, in Canada: che ha diffuso un articolo per spiegare come il progetto di legge canadese che vuole replicare quello già approvato in Australia abbia molti limiti e trascuri la qualità dell’informazione che dice di volere difendere, obbedendo piuttosto alle pressioni dei grandi gruppi editoriali e alle loro richieste. E ignorando le necessità delle startup e dei nuovi progetti di informazione, oggi prioritari nelle trasformazioni del settore, a favore dei media tradizionali e delle loro necessità di conservazione di strutture spesso meno innovative.
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