domenica 31 Ottobre 2021
Se avete visto quel buon film di Spielberg che si chiama The Post, dedicato alla pubblicazione dei “Pentagon papers” sul Washington Post nel 1971, ricorderete che una questione delicata ed eticamente critica nella storia fu l’amicizia dell’editrice del giornale con il ministro della Difesa McNamara (e lo era stata quella con il presidente Kennedy), e il rischio che questo rapporto condizionasse le scelte giornalistiche.
È un vecchio tema del giornalismo importante e potente, quello delle relazioni amichevoli che inevitabilmente finiscono per crearsi tra i maggiori responsabili delle testate (editori, direttori) e rappresentanti del potere politico con proprie agende e priorità che dipendono molto dal ruolo dei giornali. Eliminare queste relazioni personali è raramente realistico, e l’obiettivo dovrebbe essere quello di tenerle più al di fuori possibile dell’ambito in cui i giornali lavorano, e non dare ai lettori occasioni di sospetto o diffidenza (il modo numero uno è rendere più invisibile ed estraneo l’editore, che come abbiamo visto spesso avviene poco nei maggiori quotidiani italiani). È anche vero che la trasparenza su questo tipo di relazioni con la politica può essere a sua volta un approccio corretto con i lettori, laddove il giornale ritenga di poter essere convincente sulla propria indipendenza: non è facile, soprattutto di questi tempi, ma è quello che sembra aver scelto il Corriere della Sera decidendo di dare evidenza ed esibire un affettuoso incontro – sottolineando i “moltissimi anni di amicizia” – tra il proprio editore Urbano Cairo e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
(va detto che solo la sera successiva la televisione di Urbano Cairo, La7, ha trasmesso una serata speciale con l’ex magistrata Ilda Boccassini dedicata in gran parte a raccontare tutte le accuse più gravi contro Silvio Berlusconi)
Charlie è la newsletter del Post sui giornali e sull'informazione, puoi riceverla gratuitamente ogni domenica mattina iscrivendoti qui.