domenica 5 Dicembre 2021
Una delle occasioni in cui è più scivoloso e meno facile da giudicare il rapporto tra l’autonomia delle redazioni e gli interessi delle aziende, e più complicata la questione della trasparenza con i lettori, è quella dei viaggi promozionali offerti dalle aziende stesse in cambio di articoli dedicati alle loro attività. Nei fatti, si tratta di articoli che il giornale non avrebbe scelto di pubblicare, e sarebbe quindi corretto che i lettori conoscessero la genesi e la natura di quelle informazioni. È anche vero, però, che a volte il contenuto di quegli articoli può essere in effetti interessante e di valore informativo (nelle attività delle aziende c’è molto che racconta la realtà, l’attualità e il futuro), e che la proposta dell’azienda può aiutare la redazione a conoscerlo e divulgarlo.
Prendiamo un esempio di questa settimana, in cui diverse testate hanno scritto del completamento di una grande nave da crociera di una società italiana in un cantiere finlandese: il racconto della produzione di un mezzo di questa dimensione e impegno può essere potenzialmente interessante e attraente, “una storia”, come si dice.
Il problema è che i giornali ritengono – con buone ragioni – che i costi di produzione di un articolo di questo genere superino gli standard delle loro spese abituali rispetto al valore dell’articolo in questione, e quindi non spendono tutto quello che c’è da spendere per mandare un giornalista in Finlandia per alcuni giorni a lavorarci sopra.
Quello che invece avviene è che la società interessata “invita” alcuni giornali a mandare un loro giornalista a spese della società, garantendogli accesso alle informazioni necessarie. Il risultato però è che a quel punto l’articolo implicitamente concordato (di solito nessuno fa richieste preventive, ma vengono date per scontate; e gli uffici stampa telefonano molto al giornalista, al suo ritorno) non è mai un articolo che abbia in testa gli interessi dei lettori, ma è di fatto “dettato” dall’ufficio stampa di chi ha pagato il viaggio eccetera. È impensabile – sarebbe anche un po’ scorretto – che si torni da un simile viaggio e ospitalità parlando male del prodotto presentato, ma alla fine si rinuncia anche a qualunque tipo di approfondimento critico che vada oltre le comunicazioni ricevute, spesso aderendo del tutto alle enfasi promozionali. La soluzione “corretta” sarebbe quella per cui il giornale non accetta contributi dai soggetti di cui scriverà, ma è una soluzione che nel sistema italiano esistente esclude chi sceglie di adottarla da articoli costosi, oppure dall’accesso a informazioni e storie disponibili ad altri, oltre che da una posizione privilegiata nel ricevere investimenti pubblicitari accessori. Che di questi tempi è un guaio, soprattutto per le testate con economie più dipendenti dalla pubblicità.
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