domenica 26 Settembre 2021
Un fattore che ha ulteriormente ridotto il valore della pubblicità per i bilanci dei giornali, dopo che il digitale aveva molto sovvertito quel modello di ricavo in diversi modi, è stato il progressivo impossessarsi – tuttora in crescita – del mercato della pubblicità da parte di grandi piattaforme capaci di automatizzarlo e sfruttarlo meglio con grandi capacità tecnologiche, e quindi di abbassarne i costi per gli inserzionisti ma anche i ricavi per gli editori di giornali: prime tra tutte Google e Facebook.
Questo sviluppo è molto contestato e discusso nel mondo dei giornali, ma anche percepito come ineluttabile, e i giornali ne sono ostaggio non potendo rinunciare a quei ricavi della pubblicità, per quanto ridotti. Ora sta provando ad opporsi un esperimento del Washington Post, che ha creato una propria piattaforma di gestione delle relazioni commerciali tra inserzionisti e giornali, dedicata in particolare ai giornali stessi, che promette maggiore efficienza e qualità nel rapporto con i destinatari delle inserzioni e in cui il Washington Post vuole coinvolgere altre testate: tra le altre cose promettendo agli inserzionisti una maggior rapidità e duttilità nell’inserire promozioni legate agli sviluppi delle news. Il Washington Post tra l’altro ha già costruito una fonte di ricavi accessoria attraverso un proprio sistema di pubblicazione online che vende ad altre testate, e quello di “concessionaria pubblicitaria” potrebbe essere un nuovo business collaterale.
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