domenica 26 Settembre 2021
Alcuni giorni fa l’assemblea dei giornalisti del Corriere del Veneto e del Corriere di Verona ha pubblicato un comunicato di protesta nei confronti del suo editore RCS Edizioni Locali, un ramo di RCS che pubblica i “dorsi” locali del Corriere della Sera. Il comunicato si riferisce a una causa civile contro RCS Edizioni Locali per una presunta violazione della privacy, che la donna che ha presentato la causa avrebbe subìto con la pubblicazione di una foto sul giornale, in cui compariva ed era riconoscibile: i giornalisti del Corriere del Veneto si lamentano che l’editore abbia scaricato le responsabilità legali e l’eventuale risarcimento dei danni sul fotografo – uno storico collaboratore del giornale – sostenendo che il compito di procurarsi le liberatorie fosse suo, in base al contratto che lo lega all’azienda (di cui non conosciamo i dettagli). La foto ritraeva una piazza semivuota per le restrizioni della zona rossa, e la donna era seduta da sola a un tavolino di un bar chiuso. Sulla causa e sui limiti di pubblicazione delle foto per un giornale, in situazioni come questa generalmente prevale il diritto di cronaca – che ha fondamento nell’articolo 21 della Costituzione – sul diritto di immagine, a meno che l’immagine non sia particolarmente lesiva del decoro e della reputazione della persona ritratta. Nell’esercizio del diritto di cronaca, chiunque può diffondere dati personali senza il consenso della persona interessata, purché si tenga conto del principio di essenzialità dell’informazione: cioè non si diffondano dati personali che non siano essenziali a quella notizia. È un concetto ambiguo e soggetto a interpretazione, interpretazione che si ricava confrontando la deontologia giornalistica, le leggi sul diritto d’autore e quelle sul trattamento dei dati personali, i singoli contesti, oltre a varie sentenze e pronunciamenti del garante della privacy. Per quanto piccolo e verosimilmente senza particolari conseguenze, il caso del Corriere del Veneto si fa notare, perché accade tutti i giorni che sui giornali ci siano foto con persone che non hanno dato il proprio consenso a essere ritratte e che non sono essenziali alle notizie a cui sono associate, pur essendo parte di una condizione pubblica su cui si applica il diritto di cronaca, come sembra essere il caso della donna che ha fatto causa.
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