domenica 10 Dicembre 2023
Il magazine americano Time ha fatto notizia sui media di mezzo mondo questa settimana nominando come ogni anno la sua “persona dell’anno”. È un’iniziativa di comunicazione e brand tra le più riuscite della storia delle aziende giornalistiche, ma che da diversi anni si è indebolita tantissimo, assieme al declino della testata in questione e dei newsmagazines in generale. L’idea del “Man of the year” (divenne “person” solo nel 1999, benchè ci fossero state prima quattro “Woman of the year”, una “Machine of the year” e un “Planet of the year”) fu introdotta nel 1927: il gruppo di direzione del giornale da allora sceglie chi a suo giudizio abbia avuto il maggior impatto sulle vicende del mondo di quell’anno (con una visione a lungo molto statiuniticentrica del mondo), e quindi prescindendo in teoria da giudizi morali o di valore sull’opera del nominato: anche se nella pratica da molti anni il giornale ha rinunciato a rischiare dissensi e proteste con personaggi impopolari, e anzi ha introdotto anche una parallela votazione dei lettori .
Fino ancora all’inizio di questo secolo la scelta annuale era stata un successo di comunicazione e attenzioni, suppergiù equivalenti a quelle per i premiati col Nobel: ma il proliferare di nuove fonti di informazione online e di iniziative, liste, premi, istantanei e volatili, ha diluito anche il primato della “Person of the year”, insieme alla perdita di ruolo di Time nell’informazione internazionale.
Questa settimana però le attenzioni internazionali sono tornate molto ricche e vivaci grazie a un’ottima intuizione promozionale del giornale: quella di scegliere una persona protagonista non della politica internazionale né delle news da prime pagine, ma proveniente dalla cultura pop e che quest’anno ha raccolto consensi e fandom estessimi e piuttosto unanimi, Taylor Swift.
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