domenica 27 Dicembre 2020
La storia del podcast Caliphate e i suoi strascichi portano inevitabilmente a paragoni con le redazioni italiane, dove simili rigori, severità e autocritiche sono impensabili: benché casi di invenzione di articoli e fatti capitino e siano capitati. Le due maggiori ragioni per cui storie simili non succedono da noi sono l’indulgenza delle direzioni dei giornali (che tendono a vederle come colpe da occultare invece che da correggere; quando non le hanno addirittura incentivate) ma anche l’omertà generale dei giornalisti: e questa pure è una grande differenza dagli Stati Uniti, dove chi si inventa cose è spesso vissuto dai colleghi come un pericolo e un disonore per la credibilità di tutti, e a essere criticate sono soprattutto le dirigenze che lo consentono. Come è appena successo con Caliphate, i cui limiti erano stati indagati e accusati da molte testate e infine persino dal New York Times stesso.
Un caso anomalo è quindi in Italia l’accusa di questa settimana di Riccardo Romani – giornalista di Sky Tg24 e di lungo curriculum – nei confronti di Maurizio Crosetti di Repubblica a proposito di un celebrato articolo di quest’ultimo sulla morte di Diego Maradona. Romani dice che Crosetti si è inventato molte cose. Crosetti non ha risposto. Al di là del caso puntuale, una disinvoltura con la fabbricazione – soprattutto scrivendo da posti remoti del mondo – è sempre circolata in una parte del giornalismo italiano soprattutto prima che internet permettesse facili verifiche e sbugiardamenti (si legga l’istruttivo romanzo di Enrico Franceschini): oggi è appunto più rischiosa, ma non per merito dei silenziosi colleghi dei falsificatori.
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