domenica 16 Agosto 2020
Un articolo sul Foglio di Giulia Pompili ha raccontato in modi in cui la propaganda di stato cinese sta ottenendo indulgenze e accoglienze sui giornali italiani.
“alcune associazioni pro-Cina in Italia danno ai giornali online articoli pronti, in italiano, praticamente traducendo le notizie ufficiali dei media statali. E lo fanno pure pagando lo spazio virtuale concesso, ma senza il necessario avviso di “articolo a pagamento”. Il Foglio ha parlato con alcune persone che hanno ricevuto questo tipo di offerta, che poi sono state rifiutate. Il modello di business sembra molto simile a quello intrapreso dalla versione online del Giornale: se da un lato il quotidiano cartaceo è su una posizione molto anti-cinese – in linea con quella di Silvio Berlusconi – il sito internet pubblica periodicamente articoli di Cinitalia, a cura della sezione italiana di Radio Cina Internazionale, l’emittente radio della China Media Group di Shen Haixiong. Il gruppo, nel marzo del 2019, in occasione dell’ingresso italiano nella Via della Seta, ha firmato memorandum d’intesa con la Rai, con Class editori, e ha una partnership con TgCom24″.
“Nel marzo del 2019 l’Ansa, la principale agenzia italiana, cioè fonte primaria per il mestiere del giornalista, ha firmato un accordo con l’agenzia statale cinese Xinhua che prevedeva niente di più che la traduzione delle notizie cinesi. Dopo un po’ di polemiche legate al caso, l’agenzia è stata costretta a mettere sotto ai lanci l’avviso: responsabilità editoriale di Xinhua. Una questione economica slegata dal lavoro redazionale, visto che da sempre l’Ansa è considerata tra le più autorevoli fonti d’informazione sulla Cina. Eppure resta un problema: avere una linea coerente nei confronti di un tema di politica estera importante fa parte dell’autorevolezza di un prodotto editoriale, ed è per questo che molti giornali stranieri, negli ultimi anni, hanno deciso di interrompere tutte le collaborazioni con i media cinesi”.
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