domenica 10 Novembre 2024

Il New York Times mai abbastanza

Il sito americano Semafor ha pubblicato un lungo articolo che riporta e commenta la discussione in una riunione interna alla redazione del New York Times lo scorso 24 ottobre. I giornalisti di Semafor sono riusciti ad avere una registrazione della sessione – durata novanta minuti – di domande e risposte tra i giornalisti, il direttore Joseph Kahn e la direttrice della redazione Carolyn Ryan.
Quella su Semafor è una interessante testimonianza dell’intensa verifica a cui viene sottoposta dall’interno la direzione del giornale più importante del mondo, peraltro in piena campagna elettorale e in un momento in cui il New York Times è destinatario di intense critiche e pressioni dall’esterno. Molte delle domande fatte alla direzione esaminano il modo in cui il giornale ha parlato di Trump durante questa campagna elettorale, e in particolare se lo abbia fatto in conformità alla linea e ai criteri di giornalismo stabiliti da Kahn dal momento in cui è diventato direttore del giornale – in poche parole, prediligendo un giornalismo il più indipendente possibile dalle pressioni esterne, concentrato su un rigoroso lavoro di informazione e senza esplicitare una posizione politicamente schierata.
Dal suo insediamento come direttore, Kahn ha molto insistito – con successo – per riportare le priorità “politiche” del New York Times verso un giornalismo affidabile e indipendente che informi con correttezza e completezza i lettori a costo di suonare reticente nel prendere posizioni più esplicite (pur criticando severamente Donald Trump nella sua sezione delle opinioni), piuttosto che opponendosi a Trump con le scelte e i contenuti dei suoi articoli.
Durante la riunione Kahn ha principalmente difeso la sua strategia e la resistenza alle pressioni che chiedono al giornale di adottare una linea  più stabilmente critica nei confronti di Trump, in diretta difesa della democrazia e dei suoi principi fondamentali minacciati dalla sua elezione. Secondo quanto detto da Kahn molti di quelli che insistono per una maggiore presa di posizione del giornale non cercano altro che “un megafono per il loro punto di vista preconfezionato”, e vorrebbero soltanto che “il giornale facesse di più per trasmettere il loro punto di vista a più persone possibile”: “non penso che interessi loro il duro lavoro che le persone in questa stanza stanno facendo, e il loro giornalismo basato sui fatti, che permette alle persone di orientarsi in questi tempi straordinariamente polarizzati”. Kahn ha insistito ancora una volta perché i giornalisti siano capaci di essere indipendenti dalle pressioni e dalle aggressività sui social network. “Quando abbiamo deciso di dare più spazio alle inadeguatezze di Trump lo abbiamo fatto per ragioni giornalistiche, non per dare ascolto alle critiche che ci arrivavano da sinistra”.
Kahn ha rivendicato anche il successo ottenuto fino ad ora dal giornale, sostenendo che “questi sono probabilmente i tempi più polarizzati e politicamente divisi di cui si abbia ricordo”, e che nonostante ciò in questo momento il New York Times “ha il pubblico più ampio della sua storia”.

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