domenica 9 Gennaio 2022
Come dicemmo pochi mesi fa, il “giornalismo d’inchiesta” in Italia esiste e la notizia della sua pretesa morte è esagerata. Quello che però si può dire è che il giornalismo d’inchiesta italiano ha quasi sempre due tratti che non fanno bene ai suoi risultati e alla sua affidabilità: uno è il formulare la tesi (non l’ipotesi) a monte, ed essere inevitabilmente influenzato dalla ricerca della sua conferma; l’altro è concentrarsi sulla ricerca e sull’indicazione di cattivi, responsabili, bersagli dell’indignazione del lettore. Queste due priorità (dimostrare la tesi, indicare il colpevole) prevalgono spesso sulla più preziosa descrizione dei fatti e sull’analisi delle loro complesse ragioni, e sulla capacità di adattare il racconto alle scoperte e alla realtà. Il termine “inchiesta” fa associare questo tipo di giornalismo a quello di un pubblico ministero, ma dovrebbe essere una cosa decisamente diversa: l’intenzione di raccontare storie e dinamiche sconosciute, a prescindere da accuse e condanne; e ce ne sono tante, di storie e dinamiche sconosciute e impreviste. Conoscerle e capire perché avvengono – e spiegarlo – è più utile che indignarsi e prenderne le distanze.
Charlie è la newsletter del Post sui giornali e sull'informazione, puoi riceverla gratuitamente ogni domenica mattina iscrivendoti qui.