domenica 8 Dicembre 2024

Charlie, un buon uso dell’invidia

«Per il Cattolicesimo l’invidia è uno dei sette peccati capitali. Nel giornalismo è una virtù, per quanto raramente espressa»: inizia così l’introduzione alla “Jealousy List 2024” del settimanale Bloomberg Businessweek, spiegata come “gli articoli che abbiamo ammirato di più quest’anno” e che sono stati pubblicati da qualcun altro.
Il giornalismo non produce mai niente di originale, salvo quando inventa e allora non è più giornalismo: per sua definizione si occupa infatti di raccontare e descrivere la realtà che esiste, i fatti avvenuti, le ragioni che li spiegano. Cose che esistono. Lo fa attingendo ai fatti recenti ma ha anche sempre bisogno di riferirsi a tutto il lavoro venuto prima per descriverne il contesto, la storia, i precedenti, i dettagli: lavoro fatto di altro giornalismo o di indagini, ricostruzioni e analisi che producono informazione.

La consuetudine prevede che non tutto questo patrimonio di riferimenti e conoscenza sia sempre citato con le sue fonti, per ovvie ragioni di semplificazione e di chiarezza, e che la loro esistenza sia data per implicita. Mentre avviene in misure diverse, per norma o per correttezza, che i giornali citino esplicitamente il lavoro più recente o più unico di altre testate intorno agli argomenti di cui scrivono: spesso invece hanno ritrosie competitive, per suggerire un proprio inesistente primato o per più sbrigative ragioni.

Ma il lavoro giornalistico fatto da altre testate è ovviamente capace di grandi qualità e importanze, ed è quindi prezioso quando un giornale lo racconta e lo promuove come tale – ovvero come fatto da altre testate – offrendo ai propri lettori anche quel servizio. Per questo è ammirevole il consuntivo annuale di Businessweek, esposto spiritosamente – ma con fondatezza – come “lista dell’invidia” di decine e decine di articoli altrui: perché quell’invidia la trasforma in un servizio ai propri lettori, piuttosto che in un’omissione, oltre che in un rispettoso omaggio ai propri concorrenti e al loro lavoro migliore.

Fine di questo prologo.

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