domenica 29 Settembre 2024
I due giorni di sciopero di Repubblica non hanno solamente tolto due giorni di promozione dell’evento torinese di Exor e delle pagine pubblicitarie e non vendute agli sponsor dell’evento: ma si sono svolti anche nei giorni delle sfilate a Parigi che, seguite a quelle di Milano, sono sempre una ricca occasione di raccolta di inserzioni comprate dai brand di moda e lusso. Sabato, quando il giornale è tornato a essere pubblicato, era – come il Corriere della Sera: sono le due testate che ottengono la grande maggioranza degli investimenti pubblicitari – molto ricco di inserzioni di quel settore, e di contenuti “giornalistici” dedicati agli inserzionisti: tra gli altri, un format che finora era stato usato soprattutto dal Corriere, ovvero l’articolo dedicato alla campagna pubblicitaria stessa del brand di moda, in questo caso Gucci.
Un altro genere di articoli sulle testate maggiori rivelatore della speciale indulgenza nei confronti di quella preziosa fonte di ricavo si è visto a proposito di una notizia che in qualunque altro contesto sarebbe stata raccontata come un’allarmante svendita del meglio della creatività imprenditoriale italiana all’estero, o un saccheggio segno di crisi: l’ingresso – in forme diverse – della grande multinazionale francese del lusso LVMH in due importanti brand italiani (Moncler e Tod’s, uno dei quali negli stessi giorni aveva comprato molte pagine di pubblicità sugli stessi quotidiani), celebrato invece come un’operazione di gran prestigio per tutti i coinvolti.
Sul Foglio , per esempio, le sfumature e implicazioni sono state descritte con più realismo:
“questa nuova mossa di Arnault è la riprova della sua intenzione di acquisire, controllare, o anche e come in questo caso sostenere, ma con una discreta capacità di manovra garantita da due consiglieri, quanto di meglio è rimasto nella moda italiana indipendente. Il momento è, purtroppo, di crisi profonda per le piccole e medie imprese manifatturiere nazionali, che subiscono un calo di ordini anche o superiore alla metà rispetto agli scorsi due anni, e al ministero del Made in Italy iniziano a moltiplicarsi i tavoli di discussione di misure straordinarie”.
Ma anche su Libero:
“Il tema su cui soffermarsi riguarda però la perdita costante di gruppi industriali a capitale italiano di ogni settore , a cominciare dal fashion, che finiscono in mani francesi o di fondi di investimento, cosa che non succede mai ai transalpini e da quel momento, per ora, moda a parte, inizia il travaglio dell’operatività sul suolo Italico, produzione diretta e indotto”.
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