domenica 18 Settembre 2022

Le accuse contro il capo di Axel Springer

Il Washington Post ha pubblicato dieci giorni fa un lunghissimo ritratto di Mathias Döpfner, che è uno degli uomini più potenti dell’editoria giornalistica mondiale: è infatti il capo del grande editore tedesco Axel Springer, che in Germania pubblica giornali importanti come la Bild e la Welt ed è considerato da sempre un soggetto importantissimo nell’orientamento dell’opinione pubblica, ma che in questo secolo è diventato anche una multinazionale acquisendo i siti americani Business Insider (oggi si chiama Insider ) e soprattutto Politico , e costruendo il servizio di aggregazione di news Upday che è attivo su tutti gli smartphone Samsung. L’editore Axel Springer morì nel 1985 ma lasciò la società alla sua quinta moglie Friede Springer, la quale ha progressivamente affidato ruoli sempre più importanti e autonomi a Döpfner, che oggi è amministratore delegato e presidente della società, che governa con orientamenti in buona parte affini a quelli di destra del fondatore: questo e l’acquisizione di Politico – uno dei maggiori successi editoriali digitali di questi decenni – rendono i media americani molto interessati a capirlo e a intuirne le scelte future. Döpfner è stato protagonista spesso di casi pubblici che hanno generato scandali o proteste, come quello che ha travolto l’allora direttore della Bild su un’accusa di molestie sessuali: e lo stesso articolo del Washington Post inizia raccontando di una sua mail in cui invitava i dirigenti del gruppo a pregare per la rielezione di Donald Trump (lui sostiene che fosse una battuta).

Ma la grana che riguarda Döpfner questa settimana è un’altra: il quotidiano londinese Financial Times ha rivelato che in una agguerritissima campagna della Bild – che è un tabloid screditato e aggressivo, capace di sensazionalismi e scoop insieme, ed è il quotidiano a maggior diffusione in Europa – contro la società Adidas di due anni fa, l’editore Döpfner aveva un proprio personale interesse economico. Adidas aveva cercato allora di sospendere il pagamento degli affitti dei suoi negozi tedeschi, approfittando di una legge approvata per attenuare le conseguenze economiche delle chiusure dei negozi legate alla pandemia: ma che di quegli aiuti approfittasse una grande multinazionale dai conti floridi aveva generato grandi proteste e campagne di boicottaggio in Germania, sostenute con grande vigore e continuità dalla Bild che per prima aveva raccontato la storia. Adesso il Financial Times ha scoperto che Döpfner era comproprietario di un edificio a Berlino che ospitava un grosso negozio di Adidas, uno di quelli a cui l’azienda non voleva pagare l’affitto (Adidas annullò la sua decisione e si scusò, dopo le proteste). L’articolo accusa Döpfner di non avere rivelato il conflitto di interessi e di avere promosso lui la campagna della Bild , spostando tutte le attenzioni su Adidas rispetto ad altre società che stavano facendo la stessa cosa: Axel Springer e l’ex direttore Reichelt (quello che poi si sarebbe dimesso) hanno risposto confermando che la fonte della storia fosse Döpfner – che spesso ha notizie utili per il giornale, dovute al suo ruolo e alle sue relazioni – ma sostenendo che la scelta del suo uso giornalistico sia stata del tutto autonoma e priva di interferenze da parte dell’editore.

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