domenica 22 Gennaio 2023
“L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha approvato un nuovo regolamento che fornisce le istruzioni su come debbano avvenire gli accordi attraverso i quali le grandi piattaforme online, come Google e Facebook, dovrebbero pagare agli editori dei giornali i diritti d’autore sui loro articoli”, scrive il Post nel suo più esteso articolo che spiega il senso della notizia.
È una storia che ha molte puntate precedenti, già raccontate da Charlie, e avrà ancora molte puntate successive. A quello che spiega l’articolo qui possiamo aggiungere che l’applicazione del regolamento ha molte incognite: intanto perché stabilisce una serie di parametri da valutare per indirizzare le eventuali trattative tra ciascuna testata e ciascuna piattaforma verso degli accordi economici specifici, e questi parametri lasciano – inevitabilmente – molti margini. E poi perché gli interessi e le implicazioni in ballo sono diversi.
Uno per esempio è quello del beneficio che i siti di news già traggono dal traffico offerto loro dalle suddette piattaforme, che potrebbe diventare un elemento – esplicito o implicito – del potere contrattuale delle piattaforme. In un articolo di sabato sul quotidiano ItaliaOggi , il direttore del sito VareseNews Marco Giovannelli (che è presidente dell’Associazione della stampa online a cui aderiscono molti giornali online locali o più piccoli) ha spiegato che “le realtà più piccole vogliono tutelare il significativo traffico che traggono dai motori di ricerca”: l’autore dell’articolo Marco Capisani ha tradotto l’affermazione in: “non si vuole correre il rischio di essere penalizzati dagli OTT (le piattaforme in questione, ndr) , magari in un secondo momento, a vantaggio delle testate maggiori”.
E poi c’è che molti editori hanno già concluso accordi proprio con Google attraverso il progetto “Showcase” : ovvero uno spazio online non particolarmente significativo ma che Google ha creato come modo per gestire in proprio le richieste economiche esistenti o eventuali delle testate. Insomma per dare dei soldi agli editori senza esservi costretto e dettando le condizioni. Adesso quegli accordi potrebbero diventare uno strumento per Google (“se volete altri soldi per via del nuovo regolamento annulliamo quelli su Showcase”) ma anche per le testate (“se non volete che vi chiediamo altri soldi per via del nuovo regolamento, datecene di più per Showcase”).
Questa è la ragione per cui, per esempio, il nuovo regolamento è stato celebrato per due giorni con toni entusiasti e con grande priorità di spazio da Repubblica , e invece molto più sinteticamente dagli altri quotidiani: Repubblica è tra i pochi a non avere fatto accordi su Showcase cercando di alzare il prezzo con Google e confidando che il regolamento atteso glielo avrebbe permesso.
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