domenica 5 Maggio 2024
“Reporter senza frontiere” è il nome italiano di un’organizzazione non profit internazionale (nacque in Francia nel 1985, col nome originale di “Reporters sans frontières”) che si occupa – col contributo soprattutto di istituzioni governative e di fondazioni private – di difendere e proteggere i giornalisti e il loro lavoro in tutto il mondo. La sua maggiore occasione di notorietà pubblica è un’efficace intuizione di comunicazione creata nel 2002: il “World press freedom index”, una classifica aggiornata annualmente dei paesi del mondo sulla base di una serie di parametri che, sintetizzati, vogliono misurare la libertà di stampa in ciascun paese. Trattandosi di una classifica è da una parte molto appetibile per i mezzi di informazione, e dall’altra molto schematica e a rischio di interpretazioni sbrigativa. In più, è compilata a partire dai giudizi di un’organizzazione privata – per quanto encomiabile nel suo lavoro – e da valutatori particolarmente sensibili ai rischi per la libertà di stampa e quindi tendenti a enfatizzare questi rischi e ogni allarme relativo (nel testo che accompagna la classifica 2024 per l’Italia si fa riferimento alla possibile vendita dell’agenzia AGI a un parlamentare della maggioranza, che non è ancora avvenuta; e alla “legge bavaglio” che non ha ancora avuto applicazione, trattandosi di una delega al governo a cui non c’è stato ancora seguito: e il rapporto usa peraltro lo stesso nomignolo spregiativo e propagandistico coniato dai suoi critici, e senza che quelle norme fossero mai state criticate quando già esistevano negli anni passati).
Un altro limite di come la classifica viene spesso comunicata e interpretata è che le principali minacce alla libertà di stampa che influiscono sul giudizio per molti paesi (Italia compresa) sono quelle provenienti dalle organizzazioni criminali e dalle mafie, e non dalle pressioni politiche e dei governi. Il Post aveva raccontato la classifica nel 2017 (i parametri di valutazione sono cambiati nel frattempo).
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