domenica 24 Marzo 2024
Il magazine americano Atlantic ha pubblicato una riflessione del suo giornalista Charlie Warzel a proposito della rinnovata capacità della produzione giornalistica di creare “fenomeni” e allarmi relativi che si autoalimentano: rinnovata dai nuovi contesti degli algoritmi digitali.
Il caso citato a esempio è quello degli incidenti che hanno riguardato il volo aereo negli Stati Uniti negli scorsi mesi, il cui racconto ha generato un’impressione di maggiore pericolo per i voli aerei stessi. Ma, dati alla mano, il pericolo del volo aereo è tuttora bassissimo e non è aumentato: la percezione del suo aumento, dice Warzel, si deve alla tendenza dei giornali a creare ondate di sensazioni intorno a singoli fenomeni, e a quella dei social network a sottoporre agli utenti informazioni affini a quelle che hanno già frequentato. E per le persone distinguere tra sensazioni isolate o aneddotiche e realtà dimostrate diventa molto difficile.
“Esistere online significa essere esposto a così tante informazioni che è diventato molto facile venire a sapere di problemi singoli, ma incredibilmente difficile determinare la loro scala o rilevanza generale. Su TikTok si può entrare in contatto con intere categorie di video di paurosi problemi in volo. Anche chi non sia dipendente da questo genere di cose può soffrire di un pregiudizio da algoritmo: più qualcuno si interessa a qualche problema su un aereo, più vedrà storie e commenti sui problemi aerei. Nel frattempo un aumento di interesse nelle storie di problemi aerei genererà un aumento della copertura giornalistica dei problemi aerei, con il risultato che qualunque problema di routine sembrerà accumularsi in un fenomeno eccezionale. Parte di quella copertura giornalistica è del tutto sensazionalistica, e le testate giornalistiche si stanno ora occupando di incidenti che normalmente avrebbero ignorato.
Questa distorsione – tra la percezione pubblica di una questione (gli aerei sono meno sicuri!) e la più banale realtà (sono molto sicuri) – è esacerbata dall’intensità e dalla densità delle informazioni. Capita comunemente di imbattersi in un meme, una teoria, una narrazione e poi vederla in tutti i propri feed. E allo stesso modo le piattaforme tendono a ridurre storie complesse e varie in modi semplificati di vedere il mondo”.
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