domenica 7 Novembre 2021
Le pagine di Economia dei maggiori quotidiani italiani sono in gran parte ostaggio di aziende che ottengono grande spazio con le proprie comunicazioni in forza del loro ruolo come inserzionisti o come creditori delle aziende giornalistiche. È una condizione che è diventata molto più stabile e ineludibile in questi anni di maggiori difficoltà economiche per i giornali. Gli esempi sono molti ma ce ne sono due maggiori e molto visibili, che si sono mostrati anche questa settimana.
Il primo è quello di Eni, azienda che è uno dei maggiori e più preziosi inserzionisti sui quotidiani – praticamente su tutti i quotidiani – e il cui contributo è utilissimo a pagare una parte del lavoro dei giornali stessi: quello che ottiene in cambio è una disponibilità di molte testate a ospitare nelle pagine redazionali frequentissime citazioni di propri risultati, scelte aziendali, promozioni varie (accade anche con altre aziende, naturalmente), di recente soprattutto in prospettiva di greenwashing: questa consuetudine si è concretizzata al suo massimo giovedì sul Corriere della Sera attraverso uno spazio occupato esclusivamente da una grande foto dell’amministratore delegato di Eni e da un suo virgolettato di nove parole.
Il secondo ambito che occupa grandi parti delle stesse pagine è quello delle banche, a cui vengono dedicati estesi articoli che di fatto sono spesso resoconti aziendali riportati tali e quali, e che vanno sempre considerati in relazione al ruolo di creditrici che le stesse banche hanno nei confronti di molti giornali o delle aziende collegate (ne avevamo scritto lo scorso maggio, qui c’è una più estesa ricerca accademica sul conflitto di interessi in questione). Un esempio di questa settimana sono i verbali delle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Intesa (coinvolta in interessi con molti gruppi editoriali), articoli che sono praticamente solo successioni di virgolettati.
In entrambi i casi, ai lettori arriva una narrazione molto parziale e interessata della realtà.
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