domenica 2 Luglio 2023
La pubblicità arriva sui quotidiani di carta attraverso un percorso che nella maggior parte dei casi ha una serie di intermediari tra l’inserzionista e il giornale, i maggiori dei quali si chiamano “centri media” e ” concessionarie di pubblicità”: ma su questo percorso e successione di trattative e relazioni si innestano altre variabili e interessi e contesti. Ma grossomodo possiamo dire che gli inserzionisti e i centri media che li rappresentano guardano intanto i numeri di diffusione delle testate e i costi degli spazi, per decidere dove investire. Il risultato è che i quotidiani a maggiore diffusione si prendono una quota molto ampia del mercato: Corriere della Sera, Repubblica, Sole 24 Ore, hanno da soli molte più pubblicità di inserzionisti “importanti” (ovvero che spendono molto) delle decine di quotidiani che li seguono nelle classifiche di diffusione. I quali invece ospitano più frequentemente inserzionisti con minori disponibilità di spesa, che magari non hanno nemmeno vere e proprie “campagne”, curate, strutturate, pianificate, ma una generica ricerca di visibilità del proprio marchio che si concretizza in pubblicità un po’ sbrigative e di bassa qualità, volte a trasmettere informazioni minime e concrete, e che sono evidentemente costate molto poco, spesso “fatte in casa” dalle aziende senza coinvolgere professionisti o agenzie creative (non è detto che non possano avere una loro efficacia, soprattutto per determinati messaggi o determinati pubblici).
A volte capita però che anche i quotidiani maggiori scelgano di ospitare inserzioni più “cheap” di aziende meno note, o piccole, o addirittura di esercizi commerciali cittadini che finiscono nelle pagine nazionali: succede di solito quando la concessionaria del giornale decide di abbassare molto i prezzi per riempire spazi invenduti (era capitato molto nei mesi del lockdown, quando le grandi aziende avevano disinvestito dalla pubblicità), ma può avere occasionali ragioni diverse. Negli ultimi tempi capita più spesso, soprattutto su alcune testate che cercano di rimpinguare i faticosi bilanci dei ricavi pubblicitari. Per esempio su Repubblica martedì scorso c’era una serie di inserzioni di scarsa cura grafica e comunicativa, con messaggi di non grande familiarità per i lettori del giornale. In cui il caso più visibile era la pagina con uno slogan in inglese che usava l’inesistente termine “competance”.
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