domenica 19 Marzo 2023
Diversi lettori di Charlie (anzi approfittiamo per ringraziare dei frequenti messaggi, sia di complimenti che di segnalazioni utili) hanno raccolto con divertimento la questione della frequente pubblicazione su alcuni quotidiani di immagini o testi celebrativi dei propri editori, delle loro proprietà, delle loro famiglie, con derive qualche volta un po’ nordcoreane: e ci mandano spesso i loro ritrovamenti. Proviamo a farci una riflessione sopra, con un po’ più di complessità: i giornali sono imprese commerciali ed è comprensibile e persino legittimo che – con trasparenza verso i lettori – segnalino e promuovano attività e interessi legati alle aziende da cui dipendono e grazie ai cui eventuali ricavi vengono potenzialmente sostenute anche le attività dei giornali stessi. Le cose diventano scivolose quando questi interessi non sono segnalati ai lettori, che quindi vengono indotti a pensare cose inesatte o ricevono informazioni parziali e non obiettive senza ricevere gli strumenti per conoscerne la parzialità e la non obiettività.
C’è un’altra complessità da considerare: capita infatti che avvenimenti o notizie che coinvolgono gli interessi delle aziende giornalistiche o i desideri dei loro editori siano effettivamente considerabili “una notizia”, che gli stessi giornali riferirebbero anche se non li riguardasse. In quei casi, però (salvo priorità non opinabili: come per esempio le vicende critiche recenti della Juventus, di proprietà degli editori di Repubblica e Stampa ), proprio perché le notizie li riguardano (e non sono ineludibili), potrebbe essere più elegante e rispettoso dei lettori che gli interessati si astenessero, invece di investirci di più. Due esempi di questa settimana sono stati un nuovo documentario agiografico sulla famiglia Agnelli celebrato con foto di famiglia dell’editore bambino da Repubblica, e le ben due citazioni in due adiacenti articoli del Corriere della Sera del proprio editore Urbano Cairo, con foto.
A partire da questa ultima considerazione si può anche riflettere sul dubbio che riguarda la contemporanea pubblicazione di pagine di inserzionisti e di articoli a proposito dello stesso evento che viene promosso in quelle pagine a pagamento: in alcuni casi si può sostenere che si tratti di fatto di una notizia, ma si può anche suggerire che sia opportuno scegliere se accogliere l’inserzione oppure dare spazio alla notizia, proprio perché la credibilità dell’articolo viene inevitabilmente limitata dal rapporto commerciale relativo alla pubblicità. Un esempio di questa settimana è la nuova denominazione della società Atlantia: pubblicità e articoli.
Naturalmente queste – a differenza di quelle che riguardano il compiacimento personale degli editori – sono considerazioni difficili da fare in autonomia in condizioni di difficoltà economica quali quelle presenti, per i giornali.
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