domenica 24 Settembre 2023
La newsletter Mediastorm ha pubblicato una sintesi dei dati di diffusione dei quotidiani (quelli che riferiamo mensilmente su Charlie) su una scala di sei mesi, con alcune valutazioni più generali.
Una frazione rispetto al volume delle copie vendute nelle edicole, certo, ma quello delle copie digitali è un dato importante perché è un indicatore degli abbonamenti digitali visto che molto raramente vengono vendute singolarmente. Un dato, quello degli abbonamenti digitali (o delle cosiddette “membership”), che gli editori in Italia non comunicano se non in modo discontinuo e in maniera molto generica, non specificandone la tipologia (se a prezzo intero o relativi a offerte speciali e periodi di prova).
È un elemento importante perché se la flessione delle vendita di copie cartacee è strutturale c’è da capire in che misura il digitale (soprattutto attraverso la subscription economy) argina la perdita di risorse del canale edicola. In mancanza di dati più dettagliati, sembra proprio che in Italia siamo ancora nella fase nella quale ci si preoccupa principalmente di fare “massa critica”.
Il punto è — vale la pena ripetere — che prima o poi, una parte della “massa critica” bisogna pur convertirla in abbonamenti con margini di guadagno più alti, anche perché i quotidiani italiani:
– non possono giocare, più di tanto, su scale di grandezza nelle quali margini di guadagno bassi hanno un effetto comunque positivo, da “coda lunga” (ad oggi nemmeno il New York Times può farlo più di tanto, per dire);
– facendo così diminuisce ulteriormente, se non definitivamente, il valore percepito dai lettori dei contenuti su digitale, complicando terribilmente (eufemismo) la fase di conversione agli abbonamenti digitali a margine di guadagno più alto.
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