domenica 14 Maggio 2023
Durante un incontro al Professional Publisher Association Festival, organizzato a Londra il 25 aprile, alcuni dirigenti dei gruppi editoriali Condé Nast e William Reed (il secondo si occupa soprattutto di pubblicazioni specializzate sul mondo alimentare) hanno presentato esempi di come le loro redazioni usino software basati su “intelligenze artificiali” (AI) per aumentare la produttività e semplificare alcuni compiti, suggerendo che l’AI possa essere usata per migliorare i titoli, per suggerire argomenti su cui scrivere, per correggere le bozze, per riassumere gli articoli e testare la loro chiarezza; inoltre l’AI può correggere automaticamente il codice informatico, o trascrivere le interviste, come riporta un articolo promozionale sul sito britannico Press Gazette, sponsorizzato da un’azienda che vende un software per trascrivere automaticamente i file audio. Il sito americano NiemanLab racconta anche di una piccolissima redazione statunitense che ha scelto di affidarsi a GPT-4, una versione più avanzata di GPT-3.5, il modello usato da ChatGPT, per automatizzare la composizione e l’invio di una newsletter mattutina, a cui date le ridotte risorse non poteva dedicare un redattore umano, con i risultati altalenanti tipici delle operazioni fatte con strumenti ancora nelle fasi iniziali del loro sviluppo. Questi strumenti non sono in questi casi usati per generare contenuti da pubblicare direttamente, e quindi sono meno toccati dalle discussioni emerse negli ultimi mesi riguardanti questioni etiche come il diritto d’autore e l’accuratezza dei contenuti pubblicati. Ma c’è tutta una parte “strumentale” dell’utilizzo di questi software che può essere molto rilevante e promettente per il lavoro delle aziende giornalistiche. Al riguardo hanno fatto scelte opposte tra loro le redazioni di BuzzFeed e di Wired, la prima pubblicando vari articoli generati totalmente da modelli linguistici, la seconda stabilendo delle linee guida interne piuttosto restrittive sulle sperimentazioni.
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